IGIENE & SICUREZZA DEL LAVORO
IGIENE & SICUREZZA DEL LAVORO
Mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico
Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano
Anno XVI, marzo 2012, n. 3 Direzione e Redazione Xxxxxx 0 Xxxxxxx X0
00000 Xxxxxxxxxxx - Xxxxxx
3
Appalti
CONTRATTO DI NOLEGGIO E SICUREZZA SUL LAVORO
Gestione della sicurezza
RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI ED IMPRESA INDIVIDUALE
VDR in pratica
EFFETTI PREVEDIBILI DELLE ESPLOSIONI
Rischio chimico
SOSTANZE DI ELEVATA PREOCCUPAZIONE
ED AUTORIZZAZIONE ALL’USO
INSERTO
ERGONOMIA, LAVORATORI E ORGANIZZAZIONE
CASSAZIONE PENALE
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
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SICUREZZA SUL LAVORO
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Contratto di noleggio e sicurezza sul lavoro
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La responsabilita` amministrativa dell’impresa individuale
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Sostanze di elevata preoccupazione e autorizzazione all’uso: il punto della situazione
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Inserto
La centralita` dell’uomo nella visione ergonomica dei processi produttivi (II)
AA.VV.
Legislazione
La nuova formazione del datore di lavoro che svolge il ruolo di RSPP
Accordo 21 dicembre 0000, x. 000/XXX 000
Le nuove regole per la formazione dei lavoratori
Accordo 21 dicembre 2011, n. 221/CSR 156
VDR in pratica
Gli effetti prevedibili delle esplosioni
Xxxxxx Xxxxxx 165
Giurisprudenza
Rassegna della Cassazione penale
Sommario
a cura di Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Le responsabilita` di committente, responsabile dei lavori e coordinatori nei cantieri
Cass. Pen., sez. IV, 21 dicembre 2011, n. 47476
Cass. Pen., sez. IV, 19 dicembre 2011, n. 46839 176
Scelte strutturali e responsabilita` del datore di lavoro
Cass. Pen., sez. IV, 21 dicembre 2011, n. 47507 178
La sicurezza degli ascensori tra D.Lgs. n. 81/2008 e linee guida ISPESL
Cass. Pen., sez. III, 22 dicembre 2011, n. 47866 179
Responsabilita` del manovratore di macchina noleggiata a caldo
Cass. Pen., sez. IV, 9 gennaio 2012, n. 109 179
Prescrizione dell’organo di vigilanza ed omessa notifica al contravventore dell’invito all’adempimento
Cass. Pen., sez. III, 12 gennaio 2012, n. 626 180
La delega di funzioni in forma scritta e con data certa
Cass. Pen., sez. III, 23 gennaio 2012, n. 2694
Cass. Pen., sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 38854
Cass. Pen., sez. IV, 26 settembre 2011, n. 34723
Cass. Pen., sez. IV, 8 agosto 2011, n. 31575 181
PSC e lavori da eseguire con immediatezza
Cass. Pen., sez. III, 23 gennaio 2012, n. 2709 182
Finanziamenti
Finanziamenti per la sicurezza
a cura di Xxxxx Xxxxxxxx 183
MENSILE DI AGGIORNAMENTO GIURIDICO E DI ORIENTAMENTO TECNICO
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Contratto di noleggio e sicurezza sul lavoro
Xxxxxxxxx Xxxxxxx - Avvocato
Premessa
Come e` noto, nell’ordinamen- to giuridico italiano non esiste la figura del noleggio come contratto tipico, se non con ri- ferimento al diritto della navi- gazione, che disciplina il no- leggio di una nave da parte di un armatore.
In realta` tale tipo di figura contrattuale, che in tempi re- centi ha trovato notevole svi- luppo, per la convenienza de- gli imprenditori a non investi- re in macchinari di cui non fanno uso continuativo, ma so- lo saltuario, rientra nello sche- ma generale del contratto di locazione disciplinato dagli ar- ticoli 1571 e ss. del Codice ci- vile.
Nella pratica va distinto il
«nolo a freddo» dal «nolo a caldo». Con il primo viene lo- cato il solo macchinario; con il secondo il locatore, oltre al macchinario, mette a disposi- zione dell’imprenditore anche un proprio dipendente in pos- sesso di una specifica compe- tenza professionale per il suo utilizzo. Anche nell’ipotesi di
«nolo a caldo», lo svolgimento dell’attivita` dell’operatore ha carattere di accessorieta` rispet- to alla prestazione principale, costituita dalla messa a dispo- sizione del bene.
La formazione per la sicurezza
Il «nolo a freddo» non pone particolari problematiche di ambito prevenzionistico: fer- mo restando il divieto di no- leggio di macchine non ri- spondenti alle disposizioni le- gislative e regolamentari vi- genti in materia di salute e si- curezza sul lavoro (art. 23 D.Lgs. n. 81/2008), il noleg-
giatore, al momento della ces- sione in uso di attrezzature di lavoro senza operatore, ha l’obbligo di attestarne il buono stato di conservazione, manu- tenzione ed efficienza a fini di sicurezza. Qualora si tratti di macchine prive di marcatura ‘‘CE’’, egli deve attestarne, sotto la propria responsabilita`, la conformita`, al momento del- la consegna, ai requisiti di si- curezza di cui all’Allegato V del Testo Unico della sicurez- za sul lavoro, e acquisire altre- s`ı dal datore di lavoro utilizza- tore una dichiarazione che ri- porti l’indicazione del lavora- tore o dei lavoratori incaricati dell’uso della macchina, la lo- ro formazione professionale e
- ove occorra - il possesso del- la specifica abilitazione alla guida (art. 72 D.Lgs. n. 81/ 2008).
Nolo a caldo
Rilevante, a fini prevenzioni- stici, e` invece la distinzione tra «nolo a caldo» e contratto di appalto (articoli 1655 c.c. e ss.). Mentre in caso di appal- to l’appaltatore si impegna verso il committente a compie- re un’opera o un servizio, con organizzazione dei mezzi di produzione e del lavoro a pro- prio rischio, nel «nolo a cal- do» il noleggiatore mette a di- sposizione il macchinario e la persona addetta al suo utilizzo, senza alcuna ingerenza nell’at- tivita` lavorativa cui il bene no- leggiato e` destinato, ne´ coin- volgimento della propria orga- nizzazione di impresa.
Sotto questo profilo, potrem- mo sinteticamente affermare che il «nolo a caldo» si risolve in un’obbligazione di mezzi, laddove nel contratto di appal- to e` sempre dedotta un’obbli-
gazione di risultato. Di qui il rilievo della disciplina applica- bile, a fini prevenzionistici, al contratto di «nolo a caldo».
Approfondimenti
La disciplina prevenzionistica del nolo a caldo
Come abbiamo visto, agli ef- fetti dell’applicazione della normativa di prevenzione de- gli infortuni, non puo` valere l’assimilazione degli schemi contrattuali del contratto di ap- palto e del «nolo a caldo»: mentre nell’appalto l’elemento distintivo essenziale e prima- rio e` quello di una reale «orga- nizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore», con sua effettiva assunzione del ri- schio tipico di impresa (cosic- che´ il contenuto della presta- zione contrattuale quale obbli- go di risultato e` una variabile condizionata dal know-how non solo tecnologico ma anche organizzativo dell’appaltato- re), nel «nolo a caldo» l’aspet- tativa del noleggiante, contrat- tualmente qualificata, e` orien- tata all’ottenimento del risulta- to derivante dall’attivita` di la- voro non dell’impresa noleg- giatrice (di regola assente dal luogo ove si svolge la lavora- zione), bens`ı del solo persona- le da questa impiegato (ad es. il gruista manovratore di un’autogru). Se nel «nolo a caldo» il noleggiante, come in- segna la Giurisprudenza (Cass. pen., n. 6923/1997) «si procu- ra il godimento di una macchi- na con il relativo operatore», ossia il «noleggio di un mac- chinario» e «l’attivita` del sog- getto addetto», ne consegue che, in questo tipo di contratto, il noleggiatore risponde dell’i- doneita` e dell’efficienza a fini
di sicurezza della macchina lo- cata, mentre l’operatore si li- mita a far funzionare la mac- china, non compiendo alcun altra operazione. Costui risulta insomma completamente su- bordinato alle scelte organiz- zative e procedurali esistenti in cantiere e definite dal CSE e/o dal noleggiante, residuan- dogli unicamente la piena re- sponsabilita` e autonomia ope- rativa nell’utilizzo funzionale del mezzo meccanico.
Approfondimenti
Qualora invece il contratto di noleggio sia assimilabile allo schema dell’appalto, allora si applichera` la disciplina pre- venzionistica prevista per tale tipo di contratto.
Le possibili soluzioni
L’indicazione generale della Giurisprudenza di Cassazione (sez. IV, 5 giugno 2009, n.
23604; sez. IV, 4 settembre 2009 n. 34327) e` che, risultan- do nel noleggio che il lavora- tore sia inserito - in uno con la macchina oggetto del noleg- gio - nell’organizzazione d’impresa del noleggiante, e` sotto la vigilanza di quest’ulti- mo (non del primo, di regola assente dal luogo di lavoro) che si esplica l’attivita` lavora- tiva che trova causa e regola- mentazione nel contratto di noleggio.
La soluzione piu` ragionevole e` di ritenere che l’operatore di- pendente del noleggiatore sia di fatto assimilabile a un «la- voratore autonomo» secondo la definizione dell’art. 89, comma 1, lett. d) del D.Lgs.
n. 81/2008 «persona fisica la cui attivita` professionale con- corre alla realizzazione dell’o- pera senza vincolo di subordi- nazione». In tal caso egli avrebbe i seguenti obblighi:
●
nei cantieri con presenza del CSE, di adeguarsi alle indica- zioni fornite dal Coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza» ex art. 92, comma 1, lett. c) e Allega- to XV, punto 2.2.2., lett. g) del D.Lgs. n. 81/2008, relative al- l’organizzazione tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavorato-
ri autonomi, della cooperazio- ne e del coordinamento delle attivita`, nonche´ della loro reci- proca informazione; fermo re- stando che la verifica operati- va di tali aspetti rimane in ca- po all’impresa utilizzatrice del noleggio ex artt. 95, com- ma 1, lett. g) e 96, comma 3, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008; nei cantieri senza la presen- za del CSE, di attenersi alle in- dicazioni dell’impresa utilizza- trice del noleggio ex artt. 26, commi 1 e 2, 95, comma 1, lett. g) e 96, comma 3, lett.
●
a) del D.Lgs. n. 81/2008.
Soluzione piu` radicale e` di ri- tenere che l’operatore dipen- dente del noleggiatore sia ad- dirittura assimilabile a un di- pendente del noleggiante-uti- lizzatore. A questa indicazione non e` ancora pervenuta la Giu- risprudenza, sebbene tale solu- zione sia invece pacifica nel caso del «nolo a freddo», qua- lora l’operatore sia un dipen- dente dell’utilizzatore, sicche´ a carico di quest’ultimo sussi- stano integralmente gli obbli- ghi propri del datore di lavoro (ad es. l’informazione e la for- mazione professionale sui ri- schi connessi all’uso della macchina: in tal senso Cass. pen., sez. IV, 30 ottobre 2009, n. 41791). Resta peral- tro in ogni caso a carico del noleggiatore, nel caso di «nolo a caldo», l’obbligo di affidare al proprio operatore un mezzo conforme alle prescrizioni del- la normativa antinfortunistica, nonche´ di assicurarsi che il di- pendente sia istruito e infor- mato sulle modalita` di uso del mezzo (sul tema, Cass. pen., sez. IV, 11 giugno 2010, n. 22558). Non si ritiene invece sussistere, a carico del noleggiatore, l’obbligo di ef- fettuare un preliminare sopral- luogo in cantiere, non avendo egli alcuna posizione di garan- zia in ordine ai profili di ri- schio c.d. ‘‘ambientale’’.
Altra soluzione radicale e` di ritenere che soggetto gravato della posizione di garanzia ri- spetto alla propria (ma soprat- tutto all’altrui sicurezza, avuto riguardo ai dipendenti del no- leggiante), sia lo stesso «ope- ratore» addetto al mezzo no-
leggiato. Di tale orientamento e` espressione la recente pro- nuncia di Cass. pen., sez. IV, 9 gennaio 2012, n. 109, la quale ha confermato la re- sponsabilita` del manovratore di una piattaforma aerea, in re- lazione all’infortunio occorso ad un collega di lavoro, dipen- dente del noleggiante. La Su- prema Corte ha chiarito che il soggetto titolare dell’impre- sa che noleggia macchinari e che mette a disposizione an- che il manovratore, risponde dei danni connessi all’oggetto principale dell’obbligazione, cioe` al funzionamento della macchina, ma non assume nei confronti dei lavoratori al- le dipendenze dell’appaltato- re-noleggiante, una posizione di garanzia in relazione ai ri- schi connessi all’ambiente di lavoro. Siccome nel caso di specie si era verificata la vio- lazione degli obblighi di pre- venzione connessi all’utilizzo della piattaforma, cos`ı come specificati anche nel manuale di istruzioni, e il manovratore aveva ricevuto adeguata for- mazione sull’utilizzo della macchina, e` stata affermata la sua personale esclusiva re- sponsabilita` penale, essendo l’infortunio sul lavoro dipeso da modalita` errate di funzio- namento e di uso della piatta- forma, e dovendo conseguen- temente gli obblighi protettivi dei dipendenti del noleggiante essere posti a suo carico.
La redazione del POS
e del DUVRI
Quanto all’obbligo di redazio- ne, in caso di noleggio, del Piano operativo di sicurezza (POS) e del DUVRI, e` eviden- te che la quaestio iuris si pone unicamente con riguardo all’i- potesi del «nolo a caldo», es- sendo pacifico che il POS e il DUVRI non devono essere re- datti in caso di «nolo a xxxx- do», risolvendosi in quest’ulti- mo caso il contenuto dell’ob- bligazione dedotta contrattual- mente come mera locatio rei. Sul tema della fornitura a pie` d’opera di materiali e/o attrez-
zature, gia` il Ministero del la- voro si era espresso con la Cir- colare 28 febbraio 2007, n. 4. Secondo la Circolare, l’obbli- go di redazione del POS, limi- tato alle imprese esecutrici (per tali dovendosi intendere le imprese che eseguono i la- vori «edili o di ingegneria ci- vile») non poteva essere esteso anche alle imprese che - pur presenti in cantiere - non par- tecipano in maniera diretta al- l’esecuzione di tali lavori (tra le quali certamente ricadono le aziende che svolgono le atti- vita` di mera fornitura a pie` d’opera dei materiali e/o at- trezzature occorrenti); in tal caso le esigenze di sicurezza dovevano essere soddisfatte mediante l’attuazione delle particolari disposizioni orga- nizzativo-procedurali (scam- bio di informazioni, coordina- mento delle misure e delle procedure di sicurezza, coope- razione nelle fasi operative) stabilite dall’art. 7 del D.Lgs.
n. 626/1994 (attuale art. 26
del D.Lgs. n. 81/2008); con la conseguenza che spettava all’impresa esecutrice mettere a disposizione dell’azienda fornitrice le prescritte informa- zioni di sicurezza, eventual- mente attingendole anche dal PSC relativo allo specifico cantiere; in capo all’azienda fornitrice residuava l’obbligo di curare la definizione e l’ap- plicazione delle procedure in- terne di sicurezza per i propri dipendenti inviati ad operare nel cantiere.
Sul tema della fornitura a pie`
d’opera di materiali e/o attrez- zature in cantiere, il Ministero e` nuovamente intervenuto con l’Interpello n. 58 del 10 luglio
2009, confermando l’esenzio- ne dalla redazione del POS (e anche dal DURC) per le im- prese che, pur presenti in can- tiere, non partecipano in ma- niera diretta alle lavorazioni per la realizzazione dell’opera. Con il D.Lgs. n. 106/2009, in- tegrativo del D.Lgs. n. 81/ 2008, il legislatore ha affronta- to tale problematica sul piano della disciplina normativa. La soluzione e` stata che le impre- se che siano «mere» fornitrici di materiali o attrezzature non
possono essere qualificate co- me imprese «esecutrici», e per tale motivo esse sono esentate dalla redazione del POS (definito all’art. 89, com- ma 1, lett. h) come «il docu- mento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo can- tiere interessato»). Similmen- te, con riguardo all’obbligo di redazione del DUVRI, l’art. 26, comma 3-bis del D.Lgs.
n. 81/2008 ha del pari esentato le «mere» forniture di materia- li o attrezzature dall’area di operativita` del documento. Nondimeno, la problematica giuridica permane con riguar- do alle forniture c.d. ‘‘com- plesse’’ (qual e` anche il «nolo a caldo»), ove il contenuto dell’obbligazione non e` solo
«di dare» la res, ma anche di
«fare» qualcosa. In tali casi, in effetti, puo` discutersi della sussistenza o meno del requi- sito della c.d. ‘‘esecutricita`’’. In effetti e` stata la Giurispru- denza a risolvere alla radice la quaestio iuris, escludendo che, nel caso di «nolo a cal- do», ci si trovi di fronte ad un’impresa. Se al contratto di
«nolo a caldo» non e` applica-
bile la disciplina in materia di appalto, e` conseguenziale l’in- sussistenza dell’obbligo di re- dazione del POS da parte del- l’impresa noleggiatrice. E cio` nonostante il «nolo a caldo» dia vita non ad una fornitura
«semplice» (c.d. locatio rei), bens`ı ad una fornitura «com- plessa» (ove il contenuto ob- bligatorio di facere, seppur di natura accessoria nella pro- spettiva contrattuale, ha rilievo preminente nell’ottica della tu- tela prevenzionistica).
Quanto al DUVRI, riferendosi l’obbligo redazionale non solo alle imprese, ma anche ai lavo- ratori autonomi, la redazione del documento, in caso di «no- lo a caldo», sarebbe obbligato- ria (mentre nei cantieri con la presenza dei Coordinatori ope- rerebbe per l’impresa noleg- giatrice la disciplina prevista dal combinato disposto degli artt. 92, comma 1, lett. c) e Al- legato XV, punto 2.2.2., lett.
g) del D.Lgs. n. 81/2008, e per all’impresa utilizzatrice
del noleggio la disciplina pre- vista dal combinato disposto degli ex artt. 95, comma 1, lett. g) e 96, comma 3, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008.
Un’ipotesi tipica: la fornitura
di calcestruzzo
La fornitura di calcestruzzo costituisce una delle ipotesi ti- piche - e piu` frequenti - di for- nitura «complessa». Tale ipo- tesi potra` dar luogo anche al
Approfondimenti
«nolo a caldo» solo se l’attivi- ta` di «pompaggio» sia effet- tuata dal dipendente del noleg- giatore.
In siffatta ipotesi, ferma re- stando l’esenzione dall’obbli- go di redazione del POS - e anche dal DUVRI qualora il
«pompaggio» sia effettuato dal noleggiante - residuano gli obblighi di assicurare la
c.d. ‘‘triade’’ gestionale della sicurezza (scambio di informa- zioni, coordinamento delle mi- sure e delle procedure di sicu- rezza, cooperazione nelle fasi operative) prevista dai commi 1 e 2 dell’art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008.
A questo riguardo soccorrono le indicazioni operative elabo- rate dalla Commissione con- sultiva permanente per la salu- te e sicurezza sul lavoro elabo- rate nella riunione del 19 gen- naio 2011, fatte proprie dal Ministero del lavoro con la Circolare n. 15 del 10 febbraio 2011. Tra esse assumono par- ticolare rilievo quelle che at- tengono alle informazioni che, nelle diverse fasi in cui si articola il rapporto contrat- tuale (dalla richiesta di fornitu- ra alla consegna del prodotto nel cantiere di destinazione), devono scambiarsi, in materia di sicurezza dei lavoratori, il fornitore di calcestruzzo e l’impresa committente la for- nitura. Da esse si ricava che l’impresa fornitrice non e` qua- lificabile come impresa «ese- cutrice», e che di regola il di- pendente dell’impresa fornitri- ce deve operare nel cantiere conformemente alle istruzioni di lavoro impartite dal Diri- gente o dal Preposto dell’Im-
presa (esecutrice) richiedente la fornitura.
Conclusioni
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ISL Igiene & Sicurezza
del Lavoro - I Corsi
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● Agente Indicitalia di zona (xxx.xxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx)
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Il nolo a caldo, sul versante prevenzionistico - al di la` della tipologia del contratto e dello schema civilistico che ad esso corrisponde -, si risolve in un contratto di fornitura di mezzi in regime di auto-organizza- zione di lavoro (cioe` di lavoro autonomo), ovvero di lavoro etero-organizzato a cura del- l’impresa noleggiante-utilizza- trice. Pur essendo di regola l’operatore del mezzo noleg- giato alle dipendenze di un’impresa, nondimeno, ai fini dell’applicazione della norma- tiva per la sicurezza sul lavoro, egli e` riconducibile sul piano sostanziale, al di la` del dato formale, alla nozione di lavo- ratore autonomo (piuttosto
che alla nozione di impresa), stante il suo operare da solo, con competenze altamente specialistiche, e soprattutto svincolato dalla logica d’im- presa e della sua organizzazio- ne, la quale al contrario fa ca- po e contraddistingue l’appal- to stricto iure inteso.
Il nolo a caldo da` insomma luogo ad un fenomeno com- plesso: nella fase anteriore al- l’operativita` in cantiere, l’ope- ratore addetto alla macchina e` a tutti gli effetti un dipendente dell’impresa di noleggio e de- ve da questa ricevere tutte le istruzioni di lavoro inerenti al- la propria specifica mansione; mentre nella successiva fase operativa di cantiere, l’opera- tore agisce nella veste sostan- ziale di lavoratore autonomo, facendo utilizzo e applicazione di quelle informazioni, ordini e disposizioni operative acqui-
site anteriormente dal proprio datore di lavoro. Il noleggiato- re a caldo e` dunque soggetto di esclusivo riferimento con- trattuale, mentre, per quanto concerne la tutela della sicu- rezza dell’operatore, e` datore di lavoro solo per quanto attie- ne alla fase pre-operativa, ma non con riferimento alla con- creta operativita` di cantiere, dalla quale egli rimane per de- finizione estraneo, giacche´, in caso contrario, si verserebbe nella diversa tipologia contrat- tuale dell’appalto, con traspo- sizione sul cantiere dell’orga- nizzazione di impresa (non della sola macchina con opera- tore).
Aderente a tale impostazione e` anche la posizione espressa dal Ministero del lavoro - sia pure a fini non prevenzionisti- ci - nel recente interpello 27 gennaio 2012 n. 2.
La responsabilita` amministrativa dell’impresa individuale
Xxxxxx Xxxxxxxxx - Magistrato
Reati
e responsabilita` amministrativa dell’impresa individuale
La definizione di ente conte- nuta nell’art. 27 del D.Lgs. n. 231/2001 pare riferirsi ad un’entita` che prescinda neces- sariamente dalla responsabilita` individuale sulla base dell’in- terpretazione letterale del com- ma 1 dell’articolo, il quale af- ferma: «dell’obbligazione per il pagamento della sanzione amministrativa risponde sol- tanto l’ente con il suo patrimo- nio o con il fondo comune». Ad uguale soluzione si potreb- be pervenire con il riferimento del comma 2 dello stesso arti- colo al regime del credito pri- vilegiato, secondo le disposi- zioni del codice di procedura penale sui crediti dipendenti da reato, attribuito ai crediti dello Stato derivanti dagli ille- citi amministrativi dell’ente re- lativi a reato.
Nel solco di tale interpretazio- ne si e` mossa la giurispruden- za (Cass. pen, sez. VI, sent. n. 18941 del 3 marzo 2004, dep. il 22 aprile 2004), la qua- le ha escluso le imprese indivi- duali dalla normativa sulla re- sponsabilita` amministrativa delle persone giuridiche, delle societa` e delle associazioni an- che prive di responsabilita` giu- ridica.
La Corte afferma che il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 costitui- sce la ricezione nel nostro or- dinamento della Convenzione OSCE (17 dicembre 1997) la quale prevede che «ciascuna parte prende le misure neces-
xxxxx, in conformita` dei propri principi giuridici, per stabilire la responsabilita` delle persone giuridiche nel caso di corru- zione di un pubblico funziona- rio straniero», mentre gli artt. 3 e 4 del Secondo Protocollo sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunita` Eu- ropee (27 giugno 1997) si oc- cupano della responsabilita` e delle sanzioni delle persone giuridiche. Tale e` il contesto in cui si e` mosso il legislatore, dapprima con la legge n. 300/ 2000 e poi con il D.Lgs. n 231/2001, i quali pertanto si riferiscono soltanto agli enti collettivi anche perche´ per la Corte «la responsabilita` del- l’ente e` chiaramente aggiunti- va, e non sostitutiva, di quella di persone fisiche, che resta re- golata dal diritto penale comu- ne.»
Tale orientamento giurispru-
denziale tuttavia non tiene conto della duplice considera- zione per cui le imprese indi- viduali, da un lato, possono essere costituite e tenute in esercizio al callido fine di elu- dere la normativa del D.Lgs.
n. 231/2001, e, dall’altro, che possono raggiungere dimen- sioni ragguardevoli e addirittu- ra superiori a quelle degli altri enti.
In tale ottica deve essere inter- pretata la pronuncia (Cass. pen., sez. III, sent. n. 15657 del 15 dicembre 2010, dep. il
20 aprile 2011) di segno oppo- sto poiche´ afferma che i sog- getti ricompresi nel novero de- gli enti contemplati dal D.Lgs.
n. 231/2001 sono anche le im- prese individuali.
A tale conclusione la sentenza perviene sulla base dell’osser-
vazione per cui l’attivita` ricon- ducibile all’impresa e` quella che fa capo ad una persona fi- sica e non ad una persona giu- ridica intesa quale societa` di persone o di capitali. Pertanto
Approfondimenti
«non puo` negarsi che l’impre- sa individuale (sostanzialmen- te divergente, anche da un punto di vista semantico dalla
c.d. ‘‘ditta individuale’’), ben puo` assimilarsi ad una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona del- l’imprenditore quale soggetto fisico che esercita una deter- minata attivita`: il che porta alla conclusione che, da un punto di vista prettamente tecnico, per ‘‘impresa’’ deve intendersi l’attivita` dell’imprenditore- persona fisica per la cui defini- zione deve farsi rinvio agli ar- ticoli 2082 e 2083 del c.c.». Quindi il fondamento dottrina- le della pronuncia consiste nella definizione codicistica dell’imprenditore, il quale e` colui che esercita professional- mente un’attivita` economica organizzata al fine della pro- duzione o dello scambio di be- ni o servizi.
In tale contesto cio` che ri- leva e` soltanto la natura dell’attivita` esercitata, indi- pendentemente dalla for- ma societaria eventual- mente assunta. Pertanto la sostanza prevale su qual- siasi schermo giuridico as- sunto per regolare o na- scondere l’attivita` svolta dall’imprenditore.
A tal riguardo la sentenza af- ferma quanto segue: «Peraltro e` indubbio che la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 231/
2001 sia senz’altro applicabile alle societa` a responsabilita` in- dividuale c.d. ‘‘unipersonali’’, cos`ı come e` notorio che molte imprese individuali spesso ri- corrono ad una organizzazione interna complessa che prescin- de dal sistematico intervento del titolare dell’impresa per la soluzione di determinate pro- blematiche e che puo` spesso involgere la responsabilita` di soggetti diversi dall’imprendi- tore, ma che operano nell’inte- resse della stessa impresa indi- viduale.
Approfondimenti
Ed allora una lettura costitu- zionalmente orientata della norma in esame dovrebbe in- durre a conferire al disposto di cui al comma 2 dell’art. 1 del decreto in parola una por- tata piu` ampia, tanto piu` che, non cogliendosi nel testo alcun cenno riguardante le imprese individuali, la loro mancata in- dividuazione non equivale ad esclusione, ma, semmai ad un’implicita inclusione nell’a- rea dei destinatari della norma. Una loro esclusione potrebbe infatti porsi in conflitto con norme costituzionali - oltre che sotto il riferito aspetto del- la disparita` di trattamento - an- che in termini di irragionevo- lezza del sistema.»
Modelli organizzativi idonei ad evitare la responsabilita`
Le conseguenze dell’allarga- mento alle imprese individuali del novero degli enti ricom- presi nella disciplina del D.Lgs. n. 231/2001 non sono assolutamente indolori e privi di conseguenze giuridiche. Ed invero le persone giuridiche, nella accezione piu` ampia co- me dianzi esaminato, non sono del tutto indifese dalla com- missione di reati ad opera dei loro dipendenti, purche´ adotti- no dei modelli organizzativi interni e idonei a prevenire i reati. Infatti, sono previste (artt. 6 e 7 del D.Lgs. n. 231/ 2001) le seguenti formule e cautele che si distinguono a secondo dei soggetti coinvolti.
Per i soggetti posti all’apice degli enti, gli stessi non ri- spondono dei reati commessi dai dipendenti se provano che:
– l’organo dirigente ha adotta- to ed efficacemente attuato, prima del reato, modelli di or- ganizzazione e di gestione ido- nei a prevenire reati della stes- sa specie di quello verificatosi;
– sono stati affidati ad un or- gano dell’ente, dotato di auto- nomi poteri di iniziativa e di controllo, la vigilanza sul fun- zionamento ed osservanza dei modelli di aggiornamento ed il loro aggiornamento;
– i modelli di organizzazione e di gestione sono stati elusi fraudolentemente dagli autori del reato;
– l’organo interno di control- lo, sopra citato, non ha omesso o non ha esercitato insufficien- temente la vigilanza.
I modelli organizzativi devono contenere:
●
l’individuazione delle attivi- ta` nel cui ambito possono es- sere commessi i reati;
●
la previsione di specifici protocolli diretti a programma- re la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in re- lazione ai reati da prevenire;
●
l’individuazione delle moda- lita` di gestione delle risorse fi- nanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
●
la previsione degli obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di controllo sul funzionamento e l’osser- vanza dei modelli;
●
l’introduzione di un sistema disciplinare che sanzioni il mancato rispetto delle misure indicate dai modelli.
L’adozione dei modelli di or- ganizzazione e di gestione puo` essere effettuata, con i contenuti sopra descritti, me- diante codici di comportamen- to elaborati dalle associazioni rappresentative degli enti, i quali sono comunicati al Mini- stero della giustizia che, di concerto con i Ministeri com- petenti, puo` formulare, entro 30 giorni le osservazioni sulla idoneita` dei modelli a preveni- re i reati.
In dottrina si afferma che, a causa del silenzio del decreto, se le osservazioni predette
non vengono accolte il model- lo non dovrebbe essere effica- ce, con la conseguenza, para- dossale, che l’elaborazione complessiva del decreto presta il destro a non difficili elusioni attuabili mediante la predispo- sizione di meccanismi mera- mente formali della responsa- bilita` amministrativa.
