Autorità Nazionale Anticorruzione
SENATO DELLA REPUBBLICA |
XVIII LEGISLATURA |
N. 2 |
RELAZIONE DI ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE |
LINEE GUIDA N. 9: MONITORAGGIO DELLE AMMINISTRAZIONI AGGIUDICATRICI SULL'ATTIVITÀ DELL'OPERATORE ECONOMICO NEI CONTRATTI DI PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO |
(Articolo 12, comma 2, della legge 29 luglio 2003, n. 229) |
Presentata dall'Autorità nazionale anticorruzione |
Comunicata alla Presidenza il 9 aprile 2018 |
Autorità Nazionale Anticorruzione
Linee guida n. 9
Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato
Adottate con delibera n. 318 del 5/4/2018
Relazione AIR
Sommario
I. LE RAGIONI DELL’INTERVENTO DELL’AUTORITÀ 3
II. OBIETTIVI E INDICATORI PER LA VERIFICA DEL GRADO DI RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI 7
III. CATEGORIE DEI SOGGETTI, PUBBLICI E PRIVATI, DESTINATARI DEI
PRINCIPALI EFFETTI DELL’INTERVENTO REGOLATORIO 8
IV. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 9
V. LA CONSULTAZIONE PUBBLICA – IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO - LE OSSERVAZIONI DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE E DELLE AUTORITÀ DI REGOLAZIONE 10
VI. VALUTAZIONE DELLE OPZIONI ALTERNATIVE 10
VI.1 AMBITO DI APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA 10
VI.2 – PARTE I: XXXXXXX X XXXXXXXXXXX XXX XXXXXX 00
1. Il trasferimento dei rischi all’operatore economico 12
2.1 Rischio di disponibilità e Rischio di domanda 14
2.3 Rischi di commissionamento, amministrativo, espropri e ambientale/archeologico 17
2.5 Rischio di disponibilità 19
VI.3 – PARTE II: IL MONITORAGGIO DELL’ATTIVITÀ DELL’OPERATORE ECONOMICO 25
1. La corretta definizione delle clausole contrattuali 25
3. Gli strumenti di controllo 30
I. LE RAGIONI DELL’INTERVENTO DELL’AUTORITÀ
Le Linee Guida in esame sono state redatte in attuazione dell’articolo 181, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito, “codice dei contratti pubblici”) che prevede che l’ANAC, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), adotti linee guida per definire le modalità con le quali le amministrazioni aggiudicatrici, attraverso la predisposizione e applicazione di sistemi di monitoraggio, esercitano il controllo sull’attività dell’operatore economico affidatario di un contratto di Partenariato Pubblico Privato (PPP), verificando in particolare la permanenza in capo allo stesso dei rischi trasferiti.
Il partenariato pubblico-privato è diventato, infatti, negli anni, una scelta sempre più ricorrente delle pubbliche amministrazioni italiane, con riferimento alla realizzazione delle opere pubbliche e alla gestione dei servizi. Sul punto, appaiono di interesse, ai fini dell’analisi relativa al presente intervento regolatorio, i dati contenuti nella Banca Dati dell’Autorità.
Precisamente, l’Autorità rileva con regolarità le richieste del Codice Identificativo Gara (CIG) relative alla finanza di progetto, alla concessione di costruzione e gestione, alla concessione di servizi, alla locazione finanziaria di opere pubbliche e al contratto di disponibilità, che - ai sensi dell’articolo 180, comma 8 del codice dei contratti pubblici - rientrano tra i contratti di PPP. Per la richiesta di CIG sono rilevate, in particolare, una serie di informazioni, quali il settore di riferimento (ordinario o speciale), l’importo a base di gara, le procedure di aggiudicazione, ecc. Non sono, invece, rilevati con puntualità i dati relativi all’aggiudicazione e alla successiva esecuzione, in considerazione delle deroghe previste nel precedente quadro normativo (decreto legislativo 163/2006). I dati relativi alle procedure di gara sono comunque interessanti, in quanto rappresentano la domanda di partenariato da parte delle amministrazioni pubbliche, nonché un indicatore dei soggetti potenzialmente interessati dalle presenti linee guida.
Prima di procedere nell’analisi dei dati presenti nella banca dati dell’Autorità, è opportuno ricordare che la domanda di partenariato può subire, nel corso del tempo, oscillazioni – anche significative – legate, oltre all’andamento del ciclo economico, alla concentrazione di gare in determinati periodi di tempo. La durata delle concessioni può raggiungere, infatti, anche i trent’anni (e in alcuni casi superarli) e, pertanto, si possono registrare picchi positivi o negativi degli importi di tali gare a seconda del momento in cui cadono.
Ciò premesso, nel 2016 risultano avviate oltre 7 mila procedure di PPP, che rappresentano meno del 38% delle procedure avviate nel 2014. Le ragioni del forte decremento del numero di procedure non sono chiare; ciò che si osserva è che la contrazione riguarda soprattutto gli affidamenti di piccolo importo, specie quelli inferiori a 40 mila euro.
Il ridotto valore di numerose procedure di partenariato è una caratteristica del mercato nazionale, anche dovuta a una difficoltà da parte delle stazioni appaltanti a comprendere le modalità con cui deve essere calcolato il valore stimato delle concessioni. L’esperienza di vigilanza dell’Autorità ha mostrato, infatti, che in diversi casi le stazioni appaltanti tendono a confondere il valore stimato degli affidamenti con gli oneri a carico delle stesse, quali i contributi o i canoni (si veda ad esempio la deliberazione 20 giugno 2012, n. 62 e la determinazione 23 settembre 2015, n.10). Sul punto, dovrebbero aver fatto definitivamente chiarezza la Direttive 2014/23/UE (articolo 8) e il d.lgs. 50/2016 (articolo 167).
Oltre il 90% degli affidamenti è di importo inferiore a un milione di euro (più del 40% inferiore a 40 mila euro); per contro meno dell’1% degli affidamenti supera la soglia dei 20 milioni di euro.
Figura 1: Distribuzione del numero delle procedure di PPP per importo a base di gara
20.000
18.000
16.000
14.000
12.000
10.000
8.000
6.000
4.000
2.000
-
2014
2015
2016
> 0 < 40.000 >= 40.000 < >= 1.000.000 >= Totale
1.000.000 < 20.000.000 20.000.000
Fonte: elaborazioni su dati ANAC
Guardando alla tipologia contrattuale, si osserva che la stragrande maggioranza dei contratti di PPP riguarda le concessioni di servizi (oltre il 93% nel 2016). Tra il 4% e il 5% sono le procedure relative alle concessioni di costruzione e gestione, meno del 2% quelle relative alla finanza di progetto, assolutamente marginale è la quota delle locazioni finanziarie. Tale composizione rimane sostanzialmente costante nel triennio considerato.
Figura 2: Distribuzione del numero delle procedure di PPP per tipologia contrattuale nel 2016
Concessione di costruzione e gestione
Concessione di servizi Finanza di progetto Locazione finanziaria
Fonte: elaborazioni su dati ANAC
Se invece di guardare ai numeri delle procedure si considerano gli importi a base di gara, la situazione cambia sostanzialmente.
Nel 2016 risultano essere state avviate procedure per oltre 14 miliardi di euro, valore superiore a quello del 2014, ma inferiore a quello del 2015, quando la domanda di partenariato aveva superato il picco di 17 miliardi di euro. Sul dato del 2015 pesano 3 gare di concessioni di servizi nei settori speciali, che da sole rappresentano oltre 7 miliardi di euro (affidamento della concessione del servizio di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia di competenza della Regione Xxxxxx Xxxxxxx; contratto si servizio per il trasporto pubblico ferroviario di interesse regionale e locale anni 2015-2020 della Regione Lombardia e affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale nell’ambito territoriale di Milano 1 Città e impianto di Milano).
Nel 2016, circa l’80 per cento del valore delle gare di partenariato attiene a procedure di importo a base di gara superiore a 20 milioni di euro, mentre appena lo 0,1% di gare è di importo inferiore a 40 mila euro. Il confronto tra anni risente, come già indicato, dalla presenza di gara di importo elevato.
Figura 3: Distribuzione in valore delle procedure di PPP per importo a base di gara
14.000.000.000
12.000.000.000
10.000.000.000
8.000.000.000
6.000.000.000
2014
2015
2016
4.000.000.000
2.000.000.000
-
> 0 < 40.000 >= 40.000 < >= 1.000.000 < >= 20.000.000
1.000.000 20.000.000
Fonte: elaborazioni su dati ANAC
Con riferimento alla tipologia contrattuale, nel 2016 oltre il 70% della domanda è rappresentata da concessioni di servizi (nel 2015, anche a causa delle 3 gare sopra richiamate tale percentuale sfiora il 94%), oltre il 20% è rappresentato da concessioni di costruzione e gestione, oltre l’8% dalla finanza di progetto e una quota marginale dai contratti di locazione finanziaria.
Figura 4: Distribuzione in valore delle procedure di PPP per tipologia contrattuale nel 2016
Concessione di costruzione e gestione
Concessione di servizi Finanza di progetto Locazione finanziaria
Fonte: elaborazioni su dati ANAC
Ai fini delle linee guida cui la presente relazione AIR si riferisce, oltre ai dati sul numero delle procedure avviate, è necessario disporre di informazioni circa la fase di aggiudicazione e di esecuzione.
A tal fine, si è ritenuto utile considerare i dati del Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica - DIPE (pubblicati nello studio “Il project financing per la
realizzazione delle opere pubbliche in Italia”, nel mese di settembre 2015, relativi soprattutto alle concessioni di lavori). In base a tali dati si rileva una elevata “mortalità” delle operazioni: su 13.047 gare per concessioni di servizi censite tra il 2008 e il 2014 ne sono state aggiudicate solo 3.305, con un tasso di mortalità di circa il 75%, ovvero 3 gare su 4 non vengono aggiudicate. Le concessioni di lavori pubblici, invece, hanno fatto segnalare, nello stesso periodo 3.353 bandi e 1.435 aggiudicazioni, e quindi un tasso di mortalità superiore al 50%.
Figura 5: numero di gare censite e aggiudicate nel periodo 2008-2014
14000
12000
10000
8000
6000
n. gare censite
n. gare aggiudicate
4000
2000
0
Concessione di servizi
Concessione di costruzione e gestione
Fonte: elaborazioni su dati DIPE
Si registra, pertanto, un tasso di mortalità particolarmente elevato nel settore del PPP. L’analisi delle cause di tale patologia non rappresenta un obiettivo primario delle presenti linee guida; ciò che sembra però possibile affermare anche sulla base della letteratura presente è che tra le ragioni deve ricomprendersi sicuramente una carente analisi della fattibilità del progetto, fin dalla sua programmazione.
Al riguardo, occorre evidenziare che un’inadeguata valutazione ex ante della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria dell’investimento, finalizzata a verificare la convenienza e l’opportunità di attivare una procedura di PPP, piuttosto che di procedere mediante l’affidamento di un contratto di appalto tradizionale, ha significative ripercussioni negative, non solo in termini di mortalità delle procedure avviate. La mancanza di una compiuta analisi dei rischi collegati al progetto, che le amministrazioni devono condurre ex ante (obbligo rafforzato, oggi, dall’espressa previsione contenuta nell’articolo 181, comma 3 del codice dei contratti pubblici) produce, infatti, riflessi pregiudizievoli nella scelta di fondo sulla convenienza del PPP rispetto al tradizionale appalto e sul trattamento contabile dell’operazione, se dentro o fuori il bilancio pubblico (on o off balance sheet). Al riguardo, si ricorda che il Manuale sul disavanzo e debito pubblico di Eurostat (ed. 2016) costituisce criterio di riferimento per la contabilizzazione delle opere pubbliche dentro o fuori il patrimonio delle amministrazioni concedenti (Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA 2010 di Eurostat, paragrafo VI.4, e ss.mm.ii.). Sul punto, rileva un’analisi condotta da Istat nel 2015 su 24 operazioni di PPP relative a opere fredde, dalla quale risulta che ben 17 operazioni (per un valore di 3,5 miliardi su 4 miliardi complessivi) sono state riclassificate da “off” a “on” balance (si veda il rapporto “A focus on PPPs in Italy” della Ragioneria Generale dello Stato). La riclassificazione comporta, in altra parola, il mancato
riconoscimento ex-post della natura di concessione all’affidamento, almeno dal punto di vista della finanza pubblica.
