CASSAZIONE CIVILE, Sez. Lavoro,
XXXXXXXXXX XXXXXX, Xxx. Xxxxxx,
0 maggio 2018, n. 11166 - Pres. DI CERBO - Rel. XXXXXXXX - M.A.
(Avv. D. DEL BO) c. Europont Ap- palti srl (Avv. X. XXXXXXXXXX).
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed obbligo di repêchage in ambito di gruppo societario - Insuf- ficienza del collegamento tra imprese ai fini dell’insorgere dell’obbligo di ri- collocazione rispetto a tutte le società del gruppo - Necessità della deduzione di fatti che provino l’esistenza di una “codatorialità”.
Non è sufficiente, rispetto al re- pêchage, il collegamento eco- nomico-funzionale tra imprese, essendo necessario che ricorra la figura della cd. “codatorialità” secondo i canoni identificativi in- dividuati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 4274/2004, Cass. 8809/2009, Cass. 25270/2011, Cass. 12817/2014) (1).
La mera deduzione dell’esistenza di un gruppo societario non impone ai giudici di merito di verificare l’assolvimento dell’obbligo di ricol-
locazione rispetto a tutte le società del gruppo (2).
Senza concrete deduzioni che ponga- no nella ritualità del contraddittorio i fatti che provino l’esistenza di una “codatorialità” tale da imporre la ricollocazione altrove del dipen- dente, la questione non può essere affidata ad indagini esplorative del giudice (3).
Svolgimento del processo
1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 8 ottobre 2015, nell’ambito di un pro- cedimento ex lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto le domande di M.A. volte a far dichiarare l’ille- gittimità del licenziamento intimato- gli, con preavviso, il 5 agosto 2010 dalla Società Europont Appalti srl (SEA) per giustificato motivo ogget- tivo, con le pronunce reintegratorie e patrimoniali conseguenti.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’istruttoria documentale e testi- moniale svolta dal Tribunale avesse evidenziato “una effettiva situazione
(1-3) Il commento di Xxxxx Xxxxxxxx,
Spunti in tema di codatorialità, tra fattispe-
cie normativa e “figura” o “fenomeno”, segue il testo della sentenza in epigrafe.
di imminente chiusura, entro la fine del 2010, e pertanto sussistente al momento del licenziamento con preavviso (ndr. 15.11.2010), dei tre principali cantieri in (omissis) della società”; che tale situazione risultava “essersi protratta per circa un anno, sino all’acquisizione di nuovi impor- tanti appalti, che determinava nuove assunzioni”, tanto da legittimare “una riorganizzazione con soppres- sione di posizioni lavorative”; che, quanto al repêchage, le risultanze probatorie non dimostravano un im- mediato subentro del geom. P. nella posizione lavorativa del reclamante e che la possibilità di reimpiego pres- so altre società del gruppo era stata dedotta in modo generico.
2. Per la cassazione di tale sen- tenza ha proposto ricorso M.A. con quattro motivi, illustrati da memoria. Ha resistito la società con controri- corso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricor- so si denuncia violazione ed errata applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, alla luce dell’orienta- mento giurisprudenziale che con- sidera la nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo
come extrema ratio, nel senso che esso sarebbe giustificabile solo da una reale crisi di impresa, esistente al momento del recesso, non fronteg- giabile con altri rimedi se non con la soppressione del posto di lavoro non finalizzato ad un incremento del profitto. Sempre con il primo motivo e poi con il secondo si denuncia vio- lazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto dall’istruttoria svolta non era desumibile né la chiusura dei cantieri né l’assenza di nuove commesse al momento del licenziamento, in quanto tali eventi si sarebbero verificati nel corso dell’anno successivo.
I due motivi, da valutare con- giuntamente per connessione, sono infondati.
Con la sentenza n. 25201 del 7 dicembre 2016 questa Corte, conso- lidando un precedente orientamento, ha statuito che, “ai fini della legitti- mità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare”, sì da assurgere “a requisito di legitti- mità intrinseco” al recesso “ai fini
dell’integrazione della fattispecie astratta”, escludendo così che la ti- pologia di licenziamento in discorso possa dirsi giustificata solo in situa- zioni di crisi d’impresa (al principio di diritto è stata data continuità con numerose pronunce: in particolare Cass. n. 10699 del 2017; v. pure: Xxxx. nn. 9869, 13607, 13808,
14178, 14872, 14873, 18190, 19655
del 2017).
Quanto poi all’esistenza in fatto delle ragioni che hanno condotto alla soppressione del posto di la- voro si tratta evidentemente di un accertamento demandato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, anche laddove proposto, come nella specie, nella veste solo formale della violazione di legge, essendo certamente sufficiente che la ristrutturazione aziendale fosse “imminente” e “protratta per circa un anno” così come acclarato dalla Corte territoriale.
