GUIDO BELLI
XXXXX XXXXX
Dottore di ricerca in Diritto civile – Università di Bologna
I CONTRATTI IN STRUMENTI FINANZIARI DERIVATI: NUOVE STRATEGIE DI COPERTURA DEL RISCHIO O DISSENNATA SPECULAZIONE?
SOMMARIO: 1. Lo sviluppo dei contratti differenziali. – 2. I contratti differenziali sul piano interpretativo: diffe- renziali semplici e differenziali complessi. – 3. La riconducibilità dei derivati all’affare differenziale semplice.
– 4. Aleatorietà e contratti derivati: simbiosi necessaria o possibile convivenza? – 5. Segue: in particolare, il contratto future. – 6. Segue: l’option. – 7. Segue: lo swap. In particolare, lo swap domestico. – 8. Segue: e l’interest rate swap. – 9. I derivati tra finalità di copertura e speculazione. In particolare, i weather derivatives.
– 10. Segue: funzione di protezione, causa e motivi. – 11. Segue: i derivati di mera sorte, la ricchezza inesi- stente, l’art. 1933 c.c. e l’art. 23, comma 5, t.u.f.
1. – Da qualche anno a questa parte, i contratti differenziali e di recente i contratti derivati, in particolare quelli con finalità speculativa, stanno assumendo un’importanza teorica oltreché pra- tica esponenziale, specie per i giuristi impegnati nello studio del complesso fenomeno dell’alea.
Legati, come noto, allo sviluppo dei mercati finanziari a termine, i contratti differenziali 1 fanno la propria comparsa nella seconda metà del XVII secolo su una scena che è dominata dall’economia dello scambio. In questo contesto il comune contratto di compravendita ad ese- cuzione differita veniva impiegato non più e soltanto per trasferire la ricchezza, ma piuttosto per allocare il rischio inerente alle oscillazioni del suo valore ed anche quale vero e proprio “azzar- do” sull’andamento dei prezzi. Per lo più le parti, alla scadenza del termine pattuito, anziché eseguire il contratto in conformità alla sua connaturale funzione di scambio, procedevano alla liquidazione della differenza tra il prezzo convenuto e il prezzo di rivendita o di mercato al mo- mento della scadenza, con ciò preferendo attuare una funzione speculativa.
Una simile operazione, che in concreto offriva di operare allo scoperto, portò con sé benefici facilmente percepibili: da un lato non costringeva il venditore ad approvvigionarsi prima della scadenza di quanto si era obbligato a consegnare, e dall’altro evitava all’acquirente di immobi- lizzare i capitali necessari, consentendogli di conseguire il denaro di cui abbisognava per poter adempiere. Primo apprezzabile risultato di fatto di quella prassi, fu il rilevante allargamento del- la cerchia dei soggetti investitori, proprio in ragione della minore disponibilità finanziaria ri- chiesta rispetto ad un mercato ordinario.
Al riguardo merita di essere ricordata la particolare reazione al fenomeno da parte del legi-
1 Cfr. in particolare X. XXXXXX, Le operazioni di borsa secondo la pratica, la legge e l’economia politica, Bocca, 1875, 5 p. 9 ss.; ID., La questione ultrasecolare dei contratti differenziali, in Riv. dir. comm., 1927, p. 212 ss.; X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx differenziali, in Contr. impr., 1992, p. 475 ss.; X. XXXXXXXX, Il contratto aleatorio e l’alea nor- male, Cedam, 2000, p. 189 ss.
slatore francese 2, a testimonianza della preoccupazione determinata dalla nuova pratica com- merciale. In breve tempo in Francia furono coinvolti nell’ondata speculativa dei mercati a ter- mine anche i titoli pubblici, sui quali peraltro le pattuizioni, considerati gli ingenti indebitamenti della monarchia, avvenivano al ribasso tanto che, dapprima Re Xxxxx XX di Borbone nel 1724, poi Xxxxx XXX nel 1785, adottarono provvedimenti legislativi volti a limitare, talvolta escludere, le stipulazioni a termine, quantunque dotate di idonea copertura.
Sennonché, i tentativi di limitare il ricorso alle operazioni a termine si dimostrarono il più delle volte inconsistenti e sprovvisti in buona parte di valide ragioni ispiratrici, al punto da in- durre l’impacciato legislatore dell’epoca immediatamente successiva ad un significativo silenzio di fronte al fenomeno. E non poteva essere diversamente, dal momento che, nel contempo, si stava facendo fervido il dibattito tra gli autori propensi a cogliere, nell’impianto dei contratti a termine, aspetti positivi per l’intero sistema economico. Anche la giurisprudenza, dopo un pri- mo atteggiamento diffidente, riconobbe la validità di tali contratti che, quantunque eseguiti me- diante la liquidazione delle sole differenze, erano stati conclusi dalle parti con l’intenzione di procedere all’effettiva consegna dei titoli ed al pagamento del prezzo.
Soltanto più tardi, sul finire dell’Ottocento, grazie alle istanze degli operatori bancari e dei commercianti, il legislatore francese, oltre ad abrogare i provvedimenti normativi emanati in materia dalla monarchia, con la l. 28 marzo 1885, si risolse a riconoscere espressamente la vali- dità dei contratti a termine. Peraltro, verso questa posizione si dimostrò critica la giurisprudenza di merito immediatamente successiva, che ritenne non esservi alcuna novità nella legge in que- stione, e che, di conseguenza, continuò a distinguere tra contratti «seri», rispetto ai quali non era possibile invocare l’eccezione di gioco, e contratti «non seri»: atteggiamento, questo, disatteso dalla dottrina dominante, favorevole pressoché unanimemente a non applicare ai contratti diffe- renziali l’art. 1965 c.c. francese, disciplinante l’exceptio ludi 3.
Scenario in parte diverso si ebbe, invece, in Germania, dove il Parlamento assunse un atteg- giamento di rigoroso proibizionismo verso agli affari differenziali, volto ad escludere le stipula- zioni a termine in special modo riguardo ai cereali ed ai prodotti della macinazione, già oggetto di pesanti abusi nelle contrattazioni di borsa. Per il resto, nonostante l’opinione contraria di nu- merosi autori, non si fece alcuna distinzione tra contratti a termine e contratti differenziali, salvo chiarire l’inapplicabilità, a questi ultimi, della disciplina del gioco di borsa 4.
2 Per una puntuale ricostruzione storica del fenomeno, cfr. X. XXXXX, Alle radici dei “contratti differenziali”: l’evoluzione degli strumenti giuridici in ambito finanziario a partire dal caso francese (sec. XVIII-XIX), in I quaderni di RES, 1, Regolare l’economia: il difficile equilibrio fra diritto e mercato dall’antica Roma alle odierne piazze fi- nanziarie, Res, 2014, p. 75 ss.
3 X. XXXXXXXX, Dei contratti di borsa detti differenziali in Italia e all’estero, Bocca, 1897, p. 63 ss.
4 In verità, una prima distinzione si rinviene in un brano della relazione della Commissione di inchiesta sulle bor- se, all’epoca costituita in Germania al fine di porre un argine agli abusi nelle negoziazioni di borsa, riportato da X. XXXXXXXX, Dei contratti, cit., 56: «Si può solamente parlare di gioco di Xxxxx quando si prende parte alle negoziazioni di Borsa senza conoscere per nulla le condizioni del mercato di un articolo, oppure gli impegni assuntisi non sono in rapporto alcuno collo stato patrimoniale dell’interessato».
Fu soltanto con l’entrata in vigore, il 1° gennaio 1900, del Bürgerliches Gesetzbuch (BGB) che il contratto differenziale («Differenzgeschäft»: § 764), conobbe, oltre ad una definizione le- gislativa, anche una precisa disciplina che, tra l’altro, disattendendo le aperture degli analisti economici, lo equiparava al giuoco. Non diversamente dall’esperienza francese, il codice civile tedesco rappresentava il contratto differenziale come un accordo avente ad oggetto la consegna a termine di titoli o di merci, concluso dalle parti con lo specifico proposito di adempiere il contratto attraverso la liquidazione della differenza tra prezzo convenuto e prezzo di rivendita o di mercato corrente al momento della scadenza, da considerarsi, salvo rare e specifiche eccezioni, nulla di più di una scommessa («ein Spiel»), dal momento che la differenza veniva pagata dalla parte “perden- te” a favore di quella “vincente”, e ciò anche quando l’intenzione di uno dei contraenti fosse diret- ta a tale pagamento e l’altro conoscesse o avrebbe dovuto conoscere questo fine 5.
In Italia il legislatore assunse un’esplicita posizione riguardo ai contratti differenziali solo tra
la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Il primo intervento risale alla l. 14 giugno 1874,
n. 1971, con la quale si sancì la validità delle compravendite a termine di titoli del debito pub- blico dello Stato, delle province, dei comuni e di altri corpi morali, di azioni, obbligazioni socia- li e di qualunque titolo di analoga natura, purché stipulate mediante utilizzo di foglietto bollato (formalità, questa, poi abrogata).
L’esigenza di una risistemazione organica della disciplina sull’attività finanziaria, fattasi sempre più pressante a seguito della crisi internazionale del 1907, trovò poi positivo riscontro nella l. 30 marzo 1913, n. 272, salutata all’epoca come fondamentale e originario nucleo della regolazione dell’attività borsistica italiana 6. Ed anche il contratto differenziale non andò eviden- temente esente dalle conseguenze di tale nuovo assetto di mercato, tanto da essergli riconosciuta piena tutela, escludendo espressamente la possibilità di far valere per esso l’eccezione di giuoco; ciò in quanto, è stato osservato in dottrina, pur essendo la sua struttura assimilabile al gioco, e per questo ricompresa nel diritto comune tra le fattispecie per le quali è prevista l’exceptio ludi, nell’ambito delle operazioni di borsa il contratto differenziale ha una propria ragion d’essere, al pari di ogni altro affare di borsa 7. Significativa fu, nella legge in esame, la presenza di una si- stematica definizione dei contratti di borsa, tra i quali potevano annoverarsi secondo l’art. 34: a) i contratti fatti in borsa o fuori borsa, tanto a contanti quanto a termine, fermi, a premio o di ri- porto, nonché qualsiasi altro contratto conforme agli usi commerciali, aventi ad oggetto i titoli del debito pubblico, le azioni ed obbligazioni di società, comprese le cartelle degli istituti di credito fondiario, e in genere qualunque titolo di analoga natura, sia nazionale sia estero; b) le compravendite di derrate o merci, stipulate secondo gli usi di borsa, in borsa o anche fuori «pur- ché in questo caso vi sia l’intervento di uno o più mediatori inscritti». Ed altrettanto propulsiva,
5 X. XXXXXXX, Contratto differenziale, in Nuovo Dig. It., XVI, Utet, 1938, p. 103 s.
6 C. XXXXXXX, I contratti differenziali secondo la nuova legge sulle borse, in Riv. dir. comm., 1913, p. 925 ss.).
7 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto di swap, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, di- retto da X. Xxxxxxx, XXX, Xxxx, 1995, p. 2466 s.
per l’espansione di tali affari, fu la previsione dell’art. 47, secondo cui «le operazioni a termine sovra titoli o valori sono reputati atti di commercio».
Il mutato ordinamento delle borse, così come definito in sede normativa dalla citata l. n. 272 del 1913, andò caratterizzandosi in chiave prettamente pubblicistica per tutto il XX secolo, col dichiarato intento di arginare i crescenti abusi che si erano verificati anni prima nelle contratta- zioni speculative.
Particolarmente interessante apparve, poi, l’affermazione del principio del libero accesso alla borsa da parte degli operatori di mercato, quale vero e proprio diritto soggettivo azionabile avanti all’autorità giudiziaria.
2. – Nonostante l’ampia e longeva diffusione dei contratti differenziali, manca ad oggi in Ita- lia una loro definizione normativa: l’atteggiamento dei legislatori succedutisi negli anni è stato pressoché quello di limitarsi al loro riconoscimento giuridico, senza tuttavia indagarne la speci- fica qualificazione. A ciò deve aggiungersi la difficoltà di ricondurre tali negoziazioni ad una figura unitaria: fattore, questo, che ha indotto la dottrina a dubitare, per molto tempo, della natu- ra oltre che della validità, negata da qualcuno 8, dei contratti differenziali.
Con il tentativo di colmare la lacuna, movendo dalla nozione di differenziale data dalla codi- ficazione tedesca, secondo la quale, come si è detto, trattasi di una specificazione del gioco, co- me tale soggetta alla relativa exceptio ludi, con impossibilità di azionare ed esigere la prestazio- ne dovuta, alcuni autori hanno distinto l’operazione differenziale semplice e complessa (c.d. impropria e propria).
Si ha contratto differenziale semplice – ed è questo lo schema più elementare e, come si vedrà, che presenta maggiori affinità con le negoziazioni su prodotti finanziari derivati – allorquando le parti convengono, contestualmente alla stipulazione, di liquidare (o, più precisamente, di poter li- quidare) le reciproche obbligazioni con il pagamento delle sole differenze. Per realizzare questa operazione le parti fanno ricorso alla struttura propria di una comune compravendita a termine di titoli (o di crediti, valute, merci, ecc.), modellandola attraverso la previsione di un patto che rico- nosce loro la facoltà di dare esecuzione al contratto mediante il pagamento, da parte del comprato- re in caso di rialzo o del venditore in caso di ribasso, della sola differenza del prezzo 9. Questa pe- culiare modalità di esecuzione porta con sé il problema, da sempre dibattuto in dottrina, se sia pos- sibile continuare a qualificare il contratto come una compravendita o se, piuttosto, sia più oppor- tuno ricondurlo allo schema della scommessa in dipendenza del suo possibile uso speculativo.
La questione, come ha rilevato qualcuno 10, attiene alla tematica dello scambio che, in pre-
8 Tra questi X. XXXXXXXX, Il commercio fittizio dei cambi, in Riv. dir. comm., 1928, p. 102 ss.).
9 Cfr. X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx, cit., p. 483 s.
10 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 198.
senza della clausola differenziale, finisce col rimanere relegato sul piano delle «previsioni con- trattuali», dal momento che l’esecuzione del contratto, lungi dall’attuare l’effettiva consegna dei titoli si risolve nel pagamento di una somma da parte di uno dei contraenti, individuato non ab initio, bensì nel giorno stabilito per la scadenza e a seconda che il prezzo sia in rialzo o in ribas- so. A tal proposito, c’è chi ha ritenuto di tenere distinta l’operazione differenziale semplice sia dal «contratto di compravendita puro e semplice, in cui l’intento speculativo rimane tra i moti- vi», sia dal «contratto di compravendita al quale segua un accordo per il quale la vendita dovrà essere adempiuta attraverso la liquidazione delle differenze» e ciò in considerazione del fatto che solo in quest’ultima «viene resa immediatamente operativa la volontà di speculare sulle dif- ferenze», mentre nella prima «lo scopo di speculare sulle differenze o rimane fra i motivi o si manifesta in un momento successivo e giustifica nuovi accordi, i quali, se reagiscono sulla si- tuazione preesistente, non possono modificare il contenuto e quindi la natura dell’accordo origi- nario» 11.
Coloro i quali si dimostrano favorevoli all’assimilazione dell’operazione in parola alla com- pravendita a termine, osservano che la clausola differenziale apposta al contratto in questione non ne muta la connaturale funzione economica, valendo solamente a disciplinarne le modalità di esecuzione.
A questa concezione si è replicato che l’operazione differenziale manca di tutti gli elementi essenziali della compravendita, e dunque sarebbe da ricondurre alla scommessa, argomentando sulla considerazione che le parti escludono la possibilità (anche remota) di eseguire il contratto in conformità allo schema che gli è proprio, volendo piuttosto – ed in questo risiederebbe la funzione del negozio – lucrare sull’eventuale e separato andamento dei corsi in senso favorevo- le 12.
Sembra arduo, a ben vedere, aderire all’una o all’altra impostazione, dal momento che nes- suna offre un criterio idoneo a risolvere in termini soddisfacenti la questione della natura giuri- dica dei contratti differenziali. Piuttosto bisogna prendere atto della impossibilità di ricondurre tali contratti ad una figura unitaria, stante le moltissime deviazioni cui possono manifestarsi. È allora ragionevole ammettere che la qualificazione dell’operazione e, di conseguenza, la disci- plina applicabile, dipendono in larga parte dalle modalità esecutive in concreto predisposte dai contraenti e dalla funzione economica che questi le attribuiscono 13. Va detto, per inciso, che l’alternativa secca compravendita-scommessa, all’uno o all’altro corno della quale, a seconda dell’elemento ritenuto prevalente, si suole ricondurre il contratto differenziale, è stata generata quasi esclusivamente dalla diffidenza degli interpreti del secolo scorso verso le operazioni di
11 Così X. XXXXXXX, I contratti di borsa, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, VII, II, Utet, 1960, p.
202 s.
