ISSN 1127-8579
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Pubblicato dal 13/10/2015
All'indirizzo xxxx://xxx.xxxxxxx.xx/xxxx/00000-xxx-xxxxxxx-x-xxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxxx- commerciali
Autore: Xxxxxx Xxxxxxx
Uno sguardo d’insieme sulle locazioni commerciali
Uno sguardo d’insieme sulle locazioni commerciali
di Xxxxxxx Xxxxxx
SOMMARIO: 1. Immobili urbani e «uso diverso». – 2. La forma del contratto. - 3. Stabilità del rapporto e prevenzione degli abusi. La durata. – 4. Canone e oneri accessori. La c.d. clausola ISTAT. – 5. L’indennità per la perdita dell’avviamento. – 6. La c.d. prelazione urbana. – 7. Sublocazione e cessione del contratto. - 8. Successione nel contratto. – 9. Decreto «Sblocca Italia» e mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo. – 10. Locazione commerciale e affitto d’azienda. – 11. La regolamentazione del rapporto.
1. Immobili urbani e «uso diverso».
La disciplina delle locazioni che hanno per oggetto immobili urbani varia a seconda che gli stessi vengano adibiti ad uso abitativo ovvero ad uso diverso da quello di abitazione.
Per le locazioni abitative deve farsi ora per lo più riferimento alla Legge 9/12/1998, n˚431, la quale peraltro, all’art.1, definisce il proprio ambito di applicazione con le esclusioni riguardanti: 1) i contratti di locazione relativi agli immobili vincolati o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, sottoposti alla disciplina generale di cui agli artt.1571 e ss. c.c.
«qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell’art.2» della stessa L. n.431/1998; 2) gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, assoggettati alla disciplina loro propria; 3) gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche; 4) i contratti di locazione stipulati dagli Enti Locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio (assoggettati questi ultimi alla disciplina generale di cui agli artt.1571 e ss. c.c.).
La disciplina delle locazioni a uso diverso dall’abitazione continua invece a trovare la sua fonte principale nella legge 27/7/1978, n°392 e tale disciplina varia a sua volta a seconda della destinazione dell’immobile o meglio dell’attività che in concreto viene esercitata nell’immobile locato, come vedremo nel prosieguo.
Si ha uso diverso da quello di abitazione quando l’immobile viene adibito: ad attività industriali, commerciali e artigianali, di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili (art.27, comma 1, sì come sostituito dall’art.52 D. Lgs.23/5/2011, n.79); ad attività di lavoro autonomo (art.27, comma 2); ad attività alberghiere, esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’art.1786 c.c. ed attività teatrali (art.27, comma 3, da ultimo novellato dall’art.52 D. Lgs. 79/2011 cit.); ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche (art.42) ; a sedi di partiti e sindacati (art.42). L’uso diverso da quello di abitazione ai fini dell’applicazione della Legge 392/1978 ricorre anche nel caso di contratti di locazione stipulati dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (art.42).
La Legge 392 del 1978, al ricorrere delle diverse fattispecie di uso diverso dall’abitazione, appronta per esse una disciplina differenziata tanto che in dottrina si è parlato in proposito di attività a tutela piena, a tutela attenuata ed a tutela limitata1. Vedremo infatti nel prosieguo come la tutela accordata alle attività di cui all’art.27 trovi attenuazione (soprattutto con riguardo ai profili legati all’avviamento commerciale) nell’ipotesi di cui al comma 2 (attività professionali) e quando lo svolgimento nell’immobile locato delle attività industriali, commerciali, etc., non comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori ovvero quando tali attività siano svolte in immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici. Si parla poi di «tutela limitata» per le «attività particolari» di cui all’art.42, ossia quelle ricreative, assistenziali, culturali, scolastiche, politiche e sindacali, e per i contratti di locazione stipulati dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori.
Ai sensi dell’art.80 L.392/1978, se il conduttore adibisce l'immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza; decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso effettivo dell'immobile, mentre nell’ipotesi che la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia solo parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente. SINISI-TRONCONE2 mettono in relazione questa norma con quella che prevede l’obbligo di stipula in forma scritta del contratto di locazione immobiliare ad uso abitativo per evidenziare la problematica applicabilità dell’art.80 nell’ipotesi di contratto verbale per locazione non abitativa cui segua l’utilizzo abitativo dell’immobile, concludendo che in virtù del principio di specialità, la insussistenza del requisito formale richiesto dalla Legge n.431 del 1998 costituisce ostacolo insuperabile all’applicazione della normativa generale sul mutamento d’uso. Riguardando l’art.80 anche i casi di mutamento c.d. interno (ossia nell’ambito della medesima categoria locatizia), la questione della variazione della destinazione assume particolare rilevanza in relazione alla disciplina differenziata prevista
per le attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, ad es. in tema di indennità per la perdita di avviamento, come vedremo meglio infra.
L’aggettivo «urbani» che qualifica gli immobili presi in considerazione dalla L. 392/1978
va riferito, come già si è detto, alla loro destinazione: «la qualificazione di “urbano” e di
1 XXXXXXX-PREDEN, Le locazioni ad uso non abitativo, I, Milano 2010, pagg. 3 xx. x 00 xx.
0 XXXXXX-XXXXXXXX, Xx locazioni ad uso commerciale, Padova 2010, Pag.68.
“rustico” di un immobile non è collegata alla sua ubicazione, bensì alla natura della attività che in esso si svolge»3, sì che l’elemento di discrimine è dato dallo svolgimento di attività essenzialmente agricole (art.2135, comma 2, c.c.), che qualificherebbero il fondo come “rustico”, escludendolo perciò dall’ambito di applicazione della L. 392/19784. L’applicazione della L. 392/1978, invece, non è esclusa nel caso di utilizzazione dell’immobile per colture e allevamenti artificiali e nelle ipotesi di attività agricole c.d. per connessione (art.2135, comma 3, c.c.).
P 8
Anche la superficie non edificata (c.d. “area nuda”) può essere destinata all’esercizio delle attività contemplate dall’art.27 e dunque assoggettata anch’essa alla relativa disciplina5, rilevando, al riguardo, la più generale nozione di beni immobili contenuta al primo comma dell’art.812 c.c.. Limiti discendono invece dalla normativa urbanistica, con la consequenziale nullità dei contratti di locazione che abbiano ad oggetto attività (su aree nude o in costruzioni) che non siano consentite dagli strumenti urbanistici; nullità volta a volta fatta discendere dall’art.1343 c.c.6 o dall’art.1418 c.c.7. Per tali aspetti x. XXXXXXX- REDEN .
2. La forma del contratto.
A differenza di quanto disposto per le locazioni abitative dall’art.1, comma 4, Legge 431/1998, -ai sensi del quale è richiesta la forma scritta «per la stipula di validi contratti di locazione» da intendersi come richiesta a pena di nullità e quindi ad substantiam9-, la L. 392/1978 non contiene una norma analoga, sì che per le locazioni ad uso diverso resta vigente il principio generale della libertà della forma di stipula con le note eccezioni relative, da un lato, ai rapporti di durata superiore a nove anni10 e, dall’altro, ai contratti stipulati dalla pubblica amministrazione (per i quali è sempre richiesta la forma scritta11). Circa la previsione di cui all’art.1350, n.8, c.c., ai sensi del quale la forma scritta ad substantiam è
3 X. Xxxx., Sez. III, 19/4/1986, n.2775, in Giust. Civ. Mass. 1986, 4.
4 X. Xxxx., Sez.III, 30/3/1990, n.2615, in Giust. Civ. Mass. 1990, 3; x. xxxxx X. Xxxx. 00/0/0000, x.00, Xxxx Xx. 1984, I, 910.
5 X. Xxxx., Sez. III, 4/2/2004, n.2069, in Giust. Civ. Mass. 2004, 2.
6 Xxxxx causa illecita per contrarietà a norme imperative: X. Xxxx., Sez. III, 7/10/2008, n.24769, in Giust. Civ. Mass. 2008, 10, 1444.
7 Sotto il profilo dell’impossibilità giuridica dell’oggetto: X. Xxxx., Sez. III, 10/7/2008, n.18886, in Giust. Civ.
2009, 9, I, 1966.
8 XXXXXXX-PREDEN, Le locazioni ad uso non abitativo, cit., Pag. 163 ss..
9 XXXXXXXXX-XXXXXXXX, La locazione di immobili urbani, Padova 2005, Pag.131 ss.
10 Il contratto di locazione per una durata superiore a nove anni è atto eccedente l’ordinaria amministrazione (art.1572 c.c.), richiede la forma scritta a pena di nullità se ha ad oggetto beni immobili (art.1350, n°8, c.c.) ed è altresì soggetto all’onere della trascrizione nei registri immobiliari (art.2643, n.8, c.c.).
11 In materia di contratti stipulati dalla P.A. deve infatti ritenersi necessario l’atto scritto ad substantiam (combinato disposto art.1350, n.13, c.c. con le regole che disciplinano i contratti della pubblica amministrazione): v. «Locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo», Diritto&Diritti, luglio 2006.
prescritta per «i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni», la stessa è applicabile solo ai contratti che originariamente prevedano una locazione di durata superiore ai nove anni e non anche nelle ipotesi previste per le locazioni non abitative di cui agli artt. 28 e 29 della Legge 392/1978, per le quali, come vedremo, il rinnovo alla prima scadenza contrattuale è pur sempre eventuale12.
