COMUNE DI UDINE
Regione Friuli Venezia Giulia
COMUNE DI UDINE
PROGETTO DEFINITIVO
Allegato 00
IMPIANTO FOTOVOLTAICO
PARCO SOLARE MILLEACQUE
RELAZIONE DESCRITTIVA
COMMITTENTE:
SAFIN S.P.A.
PROGETTISTI:
Dott. Xxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx
Dott.ssa Xxxxx Xxxxxxxx
Firmato digitalmente da: XXXXXXXXXX XXXXXXXXXX Xxxx: 06/10/2021 16:53:36
Revisione:
00
Protocollo:
2020011_0004
Redatto:
Dott.ssa K. Drosghig
Data:
30/09/21
2020011_PD_ALL00_Relazione descrittiva_01R0C.doc
Verificato:
Ing. A. Papparotto
Nome File:
Approvato:
SEMESTEB S.r.l.
Tutti diritti intellettuali e materiali del presente progetto sono proprietà di Semesteb S.r.l. , Sono severamente vietate la riproduzione, la diffusione ed ogni tipo di utilizzo, anche parziale ,del presente documento come di qualsiasi altra parte del progetto “ Parco Solare Milleacque” a cui il presente documento si riferisce. L’ autorità preposta al rilascio dell’ autorizzazione unica, ai sensi del D.Lgs N° 387 del 29 Dicembre 2003 e della legge N° 241 del 7 Agosto del 1991 e successive modificazioni , e gli enti coinvolti nel citato procedimento autorizzativo sono autorizzati all’ utilizzo del presente documento unicamente in riferimento al procedimento amministrativo per cui sono competenti.
Sommario
1 INQUADRAMENTO GENERALE 5
1.1 UBICAZIONE DELL’INTERVENTO 6
1.2 COORDINATE DI RIFERIMENTO 6
2 TECNOLOGIA FOTOVOLTAICA E PROSPETTIVE 7
2.1 IMPIANTO FOTOVOLTAICO 101 “ONE-O-ONE” 7
2.2 L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA COME ELEMENTO DI PROGETTO 8
2.3 DIFFUSIONE DELLA FONTE SOLARE FV A LIVELLO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE 13
2.4 FONTI INFORMATIVE E BASI DATI 15
3 ANALISI OBIETTIVI CLIMA ED ENERGIA 17
3.1 QUADRO INTERNAZIONALE 17
3.2 QUADRO EUROPEO 18
3.3 QUADRO ITALIANO 19
4 ANALISI DEL MERCATO ELETTRICO E GENERAZIONE REN 24
4.1 ANDAMENTO DEL MERCATO ELETTRICO 24
4.2 ANALISI COMPARATIVA NAZIONALE 28
4.3 ANALISI GENERAZIONE DA FONTE FV PER REGIONI 33
4.4 QUADRO REGIONALE E PROSPETTIVE 34
4.5 SUPERFICI UTILIZZATE ED UTILIZZABILI 37
5 IMPIANTI FOTOVOLTAICI SU AREE AGRICOLE: CRITERI PER L’INIDIVIDUAZIONE DEI SITI E L’INTEGRAZIONE DI ATTIVITÀ 40
5.1 L’IMPORTANZA DEL PAESAGGIO 40
5.2 LE CARATTERISTICHE DEL TERRENO AGRICOLO E DEL CONTESTO AMBIENTALE 45
5.3 CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DEI SITI SU AREA AGRICOLA 52
5.4 GESTIONE E MANUTENZIONE DELLE AREE INDIVIDUATE 55
5.5 L’INTEGRAZIONE DELLE ATTIVITÀ 56
5.5 L’INTEGRAZIONE DELLE ATTIVITÀ Errore. Il segnalibro non è definito.
6 INSERIMENTO TERRITORIALE E CARATTERISTICHE PROGETTUALI DEL PARCO SOLARE PRADIS 70
6.1 CARATTERISTICHE AMBIENTALI E PAESAGGISTICHE DELL’AREA DI PROGETTO 70
6.1.1 ALTRE CARATTERISTICHE DELL’AREA DI PROGETTO RISPETTO AL P.R.G.C.
DI UDINE 71
6.2 CARATTERISTICHE AMBIENTALI E PAESAGGISTICHE DEL CONTESTO 73
7 LAYOUT GENERALE DEL PARCO SOLARE MILLEACQUE 74
7.1 INQUADRAMENTO CATASTALE E SU CARTA TECNICA REGIONALE 74
7.2 PLANIMETRIA GENERALE 75
7.3 PROGETTAZIONE E GESTIONE DELLE FASCE DI MITIGAZIONE 77
7.4 INSERIMENTO PROGETTUALE NEL CONTESTO 81
8 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO FOTOVOLTAICO 83
8.1 LE COMPONENTI TECNOLOGICHE 83
8.2 TECNOLOGIA: CELLE E MODULI FOTOVOLTAICI 86
8.3 SCHEMA FUNZIONALE DELL’IMPIANTO 87
8.4 ENERGIA E PRODUCIBILITÀ 88
9 CRITERI UTILIZZATI PER LE SCELTE PROGETTUALI 90
10 SINTESI CONCLUSIONI RELAZIONI PROGETTUALI ALLEGATE 91
11 ALTERNATIVE PROGETTUALI 100
11.1 ALTERNATIVA “0”: LA NON REALIZZAZIONE DELL’OPERA 100
11.2 ALTERNATIVA “1” PER REALIZZARE L’OPERA 100
12 CONCLUSIONI 102
1 INQUADRAMENTO GENERALE
La presente relazione descrittiva ha lo scopo di introdurre l’inquadramento generale dell’opera Parco Solare Milleacque ubicato nel Comune di Udine, fornendo al contempo una sintesi coerente degli aspetti progettuali trattati con più dettaglio nei vari elaborati specialistici e nelle tavole di progetto relative alle fasi di autorizzazione allegate alla istanza.
Il Parco Solare Milleacque è un impianto solare fotovoltaico a terra di potenza pari a circa 3.448 MWp.
L’opera in oggetto fa parte delle progettualità aziendali del gruppo SAFIN / SANGOI che punta a sviluppare la propria attività di auto-produttore di energia da fonte rinnovabile sul territorio regionale. Il progetto adotta soluzioni tecniche costruttive dell’ambiente e rappresenta un opera concreta ed ambientalmente sostenibile per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia da fonte rinnovabile. Inoltre l’impianto è stato predisposto per ammettere la possibilità di fornire energia elettrica, previo accordi tra le parti, all’area parcheggio del vicino centro commerciale.
Il Gruppo SAFIN-SANGOI ritiene necessario, al fine di aumentare la propria competitività e di garantire anche in futuro la continuità delle proprie attività produttive, migliorare il profilo ambientale della azienda e dei propri prodotti (enviromental footprint).
Con questo obiettivo, risulta fondamentale per l’azienda assicurare la possibilità di riuscire a divenire un autoproduttore di energia per gli usi attuali e coerentemente alla previsioni di cresicta aziendale. La realtà societaria è cosituita da più attività ed aziende, site sia in Regione che nel Nord Italia, che fanno capo alla SANGOI S.p.A.
L’azienda inoltre risulta attiva in un progetto di ricerca per lo studio e per lo sviluppo di strutture metalliche di supporto alle installazioni fotovoltaiche a terra ed agrovoltaiche, coerentemente con l’attuale indirizzo aziendale come produttore di supporti metallici per l’agricoltura (vigneti e frutteti): unitamente ad un ulteriore progetto, questa novità rappresenta una duplice opportunità per l’azienda nell’accelerazione della sperimentazione di nuovi prodotti oltre che nel miglioramento del proprio profilo ambientale.
Stante la separazione fisica delle attività produttive tra loro e rispetto alla produzione (e dunque al sito oggetto della presente) al fine di legare produzione di energia con i consumi, verrà utilizzato lo strumento del C-PPA virtuale (Corporate Power Purchase Agreement). Il C-PPA Virtuale non è altro che un accordo contrattuale di medio e lungo periodo che lega produttore e consumatore attraverso la figura di un trader unico o di due trader per ogni controparte.
In questo caso essendo il soggetto interessato produttore e consumatore (Prosumer o autoproduttore), il legame commerciale risulta molto più diretto ed efficace. Il C-PPA Virtuale è uno strumento diffuso negli USA e in alcuni Paesi europei, ma ancora all’avanguardia in Italia.
Questo strumento sarà sicuramente uno dei driver fondamentali per abilitare la transizione energetica verso uno sviluppo più sostenibile delle attività produttive e questo approccio permetterà di integrare, nelle strategie aziendali, il corretto approccio di sostenibilità richiesto dal mercato mantenendo la elevata competitività dei propri prodotti e processi.
1.1 UBICAZIONE DELL’INTERVENTO
Il “Parco Solare Milleacque” risulta ubicato nel Comune di Udine, a Sud-Est della località di Cussignacco, adiacente al confine comunale con il limitrofo Comune di Pradamano. Inoltre, ad est del Parco Solare, scorre il Canale Ledra di Santa Xxxxx. Il sito è individuato dai seguenti estremi catastali:
Comune : | Udine | ||
Foglio : | 69 | Particelle : | 105,407 |
Fig. 1 - Ubicazione del Comune di Udine rispetto alla Regione Friuli Venezia Giulia.
Fig. 2 - Immagine satellitare di inquadramento della proprietà oggetto di intervento.
1.2 COORDINATE DI RIFERIMENTO
Di seguito vengono riportate i riferimenti numerici utili all’individuazione del “Parco Solare Milleacque” sul territorio, in relazione al sistema di coordinate geografiche WGS84 e alla proiezione cartografica Gauss-Boaga che definisce il sistema di coordinate Roma 40 (entrambi si riferiscono alla posizione della cabina di consegna del progetto in oggetto).
Coordinate geografiche WGS84
Coordinate: 46° 1' 16.115" N
13° 16' 20.280" E
Altitudine: 86 s.l.m.
Proiezione cartografica Gauss-Boaga
(sistema Roma 40)
Coordinate: X [easting]: 2386228.626
Y [northing]: 5097865.2892
2 TECNOLOGIA FOTOVOLTAICA E PROSPETTIVE
La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare direttamente l'energia solare in energia elettrica attraverso l’effetto fotovoltaico, ossia la proprietà di alcuni materiali semiconduttori di generare elettricità se colpiti da radiazione naturale luminosa entro un certo spettro di frequenze. Il silicio, elemento molto diffuso in natura, è uno dei materiali base della cella fotovoltaica, dispositivo elementare in grado di produrre, a seconda delle dimensioni, circa da 1,5 Wp a 4 Wp (Watt picco) in corrente continua, normalmente insufficiente per gli usi comuni. Più celle collegate elettricamente e incapsulate in un’unica struttura, formano la componente base commercialmente disponibile degli impianti, ossia il modulo. Più moduli, collegati in serie e in parallelo, formano le sezioni di un impianto, la cui potenza può arrivare a centinaia di MWp (Megawatt picco). A valle dei moduli fotovoltaici è posto l’inverter in grado di trasformare la corrente continua generata dalle celle in corrente alternata, direttamente utilizzabile dagli utenti o riversabile in rete.
2.1 IMPIANTO FOTOVOLTAICO 101 “ONE-O-ONE”
I moduli, orientati verso il sole, vengono installati su strutture fisse o in grado di seguire il movimento solare allo scopo di incrementarne la captazione. In generale ogni kWp installato richiede un’area di superficie fotovoltaica attiva captante di circa 6 – 10 mq a seconda della tecnologia utilizzata complanare al piano di installazione dei generatori. L’installazione dei moduli su superfici inclinate realizzate su strutture di supporto fisse che ottimizzino la inclinazione della superficie captante rispetto al piano orizzontale necessita tuttavia di una maggiore superficie di utilizzo in modo da garantire parzialmente (o evitare del tutto) gli ombreggiamenti tra i generatori fotovoltaici, grazie ad un opportuno distanziamento degli stessi da nord verso sud.
In Italia l’esposizione ottimale per moduli fissi è verso Sud con un’inclinazione di circa 10° / 35° rispetto al piano di campagna a seconda del tipo di installazione: un impianto fotovoltaico ottimamente orientato ed inclinato può produrre in media dai 1.200 kWh per kWp (se installato nell’Italia Settentrionale) ai 1.600/1800 kWh per kWp (se installato nell’Italia centro-meridionale). Inoltre, l’impianto fotovoltaico può produrre elettricità, con poche necessità di manutenzione e una buona resistenza agli agenti atmosferici, per circa 25-30 anni (valori che possono anche raddoppiare con una sostituzione e rigenerazione delle componenti dell’impianto stesso). Le principali applicazioni dei sistemi fotovoltaici sono:
▪ Impianti per utenze collegate in bassa tensione
▪ Centrali di produzione di energia elettrica collegate alla rete di media o alta tensione
▪ Impianti con sistema di accumulo per utenze isolate dalla rete
moduli fotovoltaici
inverter contatore di contatore di
produzione immissione rete
trasformatore
rete
corrente continua
corrente alternata
utenze
(autoconsumo)
Fig. 3 - Schematizzazione funzionale di un impianto fotovoltaico.
Nuove tipologie di utilizzo combinato della energia prodotta da impianti fotovoltaici di grande dimensione porterà questo tipo di impianti ad essere associato, sempre più frequentemente, a:
▪ impianti di stoccaggio elettrochimico dell’energia;
▪ impianti di conversione dell’energia elettrica in idrogeno;
▪ impianti associati a consumi diretti industriali;
▪ centri di calcolo e tecnologia per la condivisione di potenza di calcolo distribuita;
▪ attività agricole integrate con la produzione di energia rinnovabile;
▪ impianti di ricarica per veicoli elettrici.
Quindi, sia gli impianti in fase di progetto che quelli esistenti verranno integrati a queste ulteriori possibilità di utilizzo e, ovviamente, anche l’individuazione di siti maggiormente idonei all’installazione di questo tipo di impianti dovrà necessariamente tenere conto della possibilità futura di una loro implementazione ed integrazione ad utilizzi duali o molteplici.
2.2 L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA COME ELEMENTO DI PROGETTO
La tecnologia delle celle fotovoltaiche in silicio risulta essere la più diffusa in termini di quota di mercato in applicazioni civili ed industriali.
Tuttavia, esistono anche altre tipologie di celle e moduli fotovoltaici basate su materiali e tecnologie differenti, che sfruttano comunque il medesimo principio ed effetto fisico (la Fig. 4 mostra una rappresentazione schematica delle principali tecnologie usate per la conversione fotovoltaica). Queste possono essere classificate genericamente come:
▪ commerciali, nel caso in cui sottendano a produzioni industriali di massa;
▪ emergenti, nel caso in cui sottendano a piccole produzioni di nicchia;
▪ sperimentali, nel caso in cui riguardino solo applicazioni di laboratorio.
Fig. 4 - Schematizzazione delle applicazioni tecnologiche fotovoltaiche. Fonte: JRC adattamento di schema tratto da xxxxx://xxxxxx.xxx/xxxx-xx-xxxx-xxxx-xx/.
Questa suddivisione è fondamentale in relazione al concetto di trasferimento tecnologico alle produzioni industriali: questo processo è generalmente caratterizzato da tempi molto lunghi, quando le tecnologie sono all’inizio della loro vita commerciale; quando invece le tecnologie raggiungono una data maturità industriale ed i mercati relativi alle loro applicazioni superano una certa soglia, le tempistiche si riducono notevolmente.
Similmente a quanto è successo nei semiconduttori, la penetrazione tecnologica unitamente all’aumentare delle dimensioni del mercato, portano ad una competizione sempre maggiore che accelera i processi di trasferimento tecnologico dal laboratorio alla produzione effettiva. Una analogia ardita e puramente esemplificativa può essere fatta in relazione alla “Legge di Xxxxx” per le CPU: analogamente a questa, infatti, anche le efficienze ottenibili dall’effetto di conversione fotovoltaica arriveranno ad un punto di saturazione tecnologica dove tenderanno ad assestarsi asintoticamente al limite tecnologico rispetto della tecnologia in oggetto. Compatibilmente con il limiti dei materiali e dei processi fisici ci si potrà aspettare, come recentemente già avvenuto, un rapido miglioramento delle efficienze anche nei prossimi anni fino ad una stabilizzazione delle stesse.
È fondamentale, dunque, che nella progettazione si tenga conto anche di queste dinamiche.
Prima di introdurre le prospettive tecnologiche è importante capire quale sia la finalità ultima dell’utilizzo della tecnologia. L’energia elettrica prodotta da fonte fotovoltaica è la fonte che può garantire il minor costo di generazione e la migliore performance ambientale. La realizzazione di impianti che ottimizzino questo obiettivo sia per scelte tecnologiche che per modalità di installazione e possibilità di aggiornamento/potenziamento e retrofit nel tempo, dovrebbero essere scelti secondo una logica razionale.
Ogni tentativo di integrare un duplice utilizzo rispetto a questa finalità a spese del costo dell’energia prodotta risulta sostenibile ed efficace solo se la perdita di efficienza (che si traduce in aumento dei costi) risulta essere compensata dai vantaggi derivanti dal duplice utilizzo dell’impianto. Ovvero, le esternalità indirette introdotte per ammettere un duplice utilizzo devono essere ambientalmente ed economicamente compensate dai benefici realizzati da ciò che viene ottenuto dall’output derivante dall’utilizzo secondario introdotto. Viceversa l’operazione non ha senso e presenta dei costi economici e sociali.
Fig. 5 - Andamento compressioni costo unità di energia prodotta da impianto FV utiliy scale (P installata > 10Mp).
Dalla Fig. 6 risulta evidente come la fonte di energia economicamente più competitiva risulti, a livello ambientale ed economico, quella solare in impianti di tipo “utility scale”, ovvero le installazioni a terra.
Fig. 6 - Costo di generazione al kWh confronto tra tecnologie con riferimento alla producibilità media EU. Fonte: Lazard 2018.
Gli sforzi tecnologici e di ottimizzazione del costo BOS - Balance of System degli impianti fotovoltaici sono tesi unicamenete al fine di ridurre il costo dell’energia prodotta, attraverso:
▪ realizzazione di generatori con celle solari di qualità superiore e minor utilizzo di materie prime;
▪ aumento delle efficenze delle celle solari;
▪ utilizzo di nuove teconologie nella produzione di celle solari;
▪ sviluppo di centrali elettriche solari di dimensioni maggiori;
▪ sistemi di diagnostica e controllo;
Per quanto riguarda il miglioramento delle efficienze delle celle e dei moduli si ha che, rispetto a dei rivelamenti fatti nel 2015, la previsione di miglioramento delle efficienze delle celle solari per tecnolgia è rappresentata in Fig. 7.
Fig. 7 - Obiettivi tecnici relativamente al miglioramento delle efficenze delle varie tecnologie con riferimento alle efficienze riscontrate su moduli commerciali nel 2015.
Questi obiettivi sono stati fissati dal Gruppo di lavoro temporaneo sul fotovoltaico del Progetto PV IMPACT coordinato dal EUREC1. Gli obiettivi al 2030 sono già stati raggiunti da parte di alcuni produttori. Agli inizi del mese di Giugno dell’anno corrente (2021), l’Istituto per la ricerca sull’energia solare ISFH di Berlino ha confermato che è stato raggiunto il record su celle di produzione commerciale del 25,21% su celle monocristallino del tipo n-type bifacciale2 (Fig. 8Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Un annuncio similare era stato fatto nel 2020 relativamente ad un record di efficienza, ora superato da parecchi produttori, sempre dallo stesso produttore con riferimento ad una efficienza del 23% che ora risulta essere in fase di produzione e prossima commercializzazione.
Conventional screen printing metallization
Passivation layer
N type CZ(100) Si
Boron emitter
Phosphorus BSF
Passivation layer
Fig. 8 - Schematizzazione della sezione di cella fotovoltaica bifacciale n-type.
L’evoluzione tecnologica porterà in futuro a una diversa penetrazione di mercato delle varie tecnologie che viene rappresentata in Fig. 9.
Fig. 9 - Proiezione della penetrazione di mercato delle celle solari in silicio cristallino.
1 xxxxx://xxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxxx/
2 xxxxx://xxx.xx-xxxxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxxx-xxxxxxxx-00-00-xxxxxxxxxx-xxx-xxxxxx-xxxxx-xxxx-xxxxxxxxx-xxx- more-records/
Inoltre, si dovrà tenere conto oltre ai risultati delle tecnologie ad utilizzo commerciale anche di risultati ed obiettivi relativi alle tecnologie sperimetali che potrebbero essere soggette, come detto, a tempi di trasferimento tecnologico molto più brevi che in passato.
Fig. 10 - Proiezione della penetrazione di mercato delle celle solari “tandem” di futura generazione (Marzo 2020).
Sebbene un traguardo di efficienza superiore al 26% per le varie soluzioni tecnologiche possa essere non facilmente implementabile a livello commerciale, efficienze pari o prossime a quel livello potrebbero essere raggiunte in tempi sufficientemente ravvicinati: celle a silicio monocristallino a eterogiunzione con contatti posteriori, infatti, hanno già permesso di raggiungere il valore di 26,7% ancorché con costi leggermente superiori rispetto alla tipologia presentata in Fig. 10.
Lo stato dell’arte delle efficienze raggiunte da celle prodotte su substrato cristallino può essere ben rappresentata dalla Fig. 11.
Fig. 11 - Proiezione della penetrazione di mercato delle celle solari “tandem” di futura generazione - Marzo 2020.
Per queste ragioni, nella progettazione dei sistemi fotovoltaici è fondamentale tenere conto sia dello stato dell’arte tecnologico sia della sua futura prospettiva: i generatori fotovoltaici che saranno disponibili a livello commerciale al momento della realizzazione dell’impianto risulteranno avere efficienze sicuramente superiori rispetto a quelli disponibili al momento dell’ideazione del progetto e pertanto è assolutamente fondamentale che la progettazione tenga conto di questa variabile fin da subito utilizzando moduli che prevedano già tali margini di miglioramento (che peraltro sono, come dimostrato sopra, facilmente individuabili).
2.3 DIFFUSIONE DELLA FONTE SOLARE FV A LIVELLO NAZIONALE ED
INTERNAZIONALE
Alla fine del 2019 la potenza totale installata globalmente ha raggiunto i 630 GWp seguendo una traiettoria di crescita annuale di 120 GWp all’anno. Il fotovoltaico ha fornito globalmente circa il 2,1% dell’energia elettrica consumata a livello globale.
La previsione EIA è che per il 2030 l’incremento annuale di potenza installata passi a 246 GWp all’anno.
Secondo previsioni più aggressive e tuttavia necessarie per poter mantenere gli obiettivi dell’accordo di PARIGI 2015 la IRENA3 prevede per il 2050 l’installazione di 7122 GWp di generazione solare fotovoltaica nel mondo.
Fig. 12 - Andamento delle potenze annuali installate nel mondo. Fonte: EIA.
L’Europa ha raggiunto una capacità installata cumulata di circa 134 GWp alla fine del 2019.
Il dato riferito al 2019 della capacità aggiuntiva collegata in rete è di 16,5 GWp dopo essersi contratta fino al 2017 a 6 GWp di capacità incrementale. L’obiettivo EU del 32% di quota di energia prodotta da fonti rinnovabili potrà essere raggiunto solo se la capacità totale installata da fonte solare raggiungerà i 300 GWp pari a più del doppio della potenza attualmente installata.
Il target al 2050 è di circa 605 GWp, secondo i dati Joint Research Center tratti dalla ultima pubblicazione “Low Carbon Energy Observatory” del 2020 riferiti alla tecnologia fotovoltaica.
Questa generazione per ovvi motivi vedrà una concentrazione più intensa di installazioni nei paesi dell’Europa centrale e centro-meridionale quindi saranno principalmente interessati paesi come Spagna, Italia, Francia e Germania. Tuttavia, molti analisti considerano queste stime troppo prudenziali in quanto non tengono conto degli effetti che la transizione energetica avrà sull’aumento di domanda di energia elettrica rinnovabile.
In Italia in questi ultimi 8 anni, dopo un periodo di crescita rapidissima, la crescita incrementale di nuova potenza installata di impianti fotovoltaici ha subito un forte rallentamento a seguito della eliminazione dei supporti incentivanti e all’introduzione di normative che restringono la possibilità di installazione di impianti di produzione di grande dimensione a terra.
Linea di tendenza potenza
e numero installazioni 2008-2012
Linea di tendenza del
numero impianti 2012-2019
Linea di tendenza della
potenza installata 2012-2019
Ciò risulta chiaro dal confronto del gradiente della linea di tendenza tra il periodo 2008 e 2012 e il periodo 2012-2019 in Fig. 13. Risulta altrettanto chiaro come questo rallentamento abbia riguardato più la potenza complessiva installata che il numero delle installazioni e da ciò consegue che la potenza installata per singolo impianto è drasticamente diminuita.
Fig. 13 - Suddivisione della produzione da fonte Solare FV per regione. Fonte GSE 2019.
Le ragioni di questa tendenza sono dovute ai riflessi degli aspetti economici e sociali strettamente legati al peso economico che tali fonti energetiche hanno avuto inizialmente sull’aumento degli oneri nei costi finali dell’energia elettrica di consumatori e aziende che hanno portato a una brusca eliminazione degli schemi di supporto che si sono sempre rivelati inadeguate e poco flessibili ai mutamenti di costo di una tecnologia in rapida evoluzione.
Durante gli anni tra il 2012 e il 2020 l’eliminazione degli schemi di supporto incentivante risulta legata dunque alla necessità di fermare la crescita di tali oneri tariffari sul prezzo finale dell’energia elettrica. La costante e graduale compressione dei costi di installazione ha reso la produzione di energia da fonte solare tramite tecnologia fotovoltaica tuttavia nuovamente in grado di risultare economicamente sostenibile senza necessità di schemi di supporto o incentivazione.
Va considerato che ulteriori impianti rinnovabili in assenza di schemi incentivanti possono inoltre contribuire invece al calo del costo dell’energia oltre che al raggiungimento degli obiettivi Internazionali Europei e Nazionali su clima e energia senza gravare ulteriormente sui costi sostenuti dai consumatori finali e generando contemporaneamente posti di lavoro e crescita economica.
È necessario sottolineare, a onor del vero, come gli schemi incentivanti promossi da Italia, Spagna, Germania principalmente e, in misura minore dalla Francia, abbiano stimolato la crescita del mercato di tale tecnologia abbattendo i costi a livello globale, tanto da non rendere necessari schemi incentivanti diretti come in passato. Ciò è andato a vantaggio di tutti i Paesi soprattutto quelli europei che non hanno abbracciato la sfida di transizione tecnologica verso una generazione più pulita e compatibile (come i paesi dell’Est, con la Polonia in testa, ove il mix energetico dipende ancora in maniera preponderante dall’uso di fonti fossili e dal carbone).
Tali benefici sono direttamente derivati da oneri sopportati dai singoli Paesi e una politica consapevole dovrebbe pretendere a livello europeo la collateralizzazione di tali oneri al fine di ridurre il loro peso sui costi di energia elettrica di pochi paesi e riequilibrando di conseguenza quello che si è rivelato svantaggio competitivo naturale a scapito dei paesi più virtuosi e a vantaggio di quelli meno virtuosi.
La ragione per tale collateralizzazione è che la compressione dei costi consente l’accesso di tale tecnologia a tutti ma è stata generata da oneri di fatto a carico unicamente di singoli Paesi. Indipendentemente da ciò, ora che la tecnologia ha raggiunto la capacità di generazione in “grid-parity”, ovvero a costi compatibili con i prezzi di mercato, risulta sensato continuare a puntare su tale tecnologia approfittando dei benefici economici che essa può comportare.
Inoltre va sottolineato come un aumento della potenza installata di impianti alimentati a fonte rinnovabile in “grid parity” risulta aumentare la competitività dei Paesi e delle Regioni che li accolgono.
Anche per queste ragioni il NGEU ha previsto tra le forme di fiscalità che potranno essere introdotte la cosiddetta border carbon tax, ovvero una tassazione di bilanciamento a favore dei paesi maggiormente virtuosi.
2.4 FONTI INFORMATIVE E BASI DATI
In questa relazione ci si riferisce a diverse base dati e fonti informative di dominio pubblico al fine di consentire la verificabilità e la correttezza delle assunzioni e delle conclusioni nel modo più trasparente possibile.
Le fonti dati e statistiche in merito a valori di potenza e generazione aggregata o disaggregata a livello nazionale e regionale sono sostanzialmente GSE e TERNA. Oltre a questi si farà riferimento a report e studio di centri di ricerca fondazioni e articoli scientifici. I riferimenti delle fonti sono indicati nelle note o tra parentesi vicino a eventuali immagine tratte dalle fonti stesse.
▪ I dati del GSE, reperibili su ATLASOLE, risultano comparabili con i dati statistici di TERNA ancorché i database siano strutturati differentemente e presentino leggere differenze. Per completezza della analisi verranno usate entrambe le fonti principalmente riferite all’anno 2019 sulla base dei rispettivi report statistici e della documentazione pubblicata.
▪ I dati TERNA includono anche i dati delle generazioni diverse da fonte solare e permettono una analisi più articolata. I dati TERNA riferiti alla produzione solare potrebbero essere leggermente diversi da quelli del GSE in quanto alcuni impianti di produzione potrebbero essere stati allacciati alla rete sia precedentemente all’introduzione degli schemi incentivanti gestiti dal GSE sia con riferimento ad alcune regioni molto recentemente a regime di mercato libero e in tal caso non potrebbero risultare non ancora contabilizzati nei dati GSE.