2. Con il terzo motivo si denun- cia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, in relazione al mancato assolvimento dell’obbligo di repêchage, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la sentenza impugnata avrebbe trascu-
rato “il comprovato inserimento del- la società ... in un gruppo di imprese facenti capo al Consorzio S.E.I.”, sicché i giudici del merito avrebbero dovuto procedere ad una valutazione della possibilità di ricollocazione del
M. nell’ambito di tutte le società del gruppo.
Premesso che la denuncia di vio- lazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non tiene in adeguato conto la restrizione del sindacato di legit- timità in seguito alla formulazione novellata di detta disposizione, così come rigorosamente interpretata dalle SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014, tanto più in una ipotesi in cui detto vizio non è deducibile nei casi, come quello di specie, di cd. “doppia conforme” (cfr. Cass. n. 23021 del 2014), per il residuo la censura è infondata.
Questa Corte ha ancora di recente ribadito (Cass. n. 13089 del 2017; conf. Cass. n. 15872 del 2017) che non è affatto sufficiente il collega- mento economico-funzionale tra imprese rispetto al repêchage, es- sendo necessario che ricorra la figura della cd. “codatorialità” secondo i canoni identificativi individuati dalla giurisprudenza di legittimità (su tale fenomeno v., ab imo, Cass. n. 4274 del 2004, conf. Cass. n. 8809 del
2009; Cass. n. 25270 del 2011; più di
recente, Cass. n. 12817 del 2014). Invero “il collegamento econo-
mico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordi- nato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situa- zione che consenta di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro” (Cass. n. 17368 del 2016, in motivazione; v. pure Cass. n. 1527 del 2003 secondo cui “l’appartenenza dell’impresa ad un gruppo economico o societario non (ha) alcuna giuridica efficacia unificante, con la conseguenza che il lavoratore subordinato può vantare pretese rispetto all’impresa datrice di lavoro ed all’interno del suo am- bito organizzativo, ma non anche nei riguardi delle imprese del gruppo o con riferimento ai loro assetti produttivi”).
Dunque la mera deduzione dell’esistenza di un gruppo societa- rio non imponeva affatto ai giudici di merito di verificare l’assolvimento dell’obbligo di ricollocazione ri- spetto a tutte le società del gruppo
al di fuori di specifiche allegazioni, da parte del lavoratore che volesse avvalersi dell’estensione dell’ambito del repêchage oltre i confini della soggettività giuridica del datore di lavoro, in ordine a concreti elementi fattuali che consentissero di ravvisa- re un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Senza concrete deduzioni che pongano nella ritualità del contraddittorio i fatti che provino l’esistenza di una “codatorialità” tale da imporre la ricollocazione altrove del dipendente, la questione non può essere affidata ad indagini esplorati- ve del giudice.
Il motivo di ricorso per cassa- zione in esame, al di là di un vago riferimento agli “scritti difensivi” dell’istante, non riporta il contenu- to degli atti processuali dai quali ricavare se, come e quando dette deduzioni e richieste di prova siano state effettivamente formulate.
3. Con il quarto motivo si denun- cia ancora omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonché “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1344 c.c., relativamente alla fattispecie del contratto in frode alla legge”.
Il motivo è inammissibile per il suo carattere di novità.
Infatti secondo giurisprudenza
consolidata di questa Suprema Corte qualora una determinata que- stione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sen- tenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’one- re non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Xxxx. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n.
2730 del 2012; Cass. n. 20518 del
2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass.
n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del
2004).
4. Conclusivamente il ricorso
va respinto e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Occorre dare atto della sussisten- za dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 qua- ter, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e con- danna il ricorrente al pagamento del- le spese che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricor- rente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
SpuNtI IN tema dI codatorIaLItà, tra fattISpecIe NormatIva e “fIgura” o “feNomeNo”
xxxxx xxxxxxxx
1. Premessa.
In giurisprudenza, come si coglie anche dalla breve sentenza che si esamina, si utilizza il termine “codatorialità” in senso ampio, per lo più quale sinonimo di “unico centro di imputazione del rapporto di lavoro”, per le situazioni nelle quali il soggetto, assunto formalmente da un’impresa, agisca formulando domande richiedenti, per essere accolte, che il Giudice estenda il proprio ambito valutativo oltre i confini della singola legal entity.