12 Cfr. in particolare X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, I contratti di borsa. Il riporto, Xxxxxxx, 1969, p. 399 ss.
13 Ne convengono X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 405; X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 203 ss. e, più di recente, X. XXXXXXX, Aleatorietà convenzionale dei contratti derivati, Cedam, 2013, p. 92.
borsa, tale da indurre qualcuno a distinguere nettamente tra compravendita e contratto differen- ziale, sulla base di una pretesa diversità di oggetto 14.
Sulla scorta di queste considerazioni, il negozio sarà compravendita a termine nel caso in cui lo scopo di speculazione sulle differenze rimanga fra i motivi che hanno determinato le parti alla stipulazione. Viceversa, il differenziale sarà del tutto assimilabile alla scommessa ogniqualvolta le parti abbiano rimesso il giudizio di valore ad un evento futuro ed incerto, non determinabile a priori, in tal modo palesando la natura aleatoria del contratto, come tale privo dell’azione di pa- gamento, in applicazione dell’art. 1933 c.c. e non risolvibile per eccessiva onerosità sopravve- nuta ai sensi dell’art. 1469 c.c. 15: fattispecie, questa, che si avrà in particolare allorquando il patto relativo all’espressa liquidazione differenziale sia contestuale al contratto, posto che in tal caso «le parti, pur adottando le forme esteriori della compravendita, in realtà non si obbligano a trasferire i titoli e a pagarne il prezzo, ma soltanto a riscuotere (colui che risulterà vincente) ed a pagare, rispettivamente, la differenza che risulterà dalla liquidazione della borsa il giorno della scadenza» 16.
Ciò significa che «l’accertare se sia stata volontà delle parti porre in essere un’effettiva com-
pravendita a termine, ovvero un contratto differenziale, è una questione di fatto, che va risolta sulla base dell’indagine dell’intenzione dei contraenti, perché nel contratto a termine essa cade sulla trasmissione e relativo acquisto dei titoli ed in quello differenziale, solo sulla speculazione delle differenze» 17. Solo se nella volontà delle parti, come concretamente manifestatasi, il tra- sferimento del rischio inerente all’oscillazione di valore si eleva a causa giustificativa dell’intera operazione, è corretta e anzi doverosa l’assimilazione al giuoco e alla scommessa sull’anda- mento dei prezzi. I contraenti, invero, in tal modo scelgono di rimettere la definizione del rego- lamento dei loro interessi ad un evento futuro ed incerto, non determinabile ab origine, cui di- pende l’an o il quantum della prestazione e pure la parte tenuta ad eseguirla.
Peraltro vi è stato anche chi ha ritenuto di poter riferire la reale portata di questa funzione speculativa al solo contratto differenziale complesso proprio, nel quale si distinguono almeno due compravendite a termine, in successione tra loro ma di senso inverso, stipulate fra gli stessi
14 Cfr. le riflessioni di X. XX XXXXXXX, I contratti differenziali di borsa di fronte alla nuova legge del 20 marzo 1913, in Riv. dir. comm., 1914, p. 7 ss.
15 Cfr. X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx a termine e contratti differenziali, in Riv. dir. comm., 1925, p. 197 ss. e recente- mente, cfr. X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di F. Gal- gano, Libro IV, Delle obbligazioni (artt. 1467-1469), Zanichelli-Il Foro Italiano, 2010, p. 592 ss.
16 X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 404.
Nello stesso senso anche un significativo lodo arbitrale, dove si è statuito che i contratti differenziali sono quei contratti in cui il pagamento delle differenze costituisce l’oggetto immediato ed unico di un contratto, in cui la diffe- renza dei prezzi dei titoli considerati, all’atto del contratto e al momento della sua scadenza, costituisce l’oggetto uni- co della prestazione, rimanendo esclusa la consegna dei titoli (cfr. Arb., 19 luglio 1996, Pres. Casella, arb. Costi, arb. Xxxxxxxxxxx, in Riv. dir. priv., 1997, p. 559 ss.).
17 X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 405.
soggetti (in ciò distinguendosi da quello improprio, dove i contraenti di entrambe le compraven- dite non coincidono). Si tratta, tuttavia, di conclusione criticata dalla pressoché unanime dottri- na, concorde nel ritenere di essere in presenza, nella specie, non di un unico contratto liquidato per differenze, bensì di una pluralità di negoziazioni seppur collegate 18, e come tale di una figu- ra difficilmente riferibile, per quanto qui interessa, ai moderni contratti derivati.
Non può, tuttavia, sfuggire, una volta sancita la validità di tali contratti alla stregua della normativa esistente (già a partire, come si è visto, dalla l. n. 272 del 1913), che il procedimento di qualificazione che non faccia a meno di porre i termini della questione nell’ambito di quella rigida alternativa compravendita-scommessa rischia di portare a risultati insoddisfacenti 19.
Invero, come qualcuno ha efficacemente rilevato, non ci si è mai interrogati se la previsione nella contrattazione di borsa di tale tecnica contrattuale potesse condurre a considerare i contrat- ti che prevedono il patto di liquidazione mediante differenze come una categoria negoziale au- tonoma 20. Né, di conseguenza, si è considerato «se il legislatore di fronte a quell’alternativa – che poi, se applicata alla specifica questione di cui ci occupiamo, altro non significa se non po- stulare che lo scambio sia effettivo affinché la tutela sia piena – non abbia invece ritenuto che con riguardo agli specifici oggetti di cui all’art. 34 della legge sulle borse, tenuto conto anche delle qualità rivestite dagli operatori, lo scambio, seppur fittizio, potesse ugualmente soddisfare interessi meritevoli di tutela» 21.
Sono state, d’altra parte, mosse perplessità circa l’automatismo, essenzialmente incentrato sulla pretesa analogia di risultato economico, di ricondurre il contratto differenziale allo schema della scommessa. Al riguardo si è posta in rilievo, tra l’altro, l’«assoluta particolarità del merca- to nel quale vengono quotati quei “beni” sui quali poi avviene il calcolo delle differenze» e si è concluso nel senso che «pur volendo prescindere dal rilevare che la norma più sopra richiamata [l’art. 15 della legge sulle borse], con l’utilizzo del termine acquisti, potrebbe indurre a pensare che di vere e proprie compravendite si debba trattare – anche la paventata conversione in una vendita dall’esecuzione effettiva, conseguenza della totale equiparazione alla compravendita che
18 X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 391.
Propende invece per la qualificazione nei termini di un’unica operazione negoziale X. XXXXXXXX, Gli affari diffe- renziali impropri, in Riv. dir. comm., 1930, p. 681 ss., su una pretesa affinità del differenziale complesso proprio con quella del riporto e sulla considerazione che quando due contratti di segno inverso sono stipulati fra gli stessi soggetti, non vi è consegna effettiva di cose verso prezzo in virtù dell’operare del meccanismo della compensazione.
19 Alternativa, peraltro, ripugnata da X. XXXXXXXXXX, I contratti differenziali di borsa su divisa estera, in Dir. prat. comm., 1929, p. 146 s.: «a chi vuole su una pretesa diversità di oggetto innalzare l’edificio di una forma di con- tratto a sé, rispondiamo che il contratto differenziale, distinto dalla reale compravendita a termine, esiste solo nella fantasia!».
Cfr. pure X. XXXXXXXXXX, Nullità di vendita di cambi allo scoperto, in Riv. dir. comm., 1923, p. 493 ss., il quale conclude per l’idoneità della vendita a termine a funzionare sempre come affare differenziale, pur riconoscendone la diversità sostanziale.
20 Così X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 202 ss.
21 X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 202 ss.
del contratto differenziale si fa, sembra obliterare la volontà delle parti, così come manifestatasi nell’accordo da esse raggiunto, di procedere alla liquidazione delle differenze» 22.
A ben considerare, anche sulla scorta di quest’ultimo orientamento, una volta preso atto della volontà delle parti nel senso di escludere che il contratto possa essere eseguito attraverso lo scambio effettivo del bene dietro pagamento del corrispettivo, ma solo tramite la liquidazione delle differenze, la causa dell’operazione non può essere quella propria della compravendita, non potendosi negare, sin dall’origine, il preciso scopo speculativo dei contraenti, di rimettere il giudizio di valore ad un evento futuro ed incerto. Elementi, questi, che rendono manifesta la na- tura aleatoria del contratto e, nel contempo, la sua diversità ontologica rispetto alla comune compravendita.
3. – Si è detto nel paragrafo precedente che delle due figure di contratto differenziale, quello semplice e quello complesso, solo il primo risulta per struttura facilmente accostabile alle mo- derne negoziazioni in prodotti finanziari derivati. Prima di interrogarsi sulla effettiva possibilità di porre il dibattito sui contratti differenziali in continuità con gli attuali contratti derivati, occor- re muovere da una breve analisi storica dello scenario che ha portato alla nascita di queste forme di negoziazione.
Non si può trascurare, per comprendere appieno la funzione dei derivati, che a partire dagli anni Settanta il panorama finanziario conosce importanti mutamenti, in particolare a seguito del crollo, nell’agosto 1971, degli accordi siglati a Xxxxxxx Xxxxx nel 1944, che fece perdere al dol- laro la funzione di perno fondamentale e moneta di ultima istanza del sistema 23, facendo preci- pitare i mercati di tutto il mondo in un lungo periodo di instabilità economica.
Negli anni Ottanta lo scenario si fa ancora più grave, a causa di alcuni fattori congiunturali quali i forti fenomeni inflattivi, le tendenze recessive, l’aumento del prezzo del petrolio e l’elevato rischio di insolvenza dei paesi del terzo mondo. Mutamenti, questi, che provocarono una rilevante fluttuazione dei tassi d’interesse, alla quale si tentò di rimediare mediante una pro- gressiva internazionalizzazione dei mercati. Lo scenario poco a poco si rinnova e prende forma un nuovo contesto, caratterizzato, tra l’altro, dalla libera circolazione dei fondi e dall’accesso diretto al mercato dei capitali. Contesto nel quale diviene fondamentale, per ogni operatore che voglia mantenersi su livelli di competitività, la predisposizione di strumenti di tutela contro l’oscillazione dei cambi, anche mediante la previsione, nel contratto da cui il rischio origina, di clausole di indicizzazione, o di revisione del prezzo o, ancora, di hardship clause 24.
22 X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 203.
23 Ampia disamina delle vicende che caratterizzarono quegli anni si rinviene in X. XXXXXX, L’evoluzione dei mer- cati finanziari e la situazione italiana, in I nuovi strumenti finanziari, Etas, 1993, p. 5.
24 Sull’argomento, cfr. X. XXXXXXXXXX, Il rischio di cambio nei contratti internazionali, in Dir. comm. internaz., 1989, p. 3 ss.
Con l’intenzione di approntare idonei strumenti di cautela contro la volatilità dei prezzi e le continue oscillazioni dei cambi, viene collaudata nel settore finanziario la tecnica dei mercati a termine, cui si ricorre sia nei mercati regolamentati, che in quelli non regolamentati, attraverso una pattuizione diretta tra operatore e controparte bancaria, inserita nello stesso contratto da cui il pericolo origina. Nasce così, negli Stati Uniti, il mercato dei prodotti finanziari derivati, desti- nati a conoscere un grande successo anche in Giappone ed in Europa, per farsi poi esponenziale per effetto di eventi come la guerra del Golfo e la crisi dello SME.
A ciò ha fatto seguito, negli anni più recenti, l’emanazione di una serie di provvedimenti le- gislativi finalizzati a regolamentare il concreto funzionamento del mercato dei derivati. Tra que- sti va ricordato il Testo Unico dell’intermediazione finanziaria del 24 febbraio 1998, n. 58, che ricomprende tra gli strumenti finanziari e tra gli strumenti derivati, i contratti a termine (c.d. fu- tures), i contratti di scambio (c.d. swaps), i contratti di opzione (c.d. options) ed i contratti diffe- renziali, nonché gli altri strumenti che comportano un regolamento in contanti determinato con riferimento a valori mobiliari, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.
I prodotti derivati hanno, quale caratteristica comune, quella di «incorporare diritti contrat- tuali legati alla dinamica di altre variabili economico-finanziarie sottostanti» 25.
Xxxxxx, occorre a questo punto interrogarsi sulla riconducibilità delle operazioni su derivati al contratto differenziale semplice.
C’è chi, in dottrina, nega tale assimilazione, in quanto la nozione, peraltro non legislativa 26, di «derivato» quale operazione il cui valore deriva dal prezzo di un’attività finanziaria sottostan- te, è talmente generica ed ampia da ricomprendere realtà fra loro profondamente diverse, come tali non riducibili ad una fattispecie unitaria 27. In altri termini, l’espressione avrebbe soltanto una «valenza finanziaria» ed identificherebbe «una categoria di negozi giuridici tra loro diversi,
Invero, come rilevato da più parti, il pericolo connesso alle fluttuazioni delle valute non viene più oggigiorno considerato da coloro che operano in un mercato commerciale sovranazionale come un pericolo esogeno che il singo- lo operatore può solo subire passivamente, assume anzi la stessa valenza del rischio industriale o del rischio commer- ciale, che può consistere in un’errata valutazione dell’interesse del pubblico ad un nuovo prodotto. Su queste conside- razioni, cfr. X. XXXXXXX XXXXXX, Le operazioni su rischio di cambio, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, diretto da X. Xxxxxxx, Utet, 1995-1997, p. 2396 e X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 213.
25 X. XXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 13 s., di guisa che «il prezzo o il valore di ogni prodotto derivato dipende dall’andamento del prezzo o del valore di un’altra grandezza finanziaria a struttura più semplice, di norma oggetto di scambio in un mercato a pronti».
26 Un riferimento ai contratti derivati si è avuto nell’art. 1, co. 2, l. 2 gennaio 1991, n. 1 (successivamente abroga- ta dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), che definiva tra i valori mobiliari i «contratti a termine su strumenti finanziari collegati a valori mobiliari, tassi di interesse e valute, ivi compresi quelli aventi ad oggetto indici su tali valori mobi- liari, tassi di interesse e valute», con ciò accogliendo la concezione dottrinale di derivato quale contratto il cui valore dipende dal valore di un parametro finanziario di riferimento.
27 La prima definizione di contratto derivato elaborata dalla dottrina si riferiva non già al derivato finanziario, ma al fenomeno del subcontratto. Cfr. ex multis X. XXXXXXXX, Contratto derivato – Subcontratto, in Enc. dir., X, Xxxxxxx, 1962, p. 80 ss.
non accomunabili in un genus giuridico» 28. Ed infatti, osservano i fautori di questa impostazio- ne, alcuni contratti derivati «sono riconducibili a fattispecie tipiche utilizzate nella prassi finan- ziaria (ad es. le opzioni su titoli, divise, swaps, financial futures ed indici, che rientrano nell’art. 1331 c.c.), altri sono contratti differenziali nei quali è prevista una sola obbligazione di paga- mento dovuta dal soccombente e nei quali, al momento della stipula, è incerto sia chi deve ese- guirla sia il quantum della prestazione, che viene a determinarsi al momento del calcolo del dif- ferenziale (ad es. il contratto denominato domestic currency swap …)» 29. Conseguenza ne è l’impossibilità di costruire una definizione giuridica del contratto derivato, mancando sufficienti elementi giuridici comuni a tutte le fattispecie e, ulteriormente, di ricondurre “a tutti i costi” queste ultime all’affare differenziale 30.
Secondo altra dottrina, invece, i contratti derivati avrebbero la struttura del contratto diffe- renziale 31. A ben vedere la conclusione appare fondata, più che altro, su un criterio puramente economico, quale è la constatazione del fatto che i contraenti, con l’operazione derivata, inten- dono allocare il rischio inerente alle oscillazioni di valore della ricchezza, mediante liquidazione della differenza tra il prezzo pattuito e quello corrente al momento dell’adempimento. Secondo questa concezione, invero, l’elemento focale del contratto derivato, sulla base del quale si pre- tende l’assimilazione all’affare differenziale, risiederebbe «nella sua congenita tensione alla creazione e allo scambio del predetto differenziale di valore: obiettivo questo che il derivato persegue e raggiunge assumendo ad oggetto, proprio e solo, quella differenza con ciò esentando le parti dall’acquisto e dalla rivendita del fondamentale (e connesso integrale esborso) che solo consentirebbe il raggiungimento di quello stesso risultato finanziario ma ad un costo enorme- mente superiore» 32. A questa teoria si è tuttavia rimproverata, in primo luogo, l’impostazione
28 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, Xxxxxxx, 2011, p. 2 ss.
29 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 2 ss.
30 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 4: «Si deve evitare il contrario, e cioè cercare “a tutti i costi” di offrire una definizione di un tipo di contratto derivato che possa comprendere realtà tra loro diverse».
31 Cfr. tra gli altri X. XXXXXXXX, I titoli sintetici tra operazioni differenziali e realtà del riporto, in Giur. comm., 1992, p. 79 ss.