Invero, tale pericolo non e` del tutto infondato poiche´ il siste- ma attraverso il quale l’ente puo` sfuggire le proprie respon- sabilita` consiste nella realizza- zione di speciali protocolli preventivi (definiti negli Stati Uniti Compliance Programs, che permettano alla societa`
«di combattere in se stessa, dal suo interno, la criminali- ta`») finalizzati ad impedire, in via preventiva, la commis- sione dei reati; il decreto tace sulla composizione e la nomi- na dei componenti dell’organi- smo di controllo che e` incari- cato (art. 7, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 231/2001) di vi- gilare sul funzionamento e sul- l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento. Per di piu`, proprio a causa del- le loro ridotte dimensioni, ne- gli enti di minore entita` l’orga- no di vigilanza e di controllo dei modelli puo` essere (art. 6, comma 4) rappresentato diret- tamente dall’organo dirigente; tuttavia, in tale caso si verifica una problematica immedesi- mazione in un solo soggetto dei compiti di controllore e di controllato.
Dalla lettura di tali articoli si puo` affermare che ordinaria- mente nelle grandi aziende i vertici non possono fare parte dell’organo di controllo che, pertanto, deve essere del tutto autonomo, oppure essere in- fluenzato dalla gerarchia solo indirettamente, in modo da consentire una verifica esterna secondo i principi della Cor- porate Governance.
A tal proposito occorre notare che importanti organizzazioni di categoria hanno gia` redatto delle ‘‘linee guida’’ idonee ad evitare le sanzioni del D.Lgs. n. 231/2001 qualora le imprese, seguendole, adottino idonei sistemi di controllo in- terno.
I modelli sono adottati in rela- zione all’attivita` svolta, alla natura e all’organizzazione dell’ente e la loro efficace at- tuazione richiede:
– una verifica periodica e l’e- ventuale modifica qualora vengano scoperte significative violazioni delle prescrizioni oppure quando mutino l’orga- nizzazione o l’attivita` sociali;
– un sistema disciplinare ido- neo a sanzionare l’inottempe- ranza alle prescrizioni del mo- dello.
L’adozione dei modelli orga- nizzativi nel diritto ambientale non e` facile proprio per la as- soluta specialita` di tale materia che e` assai complessa ed e` for- mata da normativa appartenen- te a fonti diverse, europee, sta- tali (sia legislative che regola- mentari), regionali.
A tal riguardo e` sufficiente meditare sulla specificita` dei modelli organizzativi previsti dall’art. 30 del D.Lgs. n. 81/ 2008.
Esso stabilisce, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, la respon- sabilita` amministrativa del- l’ente in relazione alla com- missione dei reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.) o di le- sioni colpose gravi o gravissi- me (artt. 590, commi 1, 2 e
3, e 583 c.p.) commesse con violazione della normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
A tal riguardo giova notare che il modello organizzativo affinche´ possa essere esimente della responsabilita` prevista dal D.Lgs. n. 231/2001 deve avere un contenuto piuttosto ampio e deve essere adottato ed efficacemente attuato (se- condo quanto previsto dall’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008), as- sicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
– al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge re- lativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimi- ci, fisici e biologici;
– alle attivita` di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
– alle attivita` di natura orga- nizzativa, quali emergenze,
primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
– alle attivita` di sorveglianza sanitaria;
– alle attivita` di informazione e formazione dei lavoratori;
– alle attivita` di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
– all’acquisizione di docu- mentazioni e certificazioni ob- bligatorie di legge;
– alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’effica- cia delle procedure adottate. Inoltre, il modello organizzati- vo deve prevedere:
●
idonei sistemi di registrazio- ne dell’avvenuta effettuazione delle attivita` sopra descritte;
●
un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tec- niche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonche´ un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispet- to delle misure indicate nel modello;
●
un idoneo sistema di con- trollo sull’attuazione del me- desimo modello e sul manteni- mento nel tempo delle condi- zioni di idoneita` delle misure adottate.
Notasi che tali modelli orga- nizzativi per molti aspetti ap- paiono una ripetizione della valutazione dei rischi prevista dall’art. 28 dello stesso X.Xxx. n. 81/2008 e l’interpre- te si domanda in cosa consista la differenza concettuale tra ta- li due categorie giuridiche. In- vero, entrambe si muovono su un terreno decisamente pre- ventivo e non si comprende la duplicazione degli adempi- menti previsti: a tal riguardo basta riflettere sul disposto dell’art. 30, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 81/2008 per il quale il modello organizzativo deve assicurare un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi «alle attivita` di valuta- zione dei rischi e di predispo- sizione delle misure di preven-
xxxxx e protezione conseguen- ti».
In ogni caso la scelta del tipo di modello organizzativo e` ri- messa alla libera valutazione dell’ente poiche´: «in tema di responsabilita` degli enti dipen- dente da reato non e` consentito la giudice, nel revocare la mi- sura cautelare interdittiva, im- porre all’ente l’adozione coat- tiva di modelli organizzativi (Cass. pen., sez. VI, sent. 32627 del 23 giugno 2006).»
Approfondimenti
Il sistema del D.Lgs. n. 231/2001 nella giurisprudenza
L’innovazione nel sistema giu- ridico tradizionale apportata dal D.Lgs. n. 231/2001 e` testi- moniata da una serie nutrita di pronunce che hanno stabilito i seguenti principi.
1) «In tema di tutela penale dell’ambiente, non e` imputabi- le all’ente ai sensi del D.Lgs.
n. 231/2001 la responsabilita` amministrativa per il reato di gestione non autorizzata dei ri- fiuti, in quanto pur essendovi un richiamo a tale responsabi- lita` nell’art. 192, comma 4, del D.Lgs. 3 marzo 2006, n. 152, difettano attualmente sia la ti- pizzazione degli illeciti che l’indicazione delle sanzioni.» (Cass. pen., sez. III, sent. 41329 del 7 ottobre 2008).
2) «In tema di responsabilita` da reato degli enti, e` ammissi- bile il sequestro preventivo a fini di confisca di beni in mi- sura equivalente al profitto de- rivante dal reato anche quando la societa` cui gli stessi appar- tengono sia fallita, ma spetta al giudice dare conto della pre- valenza delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle che implicano la tutela dei le- gittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare.» (Cass. pen., sez. V, sent. 33425 del 8 luglio 2008).
3) «In tema di responsabilita` degli enti collettivi per il reato di corruzione propria antece- dente, strumentale all’aggiudi- cazione di un appalto plurien- nale, il profitto oggetto della sanzione principale della con- fisca non si identifica con l’in-
tero valore del rapporto sinal- lagmatico instaurato con la P.A., dovendosi in proposito distinguere il profitto diretta- mente derivato dall’illecito pe- nale dal corrispettivo conse- guito dall’ente per l’effettiva e corretta erogazione delle pre- stazioni comunque svolte in favore della stessa amministra- zione, le quali non possono considerarsi automaticamente illecite in ragione dell’illiceita` della causa remota.» (Cass. pen., sez. VI, sent. 42300 del 26 giugno 2008).
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Approfondimenti
4) «In tema di responsabilita` da reato degli enti collettivi, la confisca del profitto da reato prevista dagli artt. 9 e 19 del D.Lgs. n. 231/2001 si configu- ra come sanzione principale, obbligatoria ed autonoma ri- spetto alle altre previste a cari- co dell’ente, e si differenzia da quella configurata dall’art. 6, comma 5, del medesimo de- creto, applicabile solo nel caso difetti la responsabilita` della persona giuridica, la quale co- stituisce invece uno strumento volto a ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato
presupposto, i cui effetti sono comunque andati a vantaggio dell’ente.» Cass. pen., sez. unite, sent. 26654 del 27 mar-
zo 2008).
5) «La confisca facoltativa delle cose che servirono o fu- rono destinate a commettere il reato puo` essere disposta an- che nei confronti dei beni ap- partenenti ad una persona giu- ridica, quando quest’ultima non sia estranea al reato, per esserle stato contestato il con- nesso illecito amministrativo.» (Cass. pen., sez. VI, sent. 35802 del 5 maggio 2008).
6) «La valutazione della sussi- stenza delle esigenze cautelari che costituiscono, insieme al fumus commissi delicti, il pre- supposto per l‘applicazione delle misure cautelari interdit- tive a carico dell’ente, implica l’esame di due tipologie di ele- menti:
a) la prima, di carattere ogget- tivo ed attinente alle specifiche modalita` e circostanze del fat- to, puo` essere evidenziata dal- la gravita` dell’illecito e dal- l’entita` del profitto;
b) l’altra ha natura oggettiva e
attiene alla personalita` dell’en- te e per il suo accertamento devono considerarsi la politica dell’impresa attuata negli anni, gli eventuali illeciti commessi in precedenza e soprattutto lo stato di organizzazione del- l’ente.» (Cass. pen., sez. VI, sent. 32626 del 23 giugno
2006).
7) «In tema di responsabilita` da reato della persona giuridi- che e delle societa`, l’espressio- ne normativa, con cui se ne in- dividua il presupposto nella commissione dei reati ‘‘nel suo interesse o a suo vantag- gio’’, non contiene un’endiadi, poiche´ i termini hanno riguar- do a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse ‘‘a monte’’ per ef- fetto di un indebito arricchi- mento, prefigurato e magari non realizzato, in conseguenza dell’illecito, da un vantaggio obbiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex an- te sicche´ l’interesse e il van- taggio sono in concorso rea- le.» (Cass. pen., sez. II, sent. 3615 del 20 dicembre 2005).
Sostanze di elevata preoccupazione
e autorizzazione all’uso: il punto della situazione
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Le sostanze
che comportano
«elevata preoccupazione»
Il complesso sistema di gestio- ne dei chemicals introdotto dal Regolamento REACh (Reg. n. 1907/2006/CE) inizia ad en- trare in una fase che riguardera` potenzialmente tutte le aziende e non piu` solo il mondo della chimica.
La strategia alla base del nuo- vo sistema e` fondata, infatti, sul presupposto che i rischi verso la salute umana e l’am- biente apportati dalle sostanze chimiche debbano essere co- nosciuti e gestiti meglio di quanto e` accaduto finora: in quest’ottica e` risultata allar- mante l’estrema diffusione delle sostanze chimiche in tutti i settori manifatturieri, per la produzione di formulazioni specifiche o di articoli. In que- ste realta`, inoltre, non sempre esiste - diversamente da quan- to accade nell’industria chimi- ca - la conoscenza preventiva e sistematica dei rischi appor- tati dalle sostanze e delle mi- gliori misure per gestirli e mi- nimizzarli.
REACh ha quindi dettato nuo- vi requisiti necessari per la commercializzazione delle so- stanze chimiche, con ampi ri- svolti anche sugli utilizzatori a valle.
In particolare i provvedimenti piu` restrittivi introdotti da REACh presentano forti colle- gamenti con alcune misure di forte riduzione del rischio di- sposte dalla legislazione di
area sociale (Titolo IX del Te- sto Unico), e riguardano tutte le realta` che fanno uso nel pro- prio processo produttivo di al- cune sostanze chimiche defini- te «estremamente preoccupan- ti» (SVHC, Substances of Ve- ry High Concern), dapprima pubblicate in progress sul sito dell’Agenzia Europea ECHA attraverso un processo decisio- nale (i cui criteri sono delineati all’art. 57) che considera le evidenze scientifiche raccolte dai diversi Stati membri del- l’Unione Europea; quindi - laddove esistano evidenze di rischio sufficienti - via via pubblicate nell’Allegato XIV al Regolamento REACH per essere sottoposte caso per caso al procedimento di autorizza- zione all’uso.
Si tratta di sostanze in genere utilizzate in processi dispersi- vi, e:
– che possono rispondere ai criteri di classificazione in qualita` di sostanze canceroge- ne, mutagene o reprotossiche;
– oppure individuabili come persistenti e bioaccumulanti e tossiche (PBT) o molto persi- stenti e molto bioaccumulanti (vPvB) secondo le definizioni dell’Allegato XIII di REACh;
– oppure per cui vi sia un’evi- denza scientifica di probabili seri effetti sulla salute umana o sull’ambiente a causa di altre proprieta` di elevata preoccupa- zione (come accade per i per- turbatori endocrini) non neces- sariamente individuabili in modo specifico attraverso i criteri di classificazione armo- nizzati definiti dal recente Re-
golamento CLP (Reg. n. 1272/ 2008/CE).
Approfondimenti
Le sostanze soggette ad auto- rizzazione e incluse quindi nell’Allegato XIV, a partire dalla deadline indicata non po- tranno piu` essere immesse sul mercato o utilizzate in un de- terminato modo da alcun fab- bricante, importatore, utilizza- tore a valle, senza che prelimi- narmente sia stata ottenuta una specifica autorizzazione.
La pubblicazione delle sostan- ze candidate, oltre a costituire il primo passaggio verso gli adempimenti connessi al futu- ro procedimento di autorizza- zione, e` in se´ connessa a preci- si obblighi attuali - in modo particolare verso i produttori e importatori di articoli (com- presi i prodotti di imballag- gio), che sono tenuti a verifi- carne la presenza in misura su- periore allo 0,1% nei prodotti immessi sul mercato e, in caso affermativo, ad effettuare una comunicazione ad ECHA:
– entro il 1º giugno 2011 per le sostanze incluse nella can- didate list al 1º dicembre 2010;
– entro 6 mesi dalla data di pubblicazione, per le sostanze incluse nella candidate list do- po il 1º dicembre 2010.
Inoltre, a partire dalla data di pubblicazione di una sostanza che incontra i requisiti suddet- ti, il fornitore dell’articolo e` chiamato ad inviare al destina- tario una scheda informativa
Nota:
3 xxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxx@xxxxxxxxxx.xx
sulla presenza della sostanza SVHC nel prodotto fornito; su richiesta dovra` fornirla an- che al consumatore finale.
L’attuale formulazione della candidate list contiene 63 so- stanze; tuttavia l’obiettivo de- finito nel marzo 2010 e` di giungere a individuare 136 SVHC entro la fine del 2012. La Commissione Europea, in- fatti, intende rendere una real- ta` concreta la sostituzione del- le sostanze estremamente pro- blematiche.
Approfondimenti
Il procedimento di autorizzazione all’uso
L’autorizzazione all’uso (1) e` un provvedimento introdotto dal Titolo VII del Regolamen- to REACh, che va ad affian- carsi al precedente dispositivo della ‘‘restrizione’’ all’immis- sione in commercio adottata negli scorsi anni dall’Unione Europea verso le sostanze di elevata preoccupazione, tut- t’oggi vigente (e innovato at- traverso il Titolo VIII e l’Alle- gato XVII del REACh).
Se l’obiettivo della restrizione e` quello di vietare del tutto de- terminati utilizzi delle sostanze preoccupanti o la loro inclusio- ne in articoli e formulazioni destinate a fasce vulnerabili della popolazione (es. bambi- ni), la funzione dell’autorizza- zione e` invece quello di vinco- lare l’uso specifico di sostanze SVHC a stringenti misure di gestione del rischio verso l’uo- mo (lavoratori e popolazione generale) e verso l’ambiente, in modo che il rischio derivan- te risulti «adeguatamente con- trollato». Le sostanze di parti- colare preoccupazione possono essere avviate ad entrambe le tipologie di provvedimenti, col fine di controllarne in mo- do piu` ampio e specifico tutti i rischi derivanti.
L’autorizzazione non e` vinco- lata al tonnellaggio annuo, di- pendendo solo dalla tipologia della sostanza e dagli utilizzi specifici che devono assicura- re il contenimento del rischio al livello minimo fattibile. In- fatti, alcuni utilizzi delle
SVHC (es. in qualita` di inter- medi di processo) sono esclusi dall’autorizzazione.
Possono essere dunque indivi- duati due percorsi per il proce- dimento di autorizzazione:
1) lo specifico utilizzo puo` es- sere autorizzato se il richieden- te dimostra di aver ottenuto un
«adeguato controllo» dei rischi verso l’uomo e l’ambiente, at- traverso l’applicazione di ade- guate misure di gestione del ri- schio (RMMs) di carattere tec- nico, organizzativo, procedura- le - in particolar modo quelle raccomandate negli Scenari Espositivi (allegati alle schede di sicurezza aggiornate, gia` in circolazione a partire da que- st’anno), ove previsti in fase di Registrazione;
2) se il richiedente non puo` ga- rantire un adeguato controllo dei rischi verso l’uomo e l’am- biente, oppure quando la so- stanza non sia dotata di valori limite di esposizione che pos- sano consentire di definire quando il rischio sia «adegua- tamente controllato» (ad esem- pio sostanze cancerogene o mutagene o dotate di capacita` di bioaccumulo nei tessuti ani- mali), il rilascio dell’autorizza- zione e` ugualmente possibile qualora il richiedente sia in grado di dimostrare che i be- nefici socio-economici com- pensino e superino i possibili danni (attraverso lo strumento dell’analisi socio-economica disposto a norma dell’Allegato XVI e della ‘‘linea guida’’ gia` emessa da ECHA).
L’organo competente al rila- scio delle autorizzazioni e` la Commissione Europea, che si avvale del parere tecnico del- l’Agenzia Europea e degli enti scientifici degli Stati membri. Le tariffe per le pratiche di ri- chiesta dell’autorizzazione e per la revisione della stessa so- no definite nel Regolamento (CE) n. 340/2008 del 16 aprile 2008.
La durata dell’autorizzazione e` limitata e xxxx` stabilita caso per caso; prima dello scadere dell’autorizzazione concessa sara` quindi necessario richie- derne la revisione.
L’autorizzazione sara` in ogni caso specifica per soggetto ri-
chiedente (o insieme di sog- getti richiedenti), sostanza chi- mica e tipologia di utilizzo, e specifichera` le misure di ge- stione del rischio da garantire sempre nonche´ le condizioni di riscontro (es. piano di moni- toraggi ambientali; ricerca pe- riodica di sostituti; ecc.).
Gli utilizzatori a valle potran- no, previa comunicazione al- l’Agenzia, utilizzare le sostan- ze incluse nell’Allegato XIV senza richiedere il rilascio di una specifica autorizzazione purche´ l’uso specifico sia con- forme alle condizioni previste da un’autorizzazione rilasciata per lo stesso utilizzo ad un soggetto a monte nella catena di approvvigionamento.
Alla luce di questa previsione emerge ancora una volta come uno dei principi-cardine di REACh sia la comunicazione tra i diversi attori, che tuttavia non sempre e` stata e sapra` es- sere correttamente posta in at- to e monitorata da parte di tut- te le realta`, specialmente se si esce dall’ambito strettamente chimico e dalla dimensione della media-grande impresa. Sono inoltre ben evidenti le forti correlazioni con gli altri strumenti gia` esistenti e posti in atto per la gestione dei rischi sia sul versante occupazionale che su quello ambientale: fon- damentale sara`, ad esempio, l’accuratezza delle valutazioni del rischio chimico e del ri- schio cancerogeno-mutageno effettuate in applicazione del Titolo IX del D.Lgs. n. 81/ 2008. Indubbiamente REACh, da questo punto di vista, favo- risce l’implementazione di un’ottica di gestione preventi- va del rischio chimico e raffor- za notevolmente il principio di sostituzione gia` presente verso cancerogeni e mutageni nelle direttive che originarono il Te- sto Unico - qui esteso verso tutte le sostanze di elevata pre- occupazione, che e` opportuno circoscrivere gia` oggi nell’am- bito della propria attivita`.
Indubitabili sono anche le pos-
Nota:
(1) xxxx://xxxx.xxxxxx.xx/xxx/xxxxx/xxxxxxxxxx- chemicals-of-concern/authorisation
sibili conseguenze applicative in ambito di vigilanza, non li- mitatamente al REACh ma an- che sulle tematiche di salute occupazionale e tutela ambien- tale, dal momento che per le sostanze soggette ad autorizza- zione vi saranno specifici sce- nari a cui occorre attenersi, che nel tempo potranno anche costituire un modello di riferi- mento rispetto ad altre fatti- specie espositive.
Chi dovra` prepararsi alle prime autorizzazioni
Oggi sono 14 le sostanze inse- rite nell’Allegato XIV, attra- verso i Regolamenti n. 143/ 2011 (2) e n. 125/2012 (3)
che definiscono anche la spe- cifica deadline entro cui andra` richiesta l’autorizzazione, e la
«data di scadenza» oltre la quale gli usi non sottoposti a richiesta entro il termine previ- sto saranno del tutto vietati Le sostanze attualmente sog- gette ad autorizzazione erano gia` state precedentemente pub- blicate nella lista in progress delle sostanze SVHC, presente a partire dal 2008 sull’apposita sezione del sito dell’Agenzia Europea, insieme ai dossier che hanno condotto gli organi- smi scientifici a individuarle come particolarmente preoc- cupanti.
Nel merito e` opportuno rimar- care che l’obiettivo dell’auto- rizzazione e` di vincolare l’uso specifico di sostanze SVHC a stringenti misure di gestione
del rischio verso l’uomo (lavo- ratori e popolazione generale) e verso l’ambiente, in modo che il rischio derivante risulti
«adeguatamente controllato»; proprio per questo motivo, l’autorizzazione all’uso riguar- da qualsiasi soggetto a pre- scindere dal ruolo, dal quanti- tativo in uso e dalla tipologia di utilizzo effettuato, salvo non siano state previste speci- fiche esenzioni.
Note:
(2) G.U.U.E. 18 febbraio 2011 L44/2.
Approfondimenti
(3) G.U.U.E. 15 febbraio 2012 L41/1.
(4) In questa sede si fa riferimento al sistema di classificazione ed etichettatura attualmente in vi- gore per le sostanze chimiche introdotto dal Re- golamento (CE) n. 1272/2008 (c.d. CLP) e alle categorie di pericolo l`ı individuate.
Tabella 1 - Caratteristiche e termini di adeguamento delle sostanze contenute nel primo Allegato XIV di REACh
Sostanza | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni | Data entro cui devono pervenire le domande | Data di scadenza dell’uso non autorizzato | Usi o categorie di usi esentati dall’obbligo di autorizzazione |
5-ter-butil-2,4,6-tri- nitro-m-xilene (mu- schio xilene) n. CE: 000-000-0 n. CAS: 81-15-2 | vPvB (molto persistente e molto bioac- cumulante) | Uso dispersivo e capilla- re: profumo ed esaltato- re di fragranza in deter- genti, ammorbidenti, deodoranti e prodotti per uso domestico, pro- dotti cosmetici come saponi, shampoo e pro- fumi. | 21.01.2013 | 21.07.2014 | Nessuno |
4,4’-diaminodifenil- metano (MDA) n. CE: 000-000-0 n. CAS: 101-77-9 | Cancerogeno cat. 1B (4) | Intermedio per la pro- duzione di 4,4’-metilene difenil diisocianato (MDI), per la produzio- ne di poliuretano; e` inoltre un intermedio nella produzione di poli- meri ad alte prestazioni e nella trasformazione a 4-4’-methylenebis (cy- clohexaneamine) utilizzi ampiamente di- spersivi: – agente indurente in resine epossidiche; – agente indurente in adesivi. | 21.01.2013 | 21.07.2014 | Nessuno |
Esabromociclodo- decano (HBCDD) n. CE: 000-000-0, 000-000-0, n. CAS: 3194-55-6, 25637- 99-4 alfa-esabromociclo- | PBT (persi- stente, bioac- cumulante, tossico) | Utilizzi molto ampi: usa- ti come ritardanti di fiamma nella fabbrica- zione di polistirolo espanso (pannelli isolan- ti, veicoli, imballaggi, og- getti di scena), polistire- | 21.01.2014 | 21.07.2015 | Nessuno |
(segue)
Approfondimenti
(continua)
Sostanza | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni | Data entro cui devono pervenire le domande | Data di scadenza dell’uso non autorizzato | Usi o categorie di usi esentati dall’obbligo di autorizzazione |
dodecano n. CAS: 134237-50-6, beta-esabromoci- clododecano n. CAS: 134237-51-7 gamma-esabromo- ciclododecano n. CAS: 134237-52-8 | ne estruso (isolante ter- mico, celle frigorifere, veicoli), polistirolo ad alto impatto (impianti video e stereo, cassette per linee elettriche, ri- vestimenti frigoriferi); ritardanti di fiamma nel- la dispersione del poli- mero per prodotti tes- sili (mobili imbottiti, se- dute di trasporto, ten- daggi, fodere per mate- rassi da letto, interni e tessuti di veicoli). | ||||
Bis(2-etilesil) ftalato (DEHP) n. CE: 000-000-0 n. CAS: 117-81-7 | Reprotossico cat. 1B | Utilizzi molto ampi: pre- sente in una vasta gam- ma di articoli: plastifi- cante nel PVC e mate- riali polimerici non- PVC per la produzione di prodotti per interni ed esterni (pavimenti, coperture, fili, cavi, tubi, profilati, tessuti rivestiti, dispositivi medici, ...); utilizzato in preparazio- ni varie tra cui adesivi, sigillanti, gomma, smalti, vernici e inchiostri da stampa; e` anche usato come standard di analisi. | 21.07.2013 | 21.01.2015 | Usi nel confezio- namento prima- rio dei medici- nali di cui al Reg. (CE) n. 726/2004, alla Dir. 2001/82/ CE e/o alla Dir. 2001/83/CE. |
Benzil-butil-ftalato (BBP) n. CE: 000-000-0 n. CAS: 85-68-7 | Utilizzi molto ampi: usa- to principalmente come plastificante nei polime- ri, in particolare in PVC per pavimenti; altri usi sono per i polimeri utilizzati per il rivesti- mento di pelle e tessuti, per calandratura di film; utilizzato in preparazio- ni varie tra cui adesivi, sigillanti, gomma, smalti, vernici, inchiostri da stampa; e` anche usato come standard di analisi. | 21.07.2013 | 21.01.2015 | Usi nel confezio- namento prima- rio dei medici- nali di cui al Reg. (CE) n. 726/2004, alla Dir. 2001/82/ CE e/o alla Dir. 2001/83/CE. | |
Dibutil ftalato (DBP) n. CE: 000-000-0 n. CAS: 84-74-2 | Utilizzi molto ampi: pla- stificante specifico e coadiuvante di gelifica- zione in combinazione con altri ftalati e plastifi- canti nella produzione di dispersioni di nitro- cellulosa, etere di cellu- losa, poliacrilato e polia- cetato (rivestimenti per pavimenti, additivi gelifi- canti, adesivi e disper- sioni, applicazioni poli- meriche per interni ed esterni); per catalizzato- ri per la produzione di polipropilene; e` anche usato come standard di analisi. | 21.07.2013 | 21.01.2015 | Usi nel confezio- namento prima- rio dei medici- nali di cui al Reg. (CE) n. 726/2004, alla Dir. 2001/82/ CE e/o alla Dir. 2001/83/CE. |
Le prossime autorizzazioni da prevedere
La seconda proposta per l’in- clusione di nuove sostanze nell’Allegato XIV di REACh era stata sottoposta nel 2010 alla procedura di consultazio- ne pubblica, conducendo l’A- genzia Europea ad emettere il 17 dicembre 2010 una racco- mandazione ufficiale per l’av- vio all’autorizzazione di altre
8 sostanze chimiche (prece-
dentemente individuate come SVHC attraverso la loro pub- blicazione sull’apposita sezio- ne del sito dell’ECHA) con anche l’indicazione delle tem- pistiche di attuazione.
Ora la Commissione Europea, avvalendosi del dossier di evi- denze scientifiche messo a punto da ECHA e reso pubbli- co sul sito dell’Agenzia, ha re- cepito integralmente la propo- sta attraverso la pubblicazione del Regolamento (UE) n. 125 del 14 febbraio 2012. In que-
st’ultimo elenco non sono sta- te previste esenzioni per deter- minati utilizzi, nemmeno per processi di ricerca e sviluppo. Nel seguente prospetto sono riassunte le 8 nuove sostanze a breve soggette ad autorizzazio- ne all’uso, le loro proprieta` e gli usi maggiormente ricorrenti, con le specifiche deadline entro cui andra` richiesta l’autorizza- zione e la «data di scadenza» ol- tre la quale gli usi non sottoposti a richiesta entro il termine pre- visto saranno del tutto vietati.
Approfondimenti
Tabella 2 - Caratteristiche e termini di adeguamento delle sostanze recentemente aggiunte all’Allegato XIV di REACh
Sostanza | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni | Data entro cui devono pervenire le domande | Data di scadenza dell’uso non autorizzato | Usi o categorie di usi esentati dall’obbligo di autorizzazione |
Di-isobutil ftalato CAS: 84-69-5 | Reprotossico cat. 1B | Presente in una vasta gamma di articoli: e` usa- to come plastificante nel PVC e materiali polime- rici non-PVC che sono utilizzati per la produ- zione di una gamma di prodotti per interni ed esterni (pavimenti, co- perture, fili, cavi, tubi, profilati, tessuti rivestiti, dispositivi medici, con- fezionamento primario di medicinali e sostanze farmaceutiche attive); inoltre, e` utilizzato in un gran numero di pre- parazioni varie tra cui adesivi, sigillanti, gom- ma, smalti, vernici e in- chiostri da stampa. | 21.08.2013 | 21.02.2015 | Nessuno |
Triossido di diarse- nico CAS: 1327-53-3 | Cancerogeno cat. 1A | Applicazioni su larga scala includono il loro uso come precursori di prodotti della silvicoltu- ra, nella produzione di vetro incolore, ed in elettronica (semicon- duttori); in passato uti- lizzati come insetticidi e conservanti per il le- gno; il triossido ha an- che applicazione che- mioterapica nella leuce- mia. | 21.11.2013 | 21.05.2015 | Nessuno |
Pentaossido di diar- senico CAS: 1303-28-2 | 21.11.2013 | 21.05.2015 | Nessuno | ||
Piombo cromato CAS: 7758-97-6 | Cancerogeno cat. 1B reprotossico cat. 1A | Storicamente utilizzati come pigmenti ed in preparazioni pirotecni- che. | 21.11.2013 | 21.05.2015 | Nessuno |
Piombo isocianato giallo (C.I. Pigment Yellow 34) CAS: 1344-37-2 | 21.11.2013 | 21.05.2015 | Nessuno |
(segue)
(continua)
Sostanza | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni | Data entro cui devono pervenire le domande | Data di scadenza dell’uso non autorizzato | Usi o categorie di usi esentati dall’obbligo di autorizzazione |
Piombo cromato molibdato solfato rosso (C.I. Pigment Red 104) CAS: 00000-00-0 | 21.11.2013 | 21.05.2015 | Nessuno | ||
Tris (2-cloroetil) fosfato CAS: 115-96-8 | Reprotossico cat. 1B | Utilizzato come ritar- dante di fiamma nei ma- teriali plastici, soprat- tutto in schiume flessibi- li utilizzati in automobili e mobili, e in schiume rigide usate per l’isola- mento nelle costruzioni; in poliuretano, poliiso- cianurato, resine polie- steri insature, PVC, ade- sivi, elastomeri, acetato di cellulosa, nitrocellu- losa, resine epossidiche ed altri. | 21.02.2014 | 21.08.2015 | Nessuno |
2,4-Dinitrotoluene CAS: 121-14-2 | Cancerogeno cat. 1B | Utilizzato in gran parte come intermedio nella produzione di TDI (to- luene diisocianato), ma- teria prima nella produ- zione di schiume poliu- retaniche; spesso utiliz- zato come plastificante, in combinazione col di- butilftalato; intermedio nella produzione di co- loranti; altri usi includo- no il settore esplosivi, direttamente o conver- tito in TNT. | 21.02.2014 | 21.08.2015 | Nessuno |
Approfondimenti
Le sostanze SVHC da monitorare
Il passaggio da «sostanza can- didata» a «sostanza in Allegato XIV» e` chiaramente un proces- so critico e infatti prevede la consultazione pubblica degli stakeholder interessati (organi- smo, istituzione, industria, as- sociazione, privato), che posso- no presentare - attraverso il sito internet di ECHA - specifica- zioni, obiezioni, ulteriori ele- menti scientifici o anche indica- zioni sui processi produttivi che
coinvolgono tali sostanze, in particolare in merito agli usi che potrebbero essere esentati dall’obbligo di autorizzazione. L’ultima consultazione pubbli- ca si e` aperta il 15 giugno scorso per concludersi il 14 settembre, e concerneva 13 so- stanze SVHC il cui utilizzo ECHA ritiene sia da autorizza- re. La lista proposta con le re- lative osservazioni e` stata quindi consolidata lo scorso 20 dicembre in una raccoman- dazione che ECHA ha pubbli- cato e inviato alla Commissio-
ne Europea, che si avvarra` del dossier di evidenze scientifi- che messo a punto da ECHA e reso pubblico sul sito dell’A- genzia, e potra` recepire inte- gralmente o meno la proposta attraverso la pubblicazione di un apposito regolamento di ul- teriore ampliamento dell’attua- le Allegato XIV. Nell’attuale raccomandazione, per nessuna sostanza SVHC di cui si rac- comanda l’inserimento in Al- legato XIV sono stati previsti utilizzi esenti dalla richiesta di autorizzazione all’uso.
