LORENZO GAGLIARDI ( MILANO)
XXXXXXX XXXXXXXXX ( MILANO)
LA LEGGE SULLA ὁμολογία E I VIZI DELLA VOLONTÀ NEI CONTRATTI IN DIRITTO ATENIESE∗
1. Introduzione.
In questo scritto tratto di due temi collegati.
Il primo è quello della legge ateniese, in cui era stabilito che, in materia di contratti tra privati, ciò che i soggetti avessero fatto oggetto dell’atto di ὁμολογεῖν (letteralmente “dire la stessa cosa”) doveva essere considerato κύριος. Ci si può riferire1 a questo principio come al principio della “ὁμολογία κυρία,” benché tale sintagma non si trovasse probabilmente nel testo della legge.2 Sull’interpretazione della legge sussistono nella dottrina moderna profonde diversità di vedute, che mi sembra autorizzino un nuovo esame della materia.
Preciso che in due fonti, [Dem.] 56.2 e Plato Symp. 196c, si parla di “leggi” sulla ὁμολογία, al plurale. Come tenterò di dimostrare più innanzi,3 è mia opinione che sia stata approvata ad Atene in un primo tempo una legge “generale,”4 che affermò il principio per cui nei contratti tra privati la ὁμολογία era riconosciuta come κυρία. Successivamente, un’altra legge probabilmente precisò e limitò la portata di tale norma. La legge “generale” sarà quella cui d’ora innanzi farò esclusivo riferimento, salvo che non specifichi diversamente.
La legge sulla ὁμολογία κυρία deve essere a mio avviso studiata in connessione con il tema che nei sistemi di civil law è indicato con l’espressione di “vizi della volontà” nei contratti (errore, violenza, dolo, cui si deve aggiungere l’incapacità di intendere e di volere di un soggetto al momento dell’atto). Alcuni studiosi moderni
∗ Il testo che qui pubblico è una versione italiana ampliata della relazione da me presentata in inglese al Symposion 2013 presso la Harvard Law School. Ringrazio tutti i colleghi che parteciparono alla intensa discussione che seguì la mia esposizione. Ringrazio anche
i colleghi che mi hanno messo a disposizione loro lavori non ancora pubblicati, che appaiono in bibliografia come “in corso di stampa” e il mio respondent Xxxxxx Xxxxxxx, per il tempo che ha dedicato a discutere con me su numerosi punti della mia trattazione e per i preziosi consigli che mi ha dato. È prevedibile che la ὁμολογία ateniese non mancherà di continuare ad attirare nel futuro l’attenzione degli storici del diritto greco.
1 Così Xxxxxxxx 1982: 140 ss.; Martini 1991: 106.
2 Il sintagma appare però, benché al numerale plurale, in Isoc. 18.24 e in [Dem.] 42.12. Le fonti sono raccolte infra, § 2.
3 Infra, § 4.4.
4 Xxxxxxxx 2009: 92 parla di legge generale sui contratti. Io preferisco parlare di legge generale sulla ὁμολογία.
hanno negato che gli Ateniesi abbiano mai sviluppato un sistema organico in materia.5 Altri hanno argomentato nel senso opposto.6 Ritengo che la legge sulla ὁμολογία κυρία abbia dettato norme anche in tale ambito in relazione ai contratti.
2. La legge sulla ὁμολογία: le fonti.
La legge ateniese che affermava il principio della ὁμολογία κυρία si trova riportata, con varianti, da alcune fonti letterarie.
Una prima variante è l’espressione più semplice della norma (d’ora innanzi “variante semplice”): ὅσα ἂν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ, κύρια εἶναι. Essa occorre in tre fonti:
1) Hyp. In Athenogenem 13: ἐρεῖ δὲ πρὸς ὑμᾶς αὐτίκα μάλα Ἀθηνογένης, ὡς ὁ νόμος λέγει, ὅσα ἂν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ, κύρια εἶναι. τά γε δίκαια ὦ βέλτιστε· τὰ δὲ μὴ τοὐναντίον ἀπαγορεύει μὴ κύρια εἶναι.7
2) [Dem.] In Xxxxxxx et Mnesibulum 47.77: ἀνάγνωθί μοι τὸν νόμον καὶ τὴν μαρτυρίαν, ὃς κελεύει κύρια εἶναι ὅ τι ἂν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ.8
3) Isoc. In Callymachum 18.24: τὰς μὲν ἰδίας ὁμολογίας δημοσίᾳ κυρίας ἀναγκάζετ’ εἶναι; cfr. 25: ἀναγκαῖον εἶναι τοῖς ὡμολογημένοις ἐμμένειν.9
Altre tre testimonianze tramandano la seconda variante, che contiene l’aggiunta dell’aggettivo predicativo ἑκών (d’ora innanzi “variante ἑκών:” ὅσα ἂν τις ἑκὼν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ, κύρια εἶναι). Vedremo successivamente 10 quale significato avesse l’aggettivo predicativo ἑκών nella variante in esame.
1) [Dem.] In Dionysodorum 56.2: τῷ οὖν ποτὲ πιστεύοντες καὶ τί λαβόντες τὸ βέβαιον, προϊέμεθα; ὑμῖν, ὦ ἄνδρες δικασταί, καὶ τοῖς νόμοις τοῖς ὑμετέροις, οἳ κελεύουσιν, ὅσα ἄν τις ἑκὼν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ, κύρια εἶναι.11
5 Pringsheim 1950: 498; Xxxxxx (1937) 1955: 80.1; (1951) 1955: 220; (1957) 20022: 229.
6 Beauchet 1897: 31 ss. (cfr. Huvelin 1907: 135); Xxxxxxxxx (1943) 1968: 455 ss. (cfr.
Xxxxxxxx 1982: 138); Xxxxxxxxxx (1966) 2011: 263 ss. In tema anche Xxxxxxxx (2013)
2013: 16 ss.
7 Trad.: «Xxxxxxxxx vi dirà fra pochissimo che la legge afferma: “Ciò che una parte abbia convenuto con un’altra sia vincolante.” Le cose giuste, amico mio; le cose che non lo sono la legge stabilisce invece che non siano vincolanti».
8 Trad.: «Leggimi la testimonianza e la legge, che dispone che sia vincolante ciò che una parte abbia convenuto con un’altra». La μαρτυρία era quella del depositario del documento contrattuale [cfr. Xxxxxx (1957) 20022: 224.2], come appare esplicitamente e più chiaramente in un caso analogo, [Dem.] 48.11, su cui infra, § 5.1.a.
9 Trad.: «24: sostiene che gli accordi privati sono vincolanti per mezzo della pubblica autorità; 25: eri necessariamente tenuto a rispettare gli accordi».
10 Infra, § 4.3.
11 Trad.: «In che cosa, dunque, riponiamo la nostra fiducia e quale garanzia abbiamo quando prestiamo il danaro? In voi, giudici, e nelle vostre leggi che ordinano che ciò che una parte abbia volontariamente convenuto con un’altra sia vincolante».
2) [Dem.] In Olympiodorum 48.54: πῶς γὰρ οὐ μαίνεται ὅστις οἴεται δεῖν, ἃ μὲν ὡμολόγησεν καὶ συνέθετο ἑκὼν πρὸς ἑκόντα καὶ ὤμοσεν, τούτων μὲν μηδ’ ὁτιοῦν ποιεῖν... ;12
3) Plato Symposium 196c: πᾶς γὰρ ἑκὼν Ἔρωτι πᾶν ὑπηρετεῖ, ἃ δ’ ἂν ἑκὼν ἑκόντι ὁμολογήσῃ, φασὶν “οἱ πόλεως βασιλῆς νόμοι” δίκαια εἶναι.13
Vi è poi un altro testo che fa riferimento alla legge de qua, definendola ὁ κοινὸς τῆς πόλεως νόμος e riferendosi al suo contenuto senza seguire nessuna delle due varianti espressive ora segnalate:
Din. In Philoclem 3.4: καὶ ὁ μὲν κοινὸς τῆς πόλεως νόμος, ἐάν τις [εἰς ἕνα τινὰ] τῶν πολιτῶν ὁμολογήσας τι παραβῇ, τοῦτον ἔνοχον εἶναι κελεύει τῷ ἀδικεῖν.14
In un caso ulteriore si parla di ὁμολογία κυρία in presenza di testimoni:
[Dem.] In Phaenippum 42.12: (νόμον) ... τὸν κελεύοντα κυρίας εἶναι τὰς πρὸς ἀλλήλους ὁμολογίας, ἃς ἂν ἐναντίον ποιήσωνται μαρτύρων.15
3. La legge sulla ὁμολογία: la dottrina.
Le discordanti opinioni della dottrina sulla ὁμολογία e sull’interpretazione della relativa legge possono raggrupparsi intorno a due poli: quello della teoria consensualista e quello della teoria della Zweckverfügung.
Secondo la prima,16 la ὁμολογία era l’accordo delle parti contrattuali. La legge
sulla ὁμολογία κυρία avrebbe consentito l’esistenza nel diritto ateniese dei contratti
12 Trad.: «Non è forse pazzo chi pensa di non dovere fare nulla di quelle cose che ha convenuto e stipulato volontariamente con una controparte, che abbia manifestato una volontà conforme, e abbia prestato giuramento?».
13 Trad.: «Ognuno infatti volentieri in tutto serve ad Amore e “le leggi regine della città”
dicono che sono giuste le cose che le parti abbiano volontariamente tra loro convenuto».
14 εἰς ἕνα τινὰ è correzione di X. Xxxxx-Xxxxx sulla base di P.Ant. II, 81 (ἐάν εἰς ἕνα τῶν πολιτῶν ὁμολογήσας τις). I codici riportano ἐναντίον. Altre correzioni proposte: ἑνί τινι (Lipsius); <ἑνὸς> ἐναντίον (Xxxxx). Trad.: «La legge generale della città dispone che, se nei confronti di un cittadino si viola un accordo concluso, si è colpevoli di un atto ingiusto».
15 Trad.: «(la legge) ... che dispone che sono vincolanti gli accordi reciproci che siano stati conclusi in presenza di testimoni». Ancora, un altro testo viene da alcuni studiosi (Xxxxxxxxxx 1950: 35; Xxxxxxxx 2009: 93) ricondotto al nostro tema, [Dem.] 44.7. In realtà esso non gli afferisce: si riconosce che l’adozione è valida se risponde ai requisiti legali. Il passo è relativo a un altro argomento e sarà qui trascurato.
16 Xxxxxxxx 1897: 12 ss.; Xxxxxxx 1907: 134; Xxxxxxxxxxx 1922: 230 ss.; Xxxxxx (1937) 1955: 78; Xxxxxx (1951) 19852: 297.22; Xxxxxx 1959: 402; Cantarella 1965: 549; Xxxxxxx 1969: 53 ss.; Xxxxxxxx (1971) 1999: 108 f.; (1978, 1979, 1982) 1999: 148 f.; Germain 1979: 471 ss.; Xxxxxxxx 1982: 149; Xxxxxxx 1997: 128; Xxxxx 2005: 294; 2006: 73 ss.; Xxxxxx 2006: 149; Xxxxxxxx 2009: 89 ss., 106; Xxxxx 2010: 25 ss., 489 f.; Avilés 2011: 26 ss. [ma vd. poi, con notevole mutamento di opinione Avilés (in corso di stampa), ove si afferma che non sarebbe esistita un’unica legge o almeno una legge principale riguardante le ὁμολογίαι κυρίαι—su ciò cfr. infra, il § 4.4 della mia
basati sul consenso. Il consenso sarebbe stato fonte di obbligazioni. Si ritiene per lo più che tale legge avrebbe rappresentato il punto di arrivo di uno sviluppo durato diversi secoli. In origine i contratti non si sarebbero conclusi soltanto sulla base del consenso, ma sarebbe stata necessaria la consegna di cose o la prestazione di garanzie.17
La seconda teoria ha il suo campione in Xxxx Xxxxxx Xxxxx, 00 il quale ha sostenuto che ὁμολογεῖν non significherebbe “assumere (per il futuro) obbligazioni tramite il consenso,” ma implicherebbe l’“accettazione da parte del debitore di un atto di disposizione da parte del creditore.”19 Xxxxx è partito dall’osservazione che nel diritto ateniese non esisteva un’azione generale per la risoluzione o per l’adempimento di contratti sorti in base al consenso. Tutti i contratti si sarebbero perfezionati con una prestazione, la Zweckverfügung (“disposizione compiuta per un determinato scopo”). Il soggetto che avesse ricevuto la datio e non avesse eseguito la prestazione, che da lui l’autore della Zweckverfügung si attendeva, sarebbe stato responsabile di un danno per il fatto di avere ricevuto determinati beni dal creditore e non averli impiegati nel modo previsto. Attraverso la ὁμολογία, il debitore avrebbe concordato e documentato con il creditore l’avvenuta Zweckverfügung e avrebbe riconosciuto il proprio debito. Compiendo la prestazione, il debitore avrebbe evitato la sanzione penale. L’azione giudiziaria impiegabile dal creditore sarebbe stata la δίκη βλάβης.20 La tesi di Xxxxx è stata seguita da illustri autori.21 Tra loro, Xxxxxxx Xxxx, 22 in particolare, ha sostenuto l’esclusiva funzione procedurale dell’ὁμολογεῖν: ὁμολογίαι sarebbero state a suo avviso le asserzioni
trattazione—e in ogni caso le leggi riguardanti il principio della ὁμολογία κυρία non avrebbero avuto a oggetto i contratti consensuali]; Scafuro 2011: 333; Xxxxxxxx 2012: 367 ss.; Xxxxxxxxxx (in questo volume); Xxxxx (in questo volume). Anche secondo Xxxxxxxxxx 0000: 40 s., la ὁμολογία sarebbe stata tutelata giudizialmente, ma sarebbe stata un accordo stretto alla presenza di testimoni, del quale il consenso non sarebbe stato che uno degli elementi costitutivi.