Il termine “codatorialità”, in tale contesto, non è impiegato nel senso della fattispecie tipica, normata nel 2013: è espressione meno tecnica, designante un “fenomeno” o una “figura” (1) quale, appunto, quella della riconducibilità della titolarità del rapporto di lavoro ad un sog- getto fittiziamente più ampio del datore di lavoro formale; si registra in tal senso un corpus di pronunzie già significativo (2) (talvolta con
(1) Di “figura” della codatorialità in questa accezione parla, oltre alla sentenza oggi in commento, ad es. App. Cagliari, 19 febbraio 2015, in Argomenti, 2016, 6, 1201 nota di DE GIUDICI; cfr. Cass. Civ., Sez. lavoro, Sent. 31 maggio 2017, n. 13809, in Il Lavoro nella Giur., 2018, 1, 57 nota di BRAICO.
(2) Xxxxxxxx le motivazioni utilizzano la codatorialità come riferimento, quasi obiter, nell’ambito di ragionamenti dedicati al distacco: v. ad es. Cass. Civ., Sez. lavoro, 22 gennaio 2015, n. 1168, in Mass. giur. it. 2015; Cass. Civ., Sez. lavoro, Sent. 21 aprile 2016, n. 8068, in Argomenti, 2016, 4-5, 982, con nota di SITZIA; la si è poi menzionata per ricondurla semplicemente al novero dei casi in cui si ravvisa “un rapporto di lavoro che vede nella posizione del lavoratore un’unica persona e nella posizione di datore di lavoro più persone rendendo così solidale l’obbligazione del datore di lavoro”: così Xxxx. Civ., Sez. lavoro, Sent. 8 settembre
passaggi forse azzardati, come quello di un parallelo tra “codatoriali- tà” e “gruppo unitario di imprese” (3), smentito dalla sentenza stessa oggi in commento).
L’utilizzo esteso del termine avviene, peraltro, in dovuta “risposta” alle prospettazioni e domande delle parti dei giudizi: si registra, ad esempio, la proposizione di domanda volta all’accertamento dell’esi- stenza, tra due o più società convenute, di una unicità del centro di imputazione del rapporto “e/o della codatorialità” (4); ancora, si rinviene caso in cui si utilizza in motivazione la “mancata formula- zione” di una “domanda di codatorialità”, a fronte di pretese attoree contemporaneamente svolte nei confronti di due diverse imprese, per concludere nel senso della nullità del ricorso introduttivo (5).
2016, n. 17775, in CED Cassazione, 2016. Ancora: dovendo motivare sull’essere stata fornita o meno “prova in ordine all’esercizio di codatorialità”, si argomenta esattamente come nei casi di unitario centro di imputazione di interessi: Cass. Civ., Sez. lavoro, Sent. 9 gennaio 2018, n. 271, in CED Cassazione, 2018. Nella giurisprudenza di merito v. ad es. Tribunale Civitavecchia, Sez. lavoro, Sent. 13 settembre 2018, in Banca dati Pluris WKI; Tribunale Ancona, Sez. lavoro, Sent. 16 ottobre 2017, ivi; Corte d’Appello Roma, Sez. lavoro, Sent. 28 luglio 2017, ivi; Tribunale Milano, Sez. lavoro, Sent. 12 novembre 2015, ivi; Corte d’Appello L’Aquila, Sez. lavoro, Sent., 22 maggio 2013, ivi.
(3) Di prova di “una fattispecie di gruppo unitario di imprese, o comunque di una situazione di codatorialità nella gestione del rapporto di lavoro” parla il Tribunale Milano, Sez. lavoro, Sent. 12 luglio 2016, ivi.
(4) Tribunale Roma, Sez. lavoro, Sent. 18 settembre 2018, ivi.
(5) Tribunale Milano, Sez. lavoro, Sent. 7 giugno 2017, ivi: “Si ritiene fondata la censura sollevata all’udienza odierna da S.M. srl circa la contraddittorietà delle domande formulate dalla ricorrente. La stessa ha infatti chiesto in via principale da un lato la dichiarazione di illegittimità del licenziamento adottato da S.M. srl, con condanna della stessa alla riammissione in servizio o al pagamento dell’in- dennità risarcitoria, con ciò presupponendo l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nei confronti della stessa. Al contempo, sempre in via principale, ha chiesto la costituzione di un rapporto di lavoro con X.X. xxx, chiedendo dunque
Si trova infine, ed è significativa, l’individuazione dei cd. “indici semantici della codatorialità”, che consistono però, proprio, negli elementi i quali, se provati, sono riconducibili alla teorica dell’unico centro di imputazione del rapporto di lavoro (6).
2. La sentenza in commento.
La sentenza n. 11166/2018 della Corte di Cassazione si colloca pie- namente in questo contesto.