Tabella 3 - Caratteristiche delle sostanze proposte per la loro prossima inclusione nell’Allegato XIV di REACh
Sostanza proposta | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni |
Cromo triossido CAS 1333-82-0 | Cancerogeno cat. 1A Mutageno cat. 1B | Formulazione di miscele contenenti triossido di cromo, utilizzate principalmente per il trattamento superficiale dei metalli o, in quantita` piu` contenute, come catalizzatori; intermedio nella sintesi di com- posti di cromo; reagente di laboratorio. |
Acido cromico CAS 7738-94-5 | Cancerogeno cat. 1B |
(segue)
(continua)
Sostanza proposta | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni |
Acido dicromico CAS 00000-00-0 e loro oligomeri | ||
Sodio cromato CAS 7775-11-3 Potassio cromato CAS 7789-00-6 Sodio dicromato CAS 00000-00-0 (anidro), 7789-12-0 (diidrato) Potassio dicromato CAS 7778-50-9 | Cancerogeni cat. 1B Mutageni cat. 1B Reprotossici cat. 1B | |
Sodio cromato CAS 7775-11-3 Potassio cromato CAS 7789-00-6 Sodio dicromato CAS 00000-00-0 (anidro), 7789-12-0 (diidrato) Potassio dicromato CAS 7778-50-9 | ||
Cancerogeni cat. 1B Mutageni cat. 1B Reprotossici cat. 1B | Utilizzati come indicatori e reagenti di laboratorio; come ossidanti e nella concia delle pelli; sodio cro- mato nella tintura dei tessuti, come inibitore di corrosione nell’industria petrolifera e conservante per il legno. | |
Ammonio dicromato CAS 7789-09-5 | Reagente di laboratorio; applicazioni nel settore dei pigmenti, nella produzione della vitamina K, di vetri, di ceramiche e di coloranti (attualmente e` dif- ficile individuare alternative), nel settore delle leghe e nel trattamento anticorrosivo dei metalli (dove e` possibile la sostituzione con nichel). | |
Cobalto (II) solfato CAS 00000-00-0 Cobalto (II) dicloruro CAS: 7646-79-9 Cobalto (II) dinitrato CAS 00000-00-0 Cobalto (II) carbonato CAS 513-79-1 Cobalto (II) diacetato CAS 71-48-7 | Cancerogeni cat. 1B Reprotossici cat. 1B | Fabbricazione di prodotti chimici, inclusi catalizza- tori, coloranti tessili organici, pigmenti, intermedi nella produzione di altri sali di cobalto; nella produ- zione di ceramica e vetro e per la produzione di pigmenti; nei trattamenti superficiali dei metalli; co- me catalizzatori; come agenti di trattamento delle acque reflue ed inibitori di corrosione; per la fab- bricazione di vitamina B12; nella supplementazione in tracce di mangimi animali; in barometri ed igro- metri; come standard analitici. |
Tricloroetilene CAS: 79-01-6 | Cancerogeno cat. 1B | Solvente molto efficace verso molte sostanze, uti- lizzato nell’estrazione di oli vegetali ed aromi; co- mune solvente di lavaggio a secco (sostituito da te- tracloroetilene); sgrassante per parti metalliche, poi affiancato da 1,1,1-tricloroetano; nella fabbrica- zione di una vasta gamma di refrigeranti risulta dif- ficile la sua sostituzione nella produzione di adesivi per la marcatura delle strade. |
Gli ultimi inserimenti di SVHC
nella candidate list
Nel frattempo, prosegue anche l’individuazione delle sostanze SVHC candidate all’autorizza- zione ed incluse nella lista pubblicata sul sito di ECHA. Gli ultimi due aggiornamenti effettuati nel 2011 (il 20 giu- gno e il 19 dicembre scorsi) hanno introdotto nella candi-
date list altre 28 sostanze, di cui 3 sono re-inserimenti in se- guito ad una piu` precisa identi- ficazione delle sostanze che possa coprire l’intera composi- zione delle varianti in uso nel- l’Unione Europea (due tipolo- gie di fibre ceramiche refratta- rie) o in seguito ad una piu` precisa riconsiderazione delle proprieta` pericolose (cobalto dicloruro, prima ritenuto solo cancerogeno e attualmente ri- conosciuto anche reprotossico; peraltro gia` avviato alla propo-
sta di inclusione in Allegato XIV come visto al punto pre- cedente).
Approfondimenti
Nel seguente prospetto si pre- sentano gli ultimi inserimenti per i quali i nuovi adempimen- ti introdotti relativamente agli articoli (si veda piu` sopra) vi- gono a partire da fine 2011 o da giugno 2012, a seconda che la data di introduzione nel- l’elenco sia il 20 giugno 2011
o il 19 dicembre 2011.
Approfondimenti
Tabella 4 - Caratteristiche delle ultime sostanze SVHC inserite nella candidate list
Sostanza SVHC | Data di inserimento | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni |
Acido 1,2-benzendicarbossili- co, alchil esteri di-C6-8 rami- ficati, ricchi in C7 (DIHP) CAS 00000-00-0 | 20.06.2011 | Reprotossico cat. 1B | Attualmente prodotto in UE in minima quantita`, il principale uso del DIHP in pas- sato era come plastificante nel PVC, nei si- gillanti, nei rivestimenti e negli inchiostri da stampa. |
2-etossietil-acetato CAS 111-15-9 | 20.06.2011 | Reprotossico cat. 1B | Attualmente prodotto in UE in minima quantita`, in passato usato come solvente nei rivestimenti, come solvente e reagente nell’industria chimica, come intermedio nella produzione di adesivi al cianoacrila- to. |
Stronzio cromato CAS 7789-06-2 | 20.06.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Principalmente usato in galvanotecnica come inibitore di corrosione nei rivesti- menti usati nel settore aeronautico/aero- spaziale e nei rivestimenti di veicoli; utiliz- zato anche nell’industria dei prodotti chi- mici inorganici ed organici, nella produzio- ne di polimeri artificiali, in pirotecnia; non e` piu` usato come colorante in pitture e vernici. |
Idrazina CAS 302-01-2 (forma ani- dra), 7803-57-8 (forma idra- ta) | 20.06.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Utilizzata come reagente ed intermedio di sintesi e nella fabbricazione di alcuni esplosivi a base liquida; come additivo deossigenante ed anticorrosivo nell’acqua delle caldaie ad alta pressione; utilizzo in aeronautica militare in turboreattori co- me generatore elettrico d’emergenza, e come propellente per missili, razzi di con- trollo orbitale e d’assetto, satelliti artificia- li. |
1-metil-2-pirrolidone | 20.06.2011 | Reprotossico cat. 1B | Grande utilizzo come solvente per rivesti- menti, nella produzione di detergenti, nel- l’industria elettronica e in quella dei semi- conduttori; formulante e intermedio di sintesi nel settore petrolchimico, farma- ceutico e dei biocidi. |
Acido 1,2-benzendicarbossili- co, alchil esteri di-C7-11 ra- mificati e lineari (DHNUP) CAS 00000-00-0 | 20.06.2011 | Reprotossico cat. 1B | Attualmente prodotto in UE in minima quantita`, in passato il DHNUP veniva usa- to come plastificante in PVC, schiume, adesivi e rivestimenti. |
1,2,3-tricloropropano CAS 96-18-4 | 20.06.2011 | Cancerogeno cat. 1B Reprotossico cat. 1B | In passato utilizzato come solvente e agente estraente, agente sverniciante, pu- lente, sgrassante, lubrificante; attualmente e` usato principalmente come intermedio chimico nell’industria dei solventi clorura- ti e nei prodotti per agricoltura e come agente reticolante nella sintesi di polisol- furi, e` stato anche ritrovato come impu- rezza in miscele usate come fumiganti del suolo e fungicidi. |
Cobalto dicloruro CAS 7646-79-9 | 20.06.2011 (28.10.2008) | Cancerogeno cat. 1B Reprotossico cat. 1B | Utilizzi nella sintesi della vitamina B12, nella produzione di inchiostri simpatici, pitture per vetro e porcellana, igrometri; come indicatore temperatura in operazio- ni meccaniche; in galvanotecnica; nella preparazione di catalizzatori; come ferti- lizzante, additivo alimentare, assorbente per gas venefici militari e ammoniaca. |
Dicromo tris(cromato) CAS 00000-00-0 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Usato prevalentemente in miscele per il trattamento delle superfici metalliche nel settore aeronautico/aerospaziale e nel settore dei rivestimenti in acciaio e allumi- nio. |
(segue)
(continua)
Sostanza SVHC | Data di inserimento | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni |
Fenolftaleina CAS 77-09-8 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Usata prevalentemente come agente di la- boratorio (nelle soluzioni indicatrici di pH), nella produzione di indicatori di pH di carta e in prodotti medici. |
2,2’-dicloro-4,4’-metilendia- nilina (MOCA) CAS 101-14-4 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | usato prevalentemente come agente reti- colante nelle resine e nella produzione di articoli polimerici, nonche´ per la produ- zione di altre sostanze; altri ambiti di appli- cazione possono essere l’edilizia e l’arte. |
Piombo stifnato (piombo 2,4,6-trinitroresorcinato; piombo 2,4,6-trinitro-m-feni- lene diossido) CAS 00000-00-0 | 19.12.2011 | Reprotossico cat. 1A | Usato prevalentemente come innesco per le munizioni di piccolo calibro e quelle dei fucili; altre applicazioni comuni compren- dono i dispositivi pirotecnici delle muni- zioni, gli strumenti a propulsione esplosiva e i detonatori per uso civile. |
Piombo diazoturo (piombo azide) CAS 00000-00-0 | 19.12.2011 | Reprotossico cat. 1A | Usato prevalentemente come innesco o carica di rinforzo nei detonatori per uso sia civile che militare e come innesco nei dispositivi pirotecnici. |
Bis(2-metossietile) ftalato CAS 117-82-8 | 19.12.2011 | Reprotossico cat. 1B | Era prevalentemente usato come plastifi- cante nei materiali polimerici e in pitture, lacche e vernici, compresi gli inchiostri per la stampa. |
Formaldeide, prodotti di rea- zione oligomerica con anilina (MDA tecnico) CAS 00000-00-0 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | L’utilizzo principale riguarda la produzio- ne di altre sostanze; le applicazioni secon- darie comprendono l’uso come indurente per resine epossidiche (ad esempio nella produzione di rulli, tubi e stampi) e per adesivi. |
4-(1,1,3,3-tetrametilbutil)fe- nolo (4-terz-ottilfenolo) CAS 140-66-9 | 19.12.2011 | Livello di preoc- cupazione elevata a causa delle pro- prieta` di pertur- bazione del siste- ma endocrino e della probabilita` di gravi effetti ver- so l’ambiente | L’applicazione principale e` legata alla pro- duzione di preparati polimerici ed etossi- lati; usato anche come componente in adesivi, rivestimenti, inchiostri e prodotti di gomma. |
Pentazinco cromato ottai- drossido CAS 00000-00-0 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1A | Usato prevalentemente per rivestimenti nel settore aeronautico/aerospaziale e nel settore del rivestimento di veicoli. |
1,2-dicloroetano CAS 107-06-2 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Usato prevalentemente per la produzione di altre sostanze; le applicazioni seconda- rie comprendono l’uso come solvente nell’industria chimica e farmaceutica. |
Tripiombo di diarsenato CAS 3687-31-8 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1A Reprotossico cat. 1A | E` presente nelle materie prime complesse importate per la produzione di rame, piombo e diversi metalli preziosi; viene trasformato in arseniato di calcio e diarse- nico triossido nel processo di raffinazione metallurgica (anche se la maggior parte del calcio arseniato sembra venga elimina- to come rifiuto, il diarsenico triossido e` soggetto a usi ulteriori). |
2-metossi-anilina (o-anisidina) CAS 90-04-0 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | L’utilizzo principale riguarda la produzio- ne di inchiostri per i tatuaggi e per la co- lorazione di carta, polimeri e fogli di allu- minio. |
Acido arsenico CAS 7778-39-4 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1A | Utilizzato prevalentemente per rimuove- re le bolle di gas nella fusione di vetroce- ramica e per la produzione di schede di circuito stampato laminato. |
N,N-dimetilacetamide (DMAC) | 19.12.2011 | Reprotossico cat. 1B | Usato come solvente, soprattutto nella produzione di varie sostanze e nella pro- |
Approfondimenti
(segue)
Approfondimenti
(continua)
Sostanza SVHC | Data di inserimento | Proprieta` SVHC | Utilizzi piu` comuni |
CAS 127-19-5 | duzione di fibre per l’abbigliamento e altre applicazioni; utilizzato anche come rea- gente, nonche´ in prodotti quali rivesti- menti industriali, pellicole poliammidiche, sverniciatori e prodotti per la rimozione dell’inchiostro. | ||
Piombo dipicrato CAS 6477-64-1 | 19.12.2011 | Reprotossico cat. 1A | E` un esplosivo come il piombo diazoturo e il diossido di piombo e 2,4,6-trinitro- m-fenilene; puo` essere utilizzato in quanti- tativi ridotti nelle miscele per i detonatori con gli altri due composti del piombo menzionati. |
Potassio idrossiottaoxo dizin- catodicromato CAS 00000-00-0 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1A | Usato prevalentemente per rivestimenti nel settore aeronautico/aerospaziale, nel settore del rivestimento di bobine in ac- ciaio e alluminio e nel settore del rivesti- mento di veicoli. |
Fibre ceramiche refrattarie alluminosilicate (FCR) n. Index 650-017-00-8 soddisfano le condizioni se- guenti: a) gli ossidi di alluminio e sili- cio sono i principali compo- nenti presenti entro intervalli di concentrazione variabile b) le fibre hanno un diametro medio geometrico ponderato inferiore o pari a 6mm c) il tenore in ossidi alcalini e alcalino terrosi (Na2O+ K2O + CaO + MgO + BaO) e` infe- riore o pari al 18% in peso | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Utilizzate principalmente per l’isolamento ad alta temperatura in applicazioni quasi esclusivamente industriali (fornaci, stufe, impianti, rivestimenti e parti ad alta tem- peratura in genere; applicazioni piu` recen- ti includono componenti per auto (mar- mitte catalitiche, rinforzo in metallo, scudi termici, pastiglie dei freni), nel settore ae- rospaziale (scudi termici) e nel settore della sicurezza antincendio (edifici e at- trezzature per i processi industriali). |
Bis(2-metossietil) etere CAS 111-96-6 | 19.12.2011 | Reprotossico cat. 1B | Usato principalmente come solvente di reazione o coadiuvante chimico in svaria- te applicazioni; utilizzato anche come sol- vente per gli elettroliti delle batterie ed eventualmente in altri prodotti quali sigil- lanti, adesivi, combustibili e prodotti per la manutenzione dell’automobile. |
Calcio arseniato CAS 7778-44-1 | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1A | E` presente nelle materie prime complesse importate per la produzione di rame, piombo e diversi metalli preziosi; sembra che venga utilizzato prevalentemente co- me agente precipitante nella fusione del rame e nella produzione del diarsenico triossido, anche se la maggior parte della sostanza viene apparentemente eliminata come rifiuto. |
Fibre ceramiche refrattarie di ossido di zircone e allumino- silicato (Zr-FCR) n. Index 650-017-00-8 soddisfano le condizioni se- guenti: a) gli ossidi di alluminio, silicio e zirconio sono i principali componenti presenti entro intervalli di concentrazione variabile b) le fibre hanno un diametro medio geometrico ponderato inferiore o pari a 6mm c) il tenore in ossidi alcalini e alcalino terrosi (Na2O+ K2O + CaO + MgO + BaO) e` infe- riore o pari al 18% in peso | 19.12.2011 | Cancerogeno cat. 1B | Utilizzate principalmente per l’isolamento ad alta temperatura in applicazioni quasi esclusivamente industriali (fornaci, stufe, impianti, rivestimenti e parti ad alta tem- peratura in genere; applicazioni piu` recen- ti includono componenti per auto (mar- mitte catalitiche, rinforzo in metallo, scudi termici, pastiglie dei freni), nel settore ae- rospaziale (scudi termici) e nel settore della sicurezza antincendio (edifici e at- trezzature per i processi industriali). |
La nuova formazione del datore di lavoro
che svolge il ruolo di RSPP
3
Nella seduta del 21 dicembre 2011, con atto 223/CSR, la Conferenza Permanente ha sancito l’accordo necessario per la definizione dei contenuti, le articolazioni e le modalita` di espletamento del percorso formativo e dell’aggiornamento per il Datore di Lavoro che intende svolgere, nei casi previsti dal decreto stesso, i compiti propri del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi. Con le nuove regole, questi soggetti dovranno seguire un nuovo processo formativo della durata di 16, 32 o 48 ore in relazione alla categoria di rischio dell’impresa.
Accordo 21 dicembre 0000, x. 000/XXX
(X.X. 11 gennaio 2012, n. 8)
Accordo tra il Ministro del lavoro e delle po- litiche sociali, il Ministro della salute, le Re- gioni e le Province autonome di Trento e Bol- zano sui corsi di formazione per lo svolgi- mento diretto, da parte del datore di lavoro, dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, ai sensi dell’articolo 34, commi 2 e 3,
del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (Rep. Atti n. 223/CSR)
La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano
Nella odierna seduta del 21 dicembre 2011; Visto l’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Visto l’art. 34, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il quale prevede che il da- tore di lavoro debba frequentare corsi di forma- zione di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita` lavora- tive, nel rispetto dei contenuti e delle articola- zioni definiti mediante accordo in sede di Con- ferenza Stato-Regioni;
Visto il comma 3 del predetto art. 34, il quale prevede che il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e` altres`ı tenuto a fre- quentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto previsto nell’accordo di cui al preceden- te comma;
Vista la proposta di accordo indicata in oggetto, elaborata congiuntamente dal Coordinamento tecnico salute e dal Coordinamento tecnico istruzione, lavoro, innovazione e ricerca delle Regioni, approvata dalle rispettive Commissioni nelle sedute del 25 giugno 2009 e del 12 maggio 2009, pervenuta dalla Regione Toscana in data 8 luglio 2009 e diramata in data 14 luglio 2009;
Considerato che l’argomento, iscritto all’ordine del giorno della seduta di questa Conferenza del 29 ottobre 2009, e` stato rinviato;
Legislazione
Vista la nota del 16 dicembre 2009 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso una nuova versione dello schema di accordo in parola, diramata in pari data, la quale tiene conto degli approfondimenti con- dotti nel corso della riunione tecnica tenutasi il 2 dicembre 2009;
Considerato che, per il prosieguo dell’esame del provvedimento in argomento, e` stata convo- cata una riunione tecnica per il giorno 17 feb- braio 2010, rinviata su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per ulteriori approfondimenti conseguenti al confronto con le Parti sociali;
Viste le note del 27 maggio, del 7 luglio, del 3 dicembre 2010 e del 14 aprile 2011, con le qua- li e` stata rappresentata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’esigenza di acquisire le valutazioni in ordine allo schema di accordo in oggetto indicato, al fine di poter convocare un nuovo incontro tecnico sull’argomento;
Vista la nota pervenuta il 28 giugno 2011 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso una ulteriore versione dello schema di accordo in parola;
Considerato che, nel corso della riunione tecnica del 14 luglio 2011, il rappresentante della Pro- vincia autonoma di Bolzano ha preannunciato che sarebbero state inviate osservazioni tecniche sul testo dello schema di accordo di cui trattasi; Vista la nota del 14 luglio 2011 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso una ulteriore riformulazione dello schema che interessa, sulla quale l’Ufficio di Segreteria, con nota in pari data, ha chiesto l’as- senso tecnico del Coordinamento delle Regioni;
Vista la nota in data 14 luglio 2011, con la qua- le e` stata diramata la nota della Provincia auto- noma di Bolzano concernente le proposte di modifiche allo schema di accordo in parola; Vista la lettera del 26 luglio 2011, diramata in pari data, con la quale la Regione Valle d’Ao- sta, condividendo le osservazioni formulate dal- la Provincia autonoma di Bolzano, ha chiesto il rinvio dell’esame dello schema di accordo; Considerato che l’argomento, iscritto all’ordine del giorno della seduta di questa Conferenza del 27 luglio 2011, e` stato rinviato, su richiesta del- le Regioni, per ulteriori approfondimenti; Considerato che, nel corso della riunione tecni- ca svoltasi il 20 ottobre 2011, sono state con- cordate tra le Amministrazioni centrali, le Re- gioni e le Province autonome alcune modifiche dello schema di accordo in parola;
Vista la nota del 21 ottobre 2011 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inviato la definitiva versione del documento, alle- gato A, parte integrante del presente accordo, re- lativo alla formazione dei lavoratori ai sensi del- l’art. 37, comma 2, del decreto legislativo 9 apri- le 2008, n. 81 che recepisce le modifiche concor- date nel corso della predetta riunione tecnica; Vista la lettera in data 24 ottobre 2011, con la quale tale definitiva versione e` stato diramata alle Regioni e alle Province autonome;
Legislazione
Viste le lettere del 2 novembre 2011 e del 4 no- vembre 2011 con le quali, rispettivamente, la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Veneto, in qualita` di Coordinatrice tecnica della Commissione salute, hanno comunicato il pro- prio assenso tecnico sulla predetta versione de- finitiva del documento in parola;
Vista la nota del 7 novembre 2011 pervenuta dalla Regione Toscana, Coordinatrice interre- gionale della Commissione istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca, con la quale viene co- municato l’assenso tecnico sul testo definitivo trasmesso il 24 ottobre 2011;
Acquisito nel corso dell’odierna seduta l’assen- so del Governo, delle Regioni e delle Province autonome;
Sancisce accordo tra il Ministro del lavoro e del- le politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bol- zano, sul documento, Allegato A) parte integran- te del presente atto, relativo ai corsi di formazio- ne per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezio- ne dai rischi, ai sensi dell’art. 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Allegato A
Corsi di formazione per lo svolgimento diret- to da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai sensi dell’art. 34, commi 2 e 3 del decreto legislati-
vo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni.
Premessa
Il presente accordo disciplina, ai sensi dell’art.
34 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni (di segui- to D.Lgs. n. 81/08), i contenuti e le articolazioni e le modalita` di espletamento del percorso for- mativo e dell’aggiornamento per il Datore di Lavoro che intende svolgere, nei casi previsti dal decreto stesso, i compiti propri del Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (di segui- to DL SPP).
Il suddetto percorso formativo contempla corsi di formazione per DL SPP di durata minima di 16 ore e una massima di 48 ore in funzione della natura dei rischi presenti sul luogo di la- voro, delle modalita` di organizzazione del lavo- ro e delle attivita` lavorative svolte.
Durata e contenuti dei corsi di seguito specifi- cati sono da considerarsi minimi. I soggetti for- matori, d’intesa con il datore di lavoro, qualora lo ritengano opportuno, possono organizzare corsi di durata superiore e con ulteriori conte- xxxx «specifici» ritenuti migliorativi dell’intero percorso.
Ai fini di un migliore adeguamento delle moda- lita` di apprendimento e formazione all’evolu- zione dell’esperienza e della tecnica e nell’am- bito delle materie che non richiedano necessa- riamente la presenza fisica dei discenti e dei do- centi, viene consentito l’impiego di piattaforme e-Learning per lo svolgimento del percorso for- mativo se ricorrono le condizioni di cui all’Al- legato I.
Precisazione: Il corso oggetto del presente ac- cordo non ricomprende la formazione necessa- ria per svolgere i compiti relativi all’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta an- tincendio, e di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
Per tale formazione si rimanda alle disposizioni indicate all’art. 37, comma 9, e agli articoli 45, comma 2, e 46, comma 3, lettera b), e comma 4, del D.Lgs. n. 81/08.
1. Individuazione dei soggetti formatori e sistema di accreditamento
Sono soggetti formatori del corso di formazione e dei corsi di aggiornamento:
a) le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, anche mediante le proprie strut- ture tecniche operanti nel settore della preven- zione (Aziende Sanitarie Locali, etc.) e della formazione professionale; le Regioni e le Pro- vince autonome di Trento e di Bolzano posso- no, altres`ı, autorizzare, o ricorrere a ulteriori soggetti operanti nel settore della formazione professionale accreditati in conformita` al mo- dello di accreditamento definito in ogni Regio- ne e Provincia autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata sul- la Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 2009. In tal caso detti soggetti devono, comunque, di- mostrare di possedere esperienza biennale pro- fessionale maturata in ambito prevenzione e si- curezza nei luoghi di lavoro o maturata nella formazione alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
b) l’Universita` e le scuole di dottorato aventi ad oggetto le tematiche del lavoro e della forma- zione;
c) l’INAIL;
d) il Corpo nazionale dei vigili del fuoco o i corpi provinciali dei vigili del fuoco per le Pro- vince autonome di Trento e Bolzano;
e) la Scuola superiore della pubblica ammini- strazione;
f) altre Scuole superiori delle singole ammini- strazioni;
g) le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori;
h) gli enti bilaterali, quali definiti all’art. 2, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche e integra- zioni, e gli organismi paritetici quali definiti al- l’art. 2, comma 1, lettera ee), del D.Lgs. n. 81/ 08 e per lo svolgimento delle funzioni di cui al- l’art. 51 del D.Lgs. n. 81/08;
i) i fondi interprofessionali di settore;
j) gli ordini e i collegi professionali del settore di specifico riferimento.
Qualora i soggetti sopra indicati ai punti dalla lettera b) alla lettera j) intendano avvalersi di soggetti formatori esterni alla propria struttura, questi ultimi devono essere in possesso dei re- quisiti previsti nei modelli di accreditamento definiti in ogni Regione e Provincia Autonoma ai sensi dell’intesa sancita in data 20 marzo 2008 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 gennaio 2009.
Nota: Le associazioni sindacali dei datori di la- voro e dei lavoratori, gli enti bilaterali e gli or- ganismi paritetici possono effettuare le attivita` formative e di aggiornamento o direttamente o avvalendosi di strutture formative di loro diretta emanazione.
2. Requisiti dei docenti
In attesa della elaborazione da parte della Com- missione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro dei criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicu- rezza sul lavoro, anche tenendo conto delle pe- culiarita` dei settori di riferimento cos`ı come previsto all’art. 6, comma 8, lettera m-bis), del D.Lgs. n. 81/08, i corsi devono essere tenuti da docenti che possono dimostrare di possede- re, una esperienza almeno triennale di docenza o insegnamento o professionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
3. Organizzazione dei corsi
In ordine all’organizzazione dei corsi di forma- zione, si conviene sui seguenti requisiti:
a) individuazione di un responsabile del proget- to formativo, che puo` essere anche il docente;
b) un numero massimo di partecipanti ad ogni corso pari a 35;
c) tenuta del registro di presenza dei partecipan- ti da parte del soggetto che realizza il corso, che puo` essere anche il docente;
d) assenze ammesse: massimo 10% del monte orario complessivo.
4. Metodologia di insegnamento e apprendimento
Per quanto concerne la metodologia di insegna- mento e di apprendimento, occorre privilegiare le metodologie interattive, che comportano la centralita` del discente nel percorso di apprendi- mento.
A tali fini e` necessario:
a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, esercitazioni in aula e relative discussioni, non- che´ lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo prefissato per ogni modulo;
b) favorire metodologie di apprendimento basa- te sul problem solving, applicate a simulazioni e problemi specifici, con particolare attenzione ai processi di valutazione e comunicazione le- gati alla prevenzione;
c) favorire metodologie di apprendimento inno- vative, anche in modalita` e-Learning e con ri- corso a linguaggi multimediali, che consentano, ove possibile, l’impiego degli strumenti infor- matici quali canali di divulgazione dei contenu- ti formativi, anche ai fini di una migliore conci- liazione tra esigenze professionali e esigenze di vita personale dei discenti e dei docenti.
Legislazione
Sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’Allegato I l’utilizzo delle modalita` di ap- prendimento e-Learning e` consentito per il MODULO 1 (Normativo) ed il MODULO 2 (Gestionale) di cui al punto 5 che segue e per l’aggiornamento.
5. Articolazione del percorso formativo
I percorsi formativi sono articolati in moduli as- sociati a tre differenti livelli di rischio: BASSO 16 ore
MEDIO 32 ore
ALTO 48 ore.
Il monte ore di formazione da frequentare e` in- dividuato in base al settore ATECO 2002 di ap- partenenza, associato ad uno dei tre livelli di ri- schio, cos`ı come riportato nella tabella di cui al- l’Allegato II (Individuazione macrocategorie di rischio e corrispondenze ATECO 2002-2007). I percorsi formativi devono prevedere, quale contenuto minimo, i seguenti moduli: MODULO 1. Normativo-Giuridico
– il sistema legislativo in materia di sicurezza dei lavoratori;
– la responsabilita` civile e penale e la tutela as- sicurativa;
– la «responsabilita` amministrativa delle perso- ne giuridiche, delle societa` e delle associazioni, anche prive di responsabilita` giuridica» ex D.Lgs. n. 231/2001, e s.m.i.;
– il sistema istituzionale della prevenzione;
– i soggetti del sistema di prevenzione azienda- le secondo il D.Lgs. 81/08: compiti, obblighi, responsabilita`;
– il sistema di qualificazione delle imprese. MODULO 2. Gestionale - Gestione ed organiz- zazione della sicurezza
– i criteri e gli strumenti per l’individuazione e la valutazione dei rischi;
– la considerazione degli infortuni mancati e delle modalita` di accadimento degli stessi;
– la considerazione delle risultanze delle attivi- ta` di partecipazione dei lavoratori;
– il documento di valutazione dei rischi (conte- xxxx, specificita` e metodologie);
– i modelli di organizzazione e gestione della sicurezza;
– gli obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione;
– il documento unico di valutazione dei rischi da interferenza;
– la gestione della documentazione tecnico- amministrativa;
– l’organizzazione della prevenzione incendi, del primo soccorso e della gestione delle emer- genze;
MODULO 3. Tecnico - Individuazione e valu- tazione dei rischi
– i principali fattori di rischio e le relative mi- sure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione;
– il rischio da stress lavoro-correlato;
– i rischi ricollegabili al genere, all’eta` e alla provenienza da altri paesi;
– i dispositivi di protezione individuale;
– la sorveglianza sanitaria;
MODULO 4. Relazionale - Formazione e con- sultazione dei lavoratori
– l’informazione, la formazione e l’addestra- mento;
Legislazione
– le tecniche di comunicazione;
– il sistema delle relazioni aziendali e della co- municazione in azienda;
– la consultazione e la partecipazione dei rap- presentanti dei lavoratori per la sicurezza;
– natura, funzioni e modalita` di nomina o di elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
6. Valutazione e certificazione
Al termine del percorso formativo, comprovata la frequenza di almeno il 90% delle ore di for- mazione previste da ciascun corso, e` sommini- strata una verifica di apprendimento, che preve- de colloquio o test obbligatori, in alternativa tra loro, finalizzati a verificare le conoscenze rela- tive alla normativa vigente e le competenze tec- nico-professionali.