17 Per l’antichità dei contratti reali, Huvelin 1907: 134. Sull’origine dei contratti conclusi con la prestazione di una garanzia Cantarella (1988) 2011: 105 ss.
18 Xxxxx (1957) 1968, 483 ss.; 1966: 569 ss.; (1966) 1974: 123 ss.; 1983: 7 ss. Per il diritto dei papiri, ma con riferimenti al diritto greco in genere, Xxxxx 1946: 55 ss. Cfr. già Xxxxxxx 1909: 76 ss.
19 Xxxxx (1966) 1974: 131.
20 Sull’impiego della δίκη βλάβης per i casi di inadempimento contrattuale, Xxxxx (1943) 1961: 91; Mummenthey 1971: 70 ss. Cfr. infra nt. 86.
21 Xxxxxxxxx 1967: 57 f.; Xxxxxxx 1970: 16 ss.; Xxxxxxxx 1975: 331; Thür 1977: 152 ss.;
Xxxxxxx 1991: 105 ss.; Hamza 1991: 231; Jakab 1994: 191 ss.; Thür 1997: 706; Jakab
2006: 85 ss.; Thür 2007: 32; Xxxxxxx 2006: 339 ss.; Xxxxxxxxxxxxxxx-Xxxxxxxxxx 2011:
214 s., 218 (cfr. ead., 1994: 189; 1993: 163 ss.; 2002: 133); Thür (in corso di stampa). In forma sintetica in tal senso già Alliot 1954: 463. Un esame della teoria della Zweckverfügung e delle principali varianti con cui essa è stata accolta dalla letteratura moderna trovasi in Hamza 1989: 14 s., 18 ss.
22 Thür 1977: 000 xx.; Xxxx (xx corso di stampa). Cfr. Xxxxxxx 0000: 58; Xxxxxxx 2006: 350.18; Xxxxxx 0000: 191.146, 192.149.
che le parti avessero compiuto in modo per loro vincolante nella fase pre- dibattimentale o in sede extra-processuale.23
4. La legge sulla ὁμολογία: tesi.
4.1. Teoria consensualista o Zweckverfügung?
Affrontando criticamente un esame delle testimonianze, osservo che vi sono due fonti che creano serie difficoltà alla teoria della Zweckverfügung.
La prima è il già citato passo di [Dem.] 42.12, in cui si parla di πρὸς ἀλλήλους ὁμολογίαι.
La seconda è Hyp. Athenog. 15, in cui si legge:
μετὰ δὲ τ]αῦτα ἕ[τερο]ς νόμος [ἐστὶ περὶ ὧν ὁμολογοῦν]τες ἀλλήλοις συμβάλλουσιν, ὅταν τις πωλῇ ἀνδράποδον, προλέγειν, ἐάν τι ἔχῃ ἀρρώστημα· εἰ δ[ὲ μ̣]ή, ἀναγωγὴ τούτου ἐστίν.24
In entrambi questi testi, è fatto riferimento a ὁμολογίαι reciproche tra due soggetti. Nel secondo, la parola ὁμολογοῦντες è integrata dagli editori, ma l’integrazione sembra abbastanza sicura. 25 Orbene, dato che secondo la teoria della Zweckverfügung, come ho già ricordato, la ὁμολογία era l’atto con cui il debitore riconosceva l’esistenza a proprio carico di un’obbligazione sorta in seguito a un atto di disposizione da parte del creditore, è evidente che la ὁμολογία stessa era un atto unilaterale da parte del debitore e non vi era pertanto nessun atto corrispondente o speculare da parte del creditore. Come potevano quindi le fonti parlare di reciproche ὁμολογίαι fra debitore e creditore?
A questa mia osservazione i sostenitori della tesi avversa potrebbero controbattere che non vi è prova che [Dem.] 42.12 fosse relativo all’ambito contrattuale. Concordo che questo è vero. Ma rimane ineliminabile la testimonianza di Xxx. Athenog. 15, che è invece certamente relativa ai contratti di compravendita.
Potrebbe ancora astrattamente controbattersi, da parte dei sostenitori della teoria della Zweckverfügung, che, quand’anche l’affermazione di [Dem.] 42.12 fosse stata attinente a casi contrattuali, si dovrebbe ritenere che l’espressione plurale ὁμολογίαι πρὸς ἀλλήλους fosse riferita a contratti in cui le parti fossero tra loro reciprocamente creditrice e debitrice, sicché ciascuna parte, in quanto debitrice, avrebbe dovuto compiere una ὁμολογία e per questa ragione ci sarebbero state due ὁμολογίαι differenti contrapposte.
23 Pringsheim 1950: 13 ss. ha assunto una posizione intermedia. A suo avviso, la ὁμολογία, dapprima solo confessione in giudizio, poi confessione extragiudiziale, avrebbe infine portato ad attribuire valore vincolante alle mere convenzioni purché concluse in presenza di testimoni, ma non avrebbe riguardato, ad esempio, la compravendita, in quanto contratto reale.
24 Trad.: «Dopo questa, c’è un’altra legge riguardante i contratti che le parti concludono d’accordo tra di loro: “Quando si vende uno schiavo bisogna preavvisare se ha qualche malattia; altrimenti abbia luogo la restituzione”».
25 Così anche Xxxxxxx 2006: 346.
Anche questa osservazione, se mai può valere per [Dem.] 42.12, non è però applicabile a Hyp. Athenog. 15, che fa riferimento a una legge inerente ai vizi delle cose compravendute.26
Ora, come è ben noto,27 il contratto di compravendita ateniese era concluso solo quando il compratore pagava il prezzo.28 Dopo che il contratto era stato concluso, il compratore aveva il diritto di ricevere dal venditore il bene, che era a quel punto già suo in virtù dell’avvenuto pagamento del prezzo. Il venditore rispondeva di eventuali vizi a norma del contratto. Se il compratore non aveva danaro sufficiente per pagare il prezzo intero, le parti potevano, se volevano, concludere egualmente il contratto, e il venditore rimaneva creditore a titolo di mutuo per il resto della somma dovuta.29
Dal momento della conclusione del contratto mediante il pagamento del prezzo esisteva un solo debitore, che era il venditore (diverso era il caso se il compratore aveva prestato soltanto un ἀρραβών, 30 ma non è questo ciò a cui veniva fatto riferimento in Hyp. Athenog. 15).
Non si riesce quindi a comprendere quale ὁμολογία il compratore potesse ipoteticamente prestare al venditore dopo la conclusione del contratto, dato che da allora non aveva più alcun debito, ma soltanto un credito. Risulta quindi impossibile
26 Su questo tema, dei vizi delle cose compravendute, ritornerò, in relazione ad altri aspetti,
infra, § 6.
27 È stato dimostrato soprattutto da Xxxxxxxxxx 0000: 89, 134 ss., 167 s. Cfr. quindi Xxxxx 1956: 227 ss.; Xxxxxxxxxx 1975: 592 ss.; Xxxxxxxxx 0000: 190.14; MacDowell 1978: 138 ss.; Maffi 2005: 260. Xxxxx 2006: 74 f. nega che in diritto ateniese fosse necessario il pagamento del prezzo perché un contratto di compravendita potesse essere concluso.
28 Si vd. soprattutto Theophr. Περὶ συμβολαίων fr. 97 Xxxxxxx (= fr. 21 Szegedy-Maszak =
650 Xxxxxxxxxxx) § 4, testo che è peraltro riferito non solo al diritto ateniese, ma più generalmente ai diritti greci. Dalle leggi di Xxxxxxx si trae attestazione di quanto descritto, segno che evidentemente egli aveva presente in linea di massima il diritto patrio. In Leg. 915d–e e 849e, egli prevedeva che nelle compravendite il danaro si desse e si ricevesse immediatamente (e cfr. anche Arist. E.N. 1162b25–31, 1164b12–15). In nessun caso per Xxxxxxx si poteva comperare a credito: non sarebbero state previste azioni giudiziarie a tutela del venditore per ottenere il prezzo (ma ovviamente egli avrebbe potuto agire per recuperare il possesso della cosa, che sarebbe rimasta di sua proprietà: sul punto Pringsheim 1950: 139). Osservo che Xxxxxxx, per la verità, nelle Leggi andava oltre quanto previsto da Xxxxxxxxx, e probabilmente dal vero diritto ateniese, in quanto prescriveva uno scambio contestuale tra cosa e prezzo (come nella romana mancipatio), mentre sembra che nella vendita greca fosse essenziale, per l’esistenza del contratto, il pagamento del prezzo, e la consegna della res potesse avvenire successivamente: cfr. Theophr. Περὶ συμβολαίων fr. 97 § 5; Xxxxxxxxxx 0000: 142. Sulle fonti citate cfr. anche Xxxxxx (1937) 1955: 77.
29 Dem. 41.8; Lyk. Leok. 23. Cfr. Pringsheim 1950: 134; Xxxxxxxxxxxxxx (xx xxxxx xx xxxxxx).
00 Xxxxx xxx xxxx xxxxx xxxx, xx xx. Theophr. Περὶ συμβολαίων fr. 97 § 4. In letteratura
Xxxxxxxxxx 1950: 148 ss.; Xxxxx 1956: 230; Cantarella 1975: 593; Xxxxxxx 1990: 176.
che le controparti contrattuali di una compravendita recitassero reciproche
ὁμολογίαι contrapposte, differenti tra loro.
Escluso che le reciproche ὁμολογίαι delle parti fossero atti speculari, in cui entrambe riconoscessero i propri debiti, non resta che pensare che, almeno nei contratti di compravendita (ma il discorso può estendersi ad altri contratti, di cui diremo), dal punto di vista del contenuto la ὁμολογία fosse una sola. Su quel contenuto unitario convergevano le parti, che manifestavano πρὸς ἀλλήλους le loro volontà, “dicendo la stessa cosa,” ovvero concordando sul contenuto del contratto.
E qual era l’oggetto della ὁμολογία delle parti contraenti? L’unico modo per intendere Hyp. Athenog. 15 è che la ὁμολογία disciplinasse i rapporti contrattuali reciproci delle parti. La ὁμολογία riguardava il contenuto su cui le parti concordavano: era un atto di consenso in relazione al contratto. Nel caso della compravendita, la ὁμολογία doveva necessariamente precedere il pagamento del prezzo e riguardava l’oggetto del contratto (il bene venduto) e tutte le norme contrattuali consensualmente concordate tra le parti (prezzo, consegna, esistenza o inesistenza di eventuali vizi ecc.). Nelle fonti essa appare richiamata come manifestazione di volontà dei contraenti in relazione al compimento di atti obbligatori per il futuro.31
In due testi la ὁμολογία è posta espressamente in relazione con la συνθήκη, che era il documento contrattuale (detto anche συγγραφή),32 che serviva a provare la ὁμολογία,33 ma che per estensione indicava il contratto stesso. I testi cui mi riferisco sono il già menzionato [Dem.] 48.54 e inoltre il platonico Crito 52d–e:
{ΣΩ.} «Ἄλλο τι οὖν,» ἂν φαῖεν, «ἢ συνθήκας τὰς πρὸς ἡμᾶς αὐτοὺς καὶ ὁμολογίας παραβαίνεις, οὐχ ὑπὸ ἀνάγκης ὁμολογήσας οὐδὲ ἀπατηθεὶς οὐδὲ ἐν ὀλίγῳ χρόνῳ ἀναγκασθεὶς βουλεύσασθαι, ἀλλ’ ἐν ἔτεσιν ἑβδομήκοντα, ἐν οἷς ἐξῆν σοι ἀπιέναι, εἰ μὴ ἠρέσκομεν ἡμεῖς μηδὲ δίκαιαι ἐφαίνοντό σοι αἱ ὁμολογίαι εἶναι».34
In questo passo la legge sulla ὁμολογία non era esplicitamente citata, ma mi pare che a essa l’intero testo compisse un implicito riferimento. Possiamo notare che συνθήκαι e ὁμολογίαι appaiono quasi un’endiadi.
Nel più volte citato Hyp. Athenog. 15 la ὁμολογία era invece posta in relazione con il verbo συμβάλλειν.