Questa ultima possibilità potrebbe comportare in futuro, alla luce della maturità tecnologica raggiunta e al sempre maggior numero di impianti eserciti in “grid parity”, un aumento in termini di numero e potenza di impianti non contabilizzati nei dati GSE a meno che non venga effettuato un coordinamento e sincronizzazione dei rispettivi database. Tuttavia tali casi risultano ancora molto limitati e pertanto possiamo ritenere le differenze tra le due fonti entro i limiti accettabili di un errore statistico.
Nei paragrafi seguenti, verranno riportati anche alcuni grafici realizzati sulle basi dati GSE e TERNA.
3 ANALISI OBIETTIVI CLIMA ED ENERGIA
3.1 QUADRO INTERNAZIONALE
Nel seguente elenco è riassunta la Storia degli Accordi Internazionali sul Clima.
1988
Creazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico: si tratta di un comitato tecnico scientifico con il compito di studiare cause ed impatti relativamente ai cambiamenti climatici, proponendo le opportune soluzioni.
1992
Adozione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC): l’obiettivo è quello di stabilizzare le concentrazioni dei gas serra in atmosfera ad un livello accettabile tale da evitare situazioni critiche per il sistema climatico.
1997
Adozione del Protocollo di Kyoto: si prevede la riduzione e/o limitazione quantitativa delle emissioni dei gas serra con la possibilità di usare meccanismi flessibili come lo scambio di quote di emissioni.
Entra in vigore nel 2005, senza la ratifica degli Stati Uniti.
2005
Entrata in vigore della Direttiva “Emission Trading” dell’UE: prevede l’entrata in vigore della prima fase del primo e più grande sistema di scambio di emissioni nel mondo.
2008
Inizio primo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto: in questo anno l’UE e altri 37 paesi industrializzati prendono l’impegno di ridurre le emissioni di un valore medio del 5% rispetto ai dati rilevati nel periodo tra il 1990 e il 2012.
2009
Impegno finanziario per il clima: durante la conferenza ONU sui Cambiamenti Climatici (Cop15) i paesi già sviluppati si impegnano ad investire (dal 2020) 100 miliardi di dollari/anno, destinati ad assistere i Paesi in via di sviluppo.
2012
Adozione dell’Emendamento di Doha: inizia il secondo periodo di impegno per i Paesi aderenti al Protocollo di Kyoto, i quali dovranno ridurre le rispettive emissioni di un valore almeno pari al 18% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020.
2014
Intesa sulla “Lima Call for Climate Action”: la Cop20 si riunisce a Lima e ribadisce che tutti i paesi devono presentare entro il primo quadrimestre del 2015 il contributo nazionale di riduzione di emissioni per il nuovo accordo, che dovrà essere concentrato sulla mitigazione (ovvero su riduzioni/limitazioni) delle emissioni dei gas serra.
2015
Accordo di Parigi: siglato durante la Conferenza sul Clima di Parigi (Cop21) del 2015. I 195 paesi partecipanti hanno aderito al primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale che prevede un piano d’azione volto a ripristinare le “buone” condizioni del pianeta al fine di evitare situazioni climatiche estreme e a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.
2021
Durante il prossimo G20 2021 a Roma presieduto dall’Italia per la prima volta discuterà estensivamente dei rischi macroeconomici connessi al cambiamento climatico. Il dibattito spazierà dai costi economici del cambiamento climatico e dai progressi compiuti finora nell'affrontarlo, all'importanza di mitigare i rischi climatici nello sviluppo di politiche future. Sebbene l'impatto del cambiamento climatico sull'economia globale sia pienamente riconosciuto, è lungi dall'essere omogeneo tra i paesi. L'FMI stima che un pacchetto politico completo possa spianare la strada verso l'azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 e limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, con una produzione globale nel 2050 inferiore dell'1,2% rispetto alla proiezione di base. Tuttavia, il FMI ha sottolineato che la variazione dei costi tra i paesi deve essere presa in considerazione.
3.2 QUADRO EUROPEO
Il Consiglio Europeo ha approvato un obiettivo UE vincolante di riduzione delle emissioni nazionali di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Il programma della commissione europea presentato il 28 novembre 2018 punta a raggiungere l’obiettivo di una “climate nautral economy” per il 2050.
In questi anni sono stati potenziati i sistemi di certificazione delle produzioni di energia da FER e i sistemi di scambio dei crediti ambientali e il mercato della CO2.
Diventa prioritario per il sistema Paese il raggiungimento degli obbiettivi al fine di assicurare la competitività e la sostenibilità energetico-ambientale dei sistemi produzione e del sistema economico del Paese: i Paesi che più ritarderanno questa transizione ambientale e energetica verso le energie rinnovabili risulteranno maggiormente penalizzati sia in termini di competitività sia in termini di capacità di attrarre tutte le attività economiche utilizzatrici sia esistenti sia realtive alle nuove tecnologie. Dette attività tenderanno a concentrarsi nelle zone ove sia maggiormente disponibile la produzione di energia da fonte rinnovabile. Questo avverrà sia per una dinamica di prezzo sia per una dinamica tipica a ogni commodity che vede attività connesse insediarsi laddove vi sia la disponibilità maggiore di materia prima a costi competitivi.
A seguito dell’accordo di Parigi la nuova Commissione Europea (EC) ha proposto una serie di obiettivi ancora più ambizioni che fanno parte del pacchetto Europea Green Deal.
Questi obiettivi puntano alla riduzione delle emissioni climalteranti pari al 55% per il 2030 e alla neutralità da emissioni climalteranti per il 2050 (carbon neutrality).4
Durante il periodo pandemico, la EC ha proposto, a Maggio 2020, il Recovery Plan che si pone l’obiettivo di riparare ai danni economici causati dalla pandemia e di rinforzare il processo di “transizione verde” interpretandolo come opportunità di crescita. Il Recovery Plan prevede che:
▪ il supporto finanziario sia condizionato in una determinata percentuale minima a investimenti coerenti con il Green Deal;
▪ che la fiscalità finalizzata al rimborso del debito comune possa includere una carbon border tax e maggiori entrate dalle aste dei certificati ETS5.
Al fine di raggiungere la decarbonizzazione risulta quindi fondamentale aumentare la penetrazione dell’utilizzo di energia elettrica che deve dunque essere prodotta da fonti rinnovabili. In un recente studio della fondazione ENEL sono stati analizzati due scenari a scopo comparativo. Uno scenario di “riferimento” che rappresenta il trend di riduzione e efficientamento sulla base dell’evoluzione storica ad oggi e il secondo scenario di “decarbonizzazione” che permetterebbe il raggiungimento degli obiettivi nel 2030 e ad avvicinarsi agli obiettivi del 2050.
Questi scenari sono sintetizzati nella Fig. 14 che mostra come per decarbonizzare unicamente il settore della produzione di energia elettrica sia necessario produrre l’84% di energia da fonti rinnovabile e la completa dismissione dell’utilizzo del carbone come fonte fossile.
4 xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/xxx/xxxx-xxxxx/xxxxxxxx/XXX-XXXxxxxx-XXXX-XxxxxxxxxXxxxxxxxxxx- 20200929.pdf
5 xxxxx://xxx.xxx.xx/xxxxxxx-xxx-xx/xxxxxxx-xxxxxxxxxx/xxxx-xx0/xxxxxxx-xx-xxx
Fig. 14 - Quote percentuali dei vettori energetici con riferimento ai consumi EU nello scenario di riferimento e in quello di decarbonizzazione. Fonte FTI-CL modelling.
La Fig. 15, che tratta dal medesimo studio, indica come per raggiungere tali obiettivi dovranno essere installati 450 GW di generazioni da fonte rinnovabile entro il 2030 e ulteriori 1270 GW entro il 2050.
Fig. 15 - Quote percentuali dei vettori energetici con riferimento ai consumi EU nello scenario di riferimento e in quello di decarbonizzazione. Fonte FTI-CL modelling.
3.3 QUADRO ITALIANO
Il Ministero dello Sviluppo Economico, coerentemente con gli indirizzi europei, ha emesso il
Piano integrato per l’energia e il clima a Gennaio 2020.
Il piano sottolinea benefici insiti nella vasta diffusione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, connessi alla riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, al miglioramento della sicurezza energetica e alle opportunità economiche e occupazionali per le famiglie e per il sistema produttivo, e intende proseguire con convinzione su tale strada con un approccio che metta sempre più al centro il cittadino, anche nella veste di prosumer, e le imprese, in particolare medie e piccole.
Il piano pertanto condivide l’orientamento comunitario teso a rafforzare l’impegno per la decarbonizzazione dell’economia e intende promuovere un Green New Deal, inteso come un patto verde con le imprese e i cittadini, che consideri l’ambiente come motore economico del Paese.
L’esplicitazione dei contenuti del Green New Deal si manifesterà in varie forme e direzioni, includendo i provvedimenti di recepimento delle Direttive comunitarie attuative del pacchetto energia e clima, ma anche promuovendo iniziative ulteriori e sinergiche, già a partire dalla Legge 27 Dicembre 2019, n.160 (Legge di Bilancio 2020).
Il PNIEC datato Dicembre 2019 esplicita chiaramente quali siano gli obbiettivi italiani recependo gli impegni vincolanti assunti a livello EU.
Al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'UE di almeno il 32% di energia rinnovabile nel 2030 di cui all'articolo 3 della Direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue una traiettoria indicativa. Tale traiettoria è rappresentata in Fig. 16.
Fig. 16 - Traiettoria della quota FER complessiva. Fonte: GSE e RSE.
Fig. 17 - Traiettoria della quota FER complessiva. Fonte: GSE e RSE.
Si prevede che il contributo delle rinnovabili al soddisfacimento dei consumi finali lordi totali al 2030 (30%) sia così differenziato tra i diversi settori:
▪ 55,0% di quota rinnovabili nel settore elettrico;
▪ 33,9% di quota rinnovabili nel settore termico (usi per riscaldamento e raffrescamento);
▪ 22,0% per quanto riguarda l’incorporazione di rinnovabili nei trasporti (calcolato con i criteri di contabilizzazione dell’obbligo previsti dalla RED II).
Fig. 18 - Traiettoria della quota FER elettrica. Fonte: GSE e RSE.
Come riportato nel PINEC:
“Secondo gli obiettivi del presente Piano, il parco di generazione elettrica subisce una importante trasformazione grazie all’obiettivo di phase out della generazione da carbone già al 2025 e alla promozione dell’ampio ricorso a fonti energetiche rinnovabili.
Il maggiore contributo alla crescita delle rinnovabili deriverà proprio dal settore elettrico, che al 2030 raggiunge i 16 Mtep di generazione da FER, pari a 187 TWh.
La forte penetrazione di tecnologie di produzione elettrica rinnovabile, principalmente fotovoltaico ed eolico, permetterà al settore di coprire il 55,0% dei consumi finali elettrici lordi con energia rinnovabile, contro il 34,1% del 2017. Difatti, il significativo potenziale incrementale tecnicamente ed economicamente sfruttabile, grazie anche alla riduzione dei costi degli impianti fotovoltaici ed eolici, prospettano un importante sviluppo di queste tecnologie, la cui produzione dovrebbe rispettivamente triplicare e più che raddoppiare entro il 2030.
Per il raggiungimento degli obiettivi rinnovabili al 2030 sarà necessario non solo stimolare nuova produzione, ma anche preservare quella esistente e anzi, laddove possibile, incrementarla promuovendo il revamping e repowering di impianti.
In particolare, l’opportunità di favorire investimenti di revamping e repowering dell’eolico esistente con macchine più evolute ed efficienti, sfruttando la buona ventosità di siti già conosciuti e utilizzati, consentirà anche di limitare l'impatto sul consumo del suolo.”.
Secondo le previsioni riportate dal PINEC la generazione di energia elettrica da fonte rinnovabile in Italia dovrà passare dagli attuali 97,8 TWh a circa 339 TWh. Tale numero può essere facilmente parametrizzato rispetto al rapporto tra gli attuali consumi regionali ed il totale nazionale per individuare un target di prima approssimazione di quello che dovrà essere il contributo approssimativo che la regione FVG dovrà apportare al 2030. Supponendo quindi che il differenziale tra i due valori venga diviso per i consumi attuali nazionali e moltiplicato per quelli del FVG, si ha che il contributo in termini di energia rinnovabile della nostra regione dovrebbe attestarsi su una quota di generazione pari a 7.56 TWh.
Fig. 19 - Traiettorie di crescita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili al 2030. Fonte: GSE e RSE.
Fig. 20 - Obiettivi e traiettorie di crescita al 2030 della quota rinnovabile nel settore elettrico, TWh.
La differenza tra i 2,3 TWh prodotti attualmente da fonte rinnovabile e il valore stimato di 7,56 TWh sarebbe la quota di energia da fonti fossili che dovrebbe essere sostituita da produzione rinnovabile più la quota di energia elettrica che andrebbe a sostituire consumi attualmente soddisfatti tramite fonti non rinnovabili non elettriche con consumi di energia elettrica da fonte rinnovabile secondo gli sviluppi previsti dal PINEC. Si tratta solo di una prima approssimazione fatta secondo un criterio di contribuzione regionale proporzionale basato sui consumi della regione che risulta anche quello più equo e corretto da un punto di vista sociale ove ogni regione concorre a coprire i propri obiettivi.
Il differenziale tra i due valori è dunque di circa 5,26 TWh.
Per ragioni che verranno delineate in seguito, si ritiene che la quasi totalità di tale quota di energia elettrica da fonte rinnovabile su base annuale dovrà essere prodotta da fonte solare. Sulla base di tale ipotesi, assumendo una producibilità media di 1200 ore (che risulta superiore alla media rilevata sul parco impianti attuale di 1022 ore), si può capire come ci sia la necessità di una potenza installata aggiuntiva da fonte solare fotovoltaica pari a 4380 MWp.
In seguito tale valore verrà confrontato con una stima ottenuta da un metodo differente.
Fig. 21 – Rappresentazione grafica della producibilità media installata relativa agli impianti FV a terra.
4 ANALISI DEL MERCATO ELETTRICO E GENERAZIONE REN
4.1 ANDAMENTO DEL MERCATO ELETTRICO
L’aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da un lato e la riduzione delle emissioni dei gas serra dall’altro, sono attualmente due priorità inderogabili.
L’aggregato del totale degli impegni nel 2017 è pari a 125,497 milioni di tep di cui 25,109 milioni di tep rappresentano gli impieghi di energia elettrica (Mise Bilancio energetico nazionale)6. Per quanto riguarda il settore elettrico si è vista tra il 2016 e il 2017 una contrazione della produzione da FER elettriche da 108 TWh nel 2016 104 TWh nel 2017 (MISE situazione energetica nazionale 2017)7. I Consumi Interni lordi di energia elettrica risultano essere pari a 325 TWh al 2017 dunque le FER elettriche offrono una copertura pari al 31,4% del totale dei consumi. Le statistiche TERNA riportano valori sostanzialmente comparabili con quelli delle altre fonti e probabilmente più precisi.
Fig. 22 - Produzione Lorda Elettricità GWh. Fonte TERNA.
6 xxxxx://xxxxxx.xxxx.xxx.xx/xxx.xxx
7 xxxxx://xxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/XxXX-XXXXXX_Xxxxxxxxx_xxxxxxx_xx_xxxxxxxxx_0000.xxx
Una analisi più specifica del mercato elettrico può essere tuttavia fatta analizzando i dati GME. Innanzitutto partiamo dall’andamento dei volumi che risulta essere un indicatore strettamente legato alla produzione e ai consumi.
Fig. 23 - Volumi mercato elettrico. Fonte GME.
In Fig. 23 possiamo notare come dal 2008 al 2020 i volumi abbiano avuto un trend negativo dovuto da un lato all’efficentamento degli usi ma dall’altro soprattutto da un calo delle produzioni e dei consumi. Il calo dei volumi è stato poi calmierato dal 2014 al 2020 da una dinamica di prezzi dell’energia molto bassi che hanno supportato i consumi ad uso civile compensando parzialmente il calo dei consumi legati al settore industriale.
Complessivamente possiamo dire tuttavia che questa dinamica non risulta essere benigna in quanto per una economia sarebbe molto più vantaggioso che i consumi fossero dettati da utilizzi di natura industriale che comporta produzione e pertanto crescita economica produttiva.
Dalla analisi dei volumi mensile anno su anno (Fig. 24) si evince come i volumi siano inferiori all’anno 2010 dove si erano riscontrati i volumi più alti degli ultimi 20 anni ma comunque superiore ai volumi minimi registrati durante la pandemia. Questo cambierà nei prossimi mesi.
Sul breve termine un primo aumento dei consumi sarà guidato della ripresa delle produzioni e dalla risposta alla domanda produttivo/industriale accumulata e non soddisfatta nel periodo pandemico, mentre nel medio e lungo termine l’aumento dei consumi avrà come driver i seguenti fattori:
▪ le politiche di stimolo alla crescita nazionali ed europee;
▪ politiche climatico energetiche;
▪ transizione digitale;
▪ mobilità elettrica.
Rispetto a questi principali fattori che porteranno ad un aumento dei consumi, soprattutto le politiche climatico-energetiche e la mobilità elettrica comporteranno una transizione verso l’energia elettrica da fonti diverse oggi utilizzate per soddisfare richieste già esistenti mentre le politiche di stimolo per la crescita e la espansione del settore digitale che risulta estremamente “energy intensive” porteranno a degli aumenti strutturali dei consumi elettrici.
Si può quindi affermare che tali contributi, poiché avranno un impatto di proporzioni uniche, potrebbero effettivamente comportare una domanda di energia elettrica notevole oltre le previsioni più ottimistiche degli anni passati ed ancora molti analisti stanno sottostimando tale “rischio”.
L’energia è un fattore chiave dell’inflazione.
L’inflazione può essere benigna se determinata da aumento di domanda interno e legata all’aumento dell’occupazione e del potere di spesa delle persone; tuttavia, assume accezione negativa determinata dall’aumento del costo delle importazioni o dei prezzi di riferimento internazionali a cui viene indicizzato il prezzo dell’energia stessa.
Il costo dell’energia è indicizzato storicamente a Gas e Petrolio e le economie che non saranno in grado di spezzare la correlazione tra i prezzi di queste due materie prime ed il costo dell’energia elettrica saranno soggetti inevitabilmente a rischio inflazione esogena.
Fig. 24 - Volumi Mese su Mese. Fonte GME.
Quanto il prezzo nel mercato italiano sia legato all’indicizzazione dei prezzi delle fonti fossili può essere desunto della Fig. 25 per il periodo Gennaio-Marzo 2021 dove si può notare come in pieno periodo pandemico i prezzi siano aumentanti ancorché la domanda per lo stesso periodo.
Fig. 25 - PUN medio Mese su Mese. Fonte GME.
Con riferimento alla situazione del mercato si può concludere che:
▪ lo scenario italiano presenta una forte dipendenza ancora dal prezzo dei vettori energetici fossili tradizionali a cui viene indicizzato contrattualmente il costo dell’energia indipendentemente dalla domanda sottostante;
▪ i fattori chiave di crescita della domanda saranno:
o la politica di transizione energetica;
o la penetrazione della mobilità elettrica;
o le politiche di stimolo nazionali ed europee;
o la penetrazione delle tecnologie digitali;
▪ le politiche di stimolo economico internazionali e in particolare quelle degli USA comporteranno comunque un aumento dei costi di petrolio e gas a cui risulta indicizzata il prezzo dell’energia elettrica nel medio periodo;
▪ in assenza di un aumento della capacità di generazione di energia rinnovabile, l’Italia potrebbe essere soggetta a rischio inflazione esogena.
Per tali ragioni è auspicabile che vengano messe in atto azioni e politiche in grado di promuovere e supportare a livello nazionale e locale tutte le progettualità che, nel rispetto dell’ambiente e dei vincoli paesaggistici cogenti, siano mirate a promuovere l’aumento di generazione di energia elettrica da fonte rinnovabile in quanto ogni politica che vada nella direzione opposta va a scapito della resilienza dell’economia italiana e del raggiungimento degli obiettivi nazionali ed europei in merito a clima, energia e ambiente.
4.2 ANALISI COMPARATIVA NAZIONALE
media nazionale
Al fine di valutare complessivamente la situazione della produzione da fonte solare della Regione FVG nel contesto nazionale, di seguito verranno commentati alcuni grafici derivati da una riclassificazione dei dati TERNA e GSE parametrati anche ai dati ISTAT di riferimento delle singole regioni.
Friuli-Venezia Giulia
Fig. 26 - Suddivisione della potenza installata per regione. Fonte: TERNA 2019.
La Fig. 26 rappresenta graficamente la suddivisione a scala regionale relativa alla potenza installata su tutta Italia: ciò rende facilmente comparabili le diverse Regioni, anche in relazione alla media nazionale individuata (individuata dalla linea rossa tratteggiata).
Friuli-Venezia Giulia
Fig. 27 - Suddivisione della produzione da fonte Solare FV per regione. Fonte: TERNA 2019.
Più precisamente, la Fig. 27 rappresenta la produzione esclusivamente da fonte solare, sempre a scala regionale. Anche in questo caso il grafico fa emergere chiaramente quali siano le Regioni più attive dal punto di vista della produzione di energia elettrica da fonte solare. Sebbene da entrambi i grafici si possa evincere che, in termini assoluti, la Regione FVG è posizionata notevolmente al di sotto della media nazionale, tale informazione non risulta ancora pienamente esaustiva: va presentata un ulteriore analisi, relativa alla distribuzione in Regione dei pannelli fotovoltaici.
Impianti a terra Impianti non a terra
Piemonte
Valle D’Aosta Lombardia
Prov. Autonoma Bolzano Prov. Autonoma Trento
Veneto
Friuli Venezia Giulia
Liguria Xxxxxx Xxxxxxx
Toscana Marche Umbria Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
ITALIA
Distribuzione dei pannelli fotovoltaici per collocazione nelle Regioni a fine 2019
Fig. 28 - Ripartizione percentuale tra impianti collocati a terra e impianti non collocati a terra. Dati GSE.
media nazionale
Infatti, la Fig. 28 indica che in Friuli Venezia Giulia la percentuale di potenza installata relativa agli impianti a terra (rispetto alla potenza totale installata) sia pari solamente al 26%, quindi al di sotto della media nazionale (che consiste in un 42% circa).
Friuli-Venezia Giulia
Fig. 29 - Rapporto tra potenza installata a terra per km2 di superficie collinare o pianeggiante.
media nazionale
La Fig. 29 indica il rapporto per singola Regione tra potenza in MWp di impianti installati a terra e la superficie totale di pianura più superficie totale di collina8 ricavate dai dati ISTAT: anche in questo caso si può notare come il dato sia sotto la media nazionale.
Friuli-Venezia Giulia
Fig. 30 - Ripartizione percentuale tra impianti collocati a terra e impianti non collocati a terra. Dati GSE/TERNA -ISTAT.
Una ulteriore considerazione va fatta rispetto alla collocazione degli impianti di produzione di energia: la Fig. 30 mostra come l’energia prodotta da impianti a terra risulti importante rispetto a quella prodotta da impianti solari sulla copertura di edifici: seppur la potenza sia ancora inferiore, questo dato beneficia di una migliore produzione specifica per kWp installato degli impianti a terra.
A ciò si aggiunge il vantaggio per cui la produzione di energia da impianti collocati a terra non risulta vincolata dalle tipiche criticità delle installazioni su edifici (come il fatto di essere legate al tempo di vita degli edifici stessi o limitate dalle attività interne che potrebbero ridurre o compromettere la produzione nel tempo). Essendo la potenzialità di installazione su edifici relativamente limitata e non espandibile oltre le superfici utili effettivamente sfruttabili, questo grafico fornisce una indicazione molto chiara su come sia necessario realizzare installazioni a terra al fine di raggiungere gli obiettivi nazionali ed europei.
Rispetto a questa indicazione, è utile analizzare il territorio regionale in FVG: la Fig. 31 mostra chiaramente che il Friuli Venezia Giulia risulta essere prevalentemente pianeggiante. Infatti, il rapporto fra superfici pianeggianti e superficie totale regionale è fra i più alti a livello nazionale, dopo Veneto e Puglia, a pari merito con l’Xxxxxx Xxxxxxx.
Ciò renderebbe il Friuli-Venezia Giulia una delle candidate ideali per l’installazione di impianti prevalentemente a terra da un punto di sensitività rispetto all’impatto di sottrazione di superficie a usi agricoli.
8 In questo grafico sono state considerate anche le superfici collinari in quanto per alcune regioni la potenza installata su tali superfici non è trascurabile e in quanto alcune sono prive di superfici classificate come pianeggianti.
media nazionale
Friuli-Venezia Giulia
Fig. 31 - Percentuale superfici classificate come pianura su totale superficie regionali. Dati GSE/TERNA -ISTAT.
media nazionale
Analizzinado poi in maniera più specifica la presenza dei soli impianti a terra a livello nazionale, i dati delle singole Regioni rilevano una tendenza di valori uniformemente al di sotto del valore di media nazionale (ciò è molto influenzato dal fatto che alcune regioni orograficamente non sono vocate alla realizzazione di grandi impianti, a differenza di altre). La Fig. 32 rappresenta la percentuale di copertura di impianti a terra rispetto alla superficie totale e, nel caso specifico del Friuli-Venezia Giulia, la percentuale di superfici destinate a installazione di impianti a terra è pari al 0,0361%, ancora inferiore alla media nazionale.
Friuli-Venezia Giulia
Fig. 32 - Percentura di occupazione di superfici dedicate a impianti a terra su superficie totale regionale. Dati GSE/TERNA -ISTAT.
Le Fig. 33 e Fig. 34 dimostrano plasticamente come negli ultimi 10 anni circa l’unica fonte rinnovabile che abbia dimostrato un potenziale di crescita in grado di giocare un ruolo nella lotta alla riduzione di utilizzo di fonti fossili, al raggiungimento degli obiettivi di produzione di fonti rinnovabili e contribuito alla sostenibilità del bilancio energetico regionale sia la fonte solare con un tasso di crescita di 100 rispetto ad un tasso di crescita di circa 5,6 delle bioenergie che tuttavia comportano delle performance ambientali in termini di LCA e EROEI inferiori al fotovoltaico oltre a essere caratterizzate da un potenziale di crescita limitato.
Fig. 33 - Confronto potenze installate 2008/2019. Dati GSE/TERNA.
Fig. 34 - Confronto produzioni energia elettrica da fonte REN 2008/2019. Dati GSE/TERNA.
4.3 ANALISI GENERAZIONE DA FONTE FV PER REGIONI
La potenza totale installata9 del fotovoltaico in regione è di circa 514 MWp; rispettivamente:
▪ 5% pari a circa 276,7 MWp installati in impianti di potenza inferiori a 3 kWp
▪ 28% pari a 145,9 MWp installati in impianti di potenze comprese tra 3 e 20 kWp
▪ 27% pari a 137,1 MWp installati in impianti di potenze comprese tra 20 e 200 kWp
▪ 20% pari a a circa 103,9 MWp kWp installati in impianti di potenze comprese tra 200 e 1000 kWp
▪ 19% pari a circa 100,2 MWp installati in impianti di potenze comprese tra 1000 kWp
La Fig. 35 evidenzia che la regione Friuli Venezia Giulia risulta nona per potenza installata in Italia.
Fig. 35 - Suddivisione del numero di installazioni di impianti FV in Italia.
9 Dati tratti dall’ applicazione Atlasole Gse aggiornati al 10/06/2021.
4.4 QUADRO REGIONALE E PROSPETTIVE
Le figure qui di seguito rappresentano rispettivamente le comparazioni sintetiche e schematiche tra produzione utile netta e consumi a livello nazionale (Fig. 36) e a livello regionale, in maniera specifica relativi alla Regione FVG.
Fig. 36 - Comparazione Produzione-Consumi a livello Nazionale 2019. Fonte Terna.
Fig. 37 - Ripartizione Produzione e Consumi FVG 2019. Fonte Terna.
Dalla Fig. 37Errore. L'origine riferimento non è stata trovata. si può osservare come a fronte di un deficit energetico del 5,5% la Regione dipende da un mix di produzione dove le centrali a fonti fossili rappresentano la maggioranza della produzione con una penetrazione del 72,1%. La quota da fonte idroelettrica e storicamente presente in Regione e ciò comporta un importante vantaggio competitivo. Tuttavia, gli obiettivi europei ed italiani al 2020 dovrebbero essere calcolati più correttamente dal 1990 e pertanto l’incremento dato dalle fonti rinnovabili (prevalentemente fotovoltaico) in Regione è stato solo del 5,2%, valore lontano dal 20% auspicato per il 2020 (che, di nuovo, dovrebbe essere considerato come valore incrementale rispetto ai valori 1990). Altre Regioni, pur non potendo sfruttare la risorsa idroelettrica, hanno raggiunto gli obiettivi fissati per il 2020 sfruttando maggiormente la fonte eolica e fotovoltaica già a partire dal 1990.
Alla luce di ciò, si potrà e si dovrà fare molto di più per poter conseguire gli obiettivi al 2030 che prevedono il raggiungimento del 30% totale di produzione derivante da fonti rinnovabili: si deve tenere presente che la risorsa idroelettrica non potrà essere sfruttata ulteriormente, se non in modo irrilevante, e quindi l’unica fonte sfruttabile rimane il fotovoltaico (inteso anche come efficientamento degli impianti esistenti). Traguardando gli obiettivi al 2030 e l’ancora più ambizioso framework al 2050 si può affermare che, a livello territoriale, è necessario aumentare la capacità generativa da fonte rinnovabile.