La mancata allocazione dei rischi ex-ante e un non efficace monitoraggio della fase di post aggiudicazione, soprattutto sotto il profilo della permanenza in capo al partner privato dei rischi allo stesso trasferiti, possono vanificare il valore aggiunto che ci si attende dal coinvolgimento di capitali e competenze privati nella realizzazione e nella gestione della cosa pubblica. Al riguardo, appare rilevante sottolineare un altro dato emerso dalle analisi condotte dal DIPE: la quasi totale assenza di indicatori economici e finanziari all’interno della documentazione dei progetti oggetto di analisi, in parte attribuibile anche all’inesperienza della singola amministrazione nel reperire tali indicatori. Gli indicatori economici e finanziari costituiscono, invece, uno strumento imprescindibile per la rappresentazione dell’equilibrio economico e finanziario, che costituisce, a sua volta, presupposto per la corretta allocazione dei rischi, così come espressamente affermato agli articolo 165, comma 2 e 180, comma 6, del codice dei contratti pubblici.
Alla luce dei dati e delle informazioni sopra riportati, l’Autorità ritiene che il presente intervento regolatorio, da considerarsi intervento “necessitato” in quanto attuativo dell’articolo 181, comma 4, del codice dei contratti pubblici, debba considerarsi anche opportuno, in considerazione delle criticità che interessano il mercato del PPP italiano: ricorso eccessivo allo strumento concessorio, visto come modo di eludere presunte rigidità nel sistema degli appalti; ridotta capacità delle stazioni appaltanti nel procedere ad una corretta allocazione dei rischi; elevato tasso di “mortalità” delle operazioni di PPP; riclassificazione ai fini contabili di tali operazioni. Pertanto, al di là dell’evidente motivo di carattere giuridico, l’«opzione zero» di non intervento sarebbe, comunque, un’alternativa inefficace. Difficilmente l’opzione zero può essere presa a riferimento anche per l’analisi di impatto delle misure introdotte, poiché – come emerge dal quadro appena descritto – sistemi di monitoraggio sono di fatto assenti nel contesto attuale. Il legislatore ha previsto il monitoraggio esteso di tutti i PPP, con le modalità indicate da ANAC, che non può quindi esimersi dal provvedere.
In considerazione della rilevanza che la fase preliminare di impostazione ed elaborazione delle operazioni di PPP assume ai fini della buona riuscita delle stesse e dell’efficace controllo sulla corretta esecuzione dei contratti, nella Parte I delle Linee guida l’Autorità ha fornito alle amministrazioni alcune indicazioni, ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del codice dei contratti pubblici, per l’identificazione e allocazione dei rischi connessi ai contratti di PPP. Nella Parte II sono riportate, invece, le prescrizioni sulle modalità di controllo dell’attività svolta dagli operatori economici in esecuzione di un contratto di PPP, da considerarsi vincolanti per le amministrazioni aggiudicatrici ai sensi del citato art. 181, comma 4, del codice.
II. OBIETTIVI E INDICATORI PER LA VERIFICA DEL GRADO DI RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
Sulla base dei dati sopra indicati e delle criticità emerse dall’analisi del settore, sono stati individuati una serie di obiettivi generali di medio e lungo periodo che hanno orientato le scelte dell’Autorità:
1) ridurre il tasso di mortalità delle operazioni di PPP avviate dalle amministrazioni aggiudicatrici;
2) garantire un efficiente ed efficace monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sui contratti di PPP;
3) migliorare il rapporto tra risultati attesi e risultati effettivamente raggiunti attraverso le operazioni di PPP, anche in termini di costo;
4) perseguire la correttezza della classificazione contabile delle operazioni di PPP.
In applicazione del Regolamento AIR, le Linee Guida saranno oggetto di apposita verifica di impatto della regolazione. Si rappresenta che per monitorare il grado di raggiungimento degli obiettivi indicati saranno utilizzati come indicatori:
1) numero di procedure portate a termine rispetto al numero di procedure avviate;
2) percentuale di presenza nei contratti della matrice dei rischi e degli indicatori economico- finanziari;
3) numero di inadempimenti degli operatori economici agli obblighi di trasmissione alle amministrazioni aggiudicatrici dei dati/informazioni previsti dalle Linee Guida;
4) valore iniziale del contratto di PPP e costo finale dell’intervento;
5) numero di contratti di PPP classificati fuori del bilancio dell’amministrazione aggiudicatrice e numero di interventi di riclassificazione operati da Istat o Eurostat.
In considerazione del fatto che tale verifica potrà essere condotta esclusivamente sulle operazioni di PPP avviate dopo l’adozione delle presenti Linee Guida, e tenuto conto che detta verifica richiederà che siano trascorsi i tempi tecnici mediamente necessari per la progettazione dell’intervento e per l’espletamento della procedura ad evidenza pubblica, gli indicatori saranno soggetti ad una prima valutazione decorso un triennio dall’entrata in vigore delle Linee Guida, acquisendo gli elementi necessari per la predisposizione della VIR. Infatti, considerata la durata di molte operazioni di partenariato, il pieno apprezzamento dei risultati prodotti dal presente intervento regolatorio richiede il decorso di un tempo molto lungo, non compatibile con le esigenze che presiedono gli istituti di better regulation.
III. CATEGORIE DEI SOGGETTI, PUBBLICI E PRIVATI, DESTINATARI DEI PRINCIPALI EFFETTI DELL’INTERVENTO REGOLATORIO
Le Linee Guida hanno come destinatari diretti le amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del codice dei contratti pubblici e, come destinatari indiretti, gli operatori economici che partecipano alle procedure di affidamento dei PPP.
Nella definizione del presente intervento regolatorio l’Autorità ha tenuto conto del fatto che il ricorso a forme di PPP richiede, ai fini della buona riuscita dell’operazione, la presenza nell’amministrazione aggiudicatrice di una molteplicità di competenze, di tipo legale, tecnico, finanziario, fiscale, di project management, nonché capacità di contrattazione negoziale. La presenza di professionalità adeguate all’interno delle stazioni appaltanti, quale condizione necessaria per il corretto ed efficiente affidamento dei contratti pubblici, costituisce un’istanza ben presente anche al legislatore nazionale che, all’articolo 38 del nuovo codice dei contratti pubblici, ha previsto l’istituzione di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate in rapporto, inter alia, anche alla tipologia e complessità del contratto. La qualificazione è conseguita sulla base di requisiti tecnico-organizzativi che saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione. Pertanto, anche nella valutazione dell’impatto delle previsioni contenute nel
presente atto regolatorio, deve tenersi conto che, a regime, lo stesso si rivolgerà a quelle amministrazioni aggiudicatrici che, avendo dimostrato il possesso dei necessari requisiti di qualificazione, risulteranno iscritte nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate.
IV. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
L’articolo 3 del codice dei contratti pubblici, al comma 1, lettera eee), definisce un contratto di PPP come «il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connessa all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore». Le disposizioni di riferimento sono contenute nella Parte IV del codice, rubricata «Partenariato pubblico privato e contraente generale».
In particolare, l’articolo 180, comma 8, del codice dei contratti pubblici fornisce un elenco esemplificativo di contratti di PPP, includendo in tale categoria «la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai commi precedenti».
La disciplina di riferimento dei contratti di concessione, che – come evidenziato dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” (parere n. 00855/2016 del 01/04/2016) - costituiscono il modello per eccellenza del partenariato pubblico privato, è contenuta nella Parte III del codice. In base ai dati contenuti nella Banca Dati dell’Autorità, la concessione è senz’altro la tipologia maggiormente rappresentativa del PPP italiano. La concessione di lavori e la concessione di servizi si ritagliano, infatti, più del 90 per cento del mercato totale del PPP, inteso come numerosità dei bandi di gara.
La disciplina del PPP è contenuta nella Parte IV del codice dei contratti pubblici.
Alla luce delle disposizioni sopra riportate, i contratti di PPP costituiscono una categoria giuridica generale alla quale sono da ricondurre diverse fattispecie contrattuali tipiche aventi una regolamentazione specifica nel codice dei contratti pubblici, oltre a fattispecie atipiche definite, nel citato comma 8, come «qualunque altra procedura di realizzazione di partenariato in materia di opere o servizi che presentino le caratteristiche» descritte nell’articolo 180. Il comune denominatore di tali tipologie contrattuali è costituito dal trasferimento in capo all’operatore economico, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera» (articolo 180, comma 3). In particolare, per i contratti di concessione, in conformità a quanto previsto nella direttiva 2014/23/UE, il codice ha precisato che l’allocazione dei rischi in capo all’operatore economico si sostanzia nel trasferimento del cd. “rischio operativo”, ossia il rischio «legato alla gestione dei lavori o dei servizi….(omissis) nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi» oggetto del contratto (articolo 3, comma 1, lettera zz)».
V. LA CONSULTAZIONE PUBBLICA – IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO - LE OSSERVAZIONI DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE E DELLE AUTORITÀ DI REGOLAZIONE
In data 10 giugno 2016 l’Autorità ha posto in consultazione pubblica il documento recante
«Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato», assegnando termine sino al 27 giugno 2016 per l’invio dei contributi. Nel corso della consultazione pubblica sono pervenuti n. 17 contributi da parte di pubbliche amministrazioni e società pubbliche, associazioni di categoria, ordini professionali, operatori economici e liberi professionisti.
All’esito dell’esame dei contributi pervenuti, l’Autorità ha elaborato uno schema di linee guida, tenendo in considerazione anche le osservazioni di carattere generale contenute nel parere che in data 6 luglio 2016 il Consiglio di Stato aveva emesso sulle prime tre linee guida elaborate dall’Autorità in attuazione del nuovo codice (affare n. 1273/2016), tra cui quella di distinguere nel testo la parte contenente indicazioni interpretative dalla parte vincolante per le amministrazioni e gli operatori economici. Inoltre, è stata elaborata una relazione descrittiva di alcune scelte di fondo operate nella predisposizione dell’atto.
In data 21 settembre 2016 tali documenti, unitamente ai contributi ricevuti in sede di consultazione pubblica, sono stati trasmessi al Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’acquisizione delle relative osservazioni. In data 9 novembre 2016, l’Autorità ha acquisito le osservazioni e le richieste di modifica elaborate dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, specificamente rappresentante nei paragrafi che seguono.
Il documento è stato sottoposto al parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato reso con atto numero affare 192/2017 in data 29/3/2017 e, su suggerimento di questa, ai pareri del Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle Autorità di regolazione competenti (Autorità di regolazione dei trasporti, Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni). I pareri sono pervenuti all’Autorità entro il 15 febbraio 2018.
VI. VALUTAZIONE DELLE OPZIONI ALTERNATIVE
VI.1 AMBITO DI APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA
Nel documento posto in consultazione l’Autorità ha individuato l’ambito di applicazione delle Linee Guida in questione nei contratti di PPP di cui all’articolo 3, lettera eee), del codice, precisando che tra essi rientrano i contratti indicati all’articolo 180, comma 8, del codice dei contratti pubblici e ogni altro contratto che presenti le caratteristiche individuate dal medesimo articolo 180.
1. Al riguardo, alcuni stakeholder hanno osservato che nel documento posto in consultazione non erano contenuti spunti interpretativi per distinguere il contratto di PPP dalla concessione e hanno evidenziato l’opportunità che l’ANAC, attraverso le linee guida, confermasse l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità per i contratti di PPP e, quindi, anche per le concessioni, senza particolari limiti legati alle caratteristiche dell’opera, soprattutto in termini di capacità di generare flussi di cassa.
2. Alcuni operatori non hanno condiviso, inoltre, il riferimento ai principi contabili Eurostat come parametro utilizzato ai fini della definizione della natura contrattuale del PPP, esprimendo
preoccupazione per la commistione di criteri statistici e dunque in divenire, con i principi giuridici che regolano il contratto di PPP. Inoltre, è stato osservato che il documento di consultazione non chiarisce le conseguenze di una non corretta allocazione del rischio operativo in capo all’operatore economico, sia nella fase di definizione del contratto, sia nei monitoraggi successivi volti a verificare la permanenza della corretta allocazione dei rischi.
3. Nel corso della consultazione sono pervenute anche osservazioni in ordine all’istituto del leasing pubblico, volte a suggerire l’introduzione nelle linee guida di un inciso che potesse chiarire definitivamente che le previsioni concernenti le modalità di contabilizzazione da parte degli enti locali del leasing immobiliare in costruendo alla stregua di un leasing finanziario (e quindi, sempre, come on-balance) attiene alle operazioni di leasing pubblico privo dei requisiti di classificazione come PPP. Viceversa, laddove sussista l’allocazione del rischio secondo le previsioni del codice dei contratti pubblici e le indicazioni Eurostat, al pari degli altri strumenti di PPP, anche il leasing pubblico potrà essere classificato come off-balance e, quindi, contabilizzato come leasing operativo.
