Analisi e commenti
Centro Studi Consiglio Nazionale Ingegneri
Il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE
Analisi e commenti
(c.r. 148)
Roma, dicembre 2006
Xxx. Xxxxxx Xxxxxx Presidente
Xxx. Xxxxx Xxxxxxxxxx Vice Presidente
Xxx. Xxxxxxx Xxxxxx Consigliere Segretario
Xxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxx Consigliere
Xxx. Xxxxxxxx Xxxx Consigliere
Ing. Xxxxxx Xx Xxxxxx Xxxxxxxxxxx
Ing. Xxxxx Xx Xxxxx Consigliere
Xxx. Xxx Xxxx Consigliere
Xxx. Xxxxxx Xxxx Consigliere
Xxx. Xxxxx La Pietra Consigliere
Xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Consigliere
Ing. iunior Xxxxxxx Xxxxxxx Consigliere
Xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Xxx. Xxxxxx Xxxxxxxx Consigliere
Ing. Xxxxxxxx Xxx Consigliere
Presidenza e Segreteria 00000 Xxxx – Xxx XX Xxxxxxxx, 000 Xxx. 00.0000000 Fax 00.00000000
CENTRO STUDI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI XXXXXXXXX
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dott. xxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx Presidente
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xxxx. Xxxxxxxxxxxx Xxxxxx Direttore
COLLEGIO DEI REVISORI
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c.r. 148 – Il Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE - Analisi e commenti
Il presente testo è stato redatto ed elaborato da Xxxxxxx Xxxxxxx.
Indice
2. I conflitti di competenza tra Stato e Regioni sulla materia dei | ||
3. 2. L’Osservatorio dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture | ||
3.3. Lo Sportello dei contratti pubblici di lavori, servizi e | ||
5. I requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento | ||
5.5. Gli elenchi ufficiali di fornitori e prestatori di servizi | ||
6. L’oggetto del contratto e le procedure di scelta del contraente | “ | 94 |
6.1. Le tipologie e l’oggetto contrattuale | “ | 94 |
6.2. Le procedure di aggiudicazione | “ | 103 |
6.3. Le procedure negoziate | “ | 104 |
6.4. Il dialogo competitivo | “ | 116 |
6.5. L'accordo quadro | “ | 125 |
6.6. Le aste elettroniche | “ | 130 |
6.7. I sistemi dinamici di acquisizione | “ | 136 |
6.8. L’aggiudicazione per i lavori di edilizia residenziale | ||
pubblica | “ | 138 |
7. I termini e le forme di pubblicità, comunicazione ed | ||
informazione | “ | 140 |
7.1. I bandi, gli avvisi e gli inviti | “ | 140 |
7.2. I termini | “ | 146 |
7.3. Le forme di comunicazione e di informazione | “ | 151 |
8. I criteri di selezione e la verifica delle offerte | “ | 155 |
8.1. I criteri di aggiudicazione | “ | 155 |
8.2. L’anomalia e la verifica di congruità delle offerte | “ | 167 |
9. La progettazione “ 175
9.1. | I livelli di progettazione ed approvazione | il | procedimento | di | “ | 175 |
9.2. | Gli incarichi esterni | “ | 190 | |||
9.3. | Le procedure di affidamento | ed | i concorsi | di | ||
progettazione ed di idee. | “ | 197 | ||||
9.4. I compensi professionali | “ | 206 | ||||
9.5. Gli incentivi | “ | 219 | ||||
9.6. La verifica della progettazione | “ | 220 | ||||
9.7. Le garanzie e le coperture assicurative | “ | 230 | ||||
9.8. L’esecuzione del contratto | “ | 241 | ||||
10. I contratti sotto soglia 10.2. La licitazione privata semplificata | “ “ | 251 260 | ||||
10.3. Gli appalti di servizi e forniture | “ | 262 | ||||
10.4 L’affidamento in economia | “ | 269 | ||||
11. Le altre disposizioni relative ai lavori pubblici | “ | 275 | ||||
11.1. Programmazione, direzione lavori e collaudo 11.2. I termini di adempimento e le cause di rescissione e risoluzione del contratto | “ “ | 275 283 | ||||
12. La concessione di lavori pubblici | “ | 291 | ||||
12. 1. Natura ed oggetto del contratto | “ | 291 | ||||
12. 2. Le procedure di aggiudicazione | “ | 299 | ||||
13. Il project financing | “ | 303 | ||||
13. 1. Oggetto e procedure 13.2. Il project financing per la realizzazione delle infrastrutture strategiche | “ “ | 303 314 | ||||
14. Il contraente generale | “ | 320 | ||||
15. La società pubblica di progetto | “ | 322 | ||||
16. Le infrastrutture strategiche | “ | 325 |
Con l’approvazione del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 2 maggio 2006 (Supplemento ordinario n. 107), si è introdotta nel settore dei lavori pubblici l’ennesima innovazione normativa.
Per la sua complessità (il Codice si compone di 257 articoli e 22 allegati), il provvedimento necessita di un’analisi che concerna sia gli aspetti giuridici che quelli più prettamente operativi e procedurali. In questo documento si procederà ad un’analisi essenzialmente giuridica del D.Lgs. 163/2006, mentre oggetto di una successiva pubblicazione sarà la predisposizione di una sorta di “manuale di applicazione” che evidenzi le differenze operative e procedurali con la normativa previgente.
In questa sede è opportuno evidenziare che le maggiori novità apportate dal Codice al quadro normativo previgente sono contenute nella Parte II (che tratta di Contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture nei settori ordinari), Capo III (che tratta di Oggetto del contratto, procedure di scelta del contraente e selezione delle offerte) il quale disciplina le procedure di aggiudicazione innovative (dialogo competitivo, accordo quadro, sistemi dinamici di acquisizione), amplia l’oggetto del contratto di appalto, nonché l’ambito di operatività delle procedure negoziate.
Proprio per la sua portata innovativa, il Capo III è stato oggetto di intervento da parte della recente Legge n. 228 del 2006 di conversione del
D.L. n. 173/2006, il cui art. 1-octies ha differito, tra l’altro, al 1° febbraio 2007 l’entrata in vigore dei commi 2 e 3 dell’art. 53 e del comma 7 dell’art. 31.
1 Dispone l’art. 3, 7° comma, del D.Lgs. n. 163/2006 che: “Gli <<appalti pubblici di lavori>> sono appalti pubblici aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell’allegato I, oppure, limitatamente alle ipotesi di cui alla parte II, titolo III, capo IV, l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare posto a base di gara”. L’art. 53, 2° comma del medesimo D.Lgs. prevede che: “Negli appalti relativi a lavori, il decreto o la determina a contrarre stabilisce,
Si tratta di disposizioni normative che, innovando il pregresso regime, introducevano una sostanziale equiparazione fra appalto di lavori avente ad oggetto la sola esecuzione di lavori ed appalto avente, invece, ad oggetto l’esecuzione congiunta alla progettazione, estendendo l’ambito oggettivo di operatività dell’appalto integrato.
Tale estensione, in verità avviata già con la legge n. 166/2002, proseguita con la Legge n. 62/2005 e solo ultimata con il D.Lgs. n. 163/2006, snatura uno dei principi informatori della Legge quadro n. 109/1994 ossia la separazione fra progettazione ed esecuzione; separazione che è funzionale a garantire l’imparzialità del progettista e della sua attività rispetto alle esigenze dell’impresa esecutrice.
La sospensione congiunta dei due articoli potrebbe lasciare presagire la fine di tale commistione e la riaffermazione della validità della separazione fra attività intellettuale e materiale con una configurazione dell’istituto dell’appalto integrato, come istituto autonomo.
Tale sospensione sembrerebbe riaffermare, inoltre, la sostanziale differenza fra la nozione di appalto pubblico riportata nelle Direttive europee e la correlativa nozione presente nel nostro ordinamento.
Anche la Direttiva 2004/18/Ce, così come le sue precedenti versioni, riconduce infatti alla nozione di appalto oltre all’attività di esecuzione,
motivando, nelle ipotesi di cui alle lettere b) e c) del presente comma, in ordine alle esigenze tecniche, organizzative ed economiche, se il contratto ha ad oggetto: a) la sola esecuzione; b) la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice; c) previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare dell’amministrazione aggiudicatrice. Lo svolgimento della gara è effettuato sulla base di un progetto preliminare, nonché di un capitolato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle condizioni e dei requisiti tecnici inderogabili. L’offerta ha ad oggetto il progetto definitivo e il prezzo. Per le stazioni appaltanti diverse dalle pubbliche amministrazioni l’oggetto del contratto è stabilito nel bando di gara.” A sua volta il 3° comma del citato art. 53 dispone che: “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. Il bando indica i requisiti richiesti per i progettisti, secondo quanto previsto dal capo IV del presente titolo (progettazione e concorsi di progettazione), e l’ammontare delle spese di progettazione comprese nell’importo a base del contratto. Per i contratti di cui al comma 2, lettere b) e c), l’ammontare delle spese di progettazione esecutiva non è soggetto a ribasso d’asta”.
anche quest’ultima congiunta alla progettazione nonché “l’esecuzione con qualsiasi mezzo di lavori”2.
L’art. 3, 7° comma, del D.Lgs. n. 163/2006 (oggi sospeso) si conformava acriticamente a tale definizione recependo nel suo ultimo capoverso l’inciso “esecuzione con qualsiasi mezzo…..”. Una siffatta generica previsione avrebbe normativamente aperto la via ad istituti atipici (vendita di cosa futura, leasing immobiliare, ecc.) che, ancorché finalizzati alla realizzazione di un’opera pubblica, difettano dei caratteri propri di un contratto di appalto di lavori, contravvenendo alla tradizione italiana che, sul punto si è mostrata ben più rigida dell’ordinamento europeo.
Peraltro, le intenzioni del legislatore non sembrano avere una piena coerenza. Si deve infatti evidenziare che l’art. 24 del D.Lgs. n. 163/2006, rimasto in piedi anche all’esito della Legge n. 228/2006, regolamenta i contratti di sponsorizzazione3 estendendone l’ambito oggettivo di operatività ai lavori pubblici.
Lo stesso disegno di legge Finanziaria 2007, approvato dal Consiglio dei ministri in data 29 settembre 2006, all’art. 116 (Appalti di opere pubbliche mediante servizi finanziari immobiliari ed appalti di servizi mediante locazione finanziaria di beni mobili) introduce il “leasing immobiliare” statuendo che per “(…) la realizzazione, l'acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all'applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria”.
2 In particolare dispone l’art. 1, par. 2, lett. b) della Direttiva 2004/18/ce che: “Gli "appalti pubblici di lavori" sono appalti pubblici aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione e l'esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all'allegato Io di un'opera, oppure l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice. Per "opera" si intende il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica”.
3 Dispone l’art. 26 D.Lgs n. 163/2006 che: “1. Ai contratti di sponsorizzazione e ai contratti a questi assimilabili, di cui siano parte un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore, aventi ad oggetto i lavori di cui all’allegato I, nonché gli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ovvero i servizi di cui all’allegato II, ovvero le forniture disciplinate dal presente Xxxxxx, quando i lavori, i servizi, le forniture sono acquisiti o realizzati a cura e a spese dello sponsor, si applicano i principi del Trattato per la scelta dello sponsor nonché le disposizioni in materia di requisiti soggettivi dei progettisti e degli esecutori del contratto. 2. L’amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore beneficiario delle opere, dei lavori, dei servizi, delle forniture, impartisce le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione, nonché alla direzione ed esecuzione del contratto”.
La tassatività delle forme dei contratti pubblici statuita originariamente dalla legge 109/94, trovava una propria ratio giustificatrice nell’esigenza di tutelare le regole della concorrenza sotto il profilo della trasparenza dell’azione amministrativa, evitando che l’apertura a fattispecie ultronee potesse essere causa di indebita ed indiretta violazione delle regole sugli appalti pubblici.
Tale esigenza permane tuttora attuale; la legittimazione di nuovi strumenti per la realizzazione delle opere pubbliche (quali il contratto di locazione finanziaria) rischia di lasciare eccessivi margini di discrezionalità alla pubblica amministrazione, che potrebbe essere tentata di avvalersi dei nuovi mezzi di esecuzione esclusivamente al fine di aggirare le rigide regole poste a tutela della concorrenza e della qualità dell’opera pubblica dalla normativa nazionale.
Xxxxxxxx Xxxxxxx
1. Articolazione e contenuti del Codice
Il Codice è articolato in cinque Parti:
- la Parte I, suddivisa in due Titoli, e recante "Principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte nell'ambito di applicazione del Codice";
- la Parte II, che rappresenta la parte più corposa e, probabilmente, significativa, del Codice, articolata in quattro Titoli e recante "Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari";
- la Parte III, articolata in due Titoli, e recante "Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali";
- la Parte IV recante il "Contenzioso";
- la Parte V recante "Disposizioni di coordinamento, finali e transitorie - abrogazioni".
Nel presente lavoro saranno oggetto di disamina esclusivamente le novità, dirette ed indirette, definite dal Xxxxxx, nonché la loro incidenza sugli istituti previgenti, tralasciandosi, di contro, la disamina di quelle disposizioni – e sono le più numerose – che di contro hanno pedissequamente recepito l’ordinamento pregresso.
2. I conflitti di competenza tra Stato e Regioni sulla materia dei contratti pubblici
Preliminarmente occorre sottolineare come la materia dei contratti pubblici – la quale non è esplicitamente prevista nell’art. 117, 2° comma della Costituzione fra le materie di competenza esclusiva statale né fra quelle di competenza concorrente – lungi dal rappresentare una vera e propria materia integra un ambito di legislazione suscettivo di essere diversamente qualificato a seconda dell’oggetto al quale afferisce e, pertanto, alla luce di ciò, può essere diversamente ascritta alla competenza legislativa esclusiva statale, concorrente ovvero residuale regionale.
La Corte Costituzionale ha esplicitato il requisito della trasversalità della materia dei contratti pubblici, e segnatamente dei lavori pubblici, nella nota sentenza n. 303 dell’1.10.20034; in sostanza la materia dei contratti pubblici, quale che sia il settore di riferimento, non ha un contenuto predefinito tale da convogliarla in un solo ambito della competenza normativa, ma è sostanzialmente riconducibile a tutti e tre (esclusiva, concorrente e residuale) a seconda dell’aderenza del profilo disciplinare preso in considerazione5.
Alla luce di ciò s’intuisce come la questione della competenza normativa non vada affrontata riconducendo la materia dei contratti pubblici ad uno dei “macro – settori” di cui all’art. 117, 2° comma della Costituzione ovvero ad una delle materie di cui al successivo 3° comma; essa impone, invece, un’analisi dettagliata della materia, capace di evidenziare lo specifico profilo disciplinare di interesse e l’ambito della competenza normativa al quale esso sia riconducibile. Ne consegue, quindi, come la vera questione da affrontare sia proprio quella della individuazione dell’ambito normativo di appartenenza dello specifico profilo disciplinare preso in considerazione e generalmente riconducibile alla materia dei contratti pubblici.
4 In Giur. cost., 2003, 5; Dir. e Giust. 2003, 37, pag. 58 con nota di XXXXX; Urbanistica e appalti, 2003, 12, pag. 1399 con nota di XXXXXX O M; Foro amm. CDS 2003, pag. 2776 (s.m.); Riv. giur. edilizia 2004, I, pag. 10; Riv. corte conti 2003, 6, pag. 181; Corriere giur. 2004, 1, pag. 29 con nota di XXXXXXXX X.
5 Indicativamente è la medesima costruzione che la Consulta ha effettuato per l’ambito della tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, 2° comma, lett. s) della Costituzione.
Per la materia dei contratti pubblici, peraltro, l’analisi è ulteriormente complicata alla luce del fatto che anche alcuni dei profili disciplinari che la caratterizzano rivestono in realtà carattere trasversale come ad esempio quello della “tutela della concorrenza” ovvero dell’ “ordinamento civile”. È quasi naturale, dunque, che alla regolamentazione da parte del legislatore statale di uno di tali profili consegua l’invasione in ambiti di competenza normativa regionale; non per ciò solo, però, l’intervento statale potrebbe ritenersi precluso purché esso sia ispirato alla proporzionalità, all’adeguatezza ed al raccordo istituzionale con il titolare del potere normativo.
Come ancora una volta precisa la Consulta nella citata sentenza n. 303/2003: “Una volta stabilito che, nelle materie di competenza statale esclusiva o concorrente, in virtù dell'art. 118, primo comma, la legge può attribuire allo Stato funzioni amministrative e riconosciuto che, in ossequio ai canoni fondanti dello Stato di diritto, essa è anche abilitata a organizzarle e regolarle, al fine di renderne l'esercizio permanentemente raffrontabile a un parametro legale, resta da chiarire che i principî di sussidiarietà e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata”. In sintesi per giudicare se una legge statale sia invasiva delle attribuzioni regionali o costituisca invece applicazione dei principî di sussidiarietà e adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operatività della disciplina.
A voler trarre una prima conclusione da quanto detto è possibile affermare che qualora il profilo trattato sia riconducibile ad uno degli ambiti di cui al 2° comma, dell’art. 117 della Costituzione, la competenza dovrà essere del legislatore statale in via esclusiva; di contro, qualora invece il profilo pervenga ad una o più delle materie indicate dal 3° comma, dell’art. 117 della Costituzione, la potestà legislativa spetterà alle
Regioni nel rispetto dei principi fondamentali individuati dalla vigente legislazione statale6.
Il Codice ha cercato di affrontare la difficoltosa operazione di individuazione delle competenze normative prospettando all’interprete una duplice questione:
1) l’individuazione degli ambiti e delle materie di competenza dello Stato e quelle di competenza delle Regioni ai sensi dell’art. 4 del Codice;
2) la portata applicativa dell’emananda normativa regolamentare di cui all’art. 5 del Codice.
Riguardo al primo dei due aspetti, l’art. 4 vincola le Regioni e le Province Autonome al rispetto degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario nonché alle “disposizioni” (e non ai soli principi) relative alle materie di competenza esclusiva statale7 mentre, per quanto concerne le materie rimesse alla potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni precisa che queste ultime potranno esercitare la propria potestà normativa ma nel rispetto dei “principi fondamentali” (e non delle disposizioni) contenuti nelle norme del Codice8.
1. la programmazione di lavori pubblici;
2. l’approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi;
6 È questo il criterio adottato dal Consiglio di Stato nel Parere 6.2.2006, n. 355 in xxx.xxxxxxxxx.xx; ivi anche X. XXXXXXX Codice dei contratti pubblici: riparto di competenze tra Stato e Regioni.
7 L’art. 4, 1° comma, del Codice dispone che: “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potestà normativa nelle materie oggetto del presente Codice nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle disposizioni relative a materie di competenza esclusiva dello Stato”.
8 Ai sensi dell’art. 4, 2° comma, del Codice: “Relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potestà normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente Codice”.
9 E, pertanto, vincola queste ultime al rispetto dei soli principi desumibili dal Xxxxxx.
3. l’organizzazione amministrativa;
4. i compiti e requisiti del responsabile del procedimento;
5. la sicurezza del lavoro.
A fronte di tale - “ristretto” - ambito rimesso all’intervento legislativo concorrente regionale, il Codice individua un ben più ampio spazio di intervento rimesso all’esclusiva competenza normativa statale. Difatti l’art. 4, 3° comma prevede che le regioni non possano prevedere una disciplina diversa da quella dettata dal Codice in relazione:
1. alla qualificazione e selezione dei concorrenti;
2. alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa;
3. ai criteri di aggiudicazione;
4. al subappalto;
5. ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
6. alle attività di progettazione e ai piani di sicurezza;
7. alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministrative;
8. al contenzioso;
9. i contratti relativi alla tutela dei beni culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture.
Per chiarire quale possa essere l’efficacia di tali previsioni normative, ed in particolare se esse siano o meno conformi al riparto delle competenze normative definito dal dettato costituzionale, occorre procedere alla disamina, non solo della legge delega n. 62/2005, ma anche della Legge n. 131/2003. Il collegamento in questione scaturisce dal fatto che, pur nel silenzio della delega di cui all’art. 25 della legge n. 62/2005, l’art. 4 del Codice opera una, seppur generica, ricognizione dei principi fondamentali
afferenti ai profili disciplinari riconducibili alla potestà legislativa concorrente, individuando esclusivamente i settori nell’ambito dei quali rinvenire tali principi.
Di contro, nel comma 3°, come detto, il Codice individua non solamente i principi, ma i profili disciplinari specifici rimessi all’esclusiva competenza del legislatore statale. La ricognizione operata è chiaramente più estesa rispetto ai criteri di delega, tuttavia essa sembrerebbe conformarsi proprio all’impostazione di cui all’art. 1 della legge n. 131/2003 che prevede dapprima che le Regioni possano esercitare la propria potestà legislativa concorrente nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalla legislazione vigente ovvero espressamente determinati dallo Stato e, successivamente, chiarisce che: “In sede di prima applicazione, per orientare l'iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all'entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi principi fondamentali, il Governo è delegato ad adottare, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai principi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità”. Da questo punto di vista il 2°comma dell’art. 4 del Codice – fermi restando i profili problematici afferenti all’eccesso di delega –sembra conformarsi all’impostazione della legge “La Loggia” ancorché, in realtà, non individui espressamente i principi fondamentali della materia, ma rimetta all’interprete tale operazione10, limitandosi a delineare, peraltro in via meramente indicativa e non esaustiva11, gli ambiti generali all’interno dei quali compiere tale operazione.
Maggiori perplessità solleva, invece, il successivo 3° comma dell’art. 4 che individua gli ambiti disciplinari della materia dei contratti pubblici
10 Critica tale impostazione X. XXXXXXX Il primo nodo del Codice: il difficile equilibrio tra poteri statali e regionali, in Ed. e Terr. N. 17/2006, 6 ss.
11 Come si desume dall’inciso “in particolare” di cui al 2° comma, dell’art. 4; la norma infatti dispone che: “Relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potestà normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente Codice, in particolare, in tema di programmazione di lavori pubblici, approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi, organizzazione amministrativa, compiti e requisiti del responsabile del procedimento, sicurezza del lavoro”. Il riferimento ai settori è, dunque, da considerarsi indicativo e non certamente esaustivo.
riservati all’esclusiva competenza del legislatore statale. Nell’ottica dei criteri di cui all’art. 1 della legge n. 131/2003, alla luce, anche, dell’interpretazione fattane dalla Consulta, la norma in parola potrebbe palesarsi illegittima costituzionalmente.
Occorre sinteticamente ricordare che l’art. 1 della Legge n. 131/2003 contemplava una disposizione normativa dal seguente tenore: “Nei decreti legislativi di cui al comma 4, sempre a titolo di mera ricognizione, possono essere individuate le disposizioni che riguardano le stesse materie ma che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato a norma dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione”. In sostanza la norma consentiva al Governo di individuare, oltre i principi fondamentali della materia anche i relativi profili disciplinari della stessa sottratta alla competenza legislativa regionale e rimessi alla competenza esclusiva statale.
Siffatta disposizione presentava, a ben vedere, l’intrinseca pericolosità di consentire al Governo, in sede di ricognizione dei principi fondamentali, di limitare l’ambito di intervento legislativo regionale individuando i profili disciplinari espressamente sottratti allo stesso. Tale aspetto è stato prontamente censurato dalla Consulta che, pur constatando la "forza di legge" dei decreti delegati, precisava che l’oggetto della delega era (ed è) esclusivamente l'espletamento di un'attività che non dovrebbe andare al di là della mera ricognizione di quei principi fondamentali vigenti, oggettivamente deducibili anche in base, ad esempio, alle pronunce della Corte medesima, ovvero di altre giurisdizioni. D'altra parte, anche i principi direttivi enunciati nel citato comma 4, precisa la Corte, con il loro contenuto assai vago e generico, indirizzano e delimitano il compito del legislatore delegato verso l'espletamento dell'indicata funzione ricognitiva. Il Governo è infatti abilitato a procedere, con attività adeguata e proporzionata allo scopo, esclusivamente all'individuazione, nell'ambito della legislazione vigente, di norme-principio chiare ed omogenee, tenendo peraltro conto che non tutte le disposizioni che in tal senso si autoqualificano lo sono, né "il loro compiuto tenore letterale" costituisce in ogni caso "principi della legislazione dello Stato", ma soltanto "i nuclei essenziali del contenuto normativo" che tali disposizioni esprimono (sentenza n. 482 del 1995).