A livello europeo si può notare come gli obiettivi fissati al 2030 risultino volutamente meno ambiziosi del dovuto, sebbene il loro raggiungimento necessiti effettivamente di un impegno costante e ben focalizzato, sia dell’Europa che degli Stati e delle Regioni stesse al fine di facilitare l’aumento della capacità di produzione da fonte rinnovabile ed installata. Viceversa, gli obiettivi al 2050 risultano estremamente ambiziosi se si considera come punto di partenza quello dato dai valori fissati al 2030. Paragonando gli obiettivi al 2050 alla potenzialità attualmente installata, la sfida risulta essere particolarmente impegnativa.
A livello nazionale, l’Italia non ha fatto altro che recepire le indicazioni europee adottando gli obiettivi europei al 2030, da considerarsi vincolanti.
Partendo dalle considerazioni fatte sul potenziale inespresso del fotovoltaico in Regione, soprattutto quello a grande scala, si deve considerare come necessaria una politica attiva che
miri xx accettare le proposte progettuali coerenti con gli obiettivi europei, come la proposta progettuale qui descritta.
La fonte fotovoltaica rappresenta una fonte economicamente competitiva, priva di impatti ambientali reali e facilmente e velocemente implementabile.
Al fine di ottimizzarne le risorse e renderne più efficienti la produzione e la gestione, risultano fondamentali gli impianti di grossa taglia anche legati a costi di generazione più bassi. L’elevata compatibilità paesaggistica e la facilità di realizzare inserimenti rispettosi dell’ambiente e delle caratteristiche del territorio permettono quindi di accogliere una certa concentrazione di impianti in aree strategiche da un punto di vista della “convertibilità urbanistica”, laddove essa risulti necessaria, senza che tali superfici risultino sottratte di fatto alla naturalità ambientale che le caratterizza e addirittura riescano a integrare finalità di promozione di usi agricoli ambientalmente compatibili e strategie mirate alla difesa dell’ambiente.Sono infatti da privilegiare impianti che:
▪ possano permettere futuri potenziamenti tramite espandibilità o efficientamento degli impianti;
▪ consentano di migliorare le infrastrutture presenti sul territorio tramite le nuove opere di connessione;
▪ possano occupare aree di scarso valore agricolo che altresì sarebbero coltivate con uso intensivo di prodotti chimici e alta necessità di irrigazione;
▪ riescano ad integrare strategie di utilizzo agricolo anche attraverso attività agricole lente;
▪ riescano ad integrare strategie di tutela ambientale;
▪ riescano ad integrare strategie dual o multi use (utilizzo duale) attraverso la fornitura diretta o virtuale a consumi energetici esistenti o strategici;
▪ riescano ad integrare attività di ricerca e sperimentazione tecnologica di settore;
▪ realizzino opere di connessione alla rete di impianto che potenzino ed integrino la infrastruttura di rete esistente purchè risultino accessibili anche a terzi
Le linee guida D.M. 10 Settembre 2010 hanno introdotto il concetto di “aree non idonee” ovvero di aree che rispondono ai criteri dell’Allegato 3 del predetto dispositivo: Regioni e Province avrebbero dovuto individuare tali aree. Il Ddl delega per l’attuazione della Direttiva REDII ed introduce ed implementa il concetto di aree idonee affiancate alla definizione di aree non idonee.
“In particolare, per il raggiungimento degli obiettivi indicati nel piano nazionale integrato per l'energia e il clima, si dovrà individuare una disciplina per la definizione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili che tenga conto delle esigenze di tutela delle aree agricole e forestali, del patrimonio culturale e del paesaggio, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate e aree non utilizzabili per altri scopi, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili.”
Questa implementazione, in fase di definizione, è finalizzata ad individuare aree a priorità FER, ovvero aree strategiche per lo sviluppo delle energie rinnovabili: è logico che il passaggio “per il
raggiungimento degli obiettivi indicati nel piano nazionale integrato per l'energia ed il clima” risulti dirimente nell’interpretazione in quanto tale individuazione è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi del PINEC.
In una recente lettera10,11 inviata da Greenpeace, Legambiente e WWF al Ministero dello Sviluppo Economico, al Ministero dell’Ambiente, al Ministero dell’Agricoltura e al Ministero dei Beni e della Attività Culturali, le tre associazioni sottolineano come le installazioni su coperture e aree dismesse non saranno sufficienti a consentire il raggiungimento degli obbiettivi internazionali.
“Le analisi evidenziano come per arrivare a questi obiettivi sia necessario sviluppare gli impianti sui tetti e nelle aree dismesse, ovunque in Italia, ma che si debba anche prevedere una quota di impianti a terra, marginale rispetto alla superficie agricola oggi utilizzata (SAU) e che può essere indirizzata verso aree agricole dismesse o situate vicino a infrastrutture, in ogni caso garantendo permeabilità e biodiversità dei suoli.”
Un protocollo datato 2 Dicembre 2020 tra Elettricità Futura - Unione delle Imprese Elettriche Italiane e Confagricoltura, ha definito i punti di lavoro comune al fine di sviluppare una proposta organica a sostengo del settore agricolo e di quello di produzione della energia elettrica da fonte rinnovabile che si articola sui seguenti punti:
▪ efficientamento energetico delle aziende agricole attraverso l’installazione di impianti fotovoltaici su coperture di edifici e fabbricati rurali nella disponibilità dell’azienda;
▪ promozione di progetti che valorizzino le sinergie tra rinnovabili ed agricoltura
- quali quelli di “Agrovoltaico” - e garantiscano un’ottimale integrazione tra l’attività di generazione di energia, l’attività agricola, con ricadute positive sul territorio e benefici per il settore elettrico e per quello agricolo;
▪ realizzazione di impianti fotovoltaici a terra su aree agricole incolte, marginali o non idonee alla coltivazione, garantendo un beneficio diretto ai relativi proprietari agricoli e al sistema Paese nel suo complesso, grazie all’incremento di produzione rinnovabile;
▪ promozione di azioni informative/divulgative volte a favorire lo sviluppo delle rinnovabili sul territorio, evidenziando i benefici di uno sviluppo equilibrato su aree agricole, le ricadute economiche, le sinergie, le potenzialità di recupero anche a fini agricoli di aree abbandonate o attualmente incolte;
▪ sviluppo delle altre fonti rinnovabili, con particolare riferimento alle biomasse ed al biogas per la produzione di energia elettrica, termica e combustibili.
Questi sono alcuni dei più recenti segnali che alcune associazioni di categoria rappresentanti diversi settori come quello agricolo, quello della tutela dell’ambiente, dei beni culturali, e associazioni di produttori di energia stanno attivamente inviando al Governo ed alle Amministrazioni Locali, consapevoli che la risposta adeguata al problema del raggiungimento
10 xxxxx://xxx.xxxx.xx/xxxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxx_xxxxxxx/0000/00/00/xxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxx-xxxxxx-x-xxxxxxxxxxxxx- scrivono-alla-ue_b371a731-f63c-47ec-ae2d-7bd963b4d4ff.html
11 xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxx-xxxxxxxxxxx-x-xxx-xx-xxxxxxx-xxxxxxxxxxx-xx-xxxxxxxx-xxx- fotovoltaico-e-agricoltura/
degli obiettivi non può passare che attraverso l’utilizzo anche di aree agricole laddove vengano
garantiti determinati criteri di progettazione ambientale e paesaggistica.
Infine, una recente proposta approvata il 7 Ottobre 2020 in sede di Parlamento Europeo ha alzato il livello relativo agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dal 40% rispetto ai livelli del 1990, previsto dalle attuali normative come obiettivo al 2030, al 60% rispetto ai medesimi livelli del 1990: l’impegno al raggiungimento di questi valori dovrà necessariamente includere la transizione dei consumi di energia primaria da fonti fossili ad energia elettrica rinnovabile.
Il trend legato all’aumento dei livelli relativi agli obiettivi di quote di energia rinnovabile prodotta/utilizzata è ormai chiaro ed ineludibile. Pertanto, per i territori risulta strategica e necessaria la declinazione delle proprie scelte progettuali in modo da contemperare esigenze di pianificazione territoriale a tutela dell’ambiente e delle sue tipicità in relazione alla necessità del raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia da fonte rinnovabile. Il mancato successo in questo senso, vorrebbe dire rinunciare inevitabilmente al raggiungimento degli obiettivi sopra citati e, di fatto, perdere un’importante occasione di crescita economica e di miglioramento della propria competitività territoriale.
Risulta dunque auspicabile che le Regioni procedano ad una individuazione sul territorio delle aree strategiche per la produzione di energia rinnovabile da fonte fotovoltaica o “aree a priorità FER”.
Inoltre, i singoli Comuni avrebbero comunque la possibilità, in aggiunta, di pianificare aree di produzione FER in relazione al Piano Regolatore Comunale di dimensione inferiore a quelle individuate a livello regionale. Tale pianificazione risulterebbe peraltro coerente e simmetrica a quanto fu fatto negli anni ‘70 per le aree industriali, per cui furono previste delle “aree industriali regionali” o “distretti industriali” che riguardavano siti caratterizzati da elevate estensione e corrispondenti a determinati criteri di strategicità a livello Regionale lasciando poi ai comuni la possibilità di individuare ulteriori aree industriali comunali di dimensioni minori.
4.5 SUPERFICI UTILIZZATE ED UTILIZZABILI
Da una nostra stima aziendale abbiamo valutato che è stato sfruttato più del 20% del potenziale teorico delle superfici economicamente sfruttabili rispetto alle coperture che possano garantire condizioni minime di installazione adeguate in termini di superficie minima disponibile.
La potenza attualmente installata su impianti in copertura è di circa 380 MWp.
Tuttavia tale potenziale teorico si riduce una volta considerate le criticità strutturali degli edifici, la loro natura architettonica, le tipologie costruttive dei lastrici solari (che a volte risultano essere incompatibili), l’efficienza di produzione ottenibile date le caratteristiche delle coperture stesse e l’incompatibilità con le attività contenute negli involucri edilizi esistenti e la possibilità di connettere le potenze derivanti alla rete elettrica.
Il potenziale sviluppabile, dunque, si riduce di molto e si aggira tra gli 800 MWp e i 1000 MWp di impianti che comunque presenteranno obbligatoriamente, a causa delle tipologie di installazioni “in copertura”, generazioni di energia meno efficienti e che comporteranno comunque delle complessità notevoli di gestione. Si tratta infatti di impianti che presentano rischi per la gestione e la manutenzione degli stessi, essendo sempre connessi a lavori in altezza con rischio caduta, aumento dei rischi di incendio degli immobili e altre problematiche connesse alla gestione di tempi di vita diversi tra il manto di copertura degli involucri edilizi e dell’impianto fotovoltaico.
Queste problematiche non esistono in impianti di produzione industriale a terra come i parchi fotovoltaici che vengono localizzati secondo criteri diversi che ottimizzano in primis l’inserimento nella rete MT della potenza generata.
Un obiettivo del 34% di generazione da fonti rinnovabili al 2030 per la nostra regione come ripartizione diretta dell’obiettivo nazionale significa avere una produzione di energia elettrica pari a 3,5 TWh (terawattora) senza tenere conto delle dinamiche che porteranno il mix di fonti verso un utilizzo sempre maggiore dell’energia elettrica. Un obiettivo al 50% (ovvero la metà dell’obiettivo previsto al 2050) vorrebbe dire arrivare a una capacità di generazione di 5TWh.
Oggi il 17% del bilancio energetico è coperto da produzione derivante da idroelettrico la cui capacità è storicamente presente e non espandibile ulteriormente se non in quota minimale e non rilevante. Il 5,2% deriva da fonte fotovoltaica essendo la fonte eolica sul territorio non sfruttabile economicamente e di fatto deriva da impianti realizzati negli ultimi 20 anni.
L’unica fonte rinnovabile realmente sfruttabile nella nostra regione dunque è quella solare tramite la tecnologia fotovoltaica.
Pensare di arrivare a soddisfare il 34% di generazione da fonti rinnovabili vorrebbe dire realizzare un totale di 3000 MWp di impianti; Ipotizzando di assumere cauteletivamente la stima di 3000 MWp se a questa cifra si sottraggono quelli già realizzati, si evince la necessità di installare ancora circa 2500 MWp che, al netto della stima molto generosa sopra effettuata di 1000 MWp ottenibili su copertura, ci porta a una stima di circa 1500 MWp di potenza da nuove installazioni che possono essere unicamente realizzate su impianti “a terra”.
Questa stima risulta inferiore a quella ottenuta rispetto agli obiettivi del PINEC e riportata precedentemente e che teneva in considerazione anche dei trend sostituzione dei consumi non elettrici con consumi elettrici.
Al netto dello sfruttamento di aree degradate residuali (come ad esempio cave e discariche) che comunque possono comportare non poche difficoltà realizzative e che garantiscono solo una scarsa potenzialità installabile, tale risultato non può assolutamente prescindere dall’individuazione di siti idonei a terra. L’accettazione di installazioni “a terra” rappresenta, da un punto di vista di efficacia ed efficienza, l’unica soluzione possibile al fine di soddisfare il raggiungimento degli obiettivi europei. A tal fine risulta ottimale la scelta di impianti di media e grossa dimensione di taglia tra i 10 MWp e i 100 MWp che facilitano l’individuazione sul territorio delle aree idonee.
Nel tentativo di individuare tali aree si deve necessariamente tenere conto, come primo criterio, della disponibilità di capacità di connessione alle reti elettriche, ma anche dell’orografia del territorio, delle caratteristiche dei terreni (privilegiando quelli a scarso valore produttivo agricolo), della possibilità di integrare ove possibile l’utilizzo agricolo legato al territorio nelle progettualità, dei piani ambientali e paesaggistici strutturando la progettazione degli impianti sulle strategie e sugli obiettivi di tali piani. Individuare siti idonei che ammettano tutte queste qualità, come nel caso in oggetto, non risulta così immediato e semplice. Sul territorio, infatti, le aree vocate alla realizzazione di questa tipologia di impianto non sono poi così diffuse perciò, le poche presenti dovrebbero essere individuate come aree strategiche per l’inserimento di Parchi Solari.
Le relazioni ambientali allegate alla presente dimostrano che gli impianti fotovoltaici a grande scala (centrali di produzione da fonte solare) generano benefici dal punto di vista ambientale e non comportano alcun impatto ambientale rilevante. Inoltre, le tecnologie utilizzate per la realizzazione di questi impianti garantiscono una facile dismissione con un conseguente ripristino delle superfici utilizzate allo stato preesistente.
Gli impianti fotovoltaici a terra garantiscono, comunque, una più immediata e semplice possibilità di efficientamento e rinnovamento tecnologico e pertanto rappresentano una forma efficace e ambientalmente compatibile di generazione elettrica che consente di ridurre la
dipendenza da fonti energetiche fossili di importazione. Inoltre, per quanto riguarda la manutenzione delle superfici verdi su cui si insediano queste strutture, non vengono impiegati diserbanti e/o prodotti chimici: ciò comporta un ulteriore beneficio sia per l’ambiente che per la qualità delle falde. Questi aspetti sono stati esaminati nelle relazioni specialistiche allegate.
4.5.1 Alcune osservazioni
Se comunque la realizzazione di impianti a terra è considerata un elemento “critico” per il territorio, stante la inevitabilità di tali tipi di interventi, il legislatore dovrebbe almeno coerentemente attivare indirizzi normativi finalizzati a favorire gli interventi su copertura in modo da minimizzare la necessità di occupazione di suolo.
Tali indirizzi dovrebbero innanzitutto introdurre il concetto di diritto di accesso alla radiazione solare come fatto già in molti altri paesi: questo concetto stabilisce che una proprietà, terreno o edificio che sia, ha il diritto di non vedere pregiudicata la possibilità di beneficiare della radiazione diretta. Ciò si traduce direttamente in indirizzi urbanistici che impediscano che nuove realizzazioni, interventi e colture non interferiscano con la possibilità di una superficie di beneficiare dell’apporto di energia fornito dalla radiazione solare diretta.
Questo concetto è applicabile sia ai terreni, nel caso di realizzazioni a terra, sia soprattutto alle superfici di copertura di cui tanto si chiede di premiare l’utilizzo.
Inoltre, stante la vetustà del parco edilizio industriale dovrebbero essere promossi programmi di ricostruzione dello stesso. Un impianto di produzione dell’energia elettrica deve essere progettato per poter almeno durare 50 anni: il parco edilizio industriale esistente non presenta caratteristiche strutturali idonee a garantire un arco di tempo così esteso. Per tale ragione risulta fondamentale promuovere un processo di ottimizzazione del parco edilizio industriale esistente tramite demolizione e ricostruzione.
Altro fattore dirimente è legato ai criteri da applicare in caso di nuova costruzione o di ristrutturazione di un edificio industriale. Risulta in questo caso necessario introdurre l’indicazione cogente di ottimizzare architettoniamente le superfici in copertura in modo da massimizzare la possibilità di sfruttamento della radiazione incidente in copertura. Ciò si traduce inevitabilmente nel realizzare forme regolari che consentano la possibilità di installare i generatori solari correttamente esposti a sud, massimizzando lo sfruttamento della superficie in copertura e non presentino elementi che possano ridurre lo sfruttamento della stessa come lucernai o elementi che possano riportare ombreggiamenti.
5
IMPIANTI FOTOVOLTAICI SU AREE AGRICOLE: CRITERI PER L’INIDIVIDUAZIONE DEI SITI E L’INTEGRAZIONE DI ATTIVITÀ
La necessità di individuare sul territorio siti adatti ad ospitare impianti di grandi dimensioni nasce dal fatto che, in relazione alla volontà di contribuire in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi nazionali relativi alla quota di energia da fonti rinnovabili, l’utilizzo delle sole coperture anche di ampia metratura (e/o superfici ad esse annesse) risulta poco efficace per un duplice motivo:
▪ da un lato, la disponibilità effettiva delle stesse non risulta garantita o garantibile per ragioni legate ai costi delle bonifiche e ai ritardi sulla loro effettuazione;
▪ dall’altro, per quello che riguarda le coperture, si riscontrano problemi legati alle capacità strutturali degli edifici e a ulteriore problematiche legate alle normative relative alla prevenzione incendi che ne limitano l’utilizzo e la realizzabilità.
Si pensi solo che, mediamente, il parco edilizio industriale italiano è costituito per oltre il 50% da edifici con caratteristiche non idonee, da un punto di vista strutturale, per integrare la realizzazione di un impianto fotovoltaico in copertura e che il rimanente presenta comunque dei vincoli normativ (prevenzione incendi etc ) che di fatto riducono la superficie realmente utilizzabile di un ulteriore 50%. Questo senza tenere conto di altri due fattori fondamentali.
Il primo è che l’orientamento e le modalità di posa ammissibili non permettono di ottimizzare la producibilità teorica massima invece ottenibile con un istallazione a terra; il secondo è che l’attività di produzione avviene su delle superfici poste in altezza, aumentando la difficoltà delle operazioni di gestione e manutenzione e esponendo gli operatori al rischio di cadute dall’alto.
Per quanto riguarda gli impianti su copertura industriale va tenuto conto di ulteriori difficoltà gestionali come quella legata alle temperature operative: infatti, su una copertura industriale in estate vengono raggiunte, anche nel Nord Italia, temperature ambientali attorno ai 50°C con un ulteriore incremento del rischio per gli operatori ed una ulteriore penalizzazione della efficienza legata alla temperatura operativa dei generatori.
Al fine di raggiungere gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile devono obbligatoriamente essere considerate le installazioni a terra, anche su aree agricole. Ciò impone la fissazione di alcuni criteri sia da parte delle amministrazioni che, in primis, da parte dei proponenti al fine di dimostrare che la selezione dei siti non risulta lasciata al caso e/o ad una occasione di carattere meramente opportunistico.
5.1 L’IMPORTANZA DEL PAESAGGIO
Una attenta lettura del territorio risulta dunque fondamentale per indirizzare correttamente gli interventi: è ormai palese ed oggettivo che il raggiungimento degli obiettivi deve necessariamente passare anche attraverso l’utilizzo di superfici classificate ad uso agricolo.
La questione principale però riguarda quali siti e, soprattutto, secondo quali criteri ammettere questa tipologia di opere impiantistiche. L’attenzione a privilegiare interventi sapendo cogliere l’opportunità di compromessi “virtuosi” tra le varie necessità di tutela delle vocazioni agricole, tutela del paesaggio e inderogabilità dal raggiungere gli obiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabile utilizzando obbligatoriamente anche siti su area agricola, non può che passare attraverso l’individuazione dei corretti criteri di inserimento (che, tuttavia, non possono essere sottoposti a visioni preordinate ed ideologiche che porterebbero inevitabilmente alla definizione di indirizzi pianificatori errati).
A questo proposito, errori (ed orrori) di indirizzo pianificatorio dettati da impostazioni ideologiche possono essere già rilevati nelle normative a livello nazionale (ed anche regionale) che continuano a fiorire in contraddizione agli indirizzi fondanti alla base del processo di transizione ecologico-energetico. Il falso dogma propugnato sempre con maggiore frequenza che le aree agricole non debbano essere utilizzate è facilmente confutabile con i semplici ragionamenti numerico/quantitativi e tramite le evidenze già rappresentate nella presente.
Postulati come il fatto che necessariamente gli impianti a terra sottraggano superfici necessarie alla agricoltura creando un danno in termini di autosufficienza alimentare, rappresentano sicuramente uno stilema di comunicazione tanto efficacie quanto falso. A conferma di ciò, basti pensare ad esempio che una quota rilevante del prodotto derivante dai terreni a seminativo in Regione è destinato alla alimentazione di allevamenti zootecnici intensivi: tuttavia, il carico ambientale combinato di tali coltivazioni e della filiera alimentare degli allevamenti intensivi viene escluso dalla equazione dialettica proposta12131415. Solo tali impatti se tenuti in considerazione giustificherebbero ben altre considerazioni rispetto all’opportunità di sottrarre terreni agli usi agricoli tradizionali soprattutto quando tali interventi si associano ad attività di agricoltura biologica o altri interventi ad elevata sostenibilità ambientale.
Effettivamente, considerare nella valutazione degli impatti ambientali anche il “valore” dell’impatto alternativo evitato, tuttavia, aprirebbe un vaso di Pandora molto pericoloso e scomodo.
Come si può infatti sostenere che debbano essere negati degli interventi coerenti con gli indirizzi nazionali ed internazionali ambientali ed energetici a impatto ambientale positivo al fine di tutelare invece attività che comportano impatti ambientali decisamente negativi?
Un recente rapporto16 di Greenpeace riporta come:
“Il settore agricolo tradizionale è responsabile dell’80% delle emissioni europee di ammoniaca in aria e di azoto nelle acque, di queste, oltre l'80% sono legate agli allevamenti . Secondo il rapporto europeo sull'azoto (The European Nitrogen Assessment)17, l'inquinamento da azoto costa all'Unione europea fino a 320 miliardi di euro all'anno. L'inquinamento da azoto espone potenzialmente circa 18 milioni di persone al rischio di bere acqua con concentrazioni di nitrati superiori ai livelli raccomandati18.
12 Xxxxxx et al. 2019. Food in the Anthropocene: the EAT-Lancet Commission on healthy diets from sustainable food systems.The Lancet Commissions, 393(10170):447-492.
13 Xxxxxxxx X. et al. 2013. Livestock greenhouse gas emissions and mitigation potential in Europe. Global Change Biology, 19(1):3-18
14 Xxxxx Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx X. Xxxxxxx, Xxxx Xxxxxx, and Xxxxx Xxxxxxxxxxx. 2016. Analysis and valuation of the health and climate change cobenefits of dietary change. Proceedings of the National Academy of Sciences 000(00) 0000-0000.
15 IPCC. 2014. Climate Change 2014: Mitigation of Climate Change. Working Group III Contribution to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change. Cambridge University Press. New York. p. 840 Available at xxxxx://xxx.xxxx.xx/xxxx/xxxxxx/xxxxxxx/0000/00/xxxx_xx0_xx0_xxxxxxx00.xxx.
16 Greenpeace – Sintesi in italiano del rapporto: “FEEDING THE PROBLEM The dangerous intensification of animal farming in Europe” 12 febbraio 2019
17 Xxxxxx, X.X. et. al. 2011. The European nitrogen assessment: sources, effects, and policy perspectives. Cambridge University Press. Available at xxx.xxxxxxxxx.xxx/0000000000000
18 Grizzetti et al. 2011. Nitrogen as a threat to European water quality. In Sutton et al. 2011. The European Nitrogen assessment. Cambridge University Press. pg. 386. Available at xxxx://xxxxxxx.xxxxxxx.xx.xx/00000/0/00000XXX_x00.xxx
Gli allevamenti intensivi contribuiscono anche all'inquinamento dell’aria, che le autorità considerano come il maggiore fattore di rischio ambientale per la salute in Europa19, e che causa oltre 400.000 morti premature all'anno20. L’allevamento intensivo è responsabile della maggior parte degli inquinanti atmosferici di origine agricola, in particolare l'ammoniaca e il particolato.21”
In merito al tema della sottrazione del terreno destinato ad usi agricoli abbiamo riportato nella presente i dati quantitativi che dimostrano come la diminuzione della SAU tra 1987 e 2010 sia stato di 50.000 ettari (circa 10 volte superiore alla superficie necessaria al raggiungimento degli obiettivi PNIEC al 2030) senza che ciò non causasse alcuno scandalo sociale o polemica politica.
Sostenere che la tecnologia non sia matura o che non migliorerà vuol dire esercitare un esercizio di confutazione dialettica banale (leggasi Schopenauer), spostando di fatto il problema senza fornire una soluzione unicamente per mancanza di utleriori argomenti e al fine di raccogliere consenso politico: ciò è confermato dal fatto che, ad esempio, esistono ancora impianti in funzione realizzati oltre 30 anni fa, o che alcuni satelliti in funzione a servizio dei sistemi di comunicazione sono alimentati da moduli fotovoltaici di oltre 40 anni.
Sostenere che tali interventi, se situati su area agricola, debbano essere realizzati unicamente da determinati attori economici, si traduce in una mera difesa di presunti diritti acquisiti senza tuttavia avere una visione strategica d’insieme di quale sia la soluzione socialmente più utile e conveniente l’intero sistema economico-sociale nazionale.
Sostenere la necessità di una moratoria su tutti i processi autorizzativi vuol dire dimenticare la disponibilità di un arco di tempo superiore ai 10 anni per la realizzazione di una normativa di settore coerente a livello regionale. Tutte queste richieste “politiche” sembrano più ispirate dal principio gattopardesco “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, piuttosto che motivate da una reale volontà di promuovere una normativa di sintesi tra le istanze dei vari stakeholder.
Se tutte queste richieste ed istanze fossero raccolte e tradotte in un quadro legislativo basato solamente su indicazioni non oggettive e senza tenere in considerazione anche le istanze dei produttori di energia rinnovabile, il risultato porterebbe inevitabilmente ad un non- raggiungimento degli obiettivi del PNIEC per la regione Friuli Venezia Giulia: infatti, una normativa regionale corretta non dovrebbe mirare a bloccare gli interventi ma puntare ad indirizzarli correttamente, contemperando le varie esigenze e sensibilità del territorio. In sintesi, non dovrebbe porsi come unica questione il “dove” collocare l’intervento, quanto piuttosto il “come” realizzare effettivamente gli impianti.
Tuttavia, definire delle decisioni di indirizzo sulla base di una “caccia alle streghe” non può che portare a commettere errori, oltre che ad evitare di porsi il problema principale, cioè quali siano effettivamente i corretti criteri di integrazione e di individuazione dei siti.
19 EEA. 2017. Air Quality in Europe - 2017 report. Report No 13/2017.pg.12 Available at xxxxx://xxx.xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx-xx-xxxxxx-0000
20 European Court of Auditors. 2018. Special report: Air pollution: Our health still inefficiently protected. pg. 6. Available at xxxxx://xxx.xxx.xxxxxx.xx/Xxxxx/XXXXxxxxxxxx/XX00_00/XX_XXX_XXXXXXX_XX.xxx, p.6
21 EEA. 2017. Air Quality in Europe - 2017 report. Report No 13/0000.xx. 24-25 Available at xxxxx://xxx.xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxx-xxxxxxx-xx-xxxxxx-0000
Tutte le obiezioni e proposte che fino ad ora vengono “rimbalzate” a livello mediatico, infatti, si basano su una evidente non conoscenza del settore, degli indirizzi legislativi e della tematica, nonché motivate unicamente dalla volontà di raccolta di consenso pubblico.
5.1.1 L’opinione pubblica
Un aspetto molto importante da enunciare proprio per contestualizzare la principale istanza di contrarietà alla realizzazione di grandi impianti fotovoltaici a terra si basa sul presunto impatto paesaggistico degli stessi.
Innanzitutto va evidenziato come, a nostro avviso, risulti giuridicamente erronea il principio e la definizione “tout court” degli impianti fotovoltaici a terra come siti degradati da un punto di vista paesaggistico. Che tale definizione sia stata introdotta nella legislazione regionale è un chiaro esempio di quanto sostenuto in precedenza al pari di un parere ricevuto dalla scrivente solo 10 anni fa in cui si imponenva di sostituire un manto di copertura in amianto con moduli dello stesso colore dell’amianto sulla base del fatto che l’edificio ricadeva in area paesaggistica.
Alcuni importanti studi22,23 dimostrano chiaramente quale sia la percezione reale che le persone hanno di di questi impianti, rispetto al tema paesaggistico: in particolare, uno studio24 inter- universitario recente, riporta i risultati di una analisi condotta su un campione di persone selezionate sulla base della loro vicinanza ad aree occupate da impianti a fonti rinnovabili.