Illuminanti le recenti considerazioni di X. XXXXXX, I contratti derivati, Xxxxxxx, 2001, p. 188, secondo il quale se è vero che «l’assimilazione al contratto differenziale “tradizionale” avrebbe di gran lunga semplificato il problema del- la riconducibilità del derivato alla scommessa», al di là «della “convenienza giuridica” dell’assimilazione, occorre chiarire se la stessa sia tecnicamente possibile», ed osserva, al riguardo, che «la differenzialità si pone, nel contratto differenziale classico, in termini del tutto inversi rispetto a quelli entro i quali si pone nel moderno contratto deriva- to», posto che «mentre il contratto differenziale conserva costantemente la sua natura di compravendita effettiva e come tale effettivamente eseguibile e si connota semplicemente per il fatto di poter essere adempiuto mediante liqui- dazione della differenza di valore … viceversa, nel contratto derivato, la differenzialità costituisce essa stessa l’oggetto del negozio e l’eventuale esecuzione per consegna (ove tecnicamente possibile) dell’attività fondamentale assume un ruolo tutt’affatto secondario e accidentale». L’autore conclude nel senso che «il contratto differenziale, inteso dunque (non come il contratto che possa essere eseguito per differenze bensì) come il contratto che abbia ad oggetto una differenzialità di valori è dunque, propriamente ed esclusivamente, il contratto derivato».
32 Cfr. X. XXXXXX, Sviluppi giurisprudenziali in materia di derivati over the counter in Banca borsa, 2011, p. 796 ss.
meramente casistica, insuscettibile di generalizzazione 33, in quanto, qualora le si volesse rico- noscere una portata generale, finirebbe con l’imporre caratteristiche comuni ai contratti derivati che, invece, non si riscontrano in tutte le fattispecie. In particolare, le ipotesi considerate da que- sta dottrina sono quelle dell’interest rate cap, floor, collar, dell’interest rate futures e dell’in- terest rate swaps per le quali, tutto sommato, non sembrano ravvisarsi ostacoli alla riconducibi- lità alle operazioni differenziali 34. In secondo luogo, si è osservato, accoglierla significherebbe sacrificare le diverse funzioni che assolvono i contratti derivati quali strumenti di gestione dei rischi: di copertura, di regolamentazione dei corsi e di speculazione.
Dunque, per le ragioni che si approfondiranno meglio di seguito, il dibattito sui contratti dif- ferenziali non può essere immediatamente posto in continuità con i moderni strumenti della fi- nanza creativa, quali sono i derivati, strutturandosi questi ultimi secondo schemi diversificati che, salve le ipotesi in cui assumano una funzione di pura speculazione, non sembrano propria- mente assimilabili al modello del contratto differenziale 35.
4. – La corretta definizione del rapporto tra il contratto differenziale e le negoziazioni in pro- dotti derivati involge la necessità di indagare il fenomeno dell’aleatorietà quale elemento carat- terizzante tali operazioni.
Come si è anticipato nel paragrafo precedente, lo strumento derivato, sotto il profilo della gestione del rischio, assolve principalmente a tre ordini di funzioni (di copertura, di regolamen- tazione dei corsi e di speculazione), sulle quali occorre soffermarsi in estrema sintesi, per poi procedere oltre con l’indagine. Con la prima funzione, quella di copertura, gli operatori mirano a neutralizzare i rischi derivanti dalle oscillazioni dei prezzi, dei cambi e dei tassi di interesse, assumendo sul mercato a termine una posizione inversa rispetto a quella che è o sarà assunta sul mercato dove viene quotato l’attivo sottostante: le due posizioni, a termine e a contanti, evol- vendo in senso inverso compensano la perdita subita su di un mercato, con il guadagno conse- guito sull’altro 36. Connesse con questa funzione, sono la seconda, quella di regolamentazione dei corsi, e pure la terza, di speculazione. Al riguardo si è infatti osservato che i mercati derivati, dal momento che consentono una forte interazione tra la domanda e l’offerta, «possono effica- cemente esercitare una funzione macroeconomica di regolamentazione dei prezzi, dai più ritenu-
33 Lo constata, in tempi recenti, anche X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 96 ss.
34 X. XXXXXX, Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici (in particolare caps, floors, swaps, index futures) in Dir. comm. internaz., 1992, p. 171 ss. Nega, invece, l’assimilazione dell’interest rate cap, floor, collar A. RICCIO, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 640 ss.
35 Cfr. l’ampia disamina, a tal proposito, di M. BARCELLONA, I derivati e la causa negoziale. L’“azzardo” oltre la scommessa: i derivati speculativi, l’eccezione di gioco e il vaglio del giudizio di meritevolezza (prima parte), in Contr. impr., 2014, p. 571 ss.
36 X. XXXXXXX, Profili civilistici dei nuovi strumenti finanziari, in Ec. dir. terz., 1992, p. 400 ss.
ta indispensabile ai fini del buon funzionamento dell’economia» 37. Purtuttavia, sia la funzione di copertura sia quella di regolamentazione possono essere svolte solo in virtù dell’essenziale funzione finanziaria di speculazione, giacché l’elemento peculiare di tali mercati è il «trasferi- mento del rischio dagli operatori che desiderano sbarazzarsene a quelli che accettano di assu- merlo nella speranza di un guadagno. Questo sottile e indispensabile gioco di trasferimento dei rischi non è possibile se non in virtù della funzione finanziaria di speculazione» 38.
Tornando all’oggetto dell’indagine, va rilevato che alle tre funzioni di cui si è appena detto corrispondono, in linea di massima e secondo la tradizione, gli schemi dei contratti a termine (futures), dei contratti di scambio (swaps) e dei contratti di opzione (options) 39.
Il future è un contratto che impegna ad acquistare o vendere, ad una certa data preventiva- mente stabilita, una determinata quantità di merci (c.d. commodity futures) o di attività finanzia- ria (c.d. financial futures) ad un prezzo prefissato. Si tratta di un’operazione che, ancorché possa essere eseguita mediante la consegna effettiva del bene, normalmente viene liquidata con il pa- gamento della differenza del valore (positiva o negativa) rilevata, nel giorno di scadenza, fra il mercato a contanti ed il prezzo indicato nel contratto (c.d. cash settlement), oppure attraverso la realizzazione di un’operazione inversa a quella di partenza (onde permettere la compensazione). Lo swap, in via di prima approssimazione e nel suo schema elementare, è un accordo col quale due contraenti si scambiano dei flussi finanziari, per un ammontare prestabilito e a date
prefissate.
L’option è quel contratto che conferisce all’acquirente, a fronte del pagamento di un premio, la facoltà (non l’obbligo) di acquistare (call) o vendere (put) una certa quantità di un attivo de- terminato (c.d. «sottostante») per un prezzo stabilito al momento della stipulazione del contrat- to, entro una certa data.
5. Segue – Il future è il contratto con il quale entrambe le parti si obbligano reciprocamente a scambiarsi, ad una determinata scadenza, un certo quantitativo di beni verso un corrispettivo prestabilito. La negoziazione è standardizzata ed avviene in borse ufficiali specializzate e rego-
37 X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 219.
38 X. XXXXXXX-X. XXXXXX, Marchés dérivés et gestion des risques financiers, compétences et devoirs des dirige- ants sociaux, in Bulletin joly bourse et produits financiers, 1995, p. 101 ss., con traduzione di X. XXXXXXXX, Il con- tratto, cit., p. 219.
Del resto, va tenuto presente che in ambito economico finanziario, più che nel contesto comune, speculare «è ave- re la possibilità di fare una previsione sul tasso di interesse, sul tasso di cambio, magari diversa da quella prevalente in quel momento e avere poi l’abilità di aver visto bene in quella previsione». In questi termini, cfr. X. XXXXXXXXXX, Gli strumenti finanziari collegati a valute e indici, in Il diritto della borsa nella prospettiva degli anni Novanta, a cu- ra di X. Xxxxxxxxx, Esi, 1993, p. 170.
39 Su questa tripartizione, cfr. P. MESSINA, Le operazioni finanziarie nel diritto dell’economia, in Trattato di dirit- to dell’economia, diretto da X. Xxxxxxx ed X. Xxxxxxxxx, Cedam, 2011, p. 209 ss. Mentre secondo X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 631, i «prototipi» di contratto derivato sarebbero cinque.
lamentate la cui organizzazione, peraltro, prevede un particolare organismo – la Cassa di com- pensazione e garanzia – che assume la veste di controparte in tutti i contratti, allo scopo di offri- re a ciascun operatore la garanzia della regolare esecuzione del contratto 40.
Si tratta, nella sostanza, di una compravendita a termine strutturata in questo modo: dato un elemento sottostante (prezzo di una merce, indice di azioni o di obbligazioni, mutamento clima- tico, ecc.), il cui futuro andamento è incognito, e pattuitone il valore di riferimento, si conviene che il verso, in cui tale elemento sottostante risulterà variato ad una certa data, determinerà qua- le delle due parti dovrà versare all’altra un ammontare rapportato alla variazione così intervenu- ta 41.
In tal caso, che ricorre nella gran parte dei futures, il rischio, inteso come probabilità di un evento da cui derivi una perdita, è connesso all’oscillazione del valore economico dell’elemento sottostante, ed è a carico di entrambi i contraenti e dagli stessi sopportato in modo speculare, di guisa che il verso in cui maturerà la variazione determinerà chi tra essi sarà debitore e in quale misura dell’altro 42.
L’esposizione dei contraenti a tale rischio introduce la questione circa la natura aleatoria del contratto. Su questo aspetto incidono, come è evidente, le differenti modalità di esecuzione che contraddistinguono il future, a seconda che il bene sottostante sia o meno suscettibile di conse- gna. Se è vero infatti che di norma vi è la possibilità che, alla scadenza pattuita, si proceda all’attuazione dello scambio, nella maggior parte dei casi, come si è detto, le parti provvedono, in un momento anteriore, ad acquistare sul mercato una posizione uguale e contraria a quella de- tenuta, in tal modo provocando l’operatività della compensazione, oppure danno luogo alla li- quidazione mediante pagamento della differenza del valore rilevata, nel giorno di scadenza, fra il mercato a contanti ed il prezzo predeterminato 43.
Il future sarà contratto commutativo nel caso in cui le parti abbiano inteso in via principale compravendere il bene, seppur prospettando un’esecuzione differita, apponendo a latere un pat- to accessorio che preveda la possibilità, solo teorica ed eventuale, della liquidazione per diffe- renze. Difatti in un caso come questo, si è osservato, il rischio inciderebbe esclusivamente sull’assetto degli interessi predisposto dai contraenti, con un’alterazione del valore economico
40 Cfr. X. XXXXX, La liquidazione delle operazioni di borsa, Utet, 1995, p. 107 ss.
41 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 576.
Sul contratto future, tra i molti contributi cfr. pure X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 283 ss.; X. XXXXXXX, I mercati mobiliari, Xxxxxxx, 2002, p. 223 ss.; X. XXXXXXX, Strumenti e contratti derivati: mercati e caratteristiche, Fo- rum Edizioni, 2001, p. 16; X. XXXXXXXX, Gli strumenti finanziari derivati. Aspetti teorici, profili contabili e regime fiscale, Egea, 1997, p. 1 ss.; X. XXXXX, Il contratto future, Cedam, 1996, p. 1 ss.; X. XXXXXXXXX, Società per azioni e mercati finanziari, Xxxxxxx, 1996, p. 235 ss.; nonché, meno di recente, X. XXXXXXX, I valori mobiliari, Xxxxxxx, 1993, p. 265.
42 X. XXXXXXXXXX, I derivati, cit., p. 576; X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 103 ss.; X. XXXXXXX, I contratti per l’impresa, II, Banca, mercati, società, a cura di X. Xxxxx, X. Xxxxxxx e X. Xxxxxx, il Mulino, 2012, p. 281.
43 X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 228.
di prestazioni che sono già determinate ab origine 44. Tuttavia, pur trattandosi di contratto com- mutativo, ugualmente non sarebbe possibile invocare il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità di cui all’art. 1467 c.c., dal momento che la predetta variazione della situazione eco- nomica non esorbita dall’alea normale dell’operazione 45.
Viceversa, sarà contratto aleatorio quando la sua funzione esclusiva sia quella di obbligare uno dei contraenti, peraltro individuato in sede d’esecuzione, a pagare il differenziale, ovvero quando oggetto del future sia lo scambio di una somma di denaro determinata come differenza tra il prezzo del bene dedotto in contratto ed il prezzo al momento di liquidazione 46.
6. Segue – L’option è il contratto nel quale l’acquirente (c.d. holder), mediante il pagamento di un premio, si riserva la facoltà di acquistare (call option) o vendere (put option) una certa quantità di un attivo determinato, tra cui valori mobiliari, ovvero concludere un contratto avente ad oggetto uno strumento finanziario, per un prezzo stabilito al momento della stipulazione del contratto (c.d. strike price) e ad una determinata data (nell’european option) oppure durante un certo periodo (nell’american option). Si tratta, pertanto, di una tecnica contrattuale dall’oggetto variabile, potendo questo essere, a sua volta, uno swap, un financial future, oppure riguardare titoli, indici, divise o altri strumenti finanziari derivati.
Il suo schema più elementare può essere, grossomodo, sintetizzato in questo modo: dato un quid (default di un’impresa, andamento del prezzo di un’azione, ma anche andamento climatico, ecc.), di cui non si sa se si verificherà o non si conosce il verso e/o la misura in cui varierà, si conviene che, a fronte del versamento di una somma di denaro (il “premio”) ad opera di un con- traente, l’altro sarà tenuto a corrispondergli una maggior somma (l’“indennizzo”), fissa o varia- bile, ove alla data concordata il quid considerato si verificherà o varierà in un determinato verso e/o in una certa misura 47.
Nel caso in cui l’acquirente eserciti il diritto di opzione, si produrranno tutti gli effetti della
44 X. XXXXXXXXX, I derivati finanziari tra vendita a termine e contratto differenziale, in I derivati finanziari, a cura di X. Xxxxx, Xxxxxxx, 1993, p. 40 ss.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 284; X. XXXXXX, L’eccessiva onerosità, cit., p. 600.
46 Così, recentemente, X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 104 e ciò «sul presupposto che tale strumento finanziario sia giustificato da un pregnante scopo speculativo o da una più complessa funzione causale che si serva dell’alea e di cui l’aleatorietà sia una componente»; X. XXXXXXX, in tema di interest rate swap, in Giur. comm., 2007, p. 131 ss.; X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 230: «in questo caso non ci si potrebbe sottrarre dal qualificare come aleatorio il con- tratto, posto che l’evento incerto finisce col determinare non solo l’ammontare della prestazione ma addirittura il sog- getto tenuto ad eseguirla».
Negli stessi termini anche X. XXXXX, Il contratto, cit., p. 75.
47 Si tratta dell’efficace sintesi proposta da X. XXXXXXXXXX, I derivati, cit., p. 577.
Sulle caratteristiche principali delle opzioni finanziarie negoziate in mercati regolamentati, cfr. X. XXXXXX NAS- SETTI, I contratti, cit., p. 347 ss.
compravendita definitiva cui accede l’option, compresa pertanto l’obbligazione di eseguire il pagamento del quid sottostante al prezzo già prestabilito contestualmente al perfezionamento del contratto.
L’option, che secondo una certa dottrina è riconducibile al contratto di opzione di cui all’art. 1331 c.c. 48 – e pertanto soggetto al pari di questo, in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta, al rimedio dell’art. 1467 c.c. o dell’art. 1468 c.c., a seconda che ne derivino obbligazioni corri- spettive o ex uno latere 49 – rappresenta un’operazione attraverso la quale le parti mirano ad at- tuare, in concreto, una funzione di scambio, ovvero l’effettiva consegna del quid sottostante die- tro pagamento del corrispettivo.
Quale che ne sia la variante, il rischio che lo caratterizza è connesso alla oscillazione del va- lore economico del quid. Come nel caso del future, anche nell’option a questo rischio di perdita si espongono entrambi i contraenti. Tuttavia, diversamente dal future, qui il rischio non è specu- lare: l’acquirente sceglie se esercitare o meno il diritto d’opzione alla scadenza predefinita, esponendosi in tal modo solo alla perdita del premio; diversamente, la controparte, l’opzionante, si espone al rischio di perdita in modo illimitato, giacché su di lui grava l’oscillazione del valore del quid sottostante, nel periodo di tempo che intercorre fra la conclusione del contratto e il momento fissato per la sua esecuzione.
Occorre allora domandarsi se, ed in quale misura, detto rischio si elevi ad elemento causale del rapporto.