La Corte parla di “codatorialità secondo i canoni identificati- vi individuati dalla giurisprudenza di legittimità”, riferendosi
di essere ammessa in servizio ed il pagamento delle relative retribuzioni. Le due domande si pongono in evidente contraddizione logica l’una con l’altra in quanto in caso di accoglimento di entrambe la ricorrente dovrebbe essere assunta da due diverse società contemporaneamente. Né può condurre ad esito diverso il fatto che nei confronti della seconda abbia richiesto un part time di 25 ore, visto che non ha contemporaneamente chiesto una riduzione a 5 ore del part time con la prima, né ha formulato una domanda di codatorialità. Pertanto, in caso di accoglimento delle due domande dovrebbe svolgere contemporaneamente - a fronte di un part time di 30 ore che non è oggetto di contestazione - 30 ore con S.M. S.R.L. e 25 ore con X.X. xxx.
La ricorrente avrebbe invece dovuto graduare le domande formulandone una in via principale ed una in via subordinata, ovvero chiedere di accertare l’esistenza di una codatorialità per rispettivamente 25 e 5 ore.
Si ritiene che tale contraddittorietà non determini l’inammissibilità del ricorso, come richiesto dalle resistenti, bensì la sua nullità. L’indeterminatezza dell’oggetto della domanda rende infatti nullo l’atto introduttivo ed è rilevabile anche d’ufficio”.
(6) Così Tribunale Milano, Sez. lavoro, Sent. 24 ottobre 2017, ivi, il quale ha valutato se ravvisare “la sussistenza degli indici semantici di codatorialità, id est l’unicità della struttura organizzativa, l’integrazione tra le attività, il coordinamento tecnico-amministrativo in capo ad un unico soggetto direttivo e la contemporanea utilizzazione della prestazione lavorativa da parte delle varie società”.
esplicitamente ai precedenti più consistenti che hanno esposto la teorica del centro unitario di imputazione del rapporto, come Cass. 4274/2003 e Xxxx. 8809/2009 (7); vengono anche richiamate Xxxx.
(7) Cass. Civ., Sez. lavoro, 24 marzo 2003, n. 4274, in Riv. Critica Dir. Lav., 2003, 779 nota di MUGGIA; Mass. giur. lav., 2003, 370; Arch. Civ., 2004, 112; Mass. giur. lav., 2004, 6, 114; Dir. e Pratica Lav., 2009, 30, 1762; Cass. Civ., Sez. lavoro, Sent. 10 aprile 2009, n. 8809, in Mass. giur. it., 2009, da cui merita riporta- re, per la chiarezza di sintesi, i seguenti passaggi: “Questa Corte in più occasioni (cfr. Xxxx. n. 3136 del 1 aprile 1999; Cass. n. 11275 del 28 agosto 2000; Cass. n. 4274 del 24 marzo 2003) ha avuto modo di esprimersi sul punto, affermando che il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite del medesimo gruppo non è di per sé sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche all’eventuale fine della valutazione della sussistenza del requisito dimensionale per l’applicabilità della tutela reale del lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.
Tale situazione è stata ravvisata ogni qual volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di una unica attività fra vari soggetti del collegamento economico-funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l’esistenza di alcuni requisiti essenziali, quali:
a) l’unicità della struttura amministrativa;
b) la stretta connessione funzionale tra le imprese e il correlativo interesse comune;
c) il coordinamento tecnico-amministrativo-finanziario, tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune;
d) l’utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari di distinte imprese. Alla stregua di tale giurisprudenza, che si condivide, può affermarsi che, in presenza di determinate circostanze, è giuri- dicamente possibile concepire una impresa unitaria che alimenta varie attività formalmente affidate a soggetti diversi, il che non comporta sempre la necessità di superare lo schermo della persona giuridica né di negare la pluralità di quei
25270/2011 (8) e Xxxx. 12817/2014 (9).
soggetti, ben potendo esistere un rapporto di lavoro che vede nella posizione del lavoratore una unica persona e nella posizione di datore di lavoro più persone, rendendo così solidale l’obbligazione del datore di lavoro (in tal senso Cass. cit. n. 4274 del 2003)”.