Al campione intervistato è stato chiesto sia quale fosse l’opinione assoluta in merito all’argomento sia quale fosse la loro preferenza in relazione ad una tipologia di impianto a fonte rinnovabile “utility scale” specifico: lo studio ha dimostrato come gli impianti a fonte solare fotovoltaica vengano percepiti come i più sostenibili ambientalmente (Fig. 38).
Va specificato inoltre che gli studi e le letture analizzate considerano l’impatto di installazioni prive di mitigazione. Inoltre, le fonti bibliografiche analizzate hanno carattere internazionale e pertanto non sono direttamente basate su esperienze relative allo specifico territorio regionale; tuttavia forniscono una serie di spunti e metodi che possono aiutare a declinare il ragionamento complessivo su questa tematica.
L’impatto percepito relativo a impianti fotovoltaici a terra è indipendente dalla dimensione dell’area recintata e prende come riferimento una area esterna che circonda l’area di impianto: ciò risulta ovvio dal momento che la percezione paesaggistica coincide con la percezione visiva e, per questo motivo, le visuali (o coni di vista) verso un’oggetto non possono che essere indirizzati partendo da punti esterni ad esso. Esiste un comune consenso nel concordare che aspetti ecologici ed aspetti paesaggistici non vanno sovrapposti, confusi o sommati: i primi sono infatti misurabili e investigabili con metodi oggettivi, mentre i secondi sono aspetti puramente soggettivi e rilevabili solo con investigazioni empiriche e statistiche che possono mutare nel tempo in funzione dell’evoluzione, delle sensibilità culturali e della consapevolezza della società in merito a certe tematiche specifiche.
Questo porta a dedurre, a rigor di logica, che la percezione paesaggistica (e pertanto il conseguente impatto visivo) può mutare senza che il contesto reale muti veramente.
22 A review of land use, visibility and public perception o renewable energy in the context of landscape impact
23 Renewable energu in wilderness landscapes: Visitor’Perspectives
24 1st Energy Economics Iberian Conference, EEIC | CIEE 2016, February 4-5, Lisbon, Portugal, APEEN (xxx.xxxxx.xxx) and AEEE (xxx.xxxx.xx); Xxxxxxx Xxxxxxxx , Lígia M.C. Xxxxx x*, Xxxx Xxxxxxxx-Xxxxxx , Xxxxxxx Xxxxxxxx , Xxxx Xxxxxx. “Public perceptions of environmental friendliness of renewable energy power plants”
Fig. 38 - Livelli di percezione rispetto alla sostenibilità ambientale relativi a diverse tecnologie : FB - Forest Biomass Plant; WF - Wind Farm; HP - Hydro Power; SPV - Solar PV. Per ogni grafico da sinistra a destra: 0 - don’t know; 1 - not friendly; 2 - somewhat not friendly; 3 - indifferent; 4 - somewhat friendly, 5 - very friendly.
5.1.2 Percezione visiva reale ed idealizzazione del paesaggio
Si può affermare che la percezione visiva negativa causata dall’inserimento di una componente tecnologica all’interno di un ambiente naturale dipende molto sia dal contesto stesso (territoro pianeggiante, collinare, ecc.) che dalla modalità di inserimento dell’elemento tecnologico (l’altezza da terra dei moduli fotovoltaici, la presenza di mitigazioni arboree perimetrali, la frequentazione dell’area).
Si pensi, ad esempio, alle aree pianeggianti: è facilmente dimostrabile che in questa particolare condizione ambientale l’inserimento di un impianto fotovoltaico a terra, privo di mitigazioni arboree perimetrali, risulta visibile unicamente ad una distanza non superiore ad un chilometro. Di contro, siti non pianeggianti ovviamente presentano coni visivi più ampi e percettibili da un maggior numero di recettori, motivo per cui la percezione dell’intervento potrebbe essere effettivamente rilevabile a distanze di molto superiori a quelle precedentemente indicate.
Per questo gli impianti collocati in zone distanti da assi viari trafficati o lontani da punti frequentati che abbiano almeno un cono visivo diretto sull’area in oggetto, vengono considerati come meno impattanti: anche se privi di mitigazione “naturale” verde preesistente, essi risultano obiettivamente non visibili, esattamente come accade per quelli opportunamente mitigati (dove la percezione visiva risulta fisicamente impedita dalla presenza di elementi arborei).
Tuttavia, anche in questo ultimo caso, nonostante la non-visibilità dell’elemento tecnologico, sono stati rilevati giudizi negativi, solo ed unicamente nei soggetti intervistati che erano stati preventivamente informati della presenza dell’opera.
Ciò risulta coerente con quanto sostenuto da Xxxxxxx e Long25 che sottolineano l’importanza, in un’analisi della relazione fra persone e spazi occupati, degli aspetti fisici e simbolici: gli aspetti fisici riferiscono alla percezione visiva del paesaggio, quelli simbolici all’immagine del paesaggio che viene idealizzata dalla mente delle persone. Gli studi e gli approfondimenti a riguardo concordano che è possibile la riduzione (fino a raggiungere quasi l’annullamento) della visibilità oggettiva dell’intervento attraverso l’utilizzo di corrette tecniche di mitigazione visiva / mascheramento (soprattutto se coerenti con la tessitura del contesto ambientale e del paesaggio).
La percezione dell’impatto indotta nella idealizzazione soggettiva del paesaggio nell’individuo non risulta mai di fatto completamente mitigabile in quanto legata ad una sensibilità soggettiva e indipendente dalla realtà che muta nel tempo con il mutare della consapevolezza sociale.
5.2 LE CARATTERISTICHE DEL TERRENO AGRICOLO E DEL CONTESTO AMBIENTALE
Questa analisi porta alla definizione di alcuni principi guida iniziali.
1. La generazione di un impianto in aggregazione ad altri in prossimità è tendenzialmente preferibile rispetto alla disaggregazione su più siti, in modo da evitare la parcellizzazione dell’intervento (effetto sprawling), anche considerando che l’impatto di un intervento spaziale come un impianto a terra risulta, in contesti pianeggianti, di fatto quasi indipendente dalla dimensione dello stesso soprattutto nei luoghi meno frequentati e accessibili.
2. Sono da preferirsi siti che presentino già mitigazioni arboree naturali in modo da facilitare l’inserimento dell’opera dal punto di vista paesaggistico indipendentemente dalle nuove mitigazioni di progetto, come ad esempio le aree pianeggianti ove siano già presenti tessiture di paesaggio quali fasce boschive e filari di alberi perimetrali.
3. Dovrebbe essere privilegiata la scelta di installazione su aree degradate (“degradate” realmente, e non come da definizione normativa attuale) e/o prossime ad altri siti degradati, su aree lontane sia da punti ed elementi architettonici e/o archeologici che caratterizzano la cultura e la tradizione locale (genius loci), sia da elementi di vincolo paesaggistico riconosciuto (beni architettonici e paesaggistici vincolati). Tuttavia, la presenza di vincoli paesaggistici legati alla presenza di corsi d’acqua non dovrebbe, di principio, rappresentare a prescindere una limitazione dal punto di vista spaziale ma dovrebbe essere valutato caso per caso, soprattutto in funzione della frequentazione e fruizione di quei luoghi, della loro accessibilità, dell’utilizzo precedente all’intervento e dell’effettivo valore paesaggistico delle aree.
25 Xxxxxxx, X.X.X.; Xxxx, X. The social dynamics of space constructions and leisure lifestyles. In Landscapes of Leisure. Space, Place and Identities; Xxxxxx, S., Xxxxxxxxx, S., Eds.; Palgrave Macmillan: London, UK, 2015; pp. 41–54.
4. Dovrebbero essere valutati positivamente gli interventi sensibili anche all’aspetto legato all’infrastruttura elettrica esistente o di integrazione, come ad esempio quelli che non prevedono la realizzazione di linee aeree in cavo o di altri elementi spaziali incidenti sull’area interessata dall’impianto in progetto che potrebbero aumentarne l’intervisibilità a causa dell’altezza. Di converso, la possibilità che grazie agli interventi possano venire eliminati elementi infrastrutturali visibili dovrebbe essere considerata come un’aspetto positivo dal punto di vista paesaggistico.
5.2.1 Salvaguardia del contesto agricolo
Un altro aspetto importante da affrontare nel definire dei principi guida per un corretto inserimento di questi oggetti è l’ammissibilità su superficie agricole “tout court”: come già dimostrato ed ammesso anche dalle maggiori associazioni agricole e di tutela ambientale e paesaggistica, ciò non risulta ipotizzabile quantitativamente al fine di poter raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC. Tuttavia, può essere utile definire dei criteri al fine di indirizzare dli interventi su aree agricole specifiche, tendenzialmente meno idonee all’agricoltura o, come spesso vengono definite, “marginali ai fini agricoli”.
Prima di tutto, queste vanno distinte sulla base delle dimensioni dell’area oggetto di interesse.
Una distinzione sulla base della superficie di impianto occupata sembra più razionale di una distinzione sulla base della potenza ottenibile: viceversa, i proponenti non avrebbero un incentivo ad adottare le soluzioni tecniche più efficienti e, a parità di potenza, potrebbero realizzare un impianto di poco inferiore a 10 MWp con tecnologie come la CIS occupando superfici doppie rispetto alla tecnologia dei generatori fotovoltaici più diffusa ovvero quella in silicio cristallino.
Poi, va introdotto un secondo parametro valutativo, ossia il rapporto tra superficie captante e superficie totale continua nella disponibilità del proponente: nel caso di interventi frazionati su lotti non continui questo indicatore dovrebbe essere calcolato per ogni sotto- intervento oltre che cumulativamente. Il rapporto fra le due superfici sopra citate, permetterebbe di capire quanta superficie sia stata eventualmente vincolata ad usi agricoli internamente o esternamente alla superficie recintata.
A questo punto va introdotta una ulteriore considerazione.
In Europa si è verificata, già da oltre 20 anni, una tendenza delle aziende agricole ad aumentare la SAU disponibile: l’Italia (assieme alla Romania) è una delle Nazioni più lontana da questa tendenza e ciò si riflette anche sulla bassa competitività delle aziende agricole italiane, caratterizzate principalmente da produzioni agricole tradizionali.
Fig. 39 - Numero di aziende nell’UE-27 per classe di SAU - Anni 2003-2007, dati in %. Fonte: elaborazione Veneto Agricoltura su dati Eurostat.
Fig. 40 - Distribuzione del numero di aziende per classe di SAU nei principali stati membri (dati in %). Fonte: elaborazione Veneto Agricoltura su dati Eurostat.
Fig. 41 - Variazione percentuale del numero di aziende per ciascuna classe di SAU nei principali stati membri (confronto anni 2003-2007, dati in %). Fonte: elaborazione Veneto Agricoltura su dati Eurostat.
5.2.2 Caratteristiche dei terreni “marginali ai fini agricoli”
Normalmente, una azienda agricola di piccole dimensioni o risulta essere vocata a produzioni molto specializzate oppure tende a non risultare economicamente sostenibile; inoltre, la proprietà di terreni di dimensioni limitate e, ancor peggio il loro frazionamento, sono alcune delle ragioni che rendono l’agricoltura una attività in perdita, se condotta per produzioni tradizionali come i seminativi. Solo questo basterebbe per dire che interventi su terreni agricoli di dimensioni fino a 5 ettari su cui non insistono coltivazioni tipiche (o comunque relative a produzioni locali tutelate) dovrebbero essere considerati marginali di per sé, soprattutto se gli stessi terreni risultavano già incolti o comunque caratterizzati da uno scheletro prevalente ghiaioso-pietroso. Infatti, per rendere maggiormente produttivi tali suoli, spesso si sono resi necessari dei riordini fondiari che hanno generato poi superfici agricole accorpate di grandi dimensioni.
Il tema dirimente riguarda allora la modalità con cui indirizzare gli interventi verso i suoli meno produttivi in modo da evitare l’utilizzo di suoli invece efficienti da un punto di vista della produzione agricola. A questo scopo, può essere utile la valutazione della marginalità del terreno oggetto di interesse e la classe di capacità d’uso del suolo.
La marginalità del terreno può essere valutata sia in base alla sua localizzazione rispetto al territorio sia attraverso la definizione della capacità d’uso del suolo.
Se considerato in relazione al contesto territoriale, un terreno (di dimensioni preferibilmente contenute entro i cinque ettari) potrebbe risultare residuale già solo considerando la sua posizione ed il suo inserimento topografico: terreni interclusi tra assi viari ed infrastrutture sono un chiaro esempio di come un’area possa essere marginale indipendentemente dalla qualità del suolo. Per quanto riguarda invece i progetti insistenti su aree di dimensioni maggiori a 5 ha, è certo che il soggetto concedente le superfici risulti essere di fatto un soggetto legato all’economia agricola, ossia un operatore agricolo (quale sia la natura giuridica del soggetto concedente non è rilevante alle finalità di questa analisi).
Invece, la marginalità agricola definita secondo criteri generali attraverso la definizione della classe di capacità d’uso del suolo si basa su alcuni fattori che andrebbero di fatto analizzati caso per caso.
Innanzitutto si dovrebbe verificare la coerenza della classificazione a livello di progetto con la classificazione omogenea fatta su base territoriale estesa nelle cartografie di settore disponibili, dal momento che spesso le due differiscono puntualmente. Successivamente, una volta verificata la corrispondenza fra classe “reale” e classificazione assegnata in cartografia, tale indicatore potrebbe essere utilizzato per capire se l’area oggetto di interesse sia effettivamente vocata agli usi agricoli. Basandosi sulla classe del terreno, che peraltro risulta sicuramente uno dei criteri da considerare complessivamente, si potrebbe avere puntualmente che la marginalità del suolo ai fini agricoli può essere dettata dalla caratterizzazione rilevante anche solo di una delle caratteristiche, “caratteri pedologici”.
Di seguito due esempi idealmente simmetricamente opposti per caratteristiche.
Il primo è relativo ai terreni che che presentano uno scheletro prevalente. In questo caso le particelle con un diametro superiore ai 2 mm (ghiaino, ghiaia e pietre) vengono indicate come “scheletro” e sono escluse dalla determinazione della tessitura, in quanto non contribuiscono alla capacità di ritenzione dell’acqua e degli elementi nutritivi del terreno. L’abbondante presenza di pietre ha importanti effetti sulla gestione del terreno, principalmente perché determina una maggiore difficoltà nelle lavorazioni; spesso infatti alla denominazione della tessitura viene aggiunto un aggettivo che ne segnala la presenza. Ebbene un terreno caratterizzato da uno scheletro prevalente con una elevata percentuale di pietrosità presenta sicuramente le caratteristiche tipiche di una bassa classe di capacità d’uso del suolo e tali terreni, che normalmente presentano una bassa profondità utile, sono tipicamente individuabili, nella nostra regione, nelle fasce di tutela paesaggistica dei nostri terreni e fiumi.
Il secondo esempio è quello relativo a terreni agricoli caratterizzati da eccesso idrico. Tale tipologia di terreno può essere parimenti sito in aree perigolenali spesso anch’esse posizionate in prossimità di fasce di tutela paesaggistica e caratterizzate, da un punto di vista geologico, dalla sedimentazione delle particelle più fini. Pur presentando buone caratteristiche del punto di vista della tessitura, fertilità e profondità utile non riescono però ad essere sempre puntualmente sfruttate proprio a causa di una conformazione del terreno che non agevola il drenaggio e crea alle coltivazioni i tipici problemi di asfissia radicale.
Si deve tenere conto che in entrambi i casi le caratteristiche della classe di capacità d’uso dei terreni sopra individuati potrebbero comunque ricadere formalmente nella classe II (come verificato in diversi esempi e casi studio analizzati). Tuttavia, i due casi risulterebbero come terreni inevitabilmente poco proficui alle attività agricole e caratterizzati da raccolti statisticamente peggiori che, oltretutto, comporterebbero lavorazioni agricole dal più elevato impatto ambientale, nonché la necessità di maggiori trattamenti e, soprattutto nel primo esempio, maggiori necessità di irrigazione.
Quindi, tali siti potrebbero effettivamente risultare idonei all’installazione di un impianto fotovoltaico, fatta salva la presenza di capacità di rete, anche integrando ove possibile attività agricole di tipo lento più adatto alle caratteristiche dei suoli stessi.
Gli esempi sopra citati contribuiscono ad affermare che la classe d’uso dei suoli è effettivamente uno degli aspetti da considerare al pari degli altri, dopo essere stata declinata correttamente analizzando, caso per caso, il reale stato e la qualità dei suoli oggetto di interesse (dal momento che la classe d’uso del suolo viene solitamente individuata in base a macro-caratteristiche, relative all’intera area territoriale considerata che quindi, potrebbe puntualmente differire di molto dal sito in oggetto).
Va sottolineato anche che l’indicazione ad usare suoli agricoli considerati “marginali” in termini di produttività agricola, in base alle argomentazioni esposte, porterebbe statisticamente ad individuare aree idonee per lo sviluppo di progetti anche internamente alle fasce di protezione paesaggistica.
Già sulla base delle osservazioni fino ad ora esposte, emerge la necessità di trovare una sintesi tra l’esigenza di tutela del paesaggio ed il bisogno di indirizzare questa tipologia di intervento sui suoli meno produttivi: infatti, è empiricamente noto che le aree a minor vocazione agricola sono spesso individuabili proprio all’interno delle superfici sottoposte a vincolo paesaggistico. A questo scopo, una soluzione per indirizzare gli interventi sui terreni meno produttivi è data dalla possibilità di imporre ai proponenti di vincolare superfici contigue all’area di intervento ad utilizzi agricoli sostenibili (come, ad esempio attività di agricoltura biologica o attività agricole “lente” caratterizzate da elevata sostenibilità ambientale, come l’apicoltura o l’allevamento biologico): costringendo i soggetti proponenti ad acquisire una superficie, indirettamente si ottiene la limitazione della possibilità di spesa per l’acquisto delle superfici per cui, a fronte di una capacità di remunerazione più bassa, i proprietari saranno naturalmente inclini a cedere unicamente le superfici meno produttive dal punto di vista agricolo. Questa previsione, inoltre, si traduce nella possibilità di progettare l’intervento integrando soluzioni di mitigazioni paesaggistica più vaste, in modo da distanziare ulteriormente possibili “recettori visivi” dall’area di intervento.
Infine, un elemento fondamentale per la valutazione di un progetto di grandi dimensioni su area agricola dovrebbe essere la sua capacità di creare delle sinergie positive con il soggetto che ha concessionato o ceduto le aree. Innanzitutto, dovrebbe essere promossa la concessione tramite diritto di superficie che previene dalla spoliazione delle proprietà agricole verso soggetti non agricoli (dinamica che però non risulta controllabile se non attraverso una corretta formazione dei proprietari terrieri); inoltre, andrebbero evidenziati nei progetti i criteri di promozione ed integrazione con le attività della azienda agricola che ha concessionato i terreni, attraverso la descrizione delle modalità in cui il progetto potrebbe mettere la stessa nelle condizioni di salvaguardare ed efficientare le proprie attività. In particolare, andrebbero premiate le strategie in grado di consentire al soggetto concedente, anche per tramite del soggetto proponente o di opportuni accordi “territoriali di sistema”, di abilitare investimenti coerenti con le linee di indirizzo a livello Europeo, in particolare modo per quello che riguarda la transizione verso attività agricole biologiche o che presentino un “enviromental footprint” caratterizzato da una maggiore sostenibilità.
Per questo, il fotovoltaico a terra che di fatto non è un nemico o un predatore delle attività agricole (come viene tuttavia sempre presentato) può assumere il ruolo di alleato dell’agricoltura sostenibile.
5.2.3 Siti a destinazione d’uso industriale
Un ragionamento a sé va fatto per quanto riguarda l’eventuale utilizzo di siti a destinazione d’uso industriale. Infatti, se da un lato la normativa nazionale già tende a privilegiare l’utilizzo di tali siti e ciò sembra rappresentare anche il mantra di una certa narrativa politica, va fatta una osservazione di principio importante: i siti industriali sono siti non reversibili, ovvero privi della possibilità di essere ripristinati allo stato e grado naturale antecedente alla loro conversione. Invece, una delle principali caratteristiche degli impianti fotovoltaici a terra è proprio la loro completa reversibilità che garantisce, se sviluppati correttamente, la restituzione totale dei luoghi agli usi originali (successivamente alla dismissione dell’impianto) restituendo un terreno addirittura migliorato ambientalmente, in quanto lasciato a riposo per anni tramite una gestione totalmente “biologica” del suolo.
È, quindi, effettivamente necessario privarsi di aree strategiche ad attività che comportano la creazione di una elevata densità di posti di lavoro e su cui sono stati fatti importanti investimenti di infrastrutturazione proprio per renderle maggiormente idonee?
Certamente alcuni siti industriali sono caratterizzati da una marginalità funzionale e logistica da un punto di vista della attrattività verso attività economiche o comunque risultano essere siti ancora di fatto green-field.
In questi casi specifici, l’installazione di impianti fotovoltaici a terra risulta particolarmente idonea, soprattutto nel caso in cui si tratti di progettazioni proposte da soggetti industriali proprietari delle aree, in grado quindi di trarre vantaggio dall’utilizzo diretto ed indiretto dell’energia per le proprie attività produttive. Viceversa, laddove i siti ricadono internamente o in adiacenza ad aree industriali strategiche sviluppate grazie a cospicui investimenti pubblici, la possibilità di installare impianti a terra dovrebbe essere presa in considerazione solo se non pregiudica utilizzi o la potenziale espansione futura delle stesse aree industriali.
Quindi, se da un lato l’installazione di impianti fotovoltaici a terra dovrebbe essere in genere privilegiata in aree industriali produttive (in quanto, di fatto, compatibile), dall’altro l’opportunità di installazione su quelle aree industriali (caratterizzate da vocazioni strategiche e che ricadono o risultano anche adiacenti ad aree industriali strategiche a livello regionale, come ad esempio le aree artigianli comunali) dovrebbe essere oggetto di seria valutazione. In quest’ultimo caso, l’ente territoriale che le ha volute dovrebbe dichiarare formalmente il decaduto interesse rispetto alla vocazione produttiva come individuata in passato.
Rimane comunque dirimente un’aspetto economico.
Ad eccezione di terreni già in proprietà del soggetto proponente e non utilizzati da anni, il valore di mercato equo di una area industriale non risulta normalmente compatibile con le economie finanziarie di un impianto fotovoltaico a terra e ciò non può che essere prodromico a una operazione fallimentare. Per tale ragione, in generale, o il proprietario di tali aree accetta una severa svalutazione del valore dell’area oppure tale area comporta un aumento del costo dell’energia prodotta che porterà l’impianto inevitabilmente ad essere non competitivo rispetto ai prezzi di mercato e pertanto potrà essere realizzato solo tramite supporto, contributi o incentivi a carico del sistema-Paese.
5.2.4 Presenza e prossimità ad infrastrutture esistenti
Un ulteriore criterio di valutazione è legato più alla natura tecnica dell’opera ed è relativo alla disponibilità di connessione alla rete infrastrutturale esistente.
Per interpretare correttamente questo criterio va innanzitutto considerato che una opera di connessione alla rete, che comporti costi di connessione superiori a 60 Euro/kWp installato, risulta eccedere i criteri di finanziabilità standard imposti dagli istituti bancari.
Per questa ragione siti di dimensione inferiore (e pertanto di potenza installata più bassa) dovranno necessariamente essere individuati nelle prossimità della rete esistente, mentre siti di dimensione superiore possono essere individuati anche a distanze maggiori. Comunque, la realizzazione di opere di rete dovrebbe rappresentare una opportunità di miglioramento della infrastruttura di rete esistente, che poi verrà ceduta al gestore di rete, risultando quindi accessibile anche a terzi.
La posizione del sito rispetto alle infrastrutture di connessione (o a infrastrutture strategiche per la gestione e la conversione della energia elettrica rinnovabile prodotta) diventa un criterio dirimente per determinare la validità di una proposta.
Un altro buon criterio di progettazione dovrebbe portare a realizzare opere di connessione sempre interrate, privilegiando la connessione alle reti esistenti o ai punti di trasformazione esistenti MT/AT senza la necessità di realizzare elettrodotti di tipo aereo. Inoltre il posizionamento delle opere di connessione di rete dovrebbe essere previsto sempre, ove possibile, su strada pubblica, ad eccezione di eventuali piccoli tratti e delle estremità di connessione, favorendo la possibilità di accesso di terzi alla realizzata infrastruttura.
Dunque, risulterebbe più importante, a tutela dell’interesse pubblico, privilegiare impianti che realizzino opere di rete che poi possano essere cedute ai gestori di rete e caratterizzate, quindi, da opere che garantiscano un accesso a servizi di rete anche a terzi.
Spesso le progettualità più grandi vengono collegate a infrastrutture di alta tensione tramite sottostazioni AT private. Tale legittima soluzione rappresenta una buona soluzione nel caso in cui non debbano tuttavia essere realizzate, a valle della stessa, opere di rete ulteriori atte a collegare molteplici siti separati tra loro. In tale caso verrebbe incentivato un non-necessario effetto sprawling degli impianti, che andrebbero piuttosto aggregati su di un areale unico. Inoltre, tali infrastrutture vengono installate alternativamente o su strada pubblica o su terreni privati e nel primo caso comunque non rappresentano una infrastruttura non classificabile come opera di rete pubblica in grado di garantire l’accesso ai terzi e pertanto priva di utilità pubblica.
Di fatto la realizzazione di sottostazioni private come punto di aggregazione di molteplici presentano un ulteriore “downside”, ovvero la realizzazione di un vantaggio “anti- concorrenziale” per dei singoli proponenti che si trovano nelle condizioni di poter aggregare in futuro ulteriori siti su tali sottostazioni a svantaggio di eventuali altri proponenti che non possono vedersi garantito tale accesso in quanto. Queste caratteristiche “eccessivamente tecniche” spesso non vengono considerate, ma risultano parimenti (se non maggiormente) importanti nella valutazione di un’opera.
In conclusione, alla luce degli obiettivi e della dimensione delle capacità da installare entro il 2030, è palese che il tema centrale di interesse non consiste tanto nel dove debba essere integrata la generazione ma piuttosto rispetto al come questa debba essere integrata: sarà necessario infatti il contributo di ogni tipologia di integrazione attualmente disponibile e, se da un lato è fondamentale promuovere lo sfruttamento efficiente e razionale di coperture/superfici degradate (come cave, aree residuali o zone industriali non utilizabili), dall’altro risulta imprescindibile la realizzazione di impianti a terra tradizionali e, possibilmente, integrati ad attività agricole (Agrovoltaico).
Queste ultime due ipotesi realizzative vanno necessariamente considerate come opportunità piuttosto che come soluzioni: entrambe dovrebbero convergere verso una tipologia progettuale unica, ove il produttore di energia elettrica tradizionale è chiamato ad integrare attività agricole sostenibili senza snaturare il modello economico della propria attività, mentre le attività agricole sono chiamate a cogliere l’occasione di integrare la generazione di energia da fonte rinnovabile all’interno del proprio modello aziendale come opportunità di integrazione economica e supporto alla attività primaria agricola.
5.3 CRITERI PER L’INDIVIDUAZIONE DEI SITI SU AREA AGRICOLA
I criteri di selezione di un sito su area agricola, come anticipato, risultano essere determinanti nell’ottica garantire un corretto inserimento di un impianto fotovoltaico a terra (o Parco Solare) nel territorio.
La realizzabilità di una tale opera è data dalla coesistenza di più fattori di natura diversa.
1. Opere migliorative di connessione alle infrastrutture esistenti.
La finalità principale dell’opera è di massimizzare la produzione di energia rinnovabile a basso costo sfruttando il più possibile l’irradiazione solare esistente, immettendola poi nella rete di media o di alta tensione tramite delle opere di connessione che siano contemporaneamente economicamente compatibili e tecnicamente realizzabili.
Le opere di connessione devono costituire un’occasione di miglioramento della infrastruttura di rete esistente e devono essere studiate nell’ottica che le stesse, di norma, vengano poi cedute al gestore, entrando a far parte della infrastruttura di rete a servizio pubblico.
La loro realizzazione dovrà essere pensata al fine di migliorare l’accesso e il servizio rivolto anche a terzi delle infrastrutture di rete che vanno realizzate per connettere le opere senza che le stesse promuovano la cristallizzazione di diritti di accesso alla rete che creano condizioni anticoncorrenziali per i futuri proponenti.
2. Natura ed utilizzo del sito.
Idealmente risulta efficace, laddove ce ne sia la possibilità e ciò abbia senso, favorire un duplice uso del sito in oggetto. L’utilizzo secondario da associare alla produzione di energia elettrica deve essere contestualizzato di volta in volta a seconda del sito e potrebbe essere legato ad usi agricoli diretti o indiretti, a conversione dell’energia elettrica in idrogeno, alla alimentazione di punti di ricarica per veicoli elettrici o semplicemente essere caratterizzato dalla realizzazione di un area a gestione biologica del sito che funga da area di decelerazione ambientale rispetto agli usuali impatti delle attività agricole tradizionali. Va sottolineato come non si possa nemmeno stabilire a priori che la migliore forma di duplice utilizzo del sito debba essere forzatamente l’agricoltura che tuttavia risulta tra le soluzioni più interessanti nei contesti a maggiore vocazione agronomica, soprattutto nei comuni a più bassa densità abitativa.
L’integrazione tra agricoltura e fotovoltaico non può corrispondere a degli schemi prefissati a priori, dal momento che dipende da molteplici fattori che devono essere presi in considerazione per ogni caso specifico.
Risulta quindi fondamentale partire dall’analisi:
▪ dell’area nel suo complesso;
▪ delle caratteristiche delle superfici e dei terreni, da un punto di vista agronomico;
▪ dei valori ambientali paesaggistici, del contesto ambientale in cui l’area si inserisce anche in relazione alle aree contermini;
▪ delle potenzialità, anche in prospettiva, dal punto di vista della della generazione fotovoltaica e dalla strategicità del sito per capacità di connessione alle infrastrutture esistenti.