Secondo la dottrina preferibile, l’eventuale oscillazione di valore del quid sottostante produr- rebbe effetti solo sotto il profilo del quomodo esecutivo del contratto. In altri termini, varrebbe esclusivamente ad influenzare l’holder, determinandolo ad esercitare, o non, l’opzione che gli è riservata, ma non inciderebbe in alcun modo sul sinallagma contrattuale. Invero, è stato osserva- to, l’holder diviene titolare di un diritto potestativo (di acquistare o di vendere) a fronte del pa- gamento del premio, cui corrisponde una situazione giuridica di mera soggezione: certe sono le prestazioni reciprocamente dovute, come pure certo è il contraente titolare dell’opzione ed an- che la prestazione cui è obbligata l’altra parte. Brevemente, tutti gli elementi del contratto sono noti e non sono condizionati, né dipendono da eventi incerti che fuoriescono dalla sfera di con- trollo dei contraenti. Si è in presenza, allora, di un rischio puramente economico, che attiene all’alea normale del contratto 50, con la conseguenza che l’option è un contratto commutativo, non già aleatorio 51.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 354 ss.; X. XXXXXXX, Option e contratti derivati, in Contr. impr., 1999, p. 1274 ss. Contra X. XXXXXXXXX, Il contratto di opzione. I – Struttura e funzioni, Xxxxxxx, 2007, p. 379.
49 Cfr. tra i più recenti contributi in tal senso X. XXXXXX, L’eccessiva onerosità, cit., p. 639 ss.
50 Cfr., sul punto, X. XXXXXX, Le opzioni finanziarie, in Contr., 2011, p. 86 ss., il quale osserva che nell’option
«la coperta dell’alea normale, se non illimitata…è, per certo, molto molto lunga».
51 Cfr., tra gli scritti più recenti, X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 101 ss.; X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 358 ss.; X. XXXXXX, L’eccessiva onerosità, cit., p. 634 ss. ed X. XXXXXXXXX, Contratti di put and call option, mutamento
Ovviamente ciò non esclude la possibilità che i contraenti, di comune accordo, rendano alea- torio il contratto, ai sensi dell’art. 1469 c.c., ad esempio convenendo la liquidazione tramite il pagamento della differenza fra il prezzo di liquidazione del quid sottostante ed il prezzo fissato, corrente al momento dell’esercizio dell’opzione o alla scadenza determinata 52. In questo caso, l’option si caratterizzerebbe per il pregnante scopo speculativo o, comunque, per una complessa funzione causale della quale l’alea è elemento qualificante dell’intera operazione, non diversa- mente da quanto avviene – pur con la dovuta cautela – nel contratto di assicurazione dove, men- tre è certa nell’an e nel quantum la prestazione di una delle parti (vale a dire quella dell’assi- curato di pagare il premio), non altrettanto può dirsi per quella dell’avversaria (ossia dell’assicu- ratore di corrispondere l’indennizzo).
In conclusione, la clausola che preveda l’esecuzione dell’option attraverso la liquidazione per differenze altera il profilo strutturale e funzionale del contratto, rendendolo sempre e co- munque aleatorio.
7. Segue – Lo swap (dall’inglese «baratto») è il contratto con il quale due soggetti, normal- mente una banca (o un’impresa di investimento) ed un operatore economico, si impegnano a scambiarsi dei flussi di cassa, in valute diverse, in corrispondenza di epoche temporali future e sulla base di uno schema convenuto 53.
Si tratta di un’operazione pressappoco riassumibile così: due quid produttivi di obbligazioni periodiche o di rendimenti determinati sulla base di coefficienti diversi (per esempio, un interes- se a tasso fisso e un interesse a tasso variabile), sono riferiti distintamente a due contraenti in modo che l’eccedenza, ad una certa data, dell’importo determinato da un coefficiente sull’im- porto scaturente dall’altro (ad esempio, dell’ammontare fisso su quello variabile, o viceversa) determinerà chi tra essi e in che misura sarà debitore dell’altro. Peraltro, questo schema, può, senza sostanzialmente cambiare di segno, presentarsi anche in un’altra variante: dato un quid produttivo di obbligazioni o di rendimenti suscettibili di variare a seconda del coefficiente con cui siano calcolati e dati due coefficienti diversi, ciascuno di tali coefficienti viene riferito di- stintamente a ciascuno dei contraenti, in modo che l’eccedenza, ad una certa data, dell’importo
delle circostanze per regolazione del mercato ed eccessiva onerosità, in Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxxx, a cura di
X. Xxxxxxxxxxx, X. Xxxxxx e X. Xxxxxxx, Xxxxxxx, 2008, p. 1339 ss.
52 X. XXXXXX, I contratti, cit., p. 57.
53 Sullo swap in generale, fra i molti contributi cfr. X. XXXXXXXX, Swap, in Contr. impr., 1988, p. 598 ss.; X. XXXXX, Profili giuridici del mercato degli swaps di interessi e di divise in Italia, in Banca borsa, 1993, p. 604 ss.; R. AGO- STINELLI, Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante, in Banca borsa, 1997, I, p. 123 ss.; X. XXXXXX, Swaps (sez. comm.), in Dig. disc. priv., X, Xxxx, 1998, p. 314; X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Xxxxxxx, 1999, p. 92; X. XXXXXXXX, La diffusione dei contratti di swap nella prassi commerciale italiana: uno nuovo scandalo finanziario, in Nuova giur. civ. comm., 2010, p. 117 ss.; X. XXXXXX XXXXXXXX, I contrat- ti, cit., p. 24 ss.; X. XXXXXXX, Trattato di diritto civile, II, Cedam, 2015, p. 889.
maturato sulla base di un coefficiente rispetto all’importo maturato sulla base dell’altro determi- nerà quale delle due parti ed in che misura sarà debitrice dell’altra 54.
Il contratto di swap assolve alla funzione di tenere indenne l’operatore economico dal rischio di oscillazione del cambio fra diverse valute nel periodo intercorrente tra il momento in cui lo stesso ha maturato un credito in valuta estera e quello della scadenza.
Tra le molteplici varianti di swap – che, come si è osservato in dottrina, in comune hanno soltanto la denominazione, mostrando strutture giuridiche totalmente differenti 55 – si è soliti as- sumere a riferimento, almeno in generale, lo swap di interessi e il domestic swap (o domestic currency swap).
Con lo swap di interessi, che raggruppa quelle operazioni conosciute come interest rate swap (Irs) e interest rate and currency swap (Ircs), due parti indebitate con terzi a tassi differenti si obbligano, alla scadenza di ciascun periodo di maturazione di interessi, a regolare la differenza tra i due importi.
È frequente, nella prassi degli swaps di interessi, la previsione di una clausola di compensa- zione (c.d. clausola di netting) in forza della quale i contraenti si obbligano ad adempiere conte- stualmente alle rispettive obbligazioni, di guisa che in tale ipotesi – di fatto la più ricorrente 56 – lo scambio finisce col risolversi nell’esecuzione di un’unica prestazione liquidata per differenze. Il domestic swap è invece il contratto col quale le parti si obbligano a corrispondere l’una all’altra, al termine pattuito, un importo in euro pari alla differenza tra a) il valore in euro di una somma in valuta estera al tempo della stipulazione del contratto e b) il valore in euro della stessa somma di valuta estera al termine stabilito e contestualmente l’altra si obbliga a corrispondere allo stesso termine un importo in euro pari alla differenza negativa tra gli stessi valori 57. Si trat- ta, nella sostanza, di una negoziazione che intercorre tra due operatori nazionali, nella medesima valuta estera, che si impegnano a scambiarsi in moneta nazionale la differenza di cambio fra il
momento della conclusione del contratto e quello della scadenza convenuta 58.
Il suo oggetto, dunque, non è la divisa estera, bensì le obbligazioni di pagamento in euro, il cui quantum è determinato con riferimento al valore della divisa in momenti reali diversi. Inol- tre, posto che la differenza tra i predetti valori potrà essere (salvo il remoto caso in cui non vi sia
54 Anche in questo caso, si tratta dell’efficace sintesi proposta da M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 576.
55 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 30.
56 Peraltro, una parte della dottrina ritiene essere questa l’unica modalità di esecuzione del contratto. In questo senso, cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto di swap, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, diretto da X. Xxxxxxx, Utet, 1995, p. 2453. Contra X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio, cit., p. 98.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., pp. 33 e 209 ss.
00 Xxx. X. XXXXXXXX, Xxxx, cit., p. 957, secondo il quale il domestic swap è il contratto col quale «le parti si obbli- gano, l’una nei confronti dell’altra, a corrispondere, alla scadenza di un termine convenzionalmente stabilito, una somma di denaro (in valuta nazionale) quale differenza tra il valore (espresso in valuta nazionale) di una somma di valuta estera al tempo della conclusione del contratto, e il valore (in valuta nazionale) della stessa somma di valuta estera al momento della scadenza del termine stabilito».
differenza, nel qual caso nulla sarà dovuto dalle parti) alternativamente soltanto positiva o nega- tiva, ab initio risulta incerto quale contraente dovrà eseguire la propria prestazione dedotta in contratto 59.
Il domestic swap si distingue, pertanto, dall’interest rate swap, oltre che per il fine pratico anche per la sua struttura 60:
– nella prima fattispecie le parti non s’impegnano ad un reciproco scambio di pagamenti ma ad un unico pagamento, il cui ammontare è determinabile solo nel momento successivo dell’esecuzione della prestazione ed è incerto, alla stipulazione, quale dei due contraenti sarà te- nuto ad effettuarlo;
– nella seconda, le parti si obbligano ad eseguire reciprocamente dei pagamenti, il cui am- montare è determinato o comunque determinabile sulla base di parametri di riferimento diversi.
Queste caratteristiche hanno indotto una dottrina a ricomprendere il domestic swap (non, in- vece, l’interest rate swap) nell’alveo del contratto differenziale semplice (o, secondo altri autori, in una figura ibrida da collocarsi tra il contratto differenziale semplice e un contratto di vendita a termine di divise) 61, dato che le parti convengono, con una sola manifestazione di volontà espressa al momento della stipulazione del contratto, di non dar luogo, alla scadenza pattuita, alla consegna della divisa verso il pagamento del prezzo, ma soltanto all’obbligo del pagamento da parte di colei che risulterà “perdente” della differenza tra il prezzo dedotto in contratto e il valore della divisa alla scadenza. Secondo questa concezione, la liquidazione per differenze as- surgerebbe ad elemento causale del contratto, sicché questo, al pari del differenziale semplice nel quale scopo ultimo dei contraenti sia quello di speculare sull’andamento dei corsi delle valu- te, xxxxxxxx xxxx’altro qualificato come aleatorio 62.
Un’altra dottrina, invece, nega l’assimilazione dello swap domestico all’affare differenziale semplice e ciò in quanto, sostiene, la liquidazione delle differenze non sarebbe tale da annullare sul piano giuridico le obbligazioni principali assunte con il contratto di scambio. Il domestic swap andrebbe, piuttosto, ricondotto ad una comune compravendita a termine di valuta, la cui esecuzione avviene tramite una compensazione tra il valore (in euro) al momento dell’esecu- zione delle due prestazioni originarie, vale a dire la consegna di una certa somma in divisa, con- tro la ricezione di una certa somma in euro 63. Ne consegue, secondo alcuni, che lo swap dome- stico avrebbe natura commutativa, senza tuttavia potersi fare ricorso al rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta di cui all’art. 1467 c.c., giacché i contraenti accettano, con la stipulazione, i rischi di consegna impliciti nella compravendita di divise, e dunque si assog-
59 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 186. 60 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 31 s. 61 X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 31 s. 62 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 246.
63 Cfr. X. XXXXXXXXX, Cambi di divise a termine, in Riv. dir. comm., 1987, p. 47 ss.
gettano a questo tipo di alea, meramente economica, che integra l’alea normale del contratto 64. Altri ricostruiscono lo swap domestico quale contratto atipico e commutativo, ad effetti ob-
bligatori e differiti, dato che l’esistenza dello scambio non sarebbe contraddetta dalla circostan- za che si esegue con versamento a carico di una sola parte 65, mentre per altri autori il contratto in questione sarebbe sì atipico, ma aleatorio 66.
Secondo un’altra dottrina ancora, il domestic swap rappresenterebbe una figura aleatoria ati- pica, diversa dalla scommessa, in quanto l’attribuzione dei vantaggi o degli svantaggi patrimo- niali all’uno o all’altro contraente, sia pure attuata in ossequio ad un elemento squisitamente aleatorio, troverebbe la sua giustificazione causale in ulteriori esigenze e finalità che sul piano causale svolgono una funzione determinante l’intera operazione contrattuale, quale la riduzione dei rischi finanziari impliciti nella compravendita di valute e la riduzione dei costi del regola- mento delle prestazioni con pieno scambio 67.
Queste ultime considerazioni hanno portato la dottrina a distinguere il contratto differenziale semplice dallo swap domestico, sia perché in quest’ultimo verrebbe a mancare, per la suddetta giustificazione causale, quell’intento speculativo che, invece, nel contratto differenziale sempli- ce si realizza mediante siffatta peculiare forma di esecuzione 68, sia sulla scorta dell’interpre- tazione secondo la quale deve essere escluso che i contratti differenziali formino un’autonoma categoria.
Al riguardo però si è constatata la difficoltà di desumere da quella che viene additata come una semplice modalità di esecuzione, che non annulla sul piano giuridico le obbligazioni princi- pali, una qualsiasi finalità o intento, come può essere quello speculativo, delle parti, e si è per- tanto detto – e sembra ragionevole ripeterlo, aderendovi – che, in ogni caso, l’esecuzione me- diante liquidazione delle differenze può al limite dar conto della natura aleatoria del contratto, ma non delle finalità perseguite, che andranno invece provate e che, in generale, potranno infe- rirsi dalla presenza o meno di operazioni sottostanti 69. Con ciò, si è sostenuto, non potrà co-
64 X. XXXXXXXXX, Cambi di divise, cit., p. 49.
65 Cfr. X. XXXX, Swap, una tecnica finanziaria per l’impresa, Cedam, 1990, p. 318 ss. e X. XXXXXXXXXXX-X. XXXX- RITI, I contratti di “swap”, in I contratti per l’impresa, II, Banca, mercati, società, a cura di X. Xxxxx, X. Xxxxxxx e
X. Xxxxxx, il Mulino, 2012, p. 191.
66 Cfr. R. CAVALLO BORGIA, Nuove operazioni dirette alla eliminazione del rischio di cambio, in Contr. impr., 1988, p. 393 ss.
67 Cfr. X. XXXXXX, Domestic swap: un nuovo contratto atipico, in Foro pad., 1987, p. 121 ss.; X. XXXXXXXX, Swap, cit., 617 e 619; X. XXXXXX, Recenti sviluppi, cit., pp. 173 e 186; X. XXXXX, Profili giuridici del mercato, cit., p. 614 e, recentemente, X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 109.
68 Cfr. X. XXXXXXX, Il giuoco e la scommessa, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, 13, Utet, 1985,
p. 163; X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 247.
69 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 248 secondo cui «questa prospettiva peraltro muta qualora si ritenga di dover superare la rigida alternativa speculazione/copertura» e ciò «sia che si ritenga … che le operazioni poste in es- sere mediante contratti derivati sono in ogni caso caratterizzate da un elemento speculativo», «sia che si sostenga la molteplicità delle finalità che attraverso tali contratti possono perseguirsi». In questo secondo senso, cfr. pure G. CA-
munque dirsi dimostrata la causa del contratto 70, a meno che non si intenda fare propria la no- zione di causa c.d. in concreto, accolta dalla più recente giurisprudenza di legittimità 71, in quan- to l’unica via percorribile affinché le eventuali operazioni sottostanti vengano in rilievo sotto il profilo causale potrebbe tutt’al più essere quella di ricercare la funzione economico individuale del contratto, dimostrando che i motivi che hanno determinato le parti alla sua conclusione si sono obiettivizzati assumendo la veste di veri e propri interessi che il contratto è diretto a realiz- zare 72.
La stessa giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi agli inizi del secolo scorso sull’aziona- bilità della pretesa alla prestazione nascente da uno swap, ha sostanzialmente seguito questo percorso, riconducendo la questione della validità del contratto nei termini della rigida alternati- va tra copertura o speculazione 73.
Tra i vari interventi delle corti di merito, in particolare si ricordano le due ordinanze del Tri- bunale di Milano, del 24 novembre 1993 e del 26 maggio 1994, che hanno respinto, rispettiva- mente, un’istanza proposta ai sensi dell’art. 186-ter c.p.c. con riguardo ad un domestic swap 74 e un ricorso cautelare per sequestro conservativo in relazione ad un option su tasso di interesse 75:
PALDO, Contratto di swap e gioco, in Riv. dir. priv., 1997, p. 595.