È opportuno riportare il passo maggiormente significativo della sentenza n. 280 del 28.07.2004: “Dal citato art. 1, comma 4, così come interpretato alla stregua delle formule testuali adottate, del contesto normativo in cui si colloca e delle finalità della stessa legge n. 131, quali
risultano dai relativi lavori preparatori, emerge dunque una prescrizione normativa, che giustifica una lettura "minimale" della delega ivi disposta, tale comunque da non consentire, di per sé, l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente (cfr. sentenza n. 427 del 2000), evitando così le prospettate censure di costituzionalità incentrate essenzialmente sulla contraddittorietà con la riconosciuta competenza parlamentare a definire i "nuovi" principi fondamentali. Ed infatti, il comma 5, disponendo che nei decreti legislativi di cui al comma 4 possano essere "individuate le disposizioni che riguardano le stesse materie, ma che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato", estende l'oggetto della delega anche all'asserita ricognizione, nell'ambito delle materie riservate al legislatore statale, della disciplina di quelle funzioni che hanno "natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti" (sentenza n. 536 del 2002). Il Governo delegato non può però in questa ipotesi limitarsi ad una mera attività ricognitiva, giacché, dovendo identificare le disposizioni che incidono su materie o submaterie di competenza regionale concorrente, contemporaneamente riservate alla competenza esclusiva statale, deve necessariamente fare opera di interpretazione del contenuto delle materie in questione. Si tratta quindi di un'attività interpretativa, largamente discrezionale, che potrebbe finire con l'estendersi anche a tutte le altre tipologie di competenza legislativa previste dall'art. 117 della Costituzione, attraverso la individuazione e definizione delle materie e delle varie funzioni ad esse attinenti. E' pertanto evidente che con la lettura "minimale" della delega, così come configurata dal comma 4, contrasta la disposizione del comma in esame, che amplia notevolmente e in maniera del tutto indeterminata l'oggetto della delega stessa fino eventualmente a comprendere il ridisegno delle materie, per di più in assenza di appositi principi direttivi, giacché quelli enunciati nel comma 4, a prescindere dalla mancanza di qualsiasi rinvio ad essi, appaiono inadeguati. Sotto questi profili risulta quindi chiara la violazione dell'art. 76 della Costituzione”.
I principi succintamente ricordati, pur relativi ad una questione diversa rispetto a quella del Codice, non sono scevri di implicazioni rispetto a quest’ultimo. Occorre ricordare che la delega di cui all’art. 25 della Legge n. 62/2005 non autorizza alcuna ricognizione di principi fondamentali né tanto meno l’individuazione di ambiti esclusivi di competenza statale, ma ciò nonostante è innegabile che l’individuazione di tali principi fondamentali sia oggetto del Codice e che, soprattutto,
quest’ultimo dovrà comunque confrontarsi con i relativi delegati di cui all’art. 1 della Legge n. 131/200312.
Ebbene, pur volendo ritenere l’attività di ricognizione immanente alla predisposizione di un T.U. quale è quello in esame, sfugge chiaramente alla sua competenza l’individuazione degli ambiti riservati alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, trattandosi di operazione novativa del previgente assetto delle competenze che compete, anche nell’ottica della visione minimalista delle deleghe ricognitive di cui alla sentenza della Consulta n. 280/2004, esclusivamente al Parlamento.
In sintesi, assumendo a principio fondamentale dell’ordinamento quanto statuito dalla Consulta in merito alla esclusiva competenza del Parlamento nella individuazione dei nuovi principi e, dunque, degli ambiti di competenza esclusiva statali, risulta evidente che l’art. 4, 3° comma, del Codice, pur estraneo alle vicende di cui all’art. 1, 5° comma, della Legge n. 131/2003, non potrebbe mai – verrebbe da dire: a maggior ragione – indicare espressamente gli ambiti di riserva esclusivi dello Stato.
Ciò detto, il merito della previsione normativa di cui al 3° comma dell’art. 4 restringe e di molto le competenze regionali in materia. Non vi è dubbio che essa vada letta in rapporto al riparto delle competenze normative di cui all’art. 117 della Costituzione sì come mitigato dal “diritto vivente” con l’introduzione dei principi di “trasversalità” degli ambiti di esclusivo intervento statale, nonché della “chiamata in sussidiarietà”, di cui alla sentenza n. 303/2003. Tuttavia, quale che sia l’angolo visuale prescelto per l’analisi, la competenza regionale non potrebbe mai essere del tutto esautorata, anzi, il riparto in favore dello Stato dovrà sempre essere ragionevole e proporzionato13 e supportato da specifiche “intese” con le amministrazioni regionali.
In particolare, non vi è dubbio alcuno che per i contratti di lavori, servizi e forniture di interesse statale la competenza normativa spetti per intero allo Stato14, mentre qualora gli stessi siano d’interesse regionale
12 In questi termini anche la VIII Commissione Ambiente della Camera che, nel parere dell’1.3.2006 (in particolare punto lett. d)) ebbe a precisare la necessità di una rivisitazione del riparto delle competenze di cui agli art. 4 e 5, anche alla luce del decreto delegato ricognitivo dei principi fondamentali in materia di governo del territorio.
13 Così, ad esempio, in materia di tutela della concorrenza la Corte Costituzionale nella sentenza n. 14/2004.
14 In questo senso anche Consiglio St. parere n. 355/2006 cit.
occorrerà verificare, caso per caso, quale possa essere l’incidenza dei profili di intervento trasversali, rimessi alla esclusiva competenza del legislatore statale, sulla disciplina dei contratti tendenzialmente di competenza regionale. Occorre precisare che il contratto è regionale non solo sotto il profilo meramente territoriale (tutti gli interventi – anche quelli statali – sono localizzati sul territorio regionale) ma funzionale, ossia deve trattarsi di una prestazione diretta a soddisfare un’esigenza della Regione.
Orbene, gli ambiti inquadrati dall’art. 4, 3° comma del Codice, in tanto potranno essere di competenza statale in quanto siano afferenti ad uno o più degli ambiti trasversali individuati dall’art. 117, 2° comma, della Costituzione ovvero nei limiti in cui esso operi con la “chiamata in sussidiarietà” nella regolamentazione delle funzioni amministrative attribuitegli. Anche qualora sia riscontrabile la legittimità di tale intervento, non per questo potrebbe essere esautorata la competenza normativa regionale.
In particolare il principio della tutela della concorrenza, il quale configura un ambito di intervento esclusivo dello Stato, è stato recentemente interpretato dalla Corte Costituzionale che, pur espressamente definita materia/funzione16, non ha escluso in senso assoluto una competenza normativa regionale. In particolare la Consulta con la sentenza del 13.01.2004 n. 1417 ha precisato che “la nozione di tutela della concorrenza abbraccia nel loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude interventi promozionali dello Stato, tuttavia, la linea di confine tra il principio autonomistico e quello della riserva allo Stato della tutela della concorrenza va individuata nella inclusione di questa competenza statale nella lettera e) dell’art. 117, secondo comma della Costituzione, che concentra in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell’intero Paese. L’intervento statale si giustifica, quindi, per la sua rilevanza macroeconomica, mentre alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni sono
15 Cons. St. parere n. 335/2006.
16 Corte Costituzionale sent. n. 175/2005 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
17 Negli stessi termini Corte Costituzionale sentt. nn. 134/2005 e 174/2005.
riservati gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale.” Il discrimen per ricondurre un profilo della complessa materia dei contratti pubblici nell’ambito della “tutela della concorrenza” e, dunque, alla potestà esclusiva statale, è innanzitutto l’ambito territoriale degli interventi alla cui realizzazione i finanziamenti sono funzionali oltre che all’adeguatezza e proporzionalità dell’intervento programmato rispetto agli obiettivi attesi18.
I sistemi di qualificazione, le procedure di affidamento sotto il profilo della disciplina delle forme di pubblicità e trasparenza e dei criteri di aggiudicazione, rappresentano profili disciplinari sicuramente riconducibili alla tutela della concorrenza e, dunque, alla competenza legislativa statale che trasversalmente potrà invadere anche gli ambiti di competenza regionale19. Lo stesso dicasi per il subappalto riconducibile al profilo dell’ordinamento civile e, chiaramente, quello della regolamentazione dei contenziosi. Tuttavia, trattandosi di ambiti trasversali di intervento, il legislatore statale potrà intervenire nei limiti della proporzionalità e dell’adeguatezza. In sintesi, ciò che sembrerebbe contrastare con l’impostazione costituzionale del riparto delle competenze normative, è l’esclusione di qualsivoglia competenza regionale sui profili indicati; una previsione che, dettata aprioristicamente e senza alcun riferimento alle esigenze di adeguatezza e proporzionalità, non sembra conformarsi al dettato costituzionale.
Il 4° comma dell’art. 4 del Codice detta la disciplina sulla “cedevolezza” delle norme prevedendo che: “Nelle materie di competenza normativa regionale, concorrente o esclusiva, le disposizioni del presente Codice si applicano alle regioni nelle quali non sia ancora in vigore la normativa di attuazione e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione”. La previsione normativa si giustifica con la circostanza che le norme del Codice recepiscono due direttive europee per le quali, ferme restando le competenze di ciascun organo a seconda della materia di riferimento, sussiste una specifica responsabilità da parte del Stato. La previsione si ricollega, pertanto all’art. 11, 8° comma, della Legge n. 11, del 4.2.2005 in forza della quale “In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, gli atti normativi di
18 In questo senso ex multis: Corte Cost sentt. nn. 272/2004; 175/2005.
19 Si pensi alle pur controverse forme di pubblicità richieste dal Codice anche per gli appalti banditi dalla Regione.
cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In tale caso, gli atti normativi statali adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria, perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute. I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.
Tuttavia il Codice sembrerebbe dare, erroneamente, per scontata l’abrogazione della normativa regionale ad esso previgente. Lungi dall’accogliere tale semplicistica valutazione occorrerebbe valutare, in particolare per i profili della materia rimessi alla potestà legislativa concorrente di cui all’art. 4, 2° comma, del Codice (ossia “la programmazione, l’approvazione dei progetti a fini urbanistici ed espropriativi, l’organizzazione amministrativa, i compiti ed i requisiti del responsabile del procedimento e la sicurezza sul lavoro”), la conformità della predetta normativa regionale ai principi fondamentali della materia – ma non anche alle disposizioni - e, solo in caso di accertamento negativo, considerarsi abrogata la disciplina regionale20.
Ai sensi dell’art. 10 della legge 10.02.1953, n. 62 “Le leggi della Repubblica che modificano i principi fondamentali di cui al primo comma dell'articolo precedente abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse. I Consigli regionali dovranno portare alle leggi regionali le conseguenti necessarie modificazioni entro novanta giorni”. Alla luce della nota previsione della “legge Scelba”, la legge regionale previgente che, nelle materie rimesse alla sua potestà legislativa concorrente ai sensi dell’art. 4, 2° comma, del Codice, ove sia conforme al principio recato dalle norme del Codice, ancorché in contrasto con la
20 In questi termini anche X. XXXXXXX, tra Codice e leggi regionali rapporti sempre più difficili, in Ed. Terr. n. 36/2006, 12 ss.
disciplina di dettaglio recata dalla disposizione del Codice, non potrebbe per ciò solo ritenersi abrogata. In sintesi:
1) le nuove norme codicistiche ancorché espressione, ai sensi del combinato normativo di cui all’art. 11, 8° comma, della legge n. 11/2005 e dell’art. 4, 4° comma del Codice, del recepimento della normativa europea in materia di contratti, non operano in regime di “vuoto normativo” tale da giustificare l’integrale loro applicazione dalle Regioni;
2) le leggi regionali previgenti, nelle materie rimesse alla potestà legislativa concorrente Stato – Regioni, di cui all’art. 4, 2° comma, del Codice, non potranno ritenersi abrogate ipso iure per l’entrata in vigore del Codice;
3) al fine della loro abrogazione sarà necessario accertare e constatare il contrasto della norma regionale con i principi fondamentali del Codice, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, della Legge n. 62/1953.
L’eccezione alla regola generale è quella di cui al 5° comma, dell’art. 4 secondo cui: “Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione”. Per le Regioni a statuto speciale e le province autonome non si applica, dunque, la clausola di cedevolezza di cui al 4°comma, e neanche l’abrogazione di cui all’art. 10 della Legge n. 10/1953, ma solo l’obbligo di adeguamento alle “novità” nel rispetto delle norme previste dagli Statuti speciali e dalle relative norme di attuazione21.
Nelle sentenze n. 333 e n. 482 del 1995 e nella più recente sentenza n. 302 del 2003, l'argomento su cui è incentrata la ratio decidendi è che lo strumento della delegificazione non può operare in presenza di fonti tra le quali non vi siano rapporti di gerarchia, ma di separazione di competenze. Solo la diretta incompatibilità delle norme regionali con sopravvenuti
21 Sul punto si veda oltre al parere n. 355/2006 del Consiglio di Stato anche la Corte cost. 01-10-2003 (23-09-2003), n. 302 in Foro amm. CDS 2003, pag. 2774 (s.m.); Riv. giur. urbanistica 2003, pag. 316 con nota di PASSERI; Giur. cost. 2003, 5; Riv. giur. edilizia 2004, I, pag. 55.
principî o norme fondamentali della legge statale può infatti determinare l'abrogazione delle prime.
La ragione giustificativa di tale orientamento si è, se possibile, rafforzata con la nuova formulazione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione, secondo il quale la potestà regolamentare è dello Stato, salva delega alle Regioni, nelle materie di legislazione esclusiva, mentre in ogni altra materia è delle Regioni. In un riparto così rigidamente strutturato, alla fonte secondaria statale è inibita in radice la possibilità di vincolare l'esercizio della potestà legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); neppure i principî di sussidiarietà e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capacità che è estranea al loro valore, quella cioè di modificare gli ordinamenti regionali a livello primario. Quei principî, lo si è già rilevato, non privano di contenuto precettivo l'art. 117 Costituzione, pur se, alle condizioni e nei casi sopra evidenziati, introducono in esso elementi di dinamicità intesi ad attenuare la rigidità nel riparto di funzioni legislative ivi delineato. Non può quindi essere loro riconosciuta l'attitudine a vanificare la collocazione sistematica delle fonti conferendo primarietà ad atti che possiedono lo statuto giuridico di fonti secondarie, degradando le fonti regionali a fonti subordinate ai regolamenti statali o comunque a questi condizionate.
Se quindi, come già chiarito, alla legge statale è consentita l'organizzazione e la disciplina delle funzioni amministrative assunte in sussidiarietà, va precisato che la legge stessa non può spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminando i principî che orientino l'esercizio della potestà regolamentare, circoscrivendone la discrezionalità.
3. I soggetti e gli organismi
Un settore nel quale il Codice, si mostra particolarmente innovativo è quello organizzativo; esso difatti introduce nuovi organismi e ridefinisce ruoli e competenze nel settore dei contratti pubblici. Occorre soffermarsi in particolare: sull’Autorità di vigilanza (art. 6); sull’Osservatorio (art. 7); sullo sportello Unico dei contratti pubblici (art. 9) e sul responsabile delle procedure di affidamento (art. 10).
3. 1. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
Funzione tipica dell’Autorità continua ad essere quella di vigilanza e garanzia in ordine alla corretta applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici; funzione che, peraltro, dovendosi conservare unitaria per essere efficace, ne ha fatto salva la specifica disciplina in ordine alle rivendicazioni del legislatore regionale23. In particolare, ai sensi dell’art. 6,
22 Art. 25, comma 1, lett. c) della Legge n. 62/2005 che recepisce la prescrizione dettata dall’art. 81, comma 2, della Direttiva 2004/18/Ce.
23 Si veda in questo senso Corte Costituzionale n. 482 del 7.11.1995 in Riv. corte conti 1995, fasc. 6, 276; Riv. trim. appalti 1995, 75 con nota di ANELLI; Riv. trim. appalti 1995, 75 con nota di XXXXXXXX; Riv. trim. appalti 1995, 75 con nota di XXXXXXX; Regioni 1996, 373 con nota di XXXXXXXXXX; Rass. giur. Enel 1996, 903; Riv. it. dir. pubbl. comunit. 1996, 749; Giur. it. 1996, I, 397 con nota di POLICE; Foro amm. 1998, fasc. 10; Cons. Stato 1995, II,1927. La Corte rigetta la sollevata questione di legittimità costituzionale in ordine all’allora art. 4 della legge n. 109/1994 in quanto “l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - realizzando l'esigenza di un'autorità indipendente e di alta qualificazione, chiamata ad operare in piena autonomia rispetto agli apparati dell'esecutivo ed agli organi di ogni amministrazione - può esercitare la funzione di vigilanza attribuitale solo se ha una conoscenza completa ed integrata del settore dei lavori pubblici, unitaria a livello nazionale; ed in quanto le sue attribuzioni - che esprimono una funzione di garanzia - da un lato, non sostituiscono né surrogano alcuna competenza di amministrazione attiva o di controllo, e, dall'altro, richiedono l'adempimento del dovere di cooperazione tra Stato, Regioni e Province autonome”. Si conforma la giurisprudenza amministrativa Si veda ex multis .R.G.A. TRENTINO- ALTO ADIGE Bolzano, 10-12-2002, n. 567 Edita in Il Foro Amministrativo T.A.R., 2002, 12, 3929 secondo cui: “Sono legittimamente applicabili in provincia di Bolzano le sanzioni previste dall'art. 4
5° comma, del Codice: “L'Autorità vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali, nonché, nei limiti stabiliti dal presente Codice, sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito di applicazione del presente Codice, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 2 e, segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, e di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole procedure di gara”.
La norma estende la competenza dell’Autorità anche ai contratti esclusi dall’ambito di operatività delle Direttive (e dunque del Codice che le recepisce); in merito il Consiglio di Stato24 ha riconosciuto la conformità di siffatta estensione ai criteri della delega alla luce del fatto che quest’ultima farebbe riferimento alla disciplina prevista dal Codice e non solamente a quella di riferimento delle direttive. In verità il criterio adottato appare discutibile alla luce di una lettura anche solamente formale della delega, la quale (art. 25, comma 1, lett. c della legge n. 62/2005) prevede il conferimento all'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici dei compiti di vigilanza nei settori oggetto della presente disciplina (id est quella dei contratti pubblici), ma pur sempre in attuazione della normativa comunitaria. Senza dilungarsi sul significato ermeneutico della locuzione “presente disciplina”25 appare obiettivamente discutibile, sulla base dello stesso tenore letterale della norma, che la normativa comunitaria – in attuazione della quale opera la norma italiana - possa legittimare l’esercizio di un potere avente un ambito oggettivo più esteso di quanto da essa stessa disciplinato.
commi 7e 17, l. n. 109 del 1994 (potere sanzionatorio dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici connesso al rispetto dell'obbligo di comunicare gli elementi di informazione necessari per l'esercizio delle funzioni di vigilanza), essendosi la l. prov. B. 17 giugno 1998 n. 6 adeguata con gli artt. 76 e 83 comma 5, ai principi della norma statale istintiva dell'Autorità. Le attività di ispezione e di controllo previste dalla legislazione statale in questione non sostituiscono né surrogano alcuna competenza di amministrazione di controllo, ma hanno funzione di garanzia e carattere strumentale rispetto alla conoscenza ed alla vigilanza nel complessivo settore dei lavori pubblici. L’impostazione non muta rispetto al nuovo quadro costituzionale derivante dalle modifiche di cui alla legge costituzionale n. 3/2001 in quanto è di tutta evidenza come la vigilanza unitaria sui contratti pubblici è una funzione che, in quanto strumentale alla tutela della concorrenza rientra nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato anche ai sensi del novella art. 117, 2° comma, della Costituzione”.
24 Nel parere n. 335del 6.2.2006 in xxx.xxxxxxxxx.xx
25 Che, ai sensi di quanto previsto nell’epigrafe di cui all’art. 25 della legge delega dovrebbe essere il coordinamento delle procedure di aggiudicazione in recepimento delle direttive europee e non il mero coordinamento delle procedure di aggiudicazione.
Sono, invece, esclusi dall’ambito della funzione di vigilanza dell’Autorità i contratti segretati, quelli relativi al commercio di armi e quelli stipulati in base ad accordi internazionali.
Le guarentigie poste a tutela della citata indipendenza dell’Autorità sono quelle tipiche di qualsivoglia Autorità indipendente e si dipanano dalla individuazione delle modalità di nomina dei membri fino al riconoscimento della autonomia organizzativa. Riguardo al primo profilo l’art. 6 precisa che i membri dell’Autorità saranno nominati direttamente dai Presidenti delle Camere e scelti fra personalità di spicco del settore aventi particolare professionalità; essi potranno rimanere in carica per cinque anni non rinnovabili né prorogabili.
L’Autorità è dotata di un potere regolamentare avente ad oggetto oltre al profilo organizzatorio, anche quello afferente alla disciplina dell’esercizio della funzione di vigilanza e del potere sanzionatorio.
26 Quest’ultima ai sensi dell’art. 1, commi 65 e 67 della Legge n. 266/2005 che introduce la cd “tassa della gara”, in particolare la norma dispone che: “L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, cui è riconosciuta autonomia organizzativa e finanziaria, ai fini della copertura dei costi relativi al proprio funzionamento di cui al comma 65 determina annualmente l'ammontare delle contribuzioni ad essa dovute dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nonché le relative modalità di riscossione, ivi compreso l'obbligo di versamento del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche. In sede di prima applicazione, il totale dei contributi versati non deve, comunque, superare lo 0,25 per cento del valore complessivo del mercato di competenza. L'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici può, altresì, individuare quali servizi siano erogabili a titolo oneroso, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo dei servizi stessi. I contributi e le tariffe previsti dal presente comma sono predeterminati e pubblici. Eventuali variazioni delle modalità e della misura della contribuzione e delle tariffe, comunque nel limite massimo dello 0,4 per cento del valore complessivo del mercato di competenza, possono essere adottate dall'Autorità ai sensi del comma 65. In via transitoria, per l'anno 2006, nelle more dell'attivazione delle modalità di finanziamento previste dal presente comma, le risorse per il funzionamento dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici sono integrate, a titolo di anticipazione, con il contributo di 3,5 milioni di euro, che il predetto organismo provvederà a versare all'entrata del bilancio dello Stato entro il 31 dicembre 2006. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è disciplinata l'attribuzione alla medesima autorità per la vigilanza sui lavori pubblici delle competenze necessarie per lo svolgimento anche delle funzioni di sorveglianza sulla sicurezza ferroviaria, definendone i tempi di attuazione”. Sulle funzioni dell’Autorità si veda l’art. 6, 4° comma, del Codice.
Occorre domandarsi quale sia l’effettiva valenza giuridica di tali regolamenti, ossia se essi abbiano valenza normativa ovvero propriamente amministrativa27. Il Consiglio di Stato liquida la vicenda dando per scontata la prima delle due soluzioni, preoccupandosi, piuttosto, delle ricadute dell’esercizio di tali poteri sulle posizioni dei privati. Sia consentito dubitare di siffatte conclusioni.
A prescindere dalla esatta configurazione giuridica della potestà regolamentare, già di per se stessa problematica e controversa, se una certezza vi deve essere in questo contesto, è che la delega non assegna all’Autorità alcun potere normativo né, d’altra parte, tale assegnazione risulta essere prevista dal pregresso quadro normativo di cui alla legge n. 109/1994 che il Codice ha inteso sostituire. Xxxx, l’interprete ha costantemente individuato l’azione dell’Autorità come esercizio di una potestà amministrativa e non normativa, addirittura priva di effetti vincolanti per le parti28, né mai è stata assegnato rango normativo agli atti da essa emanati.
In estrema sintesi la questione non è tanto quella – affrontata dall’Organismo consultivo - di verificare l’astratta possibilità per le Autorità indipendenti di detenere la titolarità di un potere normativo, ma piuttosto quella prodromica e concreta di tale effettiva attribuzione in favore dell’Autorità di xxxxxxxxx; e riguardo quest’ultimo aspetto, come sottolineato, il quadro normativo di riferimento depone in senso sostanzialmente contrario.
Sotto il profilo organizzatorio, l’autonomia dell’Autorità (peraltro già riconosciuta dalla Legge n. 109/1994), trova riconoscimento nell’art. 8, 2° comma, secondo il quale: “L'Autorità, nell'ambito della sua autonomia organizzativa, disciplina con uno o più regolamenti la propria
27 Ad esempio come atti amministrativi generali.
28 Ex multis: TAR Lazio 10.07.2002 n. 6741 Edita in Urbanistica e appalti, 2003, 2, 222 con commento di Ieva secondo la quale: “Le determinazioni dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici possono ascriversi alla categoria delle "circolari interpretative", in quanto destinate ad orientare la successiva attività delle Amministrazioni vigilate, ma con effetti non necessariamente vincolanti su di esse, le quali se ne possono discostare nel caso in cui le reputino contra legem. L'Autorità ha inteso muoversi nell'ambito del potere di vigilanza "sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia", attribuitole dall'art. 4 della L. n. 109 del 1994 succ. mod., intendendolo comprensivo anche della facoltà di emanare atti di orientamento per la corretta applicazione della stessa normativa da parte delle Amministrazioni pubbliche. Ciò comporta l'insussistenza di una possibile lesione immediata e diretta della sfera giuridica dei destinatari delle c.d. determinazioni, che in realtà risultano essere le Amministrazioni chiamate ad applicare, in sede di formulazione dei bandi di gara, la complessa normativa sui lavori pubblici e non le imprese concorrenti”.
organizzazione e il proprio funzionamento, i bilanci, i rendiconti e la gestione delle spese nei limiti delle proprie risorse, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, l'accesso ai documenti amministrativi, le modalità di esercizio della vigilanza e i procedimenti sanzionatori di sua competenza”.
Per quanto concerne, invece, la disciplina dell’esercizio della funzione di vigilanza, l’art. 8, 3° comma del Codice precisa che l’Autorità nell’espletamento di tale funzione dovrà prevedere:
a) il termine congruo entro cui i destinatari di una richiesta dell'Autorità devono inviare i dati richiesti;
b) la possibilità che l'Autorità invii propri funzionari nella sede di amministrazioni e soggetti aggiudicatori, e operatori economici, al fine di acquisire dati, notizie, documenti, chiarimenti;
c) la possibilità che l'Autorità convochi, con preavviso e indicazione specifica dell'oggetto, i rappresentanti di amministrazioni e soggetti aggiudicatori, operatori economici, SOA, o altri soggetti che ritenga necessario o opportuno sentire;
d) le modalità di svolgimento dell'istruttoria nel rispetto dei principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241;
e) le forme di comunicazione degli atti, idonee a garantire la data certa della piena conoscenza.