(8) Cass. Civ., Sez. lavoro, Sent., 29 novembre 2011, n. 25270, in Foro it., 2012, 1, 1, 69, Nuova Giur. Civ., 2012, 5, 384 nota di FALSONE; Dir. e Pratica Lav., 2013, 26, 1686; “In questo contesto, e con specifico riferimento alle proble- matiche lavoristiche, del tutto decisivo appare il riferimento alle forme di utiliz- zazione del personale dipendente, potendo l’ingerenza della società dominante nella gestione del rapporto di lavoro spingersi sino al punto di determinare una utilizzazione del tutto indistinta e promiscua della forza lavoro all’interno del gruppo (accreditando una situazione di ‘confusione contrattuale’, tale da far constatare, in realtà, l’esistenza di una impresa unitaria, solo apparentemente organizzata in forma di gruppo: v. per tutte Cass. n. 6707/2004); ovvero, in pre- senza di gruppi genuini, ma fortemente integrati, determinare la destinazione della prestazione di lavoro al complesso delle società operative, secondo le note forme della prestazione cumulativa o alternativa; oppure riguardare solo la de- terminazione generale degli obiettivi strategici delle singole società operative, anche per ciò che riguarda le politiche del personale, ma senza alcuna incidenza sulla concreta gestione del personale e sulla destinazione della prestazione alla società che assume la veste di datore di lavoro. Con riferimento a tali molteplici fattispecie, ha avuto modo la giurisprudenza di legittimità di precisare (per citare solo alcuni esempi, indicativi delle situazioni evidenziate), da un lato, come ‘il collegamento economico funzionale tra imprese appartenenti ad un medesimo gruppo societario non è di per sé sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso fra una di esse ed il lavoratore, debbano estendersi anche all’altra, e che, tuttavia, in presenza di una società capogruppo, formalmente estranea al rapporto di lavoro, che si comporti come effettivo dominus, decidendo il distacco del lavoratore presso altra società del gruppo e la data del suo licenziamento anche per ragioni organizzative, va rav- visato un fenomeno di illecita interposizione di manodopera con la conseguente imputazione del rapporto di lavoro alla capogruppo’ (cfr. Cass. n. 19931/2010); ma anche, che ‘è giuridicamente possibile concepire un’impresa unitaria che alimenta varie attività formalmente affidate a soggetti diversi, il che non comporta sempre la necessità di superare lo schermo della persona giuridica, né di negare
La Corte, ricordando come la mera deduzione dell’esistenza di un gruppo societario sia insufficiente a fondare pretese concernenti un obbligo di repêchage, altrove, in capo ad un datore di lavoro (datore “composito” formalmente, ma unificato a fini giuslavoristici), risolve quindi il caso specifico sul piano dell’onere probatorio non assolto dal ricorrente.
Difettavano nel caso, leggiamo, “concreti elementi fattuali che con- sentissero di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro”, in mancanza dei quali “la questione non può essere affi- data ad indagini esplorative del giudice” di merito, il quale pare non essersi trovato di fronte a deduzioni ed allegazioni puntuali, che non sono state nemmeno sottoposte alla visione della Corte: “il motivo di ricorso per cassazione in esame, al di là di un vago riferimento agli scritti difensivi dell’istante, non riporta il contenuto degli atti processuali dai quali ricavare se, come e quando dette deduzioni e richieste di prova siano state effettivamente formulate”.
la pluralità di quei soggetti, ben potendo esistere un rapporto di lavoro che veda nella posizione del lavoratore un’unica persona e nella posizione del datore di lavoro più persone, rendendo così solidale l’obbligazione del datore di lavoro’ (così Cass. n. 4274/2003)”.
(9) Cass. Civ., Sez. lavoro, Sent. 6 giugno 2014, n. 12817, in CED Cassazione 2014, così si esprime: “Ed invero, affinché più soggetti aventi autonoma personalità ma comuni interessi economici possano essere considerati unitariamente, se non sotto il profilo giuridico, sotto quello economico, nel caso in cui lo stesso lavoratore abbia prestato la sua attività alle dipendenze di tali soggetti occorre accertare se i due datori di lavoro non siano stati in realtà uno solo, per la configurabilità di un legame tale da far ritenere costituito fra gli stessi un complesso unitario, nell’am- bito del quale, pur con la formale distinzione dei rapporti di lavoro, sia in effetti sussistita una continuità sostanziale dell’originario contratto di prestazione d’opera subordinata con una fittizia successione del soggetto datore di lavoro (Cass., 18 aprile 1986, n. 2756; Cass., 23 novembre 1987, n. 8659; Cass., 2 luglio 1981, n. 4312; v. pure Cass., 15 maggio 2006, 11107)”.
La posizione della sentenza in commento non è isolata (10); non solo: è stato opportunamente sottolineato (il che evidenzia il rilievo della disciplina introdotta ad hoc) come, in assenza di un contratto di rete, l’interesse fondante già solo il semplice distacco non sorga dal semplice esistere ed operare di un gruppo societario (11).
L’ambito di deduzione e di prova esaminato dalla Corte, cionondime- no, non corrisponde a quello della fattispecie legale “codatorialità” introdotta dal legislatore nel 2013.