L’elaborazione delle prove e` competenza del docente, eventualmente supportato dal respon- sabile del progetto formativo.
L’accertamento dell’apprendimento, tramite ve- rifica finale, viene effettuato dal responsabile del progetto formativo o da un docente da lui delegato che formula il proprio giudizio in ter- mini di valutazione globale e redige il relativo verbale.
Il mancato superamento della prova di verifica finale non consente il rilascio dell’attestato. In tal caso xxxx` compito del Responsabile del pro- getto formativo definire le modalita` di recupero per i soggetti che non hanno superato la verifica finale.
Gli attestati di frequenza, con verifica degli ap-
prendimenti, vengono rilasciati sulla base dei verbali direttamente dai soggetti previsti al pun- to 1 del presente accordo e dovranno prevedere i seguenti elementi minimi comuni:
– Denominazione del soggetto formatore
– Normativa di riferimento
– Dati anagrafici del corsista
– Specifica della tipologia di corso seguito con indicazione del settore di riferimento e relativo monte ore frequentato
– Periodo di svolgimento del corso
– Firma del soggetto che rilascia l’attestato, il quale puo` essere anche il docente.
In attesa della definizione del sistema nazionale di certificazione delle competenze e riconosci- mento dei crediti, gli attestati rilasciati in cia- scuna Regione o Provincia autonoma sono va- lidi sull’intero territorio nazionale.
Al fine di rendere maggiormente dinamico l’ap- prendimento e di garantire un monitoraggio di effettivita` sul processo di acquisizione delle competenze, possono essere altres`ı previste, an- che mediante l’utilizzo di piattaforme e-lear- ning, verifiche annuali sul mantenimento delle competenze acquisite nel pregresso percorso formativo, nell’attesa dell’espletamento dell’ag- giornamento quinquennale.
7. Aggiornamento
L’aggiornamento che ha periodicita` quinquen- nale (cinque anni a decorrere dalla data di pub- blicazione del presente accordo), ha durata, mo- dulata in relazione ai tre livelli di rischio sopra individuati, individuata come segue:
BASSO 6 ore
MEDIO 10 ore
ALTO 14 ore.
L’obbligo di aggiornamento va preferibilmente distribuito nell’arco temporale di riferimento e si applica anche a coloro che abbiano frequen- tato i corsi di cui all’articolo 3 del decreto mi- nisteriale 16 gennaio 1997 (di seguito decreto ministeriale 16 gennaio 1997) e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell’art. 95 del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Per gli esonerati appena richiamati il primo termine dell’aggiornamento e` individuato in 24 mesi dalla data di pubblicazione del presente accordo e si intende assolto con la partecipazione ad ini- ziative specifiche aventi ad oggetto i medesimi contenuti previsti per la formazione del DL SPP di cui al punto 5.
Nei corsi di aggiornamento quinquennale non dovranno essere meramente riprodotti argo- menti e contenuti gia` proposti nei corsi base, ma si dovranno trattare significative evoluzioni e innovazioni, applicazioni pratiche e/o appro- fondimenti nei seguenti ambiti:
– approfondimenti tecnico-organizzativi e giu- ridico-normativi;
– sistemi di gestione e processi organizzativi;
– fonti di rischio, compresi i rischi di tipo ergo- nomico;
– tecniche di comunicazione, volte all’informa- zione e formazione dei lavoratori in tema di
promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Al fine di rendere dinamica e adeguata all’evo- luzione dell’esperienza e della tecnica l’offerta formativa dell’aggiornamento sono riportate di seguito alcune proposte per garantire qualita` ed effettivita` delle attivita` svolte:
– utilizzo della modalita` di apprendimento e- Learning secondo i criteri previsti in Allegato I;
– possibilita` da parte delle Regioni e Province autonome di riconoscere singoli percorsi forma- tivi d’aggiornamento, connotati da un alto gra- do di specializzazione tecnica ed organizzati da soggetti diversi da quelli previsti dall’Accordo.
8. Diffusione delle prassi
Fermo restando quanto previsto al successivo punto 11, al fine di valutare l’andamento e la qualita` delle attivita` formative attuate sul terri- torio nazionale, si conviene, in sede di prima applicazione, che le Regioni e Province Auto- nome di Trento e Bolzano, condividano in sede di coordinamento tecnico interregionale, le in- formazioni e le prassi relative al nuovo impian- to formativo, per proporre gli eventuali adegua- menti del presente Accordo in Conferenza Sta- to-Regioni.
9. Crediti formativi
Non sono tenuti a frequentare il corso di forma- zione di cui al punto 5 del presente accordo co- loro che dimostrino di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una forma- zione con contenuti conformi all’articolo 3 del
D.M. 16 gennaio 1997, e gli esonerati dalla fre- quenza dei corsi ai sensi dell’articolo 95 del de- creto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Per tali soggetti, cos`ı come indicato al comma 3 dell’articolo 34, e` previsto l’obbligo di aggior- namento secondo le modalita` indicate al punto 7 del presente accordo.
Non sono tenuti a frequentare il corso di forma- zione di cui al punto 5 del presente accordo i datori di lavoro in possesso dei requisiti per svolgere i compiti del Servizio Prevenzione e Protezione ai sensi dell’articolo 32, commi 2, 3 e 5 del D.Lgs. n. 81/08, che abbiano svolto i corsi secondo quanto previsto dall’accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferen- za permanente per i rapporti tra lo Stato, le Re- gioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato in G.U. 14 febbraio 2006, n. 37, e successive modificazioni. Tale esonero e` ammesso nel caso di corrispondenza tra il settore ATECO per cui si e` svolta la for- mazione e quello in cui si esplica l’attivita` di datore di lavoro.
Lo svolgimento di attivita` formative per classi di rischio piu` elevate e` comprensivo dell’attivi- ta` formativa per classi di rischio piu` basse.
10. Adempimento degli obblighi formativi in caso di esercizio di nuova attivita`
Al fine di consentire la piena ed effettiva attua- zione degli obblighi di cui al presente accordo,
in coerenza con la previsione in materia di va- lutazione dei rischi di cui all’art. 28, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 81/08, in caso di inizio di nuova attivita` il datore di lavoro che intende svolgere, nei casi previsti dal decreto stesso, i compiti del servizio di prevenzione e protezio- ne dai rischi deve completare il percorso forma- tivo di cui al presente accordo entro e non oltre novanta giorni dalla data di inizio della propria attivita`.
11. Disposizioni transitorie
In fase di prima applicazione, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui al punto 5 i datori di lavoro che abbiano frequentato - entro e non oltre sei mesi dalla entrata in vigore del presente accordo - corsi di formazione for- malmente e documentalmente approvati alla da- ta di entrata in vigore del presente accordo, ri- spettosi delle previsioni di cui all’art. 3 del de- creto ministeriale 16 gennaio 1997 per quanto riguarda durata e contenuti.
12. Aggiornamento dell’accordo
Legislazione
Allo scopo di valutare la prima applicazione del presente accordo e di elaborare proposte mi- gliorative della sua efficacia, con particolare ri- ferimento all’individuazione delle aree lavorati- ve a rischio alto, medio e basso e alle modalita` di coordinamento tra le disposizioni del presen- te accordo e quelle in materia di libretto forma- tivo del cittadino e alla introduzione delle mo- dalita` di apprendimento e-Learning nel percor- so formativo di cui al punto 5, coerentemente con la procedura di revisione di cui al punto
2.7 dell’accordo per la formazione di Responsa- bile e addetti del servizio di prevenzione e pro- tezione approvato in Conferenza Stato-Regioni il 26 gennaio 2006, e` istituito presso il Ministe- ro del lavoro e delle politiche sociali un gruppo tecnico composto da rappresentanti delle Re- gioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, del Ministero del lavoro e delle po- litiche sociali, del Ministero della salute e delle Parti Sociali, per proporre eventuali adegua- menti entro 18 mesi dall’entrata in vigore del presente accordo.
Allegato 1
La Formazione via e-Learning sulla sicurez- za e salute sul lavoro
Premessa
La formazione alla sicurezza svolta in aula ha rappresentato tradizionalmente il modello di formazione in grado di garantire il piu` elevato livello di interattivita`.
L’evoluzione delle nuove tecnologie, dei cam- biamenti dei ritmi di vita (sempre piu` frenetici e, quindi, con poco tempo a disposizione) e del- la stessa concezione della formazione, ai sensi delle linee guida per il 2010 concordate tra Go- verno, Regioni e parti sociali, in uno con l’esi- genza sempre piu` pressante di soddisfare gli in-
teressi dell’utente, hanno reso possibile l’affer- mazione di una modalita` peculiare e attuale di formazione a distanza, indicata con il termine e-Learning.
Per e-Learning si intende un modello formativo interattivo e realizzato previa collaborazione in- terpersonale all’interno di gruppi didattici strut- turati (aule virtuali tematiche, seminari temati- ci) o semistrutturati (forum o chat telematiche), nel quale operi una piattaforma informatica che consente ai discenti di interagire con i tutor e anche tra loro. Tale modello formativo non si limita, tuttavia, alla semplice fruizione di mate- riali didattici via internet, all’uso della mail tra docente e studente o di un forum online dedica- to ad un determinato argomento ma utilizza la piattaforma informatica come strumento di rea- lizzazione di un percorso di apprendimento di- namico che consente al discente di partecipare alle attivita` didattico-formative in una comunita` virtuale. In tal modo si annulla di fatto la distan- za fisica esistente tra i componenti della comu- nita` di studio, in una prospettiva di piena condi- visione di materiali e conoscenze, di conse- guenza contribuendo alla nascita di una comu- nita` di pratica on-line.
A questo scopo, ruolo fondamentale e` riservato agli e-tutor, ossia ai formatori, i quali devono essere in grado di garantire la costante raccolta di osservazioni, esigenze e bisogni specifici de- gli utenti, attraverso un continuo raffronto con
utenti, docenti e comitato scientifico. Nell’attivita` e-Learning va garantito che i di- scenti abbiano possibilita` di accesso alle tecno- logie impiegate, familiarita` con l’uso del perso- nal computer e buona conoscenza della lingua utilizzata.
La formazione via e-Learning
Si potra` ricorrere alla modalita` e-Learning qua- lora ricorrano le seguenti condizioni:
a) Sede e strumentazione
La formazione puo` svolgersi presso la sede del soggetto formatore, presso l’azienda o presso il domicilio del partecipante, purche´ le ore dedi- cate alla formazione vengano considerate orario di lavoro effettivo. La formazione va realizzata attraverso una strumentazione idonea a permet- tere l’utilizzo di tutte le risorse necessarie allo svolgimento del percorso formativo ed il rico- noscimento del lavoratore destinatario della for- mazione.
b) Programma e materiale didattico formalizzato
Il progetto realizzato dovra` prevedere un docu- mento di presentazione con le seguenti infor- mazioni:
– titolo del corso;
– ente o soggetto che lo ha prodotto;
– obiettivi formativi;
– struttura, durata e argomenti trattati nelle Unita` Didattiche. Tali informazioni non sono necessarie in relazione alla formazione dei la-
voratori, trattandosi di formazione generale. Se del caso, ove previsto dal presente accordo, devono essere indicati i rischi specifici del com- parto produttivo di appartenenza e sui quali si svolgera` attivita` di formazione;
– regole di utilizzo del prodotto;
– modalita` di valutazione dell’apprendimento;
– strumenti di feedback.
c) Tutor
Deve essere garantito un esperto (tutor o docen- te) a disposizione per la gestione del percorso formativo. Tale soggetto deve essere in posses- so di esperienza almeno triennale di docenza o insegnamento o professionale in materia di tute- la della salute e sicurezza sul lavoro maturata nei settori pubblici o privati.
d) Valutazione
Devono essere previste prove di autovalutazio- ne, distribuite lungo tutto il percorso.
Le prove di valutazione «in itinere» possono es- sere effettuate (ove tecnologicamente possibile) in presenza telematica. La verifica di apprendi- mento finale va effettuata in presenza. Delle prove e della verifica finale deve essere data presenza agli atti dell’azione formativa.
e) Durata
Deve essere indicata la durata del tempo di stu- dio previsto, il quale va ripartito su unita` didat- tiche omogenee.
Legislazione
Deve essere possibile memorizzare i tempi di fruizione (ore di collegamento) ovvero dare prova che l’intero percorso sia stato realizzato. La durata della formazione deve essere validata dal tutor e certificata dai sistemi di tracciamento della piattaforma per l’e-Learning.
f) Materiali
Il linguaggio deve essere chiaro e adeguato ai destinatari.
Deve essere garantita la possibilita` di ripetere parti del percorso formativo secondo gli obietti- vi formativi, purche´ rimanga traccia di tali ripe- tizioni in modo da tenerne conto in sede di va- lutazione finale, e di effettuare stampe del ma- teriale utilizzato per le attivita` formative.
L’accesso ai contenuti successivi deve avvenire secondo un percorso obbligato (che non con- senta di evitare una parte del percorso).
Allegato 2
Individuazione macrocategorie di rischio e corrispondenze ATECO 2002-2007
Xxxxxxx BASSO
ATECO 2002 | ATECO 2007 | |
Commercio ingrosso e det- taglio Attivita` Artigianali non assi- milabili alle precedenti (car- rozzerie, riparazione veicoli lavanderie, parrucchieri, pa- nificatori, pasticceri, ecc.) | G | G - commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli 45 - commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli 46 - commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e di moto- cicli 47 - commercio al dettaglio, escluso quello di autoveicoli e di moto- cicli |
Alberghi, Ristoranti | H | I - attivita` dei servizi di alloggio e di ristorazione 55 - alloggio 56 - attivita` dei servizi di ristorazione |
Assicurazioni | J | K - attivita` finanziarie e assicurative 64 - attivita` di servizi finanziari (escluse le assicurazioni e i fondi pen- sione) 65 - assicurazioni, riassicurazioni e fondi pensione, escluse le assicu- razioni sociali obbligatorie 66 - attivita` ausiliarie dei servizi finanziari e delle attivita` assicurative |
Immobiliari, Informatica | K | L - attivita` immobiliari 68 - attivita` immobiliari M - attivita` professionali, scientifiche e tecniche 69 - attivita` legali e contabilita` 70 - attivita` di direzione aziendale e di consulenza gestionale 71 - attivita` degli studi di architettura e d’ingegneria; collaudi ed ana- lisi tecniche 72 - ricerca scientifica e sviluppo 73 - pubblicita` e ricerche di mercato 74 - altre attivita` professionali, scientifiche e tecniche 75 - servizi veterinari 77 - attivita` di noleggio e leasing operativo 78 - attivita` di ricerca, selezione, fornitura di personale 79 - attivita` dei servizi delle agenzie di viaggio, dei tour operator e servizi di prenotazione e attivita` connesse 80 - servizi di vigilanza e investigazione 81 - attivita` di servizi per edifici e paesaggio 82 - attivita` di supporto per le funzioni d’ufficio e altri servizi di sup- porto alle imprese |
Xxx.xx ricreative, culturali, sportive | O | J - servizi di informazione e comunicazione 58 - attivita` editoriali 59 - attivita` di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi, di registrazioni musicali e sonore 60 - attivita` di programmazione e trasmissione 61 - telecomunicazioni 62 - produzione di software, consulenza informatica e attivita` con- nesse 63 - attivita` dei servizi d’informazione e altri servizi informatici R - attivita` artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento 90 - attivita` creative, artistiche e di intrattenimento 91 - attivita` di biblioteche, archivi, musei ed altre attivita` culturali 92 - attivita` riguardanti le lotterie, le scommesse, le case da gioco 93 - attivita` sportive, di intrattenimento e di divertimento S - altre attivita` di servizi 94 - attivita` di organizzazioni associative 95 - riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa 96 - altre attivita` di servizi per la persona |
Servizi domestici | P | T - attivita` di famiglie e convivenze come datori di lavoro per perso- nale domestico; Produzione di beni e servizi indifferenziati per uso proprio da parte di famiglie e convivenze - |
Legislazione
(segue)
(continua)
97 - attivita` di famiglie e convivenze come datori di lavoro per per- sonale domestico 98 - produzione di beni indifferenziati per uso proprio da parte di famiglie e convivenze |
Organizz. Extraterrit. Q U - organizzazioni ed organismi extraterritoriali 99 - organizzazioni ed organismi extraterritoriali |
Rischio MEDIO
ATECO 2002 | ATECO 2007 | |
Agricoltura | A | A - agricoltura, silvicoltura e pesca 01 - coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali, caccia e servizi connessi |
Pesca | B | 02 - silvicoltura ed utilizzo di aree forestali 03 - pesca e acquacoltura |
Trasporti, magazzinaggi, co- municazioni | I | H - trasporto e magazzinaggio 49 - trasporto terrestre e trasporto mediante condotte 50 - trasporto marittimo e per vie d’acqua 51 - trasporto aereo 52 - magazzinaggio e attivita` di supporto ai trasporti 53 - servizi postali e attivita` di corriere |
Assistenza sociale non resi- denziale (85.32) | N | Q - sanita` e assistenza sociale 88 - assistenza sociale non residenziale |
Pubblica amministrazione | L | O - amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbliga- toria 84 - amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbliga- toria |
Istruzione | M | P - istruzione 85 - istruzione |
Legislazione
Rischio ALTO
ATECO 2002 | ATECO 2007 | |
Estrazione minerali | CA | B - estrazione di minerali da cave e miniere 05 - estrazione di carbone (esclusa torba) 06 - estrazione di petrolio greggio e di gas naturale |
Altre industrie estrattive | CB | 07 - estrazione di minerali metalliferi 08 - altre attivita` di estrazione di minerali da cave e miniere 09 - attivita` dei servizi di supporto all’estrazione |
Costruzioni | F | F - costruzioni 41 - costruzione di edifici 42 - ingegneria civile 43 - lavori di costruzione specializzati |
Industrie Alimentari, ecc. | DA | C - attivita` manifatturiere 10 - industrie alimentari |
Tessili, Abbigliamento | DB | 11 - industria delle bevande 12 - industria del tabacco |
Conciarie, Cuoio | DC | 13 - industrie tessili 14 - confezione di articoli di abbigliamento; confezione di articoli in pelle e pelliccia |
Legno | DD | 15 - fabbricazione di articoli in pelle e simili 16 - industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili; fabbricazione di articoli in paglia e materiali da intreccio |
Carta, editoria, stampa | DE | 17 - fabbricazione di carta e di prodotti di carta |
(segue)
Legislazione
(continua)
Minerali non metalliferi | DI | 18 - stampa e riproduzione di supporti registrati 23 - fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi | |
Produzione e Lavorazione metalli | DJ | 24 - metallurgia 25 - fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrez- zature | |
Fabbricazione macchine, ap- parecchi meccanici | DK | 28 - fabbricazione di macchinari ed apparecchiature nca 26 - fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica; ap- parecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi | |
Fabbricaz. macchine app. elettrici, elettronici | DL | 27 - fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche | |
Autoveicoli | DM | 29 - fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 30 - fabbricazione di altri mezzi di trasporto | |
Mobili | DN | 31 - fabbricazione di mobili 32 - altre industrie manifatturiere | |
Produzione e distribuzione | E | D - fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata | |
di energia elettrica, gas, ac- | 35 - fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata | ||
qua | E - | fornitura di acqua; reti fognarie, attivita` di gestione dei rifiuti e | |
risanamento | |||
36 - raccolta, trattamento e fornitura di acqua | |||
Smaltimento rifiuti | D | 37 - gestione delle reti fognarie 38 - attivita` di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti; recu- pero dei materiali 39 - attivita` di risanamento e altri servizi di gestione dei rifiuti | |
Raffinerie - Trattamento combustibili nucleari | DF | C - attivita` manifatturiere | |
Industria chimica, Fibre | DG | 19 - fabbricazione di coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio 20 - fabbricazione di prodotti chimici | |
Gomma, Plastica | DH | 21 - fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati far- maceutici 22 - fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche | |
Sanita` | N | Q - sanita` e assistenza sociale | |
Assistenza sociale residen- ziale (85.31) | 86 - assistenza sanitaria 87 - servizi di assistenza sociale residenziale |
Le nuove regole per la formazione dei lavoratori
3
Nella seduta del 21 dicembre 2011, con atto 221/CSR, la Conferenza Permanente ha sancito l’accordo necessario alla definizione della durata, contenuti minimi e modalita` della formazione, nonche´ dell’aggiornamento, dei lavoratori e delle lavoratrici come definiti all’art. 2, comma 1, lett. a), dei preposti e dei dirigenti, nonche´ la formazione facoltativa dei soggetti di cui all’art. 21, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 81/2008 che fino ad oggi aveva trovato una disomogenea erogazione. A seguito delle novita` introdotte, tutti i lavoratori dovranno seguire un corso di formazione generale della durata di quattro ore ed uno specifico della durata di 4, 8 o 12 ore a seconda della classe di rischio dell’impresa.
Accordo 21 dicembre 0000, x. 000/XXX
(X.X. 11 gennaio 2012, n. 8)
Legislazione
Accordo tra il Ministro del lavoro e delle po- litiche sociali, il Ministro della salute, le Re- gioni e le Province autonome di Trento e Bol- zano per la formazione dei lavoratori, ai sen- si dell’articolo 37, comma 2, del decreto legi- slativo 9 aprile 2008, n. 81.
(Rep. Atti n. 221/CSR)
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE
AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Nella odierna seduta del 21 dicembre 2011; Visto l’articolo 4 del decreto legislativo 28 ago- sto 1997, n. 281;
Visto il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», e, in particolare, l’articolo 37, comma 2, il qua- le dispone che la durata, i contenuti minimi e le modalita` della formazione dei lavoratori sono definiti mediante apposito accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, previa consultazione delle Parti sociali;
Vista la proposta di accordo indicata in oggetto, elaborata congiuntamente dal Coordinamento tecnico salute e dal Coordinamento tecnico istruzione, lavoro, innovazione e ricerca delle Regioni, approvata dalle rispettive Commissio- ni nelle sedute del 25 giugno 2009 e del 12 maggio 2009, pervenuta dalla Regione Toscana in data 8 luglio 2009 e diramata in data 14 lu- glio 2009;
Considerato che l’argomento, iscritto all’ordine del giorno della seduta di questa Conferenza del 29 ottobre 2009, e` stato rinviato;
Vista la nota del 16 dicembre 2009 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
ha trasmesso una nuova versione dello schema di accordo in parola, diramata in pari data, la quale tiene conto degli approfondimenti con- dotti nel corso della riunione tecnica tenutasi il 2 dicembre 2009;
Considerato che, per il prosieguo dell’esame del provvedimento in argomento, e` stata convo- cata una riunione tecnica per il giorno 17 feb- braio 2010, rinviata su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per ulteriori approfondimenti conseguenti al confronto con le Parti sociali;
Viste le note del 27 maggio, del 7 luglio, del 3 dicembre 2010 e del 14 aprile 2011, con le qua- li e` stata rappresentata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’esigenza di acquisire le valutazioni in ordine allo schema di accordo in oggetto indicato, al fine di poter convocare un nuovo incontro tecnico sull’argomento;
Vista la nota pervenuta il 28 giugno 2011 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso una ulteriore versione dello schema di accordo in parola;
Considerato che, nel corso della riunione tecni- ca del 14 luglio 2011, il rappresentante della Provincia autonoma di Bolzano ha preannun- ciato che sarebbero state inviate osservazioni tecniche sul testo dello schema di accordo di cui trattasi;
Vista la nota del 14 luglio 2011 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso una ulteriore riformulazione dello schema che interessa, sulla quale l’Ufficio di Segreteria, con nota in pari data, ha chiesto l’as- senso tecnico del Coordinamento delle Regioni; Vista la nota in data 14 luglio 2011, con la qua- le e` stata diramata la nota della Provincia auto- noma di Bolzano concernente le proposte di modifiche allo schema di accordo in parola;
IGIENE & SICUREZZA DEL LAVORO
Mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico
Anno XVI, marzo 2012, n. 3 Direzione e Redazione Xxxxxx 0 Xxxxxxx X0 00000 Xxxxxxxxxxx Assago
3
INSERTO
LA VISIONE ERGONOMICA DEI SISTEMI PRODUTTIVI
Atti del convegno 7 ottobre 2011
Da 40
Gli inserti di
ISL Igiene & Sicurezza del Lavoro n. 3 Marzo 2012
Sommario
La fine del determinismo: ergonomia, benessere, sviluppo nella SSL
Xxxxxxxx Xxxxxxxx Fattori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III
Le meraviglie paradossali della realta`: Xxxxxxxxx e psicologia nel lavoro e nelle organizzazioni
Xxxxxx Xxxxxxxx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV
Complessita` e valutazione ergonomica dello SLC con il metodo MQSC: uno studio empirico
Xxxxxxxx Xxxxx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VII
Il lavoro dell’ergonomo
Xxxxxx Xxxxx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX
Ergonomia, Design e Sostenibilita
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . X
La nuova frontiera del packaging dei medicinali
Xxxxxxx Xxxxxxxx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XVI
L’esperienza dei lavoratori nel processo di miglioramento continuo
Xxxxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxx . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XVII
MILANOFIORI ASSAGO, Strada 1, Palazzo F6, Tel. 00.00000.000
La centralita` dell’uomo nella visione ergonomica dei processi produttivi (II)
AA.VV. - Societa` Italiana di Ergonomia (SIE)
La fine del determinismo: ergonomia, benessere, sviluppo nella SSL
Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx - European ergonomist, So- ciologo del lavoro e dell’organizzazione
Introduzione
Come abbiamo sentito, in natura, non esistono sistemi statici. I soli sistemi statici sono forieri di involuzione/ morte.
Se tutto e` dinamico, allora, dobbiamo cominciare a ve- dere anche il sistema produttivo come fortemente dina- mico e foriero di continue evoluzioni ed adattamenti. L’azienda a sua volta deve essere vista come sistema di sistemi (Xxxxx 1983).
Tale visione sistemica dei processi produttivi, ci per- mette di vedere nell’interazione fra gli elementi il focus dell’attivita` di prevenzione aziendale.
Con questa nuova logica operativa, si chiude definitiva- mente l’era del determinismo organizzativo nella Sicu- rezza e salute sul lavoro. Il principio determinista, per cui, tutto accade secondo ragione e necessita`, indivi- duando una spiegazione di tipo fisico «materiale» per tutti fenomeni ha prodotto una visione meccanica della realta`, legata ad analisi e spiegazioni riconducibili alla relazione causa-effetto anche negli infortuni e nelle ma- lattie professionali. L’interpretazione meccanica di si- mili fenomeni non produce possibilita` di sviluppo ed evoluzione nell’affidabilita` organizzativa della sicurez- za e salute dei lavoratori, perche´ fa regredire su un pia- no statico fenomeni organizzativi «fortemente comples- si» e soprattutto dinamici (Corbizzi Fattori, in ISL, n. 5/ 2010) inibendo qualsiasi spinta evolutiva.
Le principali conseguenze di approcci cos`ı «meccani- ci» sono:
– una spiegazione lineare e sequenziale dell’evento e di conseguenza la soluzione preventiva legata alla manife- stazione dell’evento ma non alla sua causa originaria; e, maggiormente preoccupante,
– una visione dell’operativita` prevenzionale preordina- ta in modo univoco a prescindere dai lavoratori e dalla loro esperienza nella soluzione adottata.
La crisi di tale visione si rende visibile e si rende per- cepibile con il recepimento delle direttive europee.
Come l’approccio determinista entra in crisi perche´ crolla il principio di causalita` (relazione causa-effetto) su cui si basava, cos`ı la visione meccanica della sicu- rezza e salute sul lavoro entra in crisi con la visione si- stemica dei processi produttivi.
La crisi del mercato globale e l’impossibilita` di conti- nuare a praticare un sistema produttivo «lineare» (orga- nizzazione scientifica del lavoro), sequenziale, determi- nato e quindi prevedibile, apre la strada alla qualita` pro- duttiva ed alla necessita` di fare affidamento a metodi di carattere probabilistico chiaramente caratterizzati da una logica indeterminista.
In questo nuovo panorama operativo l’affidabilita` del si- stema di sicurezza e salute dei lavoratori non dipende esclusivamente da logiche meccaniche legate all’ottem- peranza normativa (Xxxxxxxxx 1995), ma risente in manie- ra determinante della capacita` (esperienza creativa) e del sentire (sentimento-azione) del lavoratore o dei lavoratori impegnati nel contesto produttivo (Xxxxx K. 1991).
Nota:
3 Atti del Convegno, Firenze, 7 ottobre 2011. La prima parte e` stata pubblicata su ISL, 2012, 2, Inserto.
Emerge cos`ı l’importanza di un approccio psicosociale nella sicurezza e salute sul lavoro, di cui l’Ergonomia come «scienza» che adatta il lavoro all’uomo e non vi- ceversa, puo` esprimere tutte le sue potenzialita`.
L’Ergonomia
In tale definizione ritroviamo l’importanza che «stori- camente» in questo contesto puo` assumere l’Ergonomia con le sue numerose applicazioni.
La capacita` di considerare l’uomo nella sua integralita` come elemento centrale del sistema, capace di innovare i processi ed i prodotti proprio attraverso «l’esperienza ed il sentimento» dei lavoratori, puo` essere la precondi- zione di uno sviluppo produttivo efficiente basato sulla qualita` e non sulla quantita`.
Questa nuova visione produttiva tiene conto e valorizza una «nuova» logica operativa capace di trasformare i ri- sultati produttivi in termini qualitativi perche´ «inclu- denti» delle esperienze vitali del gruppo di lavoro.
In tali organizzazioni la qualita` produttiva (ISO 9001) (Xxxxxxxxx 1998) non e` scelta burocratica o formale che nega l’intelligenza ed il sapere esperienziale dei la- voratori ma e` la metodologia che valorizza la partecipa- zione e l’interesse delle persone che vivono in quel contesto(Xxxxxxxx 1996). Il loro vissuto trova espres- sione, emerge, si rende visibile negli «artefatti» e
«nei servizi» realizzati.
In tale contesto l’affidabilita` organizzativa di cui fa par- te la sicurezza e salute sul lavoro non possono prescin- dere dal benessere delle persone impegnate nel sistema produttivo, ed il benessere delle persone non puo` fare a meno di relazioni con l’ambiente organizzato foriere di evoluzione e non di costrizione. La scelta di approcci ergonomici nell’organizzazione diviene pertanto irre- versibile nel nuovo panorama culturale.