È palese, alla luce di tali criteri, l’esigenza, riscontrata anche in sede di dibattito parlamentare29, di mitigare l’incidenza del potere regolamentare concesso all’Autorità sulle posizioni dei privati, soprattutto nei casi di vigilanza e sanzioni, innalzando l’intensità del livello delle garanzie procedimentali in favore di questi ultimi quasi a compensare - come rileva l’Organismo consultivo - “il rischio di una caduta del valore della legalità sostanziale”.
Risponde a queste esigenze di mitigazione anche l’elisione, rispetto all’originaria formulazione del Codice, della funzione pre-contenziosa che si risolveva sostanzialmente nel potere di soluzione delle controversie fra
29 Peraltro riscontrata dal Consiglio di Stato nel parere 335/2006.
pubblica amministrazione ed operatori economici30. Essa è stata sostituita da una più blanda funzione consultiva non obbligatoria e, dunque attivabile solo su iniziativa di parte, sia essa la stazione appaltante ovvero l’operatore economico31.
Tale nuova funzione, pur palesandosi legittima, non sembrerebbe poter produrre significativi effetti di “decongestionamento” del contenzioso ordinario in materia di contratti pubblici, considerando non solo la particolare celerità del rito in materia di appalti davanti al Giudice amministrativo32, ma anche la non vincolatività del parere dell’Autorità che pur potendo orientare l’azione di una delle parti, non rivestirebbe il rango di statuizione vincolante per le parti e, dunque, non risulterebbe funzionale al superamento dell’eventuale successiva azione davanti al Giudice amministrativo. Xxxx, a ben vedere, tale funzione corre il rischio di allungare i tempi di risoluzione dei contenzioni nel settore dei contratti pubblici.
Per quanto concerne, infine, l’attività sanzionatoria l’art. 8, 4° comma, del Codice dispone che: “Il regolamento dell'Autorità disciplina l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”. Anche rispetto, dunque, all’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità, si riafferma la necessità di intensificare le guarentigie del contraddittorio a compensazione dell’accresciuto potere dell’Autorità rispetto ai privati.
In conclusione le nuove funzioni assegnate all’Autorità dal nuovo Codice sono:
30 Criticata anche dal Consiglio di Stato che nel parere 335/2006, pur aderendo ad una visione “larga” della delega, ne ha sottolineato l’esorbitanza rispetto alla stessa.
31 Si veda in particolare l’art. 6, comma 7, lett. n del Codice secondo cui l’Autorità: “su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione; si applica l'articolo 1, comma 67, terzo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.
32 Che rischierebbe addirittura di essere attivato e ultimato prima di quello stragiudiziale consultivo davanti all’Autorità; in merito si veda l’art. 23 bis della Legge n. 1034/1971 come introdotto dalla legge n. 205/2001.
- la titolarità di una funzione propositiva in favore del Governo in ordine alle modifiche occorrenti alla legislazione vigente in materia (art. 6, 7° co., lett. f);
- la titolarità di un potere di annullamento e/o sospensione delle attestazioni rilasciate dalle SOA in carenza dei presupposti richiesti dalla Legge e di perdurante inerzia delle stesse SOA (art. 6, 7° comma, lett. m). In merito a tale ambito di intervento all’Autorità è demandata anche la funzione di controllo sulle attestazioni rilasciate a partire dall’1.3.2001 ed alle condizioni di cui all’art. 253, comma 21 del Codice secondo il quale: “In relazione alle attestazioni rilasciate dalle SOA dal 1° marzo 2000 alla data di entrata in vigore del Codice, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di intesa con l'Autorità, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti i criteri, le modalità e le procedure per la verifica dei certificati dei lavori pubblici e delle fatture utilizzati ai fini del rilascio delle attestazioni SOA. La verifica è conclusa entro un anno dall'entrata in vigore del predetto decreto”;
- la titolare di una funzione consultiva relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento della procedura (art. 6, 7° comma, lett. n).
3. 2. L’Osservatorio dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
Meno rilevanti le novità per quanto concerne l’Osservatorio, il cui ambito di operatività viene anch’esso esteso a tutti i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e disciplinato dall’art. 7 del Codice.
Sotto il profilo organizzativo l’Osservatorio, comunque articolato in una sezione centrale ed in sezioni regionali, opera nell’ambito dell’Autorità ed è dunque oggetto di espressa disciplina che deve essere inserita in capo al regolamento dell’Autorità. La funzione di monitoraggio dei dati estesa anche ai settori dei servizi e delle forniture ha comportato l’esigenza di coordinare l’attività dell’Osservatorio con quelle degli altri enti competenti per tali settori, ossia l’Istat e la Consip. Difatti l’art. 7, 3° comma, del Codice dispone che: “L'Osservatorio, in collaborazione con il CNIPA, opera mediante procedure informatiche, sulla base di apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con gli analoghi sistemi della Ragioneria generale dello Stato, dei Ministeri interessati, dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), delle regioni, dell'Unione province d'Italia (UPI), dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e delle casse edili, della CONSIP”.
Invariati gli obblighi di comunicazione33 e le funzioni poste a capo dell’Osservatorio che, ai sensi dell’art. 7, 4° comma, del Codice, sono individuate nelle seguenti:
a) provvede alla raccolta e alla elaborazione dei dati informativi concernenti i contratti pubblici su tutto il territorio nazionale e, in particolare, di quelli concernenti i bandi e gli avvisi di gara, le aggiudicazioni e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l'impiego della mano d'opera e le relative norme di sicurezza, i costi e gli scostamenti rispetto a quelli preventivati, i tempi di esecuzione e le modalità di attuazione degli interventi, i ritardi e le disfunzioni;
b) determina annualmente costi standardizzati per tipo di lavoro in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
c) determina annualmente costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione, avvalendosi dei dati forniti dall'ISTAT, e tenendo conto dei parametri qualità prezzo
33 Riportati dall’art. 7, comma 8 del Codice.
d) pubblica semestralmente i programmi triennali dei lavori pubblici predisposti dalle amministrazioni aggiudicatrici, nonché l'elenco dei contratti pubblici affidati;
e) promuove la realizzazione di un collegamento informatico con le stazioni appaltanti, nonché con le Regioni, al fine di acquisire informazioni in tempo reale sui contratti pubblici;
f) garantisce l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle relative elaborazioni;
g) adempie agli oneri di pubblicità e di conoscibilità richiesti dall'Autorità;
h) favorisce la formazione di archivi di settore, in particolare in materia contrattuale, e la formulazione di tipologie unitarie da mettere a disposizione dei soggetti interessati;
i) gestisce il proprio sito informatico;
j) cura l'elaborazione dei prospetti statistici di cui all'articolo 250 (contenuto del prospetto statistico per i contratti pubblici di lavori, forniture e servizi di rilevanza comunitaria) e di cui all'articolo 251 (contenuto del prospetto statistico per i contratti pubblici di lavori, forniture e servizi nei settori di gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica).
È, altresì, prevista la realizzazione di un sito informatico sul quale andranno pubblicati bandi ed avvisi34.
3.3. Lo Sportello dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
Sotto il profilo organizzatorio è rilevante, altresì, anche l’art. 9 del Codice che introduce la nuova figura dello Sportello dei contratti pubblici
34 Si veda in particolare l’art. 66, 7° comma, del Codice.
relativi a lavori, servizi e forniture per ottemperare alla richiesta di informazioni prescritte dall’art. 27 della Direttiva 2004/1835.
La previsione normativa risponde alla medesima ratio che ha supportato la costituzione degli sportelli unici in altri ambiti di intervento come quello dell’edilizia, delle espropriazioni e della attività produttive. Il nuovo organismo è espressione dell’esigenza di semplificazione e snellimento procedurale, realizzando un’interfaccia con l’utente privato che si imbatta nelle “sabbie mobili” di un procedimento complesso come quello relativo alla stipulazione di un contratto pubblico. Esso, dunque, non incide in alcun modo sul riparto delle competenze amministrative; lo sportello è sostanzialmente privo di soggettività rappresentando esclusivamente un ufficio operativo, che accorpa in un unico soggetto le diverse e immutate competenze amministrative.
Per i contratti pubblici le sue competenze sono, rispetto agli altri settori, ancora più marginali essendo circoscritte esclusivamente ad adempimenti informativi. In particolare ai sensi dell’art. 9, 1° comma, del Codice lo sportello ha il compito di:
a) fornire ai candidati e agli offerenti, e ai soggetti che intendono presentare una candidatura o un'offerta, informazioni relative alle norme vigenti nel luogo di affidamento e di esecuzione del contratto, inerenti agli obblighi fiscali, alla tutela dell'ambiente, alle disposizioni in materia di sicurezza e condizioni di lavoro, nonché a tutte le altre norme che devono essere rispettate nell'esecuzione del contratto;
b) fornire ai candidati la documentazione utile per la presentazione delle candidature e delle offerte, in conformità alle norme del presente Codice.
35 Dispone al norma europea che: “1. L'amministrazione aggiudicatrice può precisare o può essere obbligata da uno Stato membro a precisare nel capitolato d'oneri l'organismo o gli organismi dai quali i candidati o gli offerenti possono ottenere le pertinenti informazioni sugli obblighi relativi alla fiscalità, alla tutela dell'ambiente, alle disposizioni in materia di sicurezza e alle condizioni di lavoro che sono in vigore nello Stato membro, nella regione o nella località in cui devono essere fornite le prestazioni e che si applicheranno ai lavori effettuati nel cantiere o ai servizi forniti nel xxxxx xxxx'xxxxxxxxxx xxxx'xxxxxxx. 0. L'amministrazione aggiudicatrice che fornisce le informazioni di cui al paragrafo 1 chiede agli offerenti o ai candidati in una procedura di aggiudicazione d'appalti di indicare di aver tenuto conto, in sede di preparazione della propria offerta, degli obblighi in materia di sicurezza e di condizioni di lavoro in vigore nel luogo in cui la prestazione deve essere effettuata.
3. Il primo comma non osta all'applicazione dell'articolo 55 relative alla verifica delle offerte anormalmente basse”.
3. 4. Il Responsabile delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici di lavori
Rispetto al regime previgente la disciplina speciale del Responsabile viene estesa anche ai contratti di servizi e delle forniture37, ma conserva il requisito dell’unicità sì come si evince dal 1° comma, del citato art. 10 secondo cui: “Per ogni singolo intervento da realizzarsi mediante un contratto pubblico, le amministrazioni aggiudicatrici nominano, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, un responsabile del procedimento, unico per le fasi della progettazione, dell'affidamento, dell'esecuzione”.
Tuttavia la disciplina della figura si diversifica a seconda che si tratti di contratti aventi ad oggetto i lavori ovvero servizi di ingegneria ed architettura ovvero altre tipologie di servizi e forniture.
Nel primo caso il Codice conferma le regole del previgente quadro normativo in ordine:
1) ai requisiti di professionalità: deve, infatti, trattarsi di un tecnico in possesso dei requisiti di professionalità indicati dall’emanando regolamento generale di cui all’art. 538. Tuttavia per definire tali requisiti medio tempore occorrerà fare riferimento comunque alle norme di cui all’art. 7 del DPR n. 554/99 fatto salvo (se non per il 6° comma) dall’art. 256 del
36 In particolare l’art. 256 abroga esclusivamente il comma 6 dell’art. 7 del DPR n. 554/99 a mente del quale: “I soggetti non tenuti all’applicazione dell’articolo 7 della Legge devono in ogni caso garantire lo svolgimento dei compiti previsti per il responsabile del procedimento dalle norme della legge e del regolamento che li riguardano”.
37 Precedentemente per tali contratti era prevista la figura del Responsabile in xxx xxxxxxxx xxxxx xxxxx
38 Art. 10, commi 5 e 6.
Codice. Difatti, se non oggetto di espressa abrogazione da parte dell’articolo 256, le norme del regolamento potranno essere abrogate solamente dal nuovo regolamento, con effetto dall’entrata in vigore di quest’ultimo. A tal fine il Responsabile dovrà essere non solamente un tecnico, ma dovrà, altresì, essere in possesso “di un titolo di studio adeguato alla natura dell'intervento da realizzare, abilitato all'esercizio della professione o, quando l'abilitazione non sia prevista dalle norme vigenti, è un funzionario con idonea professionalità, e con anzianità di servizio in ruolo non inferiore a cinque anni”39. Non sarà sufficiente dunque, qualsiasi preparazione tecnica, ma una preparazione adeguata alle complessità connesse all’intervento da realizzare. Certamente la definizione delle competenze e dei requisiti del responsabile rientrano nell’ambito della competenza concorrente Stato – Regioni, ma non vi è alcun dubbio che il collegamento fra complessità delle competenze ed idoneità del titolo di studio/professionale sia un principio fondamentale ed in quanto tale vincolante per il legislatore regionale;
2) al rapporto con la pubblica amministrazione: il responsabile unico dovrà essere un dipendente di ruolo dell’amministrazione aggiudicatrice40. L’inciso “di ruolo” riferito al dipendente potrebbe palesare un intento restrittivo del legislatore, nel senso di escludere tutti i dipendenti “a contratto”;
3) ai compiti di supporto: l’art. 10, 7° comma, riprende la norma di cui all’art. 7, 5° comma, della Legge n. 109/1994 precisando che: “nel caso in cui l'organico delle amministrazioni aggiudicatrici presenti carenze accertate o in esso non sia compreso nessun soggetto in possesso della specifica professionalità necessaria per lo svolgimento dei compiti propri del responsabile del procedimento, secondo quanto attestato dal dirigente competente, i compiti di supporto all'attività del responsabile del procedimento possono essere affidati, con le procedure previste dal presente Codice per l'affidamento di incarichi di servizi, ai soggetti aventi le specifiche competenze di carattere tecnico, economico finanziario, amministrativo,
39 Art. 7, 4° comma, del DPR n. 554/99.
40 Art. 10, 5° comma, del Codice; il riferimento alle amministrazioni aggiudicatrici denota che, per i soggetti aggiudicatori, non dovrà ritenersi vigente tale obbligo.
organizzativo, e legale, che abbiano stipulato adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi professionali;
4) alla modalità di individuazione dei responsabili per le stazioni appaltanti che non siano amministrazioni aggiudicatrici. In particolare l’art. 10, 9° comma, dispone che: “Le stazioni appaltanti che non sono pubbliche amministrazioni e enti pubblici, in conformità ai principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, individuano, secondo i propri ordinamenti, uno o più soggetti cui affidare i compiti propri del responsabile del procedimento, limitatamente al rispetto delle norme del presente Codice alla cui osservanza sono tenuti”;
5) alla coincidenza fra RUP, progettista e direttore dei lavori. L’art. 10, 6° comma precisa che il regolamento: “….per i lavori determina l'importo massimo e la tipologia, per i quali il responsabile del procedimento può coincidere con il progettista. Le ipotesi di coincidenza tra responsabile del procedimento e direttore dell'esecuzione del contratto sono stabilite dal regolamento, in conformità all'articolo 119”. Anche in questo occorre fare riferimento al vigente regolamento generale del 1999 ed in particolare alla norma di cui al 4° comma, dell’art. 7 secondo cui in genere le funzioni di RUP, progettista e direttore dei lavori potranno coincidere per uno o più interventi e nei limiti delle competenze professionali del dipendente ad eccezione di interventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere h) ed i)41, e di interventi di importo superiore a 500.000 Euro. Occorre, comunque considerare che la definizione di tali soglie non sembrerebbe presentare la natura di principio fondamentale ed in quanto tale – ferma restando l’obbligatoria competenza
41 Si tratta rispettivamente di: “ h) opere e impianti di speciale complessità, o di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico, o complessi o ad elevata componente tecnologica, oppure di particolare complessità, secondo le definizioni rispettivamente contenute nell'articolo 17, commi 4 e 13, nell'articolo 20, comma 4, e nell'articolo 28, comma 7 della Legge: le opere e gli impianti caratterizzati dalla presenza in modo rilevante di almeno due dei seguenti elementi: 1) utilizzo di materiali e componenti innovativi; 2) processi produttivi innovativi o di alta precisione dimensionale e qualitativa; 3) esecuzione in luoghi che presentano difficoltà logistica o particolari problematiche geotecniche, idrauliche, geologiche e ambientali; 4) complessità di funzionamento d'uso o necessità di elevate prestazioni per quanto riguarda la loro funzionalità; 5) esecuzione in ambienti aggressivi;
6) necessità di prevedere dotazioni impiantistiche non usuali;
i) progetto integrale di un intervento: un progetto elaborato in forma completa e dettagliata in tutte le sue parti, architettonica, strutturale e impiantistica”.
professionale – potrebbe essere modificata dal legislatore regionale. Comunque sia, in attesa di qualsivoglia intervento in tal senso, anche le Regioni sono vincolate al rispetto di tale previsione normativa.
Per quanto concerne, invece i contratti aventi ad oggetto servizi (diversi da quelli di architettura ed ingegneria), il Responsabile non dovrà essere necessariamente un “tecnico”, ma comunque possedere un titolo di studio e competenza adeguata allo svolgimento dei compiti per i quali è stato nominato.
Inalterate, infine, le funzioni del RUP che, ai sensi dell’art. 10, 3° comma del Codice
a) formula proposte e fornisce dati e informazioni al fine della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiornamenti annuali, nonché al fine della predisposizione di ogni altro atto di programmazione di contratti pubblici di servizi e di forniture, e della predisposizione dell'avviso di preinformazione;
b) cura, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, il controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria e ai tempi di realizzazione dei programmi;
c) cura il corretto e razionale svolgimento delle procedure;
d) segnala eventuali disfunzioni, impedimenti, ritardi nell'attuazione degli interventi;
e) accerta la libera disponibilità di aree e immobili necessari;
f) fornisce all'amministrazione aggiudicatrice i dati e le informazioni relativi alle principali fasi di svolgimento dell'attuazione dell'intervento, necessari per l'attività di coordinamento, indirizzo e controllo di sua competenza;
g) propone all'amministrazione aggiudicatrice la conclusione di un accordo di programma, ai sensi delle norme vigenti, quando si rende necessaria l'azione integrata e coordinata di diverse amministrazioni;
h) propone l'indizione, o, ove competente, indice la Conferenza di servizi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, quando sia necessario o utile per l'acquisizione di intese, pareri, concessioni, autorizzazioni, permessi, licenze, nulla osta, assensi, comunque denominati.
Il regolamento individua gli eventuali altri compiti del responsabile del procedimento, coordinando con essi i compiti del direttore dell'esecuzione del contratto e del direttore dei lavori, nonché dei coordinatori in materia di salute e di sicurezza durante la progettazione e durante l'esecuzione, previsti dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e dalle altre norme vigenti. Medio tempore trova applicazione, per le prestazioni aventi ad oggetto servizi di ingegneria ed architettura, l’art. 8 del DPR n. 554/99 che individua le ulteriori funzioni del Responsabile.
4. L'ambito soggettivo ed oggettivo
4.1. Le soglie di valore ed i criteri di calcolo
La Parte II è sicuramente quella più corposa del nuovo Codice sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, contemplando le regole in materia di pubblicità, trasparenza ed aggiudicazione dei contratti pubblici non solo d'importo comunitario, ma altresì d'importo inferiore a tale soglia. Anche a tali ultimi contratti si applicano le norme di cui alla citata Parte II, in quanto non derogate dalle norme specificamente dedicate nel Codice a questa tipologia di contratti42. In sostanza le norme della citata Parte II rappresentano un corpus normativo applicabile a tutti i contratti, qualunque sia la loro soglia di valore.
Il Codice determina le soglie di valore comunitarie in ossequio a quanto previsto dalla Direttiva Ce 2004/18 e dal Regolamento (ce) n. 2083/2005. Da questo punto di vista il Codice modifica le soglie di valore della normativa previgente, abbandonando il riferimento ai "diritti speciali di prelievo".
L'art. 28 del Codice individua tre soglie di valore distinte e tutte al netto dell'IVA:
- pari o superiore ad € 137.000 per gli appalti pubblici di servizi e/o forniture per le sole Amministrazioni centrali indicate nell'allegato IV43 fatta eccezione per i servizi di cui alla successiva lett. b.2) del medesimo articolo che sono i servizi di cui alla Categoria 8) dell'allegato IIA (servizi R&S - Ricerca e sviluppo44), nonché quelli di cui alla categoria 5) del medesimo allegato45 (Servizi di telecomunicazione limitatamente alle voci CPV 7524, 7525 e 7526) ed infine i
42 Art. 121, 1° comma del Codice. Il Titolo II disciplina espressamente i contratti sotto soglia comunitaria.
43 In sostanza, come precisa il Codice, si tratta delle Autorità governative centrali (ministeri).
44 Già indicati nella Categoria n. 8) dell'allegato 1 al D.Lgs. n. 157/1995 fatta eccezione per i contratti di ricerca e sviluppo diversi da quelli di cui beneficiano esclusivamente amministrazioni per loro uso nell'esercizio della propria attività, nella misura in cui la prestazione di servizi sia interamente retribuita da detta amministrazione.
45 Già categoria 5 dell'allegato 1 al citato D.Lgs. n. 157/1995.
servizi di cui all'allegato IIB. In estrema sintesi sono soggetti a tale soglia tutte le forniture ed i servizi, affidati dalle autorità governative centrali, indicate nell'allegato IIA, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi e sopra indicati;
- pari o superiore a € 211.000 per gli appalti pubblici di servizi affidati da tutte le altre amministrazioni aggiudicatrici che non siano Autorità governative centrali ai sensi dell'Allegato IV al Codice ed indipendentemente dalla categoria ed allegato di riferimento (dunque sia allegato IIA che IIB). La medesima soglia si applicherà agli appalti di servizi (per le forniture resta ferma la soglia dei 137.000 €), aggiudicati dalle Autorità governative centrali, qualora essi siano riconducibili alle categorie di cui all'Allegato IIB ovvero alle categorie nn. 5 ed 8 dell'Allegato IIA;
- pari o superiore a 5.278.000 € per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni di lavori pubblici.
Rimangono sostanzialmente immutati anche i criteri per la stima del valore dell'appalto, disciplinati dall'art. 29 del Codice46 fatte salve le eccezioni che di qui a breve si passeranno in rassegna.
Il criterio generale di calcolo, valido sia per gli appalti che per le concessioni di lavori e servizi pubblici, è quello dell'importo totale, al netto dell'IVA, pagabile dalle stazioni appaltanti ivi compresa qualsiasi forma di opzione e xxxxxxx00. La norma, nel ricalcare la previsione della Direttiva europea, introduce, rispetto alla normativa prodromica48, la nozione di “rinnovazione del contratto” precisando che nell'importo globale andranno comprese oltre alle opzioni anche gli importi connessi ai rinnovi contrattuali.
Come noto, l'art. 23, 1° comma, della Legge 18.04.2005, n. 62 sembrava avere espunto in via definitiva dal nostro ordinamento, la figura della rinnovazione contrattuale sennonché, un recente orientamento della giurisprudenza49, ritenendo che quest'ultima, diversamente dalla proroga,
46 Il quale recepisce l'art. 9 della Direttiva 2004/18/Ce e l'art. 17 della Direttiva 2004/17.
47 Art. 29, 1° comma, del Codice.
48 Art. 4 della D.Lgs. n. 157/1995 ed art. 2 del D.Lgs. n. 358/1992.
49 TAR Lazio - Roma, I - bis, 13.02.2006, n. 1064 in xxx.xxxxxxxxx.xx; tuttavia contra TAR Campania - Napoli, I, 20.12.2005 ivi e Cons. St., parere 12.10.2005.
sottintenda una nuova negoziazione con il medesimo soggetto ossia un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale, ha statuito nel senso della sua praticabilità seppur nei limiti di cui all'art. 7, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 157/199550. In sostanza il riferimento alla rinnovazione dei contratti, contrariamente a quanto avviene per la normativa europea, non trova un proprio supporto giustificativo nella normativa italiana nella quale, anzi, vige un esplicito divieto della sua praticabilità, se non nelle ipotesi espressamente contemplate dalla legge (come appunto nel caso del citato art. 7 del D.Lgs. n. 157/1995).
Per gli appalti di lavori e le concessioni di lavori pubblici il valore del contratto corrisponderà alla stima dei lavori nonché delle forniture e dei servizi necessari all'esecuzione dei lavori messi a disposizione dell'imprenditore da parte delle stazioni appaltanti51. Nel caso in cui l'appalto fosse articolato in più lotti, il suo valore scaturirà dalla somma del valore dei singoli lotti e se esso sarà superiore alla soglia comunitaria, l'aggiudicazione di ciascun lotto dovrà essere soggetta alle relative regole del Codice a meno che il valore di ciascun lotto, stimato al netto dell'IVA, sia inferiore ad 80.000 € per i servizi e/o le forniture e ad un milione € per quanto concerne i lavori, purché il valore cumulato di tali lotti non superi il 20% del valore complessivo dell'appalto.