Ogni area analizzata potrebbe quindi portare a soluzioni di volta in volta diverse, al fine di ottimizzare il risultato progettuale specifico.
Ad esempio, le cosiddette “aree magre” caratterizzate da scarsa producibilità agricola convenzionale (come i terreni ghiaiosi che necessitano di un elevato utilizzo di risorse irrigue e di utilizzo di concimi e fitofarmaci), in generale risultano più idonee all’integrazione ad un’agricoltura di tipo “lento”, che punti cioè a valorizzare le caratteristiche di sostenibilità della stessa in relazione all’ambiente circostante. Per questi terreni, spesso caratterizzati dalla presenza di falde sottostanti, l’abbandono di metodi di coltivazione tradizionale tramite utilizzo di fitofarmaci e prodotti chimici risulta già di per se un fattore particolarmente positivo.
In questi casi un’attenta progettazione non dovrebbe puntare alla coltivazione tradizionale al di sotto dei generatori fotovoltaici (servendosi del distanziamento fra le file di moduli per garantire un sufficiente apporto di luce alle colture), bensì dovrebbe porsi come obiettivo l’individuazione di un corretto mix di colture legate a metodologie di coltivazione ambientalmente sostenibili da poter anche sviluppare sulle aree contermini poste a vincolo (possibilmente garantendo l’utilizzo a fini agricoli anche delle aree interne per attività come l’apicoltura, produzione di foraggio o la pastorizia).
La riduzione dell’irrigazione, l’attenzione ai valori ambientali paesaggistici circostanti ed il vincolo di ulteriori aree limitrofe e contigue ad usi agricoli sostenibili (nonché l’utilizzo per attività agricole delle aree interne alla recinzione) contribuiscono alla realizzazione di “setti” o “ambiti di decelerazione ambientale” ad elevata sostenibilità.
Questo tipo di progettualità è in grado di massimizzare il risultato ambientale ed ecologico.
Aree dalle marcate vocazioni agricole e costituite da terreni ad elevata producibilità agricola possono altresì accogliere un tipo diverso di integrazione che miri ad ottimizzare la densità di produzione agricola tramite utilizzo di serre fotovoltaiche che garantiscano la adeguata disponibilità di illuminazione al suolo con indici di occupazione in copertura dei fotovoltaici non superiori al 20-50% a seconda della tipologia di moduli. L’utilizzo di moduli semi-trasparenti potrebbe essere compatibile anche con il limite superiore mentre, in caso di utilizzo di generatori non semitrasparenti, l’occupazione di superficie “opacizzata” dovrebbe attestarsi attorno al 20%. In questo caso risulta fondamentale garantire il corretto orientamento all’installazione e, pertanto, questa soluzione risulta più agevole su terreni che presentano una forma regolare di tipo rettangolare e con un lato del perimetro già naturalmente disposto secondo l’asse nord-sud. L’indice di occupazione rispetto al totale delle coperture risulta strettamente dipendente dal tipo di coltivazioni implementante. Le serre fotovoltaiche permettono l’utilizzo di tecniche di coltivazioni come l’idroponica e possono garantire una costante produzione, nell’arco dell’anno, limitando così gli impatti degli effetti climatici.
Un'altra soluzione percorribile è quella di utilizzare strutture che possano garantire una adeguata altezza dal suolo che consenta l’utilizzo degli usuali mezzi agricoli meccanici al di sotto delle stesse.
Tali mezzi stanno evolvendo sempre di più verso una maggiore automatizzazione ed autonomia di utilizzo, pertanto la schematizzazione delle installazioni attraverso l’utilizzo di “moduli” strutturali identici consente l’ottimizzazione di tali caratteristiche. Questa tipologia di installazione garantisce una maggior costanza dell’output della produzione agricola dove le modeste diminuzioni nella produzione annuale nelle stagioni normali viene ampiamente compensata dalla riduzione delle perdite in caso di stagioni poco piovose. In tal caso risulta fondamentale garantire un’altezza adeguata per poter consentire il corretto apporto luminoso, la possibilità di operare con i mezzi e un corretto distanziamento tra le “file” di generatori fotovoltaici installati su tali strutture.
A differenza dei primi due casi, qui la densità di installazione per ettaro sarà inferiore; viceversa, le attività agricole potranno essere anche di tipo sia tradizionale che intensivo e non ci saranno superfici ulteriori poste a vincolo. Gli impatti ambientali saranno pari a quelli relativi alle colture tradizionali laddove le stesse vengano integrate al di sotto delle strutture di supporto. L’unico beneficio diretto in tale caso potrà essere, con riferimento alle tipicità del sito, quello di una riduzione delle necessità di irrigazione grazie all’ombreggiamento parziale dato dai generatori sulla superficie.
In ogni caso le soluzioni progettuali saranno caratterizzate anche da soluzioni di mitigazione perimetrali adeguate (ed eventuali ulteriori aree residuali) che potranno essere utilizzate a fini agricoli tramite piantumazioni di alberi da frutto, contribuendo alla ricreazione dello schema di filari arborei che caratterizzava un tempo il contesto paesaggistico agricolo locale.
3. Impianti a terra tradizionali di potenza tra 1 e 10 MWp in prossimità di centri urbani caratterizzati da soluzioni che consentano una maggiore densità di potenza.
La progettazione degli impianti deve tener conto anche del contesto territoriale dell’area di progetto. In alcuni casi, infatti, è preferibile l’inserimento di impianti di dimensioni contenute:
▪ contesti urbani già fortemente edificati
▪ territori con caratteristiche orografiche non omogenee (come le aree collinari);
▪ territori interessati da una infrastruttura di rete dalla capacità limitata.
Nei casi di impianti in prossimità di centri urbani di dimensioni maggiori, siano essi su aree agricole o industriali, le scelte progettuali dovrebbero puntare a:
▪ soluzioni legate ad una maggiore densità di potenza installata compatibilmente con il maggiore output in termini di produzione dell’energia.
▪ soluzioni che possano alimentare, anche in prospettiva futura, punti di ricarica di veicoli elettrici;
▪ soluzioni che garantiscano una progettazione ambientale adeguata al contesto.
4. Impianti a terra tradizionali di potenza superiore a 10 MWp in contesti a bassa densità abitativa caratterizzati da possibilità di integrare usi agricoli e prossimità ad infrastrutture strategiche.
Andrebbe privilegiato l’insediamento di impianti, compatibilmente con le capacità della rete, in prossimità di siti di produzione simili già esistenti in quanto ciò è presupposto per poter effettuare una progettazione ambientale integrata e migliore oltre ad essere, già di per se, potenziale garanzia dell’esistenza di una infrastruttura di rete esistente.
Oltre a ciò la concentrazione degli impianti evita la dispersione sul territorio (lo
sprawling), effetto che presenta una doppia criticità:
▪ la diffusione massiccia di piccoli impianti, di taglia attorno a 1 MWp, nella assunzione erronea che le dimensioni contenute coincidano con criteri di maggiore accettabilità sociale e minor impatto;
▪ impianti di dimensione più contenuta non potranno presentare le capacità di efficientamento futuro e le economie di scala degli impianti di taglia più grande, ponendoli a rischio maggiore di uscita dal mercato in quanto l’energia prodotta inevitabilmente avrà un costo superiore.
Nei casi di rari e unici contesti che lo consentano, tuttavia, saranno da preferire impianti di taglia ancora più ampia.
Le aree in grado di accogliere impianti di grandi dimensioni risultano limitatamente presenti sul territorio regionale, proprio perché dotati di caratteristiche uniche. Laddove possibile, quindi, dovrebbero essere considerati come strategici tutti i siti con capacità di espansione dettata sia dalla disponibilità delle superfici, sia dalla natura della infrastruttura di rete esistente e in grado di offrire, tenendo conto anche dei futuri ri- potenziamenti, la possibilità di realizzazione di connessioni adeguate in Media Tensione (e/o, per gli impianti di dimensione maggiore, in Alta Tensione direttamente sul sito).
Tali prerequisiti risultano essenziali dal momento che, inevitabilmente, gli impianti dovranno essere rigenerati nel corso degli anni e sulle medesime superfici ci sarà la possibilità di ottenere una densità di potenza maggiore a quella di progetto iniziale che potrebbe richiedere, in alcuni casi, la disponibilità di connessione in Alta Tensione: se ciò si rendesse necessario in un sito di ampie dimensioni lontano da reti di Alta Tensione, sorgerebbe la necessità di realizzare elettrodotti aerei. Tuttavia, se il sito godesse già della presenza sullo stesso di una linea in Alta Tensione, allora eventuali potenziamenti ed efficientamenti potrebbero essere attuati senza necessità di espropri o realizzazione di connessioni in Alta Tensione tramite elettrodotti aerei al di fuori dal sito. In linea di principio va sempre preferita, compatibilmente ai limiti dettati dalla capacità di rete, l’inserimento nella rete di Media Tensione in modo da creare un’opportunità di ristrutturazione e di potenziamento della stessa: questa infrastruttura risulta essere quella utilizzata dalle comunità locali che potrebbero godere indirettamente di una rete più resiliente e direttamente (e fisicamente) dell’energia prodotta sul territorio.
Inoltre l’aggregazione dei siti permette di effettuare una progettazione ambientale e paesaggistica integrata (e quindi di qualità migliore) coordinando le varie azioni.
5.4 GESTIONE E MANUTENZIONE DELLE AREE INDIVIDUATE
Per quanto riguarda la gestione e la manutenzione, i siti individuati sono caratterizzati, alla luce delle prescrizioni ambientali che vengono richieste, dalla gestione delle aree senza utilizzo di diserbanti tramite sfalcio del cotico erboso. Questa indicazione rende le aree verdi perimetrali ad elevata compatibilità ambientale, equivalenti a dei “prati stabili”.
Ecco allora che l’unione di più siti contigui permette di ottenere un’unica area estesa con caratteristiche tali da consentire la realizzazione di una superficie di decelerazione degli impatti ambientali legati agli utilizzi agricoli convenzionali delle aree SAU limitrofe, a beneficio della biodiversità e della compatibilità ambientale.
Inoltre, andrebbe privilegiata una pianificazione coerente con una visione di insieme rispetto al territorio, in quanto questi effetti vengono amplificati soprattutto se tali siti si trovano nelle prossimità di aree a rilevanza ambientale: ad esempio, nella nostra Regione, terreni ghiaiosi e poveri sono individuabili proprio in prossimità di torrenti e quindi la realizzazione di una area correttamente progettata da un punto di vista ambientale non si tradurrebbe in mera occupazione territoriale ma nella creazione di un setto ambientale a gestione biodinamica a protezione di aree sensibili.
La progettazione integrata di impianti e superfici di mitigazione tramite adeguati criteri sensibili all’inserimento del progetto in un contesto ambientale e naturale ben definito, oltre a permettere la completa mitigazione visivo-paesaggistica dell’impatto, offre anche una opportunità di integrazione agricola e salvaguardia e tutela della fauna locale.
Rispetto all’inserimento nel territorio, vanno individuati e mantenuti dei corridoi naturali a salvaguardia del passaggio della fauna: in linea a questo obiettivo, la necessità di recintare le superfici di impianto può tradursi nell’utilizzo di reti sollevate di 10-20 cm al fine di garantire, al di sotto, il passaggio della piccola fauna. Ciò risulta fattibile da un punto di vista della gestione del rischio di intrusione e sensato per impianti di dimensione superiore a 5 ha; il sito non si inserisce in contesti di degrado e di rischio illegalità. L’utilizzo di recinzioni a delimitazione di aree specifiche risulta essere in linea anche alla salvaguardia e tutela dell’avifauna locale che vi si rifugia (come dimostrato dalle esperienze progettuali precedenti).
L’integrazione degli impianti tramite adeguati criteri di mitigazione paesaggistica, come una corretta progettazione delle fasce perimetrali tramite essenze autoctone a frutto, offre anche una opportunità di integrazione agricola. Queste superfici hanno una valenza particolare anche da un punto di vista storico dal momento che individuano le geometrie un tempo dettate dai filari della campagna (progressivamente rimossi a seguito dell’adozione di tecniche agricole intensive).
5.5 L’INTEGRAZIONE DELLE ATTIVITÀ
Premiante comunque nella scelta del progetto e del sito deve essere la capacità di integrare, anche in prospettiva, attività di agricoltura agro-ecologica a valorizzazione delle caratteristiche della progettazione stessa. La strategia di progettazione ambientale dovrebbe aiutare a completare la continuità tra tali aree cercando di estendere e massimizzare le superfici a gestione agro-ecologica vincolando ulteriori aree limitrofe a degli utilizzi caratterizzati da processi ad elevata sostenibilità. Pertanto un ulteriore criterio da apprezzare è sicuramente la capacità di un progetto di asservire ulteriori superfici da poter vincolare agli “usi agricoli virtuosi”.
Sulle aree di progetto come sulle ulteriori aree poste a compensazione ambientale grazie al vincolo di utilizzo a soli usi agricoli tramite tecniche ambientalmente sostenibili, non possono essere date indicazioni a priori di quali debbano essere le attività agricole gestite secondo tali criteri. Sono tuttavia ipotizzabili degli usi come frutteti biologici, pascolo ovini, produzione di ortaggi e utilizzo sia degli spazi tra i pannelli e, come sopra descritto, delle colture arboree costituenti la mitigazione paesaggistica al fine di strutturare l’attività dell’apicoltura che può registrare importanti benefici proprio grazie alla gestione integrata di tali superfici senza utilizzo di agenti chimici dannosi proprio per le api.
Un utilizzo assolutamente premiante è per l’appunto quello dell’apicoltura.
L’apicoltura e le api sono in pericolo a causa dell’utilizzo di fitofarmaci ed agenti chimici: solo aree di grande estensione a gestione agro-ecologica (come possono essere i siti di produzione di energia da fonte solare fotovoltaica) risultano naturalmente idonei per tutelare le api da situazioni sempre più compromesse permettendo, proprio grazie alle dimensioni delle superfici in oggetto, l’implementazione di una attività di produzione di miele biologico che richiede, come prerequisito, proprio una superficie di adeguata dimensione gestita secondo determinati criteri (che nei siti in oggetto vengono certamente garantiti).
In molte aree del Paese esistono purtroppo terreni agricoli che non presentano condizioni tali da consentire una redditizia attività agricola: soprattutto in questi casi, il fotovoltaico può rappresentare una possibile opportunità di proficua integrazione.
Molte ricerche evidenziano che attraverso corrette regole è possibile garantire non solo la permeabilità ma anche il recupero di molte qualità del terreno su cui è installato un impianto fotovoltaico, sia in termini di biodiversità che in termini di ecosistema, proprio grazie a criteri progettuali e di individuazione del sito come quelli sopra citati: una ricerca dell’Università dell’Oregon26 ha dimostrato che la presenza dei moduli fotovoltaici aumenta effettivamente l’umidità del suolo migliorandone la qualità. In questa ricerca, inoltre, si sottolinea come l’effetto fotovoltaico aiuti, tramite l’assorbimento di energia termica, alla regolazione microclimatica dell’area (dal momento che l’energia impattante sulla superficie dei moduli non viene assorbita dal suolo ma viene in parte trasformata in energia elettrica ed in parte riflessa).
Questo tipo di progettazione e di utilizzo garantisce, di fatto, che l’impiego dei suoli coinvolti rimanga al 100% di tipo agricolo nonostante la presenza dell’impianto di produzione di energia: tutte le superfici coinvolte risultano progettate seguendo anche scopi agricoli e la componente fotovoltaica ne rappresenta soltanto un efficientamento.
L’insieme delle diverse valutazioni e dei vari criteri elencati evidenziano da subito quanto non sia così immediata l’individuazione nel territorio di un sito complessivamente adeguato a questa tipologia di realizzazioni, confermando contemporaneamente l’importanza dell’individuazione di siti strategici che permettano questo genere di attività.
5.6 AGROVOLTAICO
Il termine “agrovoltaico” indica l’utilizzo duale di superfici/porzioni di territorio per la produzione combinata di energia elettrica e prodotti agricoli: si tratta di una tematica (nonché di un campo di applicazione e di studio) completamente nuova su cui, ad oggi, sono state svolte pochissime ricerche ed analisi, soprattutto in Italia.
In generale, le soluzioni agrovoltaiche ancorché possano essere ricondotte a dei modelli guida (non ancora definiti), proprio per la dualità di prodotto che possono offrire, devono essere analizzate in relazione al contesto territoriale ed ambientale in cui si inseriscono e, pertanto, risultano difficilmente inquadrabili in un quadro normativo definito a priori (soprattutto fintanto che i casi-studio sono rari se non inesistenti).
5.6.1 A proposito di agrovoltaico (normative e contesto politico)
Legambiente e La Nuova Ecologia hanno scelto l’agrovoltaico come tema per la loro campagna unfake-news, di cui vengono riportati alcuni passaggi tratti da un articolo del quotidiano Qualenergia27:
“(…) Questo sistema permette di introdurre la produzione di energia da solare fotovoltaico nelle aziende agricole, integrandola con quella delle colture e con l’allevamento: i pannelli fotovoltaici, che possono essere anche “mobili” a inseguimento solare, sono posizionati nei campi con altezze e secondo geometrie che consentono le lavorazioni agricole e il pascolo”;
26 xxxxx://xxxxxxxx.xxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxx?xxx00.0000/xxxxxxx.xxxx.0000000
27 xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxx-xxxxxxxx-xx-xxxxxxxxxxx-x-xxx/
e ancora:
“Il raggiungimento degli obiettivi climatici – commenta Xxxxxxxxx Xxxx, responsabile Energia di Legambiente – passerà dalla quantità di fonti rinnovabili che riusciremo ad installare nei territori. Il maggior contributo deve arrivare proprio da solare e eolico, con tassi di installazione decisamente superiori a quelli attuali. Molti studi dimostrano come tetti, coperture e superfici marginali non siano assolutamente sufficienti al raggiungimento di tali numeri entro scadenze coerenti con i target europei. Per questo sarà necessario utilizzare anche altre superfici, come quelle agricole, coniugando il lavoro agricolo con quello energetico”.
A questo proposito, si sottolinea che secondo stime di Legambiente, Greenpeace, Italia solare e WWF, per raggiungere gli obiettivi europei di sviluppo del fotovoltaico, servirebbero 80 GW di installazioni: almeno il 30% circa da realizzare su tetti e terreni industriali o contaminati, la parte restante su 50-70.000 ettari di terreni agricoli, pari allo 0,4-0,6% della superficie agricola utile (SAU).
Le riflessioni sopra riportate, più che condivisibili, divergono dalla definizione “pro-tempore” del concetto di agrovoltaico fornita dal D.L. Semplificazioni del 31/05/2021 e, soprattutto, dalla percezione comune, spesso legata ad una mancanza di consapevolezza, di cosa si intenda per utilizzo duale delle superfici agricole.
Gli impianti fotovoltaici a terra, in generale, sono caratterizzati da una reversibilità totale la cui garanzia è prevista anche legislativamente.
Una semplice proporzione tra superfici disponibili SAU e superfici eventualmente “sottratte” per usi legati alla progettazione di impianti fotovoltaici a terra, renderebbe evidente che il problema posto, di fatto non sussiste: basti pensare che, ad esempio, gli impianti fotovoltaici consento la massima naturalità nella gestione delle superfici utilizzate seguendo criteri “biologici” e, per questo, si possono considerare al pari delle superfici agricole poste a riposo (gestione tipica settore agricolo). A questo vanno sommati i benefici ambientali derivanti dal non-utilizzo di agenti chimici ed irrigazione sui terreni in oggetto. Alla luce di ciò, più che di sottrazione di superfici agricole agli stessi usi agricoli, si dovrebbe parlare di sottrazione di impatti agricoli negativi derivanti dagli usi e tecniche di lavorazione tradizionali.
In ogni caso, le progettazioni in cui si promuove l’uso duale delle superfici per la produzione di energia rinnovabile e di prodotti agricoli rappresentano delle soluzioni virtuose e pertanto andrebbero sostenute e promosse: non dovrebbero, invece, essere pretese a priori per ragioni finalizzate a garantire l’accesso a benefici (o anche la possibilità stessa di realizzare gli impianti) solo a categorie legate ad un determinato comparto economico. Tali benefici invece, dovrebbero incentivare soluzioni virtuose indipendentemente dai soggetti che le implementano. Tuttavia, bisogna tenere in considerazione che l’utilizzo duale delle superfici potrebbe anche diventare una sorta di arma a doppio taglio nel momento in cui fosse ottenuto a seguito di un aumento dei costi di generazione dell’energia elettrica o se rappresentasse una limitazione di fatto alla diffusione di questa tecnologia, divenendo così una barriera vera e propria al raggiungimento degli obiettivi nazionali ed internazionali legati alla generazione di energia elettrica da fonte rinnovabile, e quindi impendendo realizzazioni di fatto più efficaci e efficienti.
Questo è uno dei motivi per cui i modelli in cui potrebbe essere declinato il sistema agrovoltaico non possono essere definiti a priori: questa soluzione progettuale non dovrebbe comportare un aumento dei costi dell’energia prodotta rispetto, ad esempio, all’equivalente ottenuto da un impianto tradizionale a terra che non venga specularmente compensata da un vantaggio economico derivante dal duplice uso agricolo dei suoli (l’esempio della gestione del cotico per produzione di fieno è rappresentativo di una soluzione che già allo stato di fatto è garantibile negli impianti a terra tradizionali e pertanto non può essere assunto a esempio di riferimento per l’agrovoltaico).
Inoltre, non risulta sufficiente nemmeno l’individuazione di un unico modello applicativo (come secondo la proposta del D.L. Semplificazioni del 31/05/2021), escludendo così altre tipologie di integrazioni: il nuovo D.L. Semplificazioni prevede al art. 31, comma 5,
“5. All'articolo 65 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo il comma 1-ter è inserito il seguente:
"1-quater. Il comma 1 non si applica agli impianti agrovoltaici che adottino soluzioni integrative con montaggio verticale dei moduli, in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola, da realizzarsi contestualmente a sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l'impatto sulle colture."
Tale previsione mira a consentire l’accesso ai benefici incentivanti attualmente ancora previsti agli impianti agrovoltaici che corrispondano ad alcuni criteri: montaggio verticale dei moduli e capacità di non compromettere la continuità delle attività agricole.
Rispetto al D.L. sopra citato, non è chiaro il processo che ha portato alla determinazione dei criteri progettuali individuati e, se dovessero permanere anche successivamente alla conversione dello stesso D.L., sembrerebbero più una sorta di emulazione frettolosa di qualche formulazione non completamente compresa o, diversamente, il risultato relativo ad una idea molto precisa di modello progettuale.
Rispetto a questa seconda opzione, è facile intuire a quali tipologie impiantistiche si riferiscano.
5.6.2 Alcune soluzioni: l’installazione verticale dei moduli FV
Una lettura attenta del comma fa emergere innanzitutto l’allusione che ci possano essere effettivamente diverse tipologie di impianto agrovoltaico di cui, però, solo alcune potrebbero godere dell’accesso a eventuali forme di incetivazione. Una intepretazione stretta del primo criterio limiterebbe inevitabilmente le realizzazioni tecniche a moduli installati secondo quanto rappresentato in Fig. 42 e Fig. 43.
Fig. 42 - Moduli installati verticalmente. Fonte Fraunhofer ISE28.
28 xxxxx://xxx.xxx.xxxxxxxxxx.xx/
Fig. 43 - Moduli installati verticalmente. Fonte sito Nextsun29.
Le installazioni di questo tipo (realizzate tipicamente in Germania, dove si tende a sfruttare soprattutto i declivi collinari), rischiano di essere poco efficienti in Italia: questa tecnologia particolarmente efficiente nei Paesi a nord delle Alpi (dove la proporzione tra ore disponibili di esposizione a luce diretta e indiretta è inferiore rispetto alla condizione italiana), qui comporterebbe una riduzione quasi del 15-20% della una producibilità dell’impianto rispetto al massimo ottenibile. Inoltre, questa tipologia di installazione necessita obbligatoriamente di moduli di tipo bifacciale e, nel caso in cui un lato della superficie captante sia completamente rivolto a sud rimarrebbe comunque il problema di ombreggiamento sul terreno, componente progettuale variabile e strettamente legata all’andamento solare nelle stagioni e, per questo, l’installazione ottimale di questo modello è secondo filari orientati Nord-Sud che permettano di esporre i generatori bifacciali rispettivamente a Est e ad Ovest.
La disposizione con superfici captanti rivolte a Est-Ovest implicherebbe una minore incidenza dell’ombreggiamento (dato dalla traiettoria variabile nel corso della giornata dell’ombra del modulo stesso, Fig. 43) con un conseguente apporto di radiazione sulle superfici utili alla coltivazione sicuramente migliore e più omogeneo (in ogni caso si dovrebbe tener conto anche dell’ombra delle colture stesse, nel caso in cui queste abbiano dimensioni rilevanti). Tuttavia, questo tipo di installazione è particolarmente penalizzato dall’ombra portata delle strutture stesse ad inizio e fine giornata, soprattutto nei mesi invernali e nelle mezze stagioni, a causa dell’angolo di incidenza dei raggi solari particolarmente basso rispetto al piano di campagna.
Proprio per la particolare disposizione dei moduli, questo tipo di installazione è comunque adatta all’uso di mezzi agricoli per la gestione delle colture sulle superfici intercluse dalle file di moduli (spesso destinate alla produzione di fieno): la presenza di mezzi agricoli (o comunque di lavorazioni meccaniche ad hoc) comporta, però, maggiori rischi di urto diretto ed indiretto dei mezzi stessi con i moduli fotovoltaici (oltre ai mezzi, si pensi a pietrisco o simili, mossi dal passaggio del mezzo stesso sul terreno).
Comunque, come si può notare dalla Fig. 44, l’installazione verticale risulta particolarmente adatta in relazione, ad esempio, alla suddivisione delle colture o alla perimetrazione delle proprietà; inoltre, va detto che alcuni impianti realizzati con questa tipologia di installazione dei moduli sono stati collocati su aree di protezione ambientale, in quanto ritenuti soluzioni migliorative dal punto di vista paesaggistico.
29 xxxxx://xxx.xxxx0xxx.xx/xxxxxxxxxx/
Fig. 44 - Moduli installati verticalmente. Fonte: Fraunhofer ISE.
5.6.3 Alcune soluzioni: inseguitori solari
Tornando all’analisi del D.L. sopra citato, se per “soluzioni integrative con montaggio verticale dei moduli” si intendessero tutte le installazioni su singolo asse verticale (tutti sono installati su supporti le cui strutture hanno dei pali portanti verticali) allora si farebbe riferimento anche a tutti gli impianti realizzati con inseguitori solari ad asse verticale: le strutture ad inseguimento, tipicamente utilizzate al Centro-Sud, in questo modo potrebbero configurarsi come dei filari tecnologici alternati alle colture.
Fig. 45 – Immagini relative all’installazione a terra di inseguitori solari.
Nome Progetto | Nazione | Potenza | Orientamento | Producibilità | Anno |
[MWh/anno]30 | |||||
Donaueschingen- Xxxxx | Xxxxxxxx | 4.1 MWp | Verticale Superfici captanti: Est-Ovest | 4850 | 2020 |
Eppelborn Dirmingen | Germania | 2 MWp | Verticale Superfici captanti: Est-Ovest | 2150 | 2018 |
Guntramsdorf | Austria | 22,5 kWp | Verticale | 23 | 2019 |
Superfici captanti: Est-Ovest | |||||
Seongnam | Südkorea | 30 | Verticale | 37,8 | 2020 |
Superfici captanti: Est-Ovest | |||||
Xxxxxxx am See | Germania | 28 | Verticale | 31 | 2015 |
Saarland | Superfici captanti: Est-Ovest |
Tab. 1 - Referenze e casi studio impianti con moduli ad installazione verticale. Fonte: sito Nextsun.
30 Producibilità dichiarata dal produttore non.
Da queste analisi si evince facilmente che la definizione riportata nel D.L. Semplificazioni del 31/05/2021 è formulata in modo tale da non escludere l’esistenza di altri modelli di agrovoltaico che potrebbero essere maggiormente proficui ed efficienti per le lavorazioni agricole sul territorio italiano.
5.6.4 Agrovoltaico diretto ed indiretto
Una possibile definizione assoluta di “agrovoltaico” dovrebbe riferirsi quindi solamente al concetto di utilizzo duale delle superfici/porzioni di territorio per la produzione combinata di energia elettrica e di prodotti agricoli.
A questo, andrebbe aggiunta l’individuazione di un parametro univoco e facilmente calcolabile (anche per garantire che la nuova progettazione non risulti solamente una mera operazione di marketing): potrebbe essere utile riferirsi al rapporto tra superficie captante (superficie tecnologica) e superficie utilizzata a fini agricoli (superficie di produzione agricola) e, successivamente, definire un range entro il quale (o oltre il quale) la nuova progettazione possa essere effettivamente considerata un Parco Agrovoltaico. Per fare ciò, va precisato che le integrazioni legate alle possibili attività agricole possono essere distinte in azioni dirette ed indirette:
Agrovoltaico diretto (AgV Diretto) finalizzato alla integrazione con attività agricole tradizionali realizzabili sulle superfici sottese alla superficie captante dei generatori (sotto la proiezione a terra dello spazio occupato dai generatori).
In questo caso, per attività agricole tradizionali si intendono attività di qualisasi tipo come produzione a seminativo, frutteti, o coltivazione a campo in genere. Queste attività prevedono l’utilizzo di macchine operatrici importanti che devono avere la disponibilità di spazi e di altezze tali da consentire le usuali operazioni al suolo.