Si sviluppa di conseguenza una nuova logica operativa: benessere sul lavoro e miglioramento produttivo sono strettamente collegati in relazione e non si puo` scardi- nare un elemento senza avere conseguenze nell’altro in un sistema dinamico in continua evoluzione.
Il punto centrale dell’attivita` di coloro che svolgono le figure previste dal D.Lgs. n. 81/2008 sta proprio nel ri- disegnare ed accompagnare i processi di evoluzione del sistema di sicurezza e salute sul lavoro.
Ogni sistema, compreso il sistema organizzativo previ- sto per l’applicazione del D.Lgs. n. 81/2008, deve tro- vare nella positivita` relazionale degli attori aziendali (RSPP, RLS, MC, Dirigenti, Lavoratori, fornitori ecc.) e nella costruzione di senso delle pratiche svolte (lavoratori) i perni su cui costruire un sistema efficiente e reattivo rispetto agli eventi che possono manifestarsi durante le attivita`.
In questa prospettiva non e` solo l’assetto organizzativo e determinato che puo` aiutare a contenere ed eliminare gli eventuali errori (Reason 2004) generatori di possibi- li incidenti, ma e` proprio la reattivita` del sistema che puo` evitare il susseguirsi di dinamiche imprevedibili o non previste che possono essere foriere di incidenti sul lavoro.
Cambia di conseguenza l’approccio al sistema, da siste- ma «pensato» a sistema sentito, da sistema «progetta- to» a sistema «vissuto».
La sicurezza e salute sul lavoro, divengono percio` ele-
mento di sviluppo imprescindibile da un assetto effi- ciente del sistema produttivo.
Si crea pertanto un binario su cui procede lo sviluppo produttivo, effettuato da benessere dei lavoratori ed in- novazione e qualita`.
Tali dinamiche non sono piu` divergenti ma convergenti anzi spingono nella stessa direzione, miglioramento qualitativo attraverso il benessere dei lavoratori impe- gnati nelle attivita`.
Il miglioramento
Il miglioramento cos`ı costruito avra` all’interno il sapere e l’esperienza dei lavoratori, e quel miglioramento non sara` cos`ı «superficiale» o non vissuto perche´ costruito dagli artefici del processo stesso.
Quel miglioramento avra` all’interno il sistema di be- nessere che precostituisce il terreno di coltura delle nuove idee e progetti, che nascono dal sentire dei lavo- ratori.
Allora, in questo nuovo contesto culturale, si capisce l’importanza di fare affidamento, proprio sui lavoratori forieri di innovazione piu` che di standardizzazione.
Lavoratori che mettono in gioco il loro sapere organiz- zato in quel circolo virtuoso di qualita` che permette svi- luppo e innovazione delle idee di coloro che realizzano gli artefatti.
Bibliografia
– Xxxxxxxxx P. (1995), Le imprese come culture. Nuove prospettive di analisi organizzativa, ISEDI, Torino.
– Xxxxxxxx X. (1996), Politiche della qualita`, coinvol- gimento del personale e dinamica organizzativa, Giap- parelli, Torino.
– Xxxxxxxx Xxxxxxx, Lo scontro fra culture organizzati- ve: dal meccanicismo alla complessita`, in ISL, 2010, 5, 315.
– Xxxxxxxxx X.X. (1998), L’applicazione delle norme UNI EN ISO 9000 nelle piccole aziende, Xxxxxx Xxxx- li, Milano.
– Xxxxx X. (1983), Il metodo, Feltrinelli, Milano.
– Xxxxx X. (1991), Xxxxx e significato nell’organizza- zione, Cortina, Milano.
Le meraviglie paradossali della realta` : Ergonomia
e psicologia nel lavoro e nelle organizzazioni
Xxxxxx Xxxxxxxx - Psicologo, Psicoterapeuta del lavo- ro e delle organizzazioni
Introduzione
Per affrontare, oggi, le questioni connesse con i rischi psicosociali e` necessario comprendere la natura delle interazioni umane nei gruppi di lavoro in quanto il ri- schio psicosociale riguarda gli aspetti dell’organizza- zione formale ed informale dei processi produttivi. La complessita` delle interazioni umane e` tale da ripercor- rere la stessa via metodologica della scienza eccellente: la fisica. Di conseguenza e` doveroso riflettere sull’evo- luzione descrittiva della realta` materiale a partire dalla sintesi riportata in Figura 1.
Figura 1
Il punto 1 rappresenta l’aspetto macroscopico di un dia- mante. Il diamante si differenzia dalla grafite per la sua organizzazione molecolare. Come si vede al punto 2 gli atomi di carbonio formano nel diamante un reticolo cri- stallino a forma tetraedrica regolare che determina la notevole durezza del cristallo.
Se dalla molecola si estrae una parte si ottiene un ato- mo di carbonio. Come si vede nel punto 3 l’atomo e` composto da un nucleo di neutroni e protoni positivi uniti assieme fortemente e da un numero uguale di elet- troni negativi che si muovono attorno al nucleo renden- do l’atomo nel suo insieme neutro.
Fino a questo punto i postulati della meccanica deter- ministica di Xxxxx Xxxxxx del secolo XVII ed ulteriori elaborazioni, su cui si basano ancora oggi molti assiomi della fisica classica, spiegano bene i meccanismi di fun- zionamento della materia.
Grazie a questa interpretazione del mondo molte sco- perte hanno portato l’umanita` all’evoluzione che oggi conosciamo. Tutte le altre scienze non potevano transi- xxxx dai postulati della scienza madre: la fisica. Di con- seguenza anche gli esseri umani sono ed erano conside- rati come complicate e meravigliose macchine naturali. All’inizio del ’900 anche l’atomo perde la sua caratte- ristica d’indivisibilita`, al punto 5 si vede che anche i neutroni e i protoni sono costituiti da tre subunita`: i quark.
I quark hanno varieta` diverse cioe` «sapori» che sono: su, giu`, incantevole, strano, cima, fondo.
Nome | Carica |
Up (u) | +2/3 |
Down (d) | -1/3 |
Strange / Sideways (s) | -1/3 |
Charm / Centre (c) | +2/3 |
Bottom / Beauty (b) | -1/3 |
Top / Truth (t) | +2/3 |
Gia` i nomi delle particelle rivelano una fondamentale differenza tra la precisione seriosa della fisica classica e la creativita` quantistica.
Le particelle hanno nomi fantasiosi come strano o in- cantevole. Hanno carica frazionaria che spiega bene sia la neutralita` del neutrone che la carica +1 del proto- ne.
Il protone e` costituito da due Up e un Down
2 2 1
(C = 3 + 3 — 3)= +1
Il neutrone invece da due Down e un Up
1 1 2
(C = (— 3 +— 3)+ 3)= 0
E` interessante il sapore diverso delle particelle. Inoltre i quark possiedono «cariche di colore» che spiegano quelle trasformazioni in grado di mantenere il nucleo atomico compatto.
Sembrava che fossimo arrivati al limite indivisibile del- la materia ma la teoria delle stringhe (punto 6) afferma che anche elettroni e quark sono costituiti da stringhe di energia in grado di originare le diverse particelle a se- conda della loro oscillazione. Questa teoria e` in grado di spiegare perche´ un elettrone puo` comportarsi ora co- me particella ora come onda. Le stringhe si muovono in undici dimensioni costruendo infiniti universi paralleli. Dentro l’atomo la realta` per essere capita ha bisogno di nuovi costrutti culturali e dell’emersione di forti livelli di creativita`.
Se la ricerca scientifica fin dall’inizio del ’700 ha indi- cato i parametri e i metodi di valutazione della realta` anche produttiva, dando origine in Inghilterra alla pri- ma rivoluzione industriale, non puo` escludersi che an- che le nuove tecnologie derivate dai costrutti culturali
della fisica quantistica non permettano la stessa evolu- zione. Di conseguenza al cambiare dei postulati d’os- servazione della realta` naturale dovrebbero cambiare anche i parametri di valutazione dei sistemi produttivi. Cio` che prima poteva essere definito da una «lista di controllo» ora dovrebbe essere capito attraverso l’ana-
lisi delle interazioni tra le parti che compongono il si- stema.
Come nei costrutti della nuova fisica esistono in natura forze risonanti che tendono a realizzare nuove organiz- zazioni armoniche seguendo il percorso contrario al- l’entropia cos`ı nelle interazioni umane si creano auto- nomamente: da una parte interazioni coerenti (cioe` ar- monie) produttrici di aspetti solidali e ordinati, dall’al- tra urti e collisioni che rendono il sistema conflittuale, turbolento e disordinato.
E` proprio l’autonomia delle parti che costituiscono un
sistema a renderlo «complesso» cioe` in grado di mutare continuamente il suo paesaggio dinamico.
Osservare le interazioni umane di un sistema produttivo espone di conseguenza alla stessa complessita` di chi osserva i comportamenti delle particelle che costitui- scono un atomo. E` ovvio che se vogliamo «capirci
qualcosa» non possiamo utilizzare una lista delle pre- senze e delle assenze. Anche perche´ cio` che oggi e` pre- sente domani potrebbe non esserci. A livello Europeo anche la ricerca denominata ESENER (European Sur- vey of Enterprises on New and Emerging Risks, 2010) dimostra come sia fondamentale che le indagini nei luoghi di lavoro acquisiscano dati non solo sulle mancanze, ostacoli o punti critici, ma anche sui fattori facilitanti lo sviluppo di politiche efficaci a realizzare
«sistemi di gestione» in grado di indirizzare e tenere sotto controllo i processi nella direzione del migliora- mento continuo della qualita` degli interventi sulla salu- te e la sicurezza dei lavoratori, in particolare per i rischi emergenti come il psicosociale (stress, violenza e mob- bing).
«La questione fondamentale che affronta XXXXXX e`
come la salute e la sicurezza dei lavoratori viene salva- guardata in pratica - allo scopo di identificare i fattori che facilitano o incoraggiano le imprese ad adottare mi- sure efficaci e quelli che ostacolano o scoraggiano tali azioni. Questo tipo d’informazioni e` vitale per lo svi- luppo di politiche efficaci - regolamenti, guide allo svi- luppo solidale - per essere preparati ad affrontare le sfi- de a venire.
Oggi una delle principali sfide dei datori di lavoro - identificata nella strategia comunitaria - e` la crescente importanza dei rischi ‘‘emergenti’’, come lo stress, vio- lenza e il mobbing.» (1).
La logica sistemica della prevenzione dei danni alla salute
E` ovvio che la costruzione di un sistema di gestione dei rischi non puo` realizzarsi attraverso i dati raccolti con una «lista di controllo», come negli anni ’50, anche in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e` divenuto necessario utilizzare costrutti culturali adeguati alla complessita` delle leggi europee. Come conseguenza al- cuni postulati dei sistemi complessi (come insegna la fisica quantistica) debbono necessariamente essere pre- si in considerazione:
●
principio di indeterminazione: nessuna misura dei ri- schi lavorativi, anche la piu` esatta, rimane costante nel tempo;
●
principio enantiodromico: esistono sempre in con- temporanea, anche se non ne siamo consapevoli, ten- denze contrapposte, cioe` mentre misuro la relazione
tra subordinato e dirigente nascondo la tendenza incon- scia del dirigente ad essere subordinato e del subordina- to a dirigere se stesso;
●
principio della dislocazione: cio` che oggi ritengo es- sere un evento isolato e relativo al luogo confinato pre- so in esame domani altri eventi simili potrebbero mani- festarsi ovunque osservi con maggiore intelligenza il si- stema.
●
principio della informalita`: gli esseri umani non pos- sono essere definiti da una sola forma in quanto come sistemi complessi sono l’espressione di molteplici for- me in interazione tra loro.
●
principio della dissipazione: il cervello umano e` co- stituito da molecole dipoli che tendono a realizzare equilibri dinamici simmetrici che vengono spontanea- mente rotti dalla costruzione di nuovo ordine e di nuo- va coscienza [Xxxxxxxx, 2010; Xxxxxxxx, 2010].
Quanto sopra si pone in sintonia con la definizione di benessere dell’OMS: «uno stato dinamico caratterizza- to da una «adeguata armonia» tra capacita`, esigenze e aspettative di un individuo ed esigenze e opportunita` ambientali» (1986).
Immaginate quanto e` importante che in un sistema pro- duttivo vi sia qualcuno in grado di raccogliere le ric- chezze di ogni elemento e distribuirle alla collettivita` per ritornare arricchite del contributo di ogni parte.
Le dinamiche stressogene
Xxx Xxx (Istituto del Lavoro e Salute delle Organizza- zioni, Universita` di Nottingham) afferma che la convin- zione che un certo livello di stress sia connesso ad un buon rendimento e a buone condizioni di salute in real- ta` serve a giustificare procedure di organizzazione del lavoro mediocri [Xxx, 2002].
In particolare nel nostro paese sembra che le spese per una seria applicazione delle leggi sulla salute e la sicu- rezza dei lavoratori sia un «lusso» che non possiamo permetterci (sic l’ex Ministro Xxxxxxxx).
Non c’e` niente di piu` distruttivo per le organizzazioni del lavoro che limitare la necessita` del miglioramento continuo.
La legge n. 626/1994 che impone la valutazione di
«tutti i rischi» e` stata fortemente voluta dai datori di la- voro europei.
Se 50 anni fa per fare il datore di lavoro servivano po- che qualita` imprenditoriali attualmente non accorgersi che le cose sono molto cambiate significa portare la propria azienda verso il collasso.
Oggi abbiamo un urgente bisogno di trasformare i da- tori di lavoro da «fare» in «essere».
La valutazione dei rischi della salute e sicurezza dei la- voratori e` proprio il «parametro d’ordine» in grado di instaurare un processo di trasformazione culturale delle imprese per difendersi con efficacia dagli attacchi della concorrenza globale.
Ognuno di noi sa, anche se poi lo rimuoviamo, quanto l’interesse di una categoria o di un piccolo gruppo pos- sa essere realizzato in contrasto con l’interesse dell’in- tero sistema. Tuttavia l’uomo e` un animale sociale non
Nota:
(1) Xxxxx Xxxxxx, Director European Agency for Safety and Health at Work.
avrebbe potuto sopravvivere se non si fosse unito agli altri condividendo le gioie e i dolori dell’esistenza.
I datori di lavoro tendono a considerare la loro attivita` al massimo della semplicita` possibile. Ritengono le dif- ficolta` produttive dovute a semplici meccanismi di cau- sa ed effetto. Sono soddisfatti quando devono affronta- re problemi semplici e di rapida soluzione.
La realta` produttiva non e` semplice. Ogni azienda e` di fatto un sistema aperto che risente di ogni piccola forza con cui interagisce, e` artefice ma anche subisce la dina- mica produttiva dell’intero paese.
Se in Europa non facciamo emergere la «cultura della complessita`» con le sue componenti produttive di mi- glioramento continuo dei mezzi di produzione e di quella che una volta veniva chiamata la «forza lavoro» possiamo cominciare ad osservare impotenti il nostro declino.
I datori di lavoro europei hanno prodotto in questi ulti- mi anni una serie di leggi riguardanti la salute dei lavo- ratori, l’ambiente, gli alimenti che ci obbligano a con- siderare queste materie attraverso un approccio sistemi- co.
Nel nostro paese l’arroganza e le banalita` della cultura deterministica dominante ha ricondotto alla parte piu` debole, i lavoratori, le inettitudini di molti manager. Ad esempio un’importante opportunita` di trasformazio- ne culturale come la valutazione dei rischi psicosociali e` stata ridotta a mera applicazione burocratica, oltre l’interesse dei lavoratori e degli stessi datori di lavoro. Questi ultimi credono addirittura di averne ricevuto be- neficio.
I datori di lavoro che considerano l’azienda come un grande meccanismo, che possono possedere, sono gia` nella china della profonda regressione culturale che ac- compagna la crisi dell’economia.
Bibliografia
– Xxx X. (2002), Ricerca sulla stress lavoro correlato, Agenzia europea e per la salute sul lavoro.
– ESENER (European Survey of Enterprises on New and Emerging Risks) (2010), European Agency for Sa- fety and Health at Work
– Xxxxxxxx F. (2010), Stress lavoro correlato:valuta- zione e gestione pratica, 2010, Ipsoa, Milano.
– Xxxxxxxx X. (2010), Sull’origine dello stress lavoro- correlato. Dinamica cerebrale e mutilazioni funzionali, in «Stress lavoro correlato:valutazione e gestione prati- ca», Ipsoa, Milano.
Complessita` e valutazione ergonomica dello SLC
con il metodo MQSC:
uno studio empirico
Xxxxxxxx Xxxxx - Psicologa del lavoro e delle organiz- zazioni
Introduzione
Per quale motivo un datore di lavoro dovrebbe affidare ad un esperto la valutazione del rischio psicosociale e in particolare dello stress lavoro correlato?
Un mio paziente nel raccontarmi la sua storia personale ha dato risposta a questa domanda:
«Sono molti anni che lavoro nella mia azienda. Mi so- no adoperato in ogni modo, per quello che mi era pos- sibile, a contribuire alla sua crescita culturale e organiz- zativa. Ho cercato di far emergere le cose che non an- davano bene, che creavano disagio sia a me che ad al- cuni colleghi. Pensavo che l’azienda riconoscesse que- sto impegno come un fatto positivo. Invece dopo un po’ di tempo le mie critiche hanno comportato il mio isolamento sia a livello di carriera sia a livello di rela- zione con i dirigenti. Sono cominciati tutta una serie di inutili controlli facendomi sentire come il bambino che disobbedendo agli ordini ruba sempre la marmellata. Nella mia vita da adulto invece mi sono sempre preso tutte le responsabilita` e i carichi della mia famiglia riu- scendo con sacrificio a far laureare due figli. Col passa- re del tempo sono giunto alla condizione di non poter attraversare il portone dell’azienda senza provare un profondo disagio. Ero consapevole che stavo entrando in un luogo dove nessuno era ‘‘visto’’, che non era in- teressato a me, che mi considerava solo un numero e un ruolo da controllare e gestire. Immagini dott.ssa cosa puo` significare sentirsi un meccanismo per otto ore al giorno cinque giorni la settimana. Le assicuro che mol- te volte sono stato preso dal desiderio di non attraver- sare quella porta...»
Lo stress sistemico
Esistono molteplici definizioni dello stress che dipen- dono dalla cultura sottostante. Se i concetti soggiacenti un tipo di approccio sono parziali o troppo specifici si rischia di scambiare la parte per il tutto. Lo stress e` una condizione estremamente complessa che risente delle interazioni con diversi fattori ed assume nelle sue ma- nifestazioni forme differenziate e dinamiche. Solo un approccio in grado di osservare la totalita` puo` fornire una chiave di lettura tale da rispecchiare la complessita` della realta`.
Seguendo l’approccio sistemico lo stress e` una pressio-
ne che puo` indurre lo stato di «mutilazione percettiva» in grado di produrre turbolenza nel sistema psichico dell’individuo (. ISL, n. 10/2011).
La «percezione» va oltre la sensibilita` dei propriocetto- ri descrivendo realta` articolate. Deve, di conseguenza, essere intesa come un flusso continuo d’informazioni tra l’Io e il mondo. «Cioe` un essere nel mondo sempre in divenire che costruisce ogni volta nuova coscienza» (Xxxxxxxx, 2010). Il cervello ha bisogno di costruire con- tinuamente nuova consapevolezza contribuendo, in questo modo, alla realizzazione del benessere indivi- duale.
Quando la percezione viene «mutilata» non e` piu` in grado di realizzare nuova coscienza. Oltre alla perdita di benessere viene prodotta una condizione di drastica limitazione delle capacita` evolutive. Come in tutti i si- stemi vitali anche nell’essere umano la crescita e l’evo- luzione producono il buon funzionamento del sistema. Quando l’evoluzione s’interrompe il sistema e` gia` in re- gressione. Seguendo la logica sistemica anche la pre- senza di un solo individuo stressato all’interno di un’organizzazione produttiva puo` indicare uno stato di turbolenza dell’intero sistema.
Nell’individuo, un sistema di sistemi, la turbolenza ten- de a costruire, nelle molecole dipoli costituenti il cer- vello, «simmetrie omogenee» aumentando la difficolta` di «dissipazione» e quindi la loro rottura.
In altri termini e` come se alcune parti del sistema si so- stituissero alla totalita`, cioe` si formano domande (pro- blemi) che non dissipando non trovano risposta. Ad esempio:
Perche´ c’e` l’hanno con me? Sono Io quello sbagliato?
Ho davvero offeso qualcuno senza volerlo? Sono poi cos`ı diverso dagli altri?
Che cosa devo fare?
Si costruisce in questo modo la condizione in cui un in- dividuo non riesce piu` a percepire se stesso e il mondo che lo circonda in maniera armonica. Ed e` proprio la comunicazione armoniosa tra mondo esterno e il pro- prio mondo interno quella condizione in grado di rea- lizzare le «risonanze» che producono benessere negli individui.
Lo scopo della funzionalita` psichica e` la continua evo- luzione. Il processo evolutivo si realizza attraverso per- corsi riconducibili alla costruzione di armonie. Le ar- monie sono intese come punto di unione di due tenden- ze tra loro contrapposte ma non in contrasto che unen- dosi generano intuizioni e quindi nuova coscienza.
Lo stress lavoro correlato puo` inficiare questa funzione psichica dell’uomo prima sul posto di lavoro e poi nella vita privata.
Organizzare il lavoro come ‘‘rumore’’ o come ‘‘armonia’’?
Ogni volta che si produce turbolenza (‘‘rumore’’) in un sistema complesso come l’essere umano non e` possibi- le sapere quale emersione potra` concretizzarsi. Alcuni soggetti sono in grado di realizzare validi meccanismi di difesa, altri invece possono soccombere ad una pres- sione anche ‘‘debole’’.
Anche coloro che hanno sempre utilizzato positivamen- te le proprie difese antistress (facendolo sembrare buo- no) possono, in un certo momento della loro vita, esse- re danneggiati anche da ‘‘deboli’’ pressioni.
Non esiste nessuna pressione buona, lo stato emotivo che accompagna qualsiasi situazione di stress e` sempre e comunque vissuta dal soggetto in maniera ansiogena. Xxx` da diversi anni alcuni studiosi hanno messo in luce la capacita` dello stress di modificare il modo in cui una persona sente, si comporta, pensa, quindi il legame del- lo stress con gli aspetti emotivi e cognitivi dell’essere umano, e le conseguenze ovviamente anche sul piano piu` strettamente fisiologico [Xxxxxxxxx et al., 1999; Xxxxxxxxxx & Xxxxx, 1983].
I maggiori esperti Europei, passando in rassegna la let- teratura e le ricerche in materia di stress lavoro correla- to, affermano che in ogni caso lo stress e` uno «stato psicologico negativo», anche quando non si verificano condizioni tali da arrecare malattie, in ogni caso produ- ce danno alla qualita` della vita [Agenzia europea per la sicurezza e salute sul lavoro, 2002].
Non e` determinabile in termini meccanici e/o assoluti il risultato di una pressione a cui un individuo e` sottopo- sto. Cio` che non e` determinabile attraverso parametri definiti da un solo numero puo` e deve essere tenuto sot-
to controllo attraverso un «sistema di gestione » che va- luti nel tempo le probabilita` statistiche d’evoluzione o di regressione delle variabili osservate [parametri d’or- dine, vedi Mella, 1999].
Istituire un sistema di gestione dei rischi
La legge n. 626/1994, oggi D.Lgs. n. 81/2008, seguen- do la logica dei sistemi complessi prevede il controllo e la gestione dei rischi nel tempo e non solo la loro sin- gola misura.
Il datore di lavoro e` tenuto a realizzare tutto cio` che e` possibile per diminuire in ogni caso l’esposizione a ri- schi di qualsiasi natura. Questa logica riprende il con- cetto di miglioramento continuo del processo produtti- vo come garanzia di qualita` totale. Il nostro metodo, che abbiamo chiamato MQSC, risuona proprio coi fon- datori della cultura della qualita` totale ed e` in grado di valutare la complessita` delle variabili osservate. In sin- xxxxx con i risultati dell’ultima indagine ESENER (Eu- ropean Survey of Enterprises on New and Emerging Risks).
Il metodo MQSC
Il nostro approccio, altamente contestuale e partecipati- vo, e` volto a produrre oltre alla difesa della sicurezza e della salute dei lavoratori qualita` organizzativa e mi- glioramento continuo in un’ottica ergonomica.
Questa metodologia si basa sulla statistica delle ‘‘carte di controllo’’, inventata originariamente da Xxxxxx e Xxxxxxxx per la misura delle variabili di qualita` dei pro- cessi produttivi.
Il metodo prevede la partecipazione attiva e democrati- ca di tutti gli attori della prevenzione e produce consa- pevolezza dei fattori organizzativi.
Vengono valorizzati gli aspetti positivi di un’organiz- zazione oltre all’emersione dei punti critici.
Tiene ‘‘sotto controllo’’ l’intero sistema (parametri d’ordine)
Le variabili da misurare sono state estrapolate dalle linee guida Europee e adattate al contesto specifico. L’idea del questionario ripetuto nel tempo nasce dalla metodologia di misura della qualita`.
La ripetizione nel tempo tiene conto delle trasfor- mazioni emozionali degli operatori e quindi della lo- ro complessita`.
Ha la possibilita` di escludere le risposte caotiche o volontariamente incoerenti.
Descrive le variabili dello stress come inserite in un contesto dinamico e non si limita alla mera fotogra- fia dell’esistente.
Garantisce l’anonimato.
Il caso di un’indagine empirica
Si riporta di seguito la sintesi dello studio effettuato e pubblicato in ISL, n. 4/2011.
Il contesto organizzativo dell’azienda osservata e` rela- tivo alla produzione di borse per una prestigiosa firma internazionale.
Il questionario, creato con la collaborazione di tutte le parti interessate del sistema, e` composto da 16 doman- de (di cui 9 parametri d’ordine).
La somministrazione e` stata ripetuta 8 volte.
Le interazioni dei lavoratori con gli psicologi sono cambiate in positivo nel tempo.
Sono stati riscontrati i seguenti punti critici:
– eccessivo bisogno di attenzione in tutte le operazioni;
– alti ritmi di lavoro;
– alta disponibilita` a cambiare lavoro.
Punti di forza
– buona relazione tra xxxxxxxx;
– buona relazione coi superiori diretti;
– senso di sicurezza nel mantenimento del posto di la- voro.
La bonifica dei punti critici e` stata realizzata con inter- venti organizzativi e di formazione.
«Cio` che si oppone conviene, e dalle cose che differi- scono si genera l’armonia piu` bella, e tutte le cose na- scono secondo gara e contesa...» (Eraclito, Frammenti).
Bibliografia
– Agenzia europea e per la salute sul lavoro, 2002
– Xxxxxxxx F, Xxxxx X., La centralita` dell’uomo nella visione ergonomica dei sistemi produttivi, in ISL, n. 10/2011.
– Xxxxxxxx X. (2010), Sull’origine dello stress lavoro correlato. Dinamica cerebrale e mutilazioni funzionali, in «Stress lavoro correlato:valutazione e gestione prati- ca», Ipsoa, Milano.
– Xxxxxxxxx S.A. et al. 1(999), Work characteristics predict psychiatric disorder: prospective results from the Whitehall II study, Occupational and Environmen- tal Medicine.
– Xxxxxxxxxx G.L., Xxxxx, L.W. (1983), Role of psy- chosocial stress in cardiovascular disease, Houston Heart Bulletin, 3.
– ESENER (European Survey of Enterprises on New and Emerging Risks) (2010), European Agency for Sa- fety and Health at Work.
– Xxxxxxxx F, Xxxxx X., La visione sistemica dello slc: indagine empirica in una grande pelletteria, in ISL, n. 4/2011.
Il lavoro dell’ergonomo
Xxxxxx Xxxxx - Umania, Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso
Partendo da una domanda volutamente provocatoria di un gruppo di studenti, Xxxxxx Xxxxx, Direttore Com- merciale di Umania s.r.l. (xxx.xxxxxx.xx), ha preso lo spunto per parlare di ergonomia secondo il punto di vista di un’azienda che vende, tra gli altri, questa di- sciplina.
L’interrogativo era questo: Cosa fa l’ergonomo una volta entrato in azienda?
Xxxxxx Xxxxx ha delineato la storia della sua azienda, che in tre anni, e` passata dalla prima sede operativa presso l’Incubatore d’Impresa - un progetto della Ca- mera di Commercio di Bergamo che aiuta le start up at- traverso basi logistiche - alla nuova sede all’interno del Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso di Ber- gamo. Umania e` stata fondata da tre ergonomi europei certificati: Xxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx-
do Valenti, che avevano un background di competenze ergonomiche utilizzato come base sulla quale costruire la loro impresa.
Il team Umania, sin da subito ha voluto vedere la di- sciplina non come un punto di arrivo con la quale mi- surare i progetti e fine a se stessa; ma come cassetta degli attrezzi da cui attingere strumenti e metodi che arricchisce di giorno in giorno attraverso altre discipli- ne. Per questo motivo in Umania convivono una mol- teplicita` di figure professionali ricche e variegate che lavorano contaminandosi vicendevolmente e proficua- mente.
La chiave di lettura utilizzata per affrontare in maniera cos`ı poliedrica i progetti e` quella dell’inter-azione tra le persone di mondi diversi e tra le loro competenze.
Occorre quindi lavorare sui rapporti, sulle relazioni tre le persone di tutto il team che lavora ad un progetto: dall’utente al cliente.
Una parola guida le relazioni che vanno instaurandosi: fiducia.
La modalita` di lavoro di Xxxxxx e` quella di creare per ogni cliente un progetto ad hoc che si sviluppa con la co-partecipazione proattiva di piu` competenze diverse nelle quali il cliente e` parte attiva dall’inizio alla fine in un continuo learning by doing.
L’applicazione sul campo di un approccio sistemico in- novativo ha permesso ad Umania di annoverare tra i suoi clienti aziende importanti del panorama imprendi- toriale italiano e non solo. Il valore aggiunto di Umania e` quello di non specializzarsi in un solo settore, ma ogni progetto diventa occasione unica di ricerca e ap- plicazione mirata di competenze multidisciplinari; il tutto si svolge attraverso il coinvolgimento diretto del cliente e attraverso la valorizzazione di tutto cio` che e` importante per quel determinato progetto in quel deter- minato settore. All’interno di ogni team di lavoro, gli utenti sono sempre in primo piano; il nome stesso Xxxxxx prende l’origine proprio dalla mania dell’ergo- nomo di mettere l’uomo al centro. L’esperienza e il successo di Xxxxxx si basa sulla convinzione che oltre a porre l’uomo al centro, occorre osservarlo, e prima di ogni
altra cosa va ascoltato. Per fare questo e` necessario ave-
re cuore. Ecco perche´ l’ergonomia di Umania non vie- ne proposta come servizio a se stante; questo perche´ tutta la ricchezza tecnica, sistemica, accademica della disciplina si potenzia e si rende appetibile solo quando e` saldamente inserita in un sistema caratterizzato e ar- ricchito anche dalle competenze di diverse figure pro- fessionali, tra le quali: psicologo, coach, sociologo, se- miotico, esperto usabilita`, designer insieme a utenti e stakeholder sempre diversi.