Una novità, rispetto alla normativa previgente, è rinvenibile nel lett.
a.3) del comma 12 dell'art. 29 del Codice che, per gli appalti servizi aventi ad oggetto la progettazione individua quali criteri di stima "gli onorari, le commissioni da pagare e altre forme di remunerazione". Anche in questo caso si tratta del mero recepimento di un precetto comunitario52 che sembrerebbe non rispettare le regole dell'ordinamento interno che prevedono, per la maggior parte delle attività professionali appaltabili, un sistema tariffario con il quale è necessario confrontarsi all'atto della determinazione del valore dell'appalto. In particolare per quanto concerne i servizi di progettazione in materia di lavori pubblici il combinato normativo di cui all'art. 17 della Legge n. 109/1994 ed all'art. 62 del DPR
n. 554/99 rinvia espressamente alla quota del corrispettivo complessivo riferita alla progettazione e determinata sulla base delle percentuali ed aliquote di prestazioni parziali previste dalle vigenti tariffe professionali. In sostanza l'inciso "altre forme di remunerazione" sembrerebbe consentire
50 Trasfuso nell'art. 31 della Direttiva 18/2004.
51 Art. 29, 5° comma, del Codice.
52 Art. 9, comma 8°, lett. a) n. 3 della Direttiva 2004/18/Ce.
alla pubblica amministrazione ampia discrezionalità nella determinazione del valore dell'appalto che necessariamente, ove intesa in termini così ampi, si porrebbe in contrasto con le regole che informano il vigente sistema tariffario53; non a caso di tale inciso non vi è alcun riferimento nell'art. 4 del D.Lgs. n. 157/1995.
Tuttavia la prospettiva di tale conflittualità è oggi mutata alla luce delle modifiche introdotte dal D.L. n. 223 del 4/7/2006 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”54 convertito con modifiche dalla Legge 4/8/2006 n. 248 il cui art. 2 abroga l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti55. Fermo restando quanto si avrà modo di precisare infra in merito alla questione “tariffe”, sul punto specifico del riferimento alle stesse per la determinazione delle soglie di valore dei contratti aventi ad oggetto servizi di progettazione, la querelle è stata risolta alla luce delle modiche apportata all’art. 2 dalla legge di conversione che attualmente prevede che: “Nelle procedure ad evidenza pubblica, le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali”. Certamente la norma rimette il tutto all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione, ma come si avrà modo di chiarire, il fatto che sia abolita la sola obbligatorietà dei minimi tariffari non sembrerebbe intaccare le tariffe di cui al DM 2001 che, alla luce del ribasso praticabile del 20% di cui alla legge n. 155/89, non possono essere configurate come minimi inderogabili.
Ulteriore novità, collegata alla introduzione dei relativi sistemi di aggiudicazione, è la previsione del comma 13 il quale dispone che "Per gli
53 È da escludersi, comunque, un tentativo del legislatore delegato di liberalizzare la materia; la vigenza delle tariffe anche nel nuovo Codice dei contratti è emersa in sede di dibattito parlamentare e proprio dalla proposta di parere presentata alla VIII Commissione della Camera da parte del Relatore (On. Stradella - seduta dell'1.3.2006) che, seppur relativamente alla materia del riparto delle competenze Stato - regioni, rilevava "…l'attuale vigenza di un'unica tariffa nazionale professionale che disciplina lo svolgimento delle predette attività". Appare, dunque, ancora più discutibile, alla luce di tale consapevolezza, il tenore letterale di una norma che sembrerebbe consentire di reperire aliunde le voci di remuneratività della prestazione professionale.
54 Pubblicato sulla GURI n. 153 del 4/7/2006.
55 Si noti, come si avrà modo di precisare in seguito, che il DL abrogava le disposizioni contenenti minimi tariffari, mentre la Legge di conversione abroga esclusivamente l’obbligatorietà degli stessi.
4.2. La concessione di servizi pubblici
Rappresenta, invece, sicuramente una novità rispetto alla Direttiva 92/50/CEE ed al relativo decreto di recepimento del 1995, la definizione della nozione di concessione di servizi pubblici intesa nella Direttiva 2004/18 come "….contratto che presenta le caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo"56. Ferme restando le note caratteristiche di una concessione, la nozione riportata assume rilievo in quanto chiarisce la natura contrattuale della predetto istituto che, peraltro, è espressamente esclusa dall'ambito di operatività della Direttiva57.
Nel nostro ordinamento giuridico, in realtà, la contrattualizzazione della concessione e l'individuazione degli elementi di differenza fra quest'ultima e l'appalto di servizi è ben più dibattuta. Come rilevato anche dal Consiglio di Stato58, non è tanto la pur sempre discutibile - riconosciuta natura contrattuale della concessione di servizi pubblici a creare problemi, quanto soprattutto l'acritico recepimento delle due nozioni dettate dalla normativa comunitaria senza considerare la realtà del nostro ordinamento giuridico. Difatti la differenza fra concessione ed appalto di servizi si rinviene principalmente nell'oggetto che: per la concessione è un servizio pubblico e per l'appalto è un servizio tout court.
Non è possibile approfondire tale dibattuta distinzione se non per rilevare che secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza la qualificazione di servizio pubblico locale è circoscritta a quelle attività caratterizzate, sul piano oggettivo, dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all’ambito di intervento, e, su quello soggettivo, dalla
57 Art. 17 Direttiva n. 18/2004.
58 CS Parere 6.2.2006, n. 355 in xxx.Xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx.
riconduzione diretta o indiretta (per effetto di rapporti concessori o di partecipazione all’assetto organizzativo dell’ente) ad una figura soggettiva di rilievo pubblico59. Dovrà, poi, ritenersi a rilevanza industriale (economica) il servizio che si innesta in un settore per il quale esiste una redditività (almeno potenziale) e quindi una competizione sul mercato; può invece ritenersi privo di tale rilevanza quello che, per sua natura o per i vincoli ai quali è sottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad alcuna competizione (per il mercato, ovvero sul mercato) e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza.
Tale distinzione è abbastanza netta nel nostro ordinamento, tanto da far ritenere rimessa alla giurisdizione amministrativa la controversia avente ad oggetto l'accertamento della presunta illegittima determinazione del contributo di esercizio in favore di una impresa concessionaria di un pubblico servizio (nel caso di specie trasporti) in quanto essa sarebbe riconducibile all'esercizio di poteri discrezionali che l'amministrazione eserciterebbe a mezzo dell'atto concessorio60. Essa, però, si affievolisce lì dove, una volta definita la concessione come contratto, si riscontra che anche l'appalto di servizi può avere ad oggetto, fra i servizi di cui agli allegati IIA e IIB, servizi lato sensu pubblici ed in quanto tali rivolti alla collettività e non solo alla pubblica amministrazione61. Verrebbero meno, in buona sostanza, gli elementi di differenza fra i due istituti pur essendo pacifica, alla luce di un costante orientamento della giurisprudenza, la natura provvedimentale e non contrattuale dell'atto concessorio e, pertanto la sua capacità di degradare ad interesse legittimo gli interessi dei concorrenti.
Considerata, altresì, la previsione normativa di cui all'art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998, sì come interpretata dalla Corte Costituzionale62, dovrebbe reputarsi che, alla luce della natura contrattuale della concessione, la situazione giuridica soggettiva facente capo al privato dovrebbe avere la natura di diritto soggettivo e, contrariamente a quanto sostenuto dalla giurisprudenza sopra richiamata, la giurisdizione non potrebbe che spettare al Giudice ordinario. Xxxx, verrebbe proprio meno la questione di legittimità decisa dalla Consulta, nel senso che mancando un
59 In questi termini T.A.R. Lazio Roma, I bis, 6.11.2002, n. 9725; Tribunale Amministrativo Regionale Liguria sez.II 28.4.2005 n. 527.
60 In questi termini si veda Cons. St., VI, sent. 6.4.2006, n. 1865.
61 In questi termini Cons. St. parere n. 355/2006 cit.
62 Corte Costituzionale sent. 6.7.2004, n. 204.
provvedimento amministrativo capace di affievolire la situazione giuridica soggettiva non avrebbe più senso la necessità, sollevata dalla Consulta, di devolvere in capo al Giudice amministrativo le sole controversie relative alle concessioni di pubblici servizi.
Per quanto concerne le analogie con la concessione di lavori pubblici, esse risiedono nella natura contrattuale della concessione, nonché nel corrispettivo della stessa che risiede nei proventi della gestione ovvero in questi ultimi accompagnati da un prezzo. Va considerato che già l’art. 3, 8° comma, della Legge n. 415/98 prevedeva che “Alle concessioni di servizi pubblici si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 19, comma 2-bis, della legge n. 109, introdotto dal comma 7 del presente articolo”. La norma in parola prevedeva la possibilità di ripristinare l’equilibrio economico dell’investimento esperito dal concessionario modulando il termine di durata della concessione e, dunque, di gestione del relativo servizio63.
Per quanto concerne il “prezzo”, il 2° comma, dell’art. 30 del Codice dei contratti ne acconsente la corresponsione da parte della pubblica amministrazione qualora:
1) al concessionario sia imposto di praticare agli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa;
63 In particolare dispone l’art. 19, comma 2-bis della Legge n. 109/1994 che: “L'amministrazione aggiudicatrice, al fine di assicurare il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, può stabilire che la concessione abbia una durata anche superiore a trenta anni, tenendo conto del rendimento della concessione, della percentuale del prezzo di cui al comma 2 sull'importo totale dei lavori, e dei rischi connessi alle modifiche delle condizioni del mercato. I presupposti e le condizioni di base che determinano l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione, da richiamare nelle premesse del contratto, ne costituiscono parte integrante. Le variazioni apportate dall'amministrazione aggiudicatrice a detti presupposti o condizioni di base, nonché norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o nuove condizioni per l'esercizio delle attività previste nella concessione, qualora determinino una modifica dell'equilibrio del piano, comportano la sua necessaria revisione da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni, ed in mancanza della predetta revisione il concessionario può recedere dalla concessione. Nel caso in cui le variazioni apportate o le nuove condizioni introdotte risultino favorevoli al concessionario, la revisione del piano dovrà essere effettuata a vantaggio del concedente. Nel caso di recesso del concessionario si applicano le disposizioni dell'articolo 37-septies, comma 1, lettere a) e b), e comma 2. Il contratto deve contenere il piano economico-finanziario di copertura degli investimenti e deve prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonché l'eventuale valore residuo dell'investimento non ammortizzato al termine della concessione”.
2) ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico – finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare.
Rispetto alla pregressa versione della disciplina normativa, nonché rispetto alla stessa versione comunitaria, il Codice ancòra la concessione del “prezzo” a parametri dal discutibile valore oggettivo come, ad esempio, “l’ordinario utile di impresa” ovvero la “qualità del servizio da erogare”. Tale impostazione, contraddice innanzitutto la postulata coerenza con la normativa europea che sembrerebbe relativa alla sola natura contrattuale della concessione, e d’altro canto lascia aperti ampi margini di apprezzamento discrezionale alla pubblica amministrazione nella corresponsione o meno del prezzo. È evidente che, ove se ne faccia un abuso, rischierebbe di snaturarsi la caratteristica fondamentale dell’istituto concessorio che è appunto quello dell’autonomo equilibrio finanziario dell’investimento conseguente ai proventi di gestione del servizio. Le medesime problematiche abbracciano anche l’istituto della concessione di lavori pubblici (artt. 142 ss. del Codice) e saranno, dunque, successivamente approfondite.
Per quanto concerne le procedure di aggiudicazione, conformemente alla normativa comunitaria64, il 3° comma, dell’art. 30 condiziona la scelta del concessionario all’applicazione dei soli principi desumibili dal Trattato, nonché dei principi generali relativi ai contratti pubblici, ma non anche alle relative disposizioni. La norma va letta alla luce dei principi statuiti dalla recente giurisprudenza comunitaria che ha riconosciuto le pubbliche amministrazioni soggette ad un obbligo di trasparenza in quanto adempimento strumentale alla realizzazione dei principi di non discriminazione in base alla nazionalità e di parità di trattamento di cui agli artt. 43 e 49 del Trattato Ce65. Da qui la specificazione, operata nel citato
64 Dispone l’art. 17 della Direttiva 2004/18/Ce che “Fatta salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, la presente Xxxxxxxxx non si applica alle concessioni di servizi definite all'articolo 1, paragrafo 4”.
65 In particolare la Corte di Giustizia nella sentenza 6.4.2006 C-410/04 in Guida al Diritto 17/2006, 116 ss., ha affermato che: “Le disposizioni del Trattato specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici comprendono in particolare gli artt. 43 e 49 Ce (sentenza Parking Brixen cit., 47). Oltre al principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, si applica alle concessioni di servizi pubblici anche il principio della parità di trattamento tra offerenti, e ciò anche in assenza di discriminazione sulla base della nazionalità……I principi di parità di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalità comportano, in particolare, un obbligo di trasparenza che permette all’autorità pubblica concedente di assicurarsi che tali principi siano rispettati.
4.3. Le opere di urbanizzazione a scomputo e dell’in house providing
L’art. 32 del Codice delimita l’ambito soggettivo del Codice per i contratti d’importo pari o superiore alle soglie comunitarie riproducendo con gli adattamenti - come si vedrà, più o meno opportuni - del caso, le norme di cui agli artt. 2 della Legge n. 109/1994, 1 del D.Lgs. n. 358/1992, 2 e 3 del D.Lgs. n. 157/1995.
In particolare, e fatto salvo quanto previsto dal 2° comma dell’art. 32 citato66, le norme del Codice si applicano a:
- lavori, servizi, forniture, affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici;
- appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, nei limiti stabiliti dall’articolo 142;
L’obbligo di trasparenza posto a carico di dette autorità consiste nel dovere di garantire, ad ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità, che consenta l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione….In linea di principio, l’assenza totale di procedura concorrenziale per l’affidamento di una concessione di servizi pubblici… non è conforme alle esigenze di cui agli artt. 43 e 49 CE, e nemmeno ai
principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza”.
66 Il 2° comma, del citato art. 32 delimita l’ambito di applicabilità del Codice escludendo l’applicabilità di talune norme per alcune categorie soggettive ed in particolare dispone che:“Ai soggetti di cui al comma 1, lettere d), e), f), g) non si applicano gli articoli 63; 78, comma 2; 90, comma 6; 92; 128; in relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano solo le norme che disciplinano il collaudo. Ai soggetti di cui al comma 1, lettere c) ed h), non si applicano gli articoli 78, comma 2; 90, comma 6; 92; 128; in relazione alla fase di esecuzione del contratto si applicano solo le norme che disciplinano il collaudo”.
- lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico e che hanno ad oggetto la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113 bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
- lavori, affidati da soggetti privati, di cui all'allegato I, nonché lavori di edilizia relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici e universitari, edifici destinati a funzioni pubbliche amministrative, di importo superiore a un milione di euro, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei lavori;
- appalti di servizi, affidati da soggetti privati, relativamente ai servizi il cui valore stimato, al netto dell’IVA, sia pari o superiore a 211.000 euro, allorché tali appalti sono connessi ad un appalto di lavori di cui alla lettera d) di cui sopra, e per i quali sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell'importo dei servizi;
- lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice;
- lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contribuito previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e dell’articolo 28, comma 5
della legge 17 agosto 1942, n. 115067;
- lavori, servizi forniture affidati dagli enti aggiudicatori di cui all’articolo 207, qualora, ai sensi dell’articolo 214, devono trovare applicazione le disposizioni della parte II anziché quelle della parte III del Codice.
Per quanto concerne il primo profilo, già la legge n. 109/1994, come modificata dall’art. 7 della Legge n. 166/2002 la quale a sua volta aveva recepito l’orientamento della giurisprudenza comunitaria69, imponeva l’obbligo della procedura dell’evidenza pubblica per la realizzazione delle
67 Dispone, altresì, l’art. 32, 1° comma, lett. g) che “L’amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, il titolare del permesso di costruire assuma la veste di promotore, presentando all’amministrazione medesima, entro novanta giorni dal rilascio del permesso di costruire, la progettazione preliminare delle opere. All’esito della gara bandita ed effettuata dal promotore sulla base della progettazione presentata, il promotore può esercitare, purché espressamente previsto nel bando di gara, diritto di prelazione nei confronti dell’aggiudicatario, entro quindici giorni dalla aggiudicazione, corrispondendo all’aggiudicatario il 3% del valore dell’appalto aggiudicato”.
68 Ai sensi dell’art. 3, comma 26 del Codice dei Contratti per “organismo di diritto pubblico” si intende: “…qualsiasi organismo, anche in forma societaria: istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; dotato di personalità giuridica; la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.
69 In questi termini si veda Corte Giustizia Comunità Europee, sez. VI, 12-07-2001, causa C-399/98 - Avv. gen. - Ordine degli Architetti delle Province di Milano e Lodi e altri c. Comune di Milano e altri secondo cui: “La Direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, è di ostacolo ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste dalla sopracitata Direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla Direttiva di cui trattasi”.
opere di urbanizzazione70 che fossero d’importo pari o superiore alla soglia comunitaria71.
Rispetto alla sua precedente versione, la norma perde il riferimento alla locuzione “singole opere d’importo superiore alla soglia comunitaria” diretto a delimitare l’operatività del principio dell’evidenza pubblica ai soli casi in cui la singola opera di urbanizzazione fosse stata d’importo pari o superiore alla soglia comunitaria. Come già rilevato72 ciò non esclude a priori l’operatività della medesima disposizione anche per il nuovo Codice, ferma restando la necessità di valutare ciascun caso concreto alla luce del principio generale che vieta l’artificiosa lottizzazione dell’intervento al solo fin di eludere l’applicazione della normativa dell’evidenza pubblica.
Nel nuovo testo difetta, altresì, il precedente riferimento all’inciso “di quanto agli interventi assimilabile” allo scomputo degli oneri di urbanizzazione praticato in forza delle convenzioni accessive ai piani di lottizzazione espressamente richiamati dall’art. 28, 5° comma, della Legge
n. 1150/194273. La norma, difatti, perseguiva l’evidente obiettivo di
70 Ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 847/1964 sono opere di urbanizzazione: “Le opere di cui all'art. 1, lettera b) sono quelle di urbanizzazione primaria e cioè: a) strade residenziali; b) spazi di sosta o di parcheggio; c) fognature; d) rete idrica; e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas; f) pubblica illuminazione; g) spazi di verde attrezzato. Le opere di cui all'art. 1, lettera c), sono le seguenti: a) asili nido e scuole materne; b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo; c) mercati di quartiere; d) delegazioni comunali; e) chiese ed altri edifici per servizi religiosi; f) impianti sportivi di quartiere; g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; h) aree verdi di quartiere”. La norma è stata confermata dall’art. 16, commi 7° ed 8° del DPR n. 380/2001 per quanto esso , al comma 7 bis, integri il novero delle opere di urbanizzazione primaria includendovi: i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni.
71 Si veda l’art. 2, 5° comma, della Legge n. 109/1994 secondo cui “Le disposizioni della presente legge non si applicano agli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo di contributi connessi ad atti abilitanti all'attività edilizia o conseguenti agli obblighi di cui al quinto comma dell'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni, o di quanto agli interventi assimilabile; per le singole opere d'importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla citata Direttiva 93/37/CEE”. Sul tema si veda X. XXXXXXX Quando i privati devono bandire gare pubbliche per l'esecuzione di opere di urbanizzazione in Urb. App. 1/2003, 5; X. XXXXXXX, Opere di urbanizzazione a scomputo e gara nella legge 166/2002, ivi, , n. 6/2003, 625 ss.
72 Si veda X. XXXXXXX Per le opere di urbanizzazione prelazione ai proprietari privati”, in Edilizia e Territorio, n. 17/2006, 109 ss.
73 L’art. 28, 5° comma, della Legge n. 1140/1952 dispone che: “L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda: 1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2; 2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere
condizionare, al previo esperimento della procedura di evidenza pubblica, la realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione collegate ad un intervento edilizio ancorché posto in essere con uno strumento diverso dal piano di lottizzazione di cui al citato art. 28, L. n. 1150/1942. In estrema sintesi, al fine di evitare discriminatorie ed irrazionali differenziazioni fra situazioni analoghe, il legislatore riteneva opportuno estendere l’ambito di operatività delle regole dell’evidenza pubblica a tutti quei casi in cui, a prescindere dalla concreta esistenza di un piano di lottizzazione convenzionata, il privato fosse comunque onerato della realizzazione delle opere di urbanizzazione, a scomputo dei relativi oneri, nell’ambito di strumenti ed operazioni integranti un contesto operativo generalmente noto come “urbanistica consensuale”74.
La mancanza di un puntuale riferimento nella nuova disposizione normativa non sembrerebbe poter escludere, per evidenti esigenze di logicità e di ragionevolezza, la possibile estensione della gara ad evidenza pubblica a qualsiasi caso in cui le opere di urbanizzazione vengano realizzate a scomputo dei relativi oneri. in forza degli altri strumenti di urbanistica consensuale. Si tratta, d’altra parte, di un principio di ordine generale espressamente riconosciuto come tale anche dalla Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 129 del 28.03.2006, ha statuito la compatibilità fra la regola dell’evidenza pubblica e l’urbanistica consensuale prevedendo che: “Non entrano in discussione, per i profili di costituzionalità evocati nella presente questione, le modalità della cosiddetta urbanistica consensuale e perequativa, ma soltanto l'obbligo di procedere alle prescritte gare di appalto, poste a base della normativa europea citata, a tutela della trasparenza e della concorrenza, qualora l'importo delle realizzazioni superi un certo limite. Il ricorso a procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente non può peraltro essere ritenuto incompatibile con gli accordi tra privati e pubblica amministrazione, giacché la possibilità che tali procedure siano svolte dagli stessi privati risulta già ammessa nell'ordinamento proprio nella fattispecie oggetto della richiamata pronuncia della Corte di giustizia e disciplinata in modo conforme dal citato art. 2, comma 5, della legge n. 109 del 1994, come sostituito dalla legge n. 166 del 2002”.
che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni; 3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione”.
74 Per tutti si veda P. URBANI Urbanistica consensuale, 2003
Per quanto concerne le opere d’importo inferiore alla soglia comunitaria l’ambito oggettivo della disposizione normativa è limitato dall’art. 122, 8° comma del Codice, il quale configura una dicotomia fra le opere di urbanizzazione primaria correlate e quelle non correlate all’intervento edilizio posto in essere. L’art. 122, 8° comma prevede, difatti che “Le disposizioni di cui all’articolo 32, comma 1, lettera g) non si applicano alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) e all’articolo 4, comma 1, della legge 29 settembre 1964, n. 847, correlate al singolo intervento edilizio assentito, per le quali continua ad applicarsi l’articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni”.
La norma in parola è ispirata dalla preoccupazione, paventata dal legislatore in sede di disamina del testo75, che l’indifferenziata estensione della procedura di evidenza pubblica per la realizzazione delle opere di urbanizzazione d’importo inferiore alla soglia comunitaria potesse appesantire eccessivamente l’azione dell’amministrazione, tanto più a fronte di una situazione nella quale la diretta realizzazione delle opere, da parte del costruttore del manufatto, troverebbe una giustificazione sotto il profilo sia tecnico che funzionale. Ritenuta insufficiente, in quanto palesemente di difficile attuazione, la semplificazione introdotta con la previsione della facoltà di ricorrere alla procedura del project finance (su cui vedi infra) il legislatore auspicava che, quanto meno “si possano realizzare le opere di urbanizzazione primaria ………correlate al singolo intervento edilizio assentito, escludendo semmai le opere di urbanizzazione secondaria……”76.
La norma in esame è, dunque, la chiara espressione di quanto sia stato difficile il “distacco” dal sistema della realizzazione a scomputo delle opere ed il passaggio a quello dell’evidenza pubblica e, nel contempo, della voluntas legislatoris di mitigare gli effetti di tale trapasso.
La situazione di fatto potrebbe presentare (come, in effetti, presenta) connotati, a volte, anche notevolmente diversi sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo (le capacità dell’impresa) tali che l’applicazione “indiscriminata” delle regole sottese all’art. 32 è apparsa al legislatore, sproporzionata al punto da prevedere, con l’art. 122, 8° comma, la limitazione di cui sopra.
75 Si veda il parere espresso dalla VIII Commissione della Camera nella seduta dell’1.3.2006.
76 Parere espresso dalla VIII Commissione della Camera nella seduta dell’1.3.2006 lett. h).
Restano fuori dell’ambito di operatività della norma, in quanto ivi non espressamente richiamate, le opere di urbanizzazione secondaria soggette, pertanto, anche per importi sotto soglia, alle ordinarie regole dell’evidenza pubblica e le opere di urbanizzazione primaria che non siano strettamente collegate allo specifico intervento edilizio.
In conclusione il sistema delineato dal Codice per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, presenta le seguenti varianti:
1) qualora esse siano d’importo pari o superiore alla soglia comunitaria è richiesta l’aggiudicazione mediante procedura di evidenza pubblica;
2) qualora esse siano d’importo inferiore alla soglia comunitaria e qualora si tratti di opere di urbanizzazione primaria correlate al singolo intervento edilizio assentito, la realizzazione potrà essere affidata direttamente a scomputo degli oneri ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 del Tu n. 380/2001;
3) qualora d’importo inferiore alla soglia comunitaria e si tratti di opere di urbanizzazione primaria non correlate ad un singolo intervento edilizio ovvero di opere di urbanizzazione secondaria troveranno applicazione le ordinarie regole di aggiudicazione previste dall’art. 32, lett. g) del Codice.