Agrovoltaico indiretto (AgV Indiretto) finalizzato alla integrazione con attività agricole di tipo indiretto, ovvero quelle che permettono lo sfruttamento ad usi agricoli della intera superficie di impianto (non solo della superficie sottostante la proiezione a terra dello spazio occupato dai generatori). Si fa riferimento ad attività agricole di tipo biologico proprio per valorizzare la gestione naturale che viene normalmente effettuata sulle superfici di impianto.
Generalmente l’impianto fotovoltaico tradizionale a terra è costituito da aree o superfici destinate ad un’unica funzione specifica.
L’impianto vero e proprio è contenuto all’interno di una recinzione, che determina quindi una superficie recintata: questa, a sua volta è suddivisa in:
▪ superficie destinata alla viabilità perimetrale interna all’impianto, utile sia a garantire uno spazio di per la gestione e manutenzione dell’impianto stesso che per distanziare i moduli fotovoltaici dall’ombra della recinzione stessa;
▪ piccole superfici di servizio, utili al posizionamento di alcuni elementi impiantistici e tecnologici, come le cabine di consegna e di trasformazione;
▪ la superficie captante è data dalla somma di tutte le superfici dei singoli generatori fotovoltaici installati su strutture montate a terreno (dette banconi di moduli), disposte in file regolari in modo da evitare l’ombreggiamento reciproco;
▪ la superficie di risulta, intesa come la somma della superficie sottostante alle strutture e quella interclusa dai banconi di moduli, solitamente viene gestita a prato.
Infine, esternamente all’impianto, solitamente viene prevista una fascia piantumata di profondità utile a mitigare e, in molti casi annullare completamente, l’impatto visivo del Parco Solare.
Quindi, per semplicità, assumiamo che le attività indirette sopra citate si riferiscano a tutta l’area recintata: negli impianti a terra tradizionali di più recente concezione, il rapporto tra superficie recintata e potenza prodotta è di, circa, 1MWp / ettaro (rapporto che, però, rappresenta il valore posto come obiettivo di produzione di circa 10 anni fa); il rapporto tra proiezione a terra della superficie captante è circa pari al 40-50% del totale recintato mentre le superfici permeabili rimangono comunque pari a circa il 99% negli impianti che prevedono strutture infisse a terreno senza fondazioni di calcestruzzo per i supporti dei generatori.
Soluzioni tipiche di impianti di AgV Diretto comportano, anche nelle varianti che verrebbero incluse nella definizione normativa del DL 77 del 31/05/2021, un rapporto tra superficie captante e superficie recintata non superiore al 20-30% al fine di garantire un corretto apporto solare al terreno (rapporti superiori, infatti, non garantirebbero la possibilità di ammettere usi agricoli diversi dalla coltivazione di fieno o che comunque presentino una utilità in termini di produzione agricola che possa giustificare il vantaggio della lavorazione diretta delle superfici). Tuttavia, i costi relativi alle soluzioni proposte portano ad un aumento dei costi di generazione fino al 100% del costo dell’impianto stesso: questo differenziale non può che essere quindi sovvenzionato, o comunque diventa sostenibile unicamente in un mercato elettrico caratterizzato da prezzi molto elevati nel lungo periodo. Quindi, il costo di generazione dell’energia prodotta nel caso di AgV Diretto risulta essere normalmente 3-5 volte superiore al costo di un tradizionale impianto a terra.
Nell’ipotesi di impianto di AgV Indiretto, risulterebbe utile e vantaggioso apporre un vincolo ad “uso legato ad attività agricola biologica” alle superfici esterne a quella recintata (superfici di proprietà, perimetrali all’impianto stesso), possibilmente in proporzione tale da garantire un adeguato rapporto tra superficie captante e superficie a produzione agricola (comprensiva, in questo caso, delle aree vincolate).
Considerando l’attuale densità di installazione (ovvero 1MWp / ettaro), sarebbe sufficiente vincolare un’area pari all’80% della superficie recintata: la superficie vincolata, inoltre, dovrebbe essere adiacente e/o contermine alla superficie stessa di impianto, in modo da costituire insieme a quest’ultima un’unica area a gestione biologica che contribuirebbe alla realizzazione di un setto territoriale ambientale di decelerazione degli effetti antropici anche legati alle attività di agricoltura tradizionale. Ecco che, considerando questa particolare progettazione integrata, l’impianto di AgV Indiretto diventerebbe una “riserva” di biodiversità, soprattutto se legato ad attività ambientalmente premiali (come l’apicoltura o la promozione di attività biologiche tipiche e di pregio, da realizzare sulle superfici vincolate) che dovrebbero essere selezionate ed integrate successivamente ad una valutazione ambientale attenta del contesto in cui l’impianto si inserisce, in modo da massimizzare i vantaggi in termini ecologici.
Il costo di investimento dell’impianto non muta, e pertanto anche il costo di generazione dell’energia elettrica rimane il medesimo di un impianto tradizionale a terra. Ma, questo particolare modello progettuale permette una collaborazione tra produttori ed aziende proprietarie delle aree che vengono più agevolmente coinvolte nella gestione essendoci una separazione netta dei rischi operativi di gestione. Il costo aggiuntivo derivante dalle necessità di garantire maggiori superfici comporta un ulteriore beneficio in quanto indirizza i proponenti su un modello economico che deve “concedere” una minore premialità al valore delle superfici acquisite. Il quasi raddoppio delle superfici comporta un dimezzamento della disponibilità riconosciuta per l’acquisizione delle superfici e tenderà a spostare le modalità di compensazione su flussi annuali piuttosto che su flussi anticipati. Ciò non è indifferente in quanto da un lato diminuisce la pressione “speculativa” sui terreni e dall’altro impedisce l’abbandono delle attività agricole. Il modello risponde inoltre, sia che le attività biologiche vengano fatte direttamente dal gestore dell’impianto fotovoltaico sia che vangano delegate alla proprietà delle superfici, alle esigenze a livello europeo di aumento delle superfici biologiche. In sostanza il modello dell’agrovoltaico indiretto comporta la realizzazione di una situazione win-win per tutti gli stakhlolder interessati.
5.6.5 Le tre tipologie di progettazione a confronto
Da una comparazione del tutto qualitativa paragoniamo alcuni aspetti relativamente alle tre tipologie impiantistiche:
1. “PV Ground”, impianto tradizionale a terra;
2. “AgV Indiretto + 80%”, impianto agrovoltaico indiretto con superfici a vincolo pari al 80% dell’area recintata;
3. “AgV Diretto”, impianto agrovoltaico diretto.
INDICATORI DI PERFORMANCE | PV Ground | AgV Indiretto +80% | AgV Diretto | ||
Rapporto Tra Superficie Captante e Superficie Totale ad usi agricoli | 40-50% | 5 | 20-30% | 20-30% | 10 |
Aumento delle superfici a gestione biologica | BUONA | 5 | OTTIMA | NULLA | 0 |
Competitività del costo di produzione dell’energia elettrica | OTTIMA | 10 | OTTIMA | BASSA | 0 |
Riduzione della speculazione finanziaria sui terreni agricoli | NULLA | OTTIMA | OTTIMA | 10 | |
Riduzione degli impatti derivanti da uso di fitofarmaci e concimazione | OTTIMA | 10 | OTTIMA | NULLA | 0 |
Riduzione della necessità di irrigazione artificiale | OTTIMA | 10 | BUONA | NULLA | 0 |
Performance ambientale legata all'uso del suolo | OTTIMA | 10 | OTTIMA | NULLA | 0 |
Vantaggi ambientali legati alla gestione fotovoltaica | OTTIMA | 10 | OTTIMA | BUONA | 6 |
Performance degli usi agricoli sui suoli | NULLA | OTTIMA | BUONA | 6 |
Tab. 2 - Matrice indicatori di performance PV Gruound vs AgV; indiretto +80%; AgV Diretto.
Si assume che l’impianto fotovoltaico a terra tradizionale possa comunque contribuire ad attività agricole indirette basilari come la produzione di fieno e che tale attività non sia considerata tra quelle realizzabili negli impianti agrovoltaici ad uso diretto (dal momento che questo comporterebbe la perdita di senso nel ricercare una integrazione spinta delle attività agricole per un tipo di coltura comunque integrabile).
Si può notare che la soluzione con i migliori indicatori di performance, sulla base delle considerazioni effettuate, su tutti gli aspetti ambientali energetici e di integrazione delle attività agricole, è quella relativa al modello dell’agrovoltaico indiretto con una superficie vincolata ad agricoltura biologica esterna e contigua pari all’80% delle superfici recintate di impianto.
In ogni caso, un impianto in cui la lavorazione del suolo viene effettuata a “filari alternati” prevede, appunto, l’alternarsi di fasce/aree a produzione agricola con fasce su cui vengono posizionate le tradizionali strutture ad inseguimento, su cui vengono fissati i generatori. Questo modello di impianto non rappresenta quindi un completo utilizzo diretto della superficie totale, dal momento che le aree relative all’installazione delle strutture stesse non risulta, di fatto, sfruttato a livello agricolo e quindi fa ricadere questa tipologia di impianto nella categoria degli AgV Indiretti che, di fatto, equivale ad un impianto a terra tradizionale ottimizzato (a cui, quindi, va associata una superficie esterna di compensazione, posta a vincolo).
In tutti i casi in cui si voglia ottenere un utilizzo indiretto delle superfici di impianto risulta necessario individuare una attività agricola caratterizzante il sedime di impianto (o almeno quello identificato dalla proiezione dei generatori): le attività indirette rappresentano allora lo sfruttamento agricolo che si può ottenere unicamente tramite attività specifiche come la coltivazione dei terreni per apicoltura, l’allevamento broiler/ovaiole o il pascolo.
5.6.6 Attività integrabili: agricoltura e scelta delle piante
Per quello che riguarda gli impianti che prevedano attività agricole dirette, al fine di ottenere un migliore apporto solare sulle superfici sottostanti al piano dei generatori, la disposizione migliore dei generatori ammette un percorso dell’ombra del tipo giornaliero: questo perché disposizioni diverse, in cui la superficie ombreggiata varia in funzione dell’altezza del sole (ovvero nell’arco delle stagioni) ammettono un apporto di radiazione sui terreni inferiore e pertanto dovrebbero garantire un rapporto tra le superfici captanti ed il sedime sottostante ancora più basso.
Fig. 46 - Esempio di attività agricola diretta (generatori a inclinazione fissa esposti a sud. Da: Fraunhofer ISE.
I progetti sperimentali realizzati nelle varie parti del mondo hanno evidenziato come il problema dell’ombreggiamento va valutato in funzione del sito specifico e delle caratteristiche climatiche: ad esempio, in alcuni casi la riduzione della radiazione potrebbe essere un vantaggio per le lavorazioni agricole, comportando un microclima più adatto alle coltivazioni ed una minore necessità di irrigazione.
In linea di massima, la coltivazione a prato risulta compatibile alle latitudini italiane (come nel resto del Nord Europa) con l’installazione anche di strutture tradizionali fisse purché esse ammettano una altezza minima, del modulo inferiore, di almeno 0,6 -1,0 m dal piano di campagna.
Invece, coltivazioni orticole o a seminativo necessitano di un puntuale studio illuminotecnico e di un approfondimento delle culture individuate al fine di garantire il corretto apporto solare. In FIG5quisotto vengono rappresentate schematicamente le curve di due specie vegetali diverse con diversi punti di saturazione luminosa (ovvero il punto oltre il quale ogni apporto di radiazione incidente sulla pianta non riesce ad essere utilizzato dalla stessa): per tale ragione è importante capire se la specie vegetale selezionata per la coltivazione abbia un punto di saturazione elevato (caso “Light Plant”) o relativamente basso in modo da sopportare bene gli ombreggiamenti (caso “Shadow Plant”).
Fig. 47 - Curve rappresentati il punto di saturazione luminosa di specie vegetali diverse.
Fonte: Fraunhofer ISE.
5.6.7 Attività integrabili: allevamento
L’utilizzo duale degli impianti con installazione “tradizionale” a terra con integrazione di attività di allevamento (come ad esempio allevamento di ovini) è già stato ampiamente sperimentato; invece, poca sperimentazione si ha per attività di apicoltura integrate. I risultati economici delle attività agricole biologiche implementabili nel caso dell’ AgV Indiretto potrebbero risultare inferiori rispetto ai risultati derivanti da attività agricole dirette, come la coltivazione di seminativi.
Tuttavia i vantaggi economici complessivi, rispetto al modello dell’AgV Diretto, sono nettamente superiori e parimenti sono superiori i vantaggi ambientali, in quanto le coltivazioni tradizionali comunque comporterebbero i tipici impatti ambientali legati alla concimazione uso di pesticidi e irrigazione.
Un caso particolare di Agrovoltaico Diretto e che potrebbe risultare particolarmente premiale per aziende agricole del territorio è l’integrazione con strutture serricole a tunnel o verticali (le seconde sono di fatto degli impianti integrati in edifici): in entrambe i casi tali forme di integrazione sono ipotizzabili quando a monte esiste già una volontà imprenditoriale di realizzare questa tipologia di struttura indipendentemente dall’impianto fotovoltaico. Questo modello, soprattutto nel caso delle serre a tunnel, si rivela molto vantaggioso per le aziende che operano già nella produzione orticola. Il limite di questo modello risulta nella dimensione dell’impianto che risulterà limitato in termini di superficie.
Questo modello potrebbe risultare il target ideale per impianti agrovoltaici realizzati direttamente dagli imprenditori agricoli e quindi la taglia naturale di un tale impianto è di 1 MWp.
Fig. 48 - Impianto realizzato in abbimaneto a serre.
Fig. 49 - Impatto paesaggistico impianti Agrovoltaici a lavorazione diretta.
5.6.8 Critiche, costi e considerazioni finali
Infine va sottolineato un punto molto importante. Spesso gli impianti fotovoltaici tradizionali a terra sono oggetto di critiche in merito al presunto impatto paesaggistico: in realtà questo modello, se progettato con la dovuta attenzione agli aspetti paesaggistici, comporta un impatto paesaggistico di fatto quasi nullo, potendo essere mitigato con soluzioni che ne mascherano completamente la visibilità dai vari coni visivi individuabili nel contesto territoriale ed ambientale.
Nonostante ciò, l’impatto paesaggistico è un tema di grande sensibilità per le comunità.
A questo tema poi, viene spesso associata la critica legata alla sottrazione di superfici agricole: ciò che viene spesso contestato è che la progettazione di un Parco Solare su un territorio agricolo vada ad annullare questa attitudine produttiva a favore delle installazioni tecnologiche, privando quindi il territorio di una sua componente “naturale”. Da qui, l’indicazione comune di preferire l’agrovoltaico come soluzione per poter garantire l’utilizzo dei terreni a fini agricoli.
Se le critiche ai Parchi Solari a terra tradizionali riguardano quindi la questione legata all’impatto visivo e la sottrazione al territorio di terreni agricoli, risulta contraddittorio e difficilmente comprensibile la soluzione progettuale che prevede l’utilizzo di strutte fotovoltaiche che fissino i moduli ad un’altezza pari a 5 metri in modo da garantire, al di sotto, la lavorazione agricola tradizionale con mezzi agricoli specifici. Anche rispetto a questa banale osservazione, l’AgV Indiretto presenta un indiscutibile vantaggio nell’implementazione di soluzioni di mitigazione che annullino di fatto gli impatti paesaggisti (e che, viceversa, non è possibile fare nel caso degli AgV Diretti, come appena dimostrato).
Alla luce delle considerazioni effettuate, degli studi e approfondimenti condotti, i modelli di “integrazione agrovoltaica” più promettenti per una regione come il Friuli Venezia Giulia sono:
▪ installazioni tradizionali abbinate ad attività indirette come apicoltura;
▪ installazioni su strutture esistenti o che comunque si renderebbero necessarie per la specifica attività agricola (serre a tunnel, serre verticali impianti su frutteto/vigneto).
Inoltre, le installazioni su strutture verticali in altezza in grado di consentire l’utilizzo dei normali mezzi agricoli, non rappresentano una integrazione economicamente efficace in quanto i costi aggiuntivi legati alla maggiore complessità strutturale ed impiantistica andrebbero quasi a raddoppiare i costi di impianto tradizionale e renderebbero necessari degli schemi di incentivazione a compensazione dei costi (che sicuramente non verrebbero compensati dal valore economico della produzione agricola).
Fig. 50 - Differenziazione dei costi di impianto a seconda delle tipologie di impianto: PV Ground Mounted = Impianto a terra tradizionale; Agrivoltaic Farming = agrovoltaico ad attività indiretta; agrovoltaic permanent crop = agrovoltaico ad attività diretta. Fonte Fraunhofer ISE.
Viene considerata la struttura dei costi (Fig. 50) proposta da una ricerca del Fraunhofer ISE
che di fatto si riferisce a dei modelli di studio comparabili a quelli qui assunti:
▪ il modello “Agrivoltaic Farming” corrisponde di fatto alla struttura dei costi del modello di AgV Diretto;
▪ il modello “Agricoltaics Permanent Crops/Grassland” corrisponde alla struttura di costi del modello AgV Indiretto;
▪ il “PV Ground” rappresenta la struttura di costi del modello tradizionale a terra.
I costi del modello agrovoltaico diretto e del modello agrovoltaico indiretto comparati rispetto alla soluzione tradizionale a terra vedono come i benefici in termini economici siano nettamente a favore del AgV Indiretto, i cui costi risultano praticamente comparabili con le soluzioni ad installazione tradizionale a terra.
Fig. 51 - Schematizzazione costi CAPEX/OPEX in funzione della tipologia di impianto (fonte Fraunhofer ISE).
Il 6° Censimento dell’agricoltura31 del Friuli Venezia Giulia indica come le superfici SAU (Superfici Agricole Utilizzate), nel 1988 ammontavano a 272.797 ettari e, nel 2010, si sono ridotte a 218.443: questa riduzione di circa 50.000 ettari è avvenuta nel silenzio più assordante senza che nessun politico o associazione di rappresentanza facesse emergere questo problema, ora così al centro dell’attenzione in relazione alla possibile progettazione di Parchi Solari su queste superfici.
Inoltre, per quanto riguarda le aree di pianura (dove tipicamente vengono realizzati gli impianti fotovoltaici a terra) al 1988 l’estensione SAU ammontava a 176.268 ettari e si è ridotta a 159.626 Ettari nel 2010.
31
xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx.xx/xxxxx/xxxxxx/xxxxx/xxxxxxx/XXXXX/XXX/xxxxxxxxxx/Xxxxxxxx/XXXXXXXXXXXXXXXXXXX RA.pdf
Ragionando quindi per casi teorici estremi, anche se la produzione elettrica da fotovoltaico fosse realizzata unicamente a terra (e, più precisamente su superfici SAU) cercando di raggiungere obiettivi doppi rispetto a quelli indicati nel PNIEC e presentati nei paragrafi precedenti, si avrebbe una “sottrazione di terreno” pari a 1/5 della perdita effettiva registrata fra 1988 e 2010; inoltre, con un rapporto di 1MWp / ettato, riuscire a realizzare tutta la potenza necessaria per soddisfare gli obiettivi del PNIEC tramite installazioni a terra corrispionderebbe effettivamente a circa 5000 ettari su SAU, ovvero il 3% delle aree SAU di pianura e il 2,2% della SAU totale. Non si tratterebbe quindi di terreni sottratti piuttosto, essendo gli impianti totalmente reversibili, di terreni, a gestione agricola biologica, messi a riposo.
Tuttavia XxX Xxxxxxx e AgV Indiretti forniscono l’opportunità di evitare in parte questa “sottrazione”: oltre ad evitare la sottrazione agli usi agricoli degli ettari utilizzati, consentirebbero anche la destinazione degli stessi e delle ulteriori superfici vincolate ad utilizzo agricolo biologico. Sempre in un’ottica puramente teorica, l’eventuale realizzazione di tutti gli impianti a terra secondo questo modello comporterebbe un aumento di circa 9.000 ettari di nuova superficie vincolata ad uso agricolo biologico sull’intero territorio regionale (la superficie biologica in FVG, secondo dati Sinab32, nel 2019 ammontava a circa 12.800 ettari.
32 xxxx://xxx.xxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxxxx
6
INSERIMENTO
TERRITORIALE
E
CARATTERISTICHE
PROGETTUALI DEL PARCO SOLARE PRADIS
L’area interessata dal progetto del “Parco Solare Milleacque” si inserisce in un contesto prevalentemente agricolo, in prossimità di un’importante arteria stradale (la S.R. 56 di Gorizia) e in linea con l’asse commerciale che collega Udine Sud a Pradamano attraverso viale Palmanova.
6.1 CARATTERISTICHE AMBIENTALI E PAESAGGISTICHE DELL’AREA DI PROGETTO
Per quanto riguarda l’identificazione e le caratteristiche dell’area oggetto di intervento secondo il Piano Regolatore Generale Comunale di Udine, la proprietà e le aree limitrofe si trovano nella “zona E6 – Aree di interesse agricolo”.
Fig. 52 - Individuazione area di progetto su “Tavola Z4 – Zonizzazione” del Piano Regolatore Generale Comunale di Udine, var. 28 in vigore dal 31.12.2020.
La Fig. 52 rappresenta la proprietà (identificata con perimetro nero in linea continua) inserita nel contesto ambientale agricolo mappato come “zona E6”: si può notare che non vi sono ulteriori destinazioni d’uso né per l’area di progetto né per il contesto, ad eccezione della rappresentazione di un “percorso ciclopedonale esistente” identificato lungo Via Tissano, a nord dell’area di progetto, da una linea rossa continua. Si può notare anche la prossimità dell’area di progetto al confine comunale, alle superfici di pertinenza ed uso ferroviario (identificate come FERR) e la viabilità principale, lasciata in bianco.
Di seguito alcune caratteristiche relative alla “zona E6”, riportate nelle Norme Tecniche di Attuazione del Nuovo Piano Regolatore Generale Comunale di Udine, Art. 9 – ZONE AGRICOLE “E” pp. 13 – 15.
Art. 9 – ZONE AGRICOLE “E”
Caratteristiche generali
La zona omogenea E è la parte del territorio comunale di valore ecologico ambientale destinata all’agricoltura e alle attività connesse con l’uso del territorio coltivato. (…)
Destinazioni d’uso
Nella zona omogenea E sono ammesse le seguenti destinazioni d’uso:
▪ Agricola e residenziale agricola;
▪ Artigianale agricola;
▪ Commerciale agricola;
▪ Allevamenti aziendali e allevamenti intensivi;
▪ Impianti ed opere pubbliche. (…) Articolazione delle zone E
La zona E si articola nelle seguenti zone: (…)
▪ Zona E6 – corrispondente a estese aree destinate all’attività agricola dotate di condizioni ambientali idonee allo sviluppo della stessa; (…)
Strumenti di attuazione e tipi di intervento
Nelle zone E5-E6-E7 sono ammessi gli interventi sottoriportati, specificati in dettaglio nei seguenti articoli dal n.10 al 17.
In zona E6 il PRGC si attua:
a) mediante intervento diretto per la realizzazione di:
▪ edifici residenziali agricoli;
▪ strutture produttive aziendali;
▪ serre;
▪ allevamenti aziendali.
b) mediante Piano Attuativo, per la realizzazione di:
▪ allevamenti intensivi;
▪ edifici destinati al maneggio e strutture per l’addestramento, l’allevamento e l’ospitalità di animali di attività agrituristiche;
▪ edifici a carattere industriale e di servizio, di cui al seguente art. 17.
Inoltre, nelle “Altre prescrizioni” viene precisato che:
(…) Nelle zone agricole è ammessa la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, purchè caratterizzati da una integrazione sostanziale con i fabbricati.
6.1.1 Altre caratteristiche dell’area di progetto rispetto al P.R.G.C. di Udine
Analizzando le tavole e le zonizzazioni che costituiscono il Piano Regolatore Generale Comunale di Udine, è stato possibile identificare alcune indicazioni/caratteristiche ulteriori relative all’area di progetto. Di seguito vengono riportate alcune considerazioni.
La Tavola PS-01 – Piano Struttura del P.R.G.C. (Fig. 53) inserisce l’area di pertinenza del Parco Solare Milleacque nel sistema legato agli “Assi commerciali lineari o strada commerciale”, individuato in figura con il perimetro arancione in linea continua. Anche questa tavola identifica l’area di progetto come “area agricola” senza ulteriori destinazioni d’uso e/o indicazioni particolari.
Fig. 53 - Individuazione area di progetto su “Tavola PS-01 – Piano Struttura” del di Udine, var. 28 in vigore dal 31.12.2020.
Per quanto riguarda la viabilità, utile risulta l’osservazione di altre due componenti cartografiche del P.R.G.C.
Nella Tavola PS-02 – Temi e strategie per SUU (Fig. 54) l’area di progetto, identificata con un perimetro nero in linea continua, risulta inserita all’interno del sistema commerciale della città (dalla campitura viola chiaro) ed in prossimità di una “tangenziale in previsione”, identificata con la linea puntinata rossa a nord della superficie di proprietà e attualmente corrispondente a Via Tissano.
Fig. 54 - Individuazione area di progetto su “Tavola PS-02 – Temi e strategie per SUU” del P.R.G.C. di Udine, var. 28 in vigore dal 31.12.2020.
Infine, nella Tavola S – Classificazione della viabilità (Fig. 55) l’area di progetto, identificata con un perimetro rosso in linea continua, risulta collocata in prossimità di un’arteria stradale di “grande comunicazione”, coincidente con la S.R. 56 di Gorizia già citata.
Fig. 55 - Individuazione area di progetto su “Tavola S – Classificazione della viabilità” del P.R.G.C. di Udine, var. 28 in vigore dal 31.12.2020.
L’osservazione di queste cartografie contribuisce all’identificazione dell’area di progetto come una superficie strettamente connessa al sistema infrastrutturale viario (vista la prossimità alla Strada Regionale ed alla Ferrovia), estranea a strategie di progetto territoriali che prevedano in quest’area qualcosa di particolare. L’area inoltre risulta facilmente accessibile dal punto di vista viario.
6.2 CARATTERISTICHE AMBIENTALI E PAESAGGISTICHE DEL CONTESTO
L’area su cui si intende progettare il “Parco Solare Milleacque” risulta quindi inserita in un contesto ambientale promiscuo, dato dalla presenza di superfici agricole, dall’individuazione di macro assi stradali legati al sistema commerciale e dalla presenza di grandi arterie stradali. L’area risulta di fatto interclusa dalla viabilità stradale e ferroviaria esistente e pertanto risulta marginale da un punto di vista della produttività agricola.
7 LAYOUT GENERALE DEL PARCO SOLARE MILLEACQUE
In generale, il Parco Solare può essere considerato come un unico intervento a carattere areale per cui parte della superficie di un terreno privato viene utilizzata per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di produzione di energia elettrica da radiazione solare.
Si tratta di una progettazione integrata di componenti tecnologiche e naturalistico-ambientali: all’interno della superficie (o delle superfici) di proprietà viene identificata una “superficie recintata”, perimetrata da una recinzione metallica alternata da portoni per l’accesso controllato all’impianto e caratterizzata dalla presenza delle strutture di supporto ai moduli fotovoltaici e dei locali tecnici (quali cabine di consegna, di trasformazione, ecc.).
La superficie recintata risulta completamente perimetrata da una vasta “superficie di mitigazione” che, a sua volta, si declina in:
▪ fasce di mitigazione perimetrali e superfici verdi annesse;
▪ aree di integrazione del verde esistente;
▪ superfici e percorsi relativi all’accesso ed alla manutenzione dell’impianto;
▪ superfici di proprietà vincolate ad uso agricolo a gestione eco-sostenibile.
Il Parco Solare, quindi, non va inteso come mero impianto fotovoltaico, bensì come una superficie più o meno vasta caratterizzata da elementi tecnologici opportunamente inseriti nel contesto territoriale ed ambientale che li circonda.
7.1 INQUADRAMENTO CATASTALE E SU CARTA TECNICA REGIONALE
Il Parco Solare Milleacque coincide, dal punto di vista catastale, con le particelle 105 e 407 del foglio 69 del Comune di Udine.
Fig. 56 - Inquadramento area intervento su planimetria catastale.
Da: Tavola di progetto PDGEN01.
Fig. 57 – Inquadramento area di intervento su Carta Tecnica CTR. Da: Tavola di progetto PDGEN02.
L’inserimento catastale dell’area di progetto (Fig. 56) mostra come la superficie effettivamente occupata dall’impianto coincida quasi totalmente con la superficie di proprietà; tuttavia, la recinzione di progetto (che perimetra l’impianto vero e proprio) è posta, rispetto al confine di proprietà, ad una distanza sufficiente a garantire sempre una fascia di mitigazione visiva dell’impianto stesso.
Il rapporto fra superficie di proprietà, superficie recintata e superficie di mitigazione è rappresentato graficamente dalla Fig. 57 - Inserimento dell’area di intervento su Carta Tecnica CTR. In particolare, la superficie di mitigazione in questo caso è data anche da:
▪ alcuni percorsi interni alla proprietà (ma esterni all’impianto stesso) per garantire una facile manutenzione dell’area e delle infrastrutture su essa insistenti;
▪ un ampio spazio verde adiacente all’impianto, da poter vincolare ad attività di miglioramento ambientale;
▪ alcune aree verdi (caratterizzate dalla presenza di vegetazione) come naturali spazi di mitigazione esistenti ed elementi caratterizzanti l’area di intervento.