Il principio della libertà delle forme di stipula non muta neppure in presenza dell’obbligo di registrazione (in termine fisso, 30 giorni), imposto per tutti i contratti di locazione (indipendentemente dall’ammontare del canone) dall’art.21, comma 18, della Legge 27/12/1997, n.449 (con l’eccezione per i contratti di locazione di immobili non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata che prevedono una durata non superiore a 30 giorni complessivi nell’anno), e rafforzato dall’art.1, comma 346, della Legge 30/12/2004, n°311, che per i contratti di locazione stipulati successivamente al primo gennaio 2005 e non registrati dispone la nullità: le norme sulla registrazione (art.3 D.P.R. 26/4/1986, n.131) prevedono, infatti, la possibilità di registrare anche i contratti verbali con modalità che tengono conto anche dell’obbligo da ultimo introdotto con l’art.19, comma 15, Decreto- Legge 31/5/2010, n.78, convertito dalla Legge 30/7/2010, n.122, relativo alla comunicazione senza errori alle competenti autorità dei dati catastali identificativi dell’immobile locato.
Per il disposto del citato art.1, comma 346, Legge 311/2004, si è detto, i contratti di locazione («o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento») di unità immobiliari o loro porzioni, «comunque stipulati», sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati, sì che sembrerebbe derogarsi a quanto prevede in via generale l’art.10, comma 3, legge 27/7/2000, n.212 («Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente»), ai sensi del quale «le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto». Nonostante la lettera di tale norma, non manca in dottrina e giurisprudenza chi ritiene che la registrazione costituisca, invece, soltanto una condicio iuris di efficacia, con la conseguenza che l’omessa registrazione determinerebbe non la nullità del contratto, bensì la sua inefficacia (sanabile -con tardiva registrazione- ex tunc secondo il paradigma dell’art.1360 c.c., ovvero ex nunc)13. Chi propende per la tesi della nullità considera la norma di che trattasi come operante sul piano sostanziale; norma che sancisce una nullità non prevista in via immediata e diretta dal codice civile (art. 1418,
12 X. Xxxx., Sez. III, 16/2/1998, n°1633, in Giust. Civ. Mass. 1998, 350; X. Xxxx., Sez. III, 2/6/1993, n°6130, in Giust. Civ. Mass. 1993, 970.
13 Per le diverse posizioni v., in particolare, SINISI-TRONCONE, Le locazioni ad uso commerciale, Padova 2010, Pag. 226 ss.; XXXXXXXXX-XXXXXX, Le locazioni, I, Padova 2013, Pag. 33 ss.; XXXXXXX, Violazione di obblighi tributari e nullità del contratto (di locazione), in Riv. Dir. Civ., 2011, 4, 20357.
comma 2, c.c.), ma stabilita da legge speciale (v. art.1418, comma 3, c.c.) e comunque ricavabile attraverso il rango di norma imperativa riconosciuto alla disposizione tributaria (art. 1418, comma 1, c.c.), la cui violazione determina, appunto, la nullità del negozio14. Ed in tal senso sembrerebbe l’ordinanza X. Xxxx., Xxx.XXX, 0/0/0000, x.0000: «Diversamente da quanto in passato pure da questa Corte affermato (x. Xxxx., 7/4/2010, n. 8230), appare non potersi in effetti ritenere che solamente all'esito dell'entrata in vigore della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 346, la norma tributaria sia stata "elevata al rango di norma imperativa", con conseguente "nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 c.c." in caso di relativa violazione (cfr., in diverso ambito, Cass., Sez. Un., 17/12/1984, n. 6600). (…). Come questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha (in diverse fattispecie ma) in termini generali avuto modo di affermare, la norma tutelante interessi pubblicistici si profila per ciò stesso come imperativa ed inderogabile, non soltanto nei rapporti tra P.A. e privato (cfr. Cass., Sez. Un., 17/6/1996, n. 5520) ma anche nei rapporti tra privati (x. Xxxx., Sez. Un., 17/12/1984, n. 6600. (…) e, in tema di locazioni, Cass., 17/12/1985, n. 7412). (…) Né alla tardiva registrazione può attribuirsi una qualche efficacia sanante (…)». In tema di registrazione può semmai aggiungersi in questa sede che ai sensi dell’art.8 della Legge 392/1978 (espressamente richiamato dall’art.41, comma 1, della stessa legge), «le spese di registrazione del contratto di locazione sono a carico del conduttore e del locatore in parti uguali»16.
3. Stabilità del rapporto e prevenzione degli abusi. La durata.
Per quanto riguarda il contenuto della disciplina di cui alla Legge n.392 del 1978, va detto che la stessa si fonda sulla stabilità del rapporto locatizio e sulla prevenzione degli abusi ad opera di una parte nei confronti dell’altra17; su questa disciplina, come vedremo nel prosieguo, il legislatore è di recente intervenuto con l’art.18 Decreto-Legge 12/9/2014, n.133, convertito dalla Legge 11/11/2014, n.164, rubricato «liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo» (v. infra §9).
14 Così si è espressa la Corte d’Appello di Brescia, Sez.II, 28/5/2012, n.682, in Arch. Locaz. 2013, 1, 71. Nello stesso senso sembrerebbe la Corte d’Appello di Roma, sentenza n.3753/15 in data 24/6/2015 citata da D’AURIA, Affitti in nero: nullità del contratto di locazione non registrato e principio di Inferenza/Interferenza della norma tributaria sulla validità del contratto, in StudioCataldi, settembre 2015.
15 In DeJure.
16 Riflessi sulla forma di stipula del contratto potrebbero discendere dalla normativa in materia di certificazione energetica dove la forma scritta sembrerebbe presupposta ai fini dell’adempimento degli obblighi di allegazione (al contratto) dell’attestato di prestazione energetica, di consegna al conduttore della documentazione energetica alla fine delle trattative, nonché di informativa al conduttore in ordine alla prestazione energetica dell’immobile: adempimenti di cui deve essere dato atto con «apposita clausola» contrattuale con la quale il conduttore dichiari di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici (D. Lgs. 19/8/2005, n.192 e ss.mm.ii.). Sul punto, cfr. SOAVE, in AA.VV., Le locazioni commerciali, Padova 2015, Pag.365 ss..
17 PADOVINI, La disciplina della locazione immobiliare fra regime attuale e prospettive future, in Nuova Giur. Civ. 2012, 4, 20265.
La Legge 392 del 1978 detta norme imperative innanzitutto in materia di durata del rapporto: così gli artt. 27, 28, 29 e 31 sulla durata minima, sulla rinnovazione del contratto, sui limiti al diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, sulla tutela del conduttore in ipotesi di c.d. «abuso di disdetta».
La durata minima del rapporto è stabilita in sei anni ovvero in nove anni quando trattasi di attività alberghiere, di imprese assimilate ai sensi dell’art.1786 c.c. o di attività teatrali (art.27, comma 3) e non sono ammesse deroghe convenzionali: «se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti» (art.27, comma 4, che si pone quindi come fonte integrativa del contratto ex art.1374 c.c.). L’inderogabilità delle disposizioni sulla durata è poi rafforzata, come vedremo, dall’art.79 della stessa legge, ai sensi del quale è nulla ogni pattuizione diretta (tra l’altro) «a limitare la durata legale del contratto»: il meccanismo è quello della nullità parziale, che non comporta la nullità dell’intero contratto quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative (art.1419, comma 2, c.c.). L’art.27 non impedisce, invece, la pattuizione di una durata maggiore nel rispetto del limite trentennale di cui all’art.1573 c.c. («… se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto»)18.
Ai sensi dell’art.28, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (o di nove
anni in nove anni per le attività alberghiere, per le imprese assimilate ai sensi dell’art.1786
c.c. e per le attività teatrali), salvo disdetta da comunicarsi all’altra parte almeno 12 mesi (o 18 mesi per le attività nei casi suddetti) prima della scadenza. Ma la rinnovazione alla prima scadenza contrattuale può essere negata dal locatore soltanto nei casi tassativamente stabiliti dall’art.29 della stessa Legge 392/1978 e con le modalità e i termini previsti dal medesimo articolo (artt.28, comma 2, e 29 L.392/1978)19. Tale limitazione riguarda soltanto il locatore perché il conduttore, anche per la prima scadenza contrattuale, può valersi delle regole generali sulla rinnovazione di cui al primo comma dell’art.28 ed inoltre, l’ultimo comma dell’art.27 gli consente di recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di almeno sei mesi, «qualora ricorrano gravi motivi», i quali, per essere considerati tali, «devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore, sotto il profilo
00 X. xxxxx X. Xxxx, Xxx.XXX, 00/0/0000, x.0000, xx Xxxx Xx. 2005, I, 1740; X. Xxxx., Sez.III, 24/11/2004, n.22129, in Giust. Civ. 2005, 12, 2993.