3. Spunti sulla codatorialità come fattispecie legale tipica.
La codatorialità o multidatorialità (12) è istituto introdotto, quale arricchimento della disciplina del “contratto di rete” (disciplina che
(10) Cfr. in tal senso ad es., anche Cass. Civ., Sez. lavoro, 31 maggio 2017,
n. 13809, in CED Cassazione, 2017: “non è sufficiente il collegamento economico- funzionale tra imprese rispetto al repêchage (…). Invero questa Corte ha già affer- mato (Cass. n. 7717 del 2003) che non assolve all’obbligo del repêchage gravante sul datore di lavoro l’offerta al licenziando di un trasferimento ‘presso una sede di un’altra società, sia pure facente parte dello stesso ‘gruppo’, in quanto quest’ultimo è rilevante sotto il profilo economico e non anche sotto quello giuridico, salvo che si accerti l’esistenza di un unico rapporto di lavoro con le diverse società, qualora le relazioni all’interno di detto ‘gruppo’ siano tali da avere dato vita ad un unico centro di imputazione dei rapporti giuridici, in ragione dell’esistenza di un’unica struttura organizzativa e produttiva, dell’integrazione tra le attività esercitate dalle diverse imprese, del coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario e dello svolgimento della prestazione di lavoro in modo indifferenziato in favore delle differenti imprese del ‘gruppo’”. Cfr. anche Tribunale Roma, Sez. lavoro, 18 settembre 2018, in Banca dati Pluris WKI.
(11) MAIO, Contratto di rete e rapporto di lavoro: responsabilità disgiun- ta, derogabilità dello statuto protettivo e frode alla legge, in Argomenti Dir. Lav., 2016, 4-5, 780 segg.
(12) Il tema ha costituito oggetto di ampie analisi negli ultimi anni; v. in merito, ad es., NOGLER, Mono e Multi-datorialità tra debito e garanzie patrimo-
già costituisce in sé una peculiarità del nostro sistema 13)), col D.L.
n. 76/2013, che ha inserito il nuovo comma-4 ter all’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003.
niali dei crediti di lavoro, in Argomenti Dir. Lav. 2018, 3, p. 639 segg.; XXXXXX, RAUSEI, La codatorialità nelle reti d’impresa, Bollettino Adapt 19 marzo 2018
n. 11; XXXXX, Il rapporto di lavoro nell’impresa multidatoriale, Torino 2017; DE GIUDICI, Codatorialità e licenziamento: riflessioni a margine di alcune recenti sentenze, in Argomenti Dir. Lav. 2016, n. 6, p. 1199 segg.; SITZIA, Il problema della codatorialità nel sistema del contratto di rete, in Argomenti Dir. Lav. 2015, n. 3, p. 585 segg.; XXXXX, Dal divieto di interposizione alla codatorialità: le trasformazioni dell’impresa e le risposte dell’ordinamento, in ZILIO GRANDI, XXXXX (a cura di), Contratto di rete e diritto del lavoro, Padova 2014, p. 117 segg.; XXXXXXXX, Gruppi d’imprese, codatorialità e subordinazione, in Riv. Giur. Lav. 2013, p. 19 segg.; XXXXX, Profili critici della teoria della codatorialità nei rapporti di lavoro, in Riv. Giur. Lav. 2013, p. 55 segg.; XXXXXXXX, Gruppi imprenditoriali e coda- torialità, in Riv. Giur. Lav. 2012, p. 294 ss.
Tale innovazione normativa deriva probabilmente da (o quantomeno presenta affinità con) teoriche altrove già diffuse: per un verso, quella del polycorporatist network (su cui v., per tutti, TEUBNER, Unitas multiplex. La nuova decentraliz- zazione dei gruppi d’imprese, in Impresa e Stato 1990, 18), per altro la cd. Joint Employment Doctrine (v. in tema CORAZZA, Contractual integration e rapporti di lavoro, Padova 2004).
(13) L’istituto è stato introdotto con art. 3, comma 4-ter e seguenti del D.L. 10 febbraio 2009 n. 5, convertito in legge n. 33 del 9 aprile 2009, modificata ed integrata dalla legge n. 99 del 23 luglio 2009 e dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, che a sua volta ha convertito il D.L. n. 78 del 2010. Sono poi pervenute modifiche dalla legge n. 134/2012, di conversione del D.L. n. 83/2012 e dal D.L. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221 del 17 dicembre 2012. Anche in questo caso la letteratura è assai ampia; v., di nuovo senza la minima pretesa di completezza, MOSCATELLI, Contratto di rete e Network Contract, in Contratto e Impresa 2018, 2, p. 886 segg.; XXXXXXXXXX, Il contratto di rete: profili di un’indagine aperta, in Contratto e Impresa, 2017, n. 2, p. 673 segg.; XXXXXX, Il lavoro nelle reti di imprese: profili giuridici, Milano 2014; XXXXXXXXX, Il contratto di rete fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv. Dir. Civ. 2011, p. 323 segg.; XXXXXx, Contratti di rete e consorzi, in Corr. Merito, 2010,
Tale art. 30 comma 4-ter dispone che le imprese facenti parte di un contratto di rete possano prevedere “la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto”; il successivo art. 31, commi 3-bis e seguenti, contempla invece la possibilità di procedere alla “assunzione congiunta” in agricoltura.