31 Cfr. per esempio [Dem.] 48.54.
32 Cfr. Xxxxxxxxx (1978) 1979: 246, 248.
33 Per l’importanza centrale della συγγραφή ai fini probatori (anche in base alla clausola κυριώτερον δὲ περὶ τούτων ἄλλο μηδὲν εἶναι τῆς συγγραφῆς; cfr. Dem. 35.39), vd. Xxxxxxxxxxxxxxx-Xxxxxxxxxx 2001: 103 ss.; Xxxxx 2006: 163 ss.; Xxxxxxxxxx (in questo volume).
34 Trad.: «(Socrate:) “Che cosa altro prepari” potrebbero dire le Leggi “se non violare i contratti e gli accordi stabiliti con noi? quegli accordi che tu hai accettato non perché spinto da violenza o da inganno o da mancanza di tempo, ma in settanta anni in cui pur ti era possibile andartene se non ti piacevamo e non ti sembravano giusti gli accordi”».
Tutto questo induce in definitiva a ritenere improbabile che la rilevanza della ὁμολογία fosse ristretta al solo ambito processuale (al quale in certi casi era invece senz’altro riferibile).35
Una fonte, come detto, accenna alla necessità dei testimoni. L’attestazione di ciò in una sola fonte fa propendere per ravvisarvi un’esigenza meramente probatoria.36
Si può dunque fissare un primo punto: la ὁμολογία era l’accordo contrattuale. Il
suo contenuto coincideva con il contenuto della συνθήκη.
È rilevante che lessicografi quali Arpocrazione, Xxxxxxx, Fozio, oppure lo scoliaste di Xxxxxxxx o ancora il lessico Suda considerino ὁμολογία sinonimo di συνθήκη.37
Ancora, contro la tesi della Zweckverfügung, e a favore della ricostruzione qui proposta, secondo la quale la ὁμολογία era l’accordo contrattuale, si può considerare, in via di comparazione, una disposizione di una legge di Efeso databile post a. 297 a.C. I.Ephesos 4 (= Syll.3 364), ll. 75–77:38
ὅσοι μὲμ πρὸ μηνὸς Ποσιδεῶνος | τοῦ ἐπὶ ∆η[μ]αγόρου ἐμβάντες εἰς κτήματα κατὰ πράξεις ἔχουσιν τὰ κτήματα καὶ νέμον|ται, εἶναι [αὐ]τοῖς κυρίας τὰς ἐμβάσεις, εἰ μή τι ἄλλο ἑκόντες πρὸς αὐτοὺς ὡμολογήκασιν.39
Al termine della guerra tra Lisimaco e Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, erano insorti a Efeso problemi in relazione ai debiti ipotecari. In conseguenza del generale stato di povertà derivato dalla guerra, i beni immobili ipotecati potevano essere venduti solo per un prezzo inferiore a quello corrispondente al valore che essi avevano avuto nel momento in cui l’ipoteca era stata costituita. Pertanto, i debitori generalmente rischiavano di dover cedere ai creditori gli immobili ipotecati, benché il loro valore originario fosse stato normalmente superiore a quello dei debiti garantiti. La legge in questione aveva, nell’ambito di una serie complessa di disposizioni particolari, dettato il principio generale che gli immobili, dopo che ne fosse stata fatta da un collegio di giudici una valutazione equitativa, venissero divisi tra debitori e creditori. I creditori dovevano ottenere una parte dei terreni corrispondente in proporzione al
35 Cito, per limitarmi a un solo esempio, [Dem.] 49.34.
36 In tal senso Xxxxxxxx 1982: 142 f.; Xxxxxxxxxx 1965: 549; Xxxxxxxx 2009: 100. Contra
Pringsheim 1950: 40 s.
37 Harpocr. s.v. Ἀσυνθετώτατον; Hesych. s.v. συγκεῖσθαι (2165); Phot. s.v. Ῥῆτρα = Suid.
s.v. Ῥῆτρα; Schol. Thuc. 1.87.4, κατὰ τὴν ξυνθήκην; Suid. s.v. συνθήκη (1588). Su queste fonti vd. già Cobetto Ghiggia 2011: 27 s.
38 Xxxxxxxxx (1943) 1968: 472 ss. ha portato l’attenzione su questa epigrafe in relazione alle nostre tematiche. Vd. quindi Xxxxxxx 1969: 36 s.; Avilés 2011: 27.29. Sul contesto storico della legge e per un’interpretazione generale di essa, Walser 2008: 47 ss., 197 ss. Sulle linee qui in esame anche Maffi 2009/2010: 345 s.
39 Trad.: «Per tutti coloro che, avendo preso possesso di terreni prima del mese Posideone dell’anno della magistratura di Xxxxxxxx, ora possiedono e coltivano i terreni, per loro siano validi tali impossessamenti, a meno che (le parti) non abbiano tra loro raggiunto volontariamente un diverso accordo».
valore dei crediti da essi vantati. Nella clausola su riportata si diceva che nondimeno, se un determinato creditore avesse preso il possesso dei beni ipotecati anteriormente a una certa data, quell’assegnazione sarebbe stata definitiva, a meno che le parti non avessero previsto una diversa statuizione con apposita ὁμολογία. La ὁμολογία consentiva alle parti di derogare alle disposizioni legislative.
Si parlava di una ὁμολογία assunta dalle parti ἑκόντες πρὸς αὐτοὺς: ovvero volontariamente e in modo reciproco. Colpisce la somiglianza lessicale con la norma che è riferita anche dalle fonti ateniesi: sia ad Atene, sia a Efeso la ὁμολογία era considerata κυρία.40 La legge di Efeso mostra che in questa città la ὁμολογία non era un atto unilaterale di un creditore, ma un accordo contrattuale.
La comparazione può confermare quanto abbiamo dedotto in relazione alla natura della ὁμολογία ad Atene.
Se a un certo punto ad Atene fu necessaria una legge che riconoscesse che le ὁμολογίαι erano vincolanti per le parti, ciò significa che prima della sua entrata in vigore esse non lo erano. La legge che qui esaminiamo riconobbe validità alle ὁμολογίαι, rendendole fonte di obbligazioni.
4.2. Contratti consensuali e contratti reali.
Quanto detto induce ad affermare che la nostra legge dovette per la prima volta riconoscere validi nell’ordinamento giuridico ateniese contratti basati sul mero consenso, che possiamo chiamare consensuali.
Ritengo peraltro che la legge abbia ulteriormente stabilito che il consenso doveva essere considerato elemento essenziale in contratti quali il mutuo o il deposito, che si perfezionavano non con il semplice consenso ma, in aggiunta a esso, con la consegna di una res e che noi oggi chiamiamo contratti reali. 41 Questi contratti già esistevano nell’ordinamento giuridico ateniese allorchè la legge sulla ὁμολογία riconobbe la validità dei contratti consensuali.42
Preciso che, parlando d’ora innanzi di contratti consensuali e reali in relazione al diritto ateniese, non mi riferirò all’accezione romanistica di tali categorie.43
Il diritto romano44 prevedeva come contratti consensuali solo compravendita, locazione, società e mandato. Ad Atene, invece, sembra che la legge sulla ὁμολογία, dato il suo contenuto generale, abbia ammesso come tali tutte le convenzioni, anche
40 Nel passo della legge efesina qui sopra riportato, per la precisione le ὁμολογίαι non erano dette κύριαι (erano dette tali solo le ἐμβάσεις compiute dai creditori ipotecari). Un riferimento all’oggetto delle ὁμολογίαι come κύριος si legge però alla l. 87 della legge (εἶναι αὐτοῖς τὰ ὡμολογημένα κύρια), che considererò infra (§ 4.3).
41 Xxxxx rilevanza della ὁμολογία nei contratti reali vd. ciò che più ampiamente affermo
infra, § 5.2.
42 Xxx contratti reali come anteriori ai contratti consensuali nel diritto ateniese, Huvelin 1907: 134. Per l’antichità, in particolare, del deposito nel mondo greco, Scheibelreiter 2010: 357 s.
43 Su di essa, Gaius Inst. 3.89; Iust. Inst. 3.13. Cfr. D.44.7.1.1 (Gai. 2 aur.).
44 Gaius Inst. 3.135 ss.; Iust. Inst. 3.22 ss.
atipiche, volte a costituire rapporti giuridici patrimoniali tra le parti, purché le convenzioni stesse non fossero contrarie alla legge45 e purché dall’ordinamento non fosse richiesta per il loro perfezionamento la consegna di una res.
Anche per i contratti reali non farò riferimento alla categoria romanistica, per la quale erano reali soltanto contratti gratuiti tipici, che si perfezionavano con la consegna di una res (mutuo, deposito, comodato, pegno e poi fiducia).46 Astraendo da ogni riferimento romanistico, intendo per contratti reali tutti quelli per il perfezionamento dei quali il consenso non è elemento sufficiente ma occorre in aggiunta anche la consegna. Possiamo definirli seguendo Xxxxxxxxx Xxxxxxxx: nei contratti reali «l’elemento “consegna di una cosa,” che, nel sistema contrattuale, attiene, di regola, alla fase esecutiva, assume un particolare rilievo: qui la consegna è richiesta addirittura per il perfezionamento del contratto».47 E ancora: nei contratti reali «per effetto della consegna contestuale, si fondono in uno due momenti logici del contratto: il momento perfezionativo (o costitutivo) e il momento esecutivo ex uno latere (o, quanto meno nella maggior parte dei casi, la prima fase esecutiva del contratto) mentre, di regola, quei due momenti sono distinti e autonomi». 48 La riflessione di Messineo è stata proposta con riferimento al diritto italiano, ma è idealmente applicabile a qualsiasi altro ordinamento. Se si muove da siffatta concezione, non c’è ragione di limitare la categoria dei contratti reali solo a contratti gratuiti. Al contrario, potrà pensarsi anche a contratti sinallagmatici, sempreché l’esecuzione della prestazione di una delle parti sia elemento perfezionante il contratto in aggiunta al consenso.
Nel diritto ateniese erano contratti reali il deposito e il mutuo (questo anche
quando non gratuito), ma lo era anche la sinallagmatica compravendita, dato che, come detto,49 si perfezionava solo al pagamento del prezzo. Anche il prezzo, benché consistente in una somma di danaro, e non in cosa infungibile, può infatti essere considerato res ai fini della definizione di un contratto come reale: del resto nel mutuo la res consiste appunto in una somma di danaro. Possiamo pensare che ad Atene fossero reali solo i contratti per il perfezionamento dei quali l’ordinamento prevedesse espressamente la consegna della res e quindi è probabilmente corretto dire che essi erano tipici. Ebbene, la ὁμολογία fu considerata elemento essenziale (in aggiunta alla consegna della res ex uno latere) anche in tali contratti, come
45 Come vedremo nel § 4.4 sulla base di Arist. Rhet. 1375b8–11.
46 Gaius Inst. 3.90 s.; Iust. Inst. 3.14. Cfr. D.44.7.1.2–6 (Gai. 2 aur.). Cfr. Pastori 1997: 617
ss.; Roncati 2014: 541 ss.
47 Messineo 1961: 883, ove si esamina anche il dibattito della dottrina giusprivatistica moderna sull’ammissibilità o meno della categoria “contratti reali” nel diritto italiano vigente. Cfr. anche Messineo 1972: 394. La definizione di Messineo è approvata anche da Di Gravio 1989: 1 e da Sacco in Sacco – Xx Xxxx 00000: 864 s., ove importanti trattazioni sul tema.
48 Messineo 1961: 884.
49 Supra, § 4.1.
attestato dalle fonti implicitamente per il mutuo ed esplicitamente per la compravendita.50
4.3. Ὅσα ἂν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ oppure ὅσα ἂν τις ἑκὼν ἕτερος ἑτέρῳ ὁμολογήσῃ? Il testo della legge e la rilevanza della volontà delle parti contrattuali.
Occorre considerare se la legge sulla ὁμολογία fosse espressa nella “variante semplice” o nella “variante ἑκών,” nella quale sarebbe stata sottolineata l’importanza della volontarietà dell’atto negoziale.51 Gli studiosi moderni che hanno indagato questo aspetto hanno dato risposte contrastanti.52
Si può osservare che la “variante ἑκών” ricorre in ben tre luoghi: due pseudodemostenici ([Dem.] 56.2 e 48.54) e uno platonico (Symp. 196c). Questo induce a due riflessioni. La prima è che pare inverosimile che il riferimento alla volontà delle parti in fonti diverse sia frutto di una casuale coincidenza. La seconda è che, tuttavia, tali fonti non sono sufficientemente rappresentative del panorama retorico ateniese per indurre a ritenere che gli oratori fossero in generale concordemente inclini ad affermare un’interpretazione uniforme della legge, che valorizzasse l’elemento volontaristico, benché la legge non contenesse “ἑκών.”
È pertanto più logico che le fonti che riportano la “variante semplice” abbiano per brevità omesso il riferimento alla volontarietà della ὁμολογία, che invece era probabilmente contenuto nel testo della legge.53
Ἑκών aveva la funzione precisa di indicare che l’accordo contrattuale era fondato sulla volontà delle parti e quindi la norma prescriveva a mio avviso che la volontà, essendo elemento essenziale, doveva essere scevra da vizi. Ciò consente di affermare che la legge sulla ὁμολογία era, in ultima analisi, inerente anche ai vizi della volontà nei contratti. Sottolineo che, poiché la ὁμολογία fu ravvisata presente, come elemento fondamentale, anche nei contratti reali, la legge fu ritenuta applicabile anche a casi relativi a vizi della volontà in tali contratti.