19 Sulla rinnovazione del contratto alla prima scadenza e sul c.d. abuso di disdetta, v. «L’abuso di disdetta nelle locazioni ad uso diverso», in Diritto&Diritti, settembre 2015, e «Ancora sull’ ”abuso di disdetta”. X. Xxxx., Sez.III, n.7352/2015», in Diritto&Diritti, ottobre 2015.
economico, la prosecuzione del rapporto»20. Sempre in favore del solo conduttore può essere pattuita la facoltà di recesso in qualsiasi momento salvo preavviso di almeno sei mesi (art.27, comma 7). L’avviso di recesso facente riferimento ad un termine inferiore a quello convenzionalmente stabilito dalle parti o inferiore a quello minimo fissato dalla legge, conserva validità ed efficacia, benché il termine di esecuzione debba essere ricondotto a quello convenzionalmente pattuito o a quello minimo semestrale fissato dalla legge21. E’ stato anche osservato che la clausola contrattuale che stabilisse un termine inferiore a quello semestrale, costituendo una deroga di favore del conduttore, sarebbe da considerarsi valida22.
Ex art.28 L.392/1978, sussiste diritto di rinnovo alla prima scadenza indipendentemente dalla durata iniziale del rapporto: la previsione di un termine di durata del contratto superiore a quella minima di legge non esclude l’applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza di cui agli artt.28 e 29 L.392/1978, ancorché la durata del contratto inizialmente pattuita sia uguale o superiore a quella di dodici anni risultante dalla somma della durata minima legale iniziale e da quella minima di rinnovo23. Rientra nell’autonomia negoziale delle parti, infatti, stabilire un termine di durata superiore a quella legale, ma anche in questo caso il contratto si rinnova per sei anni, essendo tale termine stabilito dalla legge a prescindere dalla durata inizialmente fissata dalle parti: «ne deriva, pertanto, che ove sia convenuto un termine di nove anni, la durata complessiva del contratto è di quindici anni (nove più sei) salve ulteriori proroghe legali»24. La disciplina della durata minima del contratto e la disciplina della sua rinnovazione costituiscono due momenti distinti della vita del contratto25. La pattuizione di una durata del contratto di locazione non inferiore a dodici/diciotto anni, peraltro, potrebbe essere ascrivibile anche ad una rinuncia preventiva del locatore alla facoltà di diniego alla prima scadenza, ma affinché tale rinuncia possa configurarsi (con effetti impeditivi del rinnovo ex lege al termine del periodo considerato) è necessario che la stessa sia prevista espressamente nel contratto di locazione26. Qualora le parti abbiano pattuito un termine di durata del contratto superiore a
20 CARRATO, I presupposti per il legittimo esercizio del recesso da parte del conduttore di immobile commerciale, in Corr. Giur. 2012, 4, 508, nota a X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/00/0000, n.26711; v. anche X. Xxxx., Sez. III, 8/3/2007, n.5328, in Giust. Civ. Mass. 2007, 3; X. Xxxx., Sez. III, 30/4/2005, n.9023, in Giust. Civ. Mass. 2005, 4; X. Xxxx., Sez. III, 3/9/1990, n.9106 in Giust. Civ. Mass. 1990, 9.
21 X. Xxxx., Sez.III, 16/1/2007, n.831, in Giust. Civ. 2008, 5, 1265.
22 Così, SINISI-TRONCONE, Le locazioni ad uso commerciale, cit., Pag.264. 23 X. Xxxx., Sez.III, 24/11/2004, n.22129, in Giust. Civ. Mass. 2005, f.1. 24 X. Xxxx. Sez.III, 29/10/2004, n.20906, in Leggi d’Italia.
25 X. Xxxx., Sez.III, 24/11/2004, n.22129, in Giust. Civ., 2005, 12, 2997; x. xxxxx X. Xxxx., Xxx.XXX, 0/0/0000, n.2316.
26 X. Xxxx., Sez.III, 28/10/2004, n.20906, in DeJure.
quello minimo di legge, nonché il rinnovo automatico del contratto stesso per una durata pari a quella minima di legge, il locatore, per evitare il rinnovo tacito del contratto alla prima scadenza, è onerato a comunicare al conduttore la disdetta contenente il diniego di rinnovazione motivato almeno dodici (o diciotto nel caso di locazione di immobili con destinazione alberghiera) mesi prima della suddetta scadenza, secondo quanto previsto dagli artt. 28 e 29 della Legge n.392 del 197827.
Anche i contratti di locazione o sublocazione di immobili urbani adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sedi di partiti e sindacati e quelli stipulati dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori hanno la durata minima di sei anni (art.42, comma 1: «(…) hanno la durata di cui al primo comma dell’art.27»). Xxxx, risolvendo un contrasto giurisprudenziale circa la portata del rinvio operato dal comma 2 dell’art.42, X. Xxxx., S.U., 9/7/1997, n˚622728 ha ritenuto applicabile a questi contratti l’intera disciplina di cui agli artt. 28 e 29 della L. 392/1978 e quindi anche la normativa sul diniego di rinnovazione alla prima scadenza29. Per quanto concerne, però, i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione va ricordato che la volontà di obbligarsi della P.A. non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto ad substantiam, sì che nei confronti della stessa P.A. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto e detto principio va applicato anche in tema di contratto di locazione di immobili urbani, in cui l'ente pubblico sia locatore, ma con una precisazione: il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una pubblica amministrazione, è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione da parte di questa di obbligarsi (che non può desumersi, in tal caso da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge) non trova applicazione allorché la continuazione dell'originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso e perciò in forza della volontà così manifestata di concludere il contratto stesso, con esclusione dell'ipotesi della vera e propria rinnovazione o riconduzione30.
Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve di quello
ordinariamente previsto qualora l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per
27 X. Xxxx., Sez.III, 6/11/2009, n. 23553, in Giust. Civ. Mass. 2009, 11, 1554.
28 In Giur. it. 1998, 1351.
29 X. xxxxx X. Xxxx. 00/0/0000, x.00, xx Xxxx Xx. 1998, I, 1362; X. Xxxx., Sez.III, 6/2/2007, n.2567, in Giust. Civ. Mass. 2007, 2.
30 X. Xxxx., Sez. III, 23/1/2006, n.1223, in Giust. Civ. Mass. 2006, 1; X. Xxxx., Sez. III, 11/1/2000, n.188, in Giust. Civ. Mass. 2000, 37; X. Xxxx., Xxx.XXX, xx0000 del 10/9/1999 in Giust. civ. Mass. 1999, 1940; v., altresì, X. Xxxx., S.U., 28/11/1991, n°12769, in Giust. Civ. Mass. 1991, 11, e X. Xxxx., Sez.III, 24/6/2002, n°9165, in Giust. Civ. Mass. 2002, 1081.
sua natura, carattere transitorio (art.27, comma 5). Questa norma è stata dalla giurisprudenza ritenuta applicabile anche ai contratti stipulati ex art.42 così completando quanto già stabilito da X. Xxxx., S.U., 9/7/1997, n°6227, cit.31. L’indagine sulla natura transitoria o meno della locazione deve essere effettuata considerando non soltanto il dato oggettivo della effettiva destinazione dell’immobile e della corrispondenza o meno di essa alla detta natura transitoria, ma anche il dato soggettivo costituito dalle intenzioni, dalla conoscibilità, dall’atteggiamento complessivo dei contraenti in relazione alla convenuta stipulazione locativa32. La natura transitoria, peraltro, deve essere espressamente
«enunciata con specifico riferimento alle ragioni che la determinano, in modo da consentirne la verifica in sede giudiziale e sempreché risulti in esito ad essa che le ragioni dedotte (delle quali si postula l’effettività, ricorrendo, diversamente, una fattispecie simulatoria) siano di natura tale da giustificare la sottrazione del rapporto al regime ordinario e, cioè, siano ragioni obiettive che escludano esigenze di stabilità»33.
Un regime particolare è disposto dal comma 6 dell’art.27 per le locazioni stagionali. Se la locazione ha carattere stagionale, infatti, il locatore è obbligato a locare l’immobile per la medesima stagione dell’anno successivo laddove il conduttore gliene faccia richiesta prima della scadenza del contratto e questo obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera. La locazione stagionale, che risponde all’interesse del conduttore di una durata iniziale del contratto limitata al tempo in cui l’attività da esercitare è per lui economicamente vantaggiosa (con conseguente collegamento funzionale del bene locato con l’esercizio di tale attività e mancanza di interesse del conduttore alla utilizzazione del bene per il tempo residuo alla stagione) non si configura come un rapporto unitario, ma «realizza una serie di rapporti, distinti, anche se collegati, avendo il legislatore assunto come presupposto la normale scadenza al termine della stagione e la sua annuale rinnovabilità, ad nutum del conduttore, per un arco di tempo prestabilito nella misura massima»34.
31 V., da ultimo, X. Xxxx., Sez. III, 23/1/2009, n.1699, in Foro it. 2009, 5, I, 1432: «Anche la locazione di immobile urbano conclusa con lo Stato o altro ente pubblico territoriale come conduttore può essere stipulata per una durata più breve di quella sessennale, in presenza di esigenze di carattere transitorio oggettivamente rilevabili e richiamate nel contratto», mentre X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/00/0000, n°15082, in Giust. Civ. 2001, I, 1291, ha ritenuto applicabile ai contratti stipulati ex art.42 da Enti Locali territoriali come conduttori anche l’ultimo comma dell’art.27 sul recesso del conduttore per gravi motivi.