70 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., 248. In senso contrario, cfr. X. XXXXXXXX, Swap, cit., p. 621, secondo il quale
«le finalità perseguite e le funzioni realizzate dalle parti con questo contratto, si manifestano nella causa del contratto consistente nella copertura o nel controllo dei rischi connessi alle variazioni dei cambi dei tassi di interesse»; X. XXXXX, Nuove strategie imprenditoriali di copertura del rischio di cambio: il contratto di domestic currency swap, in Dalle res alle new properties, a cura di X. Xx Nova-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, 1991, p. 133; ed in giurisprudenza, cfr. Trib. Reggio Xxxxxx 12 giugno 1996, in Dir. fall., 1996, p. 718 ss., con nota di X. XXXXXX MAGGIORE, secondo cui la causa del domestic currency swap consiste nella eliminazione del «rischio di cambio deri- vante da incassi o pagamenti di somme in valuta estera che l’imprenditore esportatore o l’importatore debbono, ri- spettivamente, ricevere o effettuare in un determinato periodo di tempo».
71 Cfr. Cass. 8 maggio 2006, n. 10490; Cass. 14 novembre 2005, n. 22932; Cass. 21 ottobre 2005, n. 20398, tutte commentate da X. XXXXX, Il rilancio della causa del contratto: la causa concreta, in Contr. impr., 2007, p. 416 ss.; nonché Cass. 3 aprile 2013, n. 8100, in Giust. civ. Mass., 2013; Cass. 18 marzo 2010, n. 6538, in Giust. civ. Mass.,
2010, 388 ss.; Cass. 12 novembre 2009, n. 23941, in Giust. civ. Mass., 2009, p. 1582 ss.; Cass. 24 aprile 2008, n.
10651, in Giust. civ., 2009, p. 1061 ss.; Cass. 24 luglio 2007, n. 16315, in Foro it., 2009, c. 214 ss.; Cass. 22 marzo
2007, n. 6969, in Contr., 2008, p. 33 ss.
72 Cfr. C.M. BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Xxxxxxx, 2000, p. 434, secondo il quale, ricorrendo queste condizioni, i motivi possono concorrere ad integrare la causa del contratto.
Sul rapporto tra causa ed autonomia privata nei contratti derivati, cfr. F. XXXXXXX, Causa ed autonomia privata nella giurisprudenza di legittimità e di merito: dai contratti di viaggio ai derivati sul rischio di credito, in Nuove leg. civ. comm., 2013, p. 1355 ss.
73 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 249.
74 Cfr. Trib. Milano 24 novembre 1993, in Giur. comm., 1994, p. 455 ss.
75 Cfr. Trib. Milano 26 maggio 1994, in Banca borsa, 1995, p. 80 ss., con nota di X. XXXXXXX, Contratti di swap
con finalità speculativa ed eccezione di gioco.
La massima dell’ordinanza impiega, in verità ed in modo improprio, il termine interest rate swap, anche se dalla motivazione emerge, con chiarezza, che si riferisce ad un contratto d’opzione su tasso di interesse. Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 174, secondo il quale ciò testimonierebbe la confusione esistente nel settore.
ciò sul presupposto che in entrambe le fattispecie, mancando una operazione sottostante, si era in presenza di una operazione destinata a soddisfare finalità meramente speculative. Più nel det- taglio, nella prima ordinanza, il domestic swap viene assimilato al gioco «allorché sia provato l’intento meramente speculativo di almeno una parte e anche se l’altra è un istituto di credito o una Sim», mentre nella seconda ordinanza, constatata l’assenza di un finanziamento sottostante, si è osservato che «da ciò discende che il contratto in esame non corrisponde obbiettivamente ed in concreto ad una causa che giustifichi la piena tutela delle ragioni di credito … dovendosi piuttosto qualificare come ipotesi di “scommessa” non azionabile ex art. 1933 c.c. Invero, le parti si sono assoggettate all’alea delle variazioni del tasso di interessi non per la necessità di coprire effettivi rischi d’impresa, ma solo per collegare l’attribuzione di un vantaggio patrimo- niale (lucro) alla sorte (cioè appunto all’alea del corso degli interessi)»; questa conclusione, con- tinua il Tribunale, non contrasta «con l’orientamento dottrinale favorevole a riconoscere piena tutela al contratto di swap, considerato che il giudizio espresso in questa sede non esclude la configurabilità di contratti di swap che (diversamente da quello in esame) assolvano una funzio- ne di sicurezza e di garanzia economica, perché collegati con effettivi rapporti obbligatori (di prestito o di import/export sottostanti)» 76.
La successiva giurisprudenza, valorizzando la disciplina legislativa di cui alla l. n. 1 del 1991, ha riconosciuto la liceità e la meritevolezza degli interessi del contratto di domestic swap, attribuendo a quest’ultimo, tra l’altro, la qualifica di valore mobiliare, con conseguente applica- zione sia dell’art. 6, comma 1 (che prescriveva la forma scritta ad substantiam), sia dell’art. 23 della citata legge, che escludeva esplicitamente l’applicabilità dell’exceptio ludi di cui all’art. 1933 c.c. a quel contratto 77.
In altro cospicuo numero di decisioni, le corti di merito, pur muovendo dalla considerazione che di intento speculativo si può normalmente parlare con riferimento al cliente e non già con riguardo all’intermediario finanziario, che si pone sul mercato quale elemento di raccordo ri- spetto ad una pluralità di parti diverse, o ai terzi, dei quali non è dato di conoscere lo scopo per il quale partecipano all’operazione, condividono la tesi di quella dottrina che ritiene possa par- larsi di carattere meramente speculativo dello swap domestico, solo laddove un simile carattere rappresenti l’unico scopo comune cui i contraenti tendono con la conclusione del contratto 78.
In altre occasioni, utilizzando fondamentalmente il concetto di causa in concreto 79, si è detto
76 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 249 ss. e X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 613 ss.
In senso critico, cfr. X. XXXXXXXXX, Swap transactions ed eccezione di gioco, in Giur. it., 1996, c. 50, per il quale l’intento speculativo di una sola parte non potrebbe essere decisivo delle sorti del contratto.
77 Cfr. Trib. Torino 10 aprile 1998, in Gius., 1998, p. 1898 ss. e Trib. Milano 11 maggio 1995, in Banca borsa,
1996, p. 442 ss.
78 Cfr., ex multis App. Milano 26 gennaio 1999, in Contr., 2000, p. 255 ss., annotata da X. XXXXXXXX.
79 Sulla nozione di causa in concreto, recentemente cfr. X. XXXXX, Causa concreta: una storia di successo? Dia- logo (non reticente, né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Riv. dir. civ., 2013, p. 957 ss.
che qualora il contratto di swap «si accompagni ad un’anticipazione bancaria e al contestuale utilizzo del controvalore per l’acquisto di titoli ad alto rendimento, costituiti poi in pegno a ga- ranzia del finanziamento, non si ha una semplice anticipazione con causa tipica di finanziamen- to e con interna motivazione speculativa ma un negozio atipico complesso, caratterizzato da struttura e scopo speculativi, avente quindi causa e scopo distinti e nuovi rispetto ai contratti ti- pici utilizzati», con conseguente applicazione della «disciplina dettata per le attività di interme- diazione mobiliare» 80.
In altre decisioni ancora, si è invece statuito che non vi è collegamento funzionale tra i con- tratti di anticipazione bancaria e di domestic currency swap, con la conseguenza che il vizio dell’uno non può riflettersi sull’altro 81.
La Corte di cassazione, successivamente, accedendo ad una nozione aperta di “valore mobi- liare”, vi ha ricompreso anche il domestic currency swap, inteso come contratto aleatorio, con il quale due parti si obbligano, l’una all’altra, a corrispondere alla scadenza di un termine, con- venzionalmente stabilito, una somma di denaro (in valuta nazionale) quale differenza tra il valo- re (espresso in valuta nazionale) di una somma di valuta estera al tempo della conclusione del contratto e il valore della medesima valuta estera al momento della scadenza del termine stabili- to 82.
Al riguardo, peraltro, nessuna indicazione dirimente può trarsi dalla giurisprudenza, essendo su questo aspetto tuttora divisa 83, di guisa che non è dato sapere quale soluzione incontrerà maggiori consensi nel prossimo futuro, tanto più che pure la dottrina sull’argomento oscilla tra posizioni differenti.
Sembra, ad ogni modo, ragionevole escludere, qualunque sia la scelta circa la natura aleato- ria o commutativa dello swap domestico, il ricorso all’exceptio ludi dell’art. 1933 c.c., se non altro in forza della previsione contenuta nell’art. 23, comma 5, del t.u.f., che appunto preclude la possibilità di sollevare l’eccezione di gioco alle operazioni su strumenti finanziari derivati com-
80 Cfr. App. Milano 29 giugno 2004, in Banca borsa, 2006, p. 162 ss., con nota di X. XXXXX.
81 Cfr. App. Milano 16 aprile 2005, in Resp. civ. prev., 2006, p. 139 ss., con commento di X. XXXXX.
82 Cfr. Cass. 19 maggio 2005, n. 10598, in Giust. civ. Mass., 2005, p. 5 ss.
83 Significative, al riguardo, alcune pronunce del Tribunale di Milano che: a) in una prima occasione ha assimila- to il domestic swap alla scommessa, con conseguente applicazione dell’eccezione di gioco dell’art. 1933 c.c., in pre- senza dell’intento meramente speculativo di almeno una parte e anche qualora l’altra fosse un istituto di credito (cfr. Trib. Milano 24 novembre 1993, in Banca borsa, 1995, p. 80 ss.), con nota di X. XXXXXXX); b) in un’altra occasione, lo ha escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 23 della l. n. 1 del 1991, in quanto non sarebbe un contratto uni- forme trattato in un mercato regolamentato (cfr. Trib. Milano 21 febbraio 1995, in Giur. comm., 1996, p. 79 ss.), con nota di X. XXXXXXXXX); c) in un successivo momento, ha distinto a seconda che il contratto di swap domestico sia sta- to stipulato o meno nell’esercizio di una attività di intermediazione mobiliare con una banca (cfr. Trib. Milano 3 gen- naio 1996, in Banca borsa, 1996, p. 550 ss.); d) in altra fattispecie ha ritenuto applicabile la l. n. 1 del 1991 (cfr. Trib. Milano 27 marzo 2000, in Contr., 1999, p. 45 ss.), con nota di X. XXXXXX); e) infine ha comunque escluso l’applicazione dell’art. 1933 c.c. anche ai contratti di swap meramente speculativi, sempreché conclusi da un inter- mediario finanziario.
xxxxx nell’ambito della prestazione di servizi e di attività di investimento.
Se da un lato, questa norma si è dimostrata decisiva per l’affermazione della validità ed effi- cacia dei contratti differenziali di borsa in qualunque forma concretati, dall’altro ha dato adito ad un dibattito volto alla concreta qualificazione della sua portata. In altri termini, il dilemma è stabilire se la disposizione in questione costituisca un’eccezione alla regola generale dell’art. 1933 c.c., ovvero debba essere intesa come la specificazione di un principio generale in relazio- ne ad un contenuto ristretto, espressamente introdotta al solo fine di dissipare ogni possibile dubbio.
Secondo alcuni l’intervento della norma speciale, in relazione ai contratti differenziali sem- plici, sarebbe evidentemente diretto ad attribuire a tali accordi su derivati piena rilevanza giuri- dica, togliendoli dalla marginalità in cui li rilegherebbe il trattamento alla stregua di scommesse e costituirebbe, pertanto, una deroga al principio normalmente operante 84; mentre per altri auto- ri rappresenterebbe l’esplicitazione di una norma di carattere generale 85.
Riportando il dibattito al contratto di swap domestico, si è concluso nel senso di ammettere azione a tutela delle pretese fondate sul contratto in questione, soltanto quando almeno una delle parti sia un intermediario finanziario debitamente abilitato. Al contrario, al di fuori di tale ambi- to, ai contratti di swaps domestici, aventi la struttura dei contratti differenziali semplici, ovvero stipulati con finalità speculative, in quanto aleatori e assimilabili al giuoco o alla scommessa, troverà applicazione l’art. 1933 c.c. 86 salvo che, xxxxxxxxx, all’attribuzione dei vantaggi e degli svantaggi non sia sottesa una giustificazione causale socialmente apprezzabile ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., che si distingua da quella, meramente speculativa ed affidata alla sorte, che è propria della scommessa 87.
Assumendo, infatti, come corretta la causa dello swap domestico, consistente nel conteni- mento dei rischi di consegna e dei costi inerenti alle compravendite di divise, il contratto, se considerato aleatorio 88, stante la funzione socialmente apprezzabile svolta, troverebbe completa
84 Cfr. X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati: contratti o scommesse?, in Contr. impr., 2009, p. 1132 ss.
85 Cfr. X. XXXXXXX, Trattato di diritto, cit., 895 ss.; X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 271; X. XXXXXXX, Option, cit., p. 1294; X. XXXXXXXXXX, I contratti in strumenti finanziari derivati e la disciplina del mercato mobiliare tra rego- lamentazione dell’attività di impresa e valutazione dell’intento soggettivo, in Giur. comm., 1996, p. 593 ss., secondo cui la non applicabilità dell’art. 1933 c.c. vale per tutti i contratti derivati, siano essi ammessi o no alla negoziazione su mercati regolamentati.
86 Cfr. X. XXXXXXXX, Domestic currency swap a fini speculativi e scommessa, in Contr., 2000, p. 255 ss.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., pp. 200 e 589, secondo il quale, ai negozi in esame non si applica l’art. 1933 c.c. vuoi perché ciò è espressamente previsto per quei contratti derivati che rientrano nella definizione di strumenti finanziari derivati (art. 23, comma 5, t.u.f.), vuoi perché alcuni contratti derivati sono commutativi o, infine, perché anche i contratti derivati da considerarsi aleatori hanno una causa meritevole di piena tutela da parte dell’ordinamento giuridico; X. XXXXXX, Contratti differenziali e art. 1933 cod. civ., in Riv. xxxxx, 1990, p. 35 ss.; X. XXXXXXXX, Swap, cit., p. 617.
88 Per questa qualificazione, cfr. Cass. 19 maggio 2005, n. 10598, cit.
tutela da parte dell’ordinamento giuridico, al pari di altri contratti aleatori 89. Come contratto aleatorio, inoltre, non si presenterebbe il problema della risoluzione per eccessiva onerosità so- pravvenuta, salvo che questa esuli dall’ambito degli specifici rischi assunti dalle parti, mentre per gli squilibri che si producono per causa di eventi posti al di fuori dell’alea dedotta in contrat- to, non avrebbe ragione un trattamento diverso da quello dei contratti commutativi e pertanto troverebbe senz’altro applicazione il rimedio degli artt. 1467 e 1468 c.c. 90.
Diversamente, se si preferisse qualificare il domestic swap quale contratto commutativo, il problema dell’applicabilità dell’art. 1933 c.c. sarebbe risolto già ab origine, alla luce della con- siderazione che lo scopo pratico cui è finalizzato il contratto, quanto al trasferimento dei rischi e dell’alea economica, è conseguibile con una compravendita a termine di divise liquidando il dif- ferenziale 91. Tutt’al più, si presenterebbe la questione della risoluzione per eccessiva onerosità, che verrebbe però, anche questa, superata sulla scorta dell’art. 1467, comma 2, c.c., dal momen- to che la risoluzione non può essere domandata qualora la sopravvenuta onerosità non esuli dall’alea normale del contratto, cui, nel caso dello swap, è certamente ricompreso il rischio di oscillazione, anche notevole, dei cambi 92.
Sembrano, però, da condividersi le conclusioni di quella dottrina secondo la quale l’alea normale non potrebbe comunque considerarsi illimitata, pena la tacita abrogazione dell’art. 1467, comma 2, c.c., con la conseguenza che, in caso di sopravvenienze che esulano da detta sfera, il contratto di swap domestico potrebbe essere risolto per eccessiva onerosità, sussistendo i requisiti richiesti dalla norma in parola 93.
8. Segue – Anche circa la qualificazione giuridica degli interest rate swaps la dottrina si è at- testata su posizioni differenti.
Coloro i quali ne affermano la natura commutativa 94, rilevano che non è affatto incerta l’esistenza di una o di entrambe le prestazioni né il loro ammontare essendo queste, al contrario, determinate o comunque determinabili sulla base di parametri di riferimento certi, con ciò rele- gando ad un ruolo di marginalità (ove inserita in contratto) la clausola di compensazione. Og- getto dello scambio, invero, sarebbero i due flussi di pagamento e non la variazione dei tassi,
89 Cfr. X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 622.
90 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., pp. 70 e 198.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 198.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 199.
93 Cfr. X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 623. Ma contra, X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio, cit., p. 192.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 70; X. XXXXX, Profili giuridici del mercato, cit., p. 610; X. XXXX, Xxxx, cit., p. 337 ss.; X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio, cit., p. 188 ss.; X. XXXXXXXXX, Xxxxx xx xxxxxx, xxx., x. 00; X. XXXXXXXXX, I derivati, cit., p. 41; X. XXXXXXXXXX, I contratti, cit., p. 597; X. XXXXXX, Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali, cit., p. 185 ss.; X. XXXXXX, Swaps, cit., p. 314 ss.
che neppure si porrebbe come causa dello scambio, di guisa che il rapporto tra l’entità del van- taggio (scambio in sé) e la qualità del rischio è ben noto ai contraenti, sin dal momento della sti- pulazione 95. Chiaramente, si è osservato, non manca un fattore di incertezza economica e l’utile finale dipenderà da circostanze future, ma ciò è comune ad ogni altro contratto a termine 96.