Secondo la norma, allora, perché si possa parlare di “codatorialità” in senso tecnico e riconnetterne effetti giuridici a vantaggio di chi vi abbia interesse, si deve provare in giudizio una fattispecie così composta:
a) la stipulazione di un contratto di rete fra più imprese, nella variante del contratto di rete arricchita da una disciplina ad hoc delle regole “di ingaggio” del personale da dedicare alle attività di interesse comune;
b) l’ulteriore stipulazione di contratti di lavoro col personale, secondo quelle regole di ingaggio; una fattispecie, quindi, complessa (14). Se ne trae conferma dalla lettura data dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con propria circolare n. 7/2018 (15).
p. 9 segg.; XXXXXX, Dal consorzio al contratto di rete: spunti di riflessione, in Le reti di imprese e i contratti di rete, a cura di Xxxxxxxx, Torino 2009, p. 170 segg.
(14) Il contratto di rete vincola più imprese sotto vari aspetti; se lo scelgono, esse possono vincolarsi anche per l’ipotesi di condurre insieme con personale comu- ne alcune attività; ma ciò non integra ancora la fattispecie complessa codatorialità/ multidatorialità, essendo necessari anche i contratti di lavoro con le singole persone: l’esecuzione delle prestazioni lavorative creerà obblighi, di varia natura, in capo alle imprese parti del contratto di rete. Rinviando al pensiero di autorevole dottrina civilistica, “Il contratto vincola una delle due parti. Una fattispecie più complessa (contratto più adempimento di una parte) vincola l’altra parte. Il contratto di per sé non vincola il datore di lavoro, non vincola l’assicuratore”: XXXXX, La fattispecie? Si, ma ... (un frammento di teoria generale), in Foro it. 2018, 9, V, 288.
(15) Reperibile al seguente indirizzo: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xxx.xx/xx-xx/ orientamentiispettivi/Documents/Circolari/INL-Circolare-n-7-del-29032018- contratto-di-rete.pdf.
Testualmente: “(...) il contratto, inoltre, può prevedere specifiche clausole volte a disciplinare la ‘codatorialità’ dei dipendenti di una o più imprese appartenenti alla rete stessa.
Tuttavia, affinché tali effetti (...) si producano nei confronti dei terzi, ivi compresi i lavoratori, è necessario che si proceda preventivamente alla iscrizione nel registro delle imprese del contratto di rete (v. art. 3, comma 4 quater, del D.L. n. 5/2009).
Pertanto, il personale ispettivo avrà cura di verificare, innanzitutto, l’esistenza di un contratto di rete tra i soggetti coinvolti (distaccante e distaccatario e co-datori) e che lo stesso sia stato regolarmente iscritto nel registro delle imprese (cfr. ML circ. n. 35/2013).
Nel caso in cui il contratto di rete preveda la codatorialità nei con- fronti di tutti o solo alcuni dei lavoratori dipendenti di ciascuna impresa, tale circostanza deve risultare dallo stesso contratto, così come deve risultare dal contratto la ‘platea’ dei lavoratori che ven- gono, in questo modo, messi ‘a fattor comune’ al fine di collaborare agli obiettivi comuni.
Va peraltro precisato che detti lavoratori devono essere formalmente assunti, mediante l’assolvimento dei relativi adempimenti di legge (comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro, consegna della dichiarazione di assunzione e registrazioni sul Libro Unico del Lavoro) da una delle imprese partecipanti, anche laddove si tratti di socio di cooperativa (…)”.
Emerge il rilievo organizzativo dato al primo elemento della fattispe- cie tipica: le “regole di ingaggio”, il “programma”, per così dire, da inserire nel contratto di rete per disciplinare esplicitamente il lecito utilizzo di professionalità “comuni”, poste, per dirla con la Circolare appena menzionata, “a fattor comune”.
Vi è poi il tema assai concreto della limitazione della responsabilità dei “codatori” alla stregua di quanto da essi stessi programmato.
Sul tema deve segnalarsi una rilevante evoluzione.
La prima opinione, esplicitata dal Ministero del lavoro con propria Circolare n. 35/2013 (16), era nel senso di valorizzare i contenuti del “momento organizzativo” dato, proprio, dal contratto di rete: per definire il regime della responsabilità, si è scritto, occorre rifarsi ai contenuti del contratto di rete, senza configurare una responsabilità solidale di tutti i partecipanti al contratto stesso; orientamento ripreso in dottrina (17).