32 X. Xxxx., Sez.III, 30/12/1997, n°13133, in Giust. Civ. Mass. 1997, 2457; X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, n.3663, in
Giust. Civ. Mass. 1996, 599; X. Xxxx., sez.III, 20/8/1990, n.8489, in Giust. Civ. 1991, I, 2083.
33 X. Xxxx., Sez.III, 8/7/2010, n.16117, in Giust. Civ. Mass. 2010, 7-8, 1023.
34 X. Xxxx., Xxx.III, 21/3/2008, n.7687, Giust. Civ. Mass. 2008, 3, 454; x. xxxxx X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, n.14537, in DeJure.
Ai sensi dell’art.79 legge 392/1978 è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto (o ad attribuire al locatore altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge) e per effetto del combinato disposto di cui agli artt.1339 c.c. (specificata anche dall’art.27, comma 4, L. 392/1978) e 1419, comma 2, x.x. (xxxxx xxxxxxx xxxxxxxx), xx xxxxx imperative sostituiscono le clausole difformi eventualmente pattuite tra le parti anche quando le parti avessero stabilito che l’invalidità di una sola clausola comporta il venir meno dell’intero contratto: «vale in proposito considerare che incorre nella sanzione di nullità prevista dall’art.79 L. n.392 del 1978 la previsione di una durata inferiore a quella legale −con automatica eterointegrazione del contratto ai sensi dell’art.1419 c.c. ed applicazione della durata legale ex art.27, comma 4, L. n. 392 del 1978- anche se le parti hanno stabilito che l’invalidità di una sola clausola comporta il venire meno dell’intero contratto»35. Trattasi di nullità assoluta, che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere altresì rilevata d’ufficio dal giudice (art. 1421 c.c.)36.
4. Canone e oneri accessori. La c.d. clausola ISTAT.
La nullità di cui all’art.79 colpisce non solo le pattuizioni che derogano alla durata legale del contratto, ma anche tutte le pattuizioni che siano dirette ad attribuire al locatore qualsivoglia «vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge».
L’art.79 della Legge 392/1978, che fino alla Legge 431/1998 (e salvo il periodo dei c.d.
«patti in deroga» di cui Decreto-Legge 333/1992, conv. dalla L. 359/1992, con le relative vicende) riguardava anche le locazioni abitative, cita espressamente, per sanzionarne la nullità, il patto con il quale si attribuisca al locatore «un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti». Per le locazioni immobiliari ad uso diverso, però, a differenza di quanto si prevedeva per quelle abitative (artt.12-22), la Legge 392/1978 non contiene un meccanismo legale di determinazione del canone valendo così il principio della sua libera determinazione; principio di libera determinazione del canone che va tuttavia coordinato con il limite fissato dall’art.32 della stessa Legge 392/1978 relativo alle cosiddette
«clausole ISTAT». Tale articolo stabilisce i criteri per l’aggiornamento del corrispettivo prevedendo che, laddove previsto dal contratto e previa richiesta del locatore, le variazioni in aumento del canone non possano essere superiori al 75% di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Con l’art.41, comma 16-duodecies, Decreto-Legge 30/12/2008, n.207, convertito dalla Legge 27/2/2009, n.14, è
35 X. Xxxx., Sez.III, 26/4/2004, n.7927, in Riv. Giur. Edil. 2004, 1467; X. Xxxx., Sez.III, 4/6/1991, n.6308, in Giust. Civ. 1992, I, 485.
36 X. Xxxx., Sez.III, 24/5/1993, n.5827, in Giust. Civ. Mass., 1993, 911.
stata peraltro introdotta la possibilità per le parti di pattuire l’aggiornamento del canone in misura superiore al limite del 75% qualora la locazione sia stata stipulata per una durata superiore a quella ordinariamente prevista dall’art.27.
La clausola con la quale le parti convenissero l’aggiornamento automatico del canone su base annuale senza necessità di richiesta espressa del locatore sarebbe affetta da nullità in base al combinato disposto degli articoli 32 e 7937, sì come sarebbe nulla ogni pattuizione che avesse ad oggetto non già l'aggiornamento del corrispettivo ai sensi dell'art.32 L.392/78, ma veri e propri aumenti del canone38. Il diritto del conduttore di non corrispondere somme superiori a quelle dovute ex lege sarebbe infatti suscettibile di valida ed efficace rinunzia soltanto allo spirare del rapporto di locazione39.
E’ stata invece considerata valida la clausola che prevede il canone in misura frazionata e crescente, nell’arco del rapporto, quando l’importo del canone, indipendentemente dalle variazioni annue del potere di acquisto della moneta, sia stato ancorato a predeterminati elementi incidenti sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale o sia stato legato a una giustificata riduzione del canone per un limitato periodo iniziale40, «salvo che essa (clausola) non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria (nel qual caso è nulla)»41. Legittima è stata considerata anche la clausola con la quale venga pattuito un canone costituito per una parte da somma di denaro e per altra dall’esborso di somme determinate per ristrutturazione e restauro dell’immobile locato42.
37 X. Xxxx., Sez. III, 7/2/2006, n°2527, in Giust. Civ. 2007, 6, I, 1501.
38 X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, x.0000, xx XxXxxx; X. Xxxx., Sez. III, 7/2/2008, n.2932, in Giust. Civ. Mass. 2008, 2,
179; X. Xxxx., Sez.III, 9/2/2007, n.2902, in Giust. Civ. Mass. 2007, 2; X. Xxxx., Sez. III, 11/4/2006, n.8410, in Giust. Civ. Mass. 2006, 5: «(…) senza che il conduttore possa, neanche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunziare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti». V., ancora, X. Xxxx, Sez. III, 27 luglio 2001, n. 10286, in Giust. Civ. Mass. 2001, 1486.
39 X. Xxxx., Sez. III, 15/9/2008, n.23677, in DeJure: «Il collegio, pur consapevole delle non omogenee posizioni assunte da questa stessa corte di legittimità sul tema, ritiene di dovere senz'altro dare continuità allろorientamento… a mente del quale il diritto del conduttore di non corrispondere somme superiori a quelle dovute ex lege è suscettibile di valida ed efficace rinuncia soltanto allo spirare del rapporto di locazione, dovendosi di converso ritenere colpite da nullità tutte quelle pattuizioni -ancorché intervenute in corso di rapporto e non prima della sua stipula- che si risolvano in veri e propri aumenti del canone al di fuori delle statuizioni di cui all'art. 32. Principio che riposa, da un canto, su di una argomentazione di carattere generale - quella, cioè, funzionale a riconoscere un diritto di tutela alla parte debole del rapporto…き dallろaltro, sulla considerazione per la quale una rinuncia (espressa o tacita) ad avvalersi del diritto di non subire aumenti non dovuti in corso di rapporti appare invero inconciliabile con la speculare facoltà, riconosciuta al conduttore, dì ripetere entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile le somme eccedenti il canone legale - di talché è proprio il momento della riconsegna dell'immobile ad individuare, per espressa volontà legislativa, il dies a quo del diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato, senza il timore che il locatore possa attuare comportamenti ritorsivi nei confronti dell'agente».
40 X. Xxxx., 8/5/2006, n.10500, in Giust. Civ. Mass. 2006, 5; X. Xxxx., Sez. III, 2/3/2006, n°5113, in Guida al Diritto n°16/2006, X. Xxxx., Sez.III, 1/2/2000, n.1070, in Giust. Civ. Mass. 2000, 196.
41 così, X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, n.4210, in Giust. Civ. Mass. 2007, 2.
42 X. Xxxx., Sez.III, 6/10/2005, n.19475, in Giust. Civ. Mass. 2005, 10.
Quanto detto per il canone vale anche per gli oneri accessori di cui all’art.9 della Legge 392 del 1978 (espressamente richiamato dall’art.41, comma 1, della medesima legge): ai sensi dell'art.79 devono considerarsi nulle tutte quelle clausole concernenti il pagamento di oneri attraverso le quali il locatore tragga un ingiustificato vantaggio; ne consegue che, con riguardo agli oneri condominiali, «possono essere poste a carico del conduttore solo le spese collegate al godimento effettivo, da parte sua, di un servizio, con conseguente esclusione degli oneri straordinari che riguardino, non solo l'unità immobiliare, ma l'edificio condominiale nel suo complesso, stante l'assenza di ogni rapporto sinallagmatico con il bene locato»43, né possono essere posti a carico del conduttore oneri accessori che si riferiscano a servizi inesistenti44. La giurisprudenza, poi, nega che gli oneri accessori possano essere oggetto di forfetizzazione anticipata45.