Un diverso orientamento, invece, facendo leva sulla clausola di compensazione (c.d. clausola netting), sostiene la natura aleatoria dei contratti in esame. Xxxxxxxx che, benché non ricorra in tutte le fattispecie di Irs, ma solo in quelle in cui vi è coincidenza tra le date di scadenza e lo scambio dei pagamenti, sarebbe di per sé idonea ad incidere sul profilo strutturale del contratto, trasformando un contratto che nasce a prestazioni corrispettive, in un contratto che, in fase ese- cutiva, è connotato da incertezza nel quantum di una prestazione e pure nel soggetto che sarà obbligato ad adempierla 97. L’oggetto dell’interest rate swap nel quale sia presente la clausola di compensazione, sarebbe in sostanza rappresentato, come pure recentemente affermato da una parte della giurisprudenza di merito, proprio dal differenziale sui tassi di interesse da applicare al capitale di riferimento, di modo che alla scadenza del contratto una sola delle parti risulterà debitrice nei confronti dell’altra 98.
Si sarebbe, quindi, in presenza di un’aleatorietà caratterizzante la funzionalità del contratto concluso, di valenza tutt’altro che secondaria rispetto al regolamento contrattuale programmato; un’aleatorietà peraltro bilaterale, da intendersi sia come incertezza in ordine all’an e quantum della prestazione cui sono tenuti entrambi i contraenti (giacché entrambi i contraenti di un con- tratto derivato al momento della conclusione del negozio non sanno a carico di chi sarà la pre- stazione, se dell’una o dell’altra parte), sia pure come incertezza nella possibilità di un vantag- gio o di una perdita 99.
Secondo un’altra impostazione, la natura aleatoria non potrebbe negarsi neppure nei casi in cui lo scambio, anche se temporaneo, viene posto in essere e si concreta nell’esecuzione di pre- stazioni certe e determinate nella misura (come avviene nel currency swap), dal momento che, sebbene le parti si accordino per tale scambio, esse pur sempre assumono un evento futuro ed
95 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 74.
00 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 71.
00 Xxx. X. XXXXXXXX, Xxxx, cit., p. 597 ss. ed X. XXXXXX, I contratti, cit., p. 66, per il quale «la meccanica dello scambio non deve trarre in inganno né indurre ad una semplicistica conclusione» giacché «essa esprime il fondamen- to causale del negozio, ma non anche il suo oggetto che rimane pure sempre la ricerca del differenziale di valore»
98 Cfr. C.M. DE IULIS, Lo swap di interessi o di divise nell’ordinamento italiano, in Banca borsa, 2004, p. 391 ss.;
X. XXXXXXX, Lo swap, in Banca borsa, 2010, p. 39 ss.; X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 111.
Espressamente in questo senso, in giurisprudenza, cfr. App. Milano 18 settembre 2013, n. 3459, in Giur. comm., 2014, p. 630 ss., annotata da S. MILANESI, per la quale «l’alea razionale è elemento causale tipico dei contratti deriva- ti over the counter. Tutti gli elementi dell’alea e gli scenari probabilistici che da essa derivano costituiscono e inte- grano la causa tipica dei contratti derivati over the counter; pertanto, in assenza di tali elementi, il contratto deve rite- nersi nullo per difetto di causa».
99 X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 112; X. XXXXXXX, La causa del contratto di interest rate swap e i costi implici- ti (xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx), febbraio 2013.
incerto (il rapporto di cambio tra le due valute al giorno in cui è stabilita la restituzione delle va- lute inizialmente scambiate) come elemento di integrazione del giudizio di valore espresso in ordine al contratto 100. Il che, è stato osservato, si accorderebbe perfettamente con le finalità, di copertura o di speculazione è indifferente, che esse intendono perseguire; finalità che possono essere assecondate solo in quanto l’evento futuro ed incerto non costituisca un fattore meramen- te esterno, che si limita ad incidere sul valore economico delle prestazioni, ma divenga invece un elemento del complessivo meccanismo contrattuale predisposto 101.
Al di là delle suggestioni che quest’ultima corrente di pensiero può esercitare, sembra tutta- via doversi fugare ogni dubbio sulla natura commutativa del contratto di Irs. Sostenere, come pretendono i fautori della tesi aleatoria, che lo scambio dei rischi sia la causa del contratto in questione, significherebbe, infatti, svilire la sua causa, facendo assurgere quella che è l’alea normale (e dunque un elemento esterno alle determinazioni poste in essere dalle parti per dare concreta realizzazione al loro assetto di interessi) ad elemento essenziale del sinallagma 102.
Se è vero che nessuno dubita della natura commutativa di una permuta con numerose conse- gne differite, altrettanto deve dirsi riguardo allo swap, che pure supporta uno schema negoziale assimilabile alla permuta 103. Nessun dubbio, ancora, circa la natura commutativa del contratto di compravendita a termine di titoli 104, riguardo al quale la dottrina prevalente afferma che il ri- schio di oscillazione del prezzo, con conseguente variazione dei titoli, è comune a quel contratto come a qualsiasi altra compravendita ad esecuzione differita e che la sua rilevanza è circoscritta al mero profilo economico dell’operazione, in quanto collegata e collegabile soltanto al partico- lare oggetto del contratto e non alla sua funzione economico-sociale 105.
9. – Se è vero, come si è già in parte osservato, che nei contratti derivati l’elemento specula- tivo è del tutto eventuale, potendo questi assolvere ad una funzione di copertura dei rischi, deve constatarsi che, in realtà, gran parte dei derivati messi in commercio dagli intermediari finanzia- ri sono senz’altro connotati dallo scopo di lucrare sulla sorte.
Come è stato rilevato in dottrina, la funzione speculativa presuppone che i contraenti non su-
100 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 244.
101 Cfr. X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 244.
102 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 71; X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 627; X. XXXXXXX,
I contratti di swap, in I contratti del mercato finanziario, a cura di X. Xxxxxxxxx-X. Xxxxx, II, Utet, 2011, p. 1086.
103 Cfr. X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 627.
104 Cfr. X. XXXXXXX, Risoluzione e rescissione dei contratti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1949, p. 173 ss.; X. XXXXXXXXX, Aleatorietà e contratti di borsa, in Banca borsa, 1958, p. 453 ss.); X. XXXXXXXXXXX, Adempimento e inadempimento, Cedam, 1958, p. 332; X. XXXXXXX, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Xxxxxxx, 1964,
p. 84; X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 384; X. XXXXX, Note in tema di aleatorietà e contratti di borsa a premio, in Riv. dir. comm., 1983, p. 454 ss.
105 Cfr. X. XXXXXX, Dell’eccessiva onerosità, cit., p. 628.
biscano già il rischio considerato in contratto e che, perciò, la liberazione da tale rischio non si dia come un’utilità per nessuno di loro e che il riferimento a tale rischio, di conseguenza, operi solo per individuare chi tra i due, al suo esito, si arricchirà a spese dell’altro. Diversamente, la funzione di copertura presuppone, in ogni caso, che si dia già un rischio che grava su di un con- traente, che il contratto lo liberi da quel rischio trasferendolo sull’altro contraente e che quest’ultimo in cambio di tale prestazione riceva una ricchezza di ritorno 106.
Esemplari della polivalenza dei contratti derivati sono i c.d. weather derivatives, che a que- sto proposito meritano una breve riflessione 107.
Si tratta di strumenti finalizzati, almeno nel loro schema tradizionale, a fronteggiare la volati- lità dei profitti d’impresa associata all’evoluzione indesiderata dei parametri atmosferici 108, la cui prima applicazione in Italia si registra nell’agosto del 2003, ad opera della Banca Popolare di Sondrio e di Fonte Tavina S.p.A. Strutturata nella forma di un contratto di swap, con lo scopo di proteggere la società di acque minerali da stagioni estive più miti rispetto alla media massima e, dunque, da una situazione di possibile calo dei consumi, l’operazione da un lato consentiva a Tavina S.p.A., senza il pagamento di un premio, di ricevere una rimunerazione per ogni decimo di grado inferiore al livello di temperatura convenuto, e dall’altro la onerava del pagamento alla banca di una somma di denaro per ogni decimo di grado al di sopra dell’indice fissato.
Sempre in Italia, a breve distanza di tempo un altro weather derivative viene negoziato tra Banca Popolare di Sondrio e la trevigiana Ascopiave S.p.A., con l’obiettivo, questa volta, di ri- durre la volatilità dei profitti dell’azienda distributrice di gas metano associata a condizioni cli- matiche indesiderate. Strutturato in forma di option, permetteva alla società, verso pagamento anticipato di un premio, di incassare una somma di denaro al verificarsi di certe variazioni di temperatura, con ciò, peraltro, neutralizzando l’importo delle penali previste in favore di Snam S.p.a., monopolista nel trasporto e nel dispacciamento di gas naturale e proprietaria dell’infra- struttura, nell’ipotesi in cui, per un inverno più freddo rispetto alla media, la richiesta di flussi di energia fosse superiore (per l’aumento dei picchi di consumo da parte degli utenti finali) alla di- sponibilità preventivata all’inizio della stagione termica.
È evidente che il derivato climatico presenta, sotto il profilo strutturale, somiglianze con il contratto di assicurazione, giacché al premio anticipatamente pagato da una parte corrisponde l’obbligazione dell’altra di versare una data somma di denaro al verificarsi di certe variazioni di temperatura rispetto alle medie storiche assunte a riferimento.
106 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 580 ss.
107 Cfr. ampiamente, X. XXXXX, Le operazioni su weather derivatives tra finalità di copertura e speculazione, in
Contr. impr., 2012, p. 1223 ss.
108 Le diverse esigenze che un oculato utilizzo dei weather derivatives consente di soddisfare trovano compiuta descrizione in X. XXXXXX, Weather Derivatives: strumenti di controllo del rischio climatico, in Atti del Convegno, Milano, 2 ottobre 2002 e in X. XXXXXX, Weather Derivatives: strumenti innovativi per la copertura del rischio clima- tico, in Ec. dir. terz., 2004, p. 430.
La prossimità è, tuttavia, solo apparente 109. Invero, contrariamente alla previsione dell’art. 1904 c.c., che sanziona con la nullità l’assicurazione nell’ipotesi di inesistenza originaria di un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno 110, nelle negoziazioni in questione è irrilevan- te l’effettiva presenza di un rischio da coprire in capo al compratore. Ciò è di facile compren- sione se si considera che la causa del contratto di assicurazione è il trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, mentre la causa delle operazioni in esame è, secondo alcuni, l’assunzione del rischio di evoluzione dei parametri meteorologici 111: se, infatti, nell’assicu- razione l’assicurato è esposto al rischio che trasferisce per contratto all’impresa (diversamente si avrebbe una difetto genetico di causa), nelle negoziazioni in derivati climatici una simile esposi- zione non ha alcuna incidenza, ben potendo il compratore determinarsi alla negoziazione per pu- ro spirito speculativo.
Trova giustificazione, in tal modo, il differente trattamento circa le sorti del negozio o delle
prestazioni ivi dedotte, nelle ipotesi di sopravvenuta diminuzione o aggravamento del rischio: in entrambi i casi si determina, nell’assicurazione, una alterazione dell’equilibrio causale del con- tratto che consente all’assicuratore di recedere, sempreché non preferisca modificare, rispetti- vamente al ribasso (art. 1897 c.c.) o in eccesso (art. 1898 c.c.), l’importo del premio; all’oppo- sto, nei weather derivatives quelle sopravvenienze non determinano alcun difetto funzionale, né comportano un’apprezzabile sperequazione dell’interesse cui il contratto era originariamente preordinato.
L’eventuale intento speculativo di una delle parti non deve, però, persuadere l’interprete ad operare una sovrapposizione tout court dei derivati in questione con la comune scommessa: a parte qualche probabile identità strutturale – si pensi al fatto che, anche nei weather derivatives, nessun rischio incombe (se non in termini meramente eventuali) sui contraenti o su uno soltanto di essi prima della conclusione dell’operazione – le due fattispecie divergono sensibilmente, primariamente nella causa, se non altro per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 23, comma 5,
t.u.f. che ha sgombrato il campo, anche se non senza qualche perplessità, da possibili frainten- dimenti. Nella scommessa, che è la promessa di una somma di denaro o di altri beni a chi indo- vini con esattezza un evento futuro ed incerto che può anche essere legato ad un facere dei par- tecipanti, come ad esempio l’esito vittorioso di un gioco, la causa non è giuridicamente apprez- zabile, posto che tale attività ludica o ricreativa altro non è che meramente funzionale alla sfida e alla sorte 112, quantunque accompagnata dal fine di lucrare sull’incertezza. Come rilevato da
109 Per approfondimenti si rinvia a X. XXXXX, Le operazioni, cit., p. 1223 ss.
110 L’interesse in senso assicurativo viene tradizionalmente definito, quantomeno nelle assicurazioni di cose, co- me il rapporto tra l’assicurato ed un bene individuato (o una universalità di beni) del suo patrimonio. X. XXXXXXX, Trattato, cit., p. 909: «può assicurarsi solo chi è esposto al rischio dedotto nel contratto, cioè chi dal sinistro può subi- re un danno ed ha, quindi, interesse al suo risarcimento».
111 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 589.
112 In dottrina la causa della scommessa viene identificata con l’artificiale creazione del rischio. In argomento,
alcuni autori, nei derivati meteorologici, all’opposto, l’eventuale intento speculativo andrebbe ricondotto ai motivi che hanno determinato le parti alla negoziazione (come tali irrilevanti salvi i casi di cui agli artt. 1345 e 1418 c.c.), senza colorare né qualificare in alcun modo la fattispe- cie, la cui causa sarebbe esclusivamente quella lucrativa connessa all’assunzione del rischio di evoluzione dei parametri atmosferici verso corrispettivo del premio 113.
Il derivato meteorologico si distingue anche dall’opzione dell’art. 1331 c.c.: con quest’ul- tima, similarmente ad un preliminare unilaterale, uno dei contraenti si impegna irrevocabilmente verso l’altro a concludere un futuro contratto, per il cui perfezionamento è richiesta la dichiara- zione di accettazione da parte dell’opzionario, mentre nell’opzione in weather derivatives non c’è alcun “secondo” contratto da concludersi con una successiva necessaria manifestazione di volontà del compratore affinché il venditore sia tenuto ad effettuare i pagamenti dovuti, posto che la negoziazione è definita ab origine con l’obbligazione di corrispondere una o più somme di denaro al verificarsi di certe variazioni atmosferiche 114.
Le operazioni in esame non sembrano, neppure, riconducibili alla fattispecie dei contratti dif- ferenziali semplici, mancando la reciprocità dell’obbligazione di pagare la differenza tra il corso di un valore al momento della stipulazione e quello corrente all’esecuzione, e difettando pure una prestazione futura di entrambi i contraenti da compensare con quella della controparte al fi- ne di regolare la differenza tra il valore delle due prestazioni: non vi sarebbero, in altri termini, le due prestazioni con pari scadenza e neppure l’incertezza relativa alla parte sulla quale gravi l’obbligazione di pagare una differenza. Né, infine, i weather derivatives sembrano prestarsi ad essere ricompresi nello schema della compravendita, poiché oggetto dello scambio è il premio contro la simple espérence di ricevere pagamenti in misura superiore o, altrimenti, tra premio e assunzione del rischio di dover effettuare pagamenti in funzione dell’evoluzione dei fattori at- mosferici assunti a riferimento (e non premio verso somma di denaro) 115.
Come si è detto, per alcuni la causa del contratto derivato meteorologico consisterebbe nell’assunzione del rischio di variazione dei parametri atmosferici verso il corrispettivo di un premio, mentre il suo oggetto andrebbe individuato nella potenziale evoluzione del fattore cli- matico in senso sfavorevole al venditore dello strumento 116.
cfr. X. XXXXXXX, Del giuoco e della scommessa, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni (artt. 1933-1935), a cura di X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxx, Zanichelli-Il Foro Italiano, 1952; C.A. FUNAIOLI, Il gioco e la scommessa, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, vol. IX, t. 2, fasc. 1, Utet, 1961; E. VALSEC- CHI, Il giuoco e la scommessa, la transazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx e F. Mes- sineo, continuato da X. Xxxxxxx, vol. XXXVII, t. II, Xxxxxxx, 1986; G. DI GIANDOMENICO e X. XXXXXX, I contratti aleatori, I contratti speciali, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, vol. XIV, Xxxxxxxxxxxx, 2005.
113 È la tesi sostenuta da X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 590 ss.
000 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 594.
115 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 594.