La nuova sfida che ora si e` posta Xxxxxx e` quella di
esportare questa metodologia da un unico cliente a un gruppo di aziende anche diverse tra loro, che lavorano nello stesso settore o nella stessa filiera per strutturare progetti complessi co-partecipati. Le tematiche propo- ste sono sempre diverse; uno dei prossimi temi sara` svi- luppato in ambito medico, progetto sperimentale per il quale il team di Umania sta gia` reclutando esperti, aziende e utenti.
L’approccio sistemico di Umania, come si e` visto, ab- braccia ogni progetto proprio come se fosse un indivi-
duo che a sua volta si contraddistingue e caratterizza at- traverso le sue esigenze specifiche, le sue peculiarita` e, perche´ no, un suo approccio ergonomico.
Ergonomia, Design e Sostenibilita`
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx - Dipartimento di Tecnologie del- l’Architettura e Design, Universita` degli Studi di Fi- renze
Design, Ergonomia, Sostenibilita`: un approccio integrato al progetto
I cambiamenti della societa` in questo inizio millennio, stanno portando a profonde trasformazioni delle ten- denze comportamentali e di gusto degli utenti, dei loro stili di vita e di consumo, aprendo ampie opportunita` di innovazione nell’ambito del progetto contemporaneo. Nuove esigenze e nuovi modelli, dovuti all’emergere di nuovi profili d’utenza, si stanno imponendo all’at- tenzione dei progettisti e delle aziende produttrici; basti pensare alle esigenze derivanti dal cambiamento della prospettiva di vita delle persone, della composizione dei nuclei familiari e dalla multietnia della societa` con- temporanea.
La formazione di linee di ricerca e ambiti di sperimen- tazione progettuale trasversali alle aree dell’Ergonomia, del Design e della Sostenibilita` nasce da un approccio fortemente innovativo al piu` generale tema del «proget- to per la persona» sviluppato in questi ultimi anni nel campo dell’Ergonomia per il Design, della ricerca me- todologica sulla ‘‘usabilita`’’ dei prodotti industriali e della sperimentazione didattica progettuale.
La specificita` ed il valore innovativo dell’approccio er- gonomico al progetto consistono nella capacita` di valu- tare la molteplicita` di variabili che definiscono l’intera- zione utente-prodotto (ossia le peculiarita` e le capacita` degli utenti, le proprieta` e gli obiettivi del prodotto e delle attivita` per le quali e` utilizzato, le caratteristiche del contesto fisico e sociale) identificando e interpre- tando, di volta in volta, le esigenze che gli utenti pos- sono esprimere rispetto a tale interazione.
L’Ergonomia, nelle sue declinazioni di Human Factors e di User Centred Design, rappresenta l’elemento cen- trale del progetto. Di contro il design ha come specifica il progettare prodotti, ambienti e servizi capaci di offri- re benessere psico-fisico agli individui garantendo al tempo stesso elevati livelli di prestazione. L’unione tra le due discipline, l’Ergonomia per il Design, si pone come obiettivi in primo luogo immaginare e interpreta- re le esigenze e le aspettative delle persone nel loro rap- porto con gli artefatti, quindi tradurle in soluzioni pro- gettuali innovative e guidare il processo di realizzazio- ne dei prodotti, garantendo la loro rispondenza alle esi- genze e alle aspettative individuate.
Contemporaneamente si puo` asserire che la ricerca del
benessere delle persone e della soddisfazione delle loro esigenze, non puo` piu` prescindere ormai dalla ricerca del benessere e del rispetto dell’ambiente in cui esse vi- vono. Se fino a pochi anni fa la tecnologia e la produ- zione sono state indirizzate alla realizzazione di artefat- ti sempre piu` perfetti e performanti, oggi ci troviamo di fronte alla necessita` di riorientare l’attenzione dal pro- dotto all’uomo e al suo habitat.
Affrontare i temi della Sostenibilita` ambientale in am- bito progettuale presuppone la conoscenza e la valuta- zione della complessita` dei processi di trasformazione delle materie prime, dei processi di produzione e smal- timento di prodotti e componenti, delle modalita` e dei limiti dei processi di disassemblaggio, riuso e trasfor- mazione e, in generale, dell’impatto ambientale di cia- scuna delle singole fasi del ciclo di vita del prodotto. La diretta conseguenza dell’impatto ambientale e` infatti l’impatto sulla salute degli individui, sulle condizioni di sicurezza offerte dall’ambiente e, in generale, sulle condizioni di benessere individuale e sociale. La valu- tazione di impatto ambientale deve tener conto del complesso di valutazioni riferite alla sicurezza e usabi- lita` del prodotto, attraverso tutte le fasi di progettazione e realizzazione dello stesso, sino alla fase di immissio- ne sul mercato, di utilizzazione e dismissione.
Il lavoro di ricerca e sperimentazione progettuale che da alcuni anni portiamo avanti all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Design (2), si basa proprio sul- la scelta di utilizzare in sinergia le differenti metodolo- gie di approccio progettuale, l’Ergonomics for Design e il Design for Sustainability, applicate a ai piu` diversi ambiti del progetto, dal settore dell’arredo contempora- neo, a quello dei dispositivi medici e del packaging dei farmaci, per citarne alcuni.
Entrambe le metodologie sono caratterizzate da un’ele- vata capacita` di innovare sia i processi di progettazione e produzione, sia l’effettiva qualita` del prodotto finito, e rappresentano strumenti fondamentali per definire strategie di intervento finalizzate ad innalzare la qualita` complessiva dei risultati.
L’Ergonomics for Design ci permette quindi di orienta- re il progetto sulle esigenze e aspettative dell’utenza contemporanea e di definire nuovi scenari d’uso, a par- tire dai metodi di indagine propri dell’Ergonomia tradi- zionale o Human Factors, e dello User-Centred De- sign.
Il Design for Sustainability, parallelamente, con l’ausi- lio di strumenti per la valutazione dell’impatto ambien- tale dei prodotti, indirizza la progettazione alla raziona- lizzazione dei materiali utilizzati per la produzione e al- la riduzione dei consumi e dell’impatto ambientale dei prodotti.
Design, Ergonomia e Sostenibilita` nell’abitare contemporaneo
I principi del Design for Sustainability richiedono un ripensamento radicale dei sistemi di produzione e di consumo anche nell’ambito dell’abitare contempora- neo, volto a definire l’utilizzo di tecnologie a basso consumo, di fonti energetiche rinnovabili e di soluzioni progettuali capaci di orientare e sensibilizzare gli utenti verso comportamenti sostenibili.
Parallelamente, l’Ergonomics for Design offre una me- todologia per sviluppare il progetto, basandolo sulle esigenze e aspettative emergenti dell’utenza contempo- ranea, e per definire nuovi scenari d’uso dell’abitare, in
Nota:
(2) Corso di Laurea Magistrale in Design, Facolta` di Architettura di Firenze, in collabora- zione con xxxx. Xxxxxxxxx Xxxx.
considerazione del cambiamento dello stile di vita delle persone e della modifica della composizione dei nuclei familiari tradizionali.
In particolare l’ambiente cucina appare oggi come il centro nevralgico dell’abitazione, il luogo dove si con- serva e si prepara il cibo, dove si producono e si eva- cuano i rifiuti domestici, il luogo per eccellenza degli scambi e delle convergenze familiari. La cucina e` anche l’ambiente dell’abitazione dove si generano la maggior parte dei flussi di inquinamento, dove si concentrano maggiormente i consumi di risorse energetiche e paral- lelamente il luogo dove si massimizzano gli investi- menti in tecnologia ed innovazione. La cucina e` un’e- norme macchina tecnologica, per la quale funzionalita`, sicurezza ed efficienza non rappresentano piu` gli unici requisiti di riferimento, ma vengono accompagnati da esigenze quali flessibilita` e adattabilita`, sia delle tecno- logie che delle attrezzature, ai bisogni specifici del- l’ambiente e dell’uomo, dettati dall’emergere di nuovi modelli di comportamento e stili di vita.
Si puo` affermare inoltre che l’analisi dell’impatto am- bientale costituito dall’intero sistema-cucina (inteso co- me l’insieme di mobili, grandi elettrodomestici e acces- sori) quantifica il maggior dispendio di energia e la maggiore produzione di rifiuti e inquinamento, non tan- to nella fase di produzione del sistema (dei mobili, de- gli elettrodomestici ecc), o nella fase di smaltimento post consumo, quanto piuttosto nella fase d’uso di que- sti ultimi da parte degli utenti. Il ciclo di vita di un in- tero sistema-cucina che, al giorno d’oggi, si stima possa durare tra i 15 e i 20 anni, ha la possibilita` (se proget- tato e realizzato in linea con i temi della sostenibilita` e del riuso) di diminuire drasticamente il proprio impatto ambientale; la stessa cosa non accade per l’uso degli elettrodomestici inseriti nel «sistema-cucina». Recenti ricerche su questo tema hanno, infatti, dimostrato che il maggior dispendio di energie all’interno dello spazio della cucina avviene per un uso errato degli elettrodo- mestici: aperture continue e non indispensabili del fri- gorifero che ne aumentano i consumi, dispersione di acqua per il lavaggio delle stoviglie e nell’utilizzo «tra- dizionale» del lavello, alto dispendio di energia per l’u- tilizzo non consapevole dei forni elettrici, delle cappe aspiranti ecc.
Risulta quindi necessaria una riprogettazione dello spa- zio cucina che comprenda sia gli apparecchi ed i mobili in essa contenuti, che il loro uso da parte dei consuma- tori.
L’approccio Ergonomia-Design-Sostenibilita` e` la base del progetto di ricerca «Well-Living: soluzioni innova- tive per la cucina contemporanea».
Il progetto, partito nel 2009 e tuttora in corso di svilup- po, e` portato avanti dal Corso di Laurea Magistrale in Design di Firenze, in collaborazione con alcune azien- de, che operano nel settore della casa, ed ha come obiettivo la ricerca del massimo comfort e qualita` della vita all’interno dell’abitare contemporaneo, cos`ı come la ricerca di un equilibrio nel rapporto uomo/prodot- to/ambiente.
Il progetto intende sviluppare soluzioni radicalmente innovative, sia dal punto di vista tecnologico e d’uso, mirate all’abbattimento dell’impatto ambientale del si- stema cucina, soprattutto nella fase d’uso, attraverso
l’applicazione di tecnologie per la produzione di ener- gia pulita, la riprogettazione dei diversi componenti mi- rata al contenimento e alla conservazione dei consumi energetici - cappe, lavelli, piani cottura intelligenti - e allo sviluppo di soluzioni progettuali che spingano l’u- tente verso nuovi modelli di comportamento, rivolti al- la riduzione dei consumi energetici e alla corretta ge- stione domestica dei rifiuti.
Partendo dalla ridefinizione dell’usabilita` e delle tecno-
logie relative all’arredo cucina ed ai suoi accessori, stiamo cercando di definire nuovi scenari d’uso ed in- novazioni radicali del contesto domestico, che mettano al centro della produzione non soltanto l’innovazione estetico-funzionale e lo sviluppo economico, ma so- prattutto il rispetto dell’uomo e dell’ambiente.
Il progetto Well Living e` basato sull’approccio User
Centred Design, mirato alla considerazione di tutte le variabili legate allo specifico contesto d’uso e alla defi- nizione della complessita` delle reciproche interazioni. Di seguito riportiamo alcuni delle sperimentazioni pro- gettuali, scaturite dal progetto.
Coming kitchen: la nuova componibilita` in cucina
Ergonomia ed ecosostenibilita` sono i requisiti di questo progetto. Il nuovo assetto compositivo di Coming Kit- chen risiede soprattutto nella zona pensile e piu` in ge- nerale nella grande accessibilita` a tutti gli elementi con- tenitivi e di lavoro; e` stato previsto anche un «frigorife- ro orizzontale» con il top realizzato in vetro a opacizza- zione comandata. Xxx` consente di individuare il prodot- to da prendere prima di aprire il frigo e quindi, evitare inutili dispersioni di energia.
Per quanto riguarda l’impianto idraulico si e` pensato di
creare un sistema di riciclo dell’acqua.
Grazie ad un lavello dotato di due fori, uno che va allo scarico ed uno che va al sistema di filtraggio, l’acqua ripristinata andra` ad alimentare la lavastoviglie; garan- tendo, anche in questo caso, un notevole risparmio di risorse.
Coming Kitchen, design by Xxxxx Xxxxx
334 concept: cucina compatta per piccoli ambienti domestici
Questa proposta di cucina compatta e minimale, per pic- coli ambienti domestici, punta sulla versatilita` d’uso per contenere le funzioni essenziali all’interno di un picco- lo, ma lussuoso, apparecchio altamente tecnologico.
L’eccellenza nella manifattura, nella tecnologia e nei materiali, si esprime in una forma volutamente essen- ziale e contemporanea.
In particolare i piani d’appoggio sono versatili e possono servire per chiudere la parte funzionale (lavello, piano cottura ecc.) in modo da ottenere un oggetto d’arredo pu- lito ed essenziale, che si colloca in maniera discreta all’in- terno di uno spazio domestico ristretto e polifunzionale. Per ridurre al minimo i volumi, e` stato eliminato tutto il superfluo. I moduli sono sospesi per facilitare la pulizia e l’usabilita` del prodotto.
Nelle varie declinazioni di questo programma cucina, e`
stata ipotizzata anche una soluzione con xxxxxxx a scom- parsa in silicone, con piano di scolo in Corian: quando non si usa il lavello puo` essere compresso all’interno del piano di lavoro, in modo da sfruttare per la lavora- zione dei cibi anche il piano di scolo.
Cover: sistema cucina ad alta flessibilita`
‘‘Cover’’ e` un programma cucina che mira alla massi- ma ergonomia e flessibilita` del sistema.
I pensili e le luci sono spostabili lungo un binario in ac- ciaio, a seconda delle esigenze dell’utente. La cappa aspirante e` direzionabile sul piano cottura.
Design by Alberotanza, Madami, Xxxxxxxx
La cucina e` adattabile ad ogni tipo di ambiente, grazie a dei piani girevoli che possono essere posizionati a se- conda dello spazio domestico. Per ampliare lo spazio di lavoro a disposizione, sono stati inseriti dei ripiani che scorrono lungo il piano di lavoro.
Il lavello include un apposito cestello per i rifiuti orga- nici, collocato al centro delle due vasche per il lavaggio. Per adattarsi agli utenti di diverse stature, i pensili si aprono in verticale, scorrendo verso il basso attraverso pistoni idraulici.
Modulo: un nuovo concetto di rubinetteria da cucina
‘‘Modulo’’ appartiene ad una collezione di rubinetteria da cucina, il cui concetto nasce all’interno della ricerca piu` ampia di innovazione del contesto cucina, sopradescritta. La proposta vuole essere la soluzione alla domanda di come possa un rubinetto da cucina consentire di rispar- miare acqua e di sensibilizzare l’utente alla riduzione degli sprechi.
Per far questo si e` pensato di utilizzare la strategia
«Nudge», ovvero di spinta gentile dell’utente verso una maggiore consapevolezza delle proprie azioni e, nel caso specifico, verso una sensibilizzazione alla ri- duzione degli sprechi d’acqua. All’interno della rubi- netteria e` stato cos`ı inserito un contatore dell’acqua di- gitale, che consente di visualizzare il consumo in tempo reale. Attraverso un LCD o proiettando il consumo sul piano di lavoro, l’utente non solo puo` conoscere la quantita` di acqua consumata giornalmente nella sua cu- cina, ma anche confrontarsi con i dati medi di famiglie della sua stessa tipologia, innestando cos`ı una sorta di competizione positiva al risparmio, gradita sia per le ta- sche delle persone che per l’ambiente.
Sono stati previsti anche la versione di apertura del flusso elettronica con sensore di presenza, ancora poco utilizzato nelle case private, ma molto utile per la ridu- zione degli sprechi, ed un tasto per l’attivazione di un filtro di depurazione per l’acqua potabile.
Nei casi in cui l’abitazione sia dotata di un sistema do- motico centralizzato, i dati riguardanti il consumo pos- sono essere registrati e consultati.
Xxxxxx, design by Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx
Design, Ergonomia e Sostenibilita` per il packaging dei farmaci
L’approccio Egonomia-Design-Sostenibilita` e` stato alla base anche dei progetti sviluppati all’interno del Corso di Usabilita` del Prodotto Industriale (3), in col- laborazione con i farmacisti ospedalieri del GRC del- l’Azienda Sanitaria di Firenze (4), sul tema della ri-
‘‘Cover’’, design by Xxxxxxx, Xxxxx, Lampiasi, Pastore
Note:
(3) Corso di Laurea Magistrale in Design, Universita` degli Studi di Firenze, docenti xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxx.
(4) In particolare hanno collaborato al progetto il Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx e la Dott.ssa Xxxxxxx Xxxxxxxx.
progettazione del packaging di alcuni farmaci LASA (Look Alike/Sound Alike), al fine di un aumento della sicurezza dei pazienti e di una prevenzione degli eventi avversi, oggetto di attenzione oggi dei princi- pali Organismi Internazionali che si occupano di sani- ta`.
L’obiettivo primario dei progetti e` stato quello di ri-
cercare soluzioni mirate al superamento di ripetizioni acritiche dei modelli diffusi, o delle loro molteplici variazioni, all’innovazione e al miglioramento dell’u- sabilita` del prodotto, alla riduzione dell’impatto am- bientale e all’innovazione estetico-funzionale dei pro- dotti.
La metodologia dell’Ergonomics for Design ha consen- tito di orientare i progetti sulle esigenze emergenti del- l’utenza contemporanea e di definire nuovi scenari d’u- so del prodotto, in considerazione del cambiamento dello stile di vita dei pazienti e della loro diversa tipo- logia, in particolare quelli appartenenti alle fasce piu` deboli, quali anziani e disabili.
Progettare l’accessibilita` al prodotto e` stato quindi il tema centrale in questo settore specifico, intesa come ridefinizione della comunicazione, per renderla fun- zionale, sostenibile, sensibile al destinatario finale, e come potenziamento dell’accessibilita` nella sua mas- sima ampiezza, riferendosi ad un profilo allargato di utenti.
Attraverso la metodologia dello User Centred Design, e` stato possibile dare una nuova centralita` al destinata- rio, considerandolo non un consumatore, ma utente, fruitore, soggetto, cui indirizzare con rigore un conte- nuto informativo intorno a cio` che utilizza.
La fase di indagine e` stata mirata a considerare tutte le
variabili dello specifico contesto d’uso del prodotto e a valutare la complessita` delle reciproche interazioni, ar- ticolandosi sui seguenti punti:
●
Analisi del contest d’uso:
– chi sono gli utenti
– cosa e` il prodotto
– come gli utenti usano il prodotto
– quando gli utenti usano il prodotto
– perche´ gli utenti usano il prodotto
● Analisi dei prodotti similari sul mercato
● Individuazione degli elementi di criticita`
● Alternative di progetto/concept progettuale
● Sviluppo del progetto
Parallelamente sono stati individuati i criteri base di cui tener conto all’interno di ciascun progetto, che possono essere riassunti in:
1) Design for all: progettare un packaging per tutti, cioe` adatto anche alle fasce deboli e al linguaggio globale in una societa` composta da culture diverse, e` senza dubbio ancora piu` importante per il settore dei farmaci. E` stato fondamentale pensare ad un frui- tore che fosse la sintesi di una globalita` di fruitori, un soggetto di tutte le eta`, dotato di un numero impreve-
dibile e variabile di abilita`: «... il packaging racconta
il contenuto e il racconto deve essere accessibile a tut- ti» (5);
2) Quanto Basta: in un contesto di overload informati- vo, di affollamento semantico, ricercare il Q.B., ovvero indagare la soglia comunicativa minima in grado di ga- rantire le esigenze di informazione del destinatario, e`
quanto mai di primaria importanza, quando il contenuto del packaging e le modalita` di assunzione del prodotto devono essere chiari e inequivocabili, come nel nostro caso specifico. Lo stesso principio ha riguardato anche la quantita` del materiale utilizzato, favorendo la ridu- zione dell’overpackaging e favorendo soluzioni di refill e riuso di alcune parti;
3) Packaging come New Medium: nel redesign dei pro- dotti si e` cercato di dare maggiore centralita` ai contenu- ti e di ottimizzare la loro fruibilita`, intesa come massi- ma leggibilita` e facile reperibilita` delle informazioni. Infine si e` cercato di interpretare le potenzialita` di co- municazione e di penetrazione presso il pubblico, in- trinseche nel packaging. Considerando che oggi il pac- kaging condivide con i media il ruolo di comunicazione di massa, e` possibile utilizzarlo anche come strumento educativo verso comportamenti corretti dello stile di vi- ta, alimentari, di igiene e riguardanti quant’altro e` ne- cessario considerare come fattore di prevenzione e di salute dell’utente.
Redesign del packaging per la Carbamazepina
Il progetto si fonda sull’idea di accorpare insieme tutti i componenti fondamentali del packaging - imballaggio secondario, blister e foglietto illustrativo - per evitare la loro dispersione e smarrimento, facilitando l’uso da parte dell’utente, che trova cos`ı sempre tutto a portata di mano.
In particolare, il foglietto illustrativo e` stato incollato direttamente nel retro dell’apertura, mentre nella lin-
guetta superiore sono state riportate, sotto forma di ico- ne, le controindicazioni.
Il significato delle icone e dei simboli e` sicuramente recepibile in maniera immediata da un’utenza piu` al- largata, consentendo di evitare cos`ı spiacevoli equi- voci o leggerezze da parte dell’utilizzatore del farma- co.
Nota:
(5) Xxxxxxxxx V., Packaging Contro-verso, Ed. Dativo, Milano, 2007.
Packaging per carbamazepina, design by Xxxxx Xxxxxxxxxx
Redesign del packaging di un farmaco antivirale
Il packaging proposto per questo farmaco antivirale e` caratterizzato da una riduzione della quantita` di mate- riale utilizzato per l’imballaggio secondario e dalla valorizzazione dell’imballaggio primario, trasforma- to in dosatore ricaricabile, quindi utilizzabile piu` vol- te.
Anche i colori e la grafica utilizzati sono particolarmen- te innovativi. Per la comunicazione delle informazioni necessarie si e` puntato ad una traduzione dei concetti in icone, sicuramente di immediata comprensione e fa- cilmente memorizzabili. Il packaging secondario poi utilizza la sua funzione di comunicatore, inviando mes- saggi si sensibilizzazione verso un comportamento cor- retto, di prevenzione della diffusione della malattia at- traverso il contagio.
Particolare attenzione e` stata posta alla progettazione del foglietto illustrativo, nel quale e` stato introdotto l’u- so del colore per distinguere in paragrafi i diversi argo- menti trattati. E` stato predisposto anche che la parte del
foglietto riguardante le informazioni generali e la poso- logia, possa essere asportata e conservata separatamen- te dal resto delle informazioni.
Bibliografia
– Bandini Buti L. (2008), Ergonomia olistica, il pro- getto per la variabilita` umana, Xxxxxx Xxxxxx, Milano.
– Xxxxxxx X., Xxxxxxx E. (2006), Design Multiverso, Polidesign, Milano.
– Xxxxxxxxx X. (2007), Packaging Controverso, Ed. Dativo, Milano.
– Xxxxxxx X., Xxxxx X. (2003), Quotidiano sostenibile. Scenari di vita urbana, Ambiente, Milano.
Packaging per farmaco antivirale, design by Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Visconte
– Xxxxxxx X., Vezzoli C. (2004), Lo sviluppo di pro- dotti sostenibili, Maggioli, Rimini 1998.
– Xxxxxxxxx X. (2000), Ergonomia, lavoro, sicurezza e nuove tecnologie, Il Mulino, Bologna.
– Xxxxxx X. (2004), Emotional Design, Basic Books, New York.
– Xxxxxx X. (2010), Living with complexity, The MIT Press, Cambridge, Massachusetts.
– Xxxxxxx X., Tecnologie emergenti, in «Modo», n. 177/1997, 73.
– Xxxxxxx X. (a cura di) (2009), La borsa trasformabile, Alinea Editrice, Firenze.
– Xxxxxxx A., X. Xxxx (a cura di) (2010), Prodotti e com- plementi per l’arredo d’alta gamma, Alinea Editrice, Firenze.
– Xxxx X. (2005), Ergonomia, progetto, prodotto, Xxxx- xx Xxxxxx, Milano.
– Tosi F. (2006), Ergonomia e progetto, Xxxxxx Xxxx- li, Milano.
– Verganti R. (2009), Design driven innovation, Etas, Milano.
La nuova frontiera del packaging
dei medicinali
Xxxxxxx Xxxxxxxx - Farmacia di Continuita` Polo Ca- reggi, Azienda Sanitaria di Firenze
Il packaging
Nel campo dei medicinali il packaging, ovvero il con- fezionamento, e` un elemento di grande importanza per- che´ assolve piu` funzioni.
Si distingue principalmente in primario e secondario. Il confezionamento primario e` quello che riveste/con- tiene il farmaco (es. fiale per iniettabili, blister per com- presse, flaconi per gocce, tubi per pomate ecc); deve contenere il medicinale, conservarlo dalla degradazione della luce o del calore e permetterne la somministrazio- ne.
Il confezionamento secondario e` quello esterno (es. scatola); deve facilitare la gestione nel ciclo distributivo (stoccaggio, trasporto, dispensazione), renderlo facil- mente identificabile e mostrare la priorita` delle infor- mazioni (nome, principio attivo, composizione, lotto di produzione e data di scadenza).
Nell’economia aziendale il packaging secondario e` principalmente un elemento di comunicazione e di mar- keting.
Ciascuna azienda farmaceutica adotta infatti una linea di design su tutti i prodotti, per differenziarsi e caratte- rizzarsi sul mercato e trasmettere il brand identificati- vo.
Criticita`
Difficilmente la scelta del packaging e` legata ad una progettualita` centrata sull’utilizzatore (paziente, perso- nale sanitario o care giver) e finalizzata alla sicurezza del paziente.
Cos`ı, errori medici legati ai farmaci sono favoriti da un confezionamento non progettato per la riduzione degli errori.
Se si osserva l’offerta formativa rivolta alle aziende far- maceutiche, si nota come questa sia fondata sulla co- municazione (es. comunicare il prodotto attraverso il packaging), sul marketing (es. importanza del packa- ging dei farmaci in relazione alla brand identity).
Gran parte della ricerca e` poi rivolta all’innovazione e sviluppo di nuovi materiali e processi produttivi.
Nonostante le raccomandazioni del Ministero della Sa- lute e le specifiche indicazioni riportate sui bandi gara
per l’acquisizione dei farmaci nelle Aziende Sanitari ed Ospedaliere, gli operatori sanitari continuano a segnala- re confezioni molto simili per farmaci diversi.
Gli errori in terapia occorsi piu` frequentemente sono in-
fatti riferiti all’uso di medicinali che possono essere fa- cilmente scambiati con altri per l’aspetto simile delle confezioni, per la somiglianza grafica (look alike) ma anche per la fonetica del nome (sound alike) e la simi- larita` ortografica del principio attivo (es. Vincristina/ Vinblastina, Cisplatino/Carboplatino) o del nome com- merciale (es. Losec/Lasix, Supradyn/Sucral-fin)
Questi farmaci sono denominati LASA (Look Alike/ Sound Alike) e possono facilitare errori in qualsiasi fa- se della gestione del farmaco sia in ambito ospedaliero che territoriale.
Cosa fare
Nel 2005 la studentessa Xxxxxxx Xxxxx della School of Visual Art, dopo aver sperimentato le conseguenze di un errato uso del farmaco, ridisegno` il box color ambra utilizzato negli Stati Uniti come contenitore per le pil- lole acquistate in farmacia. Il suo progetto Safe Rx fu considerato cos`ı efficace che fu acquistato dalla catena americana di farmacie Target ed esposto anche al Mu- seum of Modern Art.
Questo e` forse il primo esempio di design applicato al packaging dei farmaci e di progettazione innovativa per la sicurezza d’uso.
Nella Regione Toscana, dove da anni e` ben sviluppato e strutturato un sistema di gestione del rischio clinico, il GRC (Centro di gestione del rischio clinico) e la SIFO (Societa` Italiana di farmacia ospedaliera) hanno colla- borato per la sensibilizzazione dell’industria farmaceu- tica e le istituzioni, nella consapevolezza che gli errori dovuti al packaging devono essere ridotti risolvendo innanzitutto le criticita` oggettive.
Nel 2006 fu pubblicata la carta del packaging sicuro, ovvero una raccomandazione per i produttori ove si sottolineano gli elementi da migliorare per la gestione del farmaco:
– la forma della confezione,
– i materiali,
– la priorita` delle informazioni,
– il colore,
– il nome commerciale,
– il carattere tipografico,
– la data di scadenza.
L’anno successivo fu elaborato un questionario per le Aziende farmaceutiche inviato dalla Regione Toscana ad Assogenerici e Farmindustria per la diffusione ai Soci; le risposte furono solo due e l’iniziativa volta
a diffondere la cultura del packaging non ebbe riso- nanza.
Nel 2008 inizia un progetto ministeriale per raccogliere informazioni su packaging confondenti e nell’arco di sei mesi raccoglie 1014 segnalazioni da parte di ospe- dali, farmacie di comunita`, societa` scientifiche e distret- ti sanitari, delle quali:
– 590 segnalazioni relative alla somiglianza grafica del nome e aspetto delle confezioni;
– 628 segnalazioni relative alla somiglianza fonetica del nome.
La Raccomandazione Ministeriale n. 12/2010 ha foca- lizzato l’attenzione sui farmaci LASA e si pone come strumento per la prevenzione degli eventi avversi dovu- ti ad errori in corso di terapia farmacologica.
La normativa
Dal punto di vista normativo non esiste in Italia una specifica normativa finalizzata alla progettazione del packaging.
Il piu` recente D.Lgs. n. 219/2006, c.d. ‘‘Codice Comu- nitario concernente i medicinali per uso umano’’, che recepisce le direttive europee (Direttiva 2001/83/CE, Direttiva 2003/94/CE) nell’armonizzare le norme sui medicinali per uso umano (specialita` medicinali ad uso umano, farmaci generici, radionuclidi, omeopatici e medicinali di origine vegetale), elenca la tipologia dei contenuti ma non riporta indicazioni sul confezio- namento.
Confrontando il decreto legislativo con la Carta di rac- comandazioni della Regione Toscana non si trovano in- dicazioni riguardo alla forma delle confezioni e ai ma- teriali; riguardo al carattere tipografico e alla priorita` delle informazioni si cita:
●
i medicinali omeopatici (art. 85) devono essere «con- traddistinti dall’indicazione della loro natura apposta in caratteri chiari e leggibili» con dicitura «medicinale omeopatico» in grande evidenza;
●
foglio illustrativo ed etichettature (art. 81) devono contenere informazioni facilmente leggibili, chiaramen- te comprensibili e indelebili;
●
segni e pittogrammi (art. 79) per autorizzazione AI- FA, possono comparire su confezionamento esterno e foglio illustrativo, per rendere piu` esplicite alcune in- formazioni utili per il paziente, ad esclusione di qual- siasi elemento di carattere promozionale;
●
nella pubblicita` rivolta al pubblico (art. 116) le avver- tenze devono risultare facilmente leggibili dal normale punto di osservazione; su stampa quotidiana e periodi- ca le dimensioni del carattere non devono essere infe- riori a font 9;
●
per non vedenti o ipovedenti (art. 75) la denominazio- ne, il dosaggio e la forma farmaceutica sono in carattere Braille e il foglio illustrativo in formato adeguato su ri- chiesta delle associazioni dei pazienti (dal 1º ottobre 2007 per DM 13.4.07- GU 96 /26.4.07 devono essere in carattere Braille anche mese e anno di scadenza);
●
per medicinali sperimentali (art. 72) l’etichettatura deve garantire la tutela del soggetto e la tracciabilita`, ovvero consentire l’identificazione del medicinale e dello studio clinico e permettere uso adeguato.