5. L’indennità per la perdita dell’avviamento.
La nullità parziale, con il connesso meccanismo della eterointegrazione del contratto, colpisce anche tutte le altre clausole che rappresentino una rinuncia preventiva del conduttore ai diritti inderogabili che gli sono garantiti dalla legge, tali essendo anche quelli in materia di prelazione e di indennità di avviamento commerciale che trovano disciplina negli artt.34, 35, 38, 39 e 40 della Legge 392 del 1978. Il conduttore imprenditore che nell’immobile locato svolga attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori (tranne che si tratti di immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici, ovvero di immobili destinati all’esercizio di attività professionali o all’esercizio di attività di carattere transitorio), da un lato, ha diritto a ricevere alla cessazione del rapporto di locazione un’indennità per perdita di avviamento, e, dall’altro, ha diritto di prelazione sia nel caso che il proprietario intenda vendere l’immobile (con possibilità di riscatto), sia nel caso che intenda locarlo a terzi (con possibilità di riprendere il rapporto contrattuale). V. infra.
L'art. 79 della Legge 392 del 1978, peraltro, non impedisce alle parti, al momento della cessazione del rapporto, di addivenire ad una transazione in ordine ai rispettivi diritti ed in particolare non impedisce al conduttore di rinunciare all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale; tale rinuncia può, peraltro, essere anche implicita, in quanto il citato art. 79 è volto ad evitare la preventiva elusione dei diritti del locatario ma non esclude
43 X. Xxxx., Sez.III, 30/9/2014, n.20551, in DeJure.
44 X. Xxxx., Sez.III, 14/1/2005, n.680, in Giust. Civ. Mass. 2005, 1.
45 X. Xxxx., Sez.III, 26/7/2005, n.15630, in Giust. Civ. Mass. 2005, 7-8: «È nulla, a norma dell'art. 79 l. 27 luglio 1978 n. 392, la clausola contrattuale che obbliga il conduttore al pagamento degli oneri accessori anticipatamente determinati in modo forfettario, perché viola il principio della specificità di essi, stabilito dall'art. 9 della stessa legge, e consente al locatore di procurarsi vantaggi che non gli spettano».
la possibilità di disporne, una volta che essi siano sorti46. In giurisprudenza è stata riconosciuta anche l’ammissibilità della rinunzia preventiva del conduttore a uno dei suoi diritti protetti dall’art.79 laddove tale rinunzia trovi il suo corrispettivo sinallagmatico all’interno del contratto, come nel caso della previsione di un canone in misura inferiore a quella originariamente concordata47 o dalla contestuale pattuizione di una proroga a favore del conduttore, cui lo stesso non avrebbe diritto48. L’art.79, in conclusione, vieta la rinuncia del conduttore ai diritti inderogabili che gli sono garantiti dalla legge, ma non gli impedisce di disporne una volta che i medesimi siano stati già acquisiti49.
L’indennità per la perdita di avviamento di cui all’art.34, che risarcisce il conduttore per il danno che egli subisce a causa del trasferimento altrove della sua attività, è stabilita dal comma 1 in una somma pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto (ed a 21 mensilità per le attività alberghiere); indennità che è dovuta in tutti i casi in cui il conduttore svolga nell’immobile locato un’attività economica che comporti contatti diretti col pubblico degli utenti e dei consumatori, e che subisca la cessazione del rapporto (perché non a lui imputabile). Nell’ipotesi, poi, che l’immobile venga da chiunque adibito all’esercizio della stessa attività o di attività affini a quella già esercitata dal conduttore uscente e tale nuova attività venga iniziata entro un anno dalla cessazione della precedente, oltre all’indennità suddetta (c.d. «indennità base») è dovuta una ulteriore indennità (c.d. «indennità suppletiva») di pari importo (18 o 21 mensilità secondo l’attività esercitata). L’indennità base prevista dal primo comma dell’art.34 consegue automaticamente alla cessazione del rapporto di locazione ed al conseguente rilascio dell’immobile (l’esecuzione del provvedimento di rilascio è peraltro condizionata all’avvenuta corresponsione di tale indennità: comma 3 art.34 cit.); l’indennità suppletiva di cui al secondo comma diviene invece esigibile al verificarsi dei presupposti suddetti e deve essere corrisposta all’inizio del nuovo esercizio.
6. La c.d. prelazione urbana.
L’istituto della c.d. «prelazione urbana» ed il correlativo istituto del riscatto sono invece disciplinati dagli artt. 38 e 39 (nel caso di trasferimento della proprietà della res locata) e dall’art.40 (nel caso di nuova locazione).
46 X. Xxxx., Xxx.III, 24/11/2007, n.24458, in Giust. Civ. Mass. 2007, 11.
47 X. Xxxx., Sez.III, 12/7/2005, n.14611, in Giust. Civ. Mass. 2005, 7/8.
48 X. Xxxx., Sez.III, 19/3/1991, n.2945, in Giust. Civ. Mass. 1991, 3.
49 X. Xxxx., Sez.III, 6/8/2010, n.18359, in Guida al Diritto 2010, 46, 85; X. Xxxx., Xxx.XXX, 17/4/2010, n.11947, in Giust. Civ. Mass. 2010, 5, 756.
Ai sensi dell’art.38, nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario (c.d. «denuntiatio»). Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione. Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli. Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare. Qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui all'articolo precedente, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, componendo contrasto giurisprudenziale, hanno precisato che «la vicenda della prelazione urbana è regolata, dall'art. 38 l. 27 luglio 1978 n. 392, con un particolare meccanismo legale caratterizzato da passaggi graduali che danno vita a due fasi fondamentali: la prima che può genericamente definirsi di scambio di comunicazioni (quella del proprietario di voler vendere a certe condizioni e quella del conduttore di voler esercitare la prelazione); la seconda relativa alla stipula del contratto ed al pagamento del prezzo. La "denuntiatio" non è proposta contrattuale e neppure mera informativa destinata ad avviare trattative fra le parti, ma costituisce atto dovuto di interpello, vincolato nella forma e nel contenuto, finalizzato all'esercizio del diritto di prelazione spettante al conduttore. La dichiarazione di prelazione da parte dell'avente diritto non costituisce accettazione negoziale e non comporta comunque l'immediato acquisto della proprietà dell'immobile, ma soltanto il vincolo legale per entrambe le parti di addivenire entro un preciso termine, alla stipula del previsto contratto, definitivo o preliminare, con contestuale pagamento del prezzo da parte del conduttore»50.
50 X. Xxxx., S.U., 4/12/1989, n.5359, in Giust. Civ. 1990, I, 520.
La suddetta normativa non si applica ai casi di vendita di quota ereditaria da parte del coerede (v. art.732 c.c., espressamente richiamato dall’ultimo comma dell’art.38), nei casi di trasferimento effettuato a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado (art.38, u.c., cit.), nel caso di trasferimento di una quota ideale della proprietà dell’immobile locato51 e nei casi di c.d. «vendita in blocco». Dalla c.d. «vendita in blocco» si distingue la c.d.
«vendita cumulativa» nella quale la res locata oggetto di vendita unitamente ad altri immobili conserva la propria autonomia strutturale e giuridica sì che non possa più parlarsi di unicum come per la vendita in blocco52; distinzione peraltro non sempre xxxxxxx00. Per X. Xxxx., Sez. III, 20-07-2011, n. 1589754, «il diritto di prelazione o di riscatto, previsto dagli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n. 392, a favore del conduttore, presuppone l'identità dell'immobile locato con quello venduto. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui con un unico atto o con più atti collegati vengano venduti ad uno stesso soggetto una pluralità di unità immobiliari, tra cui quella oggetto del contratto di locazione, occorre distinguere a seconda che si sia in presenza di una vendita in blocco (che esclude il sorgere in capo al conduttore dei predetti diritti) o di una vendita cumulativa (che li lascia inalterati, limitatamente al bene oggetto del contratto di locazione). Perché ricorra la vendita in blocco non è indispensabile che questa riguardi l'intero edificio in cui è compreso quello locato, ma è sufficiente che i vari beni alienati, tra loro confinanti, costituiscano un unicum e siano venduti (o promessi in vendita) non come una pluralità di immobili casualmente appartenenti ad un unico proprietario e ceduti (o cedendi) ad un soggetto diverso da colui che conduce in locazione per uso diverso uno di essi, ma come complesso unitario, costituente un quid differente dalla mera somma delle singole unità immobiliari. A tale riguardo spetta al giudice del merito l'accertamento, insindacabile in sede di legittimità ove logicamente e congruamente motivato, dell'unicità strutturale e funzionale del bene venduto al fine di escludere o ammettere la prelazione o il riscatto».
Un diritto di prelazione a favore del conduttore è stabilito, come detto, anche in caso di nuova locazione. Così, ex art.40, il locatore che alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'articolo 28 (quindi al ricorrere del dodicesimo anno o diciottesimo anno per le locazioni alberghiere) intende locare a terzi l'immobile, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni
51 X. Xxxx., S.U., 14/6/2007, n.13886, in Giust. Civ. 2007, 10, I, 2086.
52 X. Xxxx., Xxx.III, 20/12/2007, n.26981, in Giust. Civ. Mass. 2007, 12.
53 Cfr. X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, n.13223, in Giust. Civ. 2011, 10, I, 2373, e XXXX, Ancora sulla vendita
cumulativa e l’esclusione del riscatto del conduttore, in Corr. Giur., 2010, 11, 1486
54 In Giust. Civ. Mass. 2011, 9, 1215.
prima della scadenza. Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto di locazione dovuti a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o a taluna delle procedure concorsuali a carico del conduttore medesimo. Il conduttore ha diritto di prelazione se, nelle forme predette ed entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offra condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore (potendosi così stipulare un nuovo contratto di locazione, diverso e quindi autonomo rispetto a quello originario, della durata di sei anni o di nove anni secondo le regole già viste). Egli conserva tale diritto (di prelazione) anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi.