Opzione scelta
Come già evidenziato, sotto la denominazione di contratti di PPP sono da ricomprendere istituti giuridici tra loro anche molto diversi, tra i quali rientra per espressa previsione normativa (articolo 180, comma 8, del codice dei contratti pubblici) anche il contratto di concessione. Al di là della specifica tipologia contrattuale utilizzata per la realizzazione di un’operazione di PPP, l’articolo 180, comma 2, del codice dei contratti pubblici prevede espressamente che i contratti di PPP possano avere ad oggetto opere destinate prioritariamente a cittadini-utenti che pagano una tariffa per l’utilizzazione dell’infrastruttura (cd. “opere calde”), oppure, opere destinate all’utilizzazione diretta della pubblica amministrazione in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici (cd. “opere fredde”), nelle quali di regola l’amministrazione corrisponde all’operatore economico un canone di disponibilità. Per tali considerazioni, non si ritiene che le Linee Guida debbano fornire elementi per distinguere il contratto di PPP da quello di concessione, né che debba essere ribadita l’utilizzabilità anche per le concessioni della struttura a canone di disponibilità. Per quanto riguarda le perplessità espresse in ordine al richiamo dei principi Eurostat, si rileva che esso è contenuto nell’articolo 3, comma 1, lettera eee), del codice dei contratti pubblici. Pertanto, l’opzione alternativa di eliminare tale richiamo non appare accoglibile. Nelle premesse delle Linee Guida è comunque ribadita la distinzione tra il profilo della qualificazione giuridica di un contratto di PPP (per il quale rileva il trasferimento dei rischi in capo al partner privato quale elemento qualificante di tutti i contratti di PPP) da quello della relativa contabilizzazione (fuori o a carico del bilancio dell’amministrazione, per la quale vale il richiamo delle decisioni Eurostat). Sulle conseguenze di un’allocazione dei rischi che non comporta il trasferimento di rischi all’operatore economico, si rileva che il contratto – indipendentemente dal nomen iuris utilizzato – deve essere qualificato come appalto e, conseguentemente, allo stesso devono essere applicate le regole proprie dell’appalto (anche nella scelta della procedura di affidamento) e la contabilizzazione dell’intervento non può che essere all’interno del bilancio pubblico.
Le osservazioni specifiche pervenute sul contratto di locazione finanziaria non sono state accolte dal momento che le Linee guida hanno carattere generale e non fanno riferimento a specifici contratti.
VI.2 – PARTE I: ANALISI E ALLOCAZIONE DEI RISCHI
1. Il trasferimento dei rischi all’operatore economico
Opzioni alternative:
Alcuni Stakeholder hanno chiesto di specificare il principio secondo cui i rischi devono essere allocati sulla parte che ha la maggiore capacità di controllarli e gestirli, modificando il titolo del paragrafo in “Allocazione dei rischi tra operatore economico e concedente” ed evidenziando che il trasferimento dei rischi sul concessionario dovrà essere coerente con la capacità di gestione del rischio da parte di quest’ultimo. In caso contrario, il premio per il rischio “in eccesso” determinerebbe un costo finanziario dell’iniziativa troppo elevato che comporta la non attuazione dello strumento del PPP.
Opzione scelta:
La richiesta è stata accolta ritenendo la specificazione idonea a evitare l’allocazione a ciascuna delle parti contrattuali di rischi che le stesse non possono efficacemente gestire, con conseguente compromissione della buona riuscita del progetto. Tuttavia, non è stata accolta la richiesta di modificare il titolo del paragrafo in questione in quanto l’espressione utilizzata nel documento di consultazione (“Il trasferimento dei rischi all’operatore economico”), confermata nel testo delle Linee Guida, è coerente con il comma 3 dell’articolo 180 del codice dei contratti pubblici.
Opzioni alternative:
Alcuni operatori hanno evidenziato la necessità di qualificare il rischio operativo nel contratto PPP e di colmare la lacuna contenuta nella parte del codice relativa al PPP, dove, a differenza della concessione, non viene espressamente citato il rischio operativo. Pertanto, hanno proposto di inserire la seguente dicitura: “L’allocazione dei rischi in capo all’operatore economico” si sostanzia, in altri termini, nel trasferimento del rischio operativo, quale rischio «legato alla gestione dei lavori o dei servizi….(omissis) nel caso in cui, in condizioni operative nomali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi» oggetto del contratto (articolo 3, comma 1, lettera zz).
Opzione scelta:
Il concetto di rischio operativo è presente solo nelle definizioni di concessione di lavori e di concessione dei servizi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere uu) e vv) del codice dei contratti pubblici, mentre per i contratti di PPP tale concetto non è esplicitato. Peraltro, la stessa definizione di rischio operativo contenuta nell’articolo 3, comma 1, lettera zz) del codice dei contratti pubblici fa riferimento al rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito “al concessionario”. Tuttavia, non può trascurarsi che in tema di PPP l’articolo 180, comma 3, prevede chiaramente: i) che nei contratti di partenariato pubblico privato il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o del rischio di domanda; ii) che il contenuto del contratto deve essere definito tra le parti in modo che il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore economico, per eseguire il lavoro o fornire il servizio, dipenda dall’effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell’opera o dal volume dei servizi erogati in corrispondenza della domanda e, in ogni caso, dal rispetto dei livelli di qualità contrattualizzati, purché la valutazione avvenga
ex ante. Ciò significa che, da un lato, la valutazione della sostenibilità dell’operazione è fatta sulla base di flussi stimati – e non effettivi – dei servizi resi o della disponibilità dell’opera, secondo (mere) previsioni di domanda e secondo criteri di quantità e qualità dell’opera definiti ex ante; dall’altro lato, i livelli di servizi “effettivamente” forniti e la relativa qualità potranno divergere (ex post) da quelli stimati e ciò potrà determinare una perdita o un guadagno in capo all’operatore economico. Le disposizioni normative dettate per il PPP, così interpretate, appaiono coerenti con la definizione di rischio operativo dettata per le concessioni.
Pertanto, si è scelto di accogliere l’opzione di un espresso richiamo nelle Linee Guida al concetto di “rischio operativo”, introdotto al paragrafo 2.1; tuttavia, in considerazione del dato letterale dell’articolo 3, comma 1, lettere uu), vv) e zz), l’Autorità ha scelto di richiamare il concetto di rischio operativo solo per le concessioni, così come suggerito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ferme restando le considerazioni sopra svolte.
Opzioni alternative:
1. Altri soggetti intervenuti nella consultazione hanno rilevato che - nonostante una certa assonanza tra il rischio operativo e i rischi previsti da Eurostat - sarebbe opportuno distinguerli in quanto il Manuale Eurostat si riferisce ai contratti di PPP in cui il principale pagatore è la PA o, in base alla novità introdotta nell’edizione di Marzo 2016, che prevedono una domanda rigida. Mentre il rischio operativo deve essere presente in tutte le concessioni, sia a tariffazione sulla PA che a tariffazione sull’utenza. Sul punto, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha rappresentato che andrebbe chiarito che «il principio del trasferimento del rischio operativo al partner privato si applica ai contratti di concessione e a tutte le forme di PPP, così come individuate dall’articolo 180, comma 8 del codice, che si qualificano come concessioni, e non a procedure di appalto».
2. Con riferimento al trasferimento del rischio operativo in un contratto di concessione, è stato osservato altresì come sia fondamentale che all’atto dell’aggiudicazione della gara il PEF mostri una situazione di perfetto equilibrio economico e finanziario, condizione che si manifesta quando il Valore Attuale Netto dei flussi di cassa dell’azionista è uguale a zero e quando il Tasso Interno di Rendimento, sempre calcolato su FCFE, è uguale al costo atteso del capitale (equity/mezzi propri) investito.
Opzione scelta:
Impostando le operazioni in tal modo, se il concessionario è in grado di gestire più efficientemente ed efficacemente il rischio operativo, la sua remunerazione sul capitale investito sarà maggiore di quella media di mercato, assunta a riferimento. Di converso, ove ciò non fosse, la remunerazione e la restituzione del suo capitale, ed eventualmente di quello di debito e la copertura dei costi di gestione, potrebbero essere compromessi. In altre parole, il perseguimento dell’interesse economico dovrebbe indurre l’operatore privato ad attuare un comportamento più virtuoso, in fase di strutturazione ed esecuzione del contratto di concessione, dal momento che solo in tal modo potrà ottenere il suo ritorno economico. Quindi occorre specificare che le PA devono individuare quali sono i rischi che il mercato può assumere e che il rischio operativo non va confuso con i rischi previsti da Eurostat ai fini della contabilizzazione off-balance sheet, sebbene siano molte le assonanze e che va dimostrato attraverso il PEF. Si è precisato, altresì, al paragrafo 3.1, che, in generale, fermi i criteri e le buone pratiche definite dalle Autorità di regolazione competenti, l’equilibrio economico-finanziario è verificato quando, dato
un tasso di congrua remunerazione del capitale investito, il valore attuale netto dei flussi di cassa del progetto (VAN del progetto) è pari a zero.
In via generale, occorre rilevare che il paragrafo in esame, così come l’intera Parte I delle Linee Guida, contiene osservazioni giuridiche e indicazioni di natura preminentemente interpretativa, che non introducono obblighi o oneri amministrativi e non si rilevano elementi di tipo quantitativo da analizzare nella valutazione di impatto di tale intervento regolatorio.
2.1 Rischio di disponibilità e Rischio di domanda
Opzioni alternative
1. Il Consiglio di Stato ha richiesto che l’elenco dei rischi, sebbene meramente esemplificativo, venga declinato a seconda delle singole categorie di servizi e contenga un’analisi delle categorie di servizi e di utenza.
2. È stato richiesto di fornire indicazioni per l’identificazione dei rischi che possono essere connessi a una determinata operazione di PPP distinguendo tra cd. “opere fredde” (per le quali il privato che le realizza e le gestisce fornisce servizi direttamente alla Pubblica Amministrazione e trae la propria remunerazione dai pagamenti effettuati da quest’ultima) e “opere calde” (dotate di un’intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da utenza, in misura tale da ripagare i costi di investimento e remunerare adeguatamente il capitale coinvolto nell’arco della vita del contratto). La richiesta muove dal fatto che, per ciò che concerne il Rischio di disponibilità e il Rischio di domanda, l’allocazione tra parte pubblica e parte privata differisce in misura sostanziale nell’uno e nell’altro caso; con ciò determinando una differenza sostanziale nei contratti e negli obblighi connessi e conseguenti in capo alle parti. In caso di opere qualificate come “fredde”, il modello contrattuale deve, infatti, necessariamente contemplare, sotto un profilo economico- finanziario, la corresponsione da parte della parte pubblica, durante la fase gestionale, di un corrispettivo per i servizi e le prestazioni effettuate dal privato a favore della controparte contrattuale, ovvero la stessa Pubblica Amministrazione.
Opzione scelta
Si ritiene che la richiesta del Consiglio di Stato non possa essere accolta in un atto a valenza generale. Tuttavia, ritenendo l’osservazione pienamente condivisibile, si ritiene che la stessa possa trovare accoglimento in occasione della predisposizione di contratti standard o di linee guida specifiche relative a singole categorie di servizi.
L’Autorità non ritiene necessario riportare nelle Linee Guida la distinzione tra opere fredde e opere calde dal momento che l’articolo 180, comma 2, del codice dei contratti pubblici già specifica che i ricavi di gestione dell’operatore economico possono provenire dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio a utenza esterna, distinguendo così il PPP per la realizzazione di opere fredde e calde. Tuttavia, per rispondere alla manifestata istanza di chiarimenti, al punto 2.3 si è rappresentato che il Rischio di domanda non è di regola presente nei contratti nei quali l’utenza finale non abbia libertà di scelta in ordine alla fornitura
dei servizi (ad esempio, carceri, scuole, ospedali) e, pertanto, in tali casi, ai fini del trasferimento del rischio operativo è necessaria l’allocazione in capo all’operatore economico, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità. Sotto tale profilo, il nuovo codice non apporta alcun cambiamento rispetto alla previgente disciplina e le Linee Guida forniscono, per ciascuna tipologia di rischio, indicazioni di natura preminentemente interpretativa per la definizione degli stessi, senza standardizzare l’allocazione dei singoli rischi, dipendendo tale allocazione dalle peculiarità del progetto e della specifica situazione socio-economica nella quale esso è implementato.