77 Sulla natura della discrezionalità tecnica ex multis si veda TAR XXXXXX XXXXXXX - BOLOGNA, SEZ. II - sentenza 19 aprile 2006 n. 465 in xxx.xxxxxxxxx.xx secondo cui: “Diversamente dalla discrezionalità amministrativa, la discrezionalità tecnica non coinvolge scelte di opportunità amministrativa bensì una valutazione antecedente ad essa che riguarda l’analisi dei fatti e la valutazione degli stessi, ancorché opinabili in base ai criteri scientifici e tecnici utilizzabili, alle conoscenze ed agli strumenti a disposizione. In pratica, la discrezionalità tecnica concerne soltanto gli aspetti di valutazione fattuale, sia pur suscettibili di diversi apprezzamenti, mentre vi difetta totalmente la fase della scelta dell’interesse da perseguire sulla base di canoni di mera opportunità politico-amministrativa”.
Nell’ambito del medesimo tema della realizzazione delle opere di urbanizzazione, l’art. 32 introduce una novità di assoluto rilievo che risiede nella facoltà, concessa al privato, di realizzare le relative opere di urbanizzazione mediante l’istituto del project financing78. Si è già detto sopra come il legislatore abbia palesato seri dubbi circa l’effettiva funzionalità dell’istituto del project applicato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, considerandone le difficoltà connesse all’implementazione ed allo sviluppo procedimentale, nonché i suoi notevoli costi (in particolare si pensi al pagamento della cauzione). La ratio sottesa alla previsione in parola va presumibilmente individuata nella necessità di ricercare un iter capace di “ammorbidire” la rigidità del precetto comunitario di imporre, quale che sia la tipologia di opere da realizzare, la procedura di evidenza pubblica; tutto ciò in particolare per le opere di urbanizzazione strettamente correlate all’intervento edilizio principale.
Si è già detto dell’art. 122, 8° comma, del Codice che riguarda esclusivamente le opere di urbanizzazione primaria d’importo inferiore alla soglia europea e quelle funzionali ad un intervento edilizio; il project previsto dall’art. 32, lett. g) per gli interventi sopra soglia sembrerebbe rispondere alla medesima ratio giustificatrice: delineare un iter procedurale che sia capace di attenuare il distacco dal previgente sistema della realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione.
Xxxxxxx però chiedersi se sia giustificato il ricorso al project nel caso in esame. Prescindendo dalla contestata prelazione, dalla lettura della norma traspare un primo profilo assolutamente diacronico rispetto ai presupposti fondanti dell’istituto del project, in quanto le opere di urbanizzazione, alle quali si riferisce l’art. 32, lett. g) del Codice, non sono necessariamente opere gestibili economicamente. È noto che l’oggetto del project sia “modulabile”, ma un suo indefettibile presupposto è che l’intervento ruoti comunque su di un’opera suscettiva di essere gestita
78 In particolare dispone l’art. 32, 2° comma, lett. g) che “L’amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, il titolare del permesso di costruire assuma la veste di promotore, presentando all’amministrazione medesima, entro novanta giorni dal rilascio del permesso di costruire, la progettazione preliminare delle opere. All’esito della gara bandita ed effettuata dal promotore sulla base della progettazione presentata, il promotore può esercitare, purché espressamente previsto nel bando di gara, diritto di prelazione nei confronti dell’aggiudicatario, entro quindici giorni dalla aggiudicazione, corrispondendo all’aggiudicatario il 3% del valore dell’appalto aggiudicato”.
economicamente. Ebbene non tutte le opere di urbanizzazione, primaria79 e secondaria80, presentano tale caratteristica, talché il sistema non sarebbe suscettivo di applicazione generalizzata.
D’altra parte difetta anche il presupposto giustificativo che generalmente supporta un’operazione in project, ossia il manifestarsi di una libera iniziativa privata. La norma di cui all’art. 32 pone, difatti, una limitazione di ordine oggettivo e soggettivo; riguardo al primo aspetto in quanto limita il project alla realizzazione delle sole opere di urbanizzazione81, mentre per quanto concerne il secondo aspetto in quanto legittima il solo titolare del permesso di costruire ad assumere – previa scelta discrezionale da parte dell’amministrazione aggiudicatrice - la posizione di promotore escludendo, di fatto, la libera percorribilità di tale via da parte di terzi soggetti82.
Tali limiti sembrerebbero effettivamente ridurre, ancora più della prelazione, la libera concorrenza fra gli imprenditori imponendo prescrizioni oggettive e condizioni soggettive non giustificabili se non con il requisito della specialità dell’istituto che, però, non è sicuramente conclamabile per il solo fatto che esso sia diretto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del titolare del permesso di costruire.
Del tutto peculiare è anche la procedura che prende le mosse dal deposito dei progetti preliminari relativi alle opere da realizzare, da parte del titolare del permesso di costruire che assumerà, come detto, la veste di promotore. Tali progetti dovranno essere depositati entro novanta giorni dal rilascio del titolo e posti a base della gara, che dovrà essere bandita ed effettuata dal medesimo titolare il quale, ove previsto dal bando, potrà usufruire del diritto di prelazione.
Riguardo all’esercizio del diritto di prelazione va rilevata la natura meramente pleonastica dell’obbligo della sua previsione nel bando; difatti
79 Le quali, si ricorda, ai sensi dell’art. 4 della Legge 847/1964 sono: a) strade residenziali; b) spazi di sosta o di parcheggio; c) fognature; d) rete idrica; e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas; f) pubblica illuminazione; g) spazi di verde attrezzato.
80 Le quali ai sensi dell’art. 4 della Legge 847/1964 sono: a) asili nido e scuole materne; b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo; c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali; e) chiese ed altri edifici per servizi religiosi; f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; h) aree verdi di quartiere.
81 La norma dispone, difatti, che il titolare del permesso di costruire assume la veste di promotore “in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione”.
82 La norma dispone che “il titolare del permesso di costruire assuma la veste di promotore”.
Altro profilo problematico concerne le società miste che l’art. 32 comma 1, lett. c) del Codice dapprima individua fra soggetti chiamati ad applicare le norme delle procedure di evidenza pubblica, ma che, poi, successivamente, esonera da tale obbligo in presenza delle condizioni di cui al successivo 3° comma. In particolare tale ultimo articolo dispone che: “Le società di cui al comma 1, lettera c) non sono tenute ad applicare le disposizioni del presente Codice limitatamente alla realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le seguenti condizioni:
1) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;
2) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal presente Xxxxxx in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;
3) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo”.
La scelta operata, a prescindere dalla sua validità giuridica, palesa una contraddittorietà intrinseca con la determinazione del legislatore di estromettere esplicitamente dal Codice la disciplina dell’in house providing e construction83. Con la norma in esame, il Codice non solo provvede a disciplinare la questione dell’affidamento in house, ma aderisce, altresì, ad una tesi non pienamente condivisibile alla luce del recente orientamento della giurisprudenza comunitaria.
Difatti la Corte di Giustizia Ce ha costantemente eroso l’ambito di operatività dell’affidamento in house84 escludendo il “controllo analogo” a
83 Si veda l’art. 15 nella prima versione del Codice che esplicitamente disciplinava l’affidamento degli appalti in house.
84 All’affidamento in house l’ordinamento comunitario fa riferimento per la prima volta nel libro bianco del 1998 come modalità di affidamento contrapposta al cd. contracting out; sul punto si veda X. XXXXXXXX Il Codice ignora l’in house ma una disciplina è necessaria, In Edilizia e territorio - Speciale Codice appalto, 53 ss. La Corte di Giustizia ha fatto proprio tale modalità di esecuzione
quello sui propri organi, che l’ente dovrebbe esercitare sulla società, anche nel caso in cui il capitale sociale sia integralmente pubblico85. Così facendo il Giudice comunitario impone una disamina della condizione per l’affidamento diretto che non sia circoscritta alla dimostrazione non formale, ma sostanziale, del tipo di controllo esercitato dall’ente sull’organismo societario.
In particolare secondo la Sentenza della Corte di giustizia del 2006 C- 410/04, per la sussistenza di un controllo analogo, è necessaria non solo la partecipazione pubblica esclusiva al capitale sociale e l’espletamento della maggior parte della propria attività con l’Ente, ma anche che tali condizioni siano permanentemente detenute dalla società. Con questo orientamento la Corte intende sanzionare le manovre finalizzate ad aggirare le regole dell’evidenza pubblica, facilmente attuabili qualora, pur costituita la società con capitale integralmente pubblico, parte di questo sia ceduto a privati successivamente all’affidamento dell’incarico.
Si discosta, anche se solo parzialmente, da tale impostazione la giurisprudenza amministrativa86 che, con un approccio più concreto rispetto a quello della Corte di giustizia, non esclude aprioristicamente che vi possa essere una partecipazione minima del privato al capitale sociale, incentrando la propria attenzione piuttosto sul riscontro nel caso concreto di forme di controllo da parte dell’ente sulla società, tali da garantire comunque la diretta incidenza e vincolatività delle decisioni pubbliche su quelle dell’organismo privato; controllo esclusivamente analogo, ma non identico a quello che l’ente potrebbe esercitare sui propri organismi87. Xxxxx
degli appalti dapprima con la nota sentenza Tekal del 18.11.1999 causa C-197/98 successivamente interpretata in senso restrittivo con la sentenza 11.01.2005 Causa C – 00-00 Xxxxx Xxxx e successivamente dalla sentenza 13.10.2005 Causa C- 458/03 Parking Brixen. Si colloca su di un livello parzialmente diverso (soprattutto rispetto alla sentenza sul caso Parking Brixen), ma comunque aderendo ad un’impostazione restrittiva della nozione di “controllo analogo” la sentenza del 6.4.2006 Causa C-410/04 Anav in Guida al Diritto n. 17 del 29.4.2006 con nota di X. XXXXXXX.
85 In questo senso la sentenza sul caso Prking Brixen.
86 Di recente si veda Cons. St., V, 22.12.2005, n. 7345, ma nello stesso senso anche id, 9 maggio 2001
n. 2605 e 16 dicembre 2004 n. 8090; TAR Lombardia – Brescia, sent. 5.12.2005, n. 1250.
87 In particolare il Consiglio di Stato precisa che: “Osserva inoltre il Collegio che la sentenza della Corte di giustizia 27 febbraio 2003 n, in causa C-373 citata sopra, non autorizzi a ritenere che il possesso della totalità o della maggioranza delle azioni della società affidataria da parte dell’ente o degli enti pubblici consorziati non permetta l’esercizio di una funzione di direzione e di controllo della gestione, che, se pure non identico nelle modalità, sia sostanzialmente equivalente a quello svolto sulle unità operative direttamente dipendenti. L’ente pubblico, o gli enti pubblici, proprietari dell’intero pacchetto delle azioni, sia mediante la nomina degli organi, sia mediante l’approvazione di opportune deliberazioni, sono in condizioni di imporre, o meglio, di svolgere, ogni tipo di verifica
sentenza sembrerebbe profilarsi una certa contraddittorietà nella parte in cui si manifesta l’orientamento, adesivo alla tesi comunitaria, della integrale partecipazione azionaria, nonché, quando si statuisce che tale integrale partecipazione ricorrerebbe anche nel caso in cui la partecipazione azionaria privata sia inferiore all’1% del capitale88; tutto ciò, però, non intacca il pur condivisibile principio che, a prescindere dall’entità della partecipazione azionaria, sia indispensabile verificare entro quali limiti e con quali poteri l’ente sia in grado di controllare la società.
Sulla scorta di tale sintetico resoconto dei diversi orientamenti che attraversano la materia dell’affidamento in house, la norma del Codice appare di dubbia legittimità. Innanzitutto essa non determina il quantum della partecipazione azionaria del privato, limitandosi a statuire che la società dovrà avere una partecipazione pubblica al capitale, ma prevedendo addirittura che esso possa essere anche non maggioritario. Fermo restando che una partecipazione azionaria del privato di per sé non può escludere l’esistenza di una condizione di “controllo analogo” sulla società da parte dell’amministrazione pubblica, va da sé che qualora il privato sia socio di maggioranza, la presunzione che la società sia del tutto autonoma e che, dunque, sia da escludersi a priori un controllo analogo da parte dell’ente locale, assumerebbe i connotati di una presunzione – a voler utilizzare una terminologia processuale civilistica - iuris et de iure89.
Né, poi, gli altri requisiti previsti rispettivamente dall’art. 32, 3° comma, nn. 1), 2) e 3) del Codice sono in grado di raccordare la previsione normativa alle condizioni fissate dalla Corte di Giustizia per l’affidamento in house. La scelta mediante gara del socio, la sua qualificazione all’espletamento dei lavori ovvero il fatto che la società realizzi il 70% dei lavori, non sono condizioni in grado di garantire il controllo analogo dell’ente sulla società non solamente nel senso di cui al restrittivo orientamento della Corte di Giustizia, ma anche come inquadrato dalla giurisprudenza amministrativa italiana.
e di rendiconto, in modo che sia operante la sostanziale identificazione riscontrabile tra il soggetto societario agente con la mano pubblica che le affida il servizio”.
88 Come nel caso esaminato dal Giudice amministrativo, nel quale il privato deteneva meno dell’1% del capitale sociale; in proposito dispone il Collegio che: “E tale presupposto nella specie va riconosciuto sussistente posto che il capitale della aggiudicataria è pubblico in percentuale superiore al 99%, mentre la quota in possesso della Cassa di Risparmio di San Miniato, di entità simbolica, non realizzerebbe comunque un illecito vantaggio ad una società concorrente operante nel settore energetico”.
89 Xxxxx che non ammette prova contraria; in sostanza: una certezza.
4.4. Il divieto della concessione di committenza
Il capo I reca, altresì, l’art. 33 relativo agli appalti pubblici ed agli accordi quadro stipulati da centrali di committenza90. Più che per tali istituti
– sui quali comunque successivamente si avrà modo di intervenire – la norma rileva in quanto conferma il divieto della “concessione di committenza” già statuito, per la sola materia dei lavori pubblici, dall’art. 19, 3 comma della Legge n. 109/199491.
Per quanto, dunque, il Codice tenda ad uniformare la normativa nazionale a quella europea, in esso viene ribadito il divieto per la pubblica amministrazione di affidare all’esterno le funzioni di stazione appaltante, configurando quell’istituto che viene tipicamente definito come “concessione di committenza”.
Per quanto la questione possa essere solo marginalmente trattata in questa sede, il divieto in parola avrebbe meritato, forse, una più attenta ponderazione alla luce soprattutto del costante affermarsi di schemi e modelli procedimentali, soprattutto collegati al territorio, ispirati ad una logica consensuale e del raccordo istituzionale, che si è soliti riassumere con la definizione di governance urbanistica. In particolare tale modello di azione impone, generalmente, organi di raccordo capaci di sintetizzare l’azione delle singole e diverse amministrazioni; alla luce della previsione normativa in parola, però, essi non potranno essere delegatari di funzioni di stazione appaltante. Considerando che gran parte delle risorse economico – finanziarie, europee e nazionali, si indirizza proprio verso la realizzazione
90 Dispone l’art. 33 del Codice: (Appalti pubblici e accordi quadro stipulati da centrali di committenza) (art. 11, Direttiva 2004/18; art. 29, Direttiva 2004/17; art. 19. co. 3, l. n. 109/1994) “1. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi.
2. Le centrali di committenza sono tenute all’osservanza del presente Codice.
91 Ai sensi dell’art. 19, 3° comma della Legge n. 109/1994 “Le amministrazioni aggiudicatrici ed i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b) non possono affidare a soggetti pubblici o di diritto privato l'espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici. Sulla base di apposito disciplinare le amministrazioni aggiudicatrici possono tuttavia affidare le funzioni di stazione appaltante ai Provveditorati alle opere pubbliche o alle amministrazioni provinciali”.
delle infrastrutture materiali, il divieto in parola potrebbe rappresentare un serio ostacolo all’efficienza dell’azione amministrativa.
Il divieto della concessione di committenza non è però assoluto; difatti le amministrazioni aggiudicatrici92, così come nel previgente quadro normativo, potranno affidare le funzioni di stazione appaltante dei lavori pubblici rispettivamente ai Servizi integrati infrastrutture e trasporti (S.i.i.t.)93 ovvero alle amministrazioni provinciali sulla base di un apposito disciplinare che preveda altresì il rimborso dei costi sostenuti dagli stessi per le attività espletate, nonché a centrali di committenza.
92 Ma non anche i soggetti di cui all’art. 32, lett. b (ossia i concessionari privati), c (ossia le società miste) ed f (concessionari di servizi) per i quali, dunque, permarrebbe l’assolutezza del divieto.
93 I quali hanno sostituito i provveditorati delle oo.pp. quali organismi periferici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
5. I requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento
5.1. I soggetti ammessi
L’art. 34 individua, senza particolari novità e/o modifiche rispetto al quadro normativo previgente94, la lista dei soggetti ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, essi sono:
a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, le società commerciali, le società cooperative;
b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, e successive modificazioni, e i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;
c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del Codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro, secondo le disposizioni di cui all'articolo 36;
d) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti dai soggetti di cui alle lettere a, b e c, i quali, prima della presentazione dell'offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato mandatario, il quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37;
e) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all'articolo 2602 del Codice civile, costituiti tra i soggetti di cui alle lettere a, b e c del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del Codice civile; si applicano al riguardo alle disposizioni dell’articolo 37;
94 Art. 10 della Legge n. 109/1994 per i lavori pubblici; art. 2 del D.Lgs. n. 157/1995 per quanto concerne i servizi pubblici ed infine l’art. 1 del D.Lgs. n. 358/1992 per quanto concerne le forniture.
f) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240; si applicano al riguardo le disposizioni dell’articolo 37.
Di particolare interesse è invece il 2° comma, dell’articolo in esame che interviene a colmare una lacuna del sistema previgente disponendo l’esclusione dalla gara delle imprese che versino in una situazione di “collegamento sostanziale” oltre che – ma questa non è una novità – di controllo ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile95.
In verità la questione del collegamento fra le imprese e della sua idoneità ad alterare l’equilibrio della competizione, è stata oggetto di particolare attenzione da parte della giurisprudenza che, tuttavia, non ha mai raggiunto accordo su una tesi univoca. In particolare secondo un orientamento l’esclusione delle imprese dalla gara sarebbe stata possibile solamente in presenza delle condizioni di controllo di cui all’art. 2359 del Codice civile in quanto, trattandosi di una regola limitativa della concorrenza, essa dovrebbe essere di stretta interpretazione e dunque insuscettiva di analogica estensione a prescindere da quanto previsto dal bando di gara che, peraltro, se deponesse in senso contrario dovrebbe essere annullato sul punto96.
Secondo una tesi diametralmente opposta, invece, l’interesse alla libera concorrenza va ponderato, ed è destinato a soccombere, rispetto all’interesse alla correttezza e regolarità della procedura che sarebbe irrimediabilmente minato qualora fossero consentiti “patti” miranti a
95 L’art. 34, 2° comma, del Codice prevede che: “Non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'articolo 2359 del Codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”. A sua volta l’art. 2359 c.c., così come sostituito dall’art. 1, comma c. 1, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che ha sostituito l'intero Capo V, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dispone che: “[1] Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. [2] Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi. [3] Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati”.
96 Per questa tesi restrittiva si veda TAR Lazio, III, sent. 5.10.2005 n. 7833; id. 25.10.2005 n. 4170 entrambe in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx.
realizzare collegamenti sostanziali fra le imprese partecipanti. Secondo tale impostazione, dunque, qualora si riscontrino casi di collegamento sostanziale desumibili da circostanze di fatto univoche, precise e concordanti le imprese coinvolte dovranno essere escluse a prescindere da qualsivoglia forma di previsione nel bando di gara97.
Una terza tesi, che si colloca in posizione mediana fra la prima e la seconda, pur riconoscendo titolo all’esclusione per i casi collegamento sostanziale, impone una previa indicazione in tal senso nel bando di gara. In questo caso spetterà all’amministrazione procedente valutare se vi sia o meno un collegamento capace di alterare la concorrenza fra le imprese98.
Il 2° comma, dell’art. 34 interviene, come detto, sulla materia accogliendo favorevolmente la tesi del collegamento sostanziale; difatti la norma in questione precisa che: “Non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'articolo 2359 del Codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi”.
È evidente che la disposizione concede alle amministrazioni aggiudicatrici un ampio margine di discrezionalità di contenuto amministrativo e non tecnico che potrebbe dare adito ad eventuali abusi e, altresì, incentivare il contenzioso. Sarebbe stato preferibile – sempre che in tal senso non specifichi meglio il regolamento – imporre all’amministrazione l’obbligo di indicare preventivamente le cause ovvero quanto meno i criteri sulla scorta dei quali procedere alla individuazione del collegamento sostanziale, senza limitarsi a riferirsi genericamente alla rilevazione di “univoci elementi”. Tale adempimento avrebbe, difatti, meglio risposto alle esigenze di trasparenza ed imparzialità della pubblica amministrazione mettendo, peraltro, i concorrenti nella condizione di impugnare direttamente il bando nei casi in cui avessero ritenuto tali criteri illegittimi.
97 In questo senso Cons. St., 13.06.2005, n. 3089; Cons. St. n. 5196/2004 in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx.
98 In questo senso, TAR Campania – Salerno, I, 5.4.2006 n. 377 id. 18.4.2006 n. 512 entrambe in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; TAR Lazio, III, 4.5.2005 n. 3315 in www. Xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx; Autorità di vigilanza ll.pp. Atto di regolazione n. 27/2000 in www.autoritàvigilanzall.pp..it.
5.2. I requisiti di ordine generale
Il Codice non apporta modifiche al sistema previgente99, confermato dalla Direttiva 2004/18/Ce, che distingue fra requisiti di ordine generale, ed i requisiti di qualificazione, i primi indispensabili per la partecipazione alla gara i secondi, invece, anche per la presentazione dell’offerta. I predetti requisiti presentano ambiti di operatività solo in parte sovrapponibili. La regola è comune agli appalti di lavori, servizi e forniture.
I requisiti di ordine generale, improntati al principio della tipicità e tassatività100, sono indicati dall’art. 38 del Codice che esclude dalla partecipazione alla gara i soggetti che:
b) nei cui confronti è pendente procedimento per l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 o di una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575; l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo; i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società;
c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del Codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna,
99 Art. 75, DPR n. 554/99 ed art. 17 del DPR n. 34/2004 per i lavori pubblici; l’art. 12 del D.Lgs. n. 157/1995 per i servizi e l’art. 11 D.Lgs. n. 358/1\992 per le forniture. La norma comunitaria di riferimento è l’art. 45 della Direttiva 18/2004/Ce.
100 Per tutti X. XXXXXXXXXX La nuova disciplina sui lavori pubblici, Milano, 2000, 379.
101 Non vi è alcun riferimento alla procedura dell’amministrazione controllata in quanto soppressa dall’art. 147, 2° comma, del D.Lgs. 9.1.2006, n. 5.
con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, Direttiva Ce 2004/18; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del Codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del Codice di procedura penale;
d) che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria posto all'articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
e) che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio;
f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante;
g) che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;
h) che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio;
i) che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti;
m) nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c, del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 o altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione103.
Fra le poche novità presentate dal nuovo testo rispetto a quello pregresso di cui all’art. 75 DPR n. 554/99, rileva quanto riportato nella lett. c relativamente alla condanna per fattispecie delittuose quali la partecipazione (ed a maggior ragione l’associazione) ad un’organizzazione criminale nonché la corruzione, frode, e riciclaggio. La novità è il frutto del recepimento del par. 1 dell’art. 45 della Direttiva 18/2004/Ce secondo la quale: “È escluso dalla partecipazione ad un appalto pubblico il candidato o l'offerente condannato, con sentenza definitiva di cui l'amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza; per una o più delle ragioni elencate qui di seguito:
a) partecipazione a un'organizzazione criminale, quale definita all'articolo 2, paragrafo 1, dell'azione comune 98/773/GAI del Consiglio;
b) corruzione, quale definita rispettivamente all'articolo 3 dell'atto del Consiglio del 26 maggio 1997 ed all'articolo 3, paragrafo 1, dell'azione comune 98/742/GAI del Consiglio;
c) frode ai sensi dell'articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;
d) riciclaggio dei proventi di attività illecite, quale definito all'articolo 1 della Direttiva 91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991 relativa alla
102 Si tratta del requisito indicati dall’art. 17, comma 1, lett. d) del DPR n. 34/2000.
103 Si tratta in particolare del “….divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio”.
prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite”104.
Altra novità della previsione, rispetto al regime normativo previgente, riguarda la lett. f di cui all’art. 38 in esame, nella parte in cui chiede la motivata valutazione della pubblica amministrazione circa la grave negligenza e/o la malafede dell’appaltatore nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto. Ad integrare la fattispecie di esclusione prevista dalla norma non è sufficiente, semplicemente, una negligenza grave ovvero, addirittura, una condotta dolosa, ma è necessario, altresì, che l’errore dell’appaltatore sia reputato come tale sulla base di un apprezzamento discrezionale da parte della pubblica amministrazione.