50 Infra, § 5.2. Difettano fonti che documentino l’importanza della ὁμολογία, intesa come accordo delle parti, in relazione al deposito. Per questo contratto si trovano soltanto—nei papiri greco-egizi—attestazioni della ὁμολογία nel senso di riconoscimento da parte del depositario dell’avvenuto deposito. Vd. per esempio P.Oxy. 2677, 3–6 (del secondo secolo d.C.). Indicazioni di altri papiri in Scheibelreiter 2010: 349.
51 In ogni caso, il participio ἑκὼν della legge sulla ὁμολογία non va posto in relazione con i
συναλλάγματα ἑκούσια di cui si tratta, in opposizione agli ἀκούσια, in Arist. X.X. 0000x0–9, ove la contrapposizione è tra atti leciti e illeciti: vd. sulla distinzione aristotelica Maffi 1980: 13 ss.; Xxxxxx 2006: 153 ss.; Xxxxxxx 2007: 3 ss.; 2011: 216.
52 Per la prima Xxxxxxxx 2009: 103. Contra Xxxxxx 2000: 49.
53 Si può anche pensare che, essendo il principio della ὁμολογία κυρία affermato in più di una legge (come ho accennato supra, § 1, e come vedremo più ampiamente infra, § 4.4), potesse essere espresso in diverse varianti nelle diverse leggi e che pertanto gli autori antichi qualche volta abbiano citato tale principio omettendo l’aggettivo predicativo ἑκών, in realtà presente nella legge generale.
Il collegamento tra ὁμολογία e vizi della volontà nei contratti, si ricava del resto espressamente da una serie di fonti ateniesi. Xxxxxxx già considerato il passo di Xxxxxxx, Crito 52d–e, che parlava di violenza e di dolo in connessione con le ὁμολογίαι relative a contratti in genere (οὐχ ὑπὸ ἀνάγκης ὁμολογήσας οὐδὲ ἀπατηθεὶς). Nel § 5 vedremo varie altre testimonianze che mettevano i vizi della volontà in relazione con le ὁμολογίαι di singoli contratti. Posso anticipare che le fonti attestano, tra i vizi della volontà, il dolo, la violenza e l’incapacità di intendere e di volere, mentre non ci sono attestazioni in materia di errore.54
Per ricorrere ancora una volta alla comparazione, notiamo che l’aggettivo predicativo ἑκόντες, riferito alle parti contrattuali, era presente anche nel tratto già in precedenza riportato della legge efesina.55 Questo può costituire un indizio a favore delle riflessioni qui proposte circa il testo della legge ateniese.
Ancora la stessa legge efesina, in un luogo successivo a quello già citato, affermava che una ὁμολογία (con cui due soggetti derogavano a una disposizione normativa) era valida soltanto se la volontà di nessuna delle due parti era stata viziata da violenza.56 In caso di controversia circa l’essersi o meno verificata la violenza negoziale, la decisione di merito era demandata a un collegio di giudici stranieri.
Anche la legge di Efeso documenta dunque il collegamento, ravvisabile nelle fonti ateniesi, tra la volontarietà della ὁμολογία e le norme in tema di vizi della volontà.
4.4. Quante leggi sulla ὁμολογία?
[Dem.] 56.2 e Plato Symp. 196c parlano di leggi sulla ὁμολογία al plurale.57 Resta da comprendere quali e quante fossero tali leggi.
Consideriamo Xxxxxxxxxx, Rhetorica 1375b8–11:
καὶ εἴ που ἐναντίος νόμῳ εὐδοκιμοῦντι ἢ καὶ αὐτὸς αὑτῷ, οἷον ἐνίοτε ὁ μὲν κελεύει κύρια εἶναι ἅττ’ ἂν συνθῶνται, ὁ δ’ ἀπαγορεύει μὴ συντίθεσθαι παρὰ τὸν νόμον.58
54 Che era invece considerato dai filosofi: cfr. Xxxxxxxxx (1943) 1968: 479 ss.
55 I.Ephesos 4 (= Syll.3 364), l. 77.
56 I.Ephesos 4 (= Syll.3 364), ll. 85–88. Il riferimento nella norma di specie era al fatto che il debitore avesse deciso di consegnare il terreno ipotecato al creditore, pur potendo evitarlo in base alle disposizioni della nuova legge e tuttavia l’accordo fosse stato viziato da violenza negoziale da parte del creditore.
57 Non è invece rilevante al proposito Xxxxx Crito 52d–e, contrariamente a quanto sostenuto da Xxxxxxxx 2009: 101 f.
58 Trad.: «E se per caso una legge contraddice un’altra legge molto apprezzata o contraddice se stessa: per esempio, accade che una legge dispone che siano vincolanti le convenzioni delle parti, mentre un’altra vieta convenzioni contrarie alla legge».
Lo Stagirita faceva riferimento a una legge, che affermava la validità delle convenzioni delle parti, e subito dopo a un’altra, che prescriveva che le convenzioni delle parti erano valide se non violavano la legge.
Il passo non è relativo alla ὁμολογία, ma alla συνθήκη (si parla di συντίθεσθαι). Tuttavia, se teniamo a mente il contenuto della legge sulla ὁμολογία, di cui abbiamo finora trattato, non possiamo non notare che la prima delle due leggi di cui parla il testo in esame sembra proprio essere la nostra legge generale sulla ὁμολογία κυρία. Questa ipotesi risulta avvalorata se si considera la già segnalata coincidenza sostanziale tra ὁμολογία e συνθήκη, che trova conferma anche nelle fonti lessicografiche.
Va sottolineato che non è sicuro che Xxxxxxxxxx considerasse in questo passo il diritto ateniese. È tuttavia probabile che, per formulare un esempio come quello di specie, egli attingesse al sistema giuridico che meglio conosceva e quindi è verosimile che egli si riferisse al diritto ateniese.
Se dunque la legge, che κελεύει κύρια εἶναι ἅττ’ ἂν συνθῶνται, era la legge sulla ὁμολογία κυρία, è verosimile che anche l’altra legge menzionata, che ἀπαγορεύει μὴ συντίθεσθαι παρὰ τὸν νόμον, fosse a sua volta una legge sulla ὁμολογία. E che cosa diceva questa seconda legge? Prescriveva che le συνθήκαι, ovvero—in base a quello che abbiamo detto—le ὁμολογίαι, non potevano essere contrarie alla legge.
In altre parole, una prima legge—generale—aveva introdotto la libertà contrattuale, riconoscendo la validità degli accordi raggiunti dalle parti. Tuttavia, una seconda legge aveva successivamente limitato tale libertà,59 prescrivendo che gli accordi, per essere validi, dovevano comunque incontrare almeno un requisito, ovvero quello di non violare norme che oggi chiameremmo norme imperative dell’ordinamento giuridico.60
Si noti che Xxxxxxx nelle Leggi61 considerava il caso che due parti avessero tra loro concluso una ὁμολογία e tuttavia non potessero dare a essa esecuzione perché il loro accordo era vietato da leggi o da un decreto (πλὴν ὧν ἂν νόμοι ἀπείργωσιν ἢ ψήφισμα ... καὶ ἐὰν ἀπὸ τύχης ἀπροσδοκήτου τις ἄκων κωλυθῇ).62
Gaio (4 ad leg. XII Tab.) D.47.22.4 riporta il testo di una legge di Xxxxxx, che analogamente riconobbe validi gli statuti di varie associazioni, concordati dai rispettivi membri, purché non violassero norme pubbliche.63
59 Analogamente ritengono Xxxxxxxxxx 0000: 39; Xxxxxxxxxx (in questo volume). Contra
Xxxxxx (1937) 1955: 61 ss.
60 Cfr. Beauchet 1897: 80 ss., che parla di norme di interesse pubblico. Sul concetto moderno di norme imperative si vd. la definizione di Xxxxx 2001: 585.
61 Plat. Leg. XI, 920d.
62 Su questo passo, torno più ampiamente infra, § 5.1.b.
63 Arnaoutoglou 1998: nr. 34; Xxxxxxxxxxxx 0000: F76a. Su questa fonte, in relazione al tema della ὁμολογία e anche in connessione con il passo di Xxxxxxxxxx, già Avilés 2011: 27, ove tuttavia sono sviluppate considerazioni differenti da quelle qui proposte. Vd. ora inoltre Xxxxxxxxxx (in questo volume). In dottrina sono stati prospettati dubbi
Appare dunque perfettamente concepibile che ad Atene potesse esistere, oltre alla legge che riconosceva valide le ὁμολογίαι, una legge che vietava le ὁμολογίαι contrarie a norme inderogabili dell’ordinamento.
A titolo di comparazione si può considerare l’art. 1321 del codice civile italiano, che definisce il contratto come l’accordo delle parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. Ebbene, un successivo articolo, il 1418, dispone che «il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente». Tra le due leggi citate da Xxxxxxxxxx sembra intercorrere lo stesso rapporto che sussiste tra gli articoli 1321 e. 1418 c.c. it.
Si può portare un esempio di contratti ateniesi che potevano essere basati su una ὁμολογία e tuttavia avevano—diremmo noi oggi—causa illecita, sicché era impossibile agire vittoriosamente in giudizio in caso di inadempimento contrattuale: mi riferisco ai contratti in materia di prostituzione maschile.64 Essa comportava la sanzione automatica e implicita 65 dell’ἀτιμία totale 66 e il soggetto che si fosse prostituito avrebbe potuto essere perseguito, se avesse inteso partecipare o avesse effettivamente partecipato alla vita politica, rispettivamente con la δοκιμασία degli oratori o con la γραφὴ ἑταιρήσεως.67
Xxxxxxx, nell’orazione Contro Xxxxxxx, parla a più riprese di συνθήκαι di prostituzione e in relazione a esse fa riferimento proprio alla ὁμολογία.68 Il dato interessante è che per l’inadempimento di tali contratti non sarebbe stato, secondo Xxxxxxx, conveniente per il prostituto o per il suo cliente agire in giudizio,69 in quanto avrebbero soltanto rischiato conseguenze sfavorevoli a causa della prostituzione commessa.70
sull’autenticità del testo legislativo di Xxxxxx, come riferito da Xxxx. Il punto su questo
tema in Ismard 2010: 44 ss.
64 Un altro esempio di ὁμολογίαι contrattuali che sarebbero state contra legem è portato da Avilés (2011): 20. L’autore ha considerato contratti che avessero violato il divieto di vendere all’estero il grano coltivato in Attica (Dem. 34.37; 35.50; Lyc. 1.27).
65 Ipso iure: così Paoli 1930: 307 ss. Cfr. Xxxxxxx 1998: 69 s.
66 Sul punto Xxxxxx 1976: 61 ss.; Xxxxxxxxx 2005: 89 ss. Per la totale liceità della prostituzione maschile ad Atene si è pronunziato Xxxxx 2000: 115 e passim. Contra particolarmente Xxxxxxxxx 2006: 118 ss. La prostituzione maschile sarebbe stata «not in itself illegal» secondo Xxxx 2006: 95.
67 In tal senso Xxxxxxxxx 2005: 89 ss. Diversa interpretazione delle norme in MacDowell 2005: 79 ss. La prostituzione maschile poteva essere sollevata sia in una δοκιμασία degli oratori, sia probabilmente in una δοκιμασία dei magistrati: Xxxxxxxxx 2010: 103; 2011: 322 ss.
68 Cfr. Aeschin. 1.163: ὁ δ’ οὐ ποιεῖ μοι τὰ ὡμολογημένα.
69 L’azione sarebbe stata probabilmente la δίκη βλάβης e avrebbe mirato all’ottenimento di un risarcimento dei danni verosimilmente determinato sulla base dell’interesse dell’attore all’adempimento. Su ciò infra, § 5.1.a.
70 Aeschin. 1.160–165.
La legge sulla ὁμολογία consentiva di fatto alle parti di concludere contratti di prostituzione maschile e tuttavia la legge successiva, che aveva limitato la legge generale, rendeva problematica la validità di tali contratti.
È possibile, poi, che il principio della ὁμολογία κυρία si trovasse ribadito in altre leggi ancora, relative a materie particolari.71
Lo spunto a questo proposito è ancora nella legge di Efeso in precedenza considerata. Abbiamo visto che alle ll. 75–77 tale legge aveva previsto per le parti concordi la facoltà di derogare a una norma dettata dalla legge stessa. Tale facoltà veniva espressa proprio ricorrendo al principio che era da considerarsi valida la ὁμολογία raggiunta dalle parti ἑκόντες πρὸς αὐτοὺς.
Si può pensare che lo stesso accadesse anche ad Atene: che in leggi riguardanti materie particolari si trovasse ripetuto il principio della ὁμολογία κυρία per affermare che alle parti di un determinato rapporto giuridico era consentito derogare a specifiche disposizioni normative.