2.2 Rischio di costruzione
Opzioni alternative:
Con riferimento all’individuazione del rischio di costruzione, sono emerse le seguenti opzioni di regolazione:
1. Alcuni Stakeholder ritengono che il rischio di commissionamento, il rischio amministrativo, il rischio espropri e il rischio ambientale/archeologico non debbano essere ricompresi nel rischio di costruzione in quanto sfuggono, in larga parte, al controllo dell’operatore economico.
2. Altri hanno evidenziato che detti rischi potrebbero essere trattati a parte all’interno della sezione “Altri rischi”, atteso che possono riguardare anche la fase gestionale del rapporto concessorio ovvero riferirsi a eventi non necessariamente ricadenti nell’esclusiva alea del soggetto privato.
3. Alcuni operatori hanno chiesto, invece, di ricomprendere nel rischio di costruzione da allocare sull’operatore economico anche quello specifico legato all’affidabilità e adeguatezza della tecnologia.
4. Altri ancora di ricomprendere anche: il rischio di variate condizioni degli assunti del progetto di fattibilità, quali piani urbanistici e politiche amministrative; il rischio di esecuzione dell’opera nei termini di tempi e costi pianificati derivanti da cause di forza maggiore, sospensioni a causa di incidenti, contenziosi di terze parti; il rischio di insolvenza o fallimento di uno o più soggetti esecutori.
5. Alcuni hanno chiesto, invece, di integrare il rischio di costruzione con il rischio di gestione delle interferenze per sovra servizi e sotto servizi, prevedendo che esso, dipendendo da terzi (i gestori interferiti) non potrà essere a carico del soggetto privato.
6. Inoltre, alcuni soggetti hanno chiesto all’Autorità di valutare l’incidenza sull’allocazione del rischio di costruzione del procedimento di iscrizione e valutazione delle riserve.
7. Uno dei soggetti intervenuti alla consultazione ha osservato che l’analisi e l’allocazione del rischio e il relativo monitoraggio e azioni conseguenti devono tenere in debita considerazione il costo degli eventuali canoni di leasing, pena l’inutilizzabilità di fatto dello strumento per mancanza di operatori interessati.
8. In riferimento ai rischi specifici di progettazione, di esecuzione dell’opera difforme dal progetto e di aumento del costo dei fattori produttivi o di inadeguatezza o indisponibilità di quelli previsti nel progetto, alcuni stakeholder hanno evidenziato la possibilità di prevedere una condivisione tra pubblico e privato in presenza di eventi eccezionali di carattere economico che impongano shock significativi al costo di alcuni materiali o alla loro scarsa disponibilità sul mercato senza che sia possibile una loro sostituzione con fattori produttivi analoghi. Ad esempio, qualora l’aumento dei costi vada oltre la normale prevedibilità e ricada nell’ipotesi di impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta.
9. Un operatore, sempre con riferimento al rischio di progettazione, ha evidenziato che solo se il partner privato ha un ruolo decisivo nella progettazione, i costi legati al rischio devono essere sostenuti da quest’ultimo con modalità simili a quanto stabilito a proposito del rischio di costruzione. A tal fine, per una precisa attribuzione degli oneri di progettazione, la stazione appaltante sceglie di mettere a gara un progetto preliminare, lasciando al progettista dell’aggiudicatario la stesura della versione definitiva ed esecutiva. Si è osservato, altresì, che, in caso di modifiche progettuali richieste dall’amministrazione, i costi maggiori, sia di realizzazione che finanziari, devono rimanere invece in capo ad essa.
10. Un altro dei soggetti intervenuti alla consultazione è andato ancora oltre la predetta richiesta, suggerendo di specificare che l’attribuzione del rischio di progettazione al privato vale solo nelle ipotesi in cui la progettazione sia rimessa al privato sin dalla fase preliminare e le omissioni o gli errori progettuali non siano stati compiuti dall’Amministrazione o da altro privato incaricato dalla stessa della sola progettazione.
11. Infine, qualcuno ha chiesto di prevedere nel rischio di progettazione anche le “omissioni di progettazione o sottovalutazioni di altri fattori”.
Opzione scelta
Posto che ai sensi dell’articolo 180, comma 3, del codice dei contratti pubblici il rischio di costruzione è da allocare in capo al privato, l’Autorità ha condiviso l’opzione di comprendere all’interno di tale categoria generale di rischio solo i rischi specifici che certamente non possono essere condivisi con la pubblica amministrazione spostando nella categoria “Altri rischi” i rischi specifici di commissionamento, amministrativo, espropri e ambientale/archeologico, per i quali, laddove si ritenga che il rischio non possa essere allocato per intero in capo a una sola delle parti, andranno individuate nella matrice - in righe distinte - le circostanze per le quali il rischio è a carico del soggetto pubblico e quelle in cui è a carico del soggetto privato. Al riguardo, appare opportuno rappresentare che l’analisi dei rischi non è standardizzabile per ogni operazione di PPP, dovendo necessariamente essere fatta caso per caso. Disposizioni che in un progetto determinato possono rivelarsi indici certi di attribuzione del rischio all’una o all’altra parte, in un altro ambito possono rivelarsi totalmente ininfluenti. Occorre considerare, inoltre, che difficilmente un indicatore può, da solo, rappresentare prova certa di trasferimento del rischio operativo, essendo necessaria una visione sistemica dell’operazione e una lettura combinata dei diversi indici. Si è ritenuto, inoltre, di accogliere la richiesta di ricomprendere nel rischio di costruzione anche quello di inaffidabilità e inadeguatezza della tecnologia utilizzata, trattandosi di una possibile ulteriore articolazione dello stesso; è stato altresì previsto il rischio di gestione delle interferenze per sovra e sotto servizi, inserendolo nella categoria “Altri rischi”, dal momento che l’allocazione potrebbe non essere totalmente a carico del partner privato; non è stata accolta, invece, la proposta di includere anche gli altri rischi specifici indicati nelle osservazioni sopra esposte, in quanto riconducibili ad altre categorie di rischio, quali il rischio normativo-politico- regolamentare o quello dell’inadempimento del subappaltatore e dal momento che le linee guida contengono già previsioni specifiche per gli eventi di forza maggiore.
In ordine agli eventi macro-economici si segnala quanto riportato nel Manuale sull’Indebitamento e sul Debito Pubblico (“MGDD”) di Eurostat (cfr. MGDD, Parte VI. 4.3.6, punto 79) - che può considerarsi valido non solo per la corretta contabilizzazione dell’operazione ma anche per le valutazioni sul trasferimento del rischio operativo – laddove precisa che non tutti i rischi macro- economici devono essere sopportati dal soggetto pubblico. Normalmente, infatti, il partner privato
dovrebbe adottare misure per proteggersi dagli effetti negativi di tali eventi, in particolare attraverso polizze di assicurazione, laddove disponibili sul mercato a un prezzo ragionevole. Al contrario, nel caso di eventi che sarebbe impossibile garantire (come sommosse, guerre, disastri naturali, ecc.) il soggetto pubblico dovrebbe sopportarne il rischio, nella sua totalità o in parte.
2.3 Rischi di commissionamento, amministrativo, espropri e ambientale/archeologico
Opzioni alternative
1. Alcuni stakeholder hanno evidenziato che il rischio di commissionamento non è gestibile dalla controparte privata ma è un tipico rischio appartenente alla sfera pubblica, dal momento che il consenso sociale sulla realizzazione dell’opera pubblica deve essere acquisito dal soggetto concedente anche prima dell’avvio dell’iniziativa.
2. Altri operatori hanno ritenuto che debbano essere identificati precisi limiti di allocazione al privato del rischio di commissionamento e che in particolare tale rischio debba essere limitato a talune tipologie di rischio amministrativo.
3. In ordine al rischio amministrativo alcuni operatori hanno rilevato che si tratta di un rischio da allocare sulla parte pubblica, alla luce del fatto che è l’amministrazione il soggetto che meglio del privato, in virtù degli strumenti previsti dall’ordinamento (accordo di programma, conferenza di servizi, ecc...), può gestire tale rischio, anche in considerazione del complesso iter di approvazione dei progetti infrastrutturali nel quale l’operatore economico svolge un ruolo residuale e prodromico di predisposizione della progettazione/documentazione necessaria a fini autorizzativi. Solo nel caso in cui l’operatore economico non compia tutti gli atti necessari per il perfezionamento delle procedure per la richiesta di autorizzazioni secondo i tempi e le modalità previste dalla normativa vigente e ciò comprometta il rilascio dell’autorizzazione, sarà possibile attribuire una responsabilità in capo al soggetto privato. In ogni caso non deve mai essere attribuito al concessionario il rischio legato all’esito delle procedure amministrative. È stato evidenziato, altresì, che l’articolo 188, comma 2, del codice dei contratti pubblici attribuisce al soggetto aggiudicatore i rischi di costruzione e gestione derivanti dal mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni ecc. Tale principio dovrebbe essere ritenuto valido in tutti i PPP e lo stesso vale per il rischio contenzioso da parte dei privati, che non può essere attribuito al privato se non è allo stesso imputabile. Inoltre, il rischio amministrativo dovrebbe ricomprendere anche i rischi derivanti da atti amministrativi/regolamentari che determinino un’alterazione delle condizioni di equilibrio del piano economico finanziario.
4. In ordine al rischio espropri alcuni stakeholder hanno osservato che la compartecipazione dei privati a tale rischio è immaginabile solo per la parte relativa all’attivazione delle procedure di esproprio, se poste in capo al concessionario, ma non anche per il loro esito che dovrebbe restare a carico del soggetto concedente. Qualora l’esercizio dei poteri espropriativi sia delegato all’operatore economico, infatti, in capo a questi resterà allocato il rischio della buona esecuzione, nel rispetto delle modalità e tempistiche di legge, delle procedure di esproprio. Si è precisato, altresì, che, anche in caso di delega dei poteri espropriativi da parte del concedente, l’adozione di diversi atti della procedura espropriativa resta sovente in capo al concedente medesimo, residuando in capo al concessionario l’attività prodromica al raggiungimento di accordi bonari con i proprietari delle aree necessarie alla realizzazione dell’opera. Anche per tale ragione, si è rappresentato che eventuali ritardi e/o extra-costi derivanti dalla procedura espropriativa, ove
correttamente espletata dal concessionario per quanto di propria competenza, non possono essere assunti dalla parte privata.
5. In merito al rischio ambientale/o archeologico, alcune osservazioni hanno evidenziato che se detto rischio si verifica successivamente all’approvazione della progettazione definitiva, e successivamente al rilascio delle autorizzazioni degli enti preposti, eventuali maggiori costi di bonifica o di adeguamento idrogeologico, oppure relativi a ritrovamenti archeologici, devono essere trattati come eventi di forza maggiore e, come tali, non possono essere attribuiti alla responsabilità del concessionario ma dovrebbero dare avvio ad una revisione del PEF. Secondo uno dei soggetti intervenuti alla consultazione, il rischio ambientale-archeologico si potrebbe integrare con il “rischio di bonifica dovuta a ritrovamenti bellici, alla contaminazione”.
Opzione scelta
Come già sopra evidenziato, l’Autorità ha ritenuto di spostare la trattazione dei rischi specifici di commissionamento, amministrativo, espropri e ambientale/archeologico dalla categoria generale del rischio di costruzione a quella degli “Altri rischi” così che, laddove si ritenga che gli stessi non possano essere allocati per intero in capo a una sola delle parti, andranno individuate nella matrice - in righe distinte – le circostanze per le quali ciascuno di detti rischi è a carico del soggetto pubblico e quelle in cui è a carico del soggetto privato. Per il contratto di disponibilità, in considerazione delle specifiche previsioni contenute all’articolo 188, commi 2 e 5, del codice dei contratti pubblici relative all’allocazione di alcuni specifici rischi, si è ritenuto opportuno richiamare l’attenzione delle amministrazioni aggiudicatrici su tali disposizioni.
L’opzione suggerita di inserire alcune integrazioni sul rischio ambientale/archeologico non è stata accolta in quanto le stesse sono già comprese nella definizione contenuta nelle Linee Guida.