La norma sottolinea anche l’esigenza che la valutazione dell’amministrazione in ordine alla sussistenza della predetta condizione sia motivata; resta incerto su quale significato si debba attribuire a tale “motivata valutazione”. Difatti non si comprende se essa vada riferita alla oggettiva considerazione del comportamento dell’appaltatore come gravemente negligente ovvero doloso, oppure, debba spingersi fino al punto di considerare quale incidenza abbia avuto tale condotta sul buon esito del precedente rapporto contrattuale. In sintesi viene da domandarsi se, per escludere un appaltatore, sia sufficiente che lo stesso abbia tenuto una condotta gravemente colposa in un precedente rapporto con la medesima amministrazione ovvero sarà necessario anche valutare l’influenza che l’acclarata violazione sia stata in grado di ripercuotersi sul rapporto negoziale; dato che non è dato riscontrare una causalità necessaria fra comportamento gravemente colposo ed inesatta esecuzione della
104 Precisa altresì la norma in questione che: “Gli Stati membri precisano, in conformità del rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, le condizioni di applicazione del presente paragrafo. Essi possono prevedere una deroga all'obbligo di cui al primo comma per esigenze imperative di interesse generale. Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, le amministrazioni aggiudicatrici chiedono, se del caso, ai candidati o agli offerenti di fornire i documenti di cui al paragrafo 3 e, qualora abbiano dubbi sulla situazione personale di tali candidati/offerenti, possono rivolgersi alle autorità competenti per ottenere le informazioni relative alla situazione personale dei candidati o offerenti che reputino necessarie. Se le informazioni riguardano un candidato o un offerente stabilito in uno Stato membro diverso da quello dell'amministrazione aggiudicatrice, quest'ultima può richiedere la cooperazione delle autorità competenti. In funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell'offerente”.
prestazione, Né, tanto meno, il grado di gravità della colpa è direttamente proporzionale alla gravità del difetto dell’opera105.
Riguardo alla natura della causa di esclusione in esame la giurisprudenza amministrativa aveva già avuto modo di rilevare che la ratio ad essa sottesa risiede nell’esigenza di evitare l’instaurazione di un nuovo rapporto negoziale in quei casi in cui il rapporto fiduciario fra la pubblica amministrazione e l’appaltatore sia già venuto meno precedentemente106 a causa del comportamento dell’appaltatore; essa, dunque, non riveste carattere punitivo. Consegue a quanto affermato che per la sussistenza della causa di esclusione in oggetto non sarà necessario l’accertamento giudiziario della colposa o dolosa condotta dell’appaltatore. Ciò si evince indirettamente anche dalla circostanza che la norma di cui all’art. 75 del DPR n. 554/99, ma anche l’art. 38 del Codice, indica espressamente i casi in cui l’esclusione debba dipendere da un fatto accertato con sentenza passata in giudicato da parte dell’Autorità giudiziaria.
Traendo spunto dalle considerazioni testé riportate è possibile orientare l’interpretazione della fattispecie in esame chiarendo meglio quale dovrà essere l’oggetto del motivato accertamento da parte della pubblica amministrazione. Questa dovrà prestare attenzione non solamente
105 In quest’ultimo senso non appare condivisibile quanto affermato dall’Autorità di vigilanza sui ll.pp. nella determinazione del 5.12.2001 n. 16/23 “per la configurazione dell’ipotesi in esame non basta, in particolare, che i lavori non siano stati eseguiti a regola d’arte ovvero in maniera non rispondente alle esigenze del committente, occorrendo invece una mancata esecuzione che renda l’opera appaltata concretamente inutilizzabile……In definitiva, occorre che vi sia stato inadempimento dell’imprenditore che abbia portato alla dichiarazione di non collaudabilità dei lavori, ovvero alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 119 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 ovvero ad una gravemente errata esecuzione del contratto giudiziariamente accertata anche se non abbia fatto seguito la pronunzia di risoluzione”. Come detto sopra non vi è un rapporto direttamente proporzionale fra gravità della negligenza ed utilizzabilità dell’intervento realizzato nel senso che, salvo prova contraria, pur a fronte di tale comportamento l’opera potrebbe comunque mostrarsi funzionale alle esigenze dell’amministrazione e dunque collaudabile. Ciò a maggior ragione quando si afferma che la grave negligenza dovrà incidere sul rapporto fiduciario fra committente ed appaltatore e non sulla collaudabilità dell’intervento. In buona sostanza si ritiene che la pubblica amministrazione debba valutare il comportamento oggettivamente tenuto dal committente e riscontrare se lo stesso presenti le caratteristiche di cui alla norma, a prescindere dalle conseguenze sulla funzionalità dell’opera.
106 In particolare si veda Cons. St., IV, 31.03.2005 n. 1435 in La Legge, Milano, secondo cui: “La causa di esclusione di cui all'art. 75 D.P.R. n.554/1999, non presuppone il necessario accertamento in sede giurisdizionale del comportamento di grave negligenza tenuto dalla società nel corso del pregresso rapporto contrattuale, trattandosi di disposizione non avente carattere sanzionatorio bensì posta a presidio dell'elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico”. Negli stessi termini Cons. St.,VI, 8 marzo 2004 n. 1071; Cons. Stato, IV, 30.5.2001 n. 2955 in www. Xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx.
alla condotta oggettivamente colposa o dolosa posta in essere dal committente nei precedenti rapporti intrattenuti, ma sarà tenuta a verificare che tale modus operandi abbia inciso sul rapporto fiduciario in modo tale da giustificarne l’esclusione anche per le successive gare bandite107.
La causa di esclusione di cui alla lett. f dell’art. 38 del Codice, peraltro, per la parte esaminata, non deriva direttamente dalla normativa europea, che dal suo canto si riferisce esclusivamente ad errori gravi commessi dall’appaltatore nell’esercizio della propria prestazione professionale. Tale inciso è ripreso dal Codice nella seconda parte della lett. f ove si precisa che è, altresì, causa di esclusione del concorrente “che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
L’ultima novità è, poi, rappresentata dalla fattispecie di cui alla lett. m dell’art. 38 che, a sua volta rinvia al D.Lgs. 08-06-2001, n. 231 recante la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”, il cui art. 9, 2° comma, prevede alla lett. c fra le sanzioni interdittive proprio il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione. Trattasi, ovviamente, di causa di esclusione che non è prevista dall’ordinamento europeo essendo riconducibile alla particolare disciplina definita dal nostro ordinamento per le persone giuridiche.
Diventa necessario porre in evidenza che, mentre per il Codice dei contratti l’integrazione di una delle fattispecie di cui all’art. 38 comporta automaticamente l’esclusione del concorrente, il diritto europeo si mostra più permissivo. Difatti l’art. 45 della Direttiva 2004/18/Ce prevede
107 È pacifico, in giurisprudenza, che l’errore e/o la malafede debbano concernere la medesima amministrazione che bandisce la gara; ex multis Cons. St., V, 22.08.2003, n. 4750.
108 Questo secondo inciso è piuttosto riconducibile ai requisiti generali di cui all’art. 17 del DPR n. 34/2000, ed in particolare a quello di cui alla lett. l), l’accertamento del quale è indispensabile per l’ottenimento del certificato SOA.
l’automatica esclusione per le sole cause indicate dal par. 1, mentre per le restanti rimette alla pubblica amministrazione la facoltà, ma non anche l’obbligo, di escluderle. In questo senso depone inequivocabilmente il tenore letterale delle norma che, se per le cause di cui al par. 1 reca l’inciso “è escluso”, nel par. 2 si limita ad asserire che “può essere escluso”. Si tratta, peraltro, di una novità introdotta dalla Direttiva 2004/18/Ce in quanto la previgente normativa prevedeva la mera facoltatività delle cause di esclusione.
Ne consegue che l’art. 38 del Codice con si conforma pienamente alla normativa comunitaria; si tratta di un profilo problematico tanto più per una disciplina che, come quella in esame, si prefigge lo scopo di preparare il quadro normativo per la piena applicazione della normativa europea e che, proprio in tale obiettivo, trova il proprio presupposto legittimante nel ragionamento del Consiglio di Stato109. Peraltro, come più volte affermato nel dibattito parlamentare110, il Codice sembrerebbe impostato nel senso di rimettere alla valutazione delle amministrazioni le scelte indicate come facoltative dalla normativa europea e quella di cui all’art. 45, par. 2 è chiaramente una scelta facoltativa. D’altra parte la derogabilità delle previsioni normative europee è tendenzialmente ammissibile in senso più restrittivo, ma solamente qualora essenziale per la tutela dell’interesse al quale è funzionale la normativa stessa che, nel caso specifico, è la concorrenza. Da questo punto di vista l’ampliamento delle cause di esclusione obbligatorie sembrerebbe operare in senso contrario.
Il Codice, per quanto concerne la prova dell’assenza delle cause di esclusione di cui sopra ivi comprese quelle di cui alla lett. c, individua, al pari del regime previgente, lo strumento della dichiarazione sostitutiva di cui agli artt. 45 e 46 del DPR n. 445/2000111. In sede di partecipazione,
000 Xxxx. Xx. parere 355/2006 cit.
110 Si veda parere dell’VIII Comm. citato.
111 Art. 38, 2° comma, del Codice secondo cui: “Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica anche le eventuali condanne per le quali abbia beneficiato della non menzione”. In particolare l’art. 46 del regolamento prevede che: “Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all'istanza, sottoscritte dall'interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti: a) data e il luogo di nascita; b) residenza; c) cittadinanza; d) godimento dei diritti civili e politici; e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero; f) stato di famiglia; g) esistenza in vita; h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell'ascendente o discendente; i) iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni; l) appartenenza a ordini professionali; m) titolo di studio, esami sostenuti; n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica; o) situazione reddituale o economica
pertanto, i concorrenti saranno tenuti ad attestare sotto la propria penale responsabilità, di non versare in alcune delle ipotesi definite dall’art. 38 del Codice fermo, ovviamente, restando il potere dell’Amministrazione di procedere alla relativa verifica ai sensi dell’art. 43 del DPR n. 445/2000112.
anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali; p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto; q) possesso e numero del Codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell'archivio dell'anagrafe tributaria; r) stato di disoccupazione; s) qualità di pensionato e categoria di pensione;
t) qualità di studente; u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili; v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo; z) tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio; aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa; bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali; bb-bis) di non essere l'ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231; cc) qualità di vivenza a carico; dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell'interessato contenuti nei registri dello stato civile; ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato”. In particolare la lett. aa) è stata introdotta dall'art. 49, comma c. 1, lett. a), D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.; mentre la lett. bb – bis) è stata inserita dall'art. 49, comma c. 1, lett. b), D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, a decorrere dal quarantacinquesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. Ai sensi dell’art. 47 del regolamento è disciplinata la dichiarazione sostitutiva di notorietà in forza della quale: “L'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all'articolo 38. 2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. 4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all'Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell'interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva”.
112 Ai sensi dell’art. 43 del DPR n. 445/2000: “Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che risultino elencati all'art. 46, che siano attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. In luogo di tali atti o certificati i soggetti indicati nel presente comma sono tenuti ad acquisire d'ufficio le relative informazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, dell'amministrazione competente e degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato. (R) 2. Xxxxx restando il divieto di accesso a dati diversi da quelli di cui è necessario acquisire la certezza o verificare l'esattezza, si considera operata per finalità di rilevante interesse pubblico, ai fini di quanto previsto dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, la consultazione diretta, da parte di una pubblica amministrazione o di un gestore di pubblico servizio, degli archivi dell'amministrazione certificante, finalizzata all'accertamento d'ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini. Per l'accesso diretto ai propri archivi l'amministrazione certificante rilascia all'amministrazione procedente apposita autorizzazione in cui vengono indicati i limiti e le condizioni di accesso volti ad assicurare la riservatezza dei dati personali ai sensi della normativa vigente. (L) 3. Quando l'amministrazione
Ai sensi dell’art. 38, 3° comma, l’Amministrazione sarà tenuta a verificare le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2, limitatamente alle condanne penali, richiedendo al casellario giudiziario il rilascio del relativo certificato. Ai concorrenti che non siano stabiliti in Italia la stazione appaltante potrà, invece e se del caso, richiedere direttamente la documentazione. All’affidatario è, comunque sia, richiesta la presentazione della certificazione di regolarità contributiva generale113, nonché della certificazione di regolarità contributiva relativa alla sicurezza nei cantieri114.
5.3. I requisiti di idoneità professionale
L’art. 39 del Codice disciplina le particolari ipotesi nelle quali l’esercizio di una determinata attività è condizionato al possesso di un’abilitazione ovvero alla iscrizione in appositi registri115. In particolare la
procedente opera l'acquisizione d'ufficio ai sensi del precedente comma, può procedere anche per fax e via telematica. (R) 4. Al fine di agevolare l'acquisizione d'ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri, le amministrazioni certificanti sono tenute a consentire alle amministrazioni procedenti, senza oneri, la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici, nel rispetto della riservatezza dei dati personali. (R)
5. In tutti i casi in cui l'amministrazione procedente acquisisce direttamente informazioni relative a stati, qualità personali e fatti presso l'amministrazione competente per la loro certificazione, il rilascio e l'acquisizione del certificato non sono necessari e le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza.
(R) 6. I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione tramite fax, o con altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale”.
113 Ai sensi dell’art. 2, del D.L. 25.09.2002, n. 210 convertito dalla Legge 22.11.2002, n. 166 secondo cui: “Le imprese che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell'affidamento. 1– bis. La certificazione di cui al comma 1 deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono servizi e attività in convenzione o concessione con l'ente pubblico, pena la decadenza della convenzione o la revoca della concessione stessa”.
114 Dispone l’art. 3, 8° comma, lett. b-bis) del D.Lgs. n. 494 del 1996, come introdotta dall’art. 86, comma c. 10, lett. b), X.Xxx. D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che “Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa:…..b-bis) chiede un certificato di regolarità contributiva. Tale certificato può essere rilasciato, oltre che dall'INPS e dall'INAIL, per quanto di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva;….”.
115 La norma riprende quanto già previsto dall’art. 46 della Direttiva Ce 18/2004, dall’art. 15, d.lgs. n. 157/1995, dall’art. 12, d.lgs. n. 358/1992 e dall’art. 8, comma 11 bis della Legge n. 109/1994.
xxxxx distingue fra tale caso generale e quello speciale relativo alle sole procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi116.
Per quanto concerne il primo profilo, la norma è ispirata al principio del mutuo riconoscimento117 e rimette alla discrezionalità della pubblica amministrazione se richiedere o meno ai concorrenti italiani o stranieri residenti in Italia118, l’iscrizione al registro della Camera di commercio, industria artigianato e agricoltura ovvero nel registro delle Commissioni provinciali per l’agricoltura ovvero, ancora, presso i competenti ordini professionali. La dimostrazione del possesso di tali requisiti potrà avvenire mediante dichiarazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, 3° comma del Codice. Nel caso in cui, però, il concorrente sia residente in altro Stato e dunque presti solo occasionalmente la propria attività in Italia119, la pubblica amministrazione potrà ugualmente condizionarne la partecipazione alla iscrizione in appositi albi o registri, ma secondo le modalità del paese d’origine. D’altra parte, sulla scorta del principio di mutuo riconoscimento, al soggetto chiamato a prestare la propria attività in uno Stato diverso da quello d’origine non potranno essere imposti requisiti ultronei rispetto a quelli imposti dal predetto Paese d’origine120.
La medesima regola si applica, poi, alla fattispecie speciale di cui al 4° comma dell’art. 39 riservata agli appalti di servizi. Difatti in quest’ultimo caso, qualora il prestatore di servizi sia obbligato all’iscrizione in elenchi, registri o albi per l’esercizio dell’attività professionale nel proprio paese
116 Per una prima analisi della normativa comunitaria sul punto si veda M. R. SPASIANO – M. CALABRO’ L’abilitazione all’esercizio dell’attività professionale in Il nuovo diritto degli appalti pubblici, 2005, Milano, 607 ss.
117 Si veda il considerando 42 della Direttiva 2004/18/Ce secondo cui “Le norme comunitarie in materia di reciproco riconoscimento di diplomi, certificati e altri documenti atti a comprovare una qualifica formale sono applicabili quando si esiga la prova del possesso di una particolare qualifica per partecipare a una procedura d'appalto o a un concorso di progettazione”.
118 Si fa chiaramente riferimento alla libertà di stabilimento.
119 Libera prestazione dei servizi.
120 L’art. 39, 2° comma, del D.Lgs. n. 163/2006 indica – al pari dell’art. 46 della Direttiva 18/2004 - i diversi elenchi per ciascuno Stato membro; dispone in particolare la norma citata che: “Se si tratta di un cittadino di altro Stato membro non residente in Italia, può essergli richiesto di provare la sua iscrizione, secondo le modalità vigenti nello Stato di residenza, in uno dei registri professionali o commerciali di cui all'allegato XI A per gli appalti pubblici di lavori, all'allegato XI B per gli appalti pubblici di forniture e all'allegato XI C per gli appalti pubblici di servizi, mediante dichiarazione giurata o secondo le modalità vigenti nello Stato membro nel quale è stabilito”.
Per quanto concerne gli appalti di servizi e forniture d’importo inferiore alla soglia comunitaria il Codice122 rinvia ad uno specifico regolamento l’individuazione dei requisiti di qualificazione a carattere sia generale che tecnico finanziario (sui quali si veda il paragrafo successivo); medio tempore, in attesa del predetto regolamento e considerando il silenzio sul punto dell’art. 253 del Codice afferente la disciplina transitoria, la qualificazione dei concorrenti dovrà essere determinata direttamente dalla pubblica amministrazione nei vigenti atti di gara eventualmente facendo riferimento ai criteri ed ai parametri statuiti dal vigente quadro normativo di riferimento, ossia dal DPR n. 573/1994 e dal D.Lgs. n. 157 del 1995.
5.4. I requisiti di qualificazione
La qualificazione dei concorrenti, ossia la valutazione del possesso da parte delle imprese dei requisiti di natura tecnica ed economica per l’idonea esecuzione della prestazione da appaltare, è regolamentata dagli artt. 40 – 43 del Codice che distinguono fra lavori pubblici da un lato (art. 40), e servizi e forniture pubbliche dall’altro (artt. 41-42).
Per i lavori pubblici l’art. 40 del Codice lascia sostanzialmente invariata la disciplina di cui al pregresso combinato normativo ex art. 8 della Legge n. 109/1994, come modificato dalla legge n. 415/98 e DPR n. 34/2000123 che hanno introdotto, per i lavori d’importo superiore ai 150.000
€, il sistema della certificazione unica.
L’art. 40, 1° comma del Codice dei contratti dispone che: “I soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati e
121 Dispone l’art. 39, 4° comma, del D.Lgs. n. 163/2004 che: “Nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, se i candidati o gli offerenti devono essere in possesso di una particolare autorizzazione ovvero appartenere a una particolare organizzazione per poter prestare nel proprio paese d'origine il servizio in questione, la stazione appaltante può chiedere loro di provare il possesso di tale autorizzazione ovvero l'appartenenza all'organizzazione di cui trattasi”.
122 Art. 124, 7° comma del D.Lgs. n. 163/2006.
123 Sulle innovazioni di cui al DPR n. 34/2000 si veda fra i tanti: X. XXXXXXX La qualificazione, in La nuova disciplina dei lavori pubblici, a cura di X. XXXXXXXXXX E G. DE MARZO, Milano 2003, 425 ss., X. XXXXXXXXXX La qualificazione in La legge quadro in materia di lavori pubblici, a cura di A CLARIZIA – A XXXXXXX, Padova, 2004, 433 ss.
improntare la loro attività ai principi della qualità, della professionalità e della correttezza. Allo stesso fine i prodotti, i processi, i servizi e i sistemi di qualità aziendali impiegati dai medesimi soggetti sono sottoposti a certificazione, ai sensi della normativa vigente”.
La concreta disciplina della certificazione è, anche nel Codice, rimessa al regolamento generale di cui all’art. 5, nel rispetto di principi generali sostanzialmente analoghi a quelli di cui al previgente sistema normativo. In particolare la certificazione unica potrà essere rilasciata da organismi di attestazione privati, all’uopo esplicitamente autorizzati dall’Autorità previo parere (obbligatorio ma non vincolante) di una specifica Commissione.
La struttura della certificazione unica è complessa e prevede l’attestazione del possesso:
- della certificazione di un sistema di qualità conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000 e alla vigente normativa nazionale, rilasciata da soggetti accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e della serie UNI XXX XX XXX/XXX 00000;
- dei requisiti di ordine generale nonché tecnico – organizzativi ed economico – finanziari conformi alle disposizioni normative in materia di qualificazione124.
A quest’ultimo proposito va rilevato un errore nella stesura della norma di cui al comma 4, lett. c dell’art. 40 in esame che, nell’individuare l’oggetto del regolamento di qualificazione, prevede che esso dovrà altresì indicare le modalità di attestazione dei requisiti di cui al comma 3, lett. c della norma. Orbene il 3° comma, dell’art. 40 non enuncia alcuna lett. c, ma solamente le lettere a e b. L’errore deriva probabilmente dalla trasposizione del precedente art. 8 della Legge n. 109/1994 ove i requisiti di cui alla lettera c erano, appunto, quelli di ordine generale e tecnico economici.
Nel nuovo sistema viene meno il livello di certificazione intermedio del sistema di qualità aziendale che il previgente sistema individuava nella “dichiarazione di elementi significativi e tra loro correlati del sistema di
124 Art. 40, 3° comma, lett. a) e b) del Codice 163/2006.
qualità aziendale”. L’esclusione appare logica alla luce del fatto che la dichiarazione trovava la sua esclusiva giustificazione nel contesto di un regime transitorio ormai stabilizzatosi.
Può ritenersi superato anche il problema della compatibilità del sistema di certificazione in questione con il sistema di qualificazione europeo considerato quanto disposto dall’art. 49 della Direttiva 2004/18/Ce secondo cui: “Qualora richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare l'ottemperanza dell'operatore economico a determinate norme in materia di garanzia della qualità, le amministrazioni aggiudicatrici fanno riferimento ai sistemi di assicurazione della qualità basati sulle serie di norme europee in materia e certificati da organismi conformi alle serie delle norme europee relative alla certificazione. Le amministrazioni aggiudicatrici riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse ammettono parimenti altre prove relative all'impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità prodotte dagli operatori economici”125. La disposizione è riportata nell’art. 43 del Codice degli appalti.
Alla luce di siffatta disposizione normativa sembra limitativo il fatto che il legislatore del Codice, pur operando spesso in senso innovativo, abbia lasciato inalterata la distinzione fra i sistemi di qualificazione dei lavori, da un lato, e dei servizi e delle forniture dall’altro. Tanto più in considerazione del fatto che la previsione in esame è contenuta in una Direttiva volta ad unificare la disciplina in materia di appalti pubblici e che, peraltro, già la Direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi (art. 33)126 prevedeva la possibilità del rilascio, da parte di organismi accertatori indipendenti, di una certificazione mirante a garantire la rispondenza del prestatore di servizi alle norme in materia di garanzia della qualità. Pur tuttavia è bene precisare che la norma comunitaria fa riferimento alla certificazione di qualità e non anche all’attestazione del possesso di tale certificazione e/o degli altri requisiti individuati dalla legge.
125 Sull’art. 49 della Direttiva 18 M. R. SPASIANO- M. CALABRO’ Norme di garanzia della qualità in Il nuovo diritto degli appalti pubblici, a cura di X. XXXXXXXX – M.A. SANDULLI, Milano, 2004, 653 ss.
126 Art. 39 del D.Lgs. n. 157/1995.
Tuttavia il Codice conserva anche i “difetti” del sistema di qualificazione mediante certificazione, configurando la natura giuridica privata degli organismi di attestazione (oggi SOA). Al fine di risolvere il problema dell’inaffidabilità degli attestati sarebbe stato opportuno assegnare alla relativa attività un rango pubblicistico, assoggettandola al controllo dell’Autorità.
Resta da evidenziare il principio del riconoscimento di certificati ovvero altre misure equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri ovvero direttamente dagli operatori economici; trova, dunque, indirettamente conferma con tale disposizione anche il principio secondo cui l’operatore economico straniero non dovrà necessariamente ottenere il rilascio della certificazione di qualità per la partecipazione alla gara di appalto vigendo quest’ultima esclusivamente per gli operatori italiani127.
Per quanto riguarda, invece, gli appalti di servizi e forniture, il Codice prevede un sistema di qualificazione “classico”, svincolato da forme di attestazione, ed ancorato al possesso dei requisiti di carattere economico e tecnico.
Per quanto concerne i primi, l’art. 41 del Codice128 dispone che: “negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti:
a) idonee dichiarazioni bancarie;
b) bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa;
c) dichiarazione concernente il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi”.
In sede di presentazione della domanda i requisiti di qualificazione, espressamente indicati dal bando di gara, dovranno essere esclusivamente dichiarati ai sensi del DPR n. 445/2000, mentre il solo aggiudicatario sarà obbligato a provarli.
127 In questi termini TAR Friuli Venezia Giulia, 21.12.2002, n. 1086 in www. Giustizia– xxxxxxxxxxxxxx.xx
128 Che riproduce l’art. 47 della Direttiva 18/2004/Ce.
Rispetto alla norma comunitaria (come detto, l’art. 47) quella del Codice appare maggiormente restrittiva in quanto sembrerebbe imporre che la qualificazione della capacità economico-finanziaria dell’imprenditore possa avvenire necessariamente mediante la tipologia di prove indicate dalla norma, mentre la prima introduce un margine di elasticità statuendo che “in linea di massima” la qualificazione potrà essere provata mediante i requisiti indicati. In realtà anche la norma interna introduce un margine di elasticità statuendo, al 2° comma, che “Le amministrazioni precisano nel bando di gara i requisiti che devono essere posseduti dal concorrente, nonché gli altri eventuali che ritengono di richiedere”.