L’uso dell’aggettivo κοινός nell’espressione ὁ κοινὸς τῆς πόλεως νόμος impiegata in Din. 3.4 e riferita alla legge sulla ὁμολογία κυρία può confermare il fatto che il principio in esame si trovasse affermato in (e fosse quindi comune a) varie leggi.72
La segnalata pluralità di leggi è però stata interpretata da una parte della dottrina moderna in modo differente. Precisamente, è stata proposta nel 1926 da Xxxxxxx Xxxxxxx00 e ora è stata nuovamente argomentata da Xxxxxxx Xxxxxx00 la tesi che non sarebbe esistita ad Atene in realtà alcuna legge generale, che avrebbe statuito la validità delle ὁμολογίαι (intese nel senso di accordi contrattuali), ma tale validità sarebbe stata prevista da singole disposizioni per singole fattispecie.
A questa impostazione obietto che difficilmente il principio della validità generale della ὁμολογία nei contratti avrebbe potuto essere surrettiziamente introdotto in leggi riguardanti specifiche materie. Inoltre, considerato che Xxxxxx emanò la legge che stabilì la validità degli statuti delle associazioni concordati dai loro appartenenti, non si vede perché non si sarebbe potuta approvare una legge ex professo introduttiva del principio della validità degli accordi nei rapporti contrattuali.
Ancora, Hyp. Athenog. 13 fa riferimento a una specifica legge riguardante la validità delle ὁμολογίαι contrattuali: è il segno che tale legge esisteva.
È ben vero che di essa—come osserva Avilés—non si dava durante l’orazione incarico al cancelliere di leggere il testo, ma nel corso dell’orazione Contro Xxxxxxxxx questo non avveniva neanche per tutte le altre leggi citate.
71 Questo è ammesso anche da Xxxxxxxxx (1943) 1968: 000 x. x xx Xxxxxxxxxx 0000: 39.
72 Diversamente Avilés (in corso di stampa), secondo il quale l’espressione de qua sarebbe
indizio dell’inesistenza di una singola legge sulla ὁμολογία κυρία.
73 Xxxxxxx 1926: 165.
74 Avilés (in corso di stampa).
Inoltre, l’ordine al cancelliere di leggere in processo la legge riguardante la
ὁμολογία κυρία nei contratti è contenuto in ben due orazioni,75 [Dem.] 47.77 e
48.11.76 Questo prova definitivamente che la legge generale esisteva.
È impossibile dire a quando risalga la nostra legge. Vari studiosi moderni hanno proposto la fine del quinto secolo a.C., collegando l’origine del principio della ὁμολογία κυρία con la fine del dominio dei Trenta.77 Ulteriori considerazioni sul punto rischiano tuttavia di essere inconcludenti, in assenza di altri riscontri. Possiamo solo dire che la legge è certamente attestata dall’età degli oratori. Il fatto che risalga a Solone la legge, conservata in D.47.22.4, che riconosceva la validità dei meri accordi in relazione agli statuti delle associazioni, potrebbe fare apparire come non inverosimile che anche il principio della ὁμολογία κυρία nei contratti potesse essere molto antica. Il fatto che nessuna fonte espressamente attribuisca a Xxxxxx la paternità della legge potrebbe però portare a escludere un collegamento tra la legge e quel legislatore.
5. Ὁμολογία, categorie contrattuali e vizi della volontà.
5.1. Ὁμολογία e contratti consensuali.
5.1.a. Esistenza dei contratti consensuali basati sulla ὁμολογία. La δίκη βλάβης
come azione generale per l’inadempimento.
La parte della dottrina che sostiene la tesi della Zweckverfügung nega che ad Atene siano esistiti i contratti consensuali.78 Ritengo pertanto necessario dedicare questo breve paragrafo a considerare una fonte che mi sembra dimostrare il contrario. Intendo in aggiunta sottolineare che la ὁμολογία era elemento necessario e sufficiente perchè venissero a esistenza tali contratti.
La prova della validità dei contratti consensuali ad Atene si trae a mio avviso dalla pseudodemostenica Contro Olimpiodoro, il cui titolo tramandato dai codici è Κατὰ Ὀλυμπιοδώρου βλάβης. Due uomini, Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxx (questo il marito della sorella del primo), avevano preso possesso della eredità di un certo Xxxxxx, loro parente, morto ricco, intestato e senza figli. In quella occasione si erano accordati tra loro nel senso di dividersi in parti eguali l’eredità e così avevano fatto. L’accordo (ὁμολογία: [Dem.] 48.54)79 era stato oggetto di giuramento ed era stato versato in forma scritta; il relativo documento (συνθῆκαι) era stato depositato presso un terzo. 80 A un certo punto, tuttavia, altri parenti del defunto avevano promosso un’azione per l’eredità (διαδικασία). I due, Olimpiodoro e Xxxxxxxxxxx,
75 Come del resto lo stesso Avilés (in corso di stampa) ha notato.
76 Per il primo di questi passi, supra, § 2; per il secondo, infra, § 5.1.a, nt. 81.
77 Alliot 1954: 462; Xxxxxxx 2006: 339 ss.; Xxxxxxxxxxxxxxx-Karakostas 2002: 132.
78 Si veda, per tutti, il confronto di opinioni esattamente opposte sul tema tra Xxxxx 2006:
73 ss. e Jakab 2006: 85 ss. al Symposion di diritto greco ed ellenistico tenutosi a Rauischholzhausen nel 2003.
79 Il passo è riportato supra, § 2.
80 [Dem.] 48.9–12. Il giuramento non era necessario ad substantiam; anche la forma scritta e il deposito avevano finalità probatoria.
stabilirono allora insieme le rispettive strategie processuali, mantenendo fermo l’accordo che, chiunque dei due avesse prevalso nella contesa giudiziaria, l’eredità assegnata a uno o a entrambi loro sarebbe stata tra loro stessi divisa in parti eguali. Al termine di una complessa vicenda processuale, Xxxxxxxxxxx ottenne l’intera eredità e non volle dividerla con Xxxxxxxxxxx, che intentò l’azione penale privata della δίκη βλάβης cui è riferita l’orazione a noi pervenuta. Xxxxxxxxxxx lamentò una violazione da parte di Olimpiodoro della legge sulla ὁμολογία.
La legge sulla ὁμολογία era citata una prima volta al paragrafo 11 dell’orazione e in quella occasione era dato ordine al cancelliere di darne lettura.81 Essa era poi di nuovo citata nell’ambito del suo discorso da Xxxxxxxxxxx al paragrafo 54 dell’orazione, 82 nel quale possiamo leggere—sia pur nel resoconto retorico—le parole del testo legislativo.
Questa orazione consente alcune deduzioni. La prima è che Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxx conclusero tra loro un contratto. La seconda è che non ci fu alcuna Zweckverfügung e ciò nonostante Xxxxxxxxxxx poté agire βλάβης.83 La δίκη βλάβης di Callistrato fu fondata sull’inadempimento da parte di Olimpiodoro di un obbligo sorto in capo a lui dalla ὁμολογία.
Alcuni autori 84 hanno visto nella fattispecie una collusione illecita tra Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxx. Osservo che si ha collusione quando due parti processuali si accordano tra loro a danno di una terza e l’accordo delle prime due ha effettivamente la conseguenza di danneggiare ingiustamente la terza parte. Ad esempio, nel diritto romano potevano verificarsi collusioni tra l’erede legittimo e l’erede testamentario a danno dei legatari.85 Nel caso al quale è riferita l’orazione demostenica, però, tutte le parti delle διαδικασίαι erano sullo stesso piano processuale e non ci sarebbe potuto essere accordo tra due pretendenti all’eredità che avrebbe potuto avere conseguenze processuali sfavorevoli su altri pretendenti. La collusione, che alcuni moderni vedono nell’accordo tra Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxxx, fu in realtà solo una strategia processuale. L’accordo, perfettamente lecito (forse un contratto di società? o una transazione?), diceva che i due si sarebbero divisi in parti eguali quello che dell’eredità uno di essi o entrambi avessero ottenuto a seguito della διαδικασία. La prova migliore della liceità del contratto in questione è nel candore con cui Xxxxxxxxxxx ne parlò davanti ai giudici.
81 [Dem.] 48.11. Xxx. Xxxxxxxxxx 0000: 35 e Xxxxxx (1957) 20022: 235.2.
82 Riportato supra, § 2.
83 Diversa la ricostruzione di Xxxxx (1957) 1968: 530 ss., secondo cui Xxxxxxxxxxx avrebbe agito perché metà dell’eredità sarebbe stata già di sua proprietà. In realtà, al termine del processo l’eredità era ormai di Olimpiodoro e, in assenza della ὁμολογία relativa alla divisione dell’eredità al termine del processo, Xxxxxxxxxxx non avrebbe potuto avanzare alcuna pretesa.
84 Xxxxxx (1957) 20022: 228 f.; Scafuro 2011: 333.
85 Sul tema vd. Xxxxx-Xxxx 1954: 242 ss.; Xxxxxxxxx 2002a: 232.
La δίκη βλάβης appare, da questa orazione, come l’azione intentabile in caso di inadempimento contrattuale (nella fattispecie, sorto da un contratto consensuale), per ottenere un risarcimento del danno.86
In assenza di informazioni precise ricavabili dalle fonti, possiamo presumere che in linea generale, e in assenza di una diversa previsione delle parti (per esempio, a meno che esistesse una clausola penale espressa nel contratto),87 il risarcimento fosse commisurato all’interesse dell’attore all’adempimento (interesse positivo).
Se quanto fin qui osservato è corretto, possiamo affermare che nel diritto ateniese dalla ὁμολογία sorgevano contratti consensuali validi. Questo ancora nulla ci dice a proposito della legge sulla ὁμολογία come legge riguardante anche i vizi della volontà.
Su questo possiamo considerare un’altra fonte.
5.1.b. La legge sulla ὁμολογία come legge sui vizi della volontà nei contratti consensuali.
Xxxxxxx, nelle Leggi, trattava diffusamente della ὁμολογία come accordo delle parti contrattuali e considerava il mero accordo fonte di obbligazioni attivabili per via giudiziaria (per mezzo di δίκαι). Plato Leges XI, 920d:
86 Beauchet 1897: 395; Lipsius 1912: 653, 657; Paoli 1933: 86; Xxxxxx (1937) 1955: 73. L’impiego della δίκη βλάβης per controversie legate a inadempimenti contrattuali è stato recisamente negato da Xxxxxxxxxx 0000: 51 ss. Diversa la prospettiva di Xxxxx (1943) 1961: 91 ss.; (1957) 1968: 530 ss. e di Mummenthey 1971: 70 ss. (cfr. Thür 1997), secondo i quali, in base alla teoria della Zweckverfügung, la δίκη βλάβης sarebbe stata impiegata anche per tali controversie, in quanto l’inadempimento avrebbe configurato un danno nel momento in cui una parte avesse ricevuto la prestazione della controparte e non avesse eseguito la propria (su ciò già supra, § 3). L’uso nelle fonti del verbo ἀποστερεῖν per indicare l’inadempimento sembra confermare la qualifica di esso in termini di danneggiamento (così Maffi 1980: 32; tra le fonti, [Dem.] 48.39, 50, e inoltre [Dem.] 32.5, 7; 33.24; 34.27; 35.42, 46, 47, 50; 49.2, 4, 21, 41, 45, 54, 61; Isoc.
1.6, 7, 9, 10, 16; 5.2, 9, 10, 35, 48, 50, 55; cfr. su questi passi Mummenthey 1971: 73 ss.). Il ricorso alla δίκη βλάβης per casi di inadempimento contrattuale è attestata anche dalla Contro Callippo [Dem.] 52.14 (orazione nella quale pure entra in discorso una ὁμολογία, che tuttavia è incerto se sia ricollegabile a un contratto e pertanto non è stata da me qui considerata) e dalla Contro Xxxxxxxxxxx [Dem.] 56, il cui titolo tràdito è Κατὰ
∆ιονυσοδώρου βλάβης (orazione su cui infra § 5.2.a; vero è che il sostantivo βλάβη nel titolo dell’orazione si trova solo nel cod. Bibl. Ox., mentre manca dei codd. A e S; tuttavia, l’analogia con la Contro Xxxxxxxxxxx e il fatto che la causa effettivamente sembra avere riguardato una richiesta di danni per un inadempimento contrattuale mi pare consentano di fare affidamento sul titolo completo; in questo senso Lipsius 1912:
652.60 e Xxxxxx [1959] 20022: 131.1; contra Pringsheim 1950: 53). È da precisarsi che secondo Xxxxx (1943) 1961: 91 ss. e Xxxxxxxxxx 1971: 78, δίκη βλάβης era ad Atene il nome comune per indicare un gruppo di azioni specifiche: un dato che mi sembra non si possa affatto escludere.