7. Sublocazione e cessione del contratto.
L’art.36 della Legge 392 del 1978, rubricato «Sublocazione e cessione del contratto di locazione», con riferimento alle vicende di trasferimento aziendale e dei contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa (art.2558 c.c.), è stato individuato quale elemento di collegamento tra libro quarto e libro quinto del codice civile: «(…) Il quarto libro del codice civile permette, in xxx xx xxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx (…) “purché l’altra parte vi consenta”. (…) Secondo l’art.1594 “il conduttore, salvo patto contrario, (…) non può cedere il contratto senza il consenso del locatore”. Ribadendo espressamente, per il contratto di locazione, il principio già desumibile dall’art.1406, il codice civile mostra qui di proteggere le ragioni della proprietà (…). Il contrasto fra il quarto e il quinto libro del codice civile appare ancora più acuto quando il contratto di impresa, che passa all’acquirente dell’azienda, sia il contratto di locazione dell’immobile in cui l’azienda è situata (…). L’esigenza di tutela della proprietà, e soprattutto della proprietà immobiliare, aveva agito sull’atteggiamento mentale della nostra Cassazione: essa si era ribellata all’idea che il locatario potesse, senza il consenso del proprietario, sostituire a sé un terzo nel godimento dell’immobile; negava, perciò, che fra i “contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda”, cui fa riferimento l’art.2558, potesse essere incluso il contratto di locazione dell’immobile in cui è situata l’azienda. A dirimere il conflitto è intervenuta la legge n.392 del 1978: l’art.36 dispone che “il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il
locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte”. L’oggetto della protezione legislativa si sposta così dalla proprietà all’impresa. (…)»55.
L’art.36 esclude quindi la rilevanza del consenso del locatore per le fattispecie di sublocazione e cessione del contratto di locazione legate a fattispecie di cessione o affitto di azienda; rilevanza che nel caso di cessione del contratto è diretta giacché l’art.1594 c.c. imporrebbe al conduttore il divieto di cessione del contratto senza il preventivo consenso del locatore; mentre nel caso della sublocazione la rilevanza è indiretta dato che la norma consente alle parti del contratto la facoltà di porre un divieto pattizio di sublocazione56, con l’art.36 che consente comunque di sublocare anche in presenza del divieto ex contractu previsto. Va anche precisato (da ultimo con X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, n.11967) che «sia in base alla formulazione dell'articolo 36 della legge 392/1978, in cui l'affitto o la cessione di azienda non sono indicati in posizione di necessaria corrispondenza rispettivamente con le ipotesi della sublocazione o della cessione del contratto di locazione, sia in forza della ratio legis della norma, consistente nell'agevolare il trasferimento delle aziende esercenti la loro attività in immobili condotti in locazione dall'imprenditore e di tutelare l'avviamento commerciale, è irrilevante, ai fini dell'esclusione della necessità del consenso del locatore, che alla cessione dell'azienda, e così all'affitto di azienda, corrisponda la sublocazione dell'immobile anziché la cessione del contratto di locazione, neppure richiedendosi che la sublocazione dell'immobile o la cessione del contratto di locazione, da una parte, e la cessione o l'affitto di azienda, dall'altra, siano stipulati contemporaneamente in un unico documento, essendo sufficiente che tra i due atti vi sia uno stretto collegamento funzionale e temporale»57; «in caso di affitto di azienda, la qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell'originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all'immobile in cui è esercitata l'azienda non rileva con riguardo all'esclusione della necessità del consenso del locatore - prevista, per entrambi i casi, dall'art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, rispettivamente in deroga agli art. 1594 e 1406 c.c. - ma la distinzione resta, invece, rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione ad causam appartiene al conduttore originario nella sublocazione ed al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione»58.
55 Così XXXXXXX, Diritto commerciale. L’imprenditore, Bologna 2008, Pag.67 ss.
56 PIRAINO, in AA.VV., Le locazioni commerciali, Padova 2015, Pag.203 ss..
57 Cass. 11967/2013 cit., in Guida al Diritto 2013, 26, 61.
58 Cass. 11967/2013 cit., in Giust. Civ. Mass. 2013.
Il locatore, ex art.36, può opporsi «per gravi motivi» al negozio di cessione del contratto di locazione o alla sublocazione dell’immobile entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione che gliene abbia fatto il conduttore, mentre nel caso di cessione, il locatore potrà comunque agire contro il conduttore-cedente non liberato nell’ipotesi che il cessionario non adempia le obbligazioni assunte, consentendo così al locatore la facoltà di costituire il conduttore cedente quale garante delle obbligazioni assunte dal cessionario. A tale riguardo va detto che nei rapporti tra coobbligati sussiste una forma di responsabilità sussidiaria assistita da beneficium ordinis con riguardo alla posizione dell’ultimo cessionario conduttore rispetto al suo diretto cedente, sì che è concesso al locatore di rivolgersi al cedente solo dopo aver realizzato l’inadempimento del conduttore-cessionario59.
La responsabilità plurima e solidale tra cedenti costituisce per la giurisprudenza contrappeso idoneo a riequilibrare l’intera vicenda contrattuale ed inoltre «l’attribuzione di responsabilità al cedente per tutte le cessioni successive, oltre a garantire pienamente il locatore… dovrebbe anche valere, pur se in misura non decisiva, a scoraggiare le frequenti cessioni multiple a società di comodo od a società sostanzialmente inaffidabili (se non incapienti), finalizzate proprio a creare ostacoli al locatore sulla via della realizzazione dei propri crediti»60.
8. Successione nel contratto.
Un cenno, infine, all’art.37 della Legge 392 del 1978, che disciplina il caso della successione nel contratto in modo da favorire la continuazione dell’attività commerciale, artigianale, professionale svolta in tali immobili, prevedendo che al conduttore originario succedano: 1) in caso di morte, i soggetti che, per successione ereditaria o in conseguenza di precedenti rapporti risultanti da atto di data certa anteriore all’apertura della successione, sono titolari del diritto a continuare l’attività imprenditoriale esercitata dal conduttore deceduto; 2) in caso di separazione legale o consensuale ovvero di divorzio, il coniuge, anche se non conduttore, che continui nell’immobile oggetto di locazione la medesima attività imprenditoriale esercitata insieme all’altro coniuge prima della separazione o dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; 3) in caso di immobile adibito
59 Cfr. X. Xxxx., Sez.III, 20/4/2007, n.9486, in DeJure: «… E’ indiscutibile, dunque, che la stessa norma di legge subordini la facoltà di agire del locatore nei confronti del cedente non liberato all’inadempimento dell’attuale conduttore/cessionario, introducendo un meccanismo legale secondo il quale, richiesto il pagamento del canone a quest’ultimo, e verificatone l’inadempimento …, viene ad attivarsi il circuito della corresponsabilità sussidiaria
-intesa, va ribadito, in termini di beneficium ordinis- del cedente»), mentre per quanto riguarda il regime di corresponsabilità tra tutti i cedenti succedutisi nel contratto di locazione si applica la regola della solidarietà di cui all’art.1294 c.c..
60 X. Xxxx., 9486/2007 cit..
all’uso di più professionisti, xxxxxxxxx o commercianti, in caso di morte del conduttore che sia unico titolare del contratto, gli altri professionisti, artigiani o commercianti, in concorso tra loro e con gli altri aventi diritto; 4) in caso di recesso del conduttore che sia unico titolare del contratto, salva l’opposizione del locatore per gravi motivi, gli altri professionisti, artigiani o commercianti in concorso tra loro. Tale disciplina deroga a quanto previsto dall’art.1614 c.c., il quale, del resto, non trova applicazione neppure nei casi residuali di mancanza in concreto dei soggetti indicati dall’art.37, dovendosi ritenere abrogato ex art.84 L. 392 del 1978. Al di fuori , quindi, dei casi considerati dall’art.37, il contratto di locazione si estingue al venir meno del soggetto giuridico che conduce l’immobile.
9. Decreto «Sblocca Italia» e mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo.
Con Decreto-Legge 12/9/2014, n.133 (c.d. «Sblocca Italia»), convertito dalla Legge 11/11/2014, n.164, cui abbiamo già fatto cenno, si è provveduto ad una sorta di
«liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo» (così la rubrica dell’art.18) prevedendo la possibilità per le parti di concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga quando il canone sia superiore ad annuali euro 250.000. L’intervento di liberalizzazione lo si è fatto avuto riguardo alle nuove locazioni (v. il comma 2 dell’art.18 cit.) con l’aggiunta di un comma all’art.79 della Legge 392/1978: «In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto». Il legislatore
«postula, così, che un conduttore il quale sia in grado di sopportare un canone significativamente elevato, superiore ad oltre ventimila euro al mese, non meriti più la tutela offerta dall’art.79, comma 1, della L. 392/1978, mentre l’eccezione relativa agli immobili riconosciuti di interesse storico è volta verosimilmente alla tutela dell’interesse generale per la continuità di attività capaci di contribuire al mantenimento dei valori storici propri ad una comunità»61. Con tale intervento legislativo le «grandi locazioni ad uso non abitativo» restano regolate alla Legge 392 del 1978 salvo che le parti concordino contrattualmente -ed
61 Così PADOVINI, La liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo, in Nuove Leggi Civ. Comm. 2015, 3, 429; v. anche SCARPA, Le locazioni commerciali “due volte in deroga”, in Immobili e proprietà 2015, 1, 29.
in maniera specifica- termini e condizioni in deroga, la cui pattuizione deve essere provata
per iscritto, con le note conseguenze di cui all’art.2725 c.c..