In sintesi la norma prevede una prova obbligatoria ancorata alle tipologie indicate dall’art. 41 del Codice ed una eventuale integrazione svincolata dalla predefinizione di modelli.
La qualificazione dei concorrenti sotto il profilo tecnico – professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi è, invece, regolamentato dal successivo art. 42 del Codice129 secondo cui: negli appalti di servizi e forniture la dimostrazione delle capacità tecniche dei concorrenti può essere fornita in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso delle forniture o dei servizi:
a) presentazione dell'elenco dei principali servizi o delle principali forniture prestati negli ultimi tre anni con l'indicazione degli importi, delle date e dei destinatari, pubblici o privati, dei servizi o forniture stessi; se trattasi di servizi e forniture prestati a favore di amministrazioni o enti pubblici, esse sono provate da certificati rilasciati e vistati dalle amministrazioni o dagli enti medesimi; se trattasi di servizi e forniture prestati a privati, l'effettuazione effettiva della prestazione è dichiarata da questi o, in mancanza, dallo stesso concorrente;
b) indicazione dei tecnici e degli organi tecnici, facenti direttamente capo, o meno, al concorrente e, in particolare, di quelli incaricati dei controlli di qualità;
c) descrizione delle attrezzature tecniche tale da consentire una loro precisa individuazione e rintracciabilità, delle misure adottate dal
129 Il quale ripropone l’art. 48 della Direttiva 18.
fornitore o dal prestatore del servizio per garantire la qualità, nonché degli strumenti di studio o di ricerca di cui dispone;
d) controllo, effettuato dalla stazione appaltante o, nel caso di concorrente non stabilito in Italia, per incarico della stazione appaltante, da un organismo ufficiale competente del Paese in cui è stabilito il concorrente, purché tale organismo acconsenta, allorché i prodotti da fornire o il servizio da prestare siano complessi o debbano rispondere, eccezionalmente, a uno scopo determinato; il controllo verte sulla capacità di produzione e, se necessario, di studio e di ricerca del concorrente e sulle misure utilizzate da quest'ultimo per il controllo della qualità;
e) indicazione dei titoli di studio e professionali dei prestatori di servizi o dei dirigenti dell'impresa concorrente e, in particolare, dei soggetti concretamente responsabili della prestazione di servizi;
f) indicazione, per gli appalti di servizi e unicamente nei casi appropriati, stabiliti dal regolamento, delle misure di gestione ambientale che l’operatore potrà applicare durante la realizzazione dell’appalto;
g) per gli appalti di servizi, indicazione del numero medio annuo di dipendenti del concorrente e il numero di dirigenti impiegati negli ultimi tre anni;
h) per gli appalti di servizi, dichiarazione indicante l’attrezzatura, il materiale e l’equipaggiamento tecnico di cui il prestatore di servizi disporrà per eseguire l’appalto;
i) indicazione della quota di appalto che il concorrente intenda, eventualmente, subappaltare;
l) nel caso di forniture, produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire, la cui autenticità sia certificata a richiesta della stazione appaltante;
m) nel caso di forniture, produzione di certificato rilasciato dagli istituti o servizi ufficiali incaricati del controllo qualità, di riconosciuta competenza, i quali attestino la conformità dei beni con riferimento a determinati requisiti o norme.
Rispetto a quanto detto in merito all’art. 41, in questo caso i mezzi di prova sono tassativi e l’amministrazione procedente sarà obbligata a scegliere esclusivamente fra quelli indicati. Resta ferma la necessità della sola dichiarazione di possesso per i concorrenti e della prova del possesso per l’aggiudicatario.
Il principio in virtù del quale che il possesso dei requisiti di qualificazione debba essere dichiarato dai concorrenti e provato dall’aggiudicatario, per quanto improntato ad esigenze di semplificazione e snellimento del procedimento di aggiudicazione, non si estende fino al punto da esonerare l’amministrazione da qualsivoglia accertamento sul punto sì come desumibile dalla lettura degli artt. 46 – 48 del D.lgs. n. 163/2006.
L’art. 46 del Codice prevede che: “Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”. Esso trae spunto dal principio di chiara matrice comunitaria della massima partecipazione alla procedure di aggiudicazione quale garanzia di apertura alla concorrenza del mercato; nell’ottica di una ponderazione ex ante fra tale valore e quello della correttezza formale della documentazione si è ritenuto prevalente quello sostanziale lì dove il concorrente, all’uopo opportunamente convocato, sani il vizio riscontrato.
La giurisprudenza amministrativa di primo grado ha ritenuto che l'art. 16 del D.Lgs. n. 157/1995, non ha inteso assegnare alle amministrazioni pubbliche una mera facoltà o un potere eventuale, ma ha piuttosto inteso codificare un ordinario modo di procedere, volto a far valere, entro certi limiti, e nel rispetto della par condicio dei concorrenti, la sostanza sulla forma, orientando l'azione amministrativa alla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica; tale principio è sostanzialmente condivisibile, ma va rilevato da una parte che la norma è inapplicabile al momento di valutazione delle offerte (essendo dettata in tema di verifica dei requisiti di partecipazione e quindi per garantire il favor partecipationis) e dall'altra che la sua applicazione incontra dei limiti fra i quali vi è senz'altro il principio di ragionevolezza che esclude che essa sia invocabile a fronte di un'espressa e xxxxxx xxxxxxxx del bando, efficace e
non viziata da illegittimità, che considera una determinata inosservanza a fini sanzionatori130.
La prescrizione in parola, già vigente nel nostro sistema normativo degli appalti pubblici ma per i soli servizi e forniture131, è stata estesa dall’art. 46 del Codice anche ai lavori considerando che nella previgente disciplina normativa essa non era contemplata dalla Legge n. 109/1994, ma solamente dall’art. 28 della Direttiva CE 93/37. Per quanto concerne i limiti contenutistici della norma è possibile fare riferimento al principio di matrice giurisprudenziale in virtù del quale la norma legittima l’integrazione, ma non la sostituzione ovvero la presentazione ex novo della documentazione132.
L’art. 48 del Codice, invece, estende agli appalti di servizi e forniture una disposizione riservata, nel previgente sistema, ai soli lavori pubblici133
130 Così: Cons. Stato, sez. VI, 21.02.2005, n. 624.
131 Artt. 16 del D.Lgs n. 157/95 ed art15 D.Lgs 358/92.
132 Si veda Cons. Stato, sez. V, 12.04.2005, n. 1632 secondo il quale “Xxxxxxx inconferente il richiamo all'art. 16 del D.Lgs. n. 157/1995, secondo il quale "le amministrazione aggiudicatrici invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti dichiarazione presentati", nel caso in cui (come quello di specie) non si tratta di integrare o completare una documentazione già presentata, ma di produrre ex novo il documento che una concorrente non ha presentato entro i termini perentori stabiliti dal bando di gara; in tal caso, infatti, l'eventuale completamento della documentazione, non violerebbe solo il bando ma integrerebbe violazione del principio di par condicio tra i concorrenti”. Per quanto concerne i lavori pubblici è stato affermato che “Atteso che l’art. 28 della Direttiva CE 93/37 dispone che “l’amministrazione può invitare l’imprenditore a completare i certificati e i documenti presentati o a chiarirli” e che una costante giurisprudenza ha precisato che il responsabile del procedimento è tenuto ad invitare i partecipanti alla gara a rettificare le dichiarazioni erronee o incomplete, a condizione che non sia turbata la par condicio tra i concorrenti e che non vi sia una modificazione del contenuto della documentazione presentata (Consiglio Stato sez. V, 3 settembre 2001, n. 4586), è legittimo il provvedimento di esclusione dell’impresa adottato dalla stazione appaltante qualora non si tratti di completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto delle dichiarazioni presentate, ma di sostituire una dichiarazione erronea con altra dichiarazione”. In questi termini Xxxxxxxx xx xxxxxxxxx xx.xx. Xxxxxxxxxxxxx x. 0 del 19.01.2005 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
133 Ai sensi dell’art. 10, comma 1 - quater della Legge n. 109/1994 “I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, prima di procedere all'apertura della buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità per i provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 7, nonché per l'applicazione delle misure sanzionatorie di cui all'articolo 8, comma 7. La suddetta richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi
che prevede l’obbligo delle stazioni appaltanti di procedere ad un controllo a campione in merito al possesso da parte dei concorrenti dei requisiti da loro stessi dichiarati. L’esito negativo dell’accertamento imporrà, all’ente accertatore, di denunciare l’accaduto all’Autorità di vigilanza che dovrà disporre la sospensione dell’inadempiente, da uno a dieci mesi, dalle procedure di affidamento.
Il 2° comma, del citato art. 48 del Codice contiene una norma in parte superflua, richiamando l’obbligo della stazione appaltante di procedere all’accertamento di cui sopra anche nei confronti dell’aggiudicatario e del secondo classificato qualora, ovviamente, tale accertamento non sia stato esperito precedentemente. Ebbene, per gli appalti aventi ad oggetto servizi e forniture l’utilità della previsione in parola è sostanzialmente vanificata da analoga previsione contenuta negli art. 41, 4° comma, e 42, 4° comma, del Codice nella parte in cui impongono all’aggiudicatario l’esibizione dei certificati relativi ai requisiti di qualificazione dichiarati. Per quanto concerne, invece, i lavori pubblici occorre richiamare l’orientamento secondo cui con riferimento alle verifiche previste dall’art. 10, comma 1quarter, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. e dall’art. 70 del
D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m., va rilevato che, nei casi di appalto di importo superiore a 150.000 euro, la verifica dei requisiti di capacità tecnico-finanziaria non è richiesta, in quanto l’attestazione SOA costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione degli stessi (art. 1, comma 3, D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 e s.m.)134. Superflua è la previsione anche per quanto concerne i requisiti di carattere generale in quanto l’art. 38 rimette direttamente alla pubblica amministrazione la prova di tali requisiti, mentre per quanto riguarda i lavori pubblici è consolidato il principio che impone alla pubblica amministrazione, pur in presenza della certificazione SOA, l’accertamento dei requisiti di carattere generale dichiarati135.
fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta ed alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione”.
134 Così l’Autorità di vigilanza ll.pp. Deliberazione n. 66 (R 6/05) del 22.06.2005 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
135 In questo senso l’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici, Deliberazione n. 66 del 22.06.2005 secondo cui: “Contrasta con il disposto dell’art. 75, comma 1, lett h), del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e
s.m. la procedura adottata dalla Commissione di gara che non provvede a verificare il possesso dei requisiti di carattere generale dei concorrenti mediante il riscontro dei dati presenti nel Casellario Informatico delle imprese e, conseguentemente, non esclude dalla gara medesima un’impresa che risultava aver reso, nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, false dichiarazioni in merito ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per la partecipazione”.
Fra i requisiti di qualificazione tecnico professionale, ancorché meramente eventuale, è annoverabile anche il possesso delle certificazioni di qualità ambientale previste dall’art. 44 del Codice 163/2006 ossia: le certificazioni dei sistemi di gestione ambientali (cd. SGA) UNI EN ISO 14001136 ed EMAS137, nonché quelle di prodotto ECOLABEL138.
La norma riprende le disposizioni della Direttiva 2004/18139 la quale, a sua volta, è espressione di una specifica strategia europea che, sulla base del riconosciuto valore trasversale della politica ambientale, è diretta a realizzare e garantire una costante sua integrazione con le altre politiche comunitarie. In proposito il considerando (5) della Direttivaprecisa che: “Conformemente all'articolo 6 del Trattato, le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente sono integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3 del Trattato, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile. La
136 Ultima versione del novembre 2004.
137 Regolamentato dapprima (EMAS I) con il regolamento CEE1836/93/CEE, successivamente modificato dal Regolamento n. 761/2001/Ce integrato con decisione della Commissione 681/2001/Ce ed infine dalla raccomandazione della Commissione 2001/680/CE. L’elemento principale di differenza fra EMAS e ISO 14001 risiede nel fatto che il primo è espressamente istituzionalizzato mediante appositi provvedimenti di rango normativo, mentre il secondo non riveste tale profilo. In dottrina si veda X. XXXXXXXXXX Gestione delle problematiche ambientali all’interno dell’impresa, in www..xxxxxxxx.xx.
138 Con l’inciso ECOLABEL si fa riferimento al cd marchio di qualità ecologico che, diversamente dagli SGA, si limita a certificare la sostenibilità del prodotto/servizio, ma non anche del processo produttivo ovvero del sistema aziendale dal quale esso scaturisce. L’Ecolabel, introdotto dal Regolamento del Consiglio n. 880/92, è oggi disciplinato dal regolamento del Parlamento e del Consiglio n. 1980/2000/Ce.
139 In particolare l’art. 50 della Direttiva 2004/18/Ce secondo cui: “Qualora nei casi di cui all'articolo 48, paragrafo 2, lettera f), richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell'operatore economico di determinate norme di gestione ambientale, le amministrazioni aggiudicatrici fanno riferimento al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o a norme di gestione ambientale basate sulle pertinenti norme europee o internazionali certificate da organismi conformi alla legislazione comunitaria o alle norme europee o internazionali relative alla certificazione. Le amministrazioni aggiudicatrici riconoscono i certificati equivalenti in materia rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri. Esse accettano parimenti altre prove relative a misure equivalenti in materia di gestione ambientale, prodotte dagli operatori economici”. La norma risponde al considerando (44) della medesima Direttiva 2004/18 secondo cui: “Nei casi appropriati, in cui l'applicazione di misure o sistemi di gestione ambientale durante l'esecuzione dell'appalto pubblico è giustificata dalla natura dei lavori e/o dei servizi, può essere richiesta, l'applicazione di siffatte misure o sistemi. I sistemi di gestione ambientale, indipendentemente dalla loro registrazione conformemente agli strumenti comunitari quale il regolamento (CE) n. 761/2001 (EMAS), possono dimostrare la capacità tecnica dell'operatore economico di realizzare l'appalto. Inoltre, deve essere accettata come mezzo di prova alternativo ai sistemi di gestione ambientale registrati, una descrizione delle misure applicate dall'operatore economico per assicurare lo stesso livello di protezione dell'ambiente”.
La politica della tutela dell’ambiente nel settore degli appalti pubblici è delineata in diversi atti della Commissione fra cui, da citare la comunicazione interpretativa del 4.7.2001 (COM) 274 ed il VI Programma di azione ambientale della Comunità europea comunicato dalla Commissione il 24.01.2001 (COM) 31.
In particolare la prima, recante una comunicazione interpretativa dal titolo “Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici”, sottolinea l’esigenza di fare “un uso migliore degli appalti pubblici per favorire prodotti e servizi compatibili con l’ambiente”. La circostanza, rilevata nella predetta comunicazione, che il mercato degli appalti coprisse, da solo, il 14% circa del PIL europeo, ha indotto la Commissione a ritenere che per la concreta fattibilità dell’equilibrio dello sviluppo sostenibile si dovesse intervenire su di esso; ed è per questo che ha prospettato le modifiche delle direttive europee auspicando l’implicazione di fattori ambientali nella determinazione delle specifiche tecniche, dei criteri di qualificazione e di aggiudicazione140.
140 I considerando della Direttiva 2004/18 riprendono tali considerazioni ad es: “29) Le specifiche tecniche fissate dai committenti pubblici dovrebbero permettere l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza. A questo scopo deve essere possibile la presentazione di offerte che riflettano la pluralità di soluzioni tecniche. Pertanto le specifiche tecniche devono poter essere fissate in termini di prestazioni e di requisiti funzionali e, in caso di riferimento alla norma europea, o, in mancanza di quest'ultima, alla norma nazionale, le amministrazioni aggiudicatrici devono prendere in considerazione offerte basate su altre soluzioni equivalenti. Per dimostrare l'equivalenza, gli offerenti dovrebbero poter utilizzare qualsiasi mezzo di prova. Le amministrazioni aggiudicatrici, laddove decidano che in un determinato caso l'equivalenza non sussiste, devono poter motivare tale decisione. Le amministrazioni aggiudicatrici che desiderano definire requisiti ambientali nelle specifiche tecniche di un determinato contratto possono prescrivere le caratteristiche ambientali, quali un metodo di produzione determinato, e/o gli effetti ambientali specifici di gruppi di prodotti o di servizi. Esse possono utilizzare, ma non vi sono obbligate, le specifiche adeguate definite dall'ecoetichettatura, come l'ecoetichettatura europea, l'ecoetichettatura (multi)nazionale o qualsiasi altra ecoetichettatura, purché i requisiti per l'etichettatura siano elaborati ed adottati in base a informazioni scientifiche mediante un processo cui possano partecipare le parti interessate, quali gli organi governativi, i consumatori, i produttori, i distributori o le organizzazioni ambientali e purché l'etichettatura sia accessibile e disponibile per tutte le parti interessate. Ogni qualvolta ciò sia possibile, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero definire specifiche tecniche in modo da tener conto dei criteri di accessibilità per i portatori di handicap o di una progettazione adeguata per tutti gli utenti. Le specifiche tecniche dovrebbero essere chiaramente indicate, affinché tutti
Per le imprese stabilite negli altri Stati membri dell’Unione europea ovvero nei paesi firmatari degli accordi sugli appalti pubblici di cui all’allegato 4 dell’accordo istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio ovvero ancora che abbiano sede in paesi che abbiano stipulato un accordo con lo Stato italiano, la qualificazione è consentita alle
gli offerenti siano al corrente degli aspetti coperti dai requisiti fissati dall'amministrazione aggiudicatrice.
33) Le condizioni di esecuzione di un appalto sono compatibili con la presente Direttiva a condizione che non siano, direttamente o indirettamente, discriminatorie e siano indicate nel bando di gara o nel capitolato d'oneri. In particolare esse possono essere finalizzate alla formazione professionale nel cantiere, alla promozione dell'occupazione delle persone con particolari difficoltà di inserimento, alla lotta contro la disoccupazione o alla tutela dell'ambiente. A titolo di esempio, si possono citare, tra gli altri, gli obblighi - applicabili all'esecuzione dell'appalto - di assumere disoccupati di lunga durata o di introdurre azioni di formazione per i disoccupati o i giovani, di rispettare in sostanza le disposizioni delle convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nell'ipotesi in cui non siano state attuate nella legislazione nazionale, di assumere un numero di persone disabili superiore a quello stabilito dalla legislazione nazionale.
(46) L'aggiudicazione dell'appalto deve essere effettuata applicando criteri obiettivi che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento e che assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza. Di conseguenza occorre ammettere soltanto l'applicazione di due criteri di aggiudicazione: quello del "prezzo più basso" e quello della "offerta economicamente più vantaggiosa". Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento in sede di aggiudicazione degli appalti è opportuno prevedere l'obbligo - sancito dalla giurisprudenza - di assicurare la trasparenza necessaria per consentire a qualsiasi offerente di essere ragionevolmente informato dei criteri e delle modalità applicati per individuare l'offerta economicamente più vantaggiosa. Spetta quindi alle amministrazioni aggiudicatrici indicare i criteri di aggiudicazione nonché la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di tali criteri e questo in tempo utile affinché gli offerenti ne siano a conoscenza quando preparano le loro offerte. Le amministrazioni aggiudicatrici possono derogare all'indicazione della ponderazione dei criteri di aggiudicazione in casi debitamente motivati, che devono essere in grado di giustificare, quando detta ponderazione non può essere stabilita preliminarmente, in particolare a causa della complessità dell'appalto. In questi casi esse dovrebbero indicare l'ordine decrescente di importanza di tali criteri. Le amministrazioni aggiudicatrici, quando scelgono di aggiudicare l'appalto all'offerta economicamente più vantaggiosa, valutano le offerte per determinare quella che presenta il miglior rapporto qualità/prezzo. A tal fine stabiliscono i criteri economici e qualitativi che, nel loro insieme, devono consentire di determinare l'offerta economicamente più vantaggiosa per l'amministrazione aggiudicatrice. La determinazione di tali criteri dipende dall'oggetto dell'appalto in quanto essi devono consentire di valutare il livello di prestazione che ciascuna offerta presenta rispetto all'oggetto dell'appalto, quale definito nelle specifiche tecniche, nonché di misurare il rapporto qualità/prezzo di ciascuna offerta. Al fine di garantire la parità di trattamento, i criteri di aggiudicazione dovrebbero consentire di raffrontare le offerte e di valutarle in maniera oggettiva. Se tali condizioni sono soddisfatte, criteri di aggiudicazione economici e qualitativi, come quelli relativi al rispetto di requisiti ambientali, possono consentire all'amministrazione aggiudicatrice di rispondere ai bisogni della collettività pubblica interessata, quali espressi nelle specifiche dell'appalto. Alle stesse condizioni un'amministrazione aggiudicatrice può utilizzare criteri volti a soddisfare esigenze sociali, soddisfacenti, in particolare bisogni - definiti nelle specifiche dell'appalto - propri di categorie di popolazione particolarmente svantaggiate a cui appartengono i beneficiari/utilizzatori dei lavori, forniture e sevizi oggetto dell'appalto.
medesime condizioni richieste alle imprese italiane141. È pur vero, però, che per la qualificazione afferente agli operatori operanti in paesi diversi si pone il problema, prodromico rispetto a quello dell’equivalenza delle condizioni, di vagliare l’equipollenza del requisito esibito rispetto a quello allegato dall’impresa italiana. Si pensi, ad esempio, alla questione del riconoscimento dei titoli di studio che, per avere efficacia nel nostro ordinamento interno dovranno essere espressamente riconosciuti ai sensi del D.Lgs. n. 319 del 2.5.1994.
5.5. Gli elenchi ufficiali di fornitori e prestatori di servizi
L’art. 45 del Codice, nel recepire l’art. 52 della Direttiva 18/2004, dispone che “I concorrenti iscritti in elenchi ufficiali di prestatori di servizi o di fornitori possono presentare alla stazione appaltante, per ogni appalto, un certificato d'iscrizione indicante le referenze che hanno permesso l'iscrizione stessa e la relativa classificazione”.
La norma in questione disciplina le modalità di formazione ed iscrizione degli operatori economici in appositi elenchi, nonché l’efficacia della certificazione rilasciata dall’Autorità ovvero, per gli operatori aventi sede in altro Stato membro, da parte dell’organismo competente, attestante l’iscrizione a tale elenco. Per quanto concerne tale ultimo profilo il 2° comma dell’art. 45 precisa che il rilascio della certificazione costituisce per le stazioni appaltanti “presunzione d’idoneità alla prestazione del concorrente iscritto”, ma limitatamente ai seguenti requisiti:
1) per quelli di ordine generale di cui all’art. 38, comma 1, lettere a, c, ed f142;
141 Art. 47, comma 1 del D.Lgs. n. 163/2006.
142 Ossia: “a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni; c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del Codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, Direttiva Ce 2004/18; l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; egli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso
2) per quelli di idoneità professionale di cui all’art. 39 del Codice
3) per quelli di qualificazione economico – finanziaria di cui all’art. 41, 1° comma, lett. b e c143;
4) per quelli di natura tecnica relativamente, solamente per i servizi, indicati dall’art. 42, comma 0, xxxx. x, x, x x, x000;
5) per quelli di natura tecnica, relativi alle sole forniture, indicati dall’art. 42, comma 1, lett. l ed m145.
È facoltà della stazione appaltante chiedere, previa indicazione nel bando di gara, requisiti ulteriori rispetto a quelli attestati dalla certificazione dalla iscrizione nell’elenco.
Possono essere iscritti in tali elenchi anche gli operatori economici aventi sede in altri Stati membri (ma non anche in altri Stati stranieri che non siano “membri”) ed alle medesime condizioni stabilite per quelli italiani. A tal fine il Codice vieta la possibilità di richiedere a tali operatori prove o dichiarazioni tipologicamente diverse da quelle previste dalle norme summenzionate per quanto il loro contenuto potrebbe diversificarsi.
l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del Codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del Codice di procedura penale; f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
143 Ossia: “b) bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa; c) dichiarazione concernente il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi”.
144 Ossia: “e) indicazione dei titoli di studio e professionali dei prestatori di servizi o dei dirigenti dell'impresa concorrente e, in particolare, dei soggetti concretamente responsabili della prestazione di servizi; f) indicazione, per gli appalti di servizi e unicamente nei casi appropriati, stabiliti dal regolamento, delle misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare durante la realizzazione dell'appalto; g) per gli appalti di servizi, indicazione del numero medio annuo di dipendenti del concorrente e il numero di dirigenti impiegati negli ultimi tre anni; h) per gli appalti di servizi, dichiarazione indicante l'attrezzatura, il materiale e l'equipaggiamento tecnico di cui il prestatore di servizi disporrà per eseguire l'appalto; i) indicazione della quota di appalto che il concorrente intenda, eventualmente, subappaltare”.
145 Ossia “l) nel caso di forniture, produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire, la cui autenticità sia certificata a richiesta della stazione appaltante; m) nel caso di forniture, produzione di certificato rilasciato dagli istituti o servizi ufficiali incaricati del controllo qualità, di riconosciuta competenza, i quali attestino la conformità dei beni con riferimento a determinati requisiti o norme”.