87 Come avviene invece in [Dem.] 56.38: lo vedremo infra, § 5.2.a.
Ὅσα τις ἂν ὁμολογῶν συνθέσθαι μὴ ποιῇ κατὰ τὰς ὁμολογίας, πλὴν ὧν ἂν νόμοι ἀπείργωσιν ἢ ψήφισμα, ἤ τινος ὑπὸ ἀδίκου βιασθεὶς ἀνάγκης ὁμολογήσῃ, καὶ ἐὰν ἀπὸ τύχης ἀπροσδοκήτου τις ἄκων κωλυθῇ, δίκας εἶναι τῶν ἄλλων ἀτελοῦς ὁμολογίας ἐν ταῖς φυλετικαῖσιν δίκαις, ἐὰν ἐν διαιτηταῖς ἢ γείτοσιν ἔμπροσθεν μὴ δύνωνται διαλλάττεσθαι.88
La statuizione del filosofo sembra generale, ma egli la riferiva nel prosieguo a un singolo caso: quello di un committente che avesse dato incarico a un artigiano di compiere una determinata opera. Se l’artigiano non avesse portato a termine l’opera, per Xxxxxxx avrebbe dovuto essere condannato a pagare il prezzo delle opere per le quali aveva ingannato il committente e poi avrebbe dovuto realizzare gratuitamente l’opera.89 Se, viceversa, il committente avesse ricevuto il lavoro in anticipo, ma non avesse corrisposto il compenso all’artigiano e non avesse rispettato la “ἔννομος ὁμολογία,” avrebbe dovuto essere condannato a pagare il doppio.90 Apparentemente le obbligazioni nascevano in questo contratto dalla semplice ὁμολογία, dall’accordo.91
Il contratto in questione era un appalto, una μίσθωσις, che Xxxxxxx concepiva come contratto consensuale. La ὁμολογία era fonte di obbligazioni.
Naturalmente ci si può domandare quanto questa norma corrispondesse al diritto ateniese vero e proprio e quanto invece fosse esposta da Xxxxxxx de iure condendo.92
Sappiamo—ed è stato messo in evidenza da Xxxxxxx Xxxx00—che la sanzione prevista da Xxxxxxx per l’inadempimento dell’appaltatore non è corrispondente ai dati che si ricavano dai contratti di appalto noti: che l’artigiano inadempiente potesse essere giuridicamente costretto a compiere gratuitamente l’opera è chiaramente utopistico. Al massimo, gli si sarebbe potuto chiedere un risarcimento del danno mediante δίκη βλάβης.94
Altro discorso è quello da svolgere circa la struttura del contratto descritto da
Xxxxxxx come consensuale. È possibile che si tratti nel complesso di un’utopia, ma è
88 Trad.: «Se un tale, pur avendo convenuto su un contratto, non faccia ciò che secondo gli accordi doveva fare, a meno che non sia stato impedito da leggi o decreti, o sia stato costretto da un’ingiusta violenza a stipulare il contratto, o, ancora, sia stato ostacolato da una sorte imprevista contro la sua volontà, per tutti gli altri casi vi siano azioni giudiziarie per mancato rispetto dell’accordo, presso i tribunali delle tribù, se prima non si sia riusciti a risolvere la vertenza per arbitrato o nei tribunali dei vicini».
00 Xxxx. Xxx. XX, 000x.
90 Plat. Leg. XI, 921b–c.
91 Contra Thür 1984: 513 s.; Martini 1997: 53.
92 Il dibattito sull’affidabilità delle Leggi di Xxxxxxx per il diritto attico è noto ed è di quelli più consistenti nella giusgrecistica. In tempi recenti hanno espresso riserve sull’inaffidabilità delle Leggi platoniche per il diritto ateniese Xxxx 1993: 40; Xxxxxxxx 2009: 95.20; Xxxxx (in questo volume). Un esame della materia in Xxxxxxxxxxx 0000; Nightingale 1999: 100 ss.; Gagarin 2000: 215 ss.
93 Thür 1984: 488.
94 Vd. Xxxxxxx 1997: 55, secondo il quale il ricorso alla δίκη βλάβης per agire contro artigiani inadempienti in contratti di appalto sarebbe adombrato da Xxxxx. 4.17.
forse più probabile che Xxxxxxx commentasse la realtà che aveva sotto gli occhi.95 È noto che nei contratti di appalto di cui a noi è giunta notizia vi era sempre una prima datio dell’appaltante, il quale pagava con anticipo una parte di quanto doveva; tuttavia tali contratti conosciuti sono sempre contratti in cui appaltante era una città e l’appalto consisteva nella costruzione di edifici.96 Il caso cui fa riferimento Xxxxxxx era invece relativo a contratti per appalti di piccola entità, possiamo pensare all’artigiano che costruiva sandali su commissione.
Il passo è importante perché in esso si afferma che la ὁμολογία per essere valida non doveva essere affetta da vizi della volontà dei soggetti. Si afferma, in particolare, che le parti non dovevano avere contratto le obbligazioni perché costrette da violenza (ὑπὸ ἀδίκου βιασθεὶς ἀνάγκης).
Appare che, secondo Xxxxxxx, i contratti consensuali erano validi se la volontà delle parti non era viziata. Il principio è collegato alla legge sulla ὁμολογία, benché non espressamente nominata.
5.2. Ὁμολογία e contratti reali.
5.2.x. Xxxxxxxxx della ὁμολογία nei contratti reali. Di nuovo la δίκη βλάβης per
l’inadempimento contrattuale.
Troviamo un riferimento alla legge sulla ὁμολογία in relazione a un contratto reale nell’orazione pseudodemostenica Contro Xxxxxxxxxxx, Κατὰ ∆ιονυσοδώρου βλάβης,97 [Dem.] 56. Se ne consideri in particolare il paragrafo 2.98 La norma sulla ὁμολογία era citata qui in relazione a un contratto di mutuo marittimo. La causa fu intentata per inadempimento contrattuale, anche in questo caso mediante la δίκη βλάβης.
Xxxxxxx e Xxxxx avevano prestato a Xxxxxxxxxxx 0000 dracme per un viaggio in Egitto e ritorno ad Atene. Xxxxxxxxxxx tuttavia al ritorno si era fermato a Xxxx e lì aveva venduto il grano: secondo lui perché la nave era in avaria, secondo Xxxxx, l’attore del processo,99 perché a Rodi il grano aveva un prezzo superiore ad Atene. Xxxxx sosteneva che Xxxxxxxxxxx aveva violato gli accordi e pretendeva mediante la δίκη βλάβης, a titolo di clausola penale prevista dalla συγγραφή, il doppio degli interessi pattuiti, 100 mentre Xxxxxxxxxxx intendeva pagare gli interessi solo in proporzione al viaggio effettivamente compiuto.
È degno di nota che l’intero argomento giuridico su cui Xxxxx fondò la sua δίκη βλάβης era che Xxxxxxxxxxx aveva violato l’accordo delle parti, la ὁμολογία, relativa a un contratto reale.
95 Analogamente Martini 1997: 50.
96 Beauchet 1897: 209 ss.; Thür 1984: 471 ss.
97 Sul titolo cfr. supra, nt. 86.
98 Riportato supra, § 2.
99 Sulle ragioni per cui vi era un solo attore, essendo due i mutuanti, Xxxxxx (1959) 20022:
131 s.
100 [Dem.] 56.38.
Più in generale, Xxxxx Xxxxxxxxxx000 ha mostrato che, nelle fonti oratorie, in relazione ai contratti di mutuo si sottolineava il rilievo che in essi aveva avuto l’accordo delle parti (rappresentato dalla richiesta del danaro da parte del mutuatario) poi seguito dalla consegna.102
Possiamo dunque così riassumere il ruolo da riconoscere alla ὁμολογία nei contratti reali del diritto ateniese: la ὁμολογία era necessaria per la conclusione dei contratti, ma ovviamente non era sufficiente, occorrendo anche la dazione della cosa.103
Se quanto visto può aver condotto all’individuazione di una prova del rilievo della legge sulla ὁμολογία per i contratti reali, nulla dice ancora sul rapporto tra la legge e i vizi della volontà in tali contratti.
5.2.b. La legge sulla ὁμολογία come legge sui vizi della volontà nei contratti reali. A questo proposito dobbiamo considerare le fonti riguardanti la compravendita, contratto che ad Atene, come detto,104 si concludeva con il pagamento del prezzo e in base al sottostante accordo delle parti di realizzare la transazione. Possiamo quindi affermare che la compravendita ateniese era un contratto reale.
Ricaviamo la prova della relazione tra la legge sulla ὁμολογία e la compravendita dalla Contro Xxxxxxxxx di Iperide, l’unica orazione superstite relativa a una lite sorta da tale contratto. In questo caso la compravendita fu conclusa a seguito di un dolo perpetrato da una parte.
Xxxxxxxxx, un egiziano diventato meteco ateniese, era proprietario di tre profumerie. Una di queste era gestita dallo schiavo Xxxx e dai suoi due figli. Xxxxxxxx, un giovane cittadino, si era innamorato di uno dei figli di Xxxx. Aveva così proposto ad Xxxxxxxxx di venderglielo ed egli l’avrebbe poi manomesso.
Xxxxxxxxx lo convinse ad acquistare non solo lo schiavo che gli interessava, ma l’intera profumeria gestita dai tre schiavi, unitamente a questi ultimi. Il prezzo convenuto fu di 40 mine. Nel contratto fu previsto che il compratore si sarebbe accollato tutti i debiti gravanti sull’impresa, 105 che il venditore assicurò al compratore essere d’infima entità e ampiamente coperti dalle merci presenti nel magazzino;106 furono elencati precisamente alcuni piccoli debiti e fu poi scritta una clausola, secondo la quale il compratore avebbe risposto anche di tutti gli altri debiti
101 Xxxxxxxxxx 0000: 66 ss.
102 Si consideri ad esempio Lys. 17.2.
103 Per questa osservazione cfr. già Xxxxxxxxxx 0000: 138 s. (in relazione alla compravendita) seguito da Xxxxxx (1951) 1955: 205.
104 Supra, § 4.1.
105 L’accollo dei debiti dipendeva dalla volontà delle parti ed era connesso con la vendita dell’azienda. Così, Xxxxx 1992: 94; Talamanca 2008: 000 x. Xxxxxxx xxxxxxxx xx Xxxxx
0000: 211 ss.
106 Hyp. Athenog. 6.
non elencati.107 Solo successivamente emerse che i debiti erano esorbitanti, nella misura di 5 talenti (300 mine). Xxxxxxxx agì quindi in giudizio contro il venditore.
Osservo che, dopo la narrazione dei fatti e dopo il riferimento al testo del contratto, ovviamente a noi non pervenuto, nel paragrafo 13 dell’orazione si trova la citazione da parte di Xxxxxxxx della legge sulla ὁμολογία, 108 sulla quale appare basata l’intera azione.109
Xxxxxxxx evidenziava che il suo avversario avrebbe cercato, nella sua difesa in giudizio, di fare valere il contratto di compravendita, sostenendo che esso era stato oggetto di una ὁμολογία, e che le cose concordate dalle parti erano κύρια, vincolanti (e che quindi Xxxxxxxx avrebbe dovuto pagare i 5 talenti di debiti che in base al contratto si era accollato). «Τά γε δίκαια·» osservava però Xxxxxxxx: «τὰ δὲ μὴ τοὐναντίον ἀπαγορεύει μὴ κύρια εἶναι». E quando si sarebbe potuto dire che le cose oggetto di una ὁμολογία erano δίκαια?
Possiamo ricordare ciò che abbiamo letto 110 nel passo 52d–e del Critone platonico: le cose oggetto delle ὁμολογίαι erano δίκαια solo se le ὁμολογίαι stesse erano state raggiunte senza violenza e senza dolo (οὐχ ὑπὸ ἀνάγκης ... οὐδὲ ἀπατηθεὶς).111 Insomma, se la volontà delle parti non era stata viziata.
Questo spiega il «τά γε δίκαια» di Xxxxxxxx: le cose oggetto della ὁμολογία sottostante alla vendita della profumeria secondo Xxxxxxxx non erano δίκαια proprio in considerazione del fatto che la ὁμολογία stessa era stata viziata da dolo.112 La previsione che τά μὴ δίκαια non erano κύρια non era probabilmente contenuta nella legge,113 né ve ne sarebbe d’altronde stato bisogno. Per la legge era sufficiente affermare che erano κύρια soltanto le cose che le parti avessero concordato ἑκὼν ἑκόντι. Il riferimento legislativo alla volontarietà dell’atto negoziale era sufficiente a rendere l’atto invalido nel caso in cui la volontà fosse stata viziata.
Questo conferma la tesi, per cui la ὁμολογία era considerata alla base anche dei contratti reali e non doveva essere affetta da vizi della volontà delle parti.
107 Hyp. Athenog. 10.
108 Cfr. già supra, § 2.
109 In dottrina si è per verità sostenuto in modo più o meno netto (Pringsheim 1950: 498; Jakab 2006: 88; Xxxxxxxx 2009: 115) che, poiché Xxxxxxxx citava, successivamente alla legge sulla ὁμολογία, altre leggi a sostegno della sua pretesa, l’azione non sarebbe stata effettivamente basata su una violazione della legge sulla ὁμολογία (secondo Xxxxxxxx, loc. cit., in particolare, l’azione di Xxxxxxxx sarebbe stata basata sulla legge sulla ὁμολογία solo prima facie). Questa opinione non è per me condivisibile. Le leggi che in seguito venivano nell’orazione citate (su di esse più ampiamente infra, § 6) servivano soltanto a rafforzare l’assunto ed erano richiamate ad abundantiam per analogia come leggi che in qualche modo tutelavano l’accordo o anche solo l’obbligo di buona fede delle parti nei rapporti contrattuali, ma non erano applicabili al caso di specie.