(16) Reperibile al seguente indirizzo: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxx.xx/Xxxxx- tive/Circolare_29_agosto_2013_n.35.pdf. Merita riportare: “(...) Il D.L. n. 76/2013 introduce un comma 4 ter all’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 che disciplina l’istituto del distacco. Con tale intervento il Legislatore ha inteso configurare ‘automatica- mente’ l’interesse del distaccante al distacco qualora ciò avvenga nell’ambito di un contratto di rete. In particolare si prevede che ‘qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’articolo 2103 del codice civile’. Ne consegue che, ai fini della verifica dei presupposti di legittimità del distacco, il personale ispettivo si limiterà a verificare l’esistenza di un contratto di rete tra distaccante e distaccatario. La disposizione inoltre consente ‘la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso’; ciò vuol pertanto significare che, in relazione a tale personale, il potere direttivo potrà essere esercitato da ciascun imprenditore che partecipa al contratto di rete.
Sul piano di eventuali responsabilità penali, civili e amministrative - e quindi sul piano della sanzionabilità di eventuali illeciti - occorrerà quindi rifarsi ai contenuti del contratto di rete, senza pertanto configurare ‘automaticamente’ una solidarietà tra tutti i partecipanti al contratto”.
(17) V. in tal senso ad es. XXXXXX, Il lavoro nelle reti di imprese, cit. p. 179; TURSI, Il contratto di rete. Profili giuslavoristici, in X. XXXX (a cura di), Contratto di rete. Trasformazione del lavoro e reti di imprese, Milano 2015, p. 115 segg.; MAIO, Contratto di rete e rapporto di lavoro, cit. p. 795; XXXXX, Dal divieto di interposizione alla codatorialità, cit., p. 148.
è emerso anche orientamento contrario, variamente formulato (18) e che, da ultimo, pare rafforzato dalla recente sentenza n. 254/2017 della Corte Costituzionale in tema di estensione anche all’ambito del- la subfornitura della regola della solidarietà di cui all’art. 29 D.Lgs. 276/2003 (19).
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella già citata Circolare n. 7/2018 (che si pone quindi, sul punto, in opposizione a quella ministeriale del 2013), ha considerato “che le eventuali omissioni afferenti il trat- tamento retributivo o contributivo espongono a responsabilità tutti i co-datori, a far data dalla messa a ‘fattor comune’ dei lavoratori interessati. Ciò in quanto i firmatari del contratto di rete sono tutti datori di lavoro, nei confronti del personale indicato dallo stesso contratto, trovando quindi applicazione il principio generale della
(18) Senza pretesa di completezza, da un lato si è sottolineato che le eventuali limitazioni della responsabilità solidale fra i codatori, convenute in sede contrattuale, possono riguardare una ripartizione degli oneri economici nei rapporti interni tra le parti del contratto di rete, ma non potrebbero giungere al punto da escludere, anche in parte, uno o più datori dalla responsabilità solidale verso i prestatori: effetti automatico della contitolarità del rapporto, non dispo- nibile dalle parti, stante il radicamento costituzionale di gran parte degli effetti ricollegati alla fattispecie: così GRECO, Il rapporto di lavoro, cit., 239. Da altra prospettiva, si richiama il principio generale di cui all’art. 2740 c.c. sottolineando come l’inciso “le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge” non trovi una esplicita rispondenza nelle modifiche apportate, appunto, agli artt. 30 e 31 del D.Lgs. 276/2003; così NOGLER, Mono e Multi-datorialità, cit. Cfr. anche Cass. Civ., Sez. lavoro, 28 marzo 2018, n. 7704, in Quotidiano Giuridico, 2018.
(19) X. Xxxx., 0 dicembre 2017 n. 254, edita ad es. in Argomenti Dir. Lav. 2018, 2, p. 582 segg. con nota TAGLIENTE, L’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003: la responsabilità solidale del committente quale principio generale di tutti i fenomeni di decentramento produttivo?
responsabilità solidale di cui all’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003: principio peraltro recentemente esteso dalla Corte Costituzionale, sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017, anche a fattispecie diverse da quella dell’appalto (…)”.
Temi quali quello della responsabilità sul piano retributivo e contribu- tivo, della ripartizione concreta dei poteri datoriali e del rapporto con la normativa in materia di sicurezza e prevenzione (20) paiono essere ulteriori questioni nodali della codatorialità, intesa come “fattispecie tipizzata” ex art. 30 comma 4-ter D.Lgs. 276/2003.
(20) Merita menzione su questo specifico aspetto il contributo del CA- MASTA, La salute e la sicurezza del lavoratore nella frammentazione d’impresa. Codatorialità. Nuove responsabilità per nuovi rischi, 2016, in xxxx://xxx.xxxxx- xxxxxxxxxxxx.xx/Xxxxxxxx/Xxxxxxx_Xxxxxx/Xxxxxx_00.xxx.