2.4 Rischio di domanda
Opzioni alternative
1. Per il rischio di domanda alcuni Stakeholder hanno osservato che, per una significativa pluralità di opere, la previsione di un rischio di domanda totale o eccessivamente elevato a carico del soggetto privato rende estremamente difficoltoso e, in alcuni casi impossibile, reperire le risorse finanziarie di debito. Per questo il mercato finanziario, per tali opere, predilige, di regola, una strutturazione di progetti PPP sulla base di un canone di disponibilità. Pertanto, le linee guida potrebbero offrire un chiarimento univoco circa l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità per i contratti PPP e, quindi, anche per le concessioni, senza particolari limiti legati alle caratteristiche dell’opera.
2. Inoltre, è stato evidenziato che, con riferimento ai rischi specifici elencati, dovrebbe essere inserito quello di forza maggiore, riguardante fatti comunque imprevedibili che abbiano effetti negativi sull’equilibrio, nonché i rischi derivanti da decisioni dell’ente concedente che influiscano direttamente sul livello di domanda dell’opera realizzata in PPP. Secondo lo stesso Manuale SEC 2010, laddove le variazioni della domanda conseguano a condotte del settore pubblico (per tale intendendosi non solo il concedente), come mutamenti politici o sviluppo di infrastrutture concorrenti con quella oggetto del contratto realizzate su mandato del settore pubblico, un adeguamento nei pagamenti periodici del partner pubblico o pagamenti in compensazione al privato non comporterebbero una riclassificazione dell’asset sul bilancio dell’amministrazione.
Inoltre, in coerenza con i principi dettati dalla Direttiva 24/2014/EU e dal Manuale SEC 2010: (i) non dovrebbe essere allocato sul concessionario il rischio derivante da crisi finanziarie sistemiche, vale a dire depressioni critiche dei cicli economici a fronte delle quali l’operatore privato, per l’entità e la forza d’urto, nulla potrebbe. Tale principio dovrebbe indurre a prevedere meccanismi contrattuali di bilanciamento nell’allocazione del rischio finanziario, a fronte di eventi il cui verificarsi non è controllabile da parte del concessionario; (ii) variazioni della domanda dipendenti da eventi eccezionali di forza maggiore, espressamente indicati nell’impianto contrattuale con esclusione dei rischi macro-economici di regola sopportati dagli operatori privati, potrebbero essere allocate sul concedente senza determinare una riclassificazione on balance degli assets.
3. Un operatore ha chiesto che sia aggiunto nel rischio di domanda specifica quello che “costringa a rivedere i prezzi del servizio”.
4. È stato chiesto, altresì, di aggiungere l’ulteriore rischio di contrazione dei prezzi di mercato dei servizi collegato all’insorgere di nuove politiche sociali, amministrative o tendenze commerciali.
5. Secondo alcuni operatori, nel rischio di domanda andrebbe considerato anche il rischio di inadeguatezza delle tariffe, che va trasferito all’operatore economico quando le tariffe non sono regolate.
6. Inoltre, c’è chi evidenzia che il rischio di domanda non sempre può essere assunto dall’operatore economico, specie nei casi di investimenti “xxxxxxxxxx”, ma non per questo non può essere trasferito il rischio operativo.
Opzione scelta
Le Linee Guida descrivono i principali rischi che possono essere presenti in un’operazione di PPP ma – in disparte l’allocazione del rischio di costruzione, che è in capo all’operatore economico per espressa disposizione normativa – l’allocazione di ciascun rischio, come già sopra evidenziato, non è standardizzabile nelle Linee Guida, dovendo necessariamente essere fatta caso per caso.
Le Linee Guida non trattano direttamente il rischio sistemico connesso a eventi macroeconomici eccezionali, che si ritiene difficilmente possano essere affrontati in un contratto di PPP, ma debbano essere considerati nell’ambito di una strategia complessiva di risposta a tali eventi.
Su suggerimento delle Autorità di regolazione, è stato specificato che il rischio di domanda è annullato quando negli atti di programmazione o nel piano economico e finanziario la domanda finale è sottostimata e, quindi, le fluttuazioni della domanda effettiva non determinano mai una reale possibilità di incorrere in perdite. Inoltre, è stata indicata l’opportunità di prevedere idonee clausole contrattuali volte a scongiurare ipotesi di extra-redditività prevedendo rimedi quali una variazione della durata del contratto nel caso in cui sia dimostrato che l’operatore economico abbia conseguito più velocemente l’obiettivo del recupero degli investimenti e dei costi sostenuti, oppure la previsione di meccanismi di profit sharing che consentano la condivisione degli extra-profitti con l’amministrazione o con gli utenti destinatari del servizio, in caso di opere calde.
2.5 Rischio di disponibilità
Opzioni alternative
1. Alcuni Stakeholder hanno osservato che occorre prestare molta attenzione al trasferimento del rischio di disponibilità, facendo in modo che lo stesso non sia un mero rischio di performance. Ne consegue che il rischio operativo assume particolare rilevanza riguardo all’efficacia del servizio
che la PA potrà erogare, grazie al miglioramento delle prestazioni, dovute all’apporto di know- how, da parte dell’operatore privato. A tal fine un ruolo rilevante è giocato dalle penali, che non devono generare un effetto cosmetico, ma devono essere automatiche e determinate in modo da rispecchiare il danno prodotto all’amministrazione. Per esempio, nel caso una sala operatoria non sia disponibile la penale deve essere calcolata sulla base del DRG relativo alle prestazioni non effettuate. Nel caso in cui una piscina non sia disponibile è necessario equiparare la penale al ricavo cessante considerando anche il danno prodotto sull’utenza.
2. In merito all’allocazione sul privato di un rischio di manutenzione straordinaria non programmata, alcuni stakeholder hanno rilevato che laddove derivante da fatti imprevedibili (quali forza maggiore, sopravvenute esigenze tecniche etc.) dovrebbe dare in ogni caso diritto al riequilibrio del progetto. Altri, invece, hanno chiesto di chiarire meglio le implicazioni legate alla manutenzione programmata, visto il rischio di impatti particolarmente negativi sul mercato e di esporre le società di leasing all’assunzione di rischi di cui tali soggetti non possono farsi carico in virtù dell’ordinamento bancario.
3. Con riferimento al rischio di performance alcuni operatori hanno osservato che sarebbe opportuno fare riferimento in maniera più esplicita alla necessità di definire degli indicatori (key performance indicators - KPI) in base ai quali stabilire eventuali inadempimenti del privato, anche ai fini dell’articolo 180, comma 4, del codice dei contratti pubblici.
4. Con riferimento ai rischi specifici che possono comporre il rischio di disponibilità, si è chiesto di tenere in considerazione anche: a) il rischio che il canone che l’amministrazione deve corrispondere al concessionario non sia sufficiente a far fronte a eventuali aggiornamenti tecnologici, che si rendessero necessari per garantire determinati livelli prestazionali. b) il rischio che l’usura tecnica dell’investimento possa essere più veloce rispetto agli standard e che, pertanto, vi sia la necessità di sostenere maggiori costi operativi di manutenzione, o maggiori interventi di manutenzione straordinaria. Sarebbe opportuno, quando possibile (specie nel caso in cui oggetto del contratto siano tecnologie) che la durata della concessione fosse più lunga della vita utile del bene tecnologico (per esempio tra i 10 e i 15 anni, nel caso di tecnologie sanitarie). Questo ovviamente sottoporrebbe l’operatore privato al rischio di aggiornamento tecnologico nell’ambito di un determinato canone di disponibilità e in risposta a determinati requisiti tecnologici prestazionali (il c.d. banding). Secondo alcuni operatori, si potrebbe aggiungere, inoltre, il rischio di insolvenza o fallimento di uno o più soggetti gestori.
Opzione scelta
Sono state accolte le richieste di integrazione di alcuni rischi specifici che compongono la categoria generale del rischio di disponibilità mentre non si è ritenuto di accogliere l’opzione di inserimento in tale categoria di richiami a eventi causati da forza maggiore dal momento che nelle Linee Guida la forza maggiore è già oggetto di apposite previsioni. Infine, in accoglimento delle osservazioni pervenute, si è scelto di far riferimento espressamente alla necessità di definire nel contratto un sistema di penali basato su criteri di valutazione oggettivi e certi mediante l’elaborazione preventiva di indicatori chiave di prestazione (KPI) determinati in relazione ai contenuti e alle caratteristiche dello specifico contratto.
2.6 Altri rischi
Opzioni alternative
1. Sulla categoria generale denominata “Altri rischi” alcuni operatori ritengono opportuno aggiungere all’elenco dei rischi specifici anche il seguente: “Rischio eventi imprevedibili di eccezionale portata”, comprendente gli eventi straordinari, non preventivabili e non riconducibili alla responsabilità dell’operatore economico, in grado di influenzare la realizzazione e/o la gestione dell’opera e di ripercuotersi negativamente (eventi destabilizzanti) o positivamente (eventi favorevoli) sull’equilibrio del piano economico-finanziario.
2. Altri ancora hanno evidenziato la possibilità di considerare i seguenti rischi specifici: a) il rischio inflazione in relazione al particolare contesto macro-economico nazionale ed internazionale; b) tra i rischi di adeguamento normativo quelli connessi ai meccanismi di “soft law”.
3. Alcuni stakeholder hanno evidenziato la necessità di chiarire che il rischio di obsolescenza tecnica non deve essere confuso con il processo di miglioramento tecnologico che può rendere desiderabile un aggiornamento degli impianti. Si tratterebbe, infatti, di un rischio imprevedibile, che non può ricadere sull’operatore economico la cui attività di gestione deve riferirsi alla tecnologia disponibile al momento della sottoscrizione del contratto e in esso prevista. Eventuali miglioramenti tecnologici devono essere concordati tra le parti e dare luogo ad una procedura di riequilibrio del Piano Economico – Finanziario.
4. Altri operatori hanno rilevato che l’assunzione da parte dell’operatore economico di un rischio di obsolescenza inteso come rischio inerente il progresso tecnico, il miglioramento del livello tecnologico, la modernità e attualità delle condizioni di resa del servizio o di fruizione dell’opera deve essere espresso in modo assai chiaro nel bando, nella convenzione e nei disciplinari prestazionali. Se invece si fa riferimento all’obsolescenza incidente sui costi di manutenzione e si intende fare riferimento ad un deterioramento prestazionale e fisico dovuto ad usura precoce o minor vita utile fisica dell’impianto, è necessario una nota di chiarimento.
5. In relazione al rischio finanziario, è stata evidenziata l’importanza che l’amministrazione verifichi che il PEF sia stato formulato con valori di costo del capitale allineati al mercato. Se il costo fosse sovrastimato, non solo per effetto della previsione di un tasso di interesse eccessivamente prudenziale, ma anche di costi sommersi relativi alla struttura finanziaria nel suo complesso, il rischio finanziario sarebbe solo teorico.
6. Alcuni operatori, invece, ritengono che in presenza di situazioni eccezionali che impediscano l’accesso ai mercati finanziari a condizioni “normali” sarebbe opportuno prevedere una compartecipazione al rischio da parte del soggetto concedente. Aumenti dei tassi di interesse a livelli oggettivamente “straordinari”, o l’impossibilità di reperire sufficienti finanziamenti necessari per problemi di carattere generale, dovrebbero prevedere una distribuzione degli effetti del rischio sulle parti coinvolte, con una revisione delle condizioni di equilibrio del Piano Economico Finanziario, atteso che la previsione di una risoluzione automatica del contratto sarebbe un rimedio non adeguato anche in una prospettiva di economicità. Detti operatori ritengono, invece, opportuno, nelle ipotesi eccezionali sopra ricordate, ammettere, de jure condendo, la possibilità per l’amministrazione, a valle di un adeguato sounding di mercato, di accordare un aggiornamento del piano economico finanziario per riflettere le condizioni di finanziamento riconosciute dal mercato.
7. Con particolare riferimento ai contratti di locazione finanziaria, un operatore ha osservato che il canone di leasing è determinato sulla base delle spese effettivamente sostenute dal finanziatore e del tasso risultante dall’applicazione dello spread sul parametro di riferimento scelto dalla stazione appaltante (IRS per il fisso o Euribor per il variabile). Il parametro di riferimento da utilizzare assume particolare importanza per il soggetto finanziatore soprattutto in caso di scelta di xxxxx
fisso. Si ritiene, pertanto, che il rischio finanziario, inteso quale responsabilità di reperimento dei capitali necessari a copertura dei costi, debba essere posto a carico del soggetto finanziatore per definizione. Il rischio di variazione del tasso di riferimento deve, invece, essere trattenuto dalla stazione appaltante in modo da evitare di assumere già in partenza un consistente onere finanziario aggiuntivo.