Entrambe le figure sopra citate raffigurano anche una superficie prossima a quella di proprietà (perimetrata e campita in giallo): si tratta di particelle di proprietà di FVG strade caratterizzate dalla presenza di vaste superfici verdi in adiacenza allo spazio occupato dalla viabilità e da un accesso all’area oggetto di intervento parzialmente asfaltato, attualmente in un avanzato stato di degrado (causato dalla sua dismissione). Il progetto del Parco Solare Milleacque include la sistemazione e manutenzione di queste particelle, con un ripristino del tratto asfaltato a servizio dell’accesso carrabile al Parco Solare stesso ed una gestione, manutenzione ed integrazione del verde esistente come mitigazione dell’impianto. Di dette particelle viene richiesta la concessione all’ente gestore.
La superficie catastale di proprietà è pari a circa 34.796 mq (3,5 ha); l’impianto fotovoltaico ricadrà internamente ad una superficie recintata pari a circa 2,3 ettari (nella quale verranno realizzate strutture fotovoltaiche fisse a moduli in silicio cristallino); la superficie complessiva delle varie fasce e superfici di mitigazione sarà pari a circa 1,2 ettari.
Superficie di proprietà 34.796 m2 [3,5 ha] Superficie recintata 23.335 m2 [2,3 ha] Superficie di mitigazione 11.461 m2 [1,2 ha]
7.2 PLANIMETRIA GENERALE
La planimetria generale del Parco Solare Milleacque (Fig. 58) rappresenta in maniera sintetica la suddivisione delle superfici a seconda delle destinazioni d’uso previste.
Come già accennato, la superficie effettiva destinata all’impianto corrisponde solo ad una parte della superficie totale a disposizione: la superficie recintata corrisponde a circa il 67% della superficie totale di proprietà e racchiude l’impianto vero e proprio, perimetrato da una superficie libera (di larghezza variabile ma comunque non inferiore agli 8 metri) destinata agli spostamenti interni legati alla gestione ed alla manutenzione del Parco Solare stesso. Su questa superficie, inoltre, si collocano i corpi edilizi relativi all’impianto: la cabina di consegna per l’ente distributore di energia elettrica, la cabina di consegna per l’utente dei locali tecnici.
Rispetto alla superficie recintata, la superficie effettivamente occupata dall’impianto fotovoltaico (ossia la superficie verde sottostante le strutture fisse dei pannelli) corrisponde a circa il 65% della superficie totale acquisita.
Fig. 58 - Rappresentazione layout dell'impianto e superfici di mitigazione annesse. Da: Tavola di progetto PDCIV01.
7.2.1 Elementi vincolanti
Come già accennato, la forma assunta dalla superficie dell’impianto vero e proprio è stata determinata dalle fasce di rispetto legate alle infrastrutture che insistono sull’area di progetto:
- la linea ferroviaria : collocata ad ovest dell’impianto;
- la linea aerea di Media Tensione, in direzione Nord-Sud;
- la linea aerea di Bassa Tensione, in direzione NordEst-SudOvest, posta a sud-est dell’impianto;
- il gasdotto, presente in parte a nord dell’impianto in direzione Est-Ovest e in parte ad est dell’impianto, parallelo al Canale Ledra di Santa Xxxxx.
Ognuna di queste infrastrutture richiede una fascia di rispetto (di dimensione variabile) da misurare rispetto alla proiezione della linea stessa sul piano di campagna dell’area oggetto di intervento: in corrispondenza di tali fasce il progetto del Parco Solare Milleacque segue le prescrizioni e le indicazioni progettuali relative alle infrastrutture stesse.
Da qui, la decisione di progettare l’impianto vero e proprio sulla superficie ottenuta al netto delle fasce di mitigazione sopra citate e delle fasce di rispetto delle infrastrutture insistenti sull’area di progetto (Fig. 59).
gasdotto interrato
linea ferroviaria
elettrodotto aereo linea MT
elettrodotto aereo linea BT
Fig. 59 - Rappresentazione delle infrastrutture che insistono sull’area di progetto da PDGEN02 - Inquadramento area di intervento su Carta Tecnica CTR.
7.3 PROGETTAZIONE E GESTIONE DELLE FASCE DI MITIGAZIONE
Il Parco Solare Milleacque si inserisce in un contesto ambientale e territoriale abbastanza eterogeneo, caratterizzato dalla presenza di importanti infrastrutture legate alla mobilità (la linea ferroviaria, con cui confina a Nord e Nord-Ovest, e la grande rotatoria stradale sopraelevata a Sud-Sud-Ovest) e da una grande superficie ad elevato carattere antropico con cui confina ad Est, ossia l’area relativa alla presenza del Centro Commerciale di Pradamano (e relativa ampia area di parcheggio).
Proprio questi elementi, di fatto, emergono dal contesto ambientale e territoriale più vasto, caratterizzato da spazi agricoli relativamente ampi alternati a insediamenti prevalentemente rurali e legati alle industrie locali.
Quindi, il contesto in cui si inserisce il Parco Solare in oggetto è particolarmente caratterizzato da azioni antropiche: per questo motivo, l’inserimento di impianto fotovoltaico a terra potrebbe essere abbastanza coerente con gli elementi sopra elencati, andando a caratterizzare questa
superficie attualmente percepita come “di risulta”, come una vera e propria superficie tecnologica.
Tuttavia, la progettazione del Parco Solare deve necessariamente tener conto dell’attuale destinazione d’uso del terreno oggetto di intervento: si tratta di una superficie agricola opportunamente perimetrata da superfici naturali di mitigazione (che consistono in alberature particolarmente alte e arbusti, particolarmente carenti in quanto a manutenzione).
Fig. 60 – Vista dell’area di progetto da Via Tissano. Foto del 03.07.2021.
Fig. 61 – Vista dell’area di progetto interna all’area, verso la ferrovia. Foto del 03.07.2021.
Tenendo conto dell’attuale destinazione d’uso dell’area e degli elementi naturali caratterizzanti, il progetto del Parco Solare Milleacque proporrà comunque delle superfici di mitigazione perimetrali rispetto all’impianto vero a proprio, con caratteristiche e gestione del verde differenti, in modo da aumentare la qualità dall’area anche da un punto di vista ambientale.
Per quanto riguarda le mitigazioni, le prescrizioni standard normalmente previste da un punto di vista ambientale per questa tipologia di impianto si possono riassumere sinteticamente nella gestione del cotico erboso senza utilizzo di diserbanti mediante semplice sfalcio e nella realizzazione di fasce piantumate perimetrali.
Rispetto all’impianto in oggetto, la progettazione delle fasce di mitigazione cerca, nel rispetto di questi requisiti, di implementare tali prescrizioni in una strategia che punti ad integrare la valorizzazione delle aree sia da un punto di vista agro-ambientale che da un punto di vista percettivo: quindi le fasce di mitigazione si traducono in superfici relativamente vaste la cui funzione principale è di mitigare visivamente l’impianto; oltre a ciò, vista la loro dimensione ed estensione, possono anche essere sfruttate a scopo agricolo (inserendo, ad esempio, specie legate alle produzioni tipiche della zona).
L'impatto visivo e percettivo prodotto dall'impianto interessa un’area di influenza circoscritta al perimetro dell’area oggetto dell’intervento ed alle sue immediate vicinanze e l'accorgimento progettuale per annullarlo consiste nella realizzazione di fasce di rispetto perimetrali, come “mediatrici” tra l'opera ed il contesto ambientale. Inoltre, all’interno di queste fasce piantumate viene creato (ove necessario) un mascheramento che riproduce i caratteri paesaggistici autoctoni, al fine di non decrementare la qualità paesaggistica del contesto ma promuoverne la valorizzazione ed il consolidamento.
7.3.1 Sesto d’impianto
La progettazione delle fasce di mitigazione perimetrali ha quindi una duplice funzione: limitare (cercando di impedire completamente) la percezione visiva dall’esterno dell’impianto fotovoltaico e riprendere ed integrare i caratteri naturali particolari del contesto ambientale e territoriale circostante.
La superficie recintata contenente l’impianto fotovoltaico vero e proprio è quindi costantemente perimetrata da una superficie che si interpone fra la recinzione e il confine di proprietà: tale superficie non è mai inferiore ai 10 m di larghezza e, in alcune zone raggiunge profondità ancora maggiori.
Considerati quindi i 10 m come profondità minima di questi spazi, è stato ipotizzato (Fig. 62) un sesto d’impianto composto da:
▪ siepe perimetrale fitta, pinatumata a 1,5 m di distanza dalla recinzione dell’impianto in modo da consentirne una manutenzione agevole;
▪ uno o due filare di alberi (potenzialmente alberi da frutto o comunque essenze coerenti con il contesto ambientale in cui si inserisce il progetto), posizionati a 2,5 m di distanza dalla siepe;
▪ piccole essenze arbustive (selezionate in relazione ad una potenziale attività legata all’apicoltura) intervallate con una certa irregolarità, a completamento della struttura del sesto d’impianto.
▪
Fig. 62 - Fascia di mitigazione strutturata come quinta verde e predisposta alla produzione agricola integrata.
Va precisato che le barriere vegetali che verranno predisposte tenderanno a modelli che siano “più prossimi al naturale” possibile, compatibilmente con le esigenze di manutenzione e gestione al fine di evitare, per quanto possibile, l’artificializzazione e l’eccessiva geometrizzazione dell’andamento di impianto.
Inoltre, il sesto d’impianto sarà composto da una vegetazione caratterizzata dalla diversità sia nella scelta delle specie, del loro accostamento e delle dimensioni al momento dell’impianto.
Le opere di mitigazione previste in progetto sono:
▪ finalizzate a preservare il carattere paesaggistico generale con particolare attenzione ai punti di intervisibilità;
▪ progettate e calibrate in relazione al tipo di rispetto da perseguire nei confronti della situazione esistente.
A seconda della profondità della superficie di mitigazione perimetrale, oltre alla componente arborea e arbustiva, potrebbero essere ricavati degli spazi utili al passaggio di mezzi di manutenzione e gestione dell’impianto e delle sue componenti tecnologiche e naturali: si tratta di “percorsi verdi” inseriti nell’area di mitigazione e lasciati liberi da qualsiasi tipo di piantumazione, ma sempre coperti da un cotico erboso uniforme.
I dettagli delle mitigazioni paesaggistiche progettate sono stati indicati nella Tavola PDCIV02 – Sezioni, prospetti e dettagli delle mitigazioni.
7.3.2 Alcune “sezioni tipo” delle mitigazioni previste nel Parco Solare Milleacque
Nonostante le dimensioni di massima siano abbastanza costanti, la gestione effettiva delle fasce di mitigazione varia poi a seconda del contesto e delle necessità.
Nel caso specifico del Parco Solare Milleacque, gli spazi di mitigazione possono essere riassunti in quattro casi di sequenze di spazi ed elementi diversi:
▪ (ad Est) la mitigazione si rapporta all’elemento naturale caratteristico dato dal Canale Ledra di Santa Xxxxx; la mitigazione è data da siepe – doppio filare di alberi di mitigazione ad integrazione delle alberature esistente – infrastruttura esistente legata alla linea elettrica aerea di Bassa Tensione – Canale Ledra di Santa Xxxxx.
▪ (a Nord e Nord-Ovest) la mitigazione si rapporta all’infrastruttura ferroviaria ed è data da siepe – doppio filare di alberi di mitigazione – eventuali arbusti di nuova piantumazione ad integrazione del verde esistente – recinzione relativa alla linea ferroviaria.
▪ (ad Ovest e Sud-Ovest) la salta, dal momento che la recinzione dell’impianto separa la superficie occupata dai moduli fotovoltaici con quella, sempre di proprietmò, vincolata ad uso agricolo biologioco. In questo caso quindi la fascia di mitigazione consiste solo nella presenza della siepe arbustiva perimetrale a mitigazione della recinzione.
Fig. 63 - Esempi di fasce di mitigazione proposte. Da: Tavola di progetto PDCIV02.
7.4 INSERIMENTO PROGETTUALE NEL CONTESTO
L’accesso al Parco Solare
L’accesso al Parco Solare è stato ricavato a sud dell’impianto stesso in modo da sfruttare al meglio la possibilità di collegamento con la S.R. 56: trattandosi di un asse viario ad alta percorrenza, è stato necessario predisporre uno “svincolo” (già presente ma attualmente non utilizzato e quindi in avanzato stato di degrado) per l’area di accesso al Parco.
La progettazione di questo spazio, a seguito di un puntuale rilievo dello stato di fatto (datato 03 Luglio 2021), è sinteticamente rappresentata nell’elaborato grafico PDGEN04 – Accessi e viabilità interna.
Il ripristino di questo “svincolo” asfaltato garantirebbe una strada di accesso al Parco dedicata, che proseguirebbe parallelamente all’andamento del confine di proprietà per poi giungere ad uno spazio antistante le cabine di consegna (utente e distributore).
Questo spazio, mantenuto come superficie naturale consolidata (in ghiaia), consentirebbe l’accesso immediato alla cabina del Distributore senza dover necessariamente accedere al Parco al quale, invece, si accede attraverso un portone di ingresso.
Fig. 64 - Prospetto dell’accesso principale al Parco Solare del Roiello. Da: Tavola di progetto PDCIV01.
Fig. 65 – Sezione relativa all’area di accesso al Parco Solare Milleacque. Da: Tavola di progetto PDCIV02.
Compatibilmente con il contesto naturale, per il percorso di accesso si è scelta una superficie semipermeabile in ghiaia (efficace come raccordo alla superficie stradale asfaltata e coerente con le caratteristiche tipiche del panorama agricolo locale).
In generale, per entrambi gli accessi, si è cercato di garantire il massimo mascheramento anche nell’area di ingresso, compatibilmente con le esigenze di accesso dei mezzi di manutenzione, posizionando la siepe di mascheramento il più possibile in prossimità alla recinzione di progetto.
Fig. 66 – Dettaglio relativo all’ingresso la Parco Solare Milleacque. Da: Tavola di progetto PDCIV01.
Possibili progettazioni ed integrazioni future
L’impianto è stato strutturato per poter ammettere la possibilità di fornire energia elettrica a eventuali stalli di ricarica da installare presso il limitrofo parcheggio del centro commerciale. Questa possibilità sarà oggetto di valutazioni e di accordi sucessivi alla realizzazione dell’impianto in funzione della disponibilità della vicina attività.
8 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO FOTOVOLTAICO
Il Parco Solare Milleacque è inserito all’interno di una superficie di proprietà pari a circa 3,5 ettari (34.796 mq circa): rispetto a questa, l’impianto fotovoltaico vero e proprio ne occupa solo una parte, pari a circa 2,3 ettari recintati. La differenza fra i due valori corrisponde alla superficie destinata a verde, intesa come somma della superficie di mitigazione, percorsi ed aree di accesso, superfici di servizio (legate alle strutture tecnologiche funzionali). L’impianto vero e proprio, perimetrato appunto da una recinzione opportunamente mitigata, consiste nella disposizione ordinata di strutture fotovoltaiche su cui risultano fissati dei moduli in silicio cristallino (rispetto ai moduli, va precisato che dal momento che la loro disponibilità su scala mondiale è soggetta a forti variazioni, è possibile che, in fase di progetto esecutivo, siano differenti da quelli qui proposti; tuttavia, non ne verranno aumentati ingombri, altezze delle strutture e potenza nominale dell’impianto).
E’ stato possibile prevedere sulla base della disposizione scelta l’installazione di circa 3630 moduli di dimensione pari a 1,3m x 2,3 metri circa. In questa fase del processo autorizzativo si ritiene opportuno calcolare la potenza complessiva dell’impianto prevendendo delle potenze dei singoli generatori previste, in accordo alle informazioni ricevute dai produttori, per il periodo previsto di realizzazione dell’opera. Nel caso i tempi di autorizzazione e realizzazione dovessero essere inferiori al previsto la variazione di potenza installata sarà comunque eventualmente unicamente in riduzione e pertanto compatibile con l’autorizzazione ottenuta.
Dal punto di vista tecnologico, in base alla disposizione di progetto dei moduli ed alle soluzioni tecniche adottate, è stato possibile ottenere all’interno del Parco Solare in oggetto una potenza complessiva pari a 3,45 MWp e, in base ai dati di irraggiamento caratteristici delle latitudini di Udine, si può affermare che l’impianto potrà produrre circa 4.1 GWh l’anno.
8.1 LE COMPONENTI TECNOLOGICHE
Le celle fotovoltaiche (nelle varie tipologie tecnologiche) connesse in serie/parallelo costituiscono il la base per la costruzione del modulo; più moduli vengono poi collegati tra loro in serie formando una stringa; più stringhe collegate in parallelo agli inverter formano ciò che a livello normativo viene inteso come il singolo generatore ovvero l’insieme di componenti atte alla produzione energetica. L’unione di tanti insiemi di componenti costituiscono l’intero impianto fotovoltaico che, di fatto, risulta limitato solo dalle caratteristiche del sito di installazione e dalla capacità delle infrastrutture esistenti di “ricevere” l’immissione nella rete elettrica dell’energia di nuova produzione.
La corrente continua prodotta dalle stringhe viene convogliata a numerosi inverter che provvedono a trasformarla in corrente alternata trifase; gli inverter sono collegati, a gruppi, a quadri elettrici a loro volta connessi alla cabina di trasformazione BT/MT di riferimento, ove la tensione viene innalzata da 400/800 V sino a 20.000 V. Il primo livello di tensione è quello relativo alla uscita sul lato corrente alternata del convertitore (la tensione potrebbe cambiare a secondo di marca e modello delle componenti ma questa è una variabile progettuale incidentale che comunque non muta la conformazione dell’impianto).
Il progetto prevede che inizialmente tutta l’energia elettrica prodotta dal parco fotovoltaico sia immessa nella rete in Media Tensione del Distributore mediante un punto di connessione; in una fase successiva poi potrà essere presa in considerazione l’ottimizzazione della gestione dell’energia tramite utilizzi virtuosi (fornitura ad attività di produzione locali, alimentazione di stazioni di ricarica EV, conversione e stoccaggio, ecc.).
La configurazione dell’impianto fotovoltaico prevede:
▪ cabina di consegna;
▪ inverter trifase, installati su strutture in acciaio;
▪ strutture di supporto dei generatori fotovoltaici;
▪ linee interrate per la distribuzione.
8.1.1 Caratteristiche costruttive delle cabine elettriche
Si prevede che il locale di consegna sia posizionato all’interno della superficie recintata, facilmente accessibile dall’esterno grazie ad un percorso dedicato opportunamente progettato per essere fruibile principalmente dal personale dell’Ente Distributore.
La cabina elettrica di consegna e le cabine BT/MT previste in progetto saranno costituite da una struttura ad elementi prefabbricati in cemento armato vibrato conformi alla Legge n° 1086 del 05/11/1971 e legge n° 64 del 02/02/1974 e successivi decreti attuativi.
▪ Il manufatto relativo alla cabina di consegna del distributore avrà le seguenti dimensioni di massima:
Lunghezza massima | Lmax = | 8,7 m circa |
Larghezza massima | Pmax = | 3,2 m circa |
Altezza massima | Hmax = | 3,0 m circa |
▪ Il manufatto relativo alla cabina di consegna dell’utente avrà le seguenti dimensioni di massima:
Lunghezza massima | Lmax = | 18,5 m circa |
Larghezza massima | Pmax = | 3,2 m circa |
Altezza massima | Hmax = | 3,5 m circa |
▪ Il manufatto relativo al locale tecnico per eventuali usi connessi avrà le seguenti dimensioni di massima:
Lunghezza massima Lmax = 18 m circa Larghezza massima Pmax = 3,2 m circa Altezza massima Hmax = 3,5 m circa
Rispetto alle cabine di trasformazione, le altezze si intendono calcolate dal piano ideale di campagna.
Le Cabine di trasformazione MT/BT previste ora in progetto potranno eventualmente essere sostituite in quota parte in fase di realizzazione con Cabine compatte eventualmente anche di dimensioni inferiori, all’interno delle quali non è previsto l’ingresso di operatori.
Tali cabine di nuova generazione, che recentemente hanno visto il loro utilizzo negli impianti di grande dimensione, sono elementi tecnologici certificati e saranno conformi alle normative tecniche e di sicurezza di prodotto; inoltre, nel caso in cui fosse venisse utilizzata quest’ultima tipologia, non dovrebbe essere considerata come volume urbanistico dal momento che non risultano ispezionabili e non consentono la presenza di operatori al loro interno, trattandosi di pure apparecchiature.
8.1.2 Inverter e quadri elettrici
Gli inverter (che raccolgono la corrente continua prodotta da più stringhe) ed i quadri elettrici di campo (che raccolgono la corrente alternata prodotta dagli inverter e la convogliano verso le cabine BT/MT) saranno riuniti coerentemente a quanto verrà definito nel progetto esecutivo, alternativamente posizionati al di sotto delle strutture che sostengono i moduli fotovoltaici (Fig. 67) oppure in prossimità delle cabine di trasformazione BT/MT, su apposite strutture metalliche di sostegno (Fig. 68).
Fig. 67 - Ubicazione del Comune di Maniago rispetto alla Regione Friuli Venezia Giulia.
Fig. 68 - Immagine satellitare di inquadramento dell’area di progetto.
8.1.3 Strutture di supporto ai moduli
La tipologia prevista nell’impianto è una struttura fissa a moduli in silicio cristallino. I moduli fotovoltaici, collegati in serie, verranno installati su supporti fissi, riuniti in stringhe di lunghezza variabile e di altezza ideale compresa fra i 2,4 m e i 3,0 m dal piano campagna; i moduli saranno accoppiati.
Fig. 69 – Schema di struttura fissa di progetto con moduli in silicio cristallino.
Il rispetto di una altezza minima del modulo inferiore sarà fondamentale per garantire la corretta fioritura del prato sottostante, che verrà arricchito tramite essenze adatte alla produzione mellifera; ciò potrebbe implicare che l’altezza massima che del bordo superiore del modulo più alto sia attorno a 3 metri (al massimo).
8.2 TECNOLOGIA: CELLE E MODULI FOTOVOLTAICI
Le celle ed i moduli fotovoltaici sono l'unità fondamentale di conversione dell'energia di un sistema fotovoltaico e convertono l'energia in base all'effetto fotovoltaico, che consiste nella trasformazione dell'energia luminosa in energia elettrica attraverso la generazione di una forza elettromotrice quando la radiazione colpisce il semiconduttore di cui la cella è costituita.
L' efficienza dei moduli fotovoltaici in silicio cristallino utilizzati è dell'ordine del 15-21%. Per la produzione, l'installazione, la manutenzione e lo smaltimento in 25 anni di un sistema da 1 kWp occorrono circa 3 MWh di energia33,34,35..
L'energia prodotta in un anno da un sistema FV che utilizzi le soluzioni tecnologiche proposte è di circa 1100-1200 kWh/kWp, pertanto, dopo meno di 3 anni il bilancio energetico dell’impianto sarà pareggiato ed inizierà a produrre energia elettrica al netto degli impatti ambientali causati per la produzione delle componenti.
8.2.3 Moduli in silicio cristallino
Nel caso, ad esempio delle centrali termoelettriche, il sistema di produzione di energia richiede una minor quantità di energia per la produzione, l'installazione e la manutenzione, ma per tutta la sua vita produce energia elettrica consumando combustibili fossili.
I moduli fotovoltaici utilizzati saranno in silicio cristallino di potenza compresa tra i 750 Wp e i 950Wp a seconda del periodo di costruzione e della disponibilità di mercato.
Fig. 70 - Modulo in silicio cristallino.
33 Xxxxxxxx Xxx – Tokyo Institute of Technology Japan – Life cycle assessment of PV Modules 2011
34 “Life Cycle Inventories and Life Cycle Assessments of Photovoltaic Systems” - Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxx Xxx, Xxxx Xxxxxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx and Xxxxxxxx Xxxxxx - IEA PVPS Task 12, Subtask 2.0, LCA January 2015 - ISBN 978-3-906042-28-2
35 “Life cycle assessment of solar PV based electricity generation systems: A review” - A.F.XXXXXXXXX, X.X.XXXXXX, BVARUNC– ELSEVIER - VOLUME 14, ISSUE 1, JANUARY 2010, PAGES 540-544
8.3 SCHEMA FUNZIONALE DELL’IMPIANTO
Fig. 71 - Schema esemplificativo di impianto PV in parallelo con la rete pubblica MT e con dispositivo di interfaccia sulla MT.
8.4 ENERGIA E PRODUCIBILITÀ
Le potenze totali del parco fotovoltaico saranno pari a:
• Potenza del generatore fotovoltaico Pfv 3.448 kWp
• Potenza massima lato c.a. inverter Pca max 2.750,00 kW
• Potenza nominale lato c.a. inverter Pca nom 2.7500,00 kW La potenza assorbita per le utenze di servizio è stimata in circa 50 kW.
8.4.1 Energia e producibilità annua media durante il primo anno di esercizio
In considerazione della tipologia di modulo fotovoltaico, delle tecnologie e soluzioni previste in progetto, si assicura che le perdite di potenza dovute ai fattori elencati saranno tali da poter garantire una producibilità specifica di 1100-1200 kWh/kWp. Con riferimento a tali valutazioni l'energia annuale prodotta dai moduli e immessa in rete, quindi viene valutata pari a circa 4.1 GWh.
8.4.2 Energia e producibilità annua media durante il periodo di valutazione di 25 anni, emissioni di CO2
La superficie è stata vincolata tramite un diritto reale sottoscritto tra la SANGOI S.p.A. e la SAFIN
S.p.A. che risultano societariamente collegate in quanto appartenenti al medesimo gruppo societario. Tale titolarità garantirà l’esercizio dell’impianto per un periodo di durata di 50 anni. Si prevede quindi che tra il 25° e il 30° anno si procederà ad una operazione di sostituzione e retrofitting di tutti i generatori solari e degli inverter. Laddove questa operazione permetterà l’installazione di potenze superiori, sulla medesima superficie si procederà con una richiesta di “autorizzazione di variante al progetto originale” al fine di consentire la potenza in aumento installabile a parità di superficie occupata. Se, viceversa, le potenze installate non subiranno modifiche, allora questa operazione non richiederà ulteriori autorizzazioni (stando alle normative / legislazioni in vigore ad oggi). Inoltre, per quanto riguarda le strutture di supporto, probabilmente non ne sarà necessaria la sostituzione: rispetto alle soluzioni progettuali individuate, queste sono già adatte a garantire una durabilità per l’intero periodo di 50 anni, se opportunamente manutenute.
Con l’obiettivo di fornire una valutazione indicativa sulla producibilità, si assume un primo sottoperiodo del complessivo periodo di esercizio, pari quindi a 25 anni e si ipotizza una completa sostituzione dei generatori solari al 25° anno di vita (tale ipotesi risulta cautelativa dal momento che è stato possibile verificare, su impianti in esercizio da più di 25 anni, delle producibilità superiori).
Per il calcolo dell'energia e della producibilità media annuale è necessario tenere conto del deterioramento dei moduli nel tempo: prendendo in considerazione una perdita di efficienza dei generatori fotovoltaici tra il 0,2% e il 0,4% annuo, nell'ultimo dei 25 anni considerati si avrà una producibilità inferiore in un intervallo tra il 5% e il10% rispetto al primo anno di esercizio. Per cui il calo di efficienza medio nei 25 anni si attesterà tra il 3% e il 5%.
L’energia annua media immessa in rete mediata primi 25 anni di esercizio del Parco Solare Milleacque risulterà pari a circa 3.8 MWh nel caso più penalizzante.
Per produrre 1 kWh elettrico viene bruciato in media l'equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili, con una conseguente immissione nell’aria di circa 0,531 kg di anidride carbonica (fattore di emissione del mix elettrico italiano alla distribuzione). Quindi, considerando che l’energia media annuale generata dall’impianto è pari a circa 3.8 GWh, si eviterà l’emissione, sotto forma di combustibile fossile, di circa 2.090 tonnellate di CO2 in un anno (e di circa 41.000 tonnellate di CO2 in un ventennio).
8.4.3 Benefici macroambientali e climatici dell’impianto
I benefici macroambientali e climatici apportati dalla realizzazione dell’impianto fotovoltaico, possono essere ricondotti, per semplicità, alla quantità di CO2 effettivamente risparmiata, a sua volta ricondotta all’equivalente consumo di barili di petrolio evitato. Di seguito il procedimento adottato per il calcolo di CO2 risparmiata e di consumo di TEP evitato.
Per quanto riguarda la mancata emissione di CO2, va preso in considerazione il cosiddetto “mix energetico nazionale” che rappresenta le quote di produzione di energia per le varie tecnologie impiegate (ossia, come viene effettivamente prodotta l’energia).
In Italia, il fattore di conversione è pari a 0,44 tonnellate di CO2 emesse per ogni MWh prodotto.
Per il calcolo del petrolio non consumato, invece, viene usato il fattore di conversione energetico da MWh (elettrico) a TEP. 1 TEP (tonnellata di petrolio equivalente) è definito come la quantità di energia che si libera dalla combustione di una tonnellata di petrolio, ovvero 0,187 TEP per ogni MWh prodotto (Delibera EEN 3/08). Mentre ogni TEP risulta pari a 7.33 BOE ovvero Barili di petrolio equivalente.
Il Parco Solare del Roiello produrrà, in media durante l’arco di vita, circa 25 GWh l’anno.
Usando i fattori di trasformazione sopra indicati, si ha che l’impianto, nel corso di ogni anno di funzionamento, eviterà circa 1.620 tonnellate di CO2 ed il consumo di circa 5.560 barili di petrolio, ovvero di circa 709 tep/anno.36 La produzione di energia elettrica sarà equivalente al consumo di circa 1200 famiglie (considerando un consumo medio per famiglia di 3000 kWh/anno).