10. Locazione commerciale e affitto di azienda.
Salvo quanto appena detto in tema di liberalizzazione per le «grandi locazioni» ex art.18 del decreto «Sblocca Italia», in considerazione della vigenza delle norme imperative della Legge 392 del 1978, il proprietario che conceda ad altri il godimento di un immobile per un impiego produttivo potrebbe avere interesse a far figurare il contratto come affitto di azienda (piuttosto che come locazione). Premesso che per quanto concerne il settore alberghiero, l’art.1, comma 9-septies, D.L. 7/2/1985, n°12, convertito dalla Legge 5/4/1985, n°118, stabilisce che «si ha locazione di immobile, e non affitto di azienda, in tutti i casi in cui l’attività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore», sì che quando attività del conduttore ed organizzazione dei beni aziendali coincidono con la prima destinazione dell’immobile all’attività alberghiera si presume iuris et de iure la natura locativa del rapporto62, in generale può aggiungersi che «il criterio discretivo tra locazione di immobile ad uso non abitativo e affitto d'azienda è fondato, rispettivamente, sulla valenza assorbente ed esclusiva dell'immobile nel primo caso e, viceversa, sulla sua considerazione funzionalmente paritaria e complementare con gli altri beni organizzati per l'azienda, nel secondo caso»63. Ma
«perché sussista il contratto di affitto di azienda non occorre che la stessa sia già in grado di funzionare, essendo sufficiente che i vari elementi dedotti in contratto siano potenzialmente idonei allo svolgimento dell'attività aziendale»64. Nell'affitto di azienda l'immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni mobili e immobili, legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e di complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo; diversamente, nella locazione di immobile con pertinenze, l'immobile viene considerato specificamente, nell'economia del contratto, come l'oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente e assorbente rispetto agli altri elementi, i quali assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all'immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e di coordinazione65, sì che «ricorre l’affitto di azienda allorché la convenzione negoziale abbia per oggetto non il bene immobile hic et nunc considerato, bensì il complesso dei beni collegati fra loro in quanto destinati al conseguimento di un determinato fine produttivo, cosicché l’immobile è apprezzato come
62 X. Xxxx., Sez.III, 26/9/2006, n.20817, in Giust. Civ. Mass. 2006, 9.
63 Così, X. Xxxx., Xxx.XXX, 0/0/0000, n°10106, in Giust. Civ. Mass. 2000, 1679.
64 X. Xxxx., Sez.III, 15/10/2002, n°146647, in Giust. Civ. Mass. 2003, 1803.
65 X. Xxxx., Sez.III, 15/3/2007, n.5989, in Guida al Diritto 2007, Dossier 10, 23.
uno dei beni materiali ed immateriali costituenti l’azienda, in rapporto di complementarità con gli altri. Viceversa, nella locazione di immobile, quest’ultimo, seppur caratterizzato da una particolare destinazione del suo godimento, conserva una posizione di assoluta ed autonoma centralità nell’economia contrattuale, di guisa che gli altri elementi rimangono relegati sullo sfondo, avendo essi unicamente un rilievo accessorio sul piano funzionale»66. Trattasi in ogni caso di locazione ad uso commerciale e non di affitto di azienda «quando il locatore cede in godimento al conduttore i locali ove esercitare l'attività commerciale e non anche i beni strumentali per detto esercizio, giacché se è vero che la titolarità dell'azienda può essere disgiunta dalla proprietà dei beni strumentali destinati al funzionamento della stessa, è, però comunque necessario che di questi beni il titolare possa disporre in base a titolo idoneo che gli consenta di destinarli per sé o per altri all'esercizio dell'azienda medesima»67. Ai fini dell’individuazione, nel caso concreto, dell’una o dell’altra figura di contratto, il giudice deve procedere ad una duplice indagine, interpretando, da un lato, la comune intenzione delle parti contraenti ed avendo riguardo, dall’altro, all’obiettiva consistenza dei beni dedotti in contratto68.
11. La regolamentazione del rapporto.
Circa la regolamentazione del rapporto, per quanto non derogato dalla legge e dalle parti, valgono le regole generali del Codice civile, Libro IV, Titolo III, Capo VI, Sezioni I e II.
Gli artt. 1575 e 1587 c.c. elencano le principali obbligazioni, rispettivamente, del locatore e del conduttore.
Ai sensi dell’art.1575 c.c. costituiscono obbligazioni principali del locatore: 1) la consegna al conduttore della cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) il mantenimento della res locata in modo che serva all’uso convenuto; 3) la garanzia di pacifico godimento durante la locazione.
Sub 1) deve subito osservarsi che il contratto di locazione si perfeziona con il consenso prestato dalle parti senza che la consegna possa assumere rilevanza ai fini della costituzione del rapporto, sì che l’inadempimento del locatore ha importanza soltanto ai fini della responsabilità dell’obbligato nell’ambito di un contratto tipicamente obbligatorio già perfezionatosi con la prestazione del consenso delle parti69, rilevando la consegna come atto esecutivo dell’accordo già concluso.
66 SINISI-TRONCONE, Le locazioni ad uso commerciale, cit., Pag.18.
67 X. Xxxx., Sez.III, 6/11/2001, n°13689 in Giust. Civ. Mass. 2001, 1860.
68 X. Xxxx., Xxx.III, 11/11/1986, n.6606, in Giust. Civ. Mass. 1986, 11.
69 X. Xxxx., Sez.III, 15/2/2005, n.2976 in Giur. It., 2006, 3.
Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile in buono stato locativo, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore (art.1576 c.c.; x. xxx.0000 x.x.)00. Quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore e se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (art.1577 c.c.). E’ da osservare, da un lato, che tali disposizioni risultano essere liberamente derogabili dalle parti perché l'obbligo normalmente gravante a carico del locatore di mantenere il bene in condizioni tali da poter servire all'uso convenuto non è previsto da norme imperative, conseguendo che le parti possono contrattualmente stabilire che siano a carico del conduttore tutti gli oneri relativi all'utilizzabilità del bene, esonerando il locatore da ogni responsabilità71; dall’altro, con riferimento alle locazioni immobiliari che qui interessano,
«l'inidoneità dell'immobile all'esercizio di una determinata attività commerciale o industriale, per il quale è stato locato, non comporta per il locatore l'obbligo di operare modificazioni o trasformazioni che non siano poste a suo carico né dalla legge né dal contratto; ed invero gli obblighi previsti a carico del locatore dagli art. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l'esecuzione di opere di modifica o trasformazione, anche se imposte da disposizioni di legge o dell'autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all'uso convenuto»72.
Se al momento della consegna l’immobile locato è affetto da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Il locatore è anche tenuto a risarcire i danni derivanti da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna (art.1578 c.c.). Costituiscono vizi quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa locata alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale. La presenza di vizi intrinseci e strutturali non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art.1575 c.c. (sopra considerato), ma altera il sinallagma contrattuale incidendo sull’idoneità all’uso della cosa locata, consentendo al conduttore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone. Il rimedio è escluso nell’ipotesi di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili da
70 V. «Manutenzione e riparazioni nei rapporti di locazione ad uso diverso», Diritto&Diritti, 2009.
71 X. Xxxx., Xxx.III, 17/5/2010, n.11971, in Giust. civ. Mass. 2010, 5, 760.
72 Così X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, n°13761, in Giust. Civ. Mass. 2008, 5, 813.
parte del conduttore, ma con l’eccezione dell’art.1580, ai sensi del quale «se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia». Il patto di esclusione o limitazione della responsabilità del locatore per i vizi della res locata «non ha effetto, se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa» (art.1579). Tutte queste disposizioni si osservano, in quanto compatibili, anche nel caso di vizi sopravvenuti nel xxxxx xxxxx xxxxxxxxx (xxx.0000) e se i danni causati dai vizi della res locata si siano verificati successivamente alla vendita dell’immobile, l’acquirente è legittimato passivo delle pretese risarcitorie del conduttore anche in caso di vizi preesistenti all’acquisto, mentre in caso contrario la pretesa deve essere indirizzata nei confronti del precedente locatore73. Infine, sempre con riferimento ai vizi (ed in parallelo a quanto sopra ricordato in materia di obblighi di manutenzione), va evidenziato come la giurisprudenza distingua tra idoneità dell’immobile all’esercizio di un’attività commerciale, da una parte, e specifica destinazione cui il conduttore intenda adibire l’immobile, dall’altra. Nel primo caso, la mancanza delle autorizzazioni e concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio e, in particolare, la sua agibilità ed idoneità all’esercizio di un’attività commerciale, costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ex art.1578 c.c., a meno che il conduttore non fosse a conoscenza della situazione e l’abbia consapevolmente accettata74; nel secondo caso, «grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabili alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato»75.