8. In ordine al rischio normativo-politico-regolamentare alcuni dei soggetti partecipanti alla consultazione pubblica hanno osservato che le sopravvenute disposizioni legislative, anche fiscali, dovrebbero determinare la revisione del Piano, al fine di sterilizzare per il concessionario gli effetti, positivi o negativi, sull’equilibrio economico finanziario, della concessione direttamente riconducibili a tali modifiche.
9. Sul rischio delle relazioni industriali alcuni stakeholder hanno chiesto di specificare che eventuali agitazioni legate a fattori esogeni possano essere considerati come “eventi di forza maggiore” e dar luogo al riequilibrio del piano economico finanziario o, nei casi più gravi di forza maggiore prolungata, alla risoluzione della concessione.
10. Per il rischio di valore residuale è stato osservato che occorrerebbe mitigare in via contrattuale l’eventualità che la gara per la ricerca del concessionario subentrante vada deserta e che, quindi, il concessionario uscente non riceva il corrispettivo dovuto, prevedendo che l’Amministrazione assuma l’obbligo di versare al concessionario uscente il valore del corrispettivo di retrocessione, riconoscendo allo stesso, fino alla data di pagamento del valore di subentro, la facoltà di proseguire nella gestione dell’opera sino al completo ammortamento, compatibilmente con la normativa di settore e con quanto stabilito nella convenzione. Gli operatori hanno precisato che, in ogni caso, se il progetto intende apprezzare e gestire questo rischio o farne elemento di valutazione delle proposte, occorrerebbe definire i parametri rilevanti per tale valutazione e indicare nel bando o nel disciplinare se e come quantificare e valutare nel Piano Economico e Finanziario del Concessionario il valore residuale.
Opzione scelta
Le Linee guida hanno precisato che l’elenco dei rischi ivi contenuto è meramente esemplificativo e non esaustivo, così come richiesto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, al fine di lasciare all’amministrazione la possibilità di individuare i rischi rilevanti connessi al progetto. Inoltre, è stata richiamata l’attenzione, in particolare, su quei rischi che possono, con ragionevole certezza, ritenersi a carico del partner privato.
La richiesta di integrazione della categoria generale “Altri rischi” con il “Rischio eventi imprevedibili di eccezionale portata” non è accoglibile dal momento che il rischio specifico proposto rientra nella nozione di forza maggiore, oggetto di apposite previsioni contenute nelle Linee Guida. Non si è ritenuto di ricomprendere tra i rischi specifici quello di inflazione relativo a particolari contesti macro- economici nazionali e internazionali, dal momento che – come già rilevato – tale tipologia di eventi non può trovare una risposta definita nelle Linee Guida, necessitando di volta in volta di un esame ad hoc delle circostanze concrete cui si riferisce l’evento in questione. Né è accoglibile l’osservazione sui rischi normativi derivanti dagli atti cd. di “soft law”, alla luce delle osservazioni espresse sul punto dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema di codice.
In ordine al rischio di obsolescenza tecnica si ritiene esaustiva la definizione dello stesso come rischio legato ad una più rapida obsolescenza tecnica degli impianti, incidente sui costi di manutenzione e/o sugli standard tecnici e funzionali prestabiliti. Si tratta di un rischio cui, normalmente, sono esposte le
imprese presenti sul mercato. Le convenzioni possono disciplinare questo rischio, anche tenendo conto delle differenze esistenti tra opere calde e opere fredde. Per le seconde si può valutare quando procedere ad adeguamenti delle condizioni contrattuali per tener conto della migliore qualità offerta all’amministrazione.
In ordine al “rischio finanziario”, in accoglimento delle osservazioni formulate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stata riformulata la definizione dello stesso al fine di distinguerlo dal “rischio di finanziamento”, inteso quale mancato reperimento delle risorse di finanziamento nei tempi stabiliti dal bando di gara (allocato dal legislatore in capo all’operatore economico in virtù di quanto disposto all’art. 180, comma 7, del codice). In accoglimento di alcune delle osservazioni formulate sul rischio finanziario, l’Autorità ha evidenziato nelle Linee Guida che le amministrazioni sono tenute a verificare che il PEF sia stato formulato con valori di costo del capitale allineati al mercato. Con riferimento, invece, alla richiesta di condivisione del rischio attinente all’impossibilità di reperimento dei finanziamenti per problemi di carattere generale, si ritiene la stessa non accoglibile, dovendosi rilevare al riguardo che il quadro normativo vigente attribuisce tale rischio all’operatore economico (si veda l’articolo 165, comma 3 e l’articolo 180, comma 7 del codice dei contratti pubblici, laddove prevedono la risoluzione di diritto del contratto per mancato perfezionamento del contratto di finanziamento).
Per quanto riguarda il rischio delle relazioni industriali occorre ribadire che solo gli eventi rischiosi esogeni alle parti possono essere riconducibili alla tipologia della “forza maggiore” e soggiacere alle previsioni dettate per tale istituto.
Le osservazioni formulate in ordine al rischio di valore residuale non sembrano attinenti al contenuto di tale rischio inteso quale rischio di dover restituire un bene di valore inferiore alle attese.
Opzioni alternative
1. Il Consiglio di Stato e il MEF hanno evidenziato la necessità di specificare quando si verifica l’equilibrio economico finanziario, di introdurre ulteriori specificazioni in relazione agli indicatori utilizzati per la verifica dell’equilibrio e di inserire uno specifico riferimento ai criteri e alle buone pratiche definite dalle Autorità di regolazione competenti.
2. In considerazione del fatto che il codice ha modificato la disciplina prima trattata dall’articolo 143 commi 8 e 8-bis del decreto legislativo n. 163/2006, espungendo il CIPE dalle procedure di riequilibrio e demandando al NARS la valutazione della revisione dei piani economico finanziari causata dal verificarsi di fatti non riconducibili all’operatore economico che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario, alcuni operatori hanno chiesto che le Linee Guida richiamino il ruolo del NARS previsto dal codice.
3. Uno dei soggetti intervenuti alla consultazione pubblica ha chiesto di chiarire nelle Linee Guida quali sono le società di revisione che in virtù dell’evoluzione normativa possano ritenersi legittimate all’attività di asseverazione dei PEF.
4. In ordine al venir meno delle condizioni di equilibrio di cui all’articolo 182, comma 3, del codice dei contratti pubblici si è rilevato che lo stesso deve essere verificato ricorrendo prevalentemente a valutazioni quantitative, in termini, ad esempio, di incremento (in valore assoluto o percentuale) del costo dell’investimento, piuttosto che di variazione del VAN o del TIR di progetto o dei mezzi propri, superiore a certe percentuali, variazioni dell’indice DSCR e LLCR, e così via. Si è osservato, altresì, che tale valutazione deve essere effettuata in maniera "bidirezionale" (a
vantaggio sia del concessionario che del concedente, a seconda dei casi), e, tendenzialmente, con riferimento a tutte le tipologie di rischi.
5. Alcuni operatori hanno chiesto di prevedere una clausola di salvaguardia in tema di eventi non imputabili al concessionario, rilevando che un’elencazione quale quella proposta non copre tutte le eventualità verificabili nel corso del contratto. Inoltre, hanno evidenziato l’opportunità di rimettere alla libera discussione tra le parti la possibilità di revisionare il PEF alla luce di eventi difficilmente inquadrabili ma che esercitano influssi determinanti sul PEF, ritenendo necessaria la previsione di misure di tutela maggiori rispetto agli investimenti privati per scongiurare l’inutilizzo degli strumenti di PPP.
6. Un altro operatore ha ritenuto non condivisibile che le varianti richieste dall’amministrazione diano titolo a una revisione del PEF laddove comportino un’alterazione dell’equilibrio economico-finanziario, ritenendo che, in tali casi, l’amministrazione dovrà corrispondere all’appaltatore il costo della variante richiesta e, tutt’al più, prevedere un riequilibrio solo laddove la variante implichi effetti sulla gestione tali da generare uno squilibrio economico-finanziario. In relazione alla gestione dei rischi e alle ipotesi di revisione del PEF, è stata affermata la necessità di predisporre apposite clausole di benefit sharing e risk sharing, attraverso le quali bilanciare le condizioni del piano economico finanziario a favore del concedente o del concessionario.
7. Alcuni Stakeholder hanno chiesto di precisare che la revisione del PEF di cui agli articoli 165, comma 6, e 182, comma 3, del codice dei contratti pubblici non può essere parziale e deve riguardare tutti gli scostamenti dai valori indicati dell’equilibrio economico e finanziario. Gli eventuali scostamenti rientranti nei rischi allocati alla parte privata sono riequilibrati con oneri e/o compensazioni a carico della stessa.
Opzione scelta
Sono stati accolti i suggerimenti offerti dal Consiglio di Stato e dal MEF. In particolare, è stato specificato che l’equilibrio economico e finanziario, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera fff), del codice dei contratti pubblici, si realizza quando i flussi di cassa derivanti dai ricavi del contratto coprono i flussi di cassa derivanti dai costi ammessi per l’esecuzione del contratto, inclusi quelli relativi all’ammortamento del capitale investito netto e alla remunerazione dello stesso ad un tasso che può essere definito congruo e quelli richiesti per versare le imposte. Inoltre, è stato specificato che in generale e fermi i criteri e le buone pratiche definite dalle Autorità di regolazione competenti, l’equilibrio economico-finanziario è verificato quando, dato un tasso di congrua remunerazione del capitale investito, il valore attuale netto dei flussi di cassa del progetto (VAN del progetto) è pari a zero. In ordine agli eventi non imputabili al concessionario che potrebbero dare luogo a una revisione del PEF, non è accoglibile l’opzione di rimettere alla libera discussione delle parti l’individuazione di tali eventi, essendo necessario - ai fini di una maggior certezza dei rapporti contrattuali - che nel contratto essi siano già individuati. Al riguardo, si segnala che anche nel sopra citato Manuale Eurostat (MGDD, Part VI.4.3.6, punto 79) è espressamente stabilito che le cause di forza maggiore devono essere contenute in un elenco preciso ed esaustivo. Nelle Linee Guida è, quindi, riportato a titolo esemplificativo un elenco di cause di forza maggiore. A tale riguardo, si evidenzia che, con riferimento ai fenomeni naturali avversi, è stato precisato, così come richiesto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che deve trattarsi di fenomeni “di particolare gravità ed eccezionalità”; non si è ritenuto di accogliere, invece, il suggerimento del medesimo Ministero di espungere da tale elenco la fattispecie relativa alla “impossibilità, per fatto del terzo, di accedere a materie prime e/o servizi necessari alla
realizzazione dell’intervento”, dal momento che ci si riferisce anche in tal caso a circostanze estranee a chi le invoca, anomale e imprevedibili. A tal fine, si è ritenuto opportuno precisare che deve trattarsi di impossibilità “imprevista e imprevedibile”.
Infine, dalle cause di revisione del PEF è stata espunta la questione relativa alle varianti, in accoglimento delle osservazioni ricevute, ritenendo comunque opportuno che l’onere delle varianti richieste dall’amministrazione ricada sulla stessa, ma che la revisione del PEF risulti necessaria solo quando le varianti comportino oneri per la gestione.
VI.3 – PARTE II: IL MONITORAGGIO DELL’ATTIVITÀ DELL’OPERATORE ECONOMICO
1. La corretta definizione delle clausole contrattuali
Nel documento di consultazione l’Autorità ha indicato la corretta definizione delle clausole contrattuali come uno dei passaggi fondamentali per realizzare l’allocazione dei rischi in capo alla parte ritenuta più capace di gestirli, nonché per il mantenimento in capo all’operatore economico dei rischi allo stesso trasferiti. Posto che alcuni elementi essenziali del contratto derivano dal contenuto dell’offerta selezionata come migliore, in tale paragrafo sono stati delineati anche i contenuti minimi dell’offerta di gara.
Opzioni alternative:
1. Uno dei soggetti intervenuti alla consultazione ha osservato che per una corretta identificazione, allocazione e monitoraggio dei rischi è opportuno inserire anche la seguente dicitura: a) Eventuali garanzie a favore della stazione appaltante a copertura dei rischi generati dal trasferimento da parte di quest’ultima di utilità economiche all’affidatario del contratto, a fronte della disponibilità dell'opera o della domanda di servizi
(b) Tempi di esecuzione della progettazione
2. Rispetto ai contenuti minimi del contratto di gara, alcuni stakeholder hanno osservato che il mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni, si configura come una tipica causa non imputabile al concessionario. In linea generale, tale rischio dovrebbe essere allocato sul soggetto concedente. Con riferimento al “corrispettivo per il valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine del rapporto contrattuale”, è stato suggerito, invece, di aggiungere anche le modalità e le tempistiche di pagamento del valore residuo.