116 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 596, per il quale la variazione in senso a lui favorevole non com- porterebbe alcun beneficio se non la possibilità di trattenere il premio senza dover effettuare alcun esborso.
Seguendo questa impostazione, che sembra doversi condividere, quella stessa dottrina ha concluso nel senso di attribuire al negozio in esame la natura di contratto aleatorio, meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico al pari dell’assicurazione o dell’emptio spei, e come tale sottratto all’art. 1933 c.c. In questa fattispecie, invero, sembrerebbe manifestarsi con evi- denza quella condizione, che è fatta propria dalle tradizionali definizioni di alea coniate dalla più accreditata letteratura 117, nella quale timore e speranza si combinano insieme, e la possibili- tà di un vantaggio è accompagnata dalla probabilità di una perdita: è il rischio che colora e qua- lifica lo schema causale dell’operazione, incidendo immediatamente e direttamente sull’oggetto e pure sull’an della prestazione, e senza il quale il contratto perderebbe il suo tratto distintivo. Quel che è incerto non è il valore economico delle prestazioni, ma la loro stessa esistenza 118: il compratore, infatti, versa il premio, pur nell’incertezza, ab origine, se gli sarà dovuta, o non, la controprestazione accettando, perciò, il rischio di non ricevere alcunché in cambio; il venditore, al pari, incamera il premio esponendosi alla possibilità di dover eseguire una prestazione di va- lore superiore a quella ricevuta.
Se si assume a riferimento la transazione del citato caso Xxxxxx, conclusa nella forma di
swap, sembra senz’altro potersi convenire per una qualificazione in termini di contratto aleato- rio, posto che l’evento incerto, ossia il rischio connesso all’evoluzione dei parametri atmosferi- ci, finisce col determinare non solo l’an della prestazione, ma anche il contraente tenuto ad ese- guirla. Similarmente, nel caso Ascopiave, la transazione, strutturata in forma di option, non esce dallo schema del contratto aleatorio: nell’uno, come nell’altro esempio, analogamente all’assi- curazione, è la verificazione dell’evento dedotto in contratto (una temperatura più alta o più bas- sa dell’indice fissato) che determina l’an della prestazione e, in alcuni casi, lo stesso soggetto onerato.
Non sembra, invece, potersi sostenere che la transazione in derivati meteorologici rappresen- ti una fattispecie ad alea economica normalmente illimitata 119: questa, come noto, dipende da un accidente esterno alla stipulazione, cui le parti vanno incontro a causa del differimento dell’ese- cuzione, mentre nei weather derivatives il rischio è l’elemento qualificante dello scambio (pre- mio contro speranza).
Le negoziazioni su derivati climatici, in ragione della loro peculiare natura, non consentono al contraente che subisce gli effetti negativi dell’alea di invocare i tradizionali rimedi predisposti dalla giustizia commutativa, quali quelli degli artt. 1448 e 1467 c.c. sulla rescissione e sulla ri- soluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, proprio perché il rischio dell’alterazione
117 Il riferimento è alle parole di X. XXXXXXXXX, Alea, in Dig. it., vol. I, Torino, 1884, nt. 8, di X. XXXXX, Onero- sità e gratuità degli atti giuridici con particolare riguardo ai contratti, Vallardi, 1942, p. 83, di X. XXXXXXX, Alea, in Noviss. Dig. It., vol. I, t. 1, Xxxx, 1957, p. 469, e di X. XXXXXX, Xxxx, in Enc. dir., vol. II, Xxxxxxx, 1958, p. 1029.
000 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 596 s., secondo il quale nel contratto in esame non è noto, né cer- to, il rapporto tra l’entità del vantaggio del venditore (premio) e l’entità del rischio cui si espone contraendo.
119 Cfr. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 595.
dell’economia dell’affare e dei termini del rapporto è il connotato intrinseco dello schema cau- sale, essendo le sorti del contratto vincolate al verificarsi di un evento rispetto al quale le parti sono prive di ogni potere di intervento.
Si può, infine, convenire sulla natura atipica del negozio, posto che le già evidenziate affinità con alcuni tipi regolati da fonti di diritto oggettivo non ne consentono comunque una completa sovrapposizione, il cui funzionamento risulterà sostanzialmente rimesso alla determinazione delle parti, integrata dalle norme sui contratti in generale e, in via sussidiaria, dalle consuetudini dell’art. 8 disp. prel., dall’equità ed eventualmente dagli usi negoziali propri del settore econo- mico di riferimento.
In conclusione, stante la natura aleatoria dei weather derivatives agli stessi, al di fuori dell’ambito settoriale dell’art. 23, comma 5, t.u.f., si ritiene applicabile l’art. 1933 c.c.
10. Segue – Quanto poco prima detto in merito ai weather derivatives permette di cogliere una ambiguità che caratterizza lo schema dei contratti derivati, a misura che questo si articola, alternativamente, in diverse e contrapposte funzioni, quali quella di copertura (o protezione) e quella speculativa (o di mera sorte).
Al riguardo è stato osservato in dottrina come le predette funzioni siano oggettivamente ap- prezzabili, ancor prima di attenere allo «scopo» dei contraenti. La funzione di copertura o quella speculativa riguarderebbero anzitutto quel che oggettivamente entra a far parte del contratto ed il modo in cui per suo mezzo la ricchezza viene fatta circolare. Solamente che, ed in ciò risiede- rebbe un elemento di sicura riflessione, quello che entra oggettivamente nel contratto non sareb- be evincibile soltanto dalla sua struttura formale o dallo schema dei suoi effetti quando siano descritti secondo la loro ordinaria nomenclatura giuridica 120.
Da questo punto di vista è stato rilevato da alcuni come il vecchio dibattito sui contratti dif- ferenziali non possa essere immediatamente posto in continuità con l’attuale problema della ri- feribilità dell’eccezione di gioco alle negoziazioni in derivati 121. Ciò in quanto, diversamente dai contratti differenziali tradizionali, gli odierni derivati, in mancanza di un’apposita clausola di segno opposto, non sarebbero suscettibili di esecuzione forzata, non presenterebbero alcun rapporto giuridico, neppure mediato, con le “cose” di cui apparentemente trattano e, per lo più (vale a dire nei derivati che “scambiano” rischi), darebbero luogo solo ad operazioni contabili che, in genere attraverso compensazioni, si liquidano per mera differenza 122. Di guisa che la dif- ferenza, che in tal caso è alla fine accreditata ad un contraente, potrebbe indifferentemente rap- presentare tanto il mezzo monetario con cui un contraente si protegge rispetto alla perdita temu-
120 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 582 ss. 121 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 575. 122 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 583.
ta (minor tasso dell’interesse variabile, ecc.), quanto semplicemente la “vincita” della “scom- messa” che ha effettuato 123.
Ciò ha fatto sostenere la necessità di distinguere, al fine di cogliere la funzione che in con- creto il singolo contratto è diretto a realizzare, tra fattispecie in cui l’elemento aleatorio costitui- sca l’unica ragione determinante i contraenti e fattispecie in cui, invece, si inserisca nella più complessa causa negoziale 124.
Se si rivolge l’attenzione ai derivati con liquidazione delle differenze (options, futures, swaps), non può sfuggire come una tale prospettiva di indagine – che, di fatto, attiene alla causa concreta dei contratti aleatori – involga a soffermarsi sulle diverse modalità cui può atteggiarsi l’aleatorietà. L’alea, infatti, potrebbe assecondare finalità meramente speculative (funzione di trading), oppure combinarsi con finalità di copertura (funzione di hedging).
Una parte della giurisprudenza di merito, già in passato, ha sostanzialmente seguito questo percorso. In particolare, il Tribunale di Lanciano, con riguardo ad un interest rate swap sotto- scritto da un imprenditore in relazione ad un mutuo a tasso variabile da questi stipulato, dopo aver qualificato aleatorio il contratto, ne ha riconosciuta la funzione assicurativa, con ciò impe- dendo di ritenerlo privo di causa, distinguendolo, viceversa, dall’ipotesi di Irs stipulato a mero scopo speculativo, negoziato al di fuori di una funzione legata all’attività imprenditoriale, come tale assimilabile alla scommessa 125.
Più tardi, anche il Tribunale di Napoli, ha statuito che il contratto di swap su tassi di interes- si, a copertura del rischio di oscillazione del tasso di interesse variabile di un mutuo ipotecario, è un negozio aleatorio. Negozio che assume la funzione di contratto tipicamente assicurativo quando il cliente lo stipuli per coprirsi dal rischio di un eccessivo rialzo dei tassi del mutuo, mentre è assimilabile alla scommessa quando stipulato a mero scopo speculativo 126.
Queste ricostruzioni giurisprudenziali hanno fatto sostenere, da una parte della dottrina, la necessità di abbandonare ogni riferimento alla distinzione tra le predette due funzioni, relegando protezione (o assicurazione) e speculazione al rango dei motivi 127 oppure indicandone la causa nello “scambio in sé” 128.
Nessuno di questi tentativi sembrerebbe, però, meritare seguito.
Del tutto improponibile si mostrerebbe, infatti, la pretesa (che era già stata avanzata rispetto ai vecchi contratti differenziali) di retrocedere protezione e speculazione a meri motivi, sulla considerazione che potendo «la funzione per la quale l’investitore ricorra alla stipulazione di un
123 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 583.
124 Propone, di recente, questo spettro d’indagine anche X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 115.
125 Cfr. Trib. Lanciano 6 dicembre 2005, in Giur. comm., 2007, p. 131 ss., con nota di X. XXXXXXX.
126 Cfr. Trib. Napoli 30 ottobre 2012, in Giur. mer., 2013, p. 570 ss.
127 Cfr. X. XXXXXX, I contratti, cit., p. 22; X. XXXXXX, Xxxxx, cit., p. 319; X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx, cit., p. 82; G. CA- PALDO, Profili civilistici del rischio, cit., p. 130; X. XXXXXXXXXXX, I contratti di swap, in Contr., 2009, p. 1138 ss.
128 X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio, cit., p. 198.
contratto derivato essere indifferentemente protettiva o speculativa, ovvero assumere entrambe le valenze ovvero ancora non assumere nessuna delle due … detta funzione, pur esprimendo un’importante chiave di lettura tecnica dello strumento 129.
In realtà, si è replicato, ciò che questa prospettiva definisce come «scopo» o «motivo», assi- curativo o speculativo, e dal quale fa dipendere l’assimilabilità o meno del contratto derivato al- la scommessa, sarebbe nient’altro che la funzione concreta oggettivamente svolta dal nego- zio 130. Occorrerebbe infatti distinguere, nell’ambito dei contratti di scambio – al quale secondo alcuni andrebbero ricondotti i contratti derivati, quale che ne sia la loro funzione 131 – l’oggetto dello scambio dall’involucro che lo veicola. Mentre, come è stato constatato, il primo è ciò che si paga, la merce (e dunque la ricchezza) a cui si commisura il prezzo, l’involucro è il “meccani- smo operativo” o – meglio – il dispositivo giuridico a mezzo del quale (quando lo scambio non concerna res o beni immateriali legal-tipici) l’oggetto è confezionato in guisa da poter essere trasferito o attribuito da un contraente all’altro 132. Così che, nei derivati con finalità di copertu- ra, la merce che transita da una parte all’altra consisterebbe, propriamente, nella protezione dal rischio insito in un qualche rapporto sottostante, e di conseguenza, ciò che un contraente paga all’altro sarebbe proprio questa protezione, sulla base della quale, peraltro, verrebbe determinato il corrispettivo, fisso o variabile, che chi la riceve deve corrispondere a chi gliela offre 133.
Peraltro, proprio perché ciò che rileva ai fini della qualificazione del contratto è (anche) la
causa in concreto perseguita, non sarebbe sufficiente a connotare come operazione di copertura o di mera sorte, l’intento o il movente soggettivo di una sola parte, essendo piuttosto significati- vo il fine ultimo, comune ad entrambi i contraenti, sempreché oggettivamente desumibile nel contesto cui inerisce il contratto 134.
Sotto questo aspetto, al fine della individuazione della causa in concreto, e dunque nei deri- vati con funzione di protezione il collegamento tra la copertura (l’oggetto) e l’obbligo di paga- mento condizionato (l’involucro), decisiva sarà la descrizione che il contratto fa del rischio ver- so il quale appresta la sua protezione, la quale include il riferimento al rapporto sottostante, la riferibilità giuridica di esso ad uno dei contraenti e l’evento futuro ed incerto dall’occorrenza del
129 Cfr. X. XXXXXX, I contratti, cit., p. 22.
130 Cfr. X. XXXXXXX, in tema di interest rate swap, cit., p. 151.
Nello stesso senso, cfr. anche X. XXXXXX, Le opzioni, cit., p. 82; X. XXXXXXXXX, Swap, cit., p. 50; X. XXXXX-X. XXXXX, Dalla ricchezza assente alla ricchezza inesistente, in Banca borsa, p. 401 ss.); X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati, cit., p. 1133.
Sulla causa in concreto nei contratti aleatori, cfr. pure X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 248 e recentemente X. XXXXX, La negoziazione degli strumenti finanziari derivati ed il problema della causa in concreto, in Banca borsa, 2013, p. 69 ss.
131 Cfr. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio, cit., p. 198.
132 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 584.
133 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 584.
134 Lo constata, di recente, anche X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 120.
quale questi riceverebbe un pregiudizio 135. Non enunciare il rapporto sottostante ad un derivato o, più esattamente, la sua inerenza alla sfera giuridico-economica di uno dei contraenti, allora non significherebbe, è stato correttamente detto, trascurare (del tutto legittimamente) di illu- strarne i motivi, ma piuttosto non enunciarne la causa, relegandolo ad una posizione di ambigui- tà: esso, infatti, o costituisce uno scambio di cui non si menziona la merce, oppure costituisce un contratto che programma uno scambio fittizio 136.
La giurisprudenza di merito che in tempi recenti si è occupata dei contratti derivati di coper- tura, sembra fare un ampio ricorso alla nozione di causa concreta per giudicare della loro validi- tà. In particolare, il Tribunale di Monza ha statuito che «la non rispondenza delle condizioni economiche contrattuali del contratto derivato … alla funzione di copertura del rischio nello stesso enunciato ne comporta la nullità per difetto di causa (art. 1418, comma 2, c.c.), da inten- dersi quale sintesi degli interessi concretamente perseguiti dalle parti» 137, e in termini sostan- zialmente analoghi si era già espresso anche il Tribunale di Bari 138.
La Corte d’appello di Trento, a sua volta, ha statuito che per poter essere considerate di co- pertura, le negoziazioni in derivati «devono avere necessariamente le seguenti caratteristiche: a) siano esplicitamente poste in essere al fine di ridurre la rischiosità di altre posizioni detenute dal cliente; b) sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie dell’oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a tal fine; c) siano adottate procedure e misure di controllo interno idonee ad assicurare che le condizioni di cui sopra ricorrano effettivamen- te», di guisa che mancando questi elementi, rilevandosi l’inadeguatezza degli assetti contrattuali rispetto allo scopo perseguito dai contraenti, il contratto derivato «non è in concreto idoneo a garantire la finalità di copertura» e come tale è «nullo per difetto di uno dei requisiti essenzia- li» 139.
Non può sfuggire, però, che queste soluzioni giurisprudenziali – peraltro più volte riproposte anche in successive occasioni – fanno un uso improprio del concetto di causa in concreto. Al
135 Cfr. X. XXXXXXXXXX, I derivati, cit., p. 584; X. XXXXXXX, Il contratto senza numeri e aggettivi. Oltre il con- sumatore e l’impresa debole, in Persona e mercato, 2012, p. 10 ss.
136 Così M. BARCELLONA, I derivati, 585, il quale conclude nel senso che «assumere, dunque, che un derivato pro- tettivo possa darsi senza enunciare l’effettiva titolarità del rapporto sottostante, e cioè la soggezione del contraente al rischio cui esso offre copertura, non sembrerebbe molto diverso dall’ammettere che si possa dare assicurazione di un sinistro senza enunciarne l’efficacia pregiudizievole per la sfera patrimoniale dell’assicurato».
137 Cfr. Trib. Monza 17 luglio 2012, in Rass. dir. civ., 2014, p. 321 ss., con nota di X. XXXXXXXX.
Nello stesso senso, cfr. anche Trib. Civitavecchia 8 giugno 2011, in Nuova giur. civ. comm., 2012, p. 133 ss., an- notata da L.G. VIGORITI; Trib. Bari 5 gennaio 2012 (xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx); Trib. Brindisi 18 febbraio 2013 (xxx.xxxxxx.xx).
138 Cfr. Trib. Bari, 15 luglio 2010, in Banca borsa, 2012, p. 78 ss., il quale ha deciso che «è possibile rilevare un difetto genetico di causa, dovuto all’incapacità dello schema negoziale impiegato a soddisfare gli obiettivi delle parti, in un contratto di interest rate swap “rinegoziato”, ovvero incorporante passività derivanti da precedenti rapporti, e stipulato a scopo di copertura della fluttuazione del tasso di interesse di un contratto di finanziamento».