Il locatore non può compiere sull’immobile innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del conduttore (art.1582 c.c.) ed è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere
73 X. Xxxx., Xxx.XXX, 00/0/0000, x.0000, xx Xxxx Xx. 2001, I, 3128.
74 X. Xxxx., Xxx.III, 7/6/2011, n.12286, in Giust. Civ. Mass. 2011, 852.
75 X. Xxxx., Xxx.III, 25/1/2011, n.1735, in Giust. Civ. Mass. 2011, 1, 108.
diritti sulla cosa medesima (art.1585 c.c)76. Si configurano come molestie di diritto quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore; nel caso, invece, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento del conduttore, la molestia è di fatto e il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi del comma 2 dell'art. 1585 c.c.77.
Le obbligazioni principali del conduttore sono invece enunciate dall’art.1587 c.c., ai sensi del quale il conduttore deve: 1) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza ordinaria del bonus pater familias nel servirsene per l’uso determinato nel contratto; 2) dare il corrispettivo nei termini convenuti.
Sub 1) si deve osservare che ex art.1588 c.c. il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengano nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che la perdita o il deterioramento siano avvenuti per causa a lui non imputabile (c.d. «obbligo di custodia»); l’art. 1588 pone una presunzione di colpa a carico del conduttore che è superabile soltanto con la dimostrazione che la causa del danno non sia a lui imputabile, sì che «in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico»78.
Il conduttore risponde anche dei danni cagionati da persone che egli abbia ammesse, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa. Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata dal locatore o per conto di questo, la responsabilità del conduttore è limitata alla differenza tra l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore e il danno effettivo (art.1589 c.c.), salvo il diritto di surrogazione dell’assicuratore ex art.1916 c.c.. Il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla res locata, ma se vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile («inter expensum et melioratum») al tempo della riconsegna79. Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennità, il valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti che si siano verificati senza colpa grave del conduttore (art.1592 c.c.). Per quanto concerne, invece, le
76 V. anche art.1586 c.c. sull’obbligo gravante sul conduttore di dare pronto avviso al locatore, sotto pena di risarcimento dei danni, delle molestie di terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa locata e sull’obbligo del locatore di assumere la lite qualora i terzi agiscano in via giudiziale.
77 X. Xxxx., Sez.III, 9/5/2008, n.11514, in Giust. Civ. Mass. 2008, 5, 690.
78 X. Xxxx., Sez.III, 17/12/2010, n.25644, in Guida al Diritto 2011, 10, 53; sul punto x. xxxxx X. Xxxx., Xxx.XXX, 0/0/0000, n.2619, in DeJure.
79 V. «Innovazioni e miglioramenti nella disciplina delle locazioni», Diritto&Diritti, dicembre 2008.
addizioni, il conduttore ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse pagando al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento e ne costituiscono miglioramento, si osservano le disposizioni già viste per i miglioramenti (art.1593 c.c.). Nella nozione di «miglioramenti» rientrano quelle opere che con trasformazioni o sistemazioni diverse apportano all'immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività, senza presentare una propria individualità rispetto al bene in cui vanno ad incorporarsi80, laddove le «addizioni» (aggiunte e completamenti apportati agli immobili senza alterarne la configurazione e la funzione), pur incrementando quantitativamente l’immobile locato, mantengono una loro individualità rispetto al bene. Per queste addizioni, come abbiamo visto, bisogna distinguere a seconda che le stesse siano oppure no separabili senza nocumento per la cosa. Per i miglioramenti (e per le addizioni non separabili senza danno per la cosa: art.1593, comma 2, c.c.) rileva come abbiamo visto il consenso del locatore, che non può desumersi da un comportamento di mera tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara e non equivoca espressione di volontà, in una esplicita approvazione dei miglioramenti e delle innovazioni, così che la mera consapevolezza, o la mancata opposizione, del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta d’indennizzo81. Le disposizioni sui miglioramenti e sulle addizioni (sì come quelle sulle manutenzioni), non essendo di carattere imperativo, sono derogabili dalle parti82.
Al termine della locazione, il conduttore è tenuto a restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, «in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto» ed «in mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione» (art.1590 c.c.). Il conduttore in mora a restituire il bene è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno (art.1591 c.c.); tale norma predispone una determinazione legale del danno da mancata restituzione, costituita dal pagamento del canone convenuto, fino al momento di detta riconsegna (salvo il risarcimento dell'eventuale maggior danno, da dimostrare in concreto); il canone costituisce in questo caso solo il
80 X. Xxxx, Xxx.III, 14/7/2004, n.13070, in Giust. Civ. Mass. 2004, 7-8.
81 X. Xxxx., Sez.III, 20/3/2006, n.6094, in Giust. Civ. Mass. 2006, 3, citata anche da X. Xxxx., Sez.III, 16/7/2010, n.16649, in DeJure.
82 X. Xxxx., Sez.III, 3/9/2007, n.18510, in Giust. Civ. 2008, 12, 2858.
parametro di riferimento per la quantificazione del danno (minimo) da risarcire,
sostituendosi l’obbligazione risarcitoria a quella contrattuale83. Invece, per il risarcimento del
«maggior danno» (ossia dell’effettiva lesione del patrimonio del locatore, consistente, ad es., nel non aver potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato o nel non averlo potuto utilizzare direttamente o nella perdita di occasioni di vendita) muta «il criterio distributivo dell’onere probatorio»84, richiedendosi al locatore di provare il danno nella sua sussistenza e nel suo concreto ammontare secondo le regole ordinarie e quindi anche per presunzioni (art.2729 c.c.). Peraltro, qualora il locatore sia una pubblica amministrazione, si ritiene sufficiente che quest’ultima fornisca la prova del canone di mercato: «Il principio secondo cui il locatore, per conseguire il risarcimento del maggior danno da ritardata restituzione dell'immobile locato ai sensi dell'art. 1591 c.c., ha l'onere di provare l'esistenza di ben determinate proposte di aspiranti conduttori durante il periodo di ritardata restituzione, deve essere opportunamente adeguato alle circostanze del caso e alla natura del soggetto locatore; conseguentemente, nel caso in cui quest'ultimo sia una P.A., poiché l'esperimento della procedura pubblica per la concessione in locazione presuppose la libertà dell'immobile, deve ritenersi inesigibile la dimostrazione da parte sua dell'esistenza di concrete proposte di aspiranti locatari, essendo sufficiente e necessaria la prova altrimenti data dell'ammontare del canone concretamente conseguibile sul mercato per immobili aventi le stesse caratteristiche»85.
Emptio non tollit locatum: ai sensi dell’art.1599 il contratto di locazione, se ha data certa anteriore all’alienazione della res locata, è opponibile al terzo acquirente. La locazione non trascritta va rispettata dall’acquirente entro il limite massimo del novennio. Il terzo acquirente subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto. Quanto alla liberazione o cessione del corrispettivo della locazione non ancora scaduto al momento del trasferimento, l’art.1605 ne prevede l’opponibilità al locatore acquirente laddove tale liberazione o cessione risulti da atto scritto avente data certa anteriore al trasferimento; e se la liberazione o la cessione è stata fatta per un periodo ultratriennale (quindi soggetta a trascrizione ex art.2643, n.9) il conduttore la può opporre all’acquirente locatore solo entro i limiti di un triennio nell’ipotesi in cui non sia stata trascritta. La possibilità per le parti, prevista in via generale dall’art.1603, di convenire che il contratto di locazione possa sciogliersi in caso di alienazione della res locata è invece esclusa dall’art.7 della Legge 392 del
83 X. Xxxx., Sez.III, 24/5/2003, n.8240, in Giust. Civ. Mass., 2003, 5.
84 CARRATO, Principali profili problematici sulla responsabilità per danni da ritardata restituzione in tema di locazioni, in Corr. Giur. 2010, 2, 234.
85 X. Xxxx., Xxx.XXX, 0/0/0000, x.00000, xx Xxxx Xx. 2010, 10, I, 2673.
1978, ai sensi del quale «E’ nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata» (norma espressamente richiamata, per quanto qui interessa, dall’art.41, comma 1, della stessa Xxxxx 392/1978).
In questa sede, in conclusione, può essere utile rilevare come lo schema della locazione di immobili venga utilizzato o per complessi collegamenti negoziali ovvero per contratti aventi causa diversa (c.d. atipici), finalizzati a favorire le alienazioni immobiliari: è il caso dei collegamenti negoziali tra contratto di locazione e preliminare di compravendita o patto di opzione, da un lato, e delle figure atipiche come il «rent to buy», che dalla pratica delle negoziazioni vede oggi riconoscimento e specifica disciplina nel Decreto-Legge 12/9/2014, n.133 (c.d. «Sblocca Italia»), convertito dalla Legge 11/11/2014, n.164, all’art.23 rubricato «Disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili»86.
Per approfondimenti:
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