3. È stato chiesto, altresì, di inserire la seguente dicitura: a) effetti in capo alle parti a seguito di recesso contrattuale e risoluzione contrattuale per fatto del concessionario. Ciò in quanto il codice dei contratti pubblici disciplina le conseguenze per le parti in caso di recesso mediante gli articoli 109 (appalto), 165 (concessione in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano) e 182 (contratti PPP in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano), ma è silente riguardo alle conseguenze del recesso contrattuale da parte di una delle parti per cause diverse dal mancato accordo sul riequilibrio del piano. In quest’ultimo caso se trovasse, per analogia, applicazione l’articolo 109, riguardante l’appalto, le conseguenze per la stazione appaltante sarebbero pesanti. Ma in ogni caso non trova disciplina da parte del codice dei contratti pubblici il recesso contrattuale per fatto dell’affidatario. In questo caso sarebbe giusto e opportuno che gli effetti sulle parti del recesso contrattuale trovassero una specifica disciplina nel contratto al fine di evitare applicazioni analogiche che potrebbero distorcere il sinallagma contrattuale originario e soprattutto i rischi ad esso connessi. In caso di risoluzione, per cui il codice prevede l’applicazione dell’articolo 1453 del codice civile, sarà il giudice, caso per caso, a stabilire se l’opera realizzata necessita di un indennizzo oppure di
nessuna somma in quanto la prestazione per il concedente consisteva in un diritto legato ad un rischio (rischio di costruzione). Per queste ragioni si ritiene di importanza primaria che, invece, le parti possano accordarsi, in sede di redazione del contratto di concessione, circa le conseguenze della risoluzione per fatto del concessionario mediante l’integrazione di una specifica norma che tuteli maggiormente la pubblica amministrazione in quanto svincolata dagli obblighi previsti dalla rischiosa disposizione sui contratti di appalto.
Opzione scelta
L’opzione proposta dall’Autorità di definire i contenuti minimi sia dell’offerta che del contratto è stata, in linea generale, condivisa dagli stakeholder. Al riguardo occorre evidenziare che già il previgente decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010 definiva, per le concessioni di costruzione e gestione dei lavori, all’articolo 115 il contenuto dello schema di contratto e all’articolo 116 il contenuto dell’offerta. Tale contenuto è stato riprodotto nelle Linee Guida, con alcune integrazioni anch’esse condivise dagli stakeholder che hanno partecipato alla consultazione pubblica, ed è stato esteso a tutti i contratti di PPP, essendo funzionale ad una più efficiente gestione del rapporto contrattuale, anche in un’ottica di deflazione del contenzioso.
In accoglimento delle osservazioni del Consiglio di Stato è stato specificato che il contratto di PPP stipulato tra l’amministrazione e l’operatore economico aggiudicatario è predisposto dal RUP e da questo proposto all’amministrazione con indicazione dello schema completo delle clausole contrattuali ritenute adeguate. Inoltre, sono stati inseriti, tra il contenuto minimo dell’offerta, la documentazione prevista dai provvedimenti di natura regolatoria adottati dalle Autorità di settore e la specificazione che il PEF deve essere fornito in formato elettronico con indicazione delle formule di calcolo.
Con riferimento ai contenuti dell’offerta è stata accolta la richiesta di integrazione con l’indicazione delle eventuali garanzie offerte dall’operatore economico a copertura dei rischi generati dall’eventuale trasferimento da parte dell’amministrazione di utilità economiche all’affidatario del contratto, nonché con l’indicazione dei tempi di progettazione.
In merito ai contenuti del contratto, si è ritenuto opportuno chiarire che in esso deve essere previsto l’obbligo per l’operatore economico di eseguire le attività necessarie al rilascio dei provvedimenti autorizzativi, dal momento che il rischio del mancato rilascio è invece disciplinato con la matrice dei rischi.
In ordine all’indicazione del corrispettivo per il valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine del rapporto contrattuale, in accoglimento del suggerimento pervenuto, è stata aggiunta anche l’indicazione delle modalità e delle tempistiche di pagamento del valore residuo.
In merito alla richiesta di prevedere tra i contenuti minimi del contratto anche la disciplina delle ipotesi di recesso e di risoluzione per fatto dell’affidatario, sono state indicate le voci da computare ai fini della quantificazione delle somme dovute all’una o all’altra parte in caso di risoluzione per inadempimento dell’operatore economico, laddove ciò non sia espressamente già previsto dal codice dei contratti pubblici (ad esempio, l’articolo 165, comma 5, del codice dei contratti pubblici stabilisce che il concessionario non ha diritto ad alcun rimborso delle spese sostenute in caso di risoluzione per mancato collocamento delle obbligazioni di progetto di cui all’articolo 185). Non si è ritenuto necessario integrare l’elenco con previsioni concernenti ipotesi di recesso dal momento che, a fronte di un inadempimento dell’operatore economico, non può che esservi applicazione di penali o risoluzione contrattuale.
Accogliendo l’indicazione fornita dal Consiglio di Stato, la parte relativa alla matrice dei rischi è stata inserita nella Parte II delle Linee Guida, quella relativa alle prescrizioni con natura vincolante.
Opzioni alternative:
1. Alcuni Stakeholder intervenuti hanno evidenziato la necessità di individuare la matrice dei rischi come parte integrante del contratto di PPP, stabilendone l’obbligatorietà e individuando i soggetti deputati alla sua predisposizione.
2. Alcuni operatori hanno evidenziato la necessità di precisare che la matrice dei rischi deve essere predisposta e utilizzata sia in fase di programmazione che in fase esecutiva.
3. Il Consiglio di Stato ha chiesto di individuare in modo specifico i soggetti cui compete la predisposizione del contratto e della matrice dei rischi, nonché lo svolgimento delle attività di monitoraggio sull’esecuzione, indicando le specifiche professionalità ritenute idonee.
4. Uno dei soggetti intervenuti alla consultazione pubblica ha segnalato che la ripartizione dei rischi tra soggetto pubblico e partner privato viene preliminarmente impostata nel bando per trovare il proprio compiuto assetto a valle dell'esperimento della fase di gara con la definizione dei documenti contrattuali, in particolare, con la definizione della convenzione a cui è allegato il piano economico finanziario. La convenzione e il PEF definiscono la fisiologia del rapporto concessorio e, in tale contesto, la matrice dei rischi si rivela come un utile elemento descrittivo di sintesi del rapporto giuridico e non, di per sé, come idoneo ad effettuare una corretta valutazione ed allocazione dei rischi. Per tali motivi, ha suggerito di ponderare attentamente l’enfasi che il Documento riserva alla matrice dei rischi, rispetto agli strumenti del contratto, del piano economico finanziario e, ove ritenuto opportuno, del progetto di fattibilità.
5. Al contrario, un altro degli operatori intervenuti ha osservato che, anche se la valutazione e l’allocazione dei rischi, definitiva e calibrata sulla singola iniziativa, venisse lasciata ai singoli operatori (stazioni appaltanti) in funzione delle caratteristiche specifiche dell’opera da realizzare, l’autorità centrale deve provvedere a identificare le previsioni di allocazione dei rischi principali in misura sufficientemente chiara e vincolante e non demandare a meccanismi di applicazione di soft-law. La necessità di identificare “ex ante” la matrice dei rischi a livello di autorità centrale troverebbe giustificazione anche nella necessità di mantenere la necessaria chiarezza in ordine alla netta distinzione sopra richiamata tra iniziative di PPP per opere “fredde” e per “opere calde”.
6. Altri operatori hanno evidenziato, invece, che la matrice dei rischi deve fornire indicazioni più approfondite sull’allocazione dei vari rischi, non limitandosi a una mera identificazione e a un trattamento di tipo "binomiale" dei singoli fattori di rischio. Oltre a un "inventario" dei rischi, soprattutto per i progetti più rilevanti, può essere opportuno anche attribuire un determinato livello di probabilità al verificarsi dell’evento patologico. In tal caso, il piano economico finanziario dovrebbe dar conto della scelta da parte del concessionario di coprire quel determinato rischio (con la determinazione dei connessi costi di copertura) piuttosto che rimanerne esposto, scelta di rilievo non marginale nella valutazione della proposta da parte del concedente. Attraverso una simile valutazione, la stima dei flussi di cassa e dei rendimenti che il piano esprime potrà essere considerata nel primo caso “risk adjusted” mentre nel secondo caso sarà evidente che i rendimenti espressi nel piano non considerano costi per la copertura dei rischi e dovranno pertanto essere tendenzialmente più elevati, in quanto maggiormente esposti a fattori di rischio.
7. Secondo altri operatori, per l’importanza dell’allocazione dei rischi nelle operazioni di PPP, sarebbe opportuno che l’ANAC fornisse precise indicazioni sull’opportunità di richiedere la matrice dei rischi in sede di presentazione dell’offerta e, eventualmente, di attribuire alla stessa un determinato punteggio al momento della valutazione, suggerendo i criteri di valutazione.
8. Per alcuni Stakeholder, nell’ambito della matrice può essere opportuno prevedere un’apposita analisi dei rischi derivanti dalle strutture statutarie dei soggetti concessionari in PPP, al fine di limitare il verificarsi di situazioni che possano incidere sulle concessioni stesse, ed esporre a rischio le amministrazioni concedenti, senza che esse possano in alcun modo intervenire per evitare il rischio o limitarne gli effetti negativi. A tale proposito, evidenziano che, all’interno dei contratti di concessione, si potrebbero individuare una serie di clausole statutarie delle società di progetto che danno luogo a un trasferimento del rischio, per la cui modifica sarebbe necessario prevedere l’informativa o, in alcuni casi, il parere preventivo da parte della stazione appaltante.
9. Secondo uno dei soggetti intervenuti alla consultazione, la matrice dei rischi potrebbe includere, inoltre, le seguenti informazioni (colonne) quali: a) modalità di monitoraggio; b) indici di controllo dello stato di rischio.
10. Alcuni stakeholder hanno rilevato la necessità di precisare che la matrice dei rischi non può sostituire il regolamento contrattuale che, in caso di conflitto, dovrà comunque prevalere. Inoltre, alcuni aspetti della matrice proposta, come quelli contenuti nella colonna delle probabilità dei rischi e nella colonna dei maggiori costi derivanti, scontano una valutazione soggettiva non rilevante ai fini della condivisione tra le parti.
11. È stato osservato, altresì, che più che la mera elencazione dei rischi, sarebbe utile la trattazione delle misure di mitigazione dei rischi. Ad esempio, si potrebbe inserire nella convenzione diversi livelli di coinvolgimento, a seconda degli oneri da sostenere, prevedendo che gli eventuali interventi siano a carico: a) del concessionario fino a una certa cifra; b) del concessionario ma con riequilibrio del PEF, per somme superiori; c) della P.A. sopra una certa somma con, in alternativa, possibilità per il concessionario di recedere dal contratto d) possano legittimare il recesso dal contratto. Si è suggerito altresì di considerare l’inclusione di formule di gestione oggettiva dei rischi già a livello contrattuale.
12. Alcuni operatori hanno osservato che, ai fini di un’opportuna interpretazione di quale sia la tipologia di contributo pubblico a cui si riferisce il limite del 49% previsto all’articolo 180, comma 6, del codice dei contratti pubblici, le Linee Guida potrebbero considerare quanto già indicato dal Manuale sull’Indebitamento e sul Debito Pubblico (“MGDD”) di Eurostat (cfr. MGDD Part
VI.4.3.3 punto 55). In tale prospettiva, il limite citato sarebbe da considerare con esclusivo riferimento alle forme di contribuzione pubblica in conto investimenti. Si rappresenta, inoltre, che la definizione di “eventuali oneri finanziari” fornita dal nuovo codice è alquanto ampia e potrebbe indurre a dei comportamenti adattivi e distorsivi degli stakeholder che, per massimizzare la contribuzione pubblica, potrebbero considerare - in fase di stima del suddetto contributo - strutture finanziarie con leva finanziaria sovradimensionata nonché computare, per la definizione del limite del 49%, gli oneri finanziari sull’intera durata del finanziamento. A tal proposito, è stato suggerito di precisare che gli oneri finanziari da considerare sono da riferirsi esclusivamente al periodo di costruzione e/o di investimento iniziale, che generalmente coincide con il periodo di tiraggio del finanziamento senior, escludendo di conseguenza l’eventuale parte di oneri finanziari riguardanti la fase di gestione.