Nessuna indicazione si trova riguardo all’uso del colo- re, al nome commerciale, e alla data di scadenza.
Nuova frontiera del packaging
Alla luce del percorso culturale avvenuto negli ultimi anni, la nuova frontiera del packaging non puo` che es- sere rappresentata dall’evoluzione normativa e proget- tuale, a partire dal Ministero della Salute, adottando quanto gia` pubblicato da NHS (National Patient Safety Agency) e con il supporto delle esperienze effettuate dall’Universita` degli Studi di Firenze, Facolta` di Archi- tettura con le Lauree specialistiche in Design di Farma- ci e Dispositivi Medici.
In alternativa si assiste altrimenti a scelte aziendali, ad esempio sull’uso del colore, in modo standardizzato e non su una scala colore internazionale per area terapeu- tica, con l’effetto di un packaging «variopinto» che rende ancora piu` confondente l’identificazione del pro- dotto.
Esempi di questo tipo gia` esistono in alcune linee di
farmaci equivalenti.
Bibliografia
– Xxxxxxxx X., Xxxxxxx F., Se farmacisti e designer si dessero la mano, Il Sole 24Ore, anno IX, n. 12/2006.
– D.Lgs. 219 2006. Attuazione della direttiva 2001/83/ CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonche´ della direttiva 2003/94/CE; G.U. Serie Generale n. 142 del 21 giugno 2006
– Ministero della Salute (2010), Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia con farmaci «loo- kalike/sound-alike», in xx.xxxxxx.xxx.xx/xxxx/X_ 17_pubblicazioni_1307_allegato.pdf.
– NHS-NPSA (2007), Design for patient safety. A gui- de to the graphic design of medication packaging, II edition, London.
– Design for patient safety. A guide to te graphic de- sign of medication packaging, 2nd edition - 1.74 MB 0463A | Design for patient safety | 2007-01 | V2
L’esperienza dei lavoratori nel processo di miglioramento continuo
Xxxxxxxxxx Xxxxx - RSPP, GE Nuovo Xxxxxxx Xxxxxxxxx Banchi - GSC Lean Leader, GE Nuovo Pi- gnone
Il processo di miglioramento continuo attraverso il coinvolgimento dei dipendenti
Il coinvolgimento dei lavoratori nelle aziende (nelle sue tre componenti di informazione, consultazione e parte- cipazione) e` retto dalla legislazione europea, in partico- lare dalla Direttiva 2002/14/CEE, che stabilisce un qua- dro generale di informazione e consultazione dei lavo- ratori all’interno della Comunita` europea (a condizione che nell’azienda si superi un determinato numero di di- pendenti).
Alla base di questo processo e` indispensabile che ci sia un sistema di comunicazione interno che possa facilita- re il coinvolgimento dei dipendenti nei programmi e nelle iniziative dell’azienda, con lo scopo di accrescere le motivazioni e la partecipazione ai processi di cam- biamento.
Tale coinvolgimento non deve instaurare un meccani- smo formale di partecipazione, ma attivare un reale in- teressamento dei dipendenti e una maggiore attitudine alla collaborazione.
Tra gli strumenti operativi che puntano al miglioramen- to continuo attraverso il coinvolgimento dei dipendenti, e` possibile identificare nel processo di Bottom up un percorso in grado di veicolare informazioni, conoscen- ze e competenze dal basso verso l’alto, partendo dai la- voratori, fino ad arrivare ai vertici aziendali. La gestio- ne delle conoscenze non si limita a valorizzare le risor- se conoscitive esistenti, ma mira soprattutto a creare nuove conoscenze e valorizzare i sistemi di gestione aziendale, dall’organizzazione, ai processi produttivi. Sfruttare le conoscenze significa valorizzare il sapere dei dipendenti, sviluppare la condivisione delle cono- scenze individuali. In questo modo si favorisce lo svi- luppo di talenti e delle potenzialita` delle persone, faci- litando i processi di apprendimento e di formazione. Coinvolgere i dipendenti e tutte le funzioni aziendali e` di fondamentale importanza per lo sviluppo di un effi- cace sistema di gestione della salute e sicurezza sul la- voro.
L’esperienza della Nuovo Pignone S.p.A.
Il processo di Bottom up all’interno di Nuovo Pignone
S.p.A. punta all’implementazione della competitivita` e del miglioramento continuo attraverso specifici stru- menti:
●
Session D: verifica delle conformita` alle norme di legge e alle policy aziendali;
●
EHS Concern Reporting: segnalazioni dei problemi inerenti alla salute e sicurezza dei lavoratori;
●
Friday Project: Proposte di miglioramento/Best Prac- tice;
●
Programma di coinvolgimento dei dipendenti: NP_EHS.004.
Per il miglioramento continuo dei livelli di sicurezza, Nuovo Pignone S.p.A. provvede a coinvolgere il perso- nale e i loro rappresentanti nelle attivita` e nei program- mi di tutela della salute e della sicurezza attraverso la procedura NP_EHS.004 che indica al suo interno gli strumenti necessari per l’implementazione di tale pro- cesso:
– consultazione preventiva dei rappresentanti dei lavo- ratori per la sicurezza (RLS) in merito alla valutazione dei rischi;
– riunioni periodiche inerenti la gestione della salute e la sicurezza (EHS Committee);
– raccolte di osservazioni e proposte di miglioramento;
– riconoscimenti;
– team con la partecipazione dei lavoratori (EHS Com- mittee, Ergo team, Crane Committee, Office safety team).
Tra i principi fondamentali del sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sul totale rispetto delle normative cogenti in materia, vi e` quello di svi- luppare attraverso un miglioramento continuo elevati standard di salute, di sicurezza e quindi la corretta ap- plicazione dei principi ergonomici.
All’interno dello stabilimento del Nuovo Pignone
S.p.A., tale processo applicato ai principi ergonomici, e` sviluppato in maniera interdisciplinare, con lo scopo di raggiungere obbiettivi comuni attraverso l’esperien- za dei lavoratori.
I tre team con cui i lavoratori collaborano sono l’ERGO team, il LEAN/Manufacturing team e l’EHS team (Ser- vizio Prevenzione e Protezione). Queste tre differenti aree di lavoro utilizzano strumenti e metodologie diffe- renti, ma puntano alla risoluzione di problematiche er- gonomiche comuni.
Nello specifico l’Ergo team, composto da lavoratori di tutto lo stabilimento di Firenze, opera nelle due ma- croaree in cui le problematiche inerenti all’ergonomia hanno un impatto maggiore. Il Team Ergonomia Uffici, si pone come obbiettivo il miglioramento delle posta- zioni da lavoro dei videoterminali, attraverso:
1) assessment ergonomici richiesti dai lavoratori;
2) corretto uso degli accessori usati per il lavoro di tutti i giorni;
3) partecipa alle riunioni periodiche del team al fine di implementare programmi di comunicazione e sensibi- lizzazione sui temi legati all’ergonomia.
Per entrare a far parte del team si richiede una cono- scenza di base della fisiologia umana. Il corso per di- ventare assessor ergonomico puo` essere fatto dopo l’ingresso nel team e costituisce prerequisito essenziale per poter effettuare assessment.
Parallelamente al Team Ergonomia Uffici, opera il Team Ergonomia Officina che punta ad ottenere il mi- glioramento del benessere dei lavoratori, massimizzan- done efficacia e qualita` del lavoro.
Il processo di valutazione ergonomica analizza il rap- porto U>M>A (uomo-macchina-ambiente). Le osserva- zioni e le analisi ergonomiche interessano: postazioni di lavoro, attrezzature utilizzate, utensili, ambiente di lavoro.
Una volta individuati gli obiettivi, si attiva una pianifi- cazione del processo che prevede la definizione e attua- zione di un programma specifico a cui partecipano i membri del team ergonomia, i lavoratori della linea in- teressata e i medici competenti.
Tali figure, inoltre, si riuniscono con cadenza periodica per discutere sui progetti in corso e su eventuali azioni di miglioramento da intraprendere.
La pianificazione prevede:
– l’identificazione di almeno 2 operatori della linea presa in esame;
– training specifico per gli operatori selezionati da par- te del Medico Competente e dall’Ergo team, che preve- de una campagna informativa agli operatori sui disturbi muscolo-scheletrici e la creazione di una documenta- zione di supporto con la descrizione dei difetti di posta- zione, le posture corrette da assumere e la corretta mo- vimentazione manuale dei carichi;
– identificazione delle aree di intervento su suggeri- mento degli operatori;
– valutazione delle proposte (7 ways);
– revisione delle proposte da parte dell’ufficio tecnico;
– definizione dei progetti finali;
– kick off degli Ergo corner nella linea per una maggio- re condivisione dei progetti ed Ergo talk per aggiornare gli operatori sui progetti in corso;
– realizzazione di due progetti finali.
Tra i progetti realizzati da Nuovo Pignone S.p.A. con maggior impatto ergonomico, attraverso l’esperienza dei lavoratori, e` stata una campagna di riduzione infor- tuni alle mani.
Lanciata nel 2009 e implementata ogni anno in colla- borazione tra il team Ergo e il team EHS, tale inizia- tiva ha portato come risultati una riduzione degli in- fortuni alle mani e l’introduzione di nuove buone pra- tiche.
Tra gli obbiettivi raggiunti e` stato possibile effettuare:
1) sostituzione di attrezzature costruite e modificate dai lavoratori, con utensili standardizzati e certificati;
2) nuove idee per la standardizzazione dei punzoni uti- lizzati per le turbine a vapore, grazie a team di lavora- tori, sotto il profilo della sicurezza;
3) sviluppo di circa 80 punzoni da parte dei 3 turni di lavoratori in officina;
4) riduzione degli infortuni alle mani del 50%.
Manuale Sicurezza 2011
Il manuale è lo strumento ideale e di immediata consultazione nel quale trovare non soltanto il riferimento normativo ma anche tutte le informazioni e le linee guida di ausi- lio per l’ottemperanza degli adempimenti in materia di sicurezza.
L'opera è articolata in 22 capitoli ed è corredata da un CD-Rom allegato contenente una selezione della normativa portante citata nella parte espositiva.
Contenuti:
• Aspetti innovativi di tutela dell'integrità fisica e della salute in ambiente di lavoro
• L'organizzazione pubblica per la sicurezza - Normazione
• Il sistema di sicurezza aziendale
• Il documento aziendale di sicurezza e salute
• La sicurezza negli appalti e nei cantieri
• La gestione della sicurezza: procedure aziendali; segnaletica di sicurezza e salute; dispositivi di protezione individuale (DPI); rilevazioni infortuni e incidenti
• La sicurezza degli impianti: apparecchi di sollevamento e ascensori; impianti elettrici; apparecchi a pressione; serbatoi interrati; apparecchiature laser; direttiva macchine
• I rischi per la salute e la loro prevenzione
• Sostanze e preparati pericolosi
• Il medico competente
• Prevenzione incendi - Emergenze
• Attività a rischio di incidente rilevante
• Tecniche di comunicazione e psicologia della sicurezza
• Il sistema sanzionatorio nel nuovo testo unico della sicurezza
di AA.VV.
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Y60DQ XX
Xxxxx xx xxxxxxx xxx 00 xxxxxx 0000, xxxxxxxx xx xxxx data, con la quale la Regione Valle d’Ao- sta, condividendo le osservazioni formulate dal- la Provincia autonoma di Bolzano, ha chiesto il rinvio dell’esame dello schema di accordo; Considerato che l’argomento, iscritto all’ordine del giorno della seduta di questa Conferenza del 27 luglio 2011, e` stato rinviato, su richiesta del- le Regioni, per ulteriori approfondimenti; Considerato che, nel corso della riunione tecni- ca svoltasi il 20 ottobre 2011, sono state con- cordate tra le Amministrazioni centrali, le Re- gioni e le Province autonome alcune modifiche dello schema di accordo in parola;
Vista la nota del 21 ottobre 2011 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inviato la definitiva versione del documento, al- legato A, parte integrante del presente accordo, relativo alla formazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislati- vo 9 aprile 2008, n. 81 che recepisce le modifi- che concordate nel corso della predetta riunione tecnica;
Vista la lettera in data 24 ottobre 2011, con la quale tale definitiva versione e` stato diramata alle Regioni e alle Province autonome;
Legislazione
Viste le lettere del 2 novembre 2011 e del 4 no- vembre 2011 con le quali, rispettivamente, la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Veneto, in qualita` di Coordinatrice tecnica della Commissione salute, hanno comunicato il pro- prio assenso tecnico sulla predetta versione de- finitiva del documento in parola;
Vista la nota del 7 novembre 2011 pervenuta dalla Regione Toscana, Coordinatrice interre- gionale della Commissione istruzione, Lavoro, Innovazione e Ricerca, con la quale viene co- municato l’assenso tecnico sul testo definitivo trasmesso il 24 ottobre 2011;
Acquisito nel corso dell’odierna seduta l’assen- so del Governo, delle Regioni e delle Province autonome;
Sancisce accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sul documento, Allegato A) parte in- tegrante del presente atto, relativo alla forma- zione dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Allegato A
Formazione dei Lavoratori ai sensi dell’arti- colo 37, comma 2 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche e integrazioni.
Premessa
Il presente accordo disciplina, ai sensi dell’arti- colo 37, comma 2, del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, e successive modifiche e integrazioni (di se- guito D.Lgs. n. 81/08), la durata, i contenuti mi- nimi e le modalita` della formazione, nonche´
dell’aggiornamento, dei lavoratori e delle lavo- ratrici come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera a), dei preposti e dei dirigenti, nonche´ la formazione facoltativa dei soggetti di cui al- l’articolo 21, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 81/08.
La applicazione dei contenuti del presente ac- cordo nei riguardi dei dirigenti e dei preposti, per quanto facoltativa, costituisce corretta ap- plicazione dell’articolo 37, comma 7, del D.Lgs. n. 81/08. Nel caso venga posto in essere un percorso formativo di contenuto differente, il datore di lavoro dovra` dimostrare che tale percorso ha fornito a dirigenti e/o preposti una formazione «adeguata e specifica».
La formazione di cui al presente accordo e` di- stinta da quella prevista dai titoli successivi al I del D.Lgs. n. 81/08 o da altre norme, relative a mansioni o ad attrezzature particolari.
Qualora il lavoratore svolga operazioni e utiliz- zi attrezzature per cui il D.Lgs. n. 81/08 preve- da percorsi formativi ulteriori, specifici e mirati, questi andranno ad integrare la formazione og- getto del presente accordo, cos`ı come l’adde- stramento di cui al comma 5 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08.
Fino all’attuazione delle disposizioni di cui al- l’art. 3, comma 13, del D.Lgs. 81/08, il presente accordo non si applica nei confronti dei lavora- tori stagionali in esso individuati. In caso di mancata emanazione del provvedimento di cui al precedente periodo entro diciotto mesi dalla data di pubblicazione del presente accordo, l’ar- ticolazione dei percorsi formativi di seguito in- dividuata si applica anche con riferimento alla richiamata categoria di lavoratori stagionali.
Ai fini di un migliore adeguamento delle moda- lita` di apprendimento e formazione all’evolu- zione dell’esperienza e della tecnica e nell’am- bito delle materie che non richiedano necessa- riamente la presenza fisica dei discenti e dei do- centi, viene consentito l’impiego di piattaforme e-Learning per lo svolgimento del percorso for- mativo se ricorrono le condizioni di cui all’Al- legato I.
La formazione di cui al presente accordo puo` avvenire sia in aula che nel luogo di lavoro. Nota: in coerenza con le previsioni di cui all’ar- ticolo 37, comma 12, del D.Lgs. n. 81/08, i cor- si di formazione per i lavoratori vanno realizzati previa richiesta di collaborazione agli enti bila- terali, quali definiti all’articolo 2, comma 1, let- tera h), del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche e integrazioni e agli orga- nismi paritetici, cos`ı come definiti all’articolo 2, comma 1, lettera ee), del D.Lgs. n. 81/08, ove esistenti sia nel territorio che nel settore nel quale opera l’azienda. In mancanza, il dato- re di lavoro procede alla pianificazione e realiz- zazione delle attivita` di formazione. Ove la ri- chiesta riceva riscontro da parte dell’ente bilate- rale o dell’organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella pianifica- zione e realizzazione delle attivita` di formazio- ne, anche ove tale realizzazione non sia affidata
agli enti bilaterali o agli organismi paritetici. Ove la richiesta di cui al precedente periodo non riceva riscontro dall’ente bilaterale o dal- l’organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede auto- nomamente alla pianificazione e realizzazione delle attivita` di formazione.
1. Requisiti dei docenti
In attesa della elaborazione da parte della Com- missione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro dei criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicu- rezza sul lavoro, anche tenendo conto delle pe-
mento privilegia un approccio interattivo che comporta la centralita` del lavoratore nel percor- so di apprendimento.
A tali fini e` opportuno:
a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, esercitazioni teoriche e pratiche e relative di- scussioni, nonche´ lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo prefissato per ogni modulo;
b) favorire metodologie di apprendimento inte- rattive ovvero basate sul problem solving, ap- plicate a simulazioni e situazioni di contesto su problematiche specifiche, con particolare at- tenzione ai processi di valutazione e comunica-
culiarita` dei settori di riferimento cos`ı
come
zione legati alla prevenzione;
previsto all’articolo 6, comma 8, lettera m- bis), del D.Lgs. n. 81/08, i corsi devono essere tenuti, internamente o esternamente all’azienda, anche in modalita` e-Learning, quale definita in Allegato I, ove ne ricorrano le condizioni, da docenti interni o esterni all’azienda che posso- no dimostrare di possedere esperienza almeno triennale di insegnamento o professionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’esperienza professionale puo` consistere anche
nello svolgimento per un triennio dei compiti di Responsabile del servizio di prevenzione e prote- zione, anche con riferimento al datore di lavoro.
2. Organizzazione della formazione
Per ciascun corso si dovra` prevedere:
Legislazione
a) soggetto organizzatore del corso, il quale puo` essere anche il datore di lavoro;
b) un responsabile del progetto formativo, il quale puo` essere il docente stesso;
c) i nominativi dei docenti;
d) un numero massimo di partecipanti ad ogni corso pari a 35 unita`;
e) il registro di presenza dei partecipanti;
f) l’obbligo di frequenza del 90% delle ore di formazione previste;
g) la declinazione dei contenuti tenendo presen- ti: le differenze di genere, di eta`, di provenienza e lingua, nonche´ quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.
Nei confronti dei lavoratori stranieri i corsi do- vranno essere realizzati previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veico- lare e con modalita` che assicurino la compren- sione dei contenuti del corso di formazione, quali, ad esempio, la presenza di un mediatore interculturale o di un traduttore;
anche ai fini di un piu` rapido abbattimento delle
barriere linguistiche, onde garantire l’efficacia e la funzionalita` dell’espletamento del percorso formativo e considerata l’attitudine dei sistemi informatici a favorire l’apprendimento, potran- no essere previsti nei confronti dei lavoratori stranieri specifici programmi di formazione pre- liminare in modalita` e-Learning.
3. Metodologia di insegnamento e apprendi- mento
La metodologia di insegnamento/apprendi-
c) prevedere dimostrazioni, simulazioni in con- testo lavorativo e prove pratiche;
d) favorire, ove possibile, metodologie di ap- prendimento innovative, anche in modalita` e- Learning e con ricorso a linguaggi multimedia- li, che garantiscano l’impiego di strumenti in- formatici quali canali di divulgazione dei conte- xxxx formativi, anche ai fini di una migliore conciliazione tra esigenze professionali e esi- genze di vita personale dei discenti e dei docen- ti.
Utilizzo delle modalita` di apprendimento e-Learning
Sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’Allegato I l’utilizzo delle modalita` di ap- prendimento e-Learning e` consentito per:
– la formazione generale per i lavoratori;
– la formazione dei dirigenti;
– i corsi di aggiornamento previsti al punto 9 del presente accordo;
– la formazione dei preposti, con riferimento ai punti da 1 a 5 del punto 5 che segue;
– progetti formativi sperimentali, eventualmen- te individuati da Regioni e Province autonome nei loro atti di recepimento del presente accor- do, che prevedano l’utilizzo delle modalita` di apprendimento e-Learning anche per la forma- zione specifica dei lavoratori e dei preposti.
4. Articolazione del percorso formativo
dei lavoratori e dei soggetti di cui all’articolo 21, comma 1, del d.lgs. n. 81/08
Il percorso formativo di seguito descritto si ar- ticola in due moduli distinti i cui contenuti sono individuabili alle lettere a) e b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/
08. Inoltre con riferimento ai soggetti di cui al- l’articolo 21, comma 1, del D.Lgs. n. 81/08, si ritiene che i contenuti e l’articolazione della formazione di seguito individuati possano co- stituire riferimento anche per tali categorie di lavoratori, tenuto conto di quanto previsto dal- l’art. 21, comma 2, lettera b, del D.Lgs. n. 81/ 08.
Formazione Generale
Con riferimento alla lettera a) del comma 1 del- l’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, la durata del modulo generale non deve essere inferiore alle
4 ore, e deve essere dedicata alla presentazione dei concetti generali in tema di prevenzione e sicurezza sul lavoro.
Contenuti:
– concetti di rischio,
– danno,
– prevenzione,
– protezione,
– organizzazione della prevenzione aziendale, diritti, doveri e sanzioni per i vari soggetti aziendali,
– organi di vigilanza, controllo e assistenza.
Durata Minima:
– 4 ore per tutti i settori.
Formazione Specifica
Legislazione
Con riferimento alla lettera b) del comma 1 e al comma 3 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, la formazione deve avvenire nelle occasioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 4 del me- desimo articolo, ed avere durata minima di 4, 8 o 12 ore, in funzione dei rischi riferiti alle man- sioni e ai possibili danni e alle conseguenti mi- sure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di apparte- nenza dell’azienda. Tali aspetti e i rischi speci- fici di cui ai Titoli del D.Lgs. n. 81/08 succes- sivi al I costituiscono oggetto della formazione. Infine, tale formazione e` soggetta alle ripetizio- ni periodiche previste al comma 6 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, con riferimento ai rischi individuati ai sensi dell’articolo 28.
Contenuti:
– Rischi infortuni,
– Meccanici generali,
– Elettrici generali,
– Macchine,
– Attrezzature,
– Cadute dall’alto,
– Rischi da esplosione,
– Rischi chimici,
– Nebbie - Oli - Fumi - Vapori - Polveri,
– Etichettatura,
– Rischi cancerogeni,
– Rischi biologici,
– Rischi fisici,
– Rumore,
– Vibrazione,
– Radiazioni,
– Microclima e illuminazione,
– Videoterminali,
– DPI Organizzazione del lavoro,
– Ambienti di lavoro,
– Stress lavoro-correlato,
– Movimentazione manuale carichi,
– Movimentazione merci (apparecchi di solle- vamento, mezzi trasporto),
– Segnaletica,
– Emergenze,
– Le procedure di sicurezza con riferimento al profilo di rischio specifico,
– Procedure esodo e incendi,
– Procedure organizzative per il primo soccorso,
– Incidenti e infortuni mancati,
– Altri Rischi.
Durata Minima in base alla classificazione dei settori di cui all’Allegato 2 (Individuazione ma- crocategorie di rischio e corrispondenze ATE- CO 2002-2007):
– 4 ore per i settori della classe di rischio bas- so;
– 8 ore per i settori della classe di rischio me- dio;
– 12 ore per i settori della classe di rischio alto.
La trattazione dei rischi sopra indicati va decli- nata secondo la loro effettiva presenza nel setto- re di appartenenza dell’azienda e della specifi- cita` del rischio ovvero secondo gli obblighi e i rischi propri delle attivita` svolte dal lavoratore autonomo, secondo quanto previsto all’articolo 21 del D.Lgs. n. 81/08. I contenuti e la durata sono subordinati all’esito della valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro, fatta salva la contrattazione collettiva e le procedure con- cordate a livello settoriale e/o aziendale e vanno pertanto intesi come minimi. Il percorso forma- tivo e i relativi argomenti possono essere am- pliati in base alla natura e all’entita` dei rischi ef- fettivamente presenti in azienda, aumentando di conseguenza il numero di ore di formazione ne- cessario.
Il numero di ore di formazione indicato per cia- scun settore comprende la «Formazione Gene- rale» e quella «Specifica», ma non «l’Addestra- mento», cos`ı come definito all’articolo 2, com- ma 1, lettera cc), del D.Lgs. n. 81/08, ove pre- visto.
Deve essere garantita la maggiore omogeneita` possibile tra i partecipanti ad ogni singolo cor- so, con particolare riferimento al settore di ap- partenenza.
Durata minima complessiva dei corsi di forma- zione per i lavoratori, in base alla classificazio- ne dei settori di cui all’Allegato I:
– 4 ore di Formazione Generale + 4 ore di For- mazione Specifica per i settori della classe di ri- schio basso: TOTALE 8 ore
– 4 ore di Formazione Generale + 8 ore di For- mazione Specifica per i settori della classe di ri- schio medio: TOTALE 12 ore
– 4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore
Condizioni particolari
I lavoratori di aziende a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltua- ria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso.
Per il comparto delle costruzioni, nell’ipotesi di primo ingresso nel settore, la formazione effet- tuata nell’ambito del progetto strutturale
«16ore-MICS», delineato da FORMEDIL, Ente nazionale per la formazione e l’addestramento professionale dell’edilizia, e` riconosciuta inte-
gralmente corrispondente alla Formazione Ge- nerale di cui al presente accordo. Ai fini della Formazione Specifica i contenuti di cui al citato percorso strutturale potranno essere considerati esaustivi rispetto a quelli di cui al presente ac- cordo ove corrispondenti. I soggetti firmatari del Contratto Collettivo Nazionale dell’edilizia stipulano accordi nazionali diretti alla indivi- duazione delle condizioni necessarie a garantire tale corrispondenza.
Costituisce altres`ı credito formativo permanen-
te, oltre che la formazione generale, anche la formazione specifica di settore derivante dalla frequenza di corsi di formazione professionale presso strutture della formazione professionale o presso enti di formazione professionale accre- ditati dalle Regioni e Province autonome che abbiano contenuti e durata conformi al presente Accordo. Rimane comunque salvo l’obbligo del datore di lavoro di assicurare la formazione specifica secondo le risultanze della valutazione dei rischi.
5. Formazione particolare aggiuntiva per il preposto
La formazione del preposto, cos`ı come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del D.Lgs.
Legislazione
n. 81/08, deve comprendere quella per i lavora- tori, cos`ı come prevista ai punti precedenti, e deve essere integrata da una formazione parti- colare, in relazione ai compiti da lui esercitati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
La durata minima del modulo per preposti e` di 8 ore.
I contenuti della formazione, oltre a quelli gia` previsti ed elencati all’articolo 37, comma 7, del D.Lgs. n. 81/08, comprendono, in relazione agli obblighi previsti all’articolo 19:
1. Principali soggetti del sistema di prevenzione aziendale: compiti, obblighi, responsabilita`;
2. Relazioni tra i vari soggetti interni ed esterni del sistema di prevenzione;
3. Definizione e individuazione dei fattori di ri- schio;
4. Incidenti e infortuni mancati
5. Tecniche di comunicazione e sensibilizzazio- ne dei lavoratori, in particolare neoassunti, somministrati, stranieri;
6. Valutazione dei rischi dell’azienda, con par- ticolare riferimento al contesto in cui il preposto opera;
7. Individuazione misure tecniche, organizzati- ve e procedurali di prevenzione e protezione;
8. Modalita` di esercizio della funzione di con- trollo dell’osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni di legge e aziendali in mate- ria di salute e sicurezza sul lavoro, e di uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali messi a loro disposizione.
Al termine del percorso formativo, previa fre- quenza di almeno il 90% delle ore di formazio- ne, verra` effettuata una prova di verifica obbli- gatoria da effettuarsi con colloquio o test, in al- ternativa tra loro. Tale prova e` finalizzata a ve- rificare le conoscenze relative alla normativa vi-
gente e le competenze tecnico-professionali ac- quisite in base ai contenuti del percorso forma- tivo.
5-bis. Modalita` di effettuazione
della formazione di lavoratori e preposti
Ferme restando le previsioni di cui ai punti 4 e 5 che precedono relativamente alla durata e ai contenuti dei corsi, le modalita` delle attivita` formative possono essere disciplinate da accor- di aziendali, adottati previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
6. Formazione dei dirigenti
La formazione dei dirigenti, cos`ı come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 81/08, in riferimento a quanto previ- sto all’articolo 37, comma 7, del D.Lgs. n. 81/ 08 e in relazione agli obblighi previsti all’arti- colo 18 sostituisce integralmente quella prevista per i lavoratori ed e` strutturata in quattro modu- li aventi i seguenti contenuti minimi:
MODULO 1. Giuridico-Normativo
– sistema legislativo in materia di sicurezza dei lavoratori;
– gli organi di vigilanza e le procedure ispetti- ve;
– soggetti del sistema di prevenzione aziendale secondo il D.Lgs. n. 81/08: compiti, obblighi, responsabilita` e tutela assicurativa;
– delega di funzioni;
– la responsabilita` civile e penale e la tutela as- sicurativa;
– la «responsabilita` amministrativa delle perso- ne giuridiche, delle societa` e delle associazioni, anche prive di responsabilita` giuridica» ex D.Lgs. n. 231/2001, e s.m.i.;
– i sistemi di qualificazione delle imprese e la patente a punti in edilizia;
MODULO 2. Gestione ed organizzazione della sicurezza
– modelli di organizzazione e di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (articolo 30, X.Xxx. n. 81/08);
– gestione della documentazione tecnico-am- ministrativa;
– obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione;
– organizzazione della prevenzione incendi, primo soccorso e gestione delle emergenze;
– modalita` di organizzazione e di esercizio del- la funzione di vigilanza delle attivita` lavorative e in ordine all’adempimento degli obblighi pre- visti al comma 3 bis dell’art. 18 del D.Lgs. n. 81/08;
– ruolo del responsabile e degli addetti al servi- zio di prevenzione e protezione;
MODULO 3. Individuazione e valutazione dei rischi
– criteri e strumenti per l’individuazione e la valutazione dei rischi;
– il rischio da stress lavoro-correlato;
– il rischio ricollegabile alle differenze di gene-
re, eta`, alla provenienza da altri paesi e alla ti- pologia contrattuale;
– il rischio interferenziale e la gestione del ri- schio nello svolgimento di lavori in appalto;
– le misure tecniche, organizzative e procedu- rali di prevenzione e protezione in base ai fatto- ri di rischio;
– la considerazione degli infortuni mancati e delle risultanze delle attivita` di partecipazione dei lavoratori e dei preposti;
– i dispositivi di protezione individuale;
– la sorveglianza sanitaria;
MODULO 4. Comunicazione, formazione e consultazione dei lavoratori
– competenze relazionali e consapevolezza del ruolo;
– importanza strategica dell’informazione, del- la formazione e dell’addestramento quali stru- menti di conoscenza della realta` aziendale; tecniche di comunicazione;
– lavoro di gruppo e gestione dei conflitti;
– consultazione e partecipazione dei rappresen- tanti dei lavoratori per la sicurezza;
– natura, funzioni e modalita` di nomina o di elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Legislazione
La durata minima della formazione per i diri- genti e` di 16 ore. Tenuto conto della peculiarita` delle funzioni e della regolamentazione legale vigente, la formazione dei dirigenti puo` essere programmata e deve essere completata nell’ar- co temporale di 12 mesi anche secondo moda- lita` definite da accordi aziendali, adottati previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Al termine del corso previa frequenza di alme- no il 90% delle ore di formazione verra` effet- tuata una prova di verifica obbligatoria da effet- tuarsi con colloquio o test, in alternativa tra lo- ro. Tale prova e` finalizzata a verificare le cono- scenze relative alla normativa vigente e le com- petenze tecnico-professionali acquisite in base ai contenuti del percorso formativo.