139 Cfr. App. Trento 3 maggio 2013, n. 141 (xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx).
proposito, è stato rilevato in dottrina che, in quelle pronunce, si è impiegato il difetto della causa in concreto per far fronte alle patologie dei contratti oggetto di giudizio, attinenti alla spropor- zione economica fra le prestazioni o ad un non corretto rapporto di sinallagmaticità contrattua- le 140.
Se è vero, infatti, che ogni patologia contrattuale è suscettibile di compromettere il conse- guimento dell’obiettivo finale complessivo dell’operazione, nondimeno il difetto di causa in concreto non può assurgere a formula onnicomprensiva cui ricondurre qualsiasi anomalia nego- ziale.
11. Segue – Per quanto concerne i derivati con finalità meramente speculativa, si è già detto a quali condizioni tali contratti abbiano una struttura non dissimile a quella del gioco e della scommessa 141.
Ora va ulteriormente osservato, anche alla luce delle considerazioni più sopra svolte circa i weather derivatives, che i derivati di mera sorte, al di là di un dispositivo in qualche modo assi- milabile alla scommessa, si avvalgono del medesimo schema negoziale dei derivati di copertura il quale però, come anche è stato rilevato, pur senza apprezzabili modifiche formali, sembra ri- volto a produrre scambi fittizi, artificiosamente pensati e costruiti per approntare un’offerta fi- nanziaria che diversamente non si darebbe e, soprattutto, che non trova alcun limite – per così dire – né in rerum natura (ad esempio, la quantità comunque limitata dei soggetti che, essendo esposti ad un rischio, domandano di acquistare quella merce particolare che è la protezione ver- so di esso), né per legge (ad esempio, la quantità limitata di protezione che le compagnie assicu- rative possono offrire in conseguenza del regime vincolistico cui è sottoposta la loro attività) 142. In tempi recenti, autorevole dottrina ha messo in discussione questa assimilazione. Si è infat-
ti sostenuto da parte di qualcuno che, anche nelle ipotesi in cui il contratto derivato preveda la liquidazione per differenze e lo scopo comune dei contraenti sia quello di lucrare sulla sorte, pur condividendo come tale la natura aleatoria con i negozi di cui all’art. 1933 c.c., non potrebbe comunque pretendersi un suo accostamento tout court con la scommessa, e ciò in quanto per- marrebbe pur sempre una insuperabile differenza legata al rapporto fra la prognosi del rischio e la “contropartita” messa in palio, ed inoltre, diversamente dalla scommessa, il derivato benché
140 Cfr. X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 135 ss. ed anche X. XXXXX, Causa concreta, cit., p. 957 ss., secondo il quale, un simile uso della causa in concreto non è affatto dissimile dall’utilizzo di un «grimaldello per superare il principio della tendenziale insindacabilità dell’equilibrio economico del contratto e per affermare in linea generale che un contratto, con divario di valore fra prestazione e controprestazione, può ritenersi nullo per mancanza di causa».
141 Cfr. X. XXXXXXXX, I titoli, cit., p. 87 ss.; X. XXXXXXX, I contratti, cit., p. 86; X. XXXXXXX, in tema di interest rate swap, cit., 155; X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati, cit., p. 1133; X. XXXXXXX, Contratti derivati (sez. civ.), in Dig. disc. priv., V, Xxxx, 2010, p. 357; X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 69 ss.
142 Cfr. X. XXXXXXXXXX, I derivati, cit., p. 581.
avente scopo speculativo, svolgerebbe una funzione meritevole di tutela 143.
Circa il primo aspetto, si è affermato che mentre nella scommessa la prognosi del rischio è assolutamente irrazionale, come altrettanto irrazionale è di conseguenza lo spostamento di ric- chezza, diversamente, nei derivati, la prognosi del rischio avverrebbe su basi razionali, di guisa che anche le parti non sarebbero neutre rispetto alla posta messa in palio 144.
Quest’argomentazione non sembra tuttavia decisiva e presta il fianco ad alcuni rilievi critici.
Si deve, invero, convenire sul fatto che, sotto il profilo strutturale e finalistico, al pari della scommessa, con il derivato speculativo le parti pattuiscono un’attribuzione patrimoniale in favo- re di quella di loro che abbia fatto una previsione o un’affermazione esatta in ordine ad un even- to incerto, in tal modo accordando rilevanza causale ad un rischio creato artificiosamente ed as- sunto dalle stesse parti come giustificativo dell’intera operazione negoziale. Semmai, sotto que- sto aspetto, se proprio si vuole ravvisare un elemento di differenziazione rispetto alla scommes- sa, questo andrebbe individuato nel fatto che il derivato, diversamente dalla scommessa, non persegue un intento ludico, ma solo lucrativo 145.
In sostanza, si è detto efficacemente, se è vero che il rischio – inteso come possibilità di per- dita o di guadagno – cui si espongono entrambi i contraenti, tanto nella scommessa quanto nel contratto derivato, si manifesta con modalità differenti nell’una e nell’altro (rispettivamente, ir- razionale e razionale), ugualmente tale aspetto sarebbe insufficiente ad escludere il connotato di aleatorietà pura che permea il derivato e che l’assimila strutturalmente alla figura negoziale dell’art. 1933 c.c. 146.
Anche la pretesa di estendere ai derivati speculativi le funzioni positive che spesso si ricono- scono alla speculazione in generale, con ciò accreditando loro una qualche intrinseca meritevo- lezza degli interessi che perseguono, non sembra poter essere condivisa appieno.
Al riguardo, sembra ragionevole affermare, la speculazione legittima e meritevole di tutela è quella che concerne scambi reali, quand’anche differiti nel tempo. Così, ad esempio, l’acquisto di merci in fasi di eccesso di offerta ne tiene su i prezzi e la loro vendita in fasi di eccesso di domanda li calmiera, sì da svolgere una funzione, senz’altro socialmente apprezzabile, di stabi- lizzazione dei mercati.
Ma nulla di tutto ciò è riscontrabile nei derivati di mera sorte, rivolti a produrre, come si è detto in apertura di questo paragrafo, scambi appositamente costruiti, e dunque fittizi: essi concernono
143 Cfr. E. BARCELLONA, Note sui derivati creditizi: market failure o regulation failure, in Banca borsa, 2009, p.
653 ss.
000 X. XXXXXXXXXX, Xx contratto derivato finanziario e la meritevolezza di tutela degli interessi: tramonto della causa dei contratti o tramonto del mercato?, relazione al convegno Il contratto derivato finanziario concluso fra banca e cliente, tenuto a Milano il 12 aprile 2013.
145 Cfr. X. XXXXXXX, in tema di interest rate swap, cit., p. 154; X. XXXXXXXXXXX, Le operazioni di swap, cit., p. 128;
X. XXXXXXXXXXX, I prodotti derivati: strumenti per la copertura di rischi o nuove forme di speculazione finanziaria, in
Banca borsa, 1995, p. 359 ss.; M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 581.
146 Cfr. di recente X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 139 ss.
una “merce” che non c’è e che non ci sarà mai; rispondono ad una domanda e ad un’offerta che nulla hanno a che vedere con quanti possono essere interessati al consumo, alla commercializza- zione o alla produzione del quid (merce, servizi, titoli o altro) di cui apparentemente in essi si di- spone. Proprio per questo motivo, non solo non sono in grado di influire sui mercati reali (stabiliz- zandoli, ecc.) ma soprattutto, se presi in considerazione da tali mercati, rischierebbero di offrire scenari del consumo o del commercio o della produzione gravemente distorsivi 147.
Perciò da questo punto di vista, come è stato osservato bene da moderna ed autorevole dot- trina, la funzione speculativa dei derivati di pura sorte è tutt’altra cosa e consisterebbe, propria- mente, nella «creazione di un’apparenza (= scambio fittizio) volta soltanto ad aggiudicare ric- chezza a chi avrà “puntato” sul verso in cui andranno le cose nel “mondo reale” cui del tutto strumentalmente alludono, ossia a chi avrà azzeccato la previsione entro una logica che, almeno di primo xxxxxxx, non sembrerebbe molto diversa da quella della scommessa» 148.
Tutt’al più sembra convincere l’idea, proposta da qualcuno, secondo la quale anche la specu- lazione finanziaria non rappresenterebbe di per sé un capriccio assoluto, o un male da debellare, ma anzi possa essere, a certe condizioni ed in specifici contesti di riferimento, un valore apprez- zabile e giuridicamente rilevante, perché di fatto aumenterebbe l’efficienza del mercato in virtù di una migliore allocazione dei rischi e contribuirebbe alla liquidità, producendo ricchezza 149.
In altri termini, l’apprezzabilità sociale della speculazione non è in sé, ma passerebbe attra- verso la contestualizzazione del giudizio che trova nel controllo di meritevolezza dell’art. 1322, comma 2, c.c. il suo fondamento e che ricorre tutte le volte in cui lo scopo speculativo risulti ac- cettabile in quanto controllabile 150.
Dato, questo, innegabile secondo alcuni, quando la stipulazione dei derivati di mera sorte si collochi nell’esercizio di una specifica attività bancaria e finanziaria dal momento che, si sostie- ne, le norme di settore che presidiano tali operazioni sarebbero funzionali ad assicurare la con- sapevolezza contrattuale della controparte dell’intermediario professionale e a scongiurare l’a- buso che possa conseguire all’opacità contrattuale 151. Detto altrimenti, l’intervento di un inter- mediario professionale sarebbe, di per sé, sufficiente ad accordare ai derivati in questione una funzione meritevole di tutela, quantunque speculativa.
147 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 581 s.
148 Cfr. M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 581 s.
149 Cfr. X. XXXXXXXXX, Xxxx, cit., p. 57; X. XXXXXX, Recenti sviluppi in tema di contratti, cit., p. 174; X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 79 e ora anche X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 141.
Reputa, invece, improponibile l’idea di accreditare ai derivati speculativi il benefico effetto di accrescere la liqui- dità dei mercati M. BARCELLONA, I derivati, cit., p. 582, per il quale «come che la si intenda, infatti, una maggior li- quidità riferita ad un mercato solo fittizio può avere solo l’effetto, nella migliore delle ipotesi, di distogliere investito- ri e risparmiatori dai mercati reali o dai depositi bancari, e perciò dal finanziamento diretto o indiretto delle attività produttive: il che, di per sé, non sembra possa dirsi ancora un effetto sicuramente benefico».
150 Cfr. X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 141.
151 Cfr. X. XXXXXXX, L’evoluzione, cit., p. 142.
Ciò troverebbe, ad avviso dei sostenitori di questa tesi, una espressa conferma nell’art. 23, comma 5, del t.u.f., che come noto preclude la possibilità di sollevare l’exceptio ludi dell’art. 1933 c.c. alle negoziazioni in strumenti finanziari derivati compiute nell’ambito della prestazio- ne di servizi e di attività di investimento 152.
La conclusione non sembra però convincere xxxxxxx o, quantomeno, può essere condivisa solo con le opportune cautele.
È da dire infatti che, sebbene alla capillare diffusione dei contratti derivati abbiano fatto se- guito diverse elaborazioni normative orientate, in parte a promuovere assetti più competitivi del settore nazionale dell’intermediazione mobiliare, e in altra parte all’obiettivo della trasparenza e della tutela degli utenti (in special modo dei risparmiatori) fruitori dei servizi 153, resta da consta- tare che proprio i diversi provvedimenti legislativi che si sono susseguiti, pur apprezzabili nel tentativo di fornire una soluzione definitiva ad un problema tanto grave e generalizzato quale quello del concreto funzionamento del mercato dei derivati, non hanno sortito (tutti) i risultati sperati, non solo a causa della onerosità della disciplina, ma anche per la difficoltà di delineare il perimetro applicativo di alcune norme.
Tra queste, in particolare, il tanto caldeggiato art. 23, comma 5, t.u.f., da tempo al centro di un vivace dibattito in dottrina, dal momento che per alcuni autori la norma in questione sarebbe evidentemente diretta ad attribuire ai contratti derivati piena rilevanza giuridica, togliendoli dal- la marginalità in cui li rilegherebbe il trattamento alla stregua di scommesse e costituirebbe, per- tanto, una deroga al principio normalmente operante 154, mentre per altri rappresenterebbe l’esplicitazione di una norma di carattere generale 155.
Benché, come si è osservato, buona parte della dottrina sembri orientata nel senso di ammet- tere azione a tutela delle pretese fondate sulle operazioni in derivati (in qualunque forma con- tratte) soltanto quando almeno una delle parti della negoziazione sia un intermediario finanzia- rio debitamente abilitato, mentre al di fuori di tale ambito settoriale troverebbe applicazione l’art. 1933 c.c. (salvo che, si intende, all’attribuzione dei vantaggi e degli svantaggi sia sottesa una giustificazione causale socialmente apprezzabile ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c.), sta di fatto che la barriera tra gli ambiti di applicazione delle due norme (quella dell’art. 23, comma
000 Xxx. X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., pp. 200 e 589, secondo cui ai contratti in esame non si applica l’art. 1933 c.c. vuoi perché ciò è espressamente previsto per quei contratti derivati che rientrano nella definizione di stru- menti finanziari derivati (art. 23, comma 5, t.u.f.), vuoi perché alcuni contratti derivati sono commutativi o, infine, perché anche i contratti derivati da considerarsi aleatori hanno una causa meritevole di piena tutela da parte dell’ordinamento giuridico.
153 Vuoi realizzando la miglior combinazione di rischio e rendimento, vuoi tipizzando modelli di comportamento improntati a diligenza e correttezza. Sull’argomento, cfr. X. XXXXX, Gli investimenti in prodotti finanziari derivati con funzione speculativa, in Il diritto patrimoniale di fronte alla crisi economica in Spagna e Italia, Atti del convegno tenuto a Bologna l’11-12 aprile 2013, Cedam, 2014, p. 19 ss.
154 Cfr. X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati, cit., p. 1132.
155 Cfr. X. XXXXXXX, Option, cit., p. 1294; X. XXXXXXXX, Il contratto, cit., p. 271; X. XXXXXXXXXX, I contratti, cit., p. 593.
5, t.u.f. e dell’art. 1933 c.c.) è ancora difficilmente valicabile, per l’impossibilità di dare al pro- blema in questione una risposta generale ed astratta, dovendosi svolgere ogni disquisizione sulla falsariga di un confronto tra le diverse fattispecie e i relativi trattamenti.
In realtà, come è stato constatato da alcuni, l’art. 23, comma 5, t.u.f. non risolve affatto i rap- porti fra contratti derivati ed eccezione di gioco, lasciando aperta proprio la questione dell’opponibilità dell’exceptio ludi in relazione ai contratti non conclusi nell’ambito della pre- stazione di servizi di investimento e, tra questi, in particolare quelli per i quali entrambe le parti hanno intento speculativo 156, o quelli, anche conclusi in mercati over the counter, nei quali non vi sia l’intervento di un intermediario professionale 157.
Queste considerazioni sembrano indurre a negare, al di fuori della previsione settoriale dell’art. 23, comma 5, t.u.f., una indistinta tutela alle operazioni in derivati che prescinda dall’esigenza di copertura di un rischio corso da uno dei contraenti, dovendosi al contrario rite- nere tali negoziazioni soggette al trattamento generale delle scommesse, stabilito dall’art. 1933
c.c. 158 Oltremodo, sembrerebbe ragionevole ripensare lo stesso impianto della norma del t.u.f., nel senso di riconoscere ai contratti derivati, anche se conclusi con intermediari finanziari, piena rilevanza giuridica soltanto se sorretti dall’obiettiva esigenza di coprire un rischio, e non sulla base della qualità soggettiva di uno dei contraenti 159.
In conclusione, resta demandato all’interprete il compito di accertare, tanto in astratto quanto in concreto, se la funzione economico-individuale che i contraenti intendono realizzare con il contratto derivato sia (quantomeno al di fuori dell’art. 23, comma 5, t.u.f.) meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
156 Cfr. X. XXXXX, Il mercato mobiliare, Giappichelli, 2000, p. 365.
157 Cfr. F. REALI, Alea, commutatività e scommessa: il ruolo assunto dal «rischio» e le scommesse atipiche, in
Contr. impr., 2007, p. 974 ss.
158 Ma contra X. XXXXX e X. XXXXXXXX, Il mercato mobiliare, in Trattato di diritto commerciale, diretto da X. Xxx- tino, vol. VIII, Xxxxx, 2004, p. 36, nota 27 e X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti, cit., p. 603, per i quali tali contratti, anche qualora conclusi tra privati senza l’intermediazione di un operatore finanziario, sarebbero pienamente azionabi- li indipendentemente dall’intento delle parti.
159 Conclusione, questa, già efficacemente proposta da X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati, cit., p. 1136.