110 Supra, § 4.1.
111 Cfr. sul punto anche Paoli (1932) 1933: 205.
112 L’argomento di Xxxxxxxx 2009: 115, secondo il quale «unfortunately for Xxxxxxxxx the
letter of the law favors Athenogenes» non è quindi a mio avviso da condividersi.
113 Così anche Avilés 2011: 28. Contra Xxxxxx 2000: 49.
Resta a questo punto da chiarire, per comprendere più a fondo la vicenda di Xxxxxxxx, con quale azione giudiziaria egli agì contro Xxxxxxxxx. Dobbiamo preliminarmente domandarci quale fu l’oggetto della domanda attorea.
Nella dottrina sussistono incertezze. Xxxxxx Xxxxx-Xxxxxx000 e Xxxxx Xxxxxxxx000 ritengono che Xxxxxxxx chiese l’annullamento del contratto per il dolo subito. L’esistenza di un’azione generale di annullamento dei contratti è stata ammessa anche da Xxxxxxx Xxxxxxxx.116 Secondo Xxxxxxx Xxxx, invece, tale azione ad Atene non esisteva: in ossequio alla teoria della Zweckverfügung, secondo Xxxx Epicrate avrebbe potuto soltanto chiedere indietro con l’azione penale privata della δίκη βλάβης la somma di 40 mine da lui pagata come prezzo della compravendita oltre a un’eguale somma a titolo di pena.117 A quel punto, la proprietà della profumeria e dei tre schiavi sarebbe di fatto ritornata ad Xxxxxxxxx (e quindi rilevo che, a parte la conseguenza della poena dupli per il condannato, l’esito finale sarebbe stato per Thür sostanzialmente quello di un annullamento del contratto). Altri studiosi hanno ritenuto che l’azione avrebbe mirato a un risarcimento dei danni.118
Ma come si potevano quantificare i danni subiti da Epicrate? Secondo la teoria della Zweckverfügung, i danni non avrebbero potuto essere individuati se non nelle 40 mine effettivamente pagate da Xxxxxxxx.119 Alcuni autori hanno invece pensato ai 5 talenti di debiti ricaduti su Epicrate a seguito dell’acquisto della profumeria.120
Il paragrafo 13 dell’orazione, ora esaminato, potrebbe giustificare l’opinione che Xxxxxxxx intendesse sostenere che l’intero contratto doveva essere annullato in considerazione del dolo da lui subito. E in effetti esistevano nel diritto ateniese azioni specifiche miranti a ottenere l’annullamento dei contratti per dolo, come vedremo del paragrafo seguente, sicché non sarebbe in linea di principio inconcepibile che anche in questo caso l’attore avrebbe potuto perseguire tale risultato attraverso una qualche azione che non possiamo meglio individuare.
114 Xxxxx-Xxxxxx 1965: 17.
115 Xxxxxxxx 2009: 91.8.
116 Xxxxxxxx 1982: 000.
000 Xxxx (xx corso di stampa). Sul concetto di δίκη βλάβης secondo la teoria della Zweckverfügung, supra, nt. 86. Sulla poena dupli in conseguenza della δίκη βλάβης, Xxxxxxxxxx 1971: 78 (secondo il quale essa sarebbe esistita in tempi più antichi, poi sostituita dalla stima dei danni effettivamente subiti dal soggetto leso) e lo stesso Thür 1997: 706; 2003: 238. Xxxxxxxxxx 1950: 52, afferma che la δίκη βλάβης si basava su una distinzione tra risarcimento semplice in caso di danno non intenzionale e risarcimento doppio in caso di danno intenzionale. Non dissimile la prospettiva di Mummenthey 1971: 78 ss. (per il periodo successivo a quello in cui, a suo avviso, sarebbe stata applicata la regola stretta della poena dupli).
118 Xxxxxx 0000: 192 s.
119 Thür (in xxxxx xx xxxxxx). Xxxxxxxxxxxx Xxxxx-Xxxxxx 0000: 17; Xxxxxxxx 1971: 348.
120 Così Xxxxxxx 1926: 104, 166; Xxxxxxxx 2009: 91.8. Almeno le 40 mine e forse anche i 5
talenti per Xxxxxx 0000: 192.149.
Tuttavia, osservo che nell’orazione non c’è alcun indizio che Xxxxxxxx intendesse disfarsi della profumeria.121 Ai paragrafi 20 e 21 dell’orazione si legge che egli pretendeva soltanto di non dover pagare i debiti. Si può quindi ritenere che egli intendesse mantenere la profumeria (e soprattutto lo schiavo che gli interessava).122
Da tutto ciò consegue che attraverso l’azione processuale Xxxxxxxx mirò a ottenere un risarcimento dei danni consistente nei 5 talenti di debiti che si era tramite il contratto accollati. Questo induce a ritenere che l’azione giudiziaria sia stata, come ritiene la dottrina maggioritaria,123 la δίκη βλάβης.124
La richiesta di un risarcimento di 5 talenti da parte di Xxxxxxxx appare inaccettabile per i seguaci della teoria della Zweckverfügung, dato che egli non aveva mai pagato tale somma ad Xxxxxxxxx.
Tuttavia, in diritto, in linea generale non è assurdo che taluno, che abbia concluso un contratto perché indottovi da qualche vizio della volontà causato dalla controparte o da mala fede della controparte nelle trattative, decida di agire soltanto per un risarcimento dei danni, mantenendo valido il contratto. Questo è espressamente previsto, per esempio, dal diritto italiano vigente, che, all’art. 1440 del codice civile, in materia di dolo incidente, prevede che «se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni».125 La giurisprudenza ha poi ammesso il diritto al risarcimento anche per il caso di mala fede nelle trattative precontrattuali, se il contratto è stato concluso e la parte che ha subito le conseguenze sfavorevoli della malafede altrui non intende annullare il contratto. In questi casi la giurisprudenza della Corte Suprema di
121 Così anche Xxxxxxx 2006: 346.
122 Nello stesso senso si vd. anche il paragrafo 36 dell’orazione, per quanto molto lacunoso.
123 Da Xxxxxx 1893: xx, a Xxxxx 18943: liv, a Lipsius 1896: 43, fino a Cooper in Worthington-Xxxxxx-Xxxxxx 2001: 96.27, a Xxxxxxxx 2009: 91 (ove, nt. 8, ulteriori indicazioni bibliografiche), a Thür (in corso di stampa).
124 È ben vero che nel paragrafo 18 dell’orazione si trova un riferimento a νόμοι che
βουλεύσεως ὑμᾶς κελεύουσιν αἰτίους εἶναι, sempreché l’integrazione comunemente accolta della frase contenente tale espressione sia corretta (ὑ[πέρ ὧν οἱ νόμοι] β[ου]λεύσεως ὑμᾶ̣ς̣ κ̣ε[λεύουσιν αἰτίου]ς εἶναι [Trad.: «in un affare nel quale le leggi prescrivono che voi siate responsabili di bouleusis»]). Il cennato riferimento, tuttavia, non sembra sufficiente a far propendere [come invece ritengono Xxxxxxx 1926: 104, 166; Xxxxxxxxx (1943) 1968: 476 s.; Xxxxxxxxx 1963: 398 ss.; Xxxxxxxxxx 2012: 226; Xxxxxxxxxx (in questo volume)] per la possibilità di ricorso, nel caso di specie, a una δίκη βουλεύσεως, che è invero attestata da Arpocrazione (s.v. βουλεύσεως), ma in relazione a fattispecie diverse (cospirazione per un omicidio e xxxxxxxx registrazione di un uomo come debitore dello Stato). Seguo su questo punto Xxxxxxxx 1971: 348.13; Xxxxxxxxx 2000: 315 ss.; Xxxxxxxx 2009: 91.8; Kästle 2012: 192.
125 Diversa era la disciplina del diritto romano, ove l’actio de dolo, che consentiva di ottenere un risarcimento [da ultimo vd. Xxxxxxxx (2011) 2013: 77], non permetteva di determinarlo se non in base al criterio dell’interesse negativo, calcolato confrontando la situazione in cui si trovava l’attore in seguito alla conclusione del contratto e quella in cui si sarebbe trovato, se non l’avesse concluso (cfr. sul punto Talamanca 1990: 658).
Cassazione ha stabilito che i danni vanno commisurati al “minor vantaggio,” ovvero al “maggior aggravio economico” prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede. 126 Si può dire che il risarcimento è commisurato all’interesse c.d. “positivo differenziale,” derivante dalla comparazione tra il contratto concluso e quello che sarebbe stato stipulato in assenza del contegno sleale di una parte.127
L’individuazione del risarcimento secondo il criterio del minor vantaggio e del maggior aggravio economico appare applicabile anche al caso di Xxxxxxxx, nella misura in cui si accoglie la ricostruzione secondo la quale egli intendeva mantenere in vita il contratto di compravendita, sfrondato delle conseguenze sfavorevoli a lui causate dalla malafede di Xxxxxxxxx nelle trattative (anche se il dolo in quel caso certamente non era stato incidente, ma determinante).
La prova che anche nella compravendita ateniese, benché contratto reale, avevano rilievo i vizi della volontà, si trae anche da un’altra fonte, il passo di Teofrasto Περὶ συμβολαίων fr. 97 Xxxxxxx 128 § 4. Dopo avere detto che la compravendita si perfezionava con il pagamento del prezzo, il filosofo affermava che il venditore non doveva avere operato essendo ebbro, iracondo, intenzionato a sopraffare la controparte o a farle un torto e aggiungeva che lo stesso valeva anche per il compratore:
ἀλλὰ τοῦτο προσδιοριστέον ἐὰν μὴ παρὰ μεθύοντος μηδ’ ἐξ ὀργῆς μηδὲ φιλονεικίας μηδὲ παρανομοῦντος ἀλλὰ φρονοῦντος καὶ τὸ ὅλον δικαίως, ὅπερ κἀκεῖ προσθετέον ὅταν ἀφορίζῃ παρ’ ὧν δεῖ ὠνεῖσθαι.129
Benché la legge sulla ὁμολογία non venga espressamente citata, mi pare implicito il riferimento a essa.
Quindi: la norma sulla ὁμολογία rilevava in relazione alla compravendita, benché essa fosse un contratto reale, e rendeva la volontà delle parti un elemento essenziale del contratto. Tale volontà non doveva essere viziata. Che la legge sulla
126 Cass. Civ. 19024/2005; 5273/2007; 26724 e 26725/2007 (Sezioni Unite); 24795/2008;
5965/2012. Vd. anche Tribunale Firenze sez. III 18 ottobre 2005; Tribunale Padova 30 marzo 2006; Tribunale Bologna sez. II 7 aprile 2006; Tribunale Vicenza 7 marzo 2007 n.
5273 e 13 agosto 2007 n. 5734; Tribunale Bari sez. IV 28 giugno 2011 n. 2142 e sez. IV
9 novembre 2010 n. 3326. Secondo un più risalente orientamento giurisprudenziale l’intervenuta conclusione del contratto escludeva la configurabilità della responsabilità: Xxxx. Civ. 2820/1950; 1499/1971; 1842/1976.
127 In dottrina Sagna 2004: 281; Xxxxxxxx 2006: 295 ss. (in relazione a Xxxx. 19024/2005); Solidoro 2008: 47.57 (con impostazione storica, ma riferimenti al diritto attuale); Vettori 2008a: 751 ss.; 2008b: 104 ss.; Xxxxxxxxxx 2010: 117 s.
128 = fr. 21 Szegedy-Maszak = 650 Xxxxxxxxxxx.
129 Trad.: «occorre altresì che (il venditore) non abbia operato essendo ebbro, nè per ira, né con la volontà di sopraffare la controparte, né di farle un torto, ma in modo assennato e giusto in tutto, e questo occorre che sia osservato anche quando si debba decidere da chi si debba acquistare».
ὁμολογία prescrivesse l’assenza di vizi della volontà anche nei contratti reali mi
sembra, alla luce delle testimonianze esaminate, del tutto evidente.
6. Altre leggi sui vizi della volontà nei contratti.
A completamento del mio discorso, avendo illustrato come la legge sulla ὁμολογία fosse considerata ad Atene una legge generale riguardante anche i vizi della volontà in tutti i contratti, considero le altre leggi specifiche sui vizi della volontà nel diritto contrattuale ateniese.
Si possono individuare tre leggi.