L’impianto ovviamente non produrrà alcun tipo di emissione per tutta la durata della fase di esercizio.
36 xxxxx://xxx.xxxx.xx/xx/xxxxxxx/xx-xxxxxx-xxxxxxxxxxx/xxxxx-xx-xxxxxx/xxxxxxxxx-xx-xxxxxxx-xxxxxxxxx-xx-xxxxxxxxxxx- nominali
9 CRITERI UTILIZZATI PER LA SCELTA DELL’AREA
Dovendo installare una potenza notevole si rendeva necessario individuare un’area che presentasse le seguenti caratteristiche:
▪ superficie utile di circa 3/4 ettari;
▪ presenza sul sito di linea elettrica MT
▪ andamento pianeggiante del terreno ed in generale privo di avallamenti;
▪ scarso valore agricolo, al fine di non incidere negativamente sul patrimonio produttivo agricolo locale;
▪ penetrabilità e consistenza del terreno adatte alla posa dei supporti dei moduli fotovoltaici per semplice infissione, al fine di minimizzare l’interferenza con il suolo e consentire una piena reversibilità all’atto della dismissione dell’impianto, prevista per normativa a carico del Titolare dell’iniziativa, dopo un periodo nominale di esercizio di 25 anni;
▪ distanza rispetto alla viabilità principale e a grandi agglomerati urbani in modo da minimizzare l’impatto visivo.
▪ interclusione del fondo rispetto alla viabiltà.
L’area descritta dalla presente relazione riunisce le caratteristiche sopra richiamate.
Per verificare la concreta fattibilità dell’intervento si sono poi esaminati i diversi aspetti di interferenza con il contesto ambientale dove andrà ad insediarsi il nuovo impianto, nonché le problematiche di realizzazione; i risultati di studi, analisi e dimensionamenti sono raccolti apposite relazioni che qui si elencano sinteticamente, per rapido riscontro, con le relative conclusioni.
10 SINTESI CONCLUSIONI RELAZIONI PROGETTUALI ALLEGATE
In questa prima emissione del progetto, ovvero quella relativa alla istanza di Autorizzazione Ambientale, vengono allegate per semplicità le relazioni considerate rilevanti per l’istruttoria di natura ambientale.
Successivamente alla conclusione del presente iter autorizzativo si procederà all’apertura della Conferenza di Servizi per l’ottenimento della Autorizzazione Unica e in tale sede verrà sottoposta all’ufficio procedente competente una seconda emissione dei presenti documenti integrati di ulteriori relazioni documenti e tavole grafiche che tuttavia per semplicità non vengono qui allegate in quanto non pertinenti. Tale serie documentale di seconda emissione sarà coerente con la presente e terrà in considerazione le eventuali prescrizioni che l’ufficio procedente riterrà di richiedere.
Qui in calce una sintesi delle conclusioni delle principali relazioni allegate alla presente istanza.
ALLEGATO 01 “STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE”
Lo Studio Preliminare Ambientale ha adottato per comodità esplicativa lo schema metodologico di cui al D.P.C.M. del 27 dicembre 1988 concernente “Norme tecniche per la redazione degli studi d’impatto ambientale, ecc.”, per cui la relazione di verifica è stata suddivisa nei tre “Quadri di riferimento” (programmatico, progettuale ed ambientale).
Per quanto riguarda il Quadro di riferimento programmatico (che fornisce gli elementi conoscitivi sulle relazioni fra l’opera progettata e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale), si può concludere che l’area di intervento:
▪ non risulta soggetta a vincoli paesaggistici ed ambientali; a tal proposito, è opportuno precisare che il Roiello di Pradamano (D.M. 14 aprile 1989) soggetto al vincolo culturale di cui al decreto legislativo 42/2004, e che scorre a ridosso dell’area d’intervento, non genera la fascia di 150 metri di vincolo paesaggistico, in quanto non rientra negli elenchi dei corsi d’acqua di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42;
▪ la sua destinazione d’uso attuale secondo programmazione urbanistica del Comune di Udine è “E6 - ambito di interesse agricolo”;
▪ nella cartografia del Piano Stralcio per l’assetto idrologico dei bacini idrografici del dell’Isonzo, Tagliamento, Piave e Brenta/Bacchiglione non viene individuata come area “P1 - area a moderata pericolosità”;
▪ non è interessata dalla perimetrazione di “prato stabile”, a differenza di quanto accade per alcuni lotti contermini;
▪ le indicazioni del Piano Energetico Regionale per quanto concerne i parchi fotovoltaici come quello in esame impongono un unico vincolo e precisamente il “divieto di realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici a terra e divieto di realizzare ampliamenti degli impianti esistenti, su aree interessate da habitat di interesse comunitario (DGR 546/2013), misura che si applica ai SIC continentali, Scheda 18 - Predisporre le linee guida contenenti criteri per incentivi a FER e criteri autorizzativi legati alle aree non idonee (requisiti ambientali per ciascuna fonte).
▪ viene individuata in aree esterne alle aree di habitat di interesse comunitario. La distanza minima dal sito d’intervento rispetto alle aree naturali tutelate (Area di Rilevante Interesse Ambientale - A.R.I.A. n. 16 “Fiume Torre”, e Parco del Torre individuato dal
P.R.G.C. del Comune di Udine nonché dall’argine del Torre stesso) è pari a 450 metri.
Per quanto riguarda il Quadro di riferimento ambientale (che definisce le componenti e i sistemi ambientali potenzialmente interessati dal progetto, sviluppandosi secondo criteri descrittivi, analitici e previsionali), si può concludere che, per la realizzazione dell’intervento, si dovrà tenere conto:
▪ del modello geologico e dalle prove geotecniche analizzate è risultato che il terreno è costituito, da un primo strato di limo-sabbioso fino ad una profondità media di -1,00 metri dal p.c., al di sotto uno strato ghiaioso fino in profondità; da qui, in relazione al tipo di opera prevista ed alle caratteristiche geologiche del terreno per la scelta del tipo di fondazione, possono essere adottate fondazioni dirette;
▪ della localizzazione dell’area sulla “Carta delle isofreatiche” del servizio geologico regionale, l’area ricade in una zona con profondità della falda di 25 metri dal piano campagna (tra le isofreatiche dei 60 e 62 metri s.l.m.m.). Non sono previsti comunque vani interrati, altrimenti si dovrebbe considerare anche la possibilità di instaurarsi di falde superficiali temporanee che porterebbero alla necessità di impermeabilizzare i vani interrati stessi;
▪ che l’area non ricade in alcuna zona di pericolosità idraulica del P.A.I.R. (Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico dei bacini di Interesse Regionale) né in zona di vincolo idrogeologico né entro le zone di pericolosità idraulica definite dal Piano Stralcio per l'Assetto Idrologico del Bacino del Fiume Isonzo (P.A.I.);
▪ che dai dati geotecnici del terreno, dal calcolo della portanza limite e dalle condizioni idrogeologiche riscontrate, è possibile valutare positivamente la fattibilità geotecnica delle opere in funzione delle attuali Norme Tecniche delle Costruzioni;
▪ che da un punto di vista sismico, in base all’attuale ormativa nazionale e regionale, è stata valutata la velocità utilizzato il programma “Spettri sismici NTC, vers. 1.0.3”, che in funzione delle caratteristiche meccaniche e sismiche del terreno fondazionale permette di ricavare, i parametri di pericolosità sismica localizzata secondo latitudine e longitudine dell’area d’indagine, in funzione da quanto previsto dai Cap. 3.2.3.2.1, 3.2.3.2.2 e 3.2.3.6 del D.M. 17.01.2018 (G.U. n. 42 del 20.02.2018 suppl. ord. n. 8) "Norme tecniche per le costruzioni", il Comune di Udine ricade in zona sismica 2 ed il terreno può essere classificato nella categoria di sottosuolo “B”;
▪ dalla mappa interattiva del Database of Individual Seismogenic Sources (DISS 3.2.1) dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia il territorio comunale stesso risulta essere compreso nella fascia sismogenetica relativa alla faglia denominata ITCS 065 – Medea, della quale si riporta la scheda negli allegati finali. Assieme alla cartografia del DISS, negli allegati finali viene riportata la cartografia dal Catalogo Italiano delle Faglie Capaci ITHACA, dell'ISPRA, nella quale viene segnalato il passaggio della faglia 77511 denominata Udine-Buttrio, della quale si riporta la scheda tecnica negli allegati finali. Si specifica però che sulla cartografia dell'ITHACA la scala di rappresentazione è molto piccola (1:100.000), ben diversa dalla scala 1:5.000 alla quale generalmente si fa riferimento per le indagini geologiche puntuali, e quindi la precisione non è sufficiente da definire l'esatto percorso segnato dalla faglia.Per tale motivo si è optato per eseguire un accurato rilievo geomorfologico del territorio circostante, dal quale non risultano esserci segni evidenti del passaggio di una faglia capace nel sito d'intervento ed in un suo significativo intorno.
Per cui, alla luce dei dati emersi dal presente studio l’intervento è compatibile con le caratteristiche meccaniche e sismiche del terreno e con le caratteristiche idrauliche dell’area e con i principi dell’invarianza idraulica, come previsto dal Decreto n.083/Pres. dd. 27.03.2018 e succ. mod. ed integrazioni.
Per quanto riguarda la conversione fotovoltaica dell’energia solare, va detto che si tratta di uno dei sistemi ottimali per lo sfruttamento delle energie rinnovabili e rappresenta, forse, il sistema più rispettoso dell’ambiente in ragione di una serie di motivazioni di seguito vengono sintetizzate:
▪ durante il funzionamento non ci sono fonti di emissioni inquinanti;
▪ gli impianti fotovoltaici in fase di esercizio sono praticamente privi da rumori e vibrazioni;
▪ la produzione di energia elettrica (la forma più preziosa di energia) avviene senza produrre alcun aumento dell’effetto serra, senza produrre piogge acide, senza dar luogo a patologie delle vie respiratorie;
▪ l’impatto sulla flora, fauna e sul clima locale è trascurabile;
▪ le fasce alberate di mitigazione che circondano l’impianto creeranno una zona protetta per la fauna;
▪ la produttività nell’area aumenta in quanto la produzione energetica si affianca alle tradizionali attività agricole;
▪ il sistema fotovoltaico ha esigenze di manutenzione molto ridotte per quanto riguarda la parte impiantistica e presenta una notevole semplicità d'utilizzo;
▪ non si sono riscontrati effetti negativi nel contesto sociale ed economico dei territori nei quali tali impianti sono stati installati da tempo;
▪ possibilità di realizzare, previo accordo con l’adiacente centro commerciale, dei punti di sosta e di ricarica per EV a servizio dello stesso.
L’intervento in progetto Parco Solare Milleacque sicuramente costituisce un impatto dal punto di vista paesaggistico soprattutto per la sua estensione, tuttavia è doveroso far notare che in fase progettuale sono state prese in considerazione ed applicate puntualmente tutte le indicazioni di settore previste dal Piano Paesaggistico Regionale, sia in fase di nuova realizzazione che di dismissione:
▪ Localizzazione compatibile ed adeguato inserimento ambientale.
▪ Limitazione della larghezza delle fasce dei pannelli mantenendo la permeabilità del suolo;
▪ Possibilità di inerbimento del terreno sotto il pannello fotovoltaico;
▪ Recinzioni permeabili alla piccola fauna (di taglia simile alla lepre);
▪ Studio dei coni visuali che limitino la percezione degli elementi dell’impianto rispetto al contesto;
▪ Studio delle mitigazioni con utilizzo di essenze autoctone.
Il confronto fra le caratteristiche generali del sito in relazione all’ambito paesaggistico cui appartiene ed al dettaglio degli elementi strutturali del paesaggio porta alla considerazione che il sito sotto il profilo del paesaggio, si inserisce allo stato attuale in un contesto agricolo già fortemente antropizzato che rappresenta un carattere di “normalità” rispetto all’area vasta considerata.
ALLEGATO 02 “RELAZIONE DI IMPATTO ACUSTICO”
Sulla base del clima acustico dell’area, nonché delle indicazioni, fornite dai progettisti, relative ai valori di emissione sonora degli impianti e sulla base della classificazione acustica del territorio, si evidenzia che i limiti di immissione assoluti non vengono superati nella fase di impianto “in opera”.
Per quanto riguarda la fase di costruzione, considerando l’utilizzo di più macchine battipalo contemporaneamente per l’installazione delle strutture portanti dei pannelli fotovoltaici, sono
previsti, in via cautelativa, superamenti dei limiti assoluti di immissione sui ricettori abitativi considerati. Vi possono, inoltre, essere situazioni operative in cui i valori limite differenziali, siano superati.
Per tali motivi, è da prevedere la richiesta di autorizzazione in deroga ai limiti come previsto dal Regolamento per la disciplina delle attività rumorose del Comune di Udine, ai sensi dell’Art. 6 della legge 447/95, nonché dell’Art. 20 della L.R. 16/2007.
ALLEGATO 03 “VARIANTE URBANISTICA”
All’interno del territorio comunale di Udine esiste già una realizzazione di impianto fotovoltaico a terra di grande dimensione insistenti su un area la cui zonizzazione originale non è mutata a seguito della procedura di Autorizzazione Unica: ciò consolida il principio secondo cui gli impianti di produzione di energia rinnovabile sono, di principio, compatibili anche con destinazioni urbanistiche diverse e non specificatamente individuate a priori a tale scopo, come fatto altresì in altri comuni della Regione.
Più precisamente, l’impianto in questione risulta essere inserito in una area classificata come Zone di interesse naturalistico ambientale – Prati di golena-boschi di golena: ciò conferma che questa tipologia di intervento non è incompatibile con aree anche definite particolarmente sensibili, motivo per cui questi inserimenti andrebbero valutati caso per caso in funzione del sito e del contesto. Conferma di ciò deriva anche dalla recente e sempre più densa fonte giurisprudenziale fornita dalla Corte Costituzionale di cui ultima la sentenza n°177 del 2021 che sostiene che:
“la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, terzo comma, Cost.), deve conformarsi ai principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387 del 2003, nonché, in attuazione del suo art. 12, comma 10, dalle menzionate Linee guida (explurimis, sentenze n. 258 del 2020,
n. 106 del 2020, n. 286 del 2019 e n. 69 del 2018)”.
Pur ritenendo che la progettualità proposta sia compatibile nei fatti e rispetto al P.R.G.C. vigente sia con una zonizzazione “E4 – di interesse agricolo paesaggistico” che con la “S6f- impianti fotovoltaici”, si ritiene di produrre la documentazione di variante al fine di consentire al Comune di Udine la possibilità di optare per la individuazione dell’opera coerentemente alla zonizzazione ritenuta maggiormente adeguata.
Un impianto autorizzato e realizzato su zona agricola “E4” non risulterebbe soggetto a delle specifiche previsioni nelle Norme di Attuazione vigenti e, pertanto, ogni eventuale modifica (anche non sostanziale dello stesso) dovrebbe essere valutata comunque attraverso una Conferenza di Servizi e non verrebbe previsto alcun criterio di “flessibilità” che possa dare un orientamento. L’individuazione delle aree come “S6f” consentirebbe, tramite l’introduzione di
N.d.A. specifiche e dei relativi indici, una flessibilità maggiore ancorché, stante i mutamenti tecnologici, sarebbe opportuno che tali norme venissero aggiornate, nel tempo, per tenere conto proprio di eventuali vincoli di tipo tecnologico come standardizzazione dei processi, dei materiali e delle componenti.
Nella sostanza la Variante qui allegata unitamente agli allegati successivi e collegati alla stessa, Esclusione VAS ed Esclusione VINCA, forniscono la documentazione necessaria per consentire all’amministrazione la scelta se accettare il progetto sulla zonizzazione pre-esistente, ed in linea generale compatibile di principio, o se individuare l’area in funzione delle particolari caratteristiche della stessa evidenziate nella documentazione di progetto, come zona S6F per impianti fotovoltaici assegnandole specifici indici e criteri previsti nelle NdA di variante proposte.
ALLEGATO 04 “ESCLUSIONE VAS”
Visti gli elaborati di variante proposta di iniziativa privata "Via Tissano", redatti da Archiur Srl, sulla cui base informativa è stato predisposto il presente documento di screening di V.A.S., o Verifica di Assoggettabilità, previsto dalla normativa europea, nazionale e regionale, che, tra le altre, specifica che:
▪ la variante ha per oggetto l’inserimento della previsione di un impianto di ricarica di veicoli elettrici alimentato da un impianto di produzione di energia elettrica mediante sistema fotovoltaico in via Tissano a sud di Udine, per un totale di m2 42.291 di nuova zona di servizi di pubblica utilità (ST) a scapito di zona agricola (E);
▪ le modifiche introdotte non rientrano tra le categorie di opere assoggettabili a prescindere a procedura di V.I.A. definite dal D.lgs 152/2006 s.m.i. – allegati II, III e IV;
▪ l’entità delle pressioni e degli impatti ambientali attesi dall'attuazione della variante vengono considerati sostenibili da questa verifica, considerando tutti i conseguenti impatti ambientali, a breve e a lungo termine, le mitigazioni e le compensazioni;
▪ l’area di influenza della modifica portata dalla variante è puntuale e limitata all'area locale;
▪ la modifica proposta non ha effetti negativi su aree vincolate quali SIC, ZSC, ZPS, ARIA o biotopi naturali, altresì visto quanto concluso dall’elaborato di Esclusione da Verifica di Significatività di Incidenza, in allegato agli elaborati di variante;
▪ in quanto accessibile al pubblico l’opera proposta può essere considerata di utilità pubblica: secondo il disegno di legge approvato il 12 maggio 2016 dalla Camera dei deputati e giacente per l’approvazione finale al Senato della Repubblica la destinazione di superficie a servizi di pubblica utilità non costituisce consumo di suolo (DDL, articolo 2, comma 1, b).
Adottando il presente elaborato di screening di V.A.S., l’autorità competente in materia conclude che, nel suo complesso, la variante "Via Tissano" al PRGC del comune di Udine non necessita di essere assoggettata a procedura di Valutazione Ambientale Strategica.
ALLEGATO 05 “ESCLUSIONE VINCA”
La variante proposta ha per oggetto l’inserimento della previsione di un impianto di ricarica di veicoli elettrici alimentato da un impianto di produzione di energia elettrica mediante sistema fotovoltaico in via Tissano a sud di Udine capoluogo, per un totale di m2 42.291 di nuova zona di servizi di pubblica utilità (ST) a scapito di zona agricola (E).
Considerando che le modifiche proposte non sono correlate con le vulnerabilità delle aree tutelate considerate, si rileva l’assenza di possibili problematiche dirette o indirette, e si conclude che, come indicato dalle Linee guida di carattere tecnico per la redazione degli studi di incidenza (Regione FVG, 2006), se non vi sono evidenti o possibili incidenze del Piano sul sito/i di Natura 2000 considerato/i, non è necessario procedere alla valutazione d’incidenza su ZSC/SIC/ZPS (VINCA), ovvero si conclude che la variante "Via Tissano" al PRGC di Udine non comporta incidenza significativa sui siti Natura 2000 della Regione Friuli Venezia Giulia.
E ancora, come da indicazioni contenute nella Delibera di Giunta Regionale FVG n1323 dell'11 luglio 2014, e relativi allegati, questo elaborato rileva l'assenza di interferenze funzionali comportanti alcuna incidenza sui Xxxx xxxxxxxx, indi per cui si conclude che:
▪ le aree interessate dalle modifiche proposte dalla variante non ricadono e non sono confinanti con siti della rete Natura 2000;
▪ è improbabile che si producano effetti significativi sui siti Natura 2000;
▪ non sono necessari ulteriori analisi ed approfondimenti;
▪ la variante "Via Tissano" al PRGC di Udine non deve essere sottoposta alla procedura di Verifica di Incidenza su ZSC/SIC/ZPS.
ALLEGATO 06 “RELAZIONE GEOLOGICA”
La relazione geologica è stata eseguita nel mese di Giugno del 2021 ed è allegato tecnico al progetto “Parco Solare Milleacque”.
Assieme al progettista sono state affrontate le problematiche geologiche-tecniche connesse all’ipotesi di progetto in modo congiunto e, a seguito di più approfondite e specifiche analisi, è emerso che, in generale, l’intervento è compatibile con le caratteristiche meccaniche e sismiche del terreno:
▪ del modello geologico e dalle prove geotecniche analizzate è risultato che il terreno è costituito, da un primo strato di limo-sabbioso fino ad una profondità media di -1,00 metri dal p.c., al di sotto uno strato ghiaioso fino in profondità;
▪ in relazione al tipo di opera prevista e alle caratteristiche geologiche del terreno per la scelta del tipo di fondazione possono essere adottate fondazioni dirette;
▪ dalla “Carta delle isofreatiche” del servizio geologico regionale, l’area ricade in una zona con profondità della falda di 25 metri dal piano campagna (tra le isofreatiche dei 60 e 62 metri s.l.m.m.). Non sono previsti comunque vani interrati, altrimenti si dovrebbe considerare anche la possibilità di instaurarsi di falde superficiali temporanee che porterebbero alla necessità di impermeabilizzare i vani interrati stessi;
▪ si rammenta di rispettare il D.Lgs. 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni in particolare per le problematiche connesse alla gestione delle terre e rocce di scavo;
▪ si rammenta di rispettare il D.P.R. dd. 27.03.2018 n. 083/Pres. “Regolamento recante disposizioni per l’applicazione del principio dell’invarianza idraulica di cui all’art. 14, comma 1, lettera k) della legge regionale 29 aprile 2015, n. 11 (Disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque), pubblicato sul BUR n. 15 dd. 11.04.2018;
▪ l’area non ricade in alcuna zona di pericolosità idraulica del P.A.I. (Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino del fiume Livenza);
▪ l'area non ricade in zona di vincolo idrogeologico;
▪ i dati geotecnici del terreno, il calcolo della portanza limite e le condizioni idrogeologiche riscontrate permettono di valutare positivamente la fattibilità geotecnica delle opere in funzione delle attuali Norme Tecniche delle Costruzioni;
▪ da un punto di vista sismico, in base all’attuale normativa nazionale e regionale, è stata valutata la velocità utilizzato il programma “Spettri sismici NTC, vers. 1.0.3”, che in funzione delle caratteristiche meccaniche e sismiche del terreno fondazionale permette di ricavare, i parametri di pericolosità sismica localizzata secondo latitudine e longitudine dell’area d’indagine, in funzione da quanto previsto dai Cap. 3.2.3.2.1, 3.2.3.2.2 e 3.2.3.6 del D.M. 17.01.2018 (G.U. n. 42 del 20.02.2018 suppl. ord. n. 8) "Norme tecniche per le costruzioni", il Comune di Maniago ricade in zona sismica 1 ed il terreno può essere classificato nella categoria di sottosuolo “B”;
▪ dalla mappa interattiva del Database of Individual Seismogenic Sources (DISS 3.2.1) dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia il territorio comunale risulta essere compreso nella fascia sismogenetica relativa alla faglia denominata ITCS 071 – Andreis- Forgaria nel Friuli, della quale si riporta la scheda negli allegati finali.
Inoltre dalla cartografia dal Catalogo Italiano delle Faglie Capaci ITHACA, dell'ISPRA viene segnalato il passaggio della faglia 70306 denominata Maniago, della quale si riporta la scheda tecnica negli allegati finali. Si specifica però che sulla cartografia dell'ITHACA la scala di rappresentazione è molto piccola (1:100.000), ben diversa dalla scala 1:5.000 alla quale generalmente si fa riferimento per le indagini geologiche puntuali, e quindi la precisione non è sufficiente da definire il preciso percorso segnato dalla faglia.
Per tale motivo si è optato per eseguire un accurato rilievo geomorfologico del territorio circostante, dal quale non risultano esserci segni evidenti del passaggio di una faglia capace nel sito d'intervento ed in un suo significativo intorno.
ALLEGATO 07 “ASSERVAZIONE DI INVARIANZA IDRAULICA”
Dal quadro cui complessivamente si perviene, emerge evidente che per la valutazione idraulica del progetto in base al “Regolamento recante disposizioni per l’applicazione del principio dell’invarianza idraulica di cui all’art. 14, comma 1, lettera k) della legge regionale 29 aprile 2015, n. 11 (Disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque)” emanato con Decreto n. 083/Pres. Dd. 27.03.2018 e pubblicato sul BUR n. 15 dd. 11.04.2018, esistono alcuni aspetti di cui si dovrà tenere conto:
▪ l’area non ricade in alcuna zona di pericolosità idraulica del Piano Stralcio per l'Assetto Idrologico del Bacino dei Bacini di Interesse Regionale (P.A.I.R.);
▪ per quanto riguarda la falda, questa si trova a profondità di massima risalita di 25 metri dal piano campagna;
▪ alla luce dei dati emersi dal presente studio l’intervento è compatibile con le caratteristiche idrauliche dell’area e con i principi dell’invarianza idraulica, come previsto dal Decreto n. 083/Pres. dd. 27.03.2018 e successive modifiche ed integrazioni.
ALLEGATO 08 “RELAZIONE SULLA VIABILITÀ”
I mezzi di trasporto previsti durante la fase di esercizio dell’impianto sono essenzialmente di tipo leggero impiegati dal personale addetto al controllo e manutenzione dell’impianto e delle aree destinate a verde ed a piantumazione. I mezzi impiegati consistono in autovetture, furgoni fino a 3,5 t, mezzi agricoli ed autocarri fino a 6,5 t; questi ultimi nel numero massimo di 3 veicoli al giorno. I mezzi di trasporto utilizzati durante le fasi di costruzione e di dismissione dell’impianto saranno, oltre alle autovetture e furgoni fino a 3,5 t, mezzi agricoli ed autocarri fino a 6,5 t, anche autoveicoli pesanti autoarticolati fino a 18t.
Il periodo per la sola costruzione previsto, salvo imprevisti, è di circa 3 mesi più ulteriori 2 mesi caratterizzati da opere di completamento minore che non richiederanno presenza continuativa da parte degli operatori. Per la fase di dismissione dell’impianto si può ipotizzare un traffico analogo.
ALLEGATO 11 “PIANO DI DISMISSIONE”
Le operazioni di dismissione equivaranno sostanzialmente a quelle già descritte per la fase di costruzione ma le tempistiche saranno sensibilmente inferiori e si attesteranno su 3 mesi complessivi.
Le opere di smaltimento e ripristino dell’impianto di fatto non comportano alcun onere ma costituiscono una occasione per recuperare economicamente la quota parte dell’investimento iniziale, rappresentata dal valore delle materie prime secondarie recuperabili e vendibili (si tratta di materiali, appunto, di valore e spesso oggetto di furti, da cui la necessità di videosorvegliare gli impianti stessi). Certamente parte delle opere, come descritte, andrà dismessa e smaltita, ma si tratta comunque di una parte minimizzata proprio dal design concept a base dell’opera.
Poi la cessione dei materiali metallici delle strutture di supporto e delle linee elettriche compensa ampiamente gli oneri di smaltimento e di dismissione delle altre parti dell’impianto, garantendo implicitamente la convenienza a dismettere e dunque a restituire l’area alle condizioni originali. Certamente i costi materiali, in termini di ore lavorative ed oneri di smaltimento, hanno una incidenza che è molto più bassa negli impianti di grande dimensione rispetto agli impianti di potenza inferiore. Tale incidenza, sicuramente inferiore rispetto a quella relativa al recupero (e ri-vendita) delle materie prime, può essere comunque quantificata.
In conclusione, per l’impianto in oggetto, la copertura dei costi relativi ai lavori ed agli oneri di dismissione (al netto del valore recuperabile dalla cessione dei materiali metallici) risulta essere, sulla base di stime e calcoli svolti dal proponente, di 16 Euro al kWp installato.
ALLEGATO 12 “CRONOPROGRAMMA”
Nel predisporre il cronoprogramma che individua la successione temporale delle opere necessarie per la realizzazione si è tenuto conto dei seguenti aspetti e attività:
▪ descrizione degli elementi da installare e dei fabbricati da realizzare;
▪ montaggio supporti e relativi generatori fotovoltaici e inverter;
▪ posa delle strutture ausiliarie prefabbricate;
▪ Spostamento traliccio MT esistente sul confine OVEST internamente alla proprietà
▪ Raccordo della linea aerea sul nuovo traliccio
▪ Spostamento Palo MT esistente su nuovo Palo MT posto a pochi metri di distanza.
▪ demolizione linea MT aerea e-Distribuzione interna alla proprietà;
▪ opere accessorie al funzionamento dell’impianto;
▪ opere temporanee in fase di costruzione e di rimozione finale dell’impianto;
▪ sviluppo cronologico dell’intervento;
▪ realizzazione opere esterne;
▪ opere di predisposizione del cantiere;
▪ infrastrutture interne al cantiere;
▪ posa dei generatori fotovoltaici;
▪ collaudo e messa in funzione;
▪ rimozione del cantiere;
▪ rimozione degli impianti dopo la fase d’esercizio;
▪ stima dei tempi di realizzazione dell’intero intervento.
I tempi ed il numero delle squadre di montaggio attrezzate necessari dipendono primariamente dalla disponibilità reale dei moduli fotovoltaici, disponibilità, che non è prevedibile con precisione a causa della attuale notevole richiesta di moduli su scala mondiale.
Si possono prevedere tempi di costruzione di circa 12 mesi per l’approvigionamento dei matariali a partire dall’ottenimento dell’autorizzazione e di 3/6 mesi per la fase di costruzione in cantiere di cui 3 caratterizzati dalle attività di realizzazione delle opere principali e 3 mesi in cui verranno effettuate attività e opere rispettivamente di predisposizione e completamento.