13. Alcuni stakeholder hanno rappresentato la significativa differenza, pur nell’ambito del PPP, tra strumenti come il project e il leasing pubblico. Quest’ultimo, infatti, al di là della diversa
configurazione dell’allocazione dei rischi (connessa al fatto di trovare applicazione, nel primo caso, a opere calde o tiepide e, nel secondo caso, a opere tipicamente fredde), integrando una forma di collaborazione che vede come partner dell’amministrazione soggetti sottoposti ad una specifica vigilanza da parte della Banca d’Italia, richiede un’attenta e autonoma valutazione al fine di garantire un allineamento tra la regolamentazione bancaria e gli standard contrattuali e le linee guida che saranno predisposte da ANAC.
Opzione scelta
L’Autorità ha accolto la richiesta di considerare la matrice dei rischi come parte integrante del contratto di PPP e di precisare che la stessa è elaborata dal RUP o da altro soggetto individuato in conformità al regolamento organizzativo dell’amministrazione ed è definita caso per caso sulla base delle caratteristiche specifiche della prestazione oggetto del contratto, con l’obiettivo di disciplinare ex-ante modalità e limiti di revisione delle condizioni economico-finanziarie poste a base del PEF e offerte in sede di gara.
L’opzione adottata dall’Autorità, di fornire solo a titolo esemplificativo uno schema di matrice dei rischi, deve essere preferita rispetto all’opzione richiesta di definire a livello di autorità centrale l’allocazione dei rischi principali in misura chiara e vincolante, senza demandare a meccanismi di applicazione di soft-law. Al riguardo, giova ribadire che l’individuazione, la valutazione e l’allocazione dei rischi connessi all’operazione di PPP è un’attività che deve essere necessariamente rimessa alla valutazione delle amministrazioni aggiudicatrici e che non può essere fissata ex ante in un atto normativo o di regolazione, dal momento che ogni progetto avrà le proprie caratteristiche e peculiarità e solo in relazione ad esse e al contesto socio-economico nel quale il progetto va ad inserirsi sarà possibile individuare sia i rischi che possono essere connessi ad una specifica iniziativa, sia il soggetto - pubblico o privato - che è maggiormente in grado di sopportarli e gestirli, al fine di realizzare il trasferimento in capo all’operatore economico del rischio operativo.
È stata accolta la richiesta di specificare che la matrice dei rischi è utilizzabile, in fase di programmazione, per la redazione del documento di fattibilità economica e finanziaria, per verificare la convenienza del ricorso al PPP rispetto ad un appalto tradizionale e per la corretta indizione della fase procedimentale. Inoltre, è stato specificato che la matrice dei rischi è posta a base di gara e utilizzata come elemento di valutazione dell’offerta e, in fase di esecuzione, per il controllo sul mantenimento in capo al privato dei rischi allo stesso trasferiti.
Con riferimento alla richiesta del consiglio di Stato, è stato specificato che la matrice dei rischi è predisposta dal RUP o da altro soggetto individuato secondo il regolamento organizzativo dell’ente e, nella parte non precettiva, è stata specificata la necessità che il RUP e il direttore dei lavori o direttore dell’esecuzione siano individuati tra i soggetti in possesso di competenze specifiche in modo da garantire l’approccio multidisciplinare richiesto nella gestione dei contratti di PPP.
Su proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stato altresì precisato che la matrice dei rischi può essere suddivisa in relazione alle diverse fasi di ciclo di vita del contratto, ripartendo, quindi, l’elenco dei rischi in relazione alla fase preliminare al bando/progettuale/di costruzione/gestione.
In ordine alla richiesta di indicazione nella matrice dei rischi anche della probabilità di verificarsi dell’evento, si evidenzia che nel modello proposto con il documento di consultazione è stata già dedicata una colonna a tale elemento.
Si ritiene, invece, che possa essere accolto con favore il suggerimento di prevedere che nel PEF l’operatore economico possa indicare anche la scelta di coprire un determinato rischio (individuato dall’amministrazione con indicazione della probabilità del verificarsi), riportandone anche i connessi
costi di copertura e che tale scelta assuma rilievo nella valutazione della proposta da parte dell’amministrazione.
Sull’eventuale discordanza tra la matrice dei rischi e il contratto, si osserva innanzitutto che tale eventualità dovrebbe essere contenuta per il fatto che nel modello di matrice indicato nelle Linee Guida è riportata anche l’indicazione della disposizione contrattuale di riferimento.
Infine, nelle Linee guida è stato integrato il richiamo dei fattori relativi al finanziamento pubblico dei costi di investimento, quali elementi di rilevanza sostanziale ai fini dell’allocazione dei rischi, con le misure agevolative previste a legislazione vigente (ad esempio, l’articolo 18 della legge n. 183/2011; l’articolo 33 del decreto legge n. 179/2012; l’articolo 11 del decreto legge n. 133/2014), così come richiesto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il Consiglio di Stato ha invitato l’Autorità a verificare la compatibilità rispetto alla norma primaria delle disposizioni aventi carattere vincolante che individuano il contenuto minimo dell’offerta, gli aspetti del contratto da disciplinare, l’obbligo di dare atto della valutazione circa la permanenza, in capo all’operatore economico, dei rischi legati alla gestione dei lavori o dei servizi. Oltre all’importanza di un’esaustiva e corretta definizione delle clausole contrattuali, nel documento di consultazione l’Autorità ha individuato i seguenti strumenti di controllo sul trasferimento e sul mantenimento in capo al privato del rischio operativo: (i) elaborazione della matrice dei rischi, (ii) presenza di un adeguato flusso informativo tra operatore economico e amministrazione sui dati relativi all’andamento della gestione dei lavori e dei servizi, (iii) necessità di un periodico resoconto economico-gestionale. In particolare, l’Autorità aveva rappresentato l’opportunità di prevedere una piattaforma informatica condivisa tra amministrazione e operatore economico nella quale possano essere inseriti, da entrambe le parti, i dati ritenuti rilevanti e, in particolare, quelli utilizzati per la definizione dell’equilibrio economico-finanziario. Opzioni alternative:
1. Per agevolare la verifica delle performance dell'investimento da parte dell’amministrazione, alcuni stakeholder hanno suggerito di richiedere, oltre ad una piattaforma informatica, anche l’obbligo di creazione della società di progetto, che dovrà trasmettere una rendicontazione periodica al concedente, soprattutto per interventi al di sopra di una certa soglia. Tale previsione si ritiene possa rendere verosimilmente più agevole anche la verifica in tema di Service Level Agreement.
2. Il MEF ha chiesto che nelle Linee Guida fosse richiamato l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di individuare nel contratto il flusso informativo relativo all’andamento della gestione dei lavori e dei servizi, che l’operatore economico deve trasmettere alle stesse per l’esercizio del monitoraggio sui rischi,
Opzione scelta
Per quanto concerne la valutazione richiesta dal Consiglio di Stato in ordine alla compatibilità delle indicazioni prescrittive fornite rispetto alla norma primaria, si ritiene che la delega contenuta nell’articolo 181, comma 4, del codice dei contratti pubblici, che demanda all’Autorità la definizione delle modalità del monitoraggio dell’attività dell’operatore economico, legittimi l’Autorità ad individuare gli elementi necessari per lo svolgimento di detta attività di controllo e a specificare le modalità di acquisizione degli stessi.
Gli stakeholder intervenuti nella consultazione pubblica hanno generalmente condiviso le scelte dell’Autorità sopra indicate e non hanno proposto opzioni alternative da valutare, ad eccezione di quanto rilevato dal MEF.
Pertanto, nella definizione del testo finale delle Linee Guida, l’Autorità ha previsto che le amministrazioni aggiudicatrici debbano elaborare la matrice dei rischi e richiamare nella stessa i singoli articoli del contratto che definiscono il soggetto e le modalità di assunzione dei rischi, al fine di effettuare un controllo sulle principali clausole contrattuali, verificando se le stesse siano state formulate in modo da assicurare la corretta allocazione dei rischi. In caso di variazioni contrattuali o revisioni del PEF le amministrazioni aggiudicatrici dovranno accertare che le modifiche apportate non alterino l’allocazione dei rischi così come definita nella documentazione contrattuale e riportata nella matrice medesima, dando atto nel documento di modifica del contratto o di revisione del PEF della anzidetta valutazione.
Occorre evidenziare che la previsione di tale obbligo non aggrava l’attività e gli oneri in capo alle amministrazioni aggiudicatrici dal momento che, ai sensi dell’articolo 181, comma 3, del codice dei contratti pubblici, le amministrazioni - ancor prima di effettuare la scelta di ricorso a forme di PPP - avrebbero dovuto provvedere a verificarne la convenienza mediante lo svolgimento di un’adeguata istruttoria finalizzata ad analizzare – inter alia – la natura e intensità dei diversi rischi presenti nell’operazione. Pertanto, l’elaborazione della matrice dei rischi dovrebbe essere stata già effettuata dall’amministrazione aggiudicatrice a monte dell’operazione, per comparare i diversi strumenti utilizzabili per la realizzazione dell’intervento e scegliere il più conveniente. Infatti, solo nel caso in cui dovessero emergere rischi che possono essere efficacemente trasferiti al partner privato, con conseguenti vantaggi in termini di tempi, costi e maggiore qualità degli interventi, allora risulterà conveniente per l’amministrazione il ricorso al PPP anziché a strumenti più tradizionali come l’appalto.
In ordine all’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di individuare nel contratto il flusso informativo relativo all’andamento della gestione dei lavori e dei servizi, che l’operatore economico deve trasmettere alle stesse per l’esercizio del monitoraggio sui rischi, l’Autorità ha ritenuto di accogliere l’opzione proposta dal MEF, ossia di far coincidere il contenuto di tale flusso informativo con il data set che le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a trasmettere alla Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP) istituita presso il MEF – Dipartimento RGS ai sensi dell’articolo 13 della citata legge
n. 196//2009 e che sarà pubblicato sui siti istituzionali dell’Autorità e del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato. In tal modo non solo si raggiunge maggiore certezza sulla efficacia ed esaustività dei dati oggetto di monitoraggio, ma si riducono i costi amministrativi derivanti dall’introduzione del presente obbligo informativo, dal momento che i dati che le pubbliche amministrazioni devono acquisire dall’operatore economico sono i medesimi che devono trasmettere alla BDAP. Peraltro, le funzioni di “alert” previste dalla BDAP del MEF, saranno di ausilio alle amministrazioni aggiudicatrici per lo svolgimento del monitoraggio sulle operazioni di PPP di competenza delle medesime. Proprio al fine di limitare l’onere informativo, le Linee Guida circoscrivono l’obbligo di trasmissione dell’operatore economico ai dati che non siano già in possesso delle amministrazioni.
In ordine alla richiesta di prevedere l’obbligatoria costituzione della società di progetto, pur condividendo l’idea che la società di progetto sia un elemento fondamentale per un’operazione di project financing, la proposta non è stata accolta dal momento che il legislatore ha rimesso alla stazione appaltante tale facoltà.
Infine, le Linee Guida prevedono l’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici, di acquisire - per il tramite del Rup, coadiuvato dal direttore dei lavori o dal direttore dell’esecuzione - un periodico
resoconto economico-gestionale sull’esecuzione del contratto, nel quale sia evidenziato l’andamento dei lavori in relazione al cronoprogramma, il rispetto degli SLA, l’esecuzione dei controlli previsti dal contratto, l’applicazione di eventuali penali o decurtazioni del canone e, in generale, ogni altro elemento di rilevanza contrattuale necessario per accertare la corretta gestione del contratto di PPP.
VI.4 - ENTRATA IN VIGORE
Opzioni alternative
1. Il Consiglio di Stato ha suggerito la previsione di un regime transitorio più ampio, introducendo una vacatio legis idonea a favorire un adeguamento graduale alle nuove disposizioni.
Opzione scelta
La richiesta del Consiglio di Stato è stata accolta prevedendo che le nuove disposizioni si applicano alle procedure avviate dopo la loro entrata in vigore e che i contratti già in essere si adeguano progressivamente secondo le previsioni del piano regolatorio.