1) Iperide/Epicrate nella Contro Xxxxxxxxx citava una legge che genericamente
vietava di frodare nell’agorà. Hyp. Athenog. 14:
ὁ μὲν τοίνυν εἷ[ς] νόμος κελεύ̣[ει] ἀψευ̣[δ]εῖν ἐ[ν̣] τῆι ἀγ[ορᾶι], π̣άντων οἶμα[ι π̣]αρά̣[γγελ]μα̣ κάλ̣[λιστο]ν παραγγέλλων. σὺ [δὲ ψε]υσάμενο[ς ἐν] μέσηι τῇ ἀγορᾷ̣ συν[θήκα]ς κατ’ ἐμ̣ο̣[ῦ ἔθ]ου̣· ἐ̣πεὶ ἐὰ̣ν δ[είξῃς εἰπ]ὼν ἐμ[οὶ το]ὺ̣ς ἐράνους [ἢ καὶ ἐγγράψας ἐν ταῖς συν]θήκαι[ς], ὅσους [ἐπυ̣θόμην, οὐδὲν ἀντιλέ]γω σοι, ἀλλ’ ὁμ̣ολογ[ῶ̣ ὀφείλειν.130
La legge è riportata anche da Xxxxxxxxx, 131 mentre Xxxxxxxxx 132 citava gli ἀγορανόμοι come magistrati 133 incaricati di impedire le frodi tra venditori e compratori nella piazza. Anche Xxxxxxx000 faceva un riferimento a questa legge.
Essa riguardava tutti i contratti conclusi nell’agorà,135 ma solo quelli e pertanto possiamo dire che era una norma particolare. È incerto quale fosse la conseguenza per i contratti conclusi in violazione della legge.
Osservo che Xxxxxxxx portava questa legge a sostegno della propria posizione soltanto come argomento ad adiuvandum: la legge in realtà non lo riguardava direttamente, essendo il suo contratto con Xxxxxxxxx stato concluso nella casa di una donna di nome Xxxxxxxx e non nell’agorà.136 La legge era dunque utile, semmai, soltanto in via analogica, in quanto anch’essa riguardava l’invalidità degli atti conclusi con dolo.
130 Trad.: «C’è dunque una prima legge che ordina di non frodare dell’agorà, dettando a mio avviso la migliore di tutte le prescrizioni. Ora tu, frodando in piena agorà, hai concluso un contratto contro di me; giacché se dimostrerai di avermi dichiarato o di avere scritto nel contratto i prestiti ricevuti, dei quali successivamente sono venuto a conoscenza, non ti controbatto nulla e riconosco di essere debitore».
131 Dem. 20.9.
132 Περὶ συμβολαίων fr. 97 Xxxxxxx (= fr. 21 Szegedy-Maszak = 650 Xxxxxxxxxxx).
133 Su di essi Xxxxxxx 1990: 172; Jakab 1997: 70 ss.; Xxxxxxxxxx (2010) 2011: 421 ss.
134 Plat. Leg. 917b.
135 L’opinione di Xxxxxx 2000: 51 che la legge in questione non riguardasse i contratti non è convincente. Lo stesso autore ha tuttavia sostenuto in altra pubblicazione un’opinione opposta: Xxxxxx 2006: 149.
136 Hyp. Athenog. 8.
2) Ancora Iperide nella Contro Xxxxxxxxx,137 tra gli ulteriori argomenti che apportava per rafforzare la posizione di Xxxxxxxx, citava la legge che abbiamo già considerato, 138 che diceva che se uno schiavo compravenduto aveva difetti non dichiarati dal venditore al momento del contratto, poteva avere luogo l’ἀναγωγή.139
In linea di principio, difetti dello schiavo potevano essere stati taciuti dal venditore oltre che per semplice ignoranza anche con dolo. Ebbene, la legge in questione riguardava probabilmente entrambi i casi. Se si era verificato un dolo, la legge finiva per riguardare in ultima analisi i vizi della volontà.
Questa legge era ripresa anche da Xxxxxxx nelle Leggi ed è particolarmente interessante che egli scindeva espressamente i due casi: quello in cui i difetti dello schiavo fossero stati taciuti per ignoranza e quello in cui fossero stati taciuti per dolo del venditore. E le conseguenze erano più gravi nel secondo caso. Plat. Leg. 916c–d:
ἐὰν δὲ ἀνδροφόνον ἀποδῶταί τίς τινι εἰδότι μὲν εἰδώς, μὴ τυγχανέτω ἀναγωγῆς τοῦ τοιούτου τῆς πράσεως, μὴ δὲ εἰδότι τὴν μὲν ἀναγωγὴν εἶναι τότε ὅταν τις αἴσθηται τῶν πριαμένων, ἐν πέντε δὲ τῶν νομοφυλάκων τοῖς νεωτάτοις εἶναι τὴν κρίσιν, εἰδὼς δὲ ἂν κριθῇ, τάς τε οἰκίας τοῦ πριαμένου καθηράτω κατὰ τὸν τῶν ἐξηγητῶν νόμον, τῆς τιμῆς τε ἀποδότω τῷ πριαμένῳ τριπλάσιον.140
Secondo il dettato della legge proposta da Xxxxxxx, se le parti si erano accordate circa il difetto dello schiavo, la compravendita era inattaccabile, ma se il compratore non fosse stato posto a conoscenza del difetto avrebbe potuto procedere ad ἀναγωγή e, se in processo fosse risultato che il venditore gli aveva dolosamente taciuto il difetto dello schiavo, avrebbe avuto diritto a ottenere addirittura il triplo del prezzo pagato. 141 L’articolazione delle sanzioni previste da Xxxxxxx era probabilmente utopistica, ma dimostra indirettamente che la legge citata nella Contro Xxxxxxxxx atteneva implicitamente anche al dolo del venditore che avesse occultato i vizi della cosa venduta.
3) Infine, in [Dem.] 48.56 Callistrato citava una legge soloniana che rendeva nulli tutti gli atti—e quindi, per quanto a noi interessa, anche i contratti—compiuti dietro persuasione di donna:
137 Hyp. Athenog. 15.
138 Supra, § 4.1.
139 Vd. Jakab 1997: 86 ss.
140 Trad.: «Se un tale vende uno schiavo omicida, e le due parti sono consapevoli di questa cosa, non ci sia restituzione per la vendita di tale schiavo; ma se il venditore non conosce la cosa, ci sia restituzione non appena lo viene a sapere e il processo abbia luogo davanti ai cinque custodi delle leggi più giovani; e se sia deciso che il venditore era a conoscenza della cosa, che egli purifichi le case del compratore secondo la legge degli esegeti e paghi al compratore il triplo del prezzo dello schiavo».
141 Sul sistema di Xxxxxxx, ampiamente Jakab 1997: 59 ss., 66 ss.
καὶ ἄκυρά γε ταῦτα πάντα ἐνομοθέτησεν εἶναι ὁ Σόλων, ὅ τι ἄν τις γυναικὶ πειθόμενος πράττῃ.142
Dobbiamo ricordare che sappiamo 143 che una norma, attribuita allo stesso Xxxxxx, prevedeva che non potessero compiere testamento-adozione144 coloro che145 fossero incapaci di intendere e di volere per alcune cause, tra cui la suggestione da parte di una donna.146
Si può ritenere che la legge citata da [Dem.] 48.56 fosse una legge diversa da quella soloniana in materia di testamento-adozione, oppure che si tratti della stessa legge citata a sproposito in [Dem.] 48.56 o ritenuta applicabile per analogia agli atti tra vivi.147
7. Conclusioni.
In un momento imprecisato, certamente non posteriore all’inizio del quinto secolo a.C., ad Atene entrò in vigore una legge, che stabilì che quello che le parti avessero convenuto volontariamente tra loro per regolare un rapporto patrimoniale avesse la forza vincolante di un contratto e fosse produttivo di obbligazioni. Ὁμολογία fu chiamato in tale legge l’accordo delle parti contrattuali. Nelle fonti attiche si trovano numerosi riferimenti alla legge in questione, che fu ritenuta un cardine dell’ordinamento giusprivatistico ateniese.
142 Trad.: «E Xxxxxx stabilì con legge la nullità di tutti gli atti, che qualcuno compia persuaso da una donna».
143 La fonte principale è [Dem.] 14.46. Per le altre fonti vd. le note seguenti.
144 La norma soloniana riguardò in origine il testamento-adozione e fu poi ritenuta applicabile per analogia anche alle adozioni inter vivos: in questo senso, Ruschenbusch (1962) 2005: 59 ss.; Xxxxxxxxx 2014: 23 ss. (con mutamento di opinione sul punto specifico rispetto a Xxxxxxxxx 0000x: 5 ss.).
145 Oltre a non essere stati a loro volta adottati e non avere figli maschi legittimi.
146 Si trattava della suggestione non solo da parte della moglie (come sostenuto da Xxxxx 1930: 304.1; 1971: 704), ma da parte di qualunque donna: vd., in tal senso, Xxxxxxxx (1970) 1999: 99; 1982: 128.37, 370; Karabélias 1992: 111.319; Cobetto Ghiggia 1999:
6.24. Le altre cause di incapacità cui accenno nel testo erano la pazzia, la demenza senile, gli effetti di un filtro, la malattia, la violenza in genere e il sequestro di persona. La suggestione di donna trovasi anche in Lys., Fr. 000, Xxxxxxxx (= Suid., s.v. διάθεσις καὶ διατίθεσθαι). La pazzia è menzionata anche in Isae. 4.14; unitamente alla vecchiaia e ad altre cause, in Isae. 4.16 e 6.9; unitamente alla suggestione muliebre in Isae. 2.1. Tutte le cause, tranne l’effetto di un filtro, sono ricordate anche in Hyper. Xxxxxxx. 00. Xx. anche Plut. Sol. 21.4 e Aet. Rom. et Gr. 265e.7–9.
147 Così Scafuro 2011: 353. Xxxxxxxxx (1943) 1968: 462 f. ha interpretato la vicenda di Xxxxxxxxxxx nel senso che il contratto sarebbe stato impugnato da Callistrato perché appunto Xxxxxxxxxxx avrebbe concluso il contratto in quanto persuaso da donna. Devo sottolineare che così non è: Xxxxxxxxxxx muoveva a Olimpiodoro il rilevo che egli era pazzo in quanto, persuaso dalla sua etera, non intendeva dare esecuzione al contratto, ma era indubbio che egli l’avesse concluso senza essere stato persuaso da alcuna donna e pertanto, dal punto di vista del diritto ateniese, nella pienezza delle sue facoltà mentali.
Essa introdusse nell’ordinamento ateniese dei nuovi contratti, diversi da quelli fino allora esistiti. Nel passato i contratti si erano conclusi principalmente con la consegna di cose o con la prestazione di garanzie. Ora il consenso delle parti era sufficiente per l’esistenza dei contratti. Abbiamo qui chiamato, con terminologia ignota al diritto ateniese, per comodità e convenzione, i contratti che si perfezionavano con la consegna di res contratti reali e i più recenti consensuali.
Perché venissero a esistenza i contratti consensuali non era necessaria né la forma scritta, né il giuramento, né la presenza di testimoni, anche se spesso i soggetti ricorrevano a tale forma o a tali atti supplementari per meglio essere in condizione di provare, in caso di lite, l’esistenza dei loro contratti.
Istituendo i contratti consensuali, la legge elevò in essi l’accordo delle parti a elemento essenziale. E fu considerato elemento così importante che sostanzialmente fu ritenuto essere coincidente con il contratto stesso: il contenuto dell’accordo era il contenuto del contratto.
L’istituzione dei contratti consensuali avvenne peraltro senza la contestuale abolizione dei contratti reali, che continuarono a esistere.
La legge sulla ὁμολογία comportò quindi in campo contrattuale una maggiore libertà per i cittadini, che poterono in base a essa fare sorgere tra loro obbligazioni per atto lecito volontario senza particolari atti o formalismi.
La libertà così introdotta dalla legge sulla ὁμολογία venne in un secondo momento, che pure non è precisabile, limitata. Una legge posteriore, e ragionevolmente di poco posteriore, alla prima, stabilì che le parti non potevano concludere tra loro contratti consensuali contrari a norme imperative dell’ordinamento. In alcuni casi, di converso, la legge sulla ὁμολογία fu richiamata da altre leggi per consentire ai cittadini di derogare concordemente a determinate norme.
In caso di inadempimento contrattuale non esisteva alcuna azione né per la risoluzione, né per l’adempimento. Il creditore poteva agire con la δίκη βλάβης, con la quale otteneva un risarcimento commisurato al suo interesse all’adempimento (interesse positivo), a meno che non fosse prevista una clausola penale.
Oltre a introdurre i contratti consensuali, la legge sulla ὁμολογία diede rilievo al fatto che in essi la volontà non doveva essere viziata né da dolo né da violenza. In caso contrario, la parte lesa poteva agire con la δίκη βλάβης per ottenere un risarcimento commisurato all’interesse positivo differenziale, ovvero al minor vantaggio, o al maggior aggravio economico, che aveva subito a causa del dolo o della violenza, mantenendo tuttavia valido il contratto. È incerto se esistesse un’azione per l’annullamento del contratto. I vizi della volontà contrattuale erano peraltro disciplinati anche in alcune leggi specifiche.
La ὁμολογία fu ritenuta esistente e anzi elemento necessario (benché non sufficiente) anche nei contratti reali, nei quali pure assunsero di conseguenza rilievo i vizi della volontà.
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