Difatti, in determinati casi non è sufficiente il possesso sic et simpliciter di un requisito dello stesso tipo di quello richiesto all’operatore italiano (ad es. un determinato titolo di studio), ma potrebbe essere necessario attivare particolari procedure atte ad attestare l’equipollenza di tale requisito a quello posseduto dall’operatore italiano (ad es. il riconoscimento del titolo di studio da parte dell’Autorità italiana).
5.6. L’avvalimento
La procedura dell’avvalimento dei requisiti di qualificazione trova la propria disciplina negli artt. 49 e 50 del D.Lgs. n. 163/2006. L’istituto rappresenta una novità del nostro ordinamento direttamente scaturente dal recepimento dell’analogo istituto comunitario146.
Difatti già nella Direttiva 18/2004 veniva consolidato normativamente l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della partecipazione alla gara, l’impresa può avvalersi dei requisiti di altre imprese, purché ne dimostri la disponibilità147. In tal senso il Considerando
(45) della Direttiva 18/2004 precisa che: “...Si deve tener conto della giurisprudenza della Corte di giustizia nel caso in cui un operatore economico facente parte di un gruppo si avvale della capacità economica finanziaria o tecnica di altre società del gruppo a sostegno della sua domanda di iscrizione. In tal caso spetta all’operatore economico comprovare che disporrà effettivamente di detti mezzi durante tutta la durata di validità dell’iscrizione...”.
Il par. 2 dell’art. 47 della Direttiva 18/2004 sviluppa tale principio statuendo che un operatore economico può, per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, purché dimostri la disponibilità dei relativi mezzi1148. Analoga possibilità è riconosciuta ai raggruppamenti di operatori economici individuati dall’art. 4 della Direttiva 18/2004149.
146 Sull’istituto dell’avvalimento si veda: X XXXXXXXXXX la capacità economico – finanziaria in Il nuovo diritto degli appalti pubblici, Milano 2005, 623 ss, XXXXX Il possesso per relationem dei requisiti per partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica in Riv. Tri. App., 2003, 191, ss.; R. DE NICTOLIS, Il nuovo Codice degli appalti pubblici, 2006, 96 ss.
147 In merito si veda Corte di Giustizia 14.04.1994, C-389/92; id. 18.12.1997, C-5/97 e, con riferimento specifico agli appalti di servizi si veda Corte di Giustizia CE sent. 2.12.1999 procedimento C-176/98. Per il nostro ordinamento si veda Consiglio di Stato 25.03.2002, n. 1695.
148 Norma speculare è dettata, per i requisiti di capacità economico-finanziaria, dall’art. 48, par. 3, Direttiva 18/2004.
149 Si tratta dei raggruppamenti temporanei o di altri soggetti aventi personalità giuridica come i consorzi.
Secondo parte della dottrina150, la generica formulazione della disposizione normativa di cui all’art. 47, par. 3 della Direttiva sembrerebbe ampliare questa possibilità anche a fattispecie che prescindono dalla appartenenza in senso tecnico ad un medesimo gruppo purché sussistano determinati vincoli contrattuali tra le parti (ad esempio un contratto di franchising)151.
Il par. 1/3 dell’art. 52 della Direttiva 18/2004 conferma, poi, l’applicazione del principio in esame anche nel caso in cui la qualificazione dell’impresa sia accertata mediante l’esibizione della certificazione ovvero mediante l’iscrizione in un elenco ufficiale. Anche in questo caso, ovviamente, l’impresa concorrente dovrà dimostrare la disponibilità dei requisiti necessari per l’accesso alla gara per un periodo di tempo quanto meno corrispondente alla durata del certificato esibito.
Secondo xxxxxx000 la facoltà, concessa all’operatore economico, di avvalersi dei requisiti tecnici ed economici di altra impresa del gruppo colliderebbe con la disciplina normativa del subappalto che prevede stringenti limitazioni sia sotto il profilo procedurale che quantitativo153. Trattasi di opinione non del tutto condivisibile, qualora si consideri la diversa natura giuridica dei due istituti in esame; infatti, mentre il subappalto presuppone l’affidamento dei lavori a soggetti terzi che operano, dunque, come soggetti distinti rispetto al soggetto subappaltante, nel caso di cui all’art. 47, par. 2 della Direttiva 18/2004 il concorrente aggiudicatario sarà comunque l’impresa operante tanto è vero che dovrà dimostrare il possesso dei beni aziendali dei quale intenderà avvalersi.
Né può valere ad escludere tale distinzione giuridica il riferimento alla norma di cui all’art. 18, 9° comma, della Legge n. 18/1990 secondo la quale “l’impresa che si avvale del subappalto o del cottimo deve allegare la copia autentica del contratto e la dichiarazione circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell’art. 2359 del Codice civile con l’impresa affidataria del subappalto o del cottimo…”. Certamente la norma evidenzia come sia possibile l’affidamento di un subappalto anche da parte di una impresa ad un’altra
150 X. XXXXX, “Le holding entrano in gara anche grazie ai requisiti offerti dai terzi”; in Edilizia e territorio “Le direttive europee sugli appalti” 20/2004, 15 ss.
151 Potrebbe, dunque verificarsi che i rivenditori siano autorizzati a partecipare alla gara esibendo i requisiti delle società produttrici. In questi termini X. XXXXX op. cit.
152 X. XXXXX op. cit.
153 In particolare l’art. 18 della Legge 19.03.1990, n. 55 vieta la subappaltabilità della categoria prevalente per una quota superiore al 30% dell’importo complessivo dei lavori.
impresa facente parte del medesimo gruppo, ma ciò non comporta automaticamente la configurazione dell’istituto del subappalto.
Nel primo caso le imprese – che evidentemente conservano una propria soggettività – agiscono autonomamente e non come gruppo; il rapporto negoziale corrente inter partes integrerà dunque i requisiti della fattispecie negoziale del subappalto. In questo caso la ratio sottesa alla previsione di cui al 9° comma, dell’art. 18 della Legge n. 55/90 va rinvenuta nell’esigenza di evitare facili elusioni delle restrizioni poste dalla norma in questione attraverso lo strumento dei collegamenti societari. Nel secondo caso, invece, l’impresa agisce in proprio avvalendosi, però, dei requisiti di altre imprese del gruppo non integrando, pertanto, gli estremi della fattispecie negoziale del subappalto. Si potrebbe anzi affermare l’esatto contrario in quanto il collegamento fra le imprese è indefettibile requisito per l’avvalimento.
Tali peculiarità dell’istituto in esame sono state sufficientemente rilevata dalla giurisprudenza amministrativa la quale ha riconosciuto che in virtù della Direttiva unificata n. 18/2004 del 31.3.2004, per tutti i pubblici appalti, si consente all'operatore economico o ad un raggruppamento di operatori economici di cui all'art. 4, se del caso e per un determinato appalto, di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, al fine della prova della capacità economica e finanziaria. In tal caso deve dimostrare all'amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell'impegno a tal fine di questi soggetti (art. 47, commi 2 e 3)154.
A conferma di ciò può essere utile riportare quanto previsto dal comma 11, del citato art. 18 secondo il quale: “Le disposizioni dei commi 3, 3-bis, 4, 6, 7, 8, 9 e 10 si applicano anche alle associazioni temporanee di impresa e alle società anche consortili, di cui agli articoli 22 e 26 del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, quando le imprese riunite o consorziate non intendono eseguire direttamente le opere scorporabili, nonché alle concessioni per la realizzazione di opere pubbliche ed agli appalti pubblici stipulati a trattativa privata. Le medesime disposizioni si applicano altresì alle associazioni in partecipazione quando l’associante non intende eseguire direttamente le opere o i lavori assunti in appalto”. Si
154 In questi termini Cons. Stato, sez. V, 16-11-2005, n. 6403 - Pres. Elefante - Rel. Cerreto.
osservi, peraltro, che le disposizioni di cui ai commi citati non si applicano alle imprese riunite (e dunque per analogia anche ai gruppi societari) che intendano eseguire direttamente i lavori; caso che è invece previsto dalla Direttiva 18/2004 per le holding.
Il Codice ha, pertanto, recepito l’istituto nell’ambito delle norme che disciplinano la qualificazione dei concorrenti ed in particolare all’art. 49 statuendo che: “Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’articolo 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto”. Emerge subito un primo elemento di novità rispetto alla formulazione europea della norma che risiede, appunto, nell’estensione dell’avvalimento anche al sistema di qualificazione mediante attestato SOA di cui al DPR n. 34/2000155.
La differenza fra l’avvalimento e le tipologie negoziali che comportano un frazionamento soggettivo ed oggettivo dell’esecuzione della prestazione, quali ad esempio il subappalto, è adeguatamente tratteggiata dal D.Lgs. n. 163/2006 il cui art. 49, al 10° comma dispone prevede espressamente che: “Il contratto è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, e l’impresa ausiliaria non può assumere a qualsiasi titolo il ruolo di appaltatore, o di subappaltatore”156. In sostanza, dunque, nell’avvalimento non si verifica un frazionamento oggettivo della prestazione in quanto l’impresa concorrente si avvale dei requisiti di un’altra impresa, ma resta pur sempre l’unica esecutrice dell’appalto.
Tuttavia non è del tutto escluso il coinvolgimento dell’impresa che “presti” i propri requisiti in quanto il 4° comma dell’articolo in esame prevede che: “Il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto”. L’impresa ausiliaria è, pertanto, solidalmente responsabile con l’impresa avvalente della corretta esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto; il ché vuol significare che essa non è del
155 Che trova una propria regolamentazione nel successivo art. 50 del D.Lgs. n. 163/2006.
156 Si tenga tuttavia presente che l’entrata in vigore di tale disposizione normativa è stata prorogata all’1.2.2007 dall’art. 1 – octies, 1° comma, lett. c) della Legge di conversione del D.L. 12.05.2006, n. 173.
tutto avulsa dalle vicende afferenti il rapporto sinallagmatico soprattutto qualora esse siano patologiche. Chiaramente la responsabilità dell’impresa ausiliaria – che nei limiti di quanto designato dalla norma ha natura contrattuale - dovrà essere oggettivamente limitata ai danni – e solamente a quei danni - che siano casualmente collegati alla prestazione alla quale essa si era obbligata. Non deve dimenticarsi, infatti, che l’istituto in esame è destinato ad incidere sulla qualificazione delle imprese concorrenti che restano le materiali esecutrici della prestazione; l’impresa ausiliaria potrà rispondere dell’inadempimento contrattuale solamente qualora quest’ultimo sia connesso a carenze del requisito tecnico, economico e/o organizzativo che l’impresa ausiliaria doveva prestare157. Ragionando diversamente, ossia ritenendo che per il sol fatto di essere ausiliaria l’impresa sia solidamente responsabile dell’inadempimento contrattuale quale che ne sia la causa, la norma verrebbe a delineare una forma di responsabilità oggettiva.
Rispetto al regime comunitario, il D.Lgs. n. 163/2006 introduce una serie di limiti alla concreta operatività dell’avvalimento. Innanzitutto è necessario che l’ “avvalente”, al fine di accertare il ricorso all’avvalimento dovrà allegare alla domanda158:
a) una sua dichiarazione verificabile ai sensi dell’articolo 48, attestante l’avvalimento dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria;
b) una sua dichiarazione circa il possesso da parte del concorrente medesimo dei requisiti generali di cui all’articolo 38;
c) una dichiarazione sottoscritta da parte dell’impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest’ultima dei requisiti generali di cui all’articolo 38;
d) una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente;
e) una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui questa attesta che non partecipa alla gara in proprio o associata o consorziata ai sensi dell’articolo 34 né si trova in una situazione
157 Ad esempio non è prospettabile la responsabilità dell’impresa ausiliaria che abbia “prestato” un requisito tecnico qualora l’inadempimento della prestazione sia dovuto al fallimento dell’impresa aggiudicataria.
158 Ai sensi dell’art. 49, 2° comma, D.Lgs. n. 163/2006.
di controllo di cui all’articolo 34, comma 2 con una delle altre imprese che partecipano alla gara;
f) in originale o copia autenticata il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto;
g) nel caso di avvalimento nei confronti di un’impresa che appartiene al medesimo gruppo in luogo del contratto di cui alla lettera f) l’impresa concorrente può presentare una dichiarazione sostitutiva attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo, dal quale discendono i medesimi obblighi previsti dal comma 5.
Il D.Lgs. n. 163/2006 vieta, da un lato che il concorrente possa avvalersi di più imprese per la qualificazione di un determinato requisito e dall’altro che l’impresa ausiliaria possa prestare i propri requisiti ad una pluralità di concorrenti; in entrambi i casi il divieto soffre, però, delle eccezioni rimesse all’apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione.
Con riferimento al primo profilo il bando di gara potrà prevedere espressamente, in favore di una sola impresa per la prova di un solo requisito, il cumulo dei requisiti prestati da più imprese ausiliarie; fermo restando il divieto di cumulo delle attestazioni SOA per una medesima categoria di lavori159. Del pari una impresa ausiliaria potrà prestare i propri requisiti a più imprese “avvalenti” previa autorizzazione prestata dalla stazione appaltante nel bando di gara e motivata nel senso della presenza di requisiti tecnici connessi con il possesso di particolari attrezzature possedute da un ristrettissimo numero di imprese160.
L’avvalimento può avere ad oggetto l’uso alternativamente, da parte del concorrente che ne risulti privo, dei soli requisiti tecnici ovvero dei soli requisiti economici delle imprese ausiliarie ovvero, ancora, l’integrazione di requisiti appartenenti all’una ovvero all’altra categoria che l’impresa concorrente possieda in parte161. Tali limitazioni dovranno essere assunte direttamente dalla stazione appaltante con una esplicita previsione nel bando di gara e motivate in relazione alla natura ovvero
160 Art. 49, 9° comma D.Lgs. n. 163/2006.
161 Art. 49, 7° comma, del D.Lgs. n. 163/2006.
all’importo dell’appalto. Deve, pertanto, desumersi che ove nulla sia previsto in tal senso dalla lex specialis della gara, l’avvalimento non incontrerebbe limitazioni di sorta salvo quanto detto sopra162.
L’art. 50 del D.Lgs. n. 163/2006 disciplina, invece, l’operatività dell’avvalimento nell’ambito di sistemi di qualificazione e, nello specifico, prevede la possibilità dell’operatore economico di acquisire ovvero integrare avvalendosi dei requisiti di altre imprese ausiliare, seguendo lo schema sopra descritto dell’avvalimento, ma con alcune peculiarità a partire dai principi che dovranno essere rispettati per il legittimo ricorso all’istituto in esame. A tale fine:
a) tra l’impresa che si avvale dei requisiti e l’impresa ausiliaria deve esistere un rapporto di controllo ai sensi dell’articolo 2359, commi 1 e 2 Codice civile; oppure entrambe le imprese devono essere controllate da una stessa impresa ai sensi dell’articolo 2359, commi 1 e 2, Codice civile;
b) l’impresa ausiliaria deve rilasciare una dichiarazione con la quale assume l’obbligo, anche nei confronti delle stazioni appaltanti, di mettere a disposizione le risorse oggetto di avvalimento in favore dell’impresa ausiliata per tutto il periodo di validità della attestazione SOA;
c) l’impresa ausiliata e l’impresa ausiliaria hanno l’obbligo di comunicare le circostanze che fanno venire meno la messa a disposizione delle risorse;
d) in relazione a ciascuna gara si osservano comunque i commi 8 e 9 dell’articolo 49.
Anche in questo caso specifico è confermata la responsabilità solidale dell’impresa ausiliata e di quella ausiliaria nei confronti della stazione appaltante, mentre nel caso di acclarate irregolarità o falsità delle dichiarazioni ad entrambe le imprese verrà comminata la sanzione della sospensione della attestazione SOA da un minimo di sei mesi ad un
162 D’altra parte tale conclusione sembrerebbe coerente con l’interpretazione, invalsa presso la dottrina che si è occupata della questione, secondo cui il ricorso all’avvalimento è rimesso alla discrezionalità dell’operatore e non dell’Amministrazione aggiudicatrice che, di contro, sarà costretta a “subirlo” ferme restando, con l’entrata in vigore del Codice, le limitazioni ivi previste. Sulla questione si veda in particolare C. ZUCCHETTI Avvalimento dei requisiti di altre imprese, in www.giustizia- xxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXXXXXXXX op. cit., 627 ss.
massimo di tre anni nonché le ulteriori sanzioni di tipo pecuniario statuite dall’art. 6, comma 11 del D.Lgs. n. 163/2006163.
Il Codice consolida dunque, suggellandone formalmente l’efficacia, l’ingresso nel nostro ordinamento dell’istituto dell’ “avvalimento” già fatto proprio dalla giurisprudenza164 e recepito dal legislatore comunitario165. È di tutta evidenza l’impatto dello stesso sui sistemi di qualificazione degli operatori economici sinora imperanti ed incentrati, principalmente, sul principio del possesso personale dei diversi requisiti imposti, fatte salve le eccezioni espressamente previste dalla Legge (quali ad esempio i R.t.i. – anzi l’avvalimento è applicabile anche per le imprese raggruppate - ed il subappalto)166. Orbene non sussiste alcun dubbio che l’avvalimento sia un fattore di elasticità del sistema di qualificazione delle imprese che si affianca, senza sovrapporsi a quelli già consolidati e previsti dal nostro ordinamento, e che rinviene la propria ratio giustificatrice nell’apertura della gara alla concorrenza, ispirata dal principio di proporzionalità, nel senso di ritenere equivalente la posizione dell’operatore che possieda “personalmente” e di quello che possieda indirettamente, ma con diretta disponibilità, i richiesti requisiti di qualificazione. Le guarentigie previste dalla legge, sia statale che comunitaria, atte ad accertare la diretta disponibilità di tali requisiti e che essi siano prestati da un’impresa a sua volta qualificata sembrano
163 Dispone l’art. citato “Con provvedimento dell'Autorità, i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 9 sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822 se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 51.545 se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse sanzioni si applicano agli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, nonché agli operatori economici che forniscono dati o documenti non veritieri, circa il possesso dei requisiti di qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori a agli organismi di attestazione”.
164 Si veda Corte di Giustizia Ce 14.04.1994, C-389/92 Ballast Nedam Groep, in Giur. It., 1995, I, 545 ss; id. 2.12.1999, C-176/98 in Urb e App., 2000, 443 con nota di X. XXXXXXX. Per la giurisprudenza interna si veda per tutti Cons. St., V, 8.7.2002, n. 3796 in Cons. St. 2002, I, 1534; TAR Piemonte, II, 10.04.2003, n. 533 in Foro Amm. Tar; 2003, n. 1147.
165 Appunto gli artt. 47, par. 5 e 48, par. 3 della Direttiva 31.03.2004 n. 2004/18/CE.
166 Già nello scarno dibattito parlamentare in seno all’VIII Commissione parlamentare erano emerse preoccupazioni in tal senso essendosi sollevata la questione che il testo del D.Lgs. provvedesse meccanicamente a trasporre nell'ordinamento nazionale l’istituto, senza alcuna valutazione delle probabili conseguenze. “L'accoglimento dell'avvalimento nella normativa italiana, di cui all'articolo 49 del testo, rischia infatti di tradursi in una forzatura a discapito del sistema di qualificazione delle imprese, che potrebbe risultare depotenziato. Su questo aspetto esprime, pertanto, forti perplessità e si augura che il relatore possa richiamare il Governo a una riflessione sulle modalità di recepimento di tale istituto nella normativa italiana”.
sufficienti a garantire l’efficacia dello sbarramento del sistema di qualificazione delle imprese.
Più complesso appare invece il rapporto delle imprese ausiliarie con l’esecuzione della prestazione contrattuale. In particolare né la Direttiva 2004/18/Ce, né il Codice, dispongono limitazioni agli strumenti negoziali utilizzabili dalle imprese per instaurare il legame di avvalimento ciò che interessa è che l’impresa avvalente sia in grado di dimostrare la disponibilità dei relativi requisiti. Nulla vieta, in teoria che tale legame giuridico sia instaurato mediante un contratto di subappalto e che, pertanto, l’impresa ausiliaria intervenga direttamente nella esecuzione della prestazione. Sin qui nulla quaestio, ma cosa accadrà qualora il subappalto funzionale all’avvalimento superi i limiti posti dalla Legge ed il subappaltatore, che nel contempo è impresa ausiliaria, esegua una parte consistente della prestazione167?
Si ritiene che la questione possa essere agevolmente risolta solo che si tenga conto della causa negoziale sottesa all’operazione dell’avvalimento e della sua diversità rispetto a quella del subappalto. L’avvalimento è chiaramente afferente alla sola fase, prodromica rispetto a quella dell’esecuzione della prestazione, della qualificazione dell’operatore economico ovverosia circoscritta – sì come si evince dal tenore letterale dello stesso art. 49, 1° comma del D.Lgs. n. 163/2006 - a soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico organizzativo. Quale che sia, dunque, lo strumento giuridico atto a consolidare e dimostrare la presenza di un avvalimento, la colleganza fra le imprese dovrà essere necessariamente funzionale e circoscritta nei limiti dell’obiettivo designato dalla norma ossia al “possesso dei requisiti di qualificazione” da parte dell’impresa avvalente. Ne consegue, da un lato che l’impresa ausiliaria, per il solo fatto di essere tale, non potrà automaticamente assurgere anche al rango di subappaltatrice, dall’altro che l’avvalimento ed il subappalto, proprio in quanto orientati a finalità diverse, seguono le reciproche discipline senza che vi possa essere alcuna sorta di sovrapposizione tra i due istituti. In buona sostanza l’impresa ausiliaria potrà prestare anche il 100% dei requisiti di qualificazione richiesti per la gara e, contemporaneamente potrà essere impresa subappaltatrice, ma non per questo potrà debordare i
167 Solleva tali perplessità X. XXXXXXXXXX op. cit., 633 ss.
limiti percentuali normativamente posti relativamente alla prestazione eseguibile in subappalto.
Tuttavia la posizione del legislatore sul punto mostra non poche incertezze. Il 10° comma, dell’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 sanciva inizialmente la differenza fra avvalimento e subappalto ed il divieto di loro commistione statuendo che: “Il contratto è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, e l’impresa ausiliaria non può assumere a qualsiasi titolo il ruolo di appaltatore, o di subappaltatore”. Già in sede di elaborazione del testo, il Governo era stato invitato a riformulare il comma 8, che al momento disponeva “il divieto di avvalersi della stessa impresa ausiliaria, a pena di esclusione, da parte di più di un concorrente, e che pone, sempre per l'impresa ausiliaria, il divieto di partecipazione alla realizzazione dell'appalto, escludendo - di fatto - la possibilità di subappalto, in difformità rispetto alla normativa comunitaria”168. Ora, la recente legge di conversione del D.L. 15.05.2005, n. 173, ha previsto all’art. 1 octies, lett. c il differimento dell’entrata in vigore proprio dell’art. 49, 10° comma, del D.Lgs. n. 163/2006, alle procedure i cui bandi ed avvisi siano stati pubblicati successivamente al 1° febbraio 2007.
A voler, pertanto, riassumere sul punto può ritenersi che l’istituto dell’avvalimento è stato recepito dal nostro ordinamento ai sensi dell’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 e che, rispetto all’originaria versione, cade il divieto assoluto dell’impresa ausiliaria di rivestire anche l’incarico di subappaltatrice; non per questo, però, viene meno – come spiegato sopra – la differenza fra i due istituti e il loro assoggettamento ai reciproci regimi normativi.
Appare, peraltro, evidente – sempre per rimanere sul tema dei rapporti fra avvalimento ed esecuzione della prestazione – che i requisiti prestati hanno una propria valenza oggettiva cosicché, quale che sia il profilo di riferimento (economico, tecnico, organizzativo), una volta
168 Parere dell’1.3.2006 punto 11) della VIII Commissione Camera dei Deputati sullo schema di decreto legislativo: “all'articolo 49, in materia di avvalimento, premessa l'esigenza di una attenta verifica degli effetti prodotti dalla trasposizione testuale nell'ordinamento interno della disciplina comunitaria dell'istituto del «prestito» dei requisiti di qualificazione delle imprese, valuti il Governo l'opportunità di riformulare il comma 8, che al momento dispone il divieto di avvalersi della stessa impresa ausiliaria, a pena di esclusione, da parte di più di un concorrente, e che pone, sempre per l'impresa ausiliaria, il divieto di partecipazione alla realizzazione dell'appalto, escludendo - di fatto - la possibilità di subappalto, in difformità rispetto alla normativa comunitaria”.
dimostratane la disponibilità da parte dell’impresa avvalente essi non potranno essere contestualmente utilizzati dall’impresa ausiliaria per la partecipazione ad altre gare sia in proprio che come ausiliaria di altre imprese169. Si tratta di un limite prima ancora logico che giuridico, ma che il legislatore deroga (art. 49 9° comma ed art. 50, 1° comma, lett. d) nel caso in cui “sussistano requisiti tecnici connessi con il possesso di particolari attrezzature possedute da un ristrettissimo ambito di imprese operanti sul mercato”. L’ambito di operatività della disposizione normativa è circoscritto dalla presenza di una situazione chiaramente speciale, lasciando però margini eccessivamente ampi di apprezzamento alla pubblica amministrazione.
169 In questo senso anche X. XXXXXXX in Ed. Ter. n. 17/2006, 70.