7. Attestati
Gli attestati di frequenza e di superamento della prova di verifica vengono rilasciati direttamente dagli organizzatori dei corsi in base a:
– la frequenza del 90% delle ore di formazione previste al punto 4 (lavoratori);
– la frequenza del 90% delle ore di formazione previste ed il superamento della prova di verifi- ca per i soggetti di cui ai punti 5 (preposti) e 6 (dirigenti).
Gli attestati devono prevedere i seguenti ele- menti minimi comuni:
– Indicazione del soggetto organizzatore del corso;
– Normativa di riferimento;
– Dati anagrafici e profilo professionale del corsista;
– Specifica della tipologia di corso seguito con indicazione del settore di riferimento e relativo
monte ore frequentato (l’indicazione del settore di appartenenza e` indispensabile ai fini del rico- noscimento dei crediti);
– Periodo di svolgimento del corso;
– Firma del soggetto organizzatore del corso.
8. Crediti formativi
Il modulo di formazione generale, rivolto ai soggetti di cui ai punti 4 (lavoratori) e 5 (prepo- sti), costituisce credito formativo permanente. Con riferimento alle fattispecie di cui all’artico- lo 37, comma 4, si riconoscono crediti formati- vi nei seguenti casi:
a) Costituzione di un nuovo rapporto di lavoro o inizio nuova utilizzazione in caso di sommini- strazione e segnatamente:
– qualora il lavoratore vada a costituire un nuo- vo rapporto di lavoro o di somministrazione con un’azienda dello stesso settore produttivo cui apparteneva quella d’origine o precedente, costituisce credito formativo sia la frequenza al- la Formazione Generale, che alla Formazione Specifica di settore;
– qualora il lavoratore vada a costituire un nuo- vo rapporto di lavoro o di somministrazione con un’azienda di diverso settore produttivo ri- spetto a quello cui apparteneva l’azienda d’ori- gine o precedente, costituisce credito formativo la frequenza alla Formazione Generale; la For- mazione Specifica relativa al nuovo settore de- ve essere ripetuta;
– qualora il lavoratore, all’interno di una stessa azienda multiservizi, vada a svolgere mansioni riconducibili ad un settore a rischio maggiore, secondo quanto indicato in Allegato II, costitui- sce credito formativo sia la frequenza alla For- mazione Generale, che alla Formazione Specifi- ca di settore gia` effettuata; tale Formazione Specifica dovra` essere completata con un mo- dulo integrativo, sia nella durata che nei conte- xxxx, attinente ai rischi delle nuove mansioni svolte.
Nota: la formazione dei lavoratori in caso di somministrazione di lavoro (articolo 20 e se- guenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche e integra- zioni), puo` essere effettuata nel rispetto delle disposizioni, ove esistenti, del contratto colletti- vo applicabile nel caso di specie o secondo le modalita` concordate tra il somministratore e l’utilizzatore. In particolare, essi possono con- cordare che la formazione generale sia a carico del somministratore e quella specifica di settore a carico dell’utilizzatore. In difetto di accordi di cui al precedente periodo la formazione dei la- voratori va effettuata dal somministratore uni- camente con riferimento alle attrezzature di la- voro necessarie allo svolgimento dell’attivita` lavorativa per la quale i lavoratori vengono as- sunti, sempre che - ai sensi e alle condizioni di cui al comma 5 dell’articolo 23 del citato D.Lgs. n. 276/2003 - il contratto di sommini- strazione non ponga tale obbligo a carico del- l’utilizzatore. Ogni altro obbligo formativo e` a carico dell’utilizzatore.
b) Trasferimento o cambiamento di mansioni, introduzione di nuove attrezzature, nuove tec- nologie, nuove sostanze o preparati pericolosi:
– e` riconosciuto credito formativo relativamen- te alla frequenza della formazione generale, mentre deve essere ripetuta la parte di forma- zione specifica limitata alle modifiche o ai con- tenuti di nuova introduzione.
c) Formazione precedente all’assunzione, qua- lora prevista nella contrattazione collettiva na- zionale di settore, con riferimento alla forma- zione generale di cui all’articolo 37, comma 1, lettera a.
La formazione particolare e aggiuntiva per i preposti costituisce credito formativo perma- nente salvo nei casi in cui si sia determinata una modifica del suo rapporto di preposizione nell’ambito della stessa o di altra azienda.
Il datore di lavoro e` comunque tenuto a valutare la formazione pregressa ed eventualmente ad integrarla sulla base del proprio documento di valutazione dei rischi e in funzione della man- sione che verra` ricoperta dal lavoratore assunto. In ogni caso si ribadisce che i crediti formativi per la formazione specifica hanno validita` fin- tanto che non intervengono cambiamenti cos`ı come stabilito dai commi 4 e 6 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08.
La formazione per i dirigenti costituisce credito formativo permanente.
Legislazione
9. Aggiornamento
Con riferimento ai lavoratori, e` previsto un ag- giornamento quinquennale, di durata minima di 6 ore, per tutti e tre i livelli di rischio sopra in- dividuati.
Nei corsi di aggiornamento per i lavoratori non dovranno essere riprodotti meramente argo- menti e contenuti gia` proposti nei corsi base, ma si dovranno trattare significative evoluzioni e innovazioni, applicazioni pratiche e/o appro- fondimenti che potranno riguardare:
– approfondimenti giuridico-normativi;
– aggiornamenti tecnici sui rischi ai quali sono esposti i lavoratori;
– aggiornamenti su organizzazione e gestione della sicurezza in azienda;
– fonti di rischio e relative misure di preven- zione.
Con riferimento ai preposti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore, in relazione ai pro- pri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Con riferimento ai dirigenti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/08, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 6 ore in relazione ai pro- pri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Al fine di rendere maggiormente dinamico l’ap- prendimento e di garantire un monitoraggio di effettivita` sul processo di acquisizione delle competenze, possono essere altres`ı previste, an-
che mediante l’utilizzo di piattaforme e-Lear- ning, verifiche annuali sul mantenimento delle competenze acquisite nel pregresso percorso formativo, nell’attesa dell’espletamento dell’ag- giornamento quinquennale.
Nell’aggiornamento non e` compresa la forma- zione relativa al trasferimento o cambiamento di mansioni e all’introduzione di nuove attrez- zature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. Non e` ricompre- sa, inoltre, la formazione in relazione all’evolu- zione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.
10. Disposizioni transitorie
Al fine di consentire la piena ed effettiva attua- zione degli obblighi di cui al presente accordo, unicamente in sede di prima applicazione, i da- tori di lavoro sono tenuti ad avviare i dirigenti e i preposti a corsi di formazione di contenuto ri- spettivamente coerente con le disposizioni di cui al presente accordo in modo che i medesimi corsi vengano conclusi entro e non oltre il ter- mine di 18 mesi dalla pubblicazione del presen- te accordo. Il personale di nuova assunzione de- ve essere avviato ai rispettivi corsi di formazio- ne anteriormente o, se cio` non risulta possibile, contestualmente all’assunzione. In tale ultima ipotesi, ove non risulti possibile completare il corso di formazione prima della adibizione del dirigente, del preposto o del lavoratore alle pro- prie attivita`, il relativo percorso formativo deve essere completato entro e non oltre 60 giorni dalla assunzione.
In fase di prima applicazione, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui ai punti 4, 5 e 6 i lavoratori, i dirigenti e i preposti che abbiano frequentato - entro e non oltre dodici mesi dalla entrata in vigore del presente accor- do - corsi di formazione formalmente e docu- mentalmente approvati alla data di entrata in vi- gore del presente accordo, rispettosi delle previ- sioni normative e delle indicazioni previste nei contratti collettivi di lavoro per quanto riguarda durata, contenuti e modalita` di svolgimento dei corsi.
11. Riconoscimento della formazione pregressa
La formazione erogata a cura dei datori di lavo- ro prima della pubblicazione del presente accor- do viene riconosciuta come di seguito specifi- cato:
a) Formazione dei lavoratori e dei preposti.
Nel rispetto di quanto previsto al punto 8 del presente accordo e, fermo restando l’obbligo di aggiornamento di cui al punto 9, non sono te- xxxx a frequentare i corsi di formazione di cui al punto 4 i lavoratori ed i preposti per i quali i da- tori di lavoro comprovino di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una formazione nel rispetto delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei con- tratti collettivi di lavoro per quanto riguarda du- rata, contenuti e modalita` di svolgimento dei corsi.
L’obbligo di aggiornamento per lavoratori e preposti, per i quali la formazione sia stata ero- gata da piu` di 5 anni dalla data di pubblicazione del presente accordo, dovra` essere ottemperato entro 12 mesi.
In ogni caso la formazione particolare ed ag- giuntiva di cui al punto 5 dovra` concludersi en- tro e non oltre il termine di 12 mesi dalla pub- blicazione del presente accordo.
b) Formazione dei dirigenti.
Fermo restando l’obbligo di aggiornamento di cui al punto 9, non sono tenuti a frequentare il corso di formazione di cui al punto 6 i diri- genti che dimostrino di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una for- mazione con contenuti conformi all’articolo 3 del D.M. 16 gennaio 1997 effettuata dopo il 14 agosto 2003 o a quelli del Modulo A per ASPP e RSPP previsto nell’accordo Stato Re- gioni del 26 gennaio 2006, pubblicato su
G.U. n. 37 del 14 febbraio 2006.
12. Aggiornamento dell’accordo
Legislazione
Allo scopo di valutare la prima applicazione del presente accordo e di elaborare proposte mi- gliorative della sua efficacia, con particolare ri- ferimento all’individuazione delle aree lavorati- ve a rischio alto, medio e basso, all’utilizzo del- le modalita` di apprendimento e-Learning e al coordinamento tra le disposizioni del presente accordo e quelle in materia di libretto formativo del cittadino, e` istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un gruppo tecni- co composto da rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolza- no, del Ministero del lavoro e delle politiche so- ciali, del Ministero della salute e delle Parti So- ciali, per proporre eventuali adeguamenti entro 18 mesi dall’entrata in vigore del presente ac- cordo.
Allegato 1
La Formazione via e-Learning
sulla sicurezza e salute sul lavoro
Premessa
La formazione alla sicurezza svolta in aula ha rappresentato tradizionalmente il modello di formazione in grado di garantire il piu` elevato livello di interattivita`.
L’evoluzione delle nuove tecnologie, dei cam- biamenti dei ritmi di vita (sempre piu` frenetici e, quindi, con poco tempo a disposizione) e del- la stessa concezione della formazione, ai sensi delle linee guida per il 2010 concordate tra Go- verno, Regioni e parti sociali, in uno con l’esi- genza sempre piu` pressante di soddisfare gli in- teressi dell’utente, hanno reso possibile l’affer- mazione di una modalita` peculiare e attuale di formazione a distanza, indicata con il termine e-Learning.
Per e-Learning si intende un modello formativo interattivo e realizzato previa collaborazione in-
terpersonale all’interno di gruppi didattici strut- turati (aule virtuali tematiche, seminari temati- ci) o semistrutturati (forum o chat telematiche), nel quale operi una piattaforma informatica che consente ai discenti di interagire con i tutor e anche tra loro. Tale modello formativo non si limita, tuttavia, alla semplice fruizione di mate- riali didattici via internet, all’uso della mail tra docente e studente o di un forum online dedica- to ad un determinato argomento ma utilizza la piattaforma informatica come strumento di rea- lizzazione di un percorso di apprendimento di- namico che consente al discente di partecipare alle attivita` didattico-formative in una comunita` virtuale. In tal modo si annulla di fatto la distan- za fisica esistente tra i componenti della comu- nita` di studio, in una prospettiva di piena condi- visione di materiali e conoscenze, di conse- guenza contribuendo alla nascita di una comu- nita` di pratica on-line.
A questo scopo, ruolo fondamentale e` riservato
agli e-tutor, ossia ai formatori, i quali devono essere in grado di garantire la costante raccolta di osservazioni, esigenze e bisogni specifici de- gli utenti, attraverso un continuo raffronto con utenti, docenti e comitato scientifico.
Nell’attivita` e-Learning va garantito che i di- scenti abbiano possibilita` di accesso alle tecno- logie impiegate, familiarita` con l’uso del perso- nal computer e buona conoscenza della lingua utilizzata.
La formazione via e-Learning
Si potra` ricorrere alla modalita` e-Learning qua- lora ricorrano le seguenti condizioni:
a) Sede e strumentazione
La formazione puo` svolgersi presso la sede del soggetto formatore, presso l’azienda o presso il domicilio del partecipante, purche´ le ore dedi- cate alla formazione vengano considerate orario di lavoro effettivo. La formazione va realizzata attraverso una strumentazione idonea a permet- tere l’utilizzo di tutte le risorse necessarie allo svolgimento del percorso formativo ed il rico- noscimento del lavoratore destinatario della for- mazione.
b) Programma e materiale didattico formalizzato
Il progetto realizzato dovra` prevedere un docu- mento di presentazione con le seguenti infor- mazioni:
– titolo del corso;
– ente o soggetto che lo ha prodotto;
– obiettivi formativi;
– struttura, durata e argomenti trattati nelle Unita` Didattiche. Tali informazioni non sono necessarie in relazione alla formazione dei la- voratori, trattandosi di formazione generale. Se del caso, ove previsto dal presente accordo, devono essere indicati i rischi specifici del com- parto produttivo di appartenenza e sui quali si svolgera` attivita` di formazione;
– regole di utilizzo del prodotto;
– modalita` di valutazione dell’apprendimento;
– strumenti di feedback.
c) Tutor
Deve essere garantito un esperto (tutor o docen- te) a disposizione per la gestione del percorso formativo. Tale soggetto deve essere in posses- so di esperienza almeno triennale di docenza o insegnamento o professionale in materia di tute- la della salute e sicurezza sul lavoro maturata nei settori pubblici o privati.
d) Valutazione
Devono essere previste prove di autovalutazio- ne, distribuite lungo tutto il percorso.
Le prove di valutazione «in itinere» possono es- sere effettuate (ove tecnologicamente possibile) in presenza telematica. La verifica di apprendi- mento finale va effettuata in presenza. Delle prove e della verifica finale deve essere data presenza agli atti dell’azione formativa.
e) Durata
Legislazione
Deve essere indicata la durata del tempo di stu- dio previsto, il quale va ripartito su unita` didat- tiche omogenee.
Deve essere possibile memorizzare i tempi di fruizione (ore di collegamento) ovvero dare prova che l’intero percorso sia stato realizzato. La durata della formazione deve essere validata dal tutor e certificata dai sistemi di tracciamento della piattaforma per l’e-Learning.
f) Materiali
Il linguaggio deve essere chiaro e adeguato ai destinatari.
Deve essere garantita la possibilita` di ripetere parti del percorso formativo secondo gli obietti- vi formativi, purche´ rimanga traccia di tali ripe- tizioni in modo da tenerne conto in sede di va- lutazione finale, e di effettuare stampe del ma- teriale utilizzato per le attivita` formative.
L’accesso ai contenuti successivi deve avvenire secondo un percorso obbligato (che non con- senta di evitare una parte del percorso).
Allegato 2
Individuazione macrocategorie di rischio e corrispondenze ATECO 2002-2007 (Omissis)
Gli effetti prevedibili delle esplosioni
L’analisi del rischio negli ambienti di lavoro caratterizzati dalla presenza di atmosfere esplosive deve essere svolta considerando la probabilita` di accadimento dell’evento esplosivo o la sua frequenza e le conseguenze dell’incidente prevedibile; queste ultime, gli effetti, saranno comunque correlati alla po- sizione e all’orientamento della persona rispetto all’epicentro dell’esplosione. Al valutatore spetta il com- pito di scegliere quale modello di valutazione utilizzare in funzione dello scenario di esplosione che si ipotizza possa aver luogo.
VDR in pratica
Xxxxxx Xxxxxx - Xxxxxxxxx, Studio Marigo, Pordenone
Premessa
La determinazione degli effetti prevedibili delle esplosioni rappresenta, nella maggior parte del- le situazioni, l’ultima tappa del processo di va- lutazione di esplosione di un impianto o di un processo di lavorazione anche se, nella maggio- ranza delle situazioni (1), non dovrebbe essere atteso alcun tipo di fenomeno esplosivo, soprat- tutto se i lavoratori operano in prossimita` del- l’ATEX classificata ed estesa.
Purtuttavia la determinazione degli effetti attesi dell’esplosione rappresenta un utile strumento per la valutazione del rischio di esplosione cui e` sottoposta la mansione specifica, come del re- sto richiede l’art. 290, comma 1, lett. d), D.Lgs.
n. 81/2008: «Nell’assolvere gli obblighi stabiliti dall’articolo 17, comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi: (...) d) entita` degli effetti prevedibili.» I principali effetti attesi dell’esplosione che sot- toporremo ad analisi saranno:
– il Flash Fire;
– l’esplosione di vapori (VCE);
– l’esplosione conseguente all’attivazione dei dispositivi di sfogo.
Trascureremo la valutazione degli effetti dei
«proietti» (frammenti solidi proiettati), vista l’estrema sensibilita` di tale valutazione rispetto alle assunzioni fatte dall’analista.
Nel primo caso l’effetto atteso sara` misurato sulla base della radiazione termica emessa du- rante la combustione mentre, nel secondo caso, si valutera` la sovrappressione generata dall’e- splosione.
Preliminarmente constatiamo che un’esplosione nel luogo di lavoro e` spesso la conseguenza di una o piu` anomalie nel processo di produzione dovute a guasti tecnici e/o errori operativi. Tale evento apicale (Top Event) determina danni alle persone e/o alle cose e si puo` schematizzare at- traverso ‘‘alberi di guasto’’ oppure ‘‘alberi de-
gli eventi’’ nei quale si evidenziano le possibili cause, singole o multiple, che hanno prodotto l’incidente.
Esplosione di vapori, VCE
L’esplosione di vapori, VCE e` una deflagrazio- ne che si origina da un rilascio di ATEX inne- scato nel quale la velocita` della fiamma accele- ra fino a produrre un significativo effetto di so- vrappressione.
Affinche´ si possa generare una VCE e` necessa-
rio che si verifichi una combinazione tra le quattro condizioni che andremo ad illustrare:
1) presenza di un rilascio di sostanza in condi- zioni idonee di infiammabilita`, temperatura e pressione. Queste sostanze comprendono gas infiammabili liquefacibili (es. propano, butano), liquidi rilasciati a temperature superiori alla temperatura di infiammabilita` (es. acetone, ci- cloesano), gas infiammabili comprimibili (es. metano, etilene, idrogeno) e gas infiammabili disciolti (es. acetilene);
2) la nube deve raggiungere un sufficiente volu- me prima di essere innescata. Ritardi di accen- sione, dall’inizio del rilascio, compresi tra uno e cinque minuti sono sufficienti per generare una VCE anche se storicamente i maggiori inci- denti sono avvenuti con ritardi d’innesco di al- meno 30 minuti;
3) una sufficiente quantita` della nube deve esse- re interna al campo di esplosione. Le zone di ri- lascio si possono infatti suddividere in tre re- gioni: zone ricche di miscela infiammabile in cui la percentuale di infiammabile e` superiore al UEL, zone intermedie nelle quali la concen- trazione risulta compresa tra LEL ed UEL e zo-
Nota:
(1) Con l’eccezione delle situazioni nella quali il rischio di esplosione e` gesti- to con dispositivi per lo sfogo delle esplosioni
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
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ne povere di miscela nelle quali la concentra- zione di infiammabile e` inferiore al LEL. Queste distanze dipenderanno direttamente dal- le pressioni presenti in prossimita` del rilascio, dall’area del foro di guasto, dalle caratteristiche chimico fisiche delle sostanze infiammabili rila- sciate, dalle dimensioni dell’eventuale pozza generata, dalla tensione di vapore del liquido, dal grado di confinamento della nube e dalla velocita` locale dell’aria;
4) la sovrappressione generata varia notevol- mente ed e` strettamente dipendente dalla velo- cita` di combustione. Una detonazione che abbia origine da un rilascio esterno risulta molto poco probabile e puo` essere generata solamente da inneschi esplosivi. A sua volta, la velocita` di combustione risulta influenzata dalla turbolenza dell’ATEX soggetta alle seguenti variabili:
– modalita` di rilascio (es. rilascio a getto);
– espansione dei gas che via via tenderanno a comprimere la miscela incombusta;
VDR in pratica
– ostacoli alla propagazione della fiamma co- me pareti, strutture, impianti ecc.;
– turbolenze indotte da ventilatori, compresso- ri, scambiatori di calore ecc.
In genere l’accadimento di una VCE e` legata al- la presenza di piu` fattori tra quelli precedente- mente indicati. L’effetto atteso maggiormente significativo e distruttivo di una VCE e` rappre- sentato dall’onda di sovrappressione generata dal processo di combustione accidentale, pur non essendo comunque trascurabili danni deri- vanti dalla radiazione termica e dalla proiezione di oggetti
Flash Fire
÷
Il Flash Fire e` una deflagrazione che si origina da un rilascio di ATEX innescato nel quale non si verificano particolari accelerazioni del fronte di fiamma e che non produce significativi pic- chi di sovrappressione. Si verifica tuttavia un’e- spansione dei gas combusti fino ad 8 10 volte il volume di rilascio iniziale. Il principali rischi associati al Flash Fire sono rappresentati dalle radiazioni termiche e dal diretto contatto con le fiamme. La dimensione della nube di ATEX determina il volume del possibile contatto diret- to con le fiamme.
Il fenomeno del Flash Fire generalmente antici- pa sempre gli scenari di incendio di infiamma- bili. In particolare sia gli incendi di pozza, sia gli incendi a getto, sia le VCE hanno origine da un’iniziale Flash Fire originato dalla nube ATEX non ancora innescata.
In generale si puo` asserire che la conversione di un Flash Fire in VCE si verifichera` con piu` probabilita` se il volume della nube e` rilevante, e se essa risulta confinata e congestionata. In queste situazioni aumenta infatti la probabilita` di incremento progressivo della velocita` del fronte di fiamma e la conseguente sovrappres- sione. Inoltre, se l’innesco della nube avviene lontano dalla zona di rilascio, la combustione
andra` ad interessare strati di miscela progressi- vamente piu` ricchi di infiammabile, aumentan- do quindi l’energia rilasciata e la probabilita` di conversione in VCE.
Si noti che le specie chimiche piu` reattive (idro- geno, acetilene) possono causare una transizio- ne da Flash Fire a VCE gia` in presenza di po- chi kg di rilascio.
Discriminare tra una VCE o un Flash Fire ri- sulta di estrema importanza in quanto la quan- tificazione delle distanze di danno (e quindi l’i- dentificazione delle zone di sicurezza) sara` dif- ferente.
I danni attesi associati ad un Flash Fire risulta- no strettamente connessi alla generazione della radiazione termica derivante dal processo di combustione; i fenomeni di sovrappressione e proiezione di oggetti sono tecnicamente trascu- rabili
L’esposizione agli effetti dell’esplosione
Gli effetti sulla persona di un Flash Fire o di un’esplosione sono sempre drammatici e, in molti casi, irreversibili. Le conseguenze sono tuttavia correlate alla posizione e l’orientamen- to della persona rispetto all’epicentro dell’e- splosione.
●
Gli effetti del Flash Fire sulle persone
Le persone esposte agli effetti del Flash Fire so- no quelle che sono presenti all’interno della nu- be nel momento della sua accensione. Il profon- do contatto tra le fiamme e la cute ustionera` in modo grave la parte di corpo esposta al fronte
di fiamma. E` tuttavia frequente l’accensione pu-
re dei vestiti indossati. In genere, in questi casi, le ustioni che sono causate al di sotto degli indu- menti possono raggiungere il secondo grado.
Il 40% delle persone sopravvissute ad un Flash Fire necessita di trapianti di pelle e di un peno- so e lungo periodo di riabilitazione. Purtroppo, tranne che per una ristretta minoranza di perso- ne (circa il 5%), il Flash Fire causa danni per- manenti ed irreversibili sia fisici, sia psicologici sia sociali, (questi ultimi soprattutto nel caso siano coinvolti il volto, le mani e le braccia del- le persone).
●
Gli effetti di una VCE sulle persone
Nel caso di una VCE, agli effetti dovuti al pas- saggio del fronte di fiamma si sommano quelli dovuti alla sovrappressione che viene causata dall’esplosione. Gli effetti, anche in questo ca- so, sono legati alla presenza delle persone nelle zona in cui gli effetti prevedibili dell’esplosione si manifestano rilevanti. In particolare, si posso- no determinare almeno tre tipi di effetti dovuti alla sovrappressione di un’esplosione:
– effetti primari: due i principali a) danno ad organi interni e decesso per emorragia, b) rottu- ra del timpano;
– effetti secondari: ferimento dovuto alla proie-
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
166
zione di corpi solidi (es. schegge e frammenti di vetro);
– effetti di terzo grado: infortuni e lesioni do- vute all’urto della persona proiettata contro og- getti solidi quali (pareti, vetture, ecc.).
●
I limiti di esposizione agli effetti dell’esplosione
E` possibile determinare una relazione tra il livel-
lo di esposizione a cui e` sottoposta una popola- zione alla risposta della stessa. Tra i molti mo- delli utilizzati per rappresentare la relazione tra dose e risposta il piu` utilizzato e` ‘‘il metodo di PROBIT’’ (PROBability unIT). La variabile di Probit (Y) e` posta in relazione alla dose di esposizione (V) attraverso l’equazione seguente:
Y = k1 + k2 · ln(V)
I parametri k1 e k2 relativi a varie modalita` di esposizione sono invece riportati in Tabella 2. E` possibile inoltre procedere all’identificazione
dei danni alle cose dovuti all’esplosione basan- dosi su scenari di danneggiamento da sovrap- pressione (Tabella 3).
Le soglie di danno a persone e strutture, confor- memente quanto indicato nel D.M. 9 maggio 2001 e` riportato in Tabella 4.
I metodi quantitativi di calcolo delle sovrap- pressioni dovute ad esplosioni accidentali, si basano sul parametro definito «sovrappressione Side On» (Pside.on) che e` la pressione che viene esercitata dall’onda su superfici parallele alla direzione di propagazione. Nel seguito della trattazione si intendera` pertanto con il generico termine «Pressione» la Pside.on.
VDR in pratica
Dove:
k1 e k2 sono variabili definite in funzione del ti- po di agente di esposizione.
Attraverso la Tabella 1 e` possibile quindi deter- minare la percentuale di riferimento relativa alla dose di esposizione V.
La valutazione quantitativa degli effetti dell’esplosione
La valutazione degli effetti prevedibili necessita di alcuni strumenti operativi che permettano di
Tabella 1 - Correlazione tra la variabile di Probit e la percentuale
% | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |
0 | - | 2,67 | 2,95 | 3,12 | 3,25 | 3,36 | 3,45 | 3,52 | 3,59 | 3,66 |
10 | 3,72 | 3,77 | 3,82 | 3,87 | 3,92 | 3,96 | 4,01 | 4,05 | 4,08 | 4,12 |
20 | 4,16 | 4,19 | 4,23 | 4,26 | 4,29 | 4,33 | 4,36 | 4,39 | 4,42 | 4,45 |
30 | 4,48 | 4,50 | 4,53 | 4,56 | 4,59 | 4,61 | 4,64 | 4,67 | 4,69 | 4,72 |
40 | 4,75 | 4,77 | 4,80 | 4,82 | 4,85 | 4,87 | 4,90 | 4,92 | 4,95 | 4,97 |
50 | 5,00 | 5,03 | 5,05 | 5,08 | 5,10 | 5,13 | 5,15 | 5,18 | 5,20 | 5,23 |
60 | 5,25 | 5,28 | 5,31 | 5,33 | 5,36 | 5,39 | 5,41 | 5,44 | 5,47 | 5,50 |
70 | 5,52 | 5,55 | 5,58 | 5,61 | 5,64 | 5,67 | 5,71 | 5,74 | 5,77 | 5,81 |
80 | 5,84 | 5,88 | 5,92 | 5,95 | 5,99 | 6,04 | 6,08 | 6,13 | 6,18 | 6,23 |
90 | 6,28 | 6,34 | 6,41 | 6,48 | 6,55 | 6,64 | 6,75 | 6,88 | 7,05 | 7,33 |
% | 0,0 | 0,1 | 0,2 | 0,3 | 0,4 | 0,5 | 0,6 | 0,7 | 0,8 | 0,9 |
99 | 7,33 | 7,37 | 7,41 | 7,46 | 7,51 | 7,58 | 7,65 | 7,75 | 7,88 | 8,09 |
Tabella 2 - Correlazione di Probit dovuta a varie esposizione
Tipo di lesione o danno | Variabile | k1 | k2 |
Decessi dovuti all’esposizione al fuoco di un Flash Fire | 4/3 4 te·Ie /10 | -14,9 | 2,56 |
Decessi dovuti ad emorragia causata da un’esplosione | P0 | -77,1 | 6,91 |
Rotture di timpano causate da un’esplosione | P0 | -15,6 | 1,93 |
Danni strutturali | P0 | -23,8 | 2,92 |
Rotture di vetri | P0 | -18,1 | 2,79 |
Con:
te e` la durata di esposizione (s)
Ie e` l’intensita` della radiazione (W/m2) P0 e` il picco di sovrappressione (Pa)
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167
Tabella 3 - Alcuni effetti di danneggiamento da sovrappressione
Danneggiamento | Sovrappressione (kPa) |
Rumore fastidioso (137 dB), se di bassa frequenza (1 - 15 Hz) | 0,14 |
Rottura occasionale di grandi vetrate gia` sollecitate | 0,20 |
Rumore rilevante (143 dB). Rottura di vetri dovuta al bang sonico | 0,28 |
Rottura di finestre, di piccole dimensioni, sotto tensione | 0,69 |
Pressione tipica di rottura del vetro | 1,03 |
Distanza di sicurezza (0,95% di probabilita` di non gravi danni al di la` di questo valore) Limite dei proietti Alcuni danni alle abitazioni; 10% di vetri di finestra rotti | 2,07 |
Limite dei danni strutturali minori | 2,76 |
Grandi e piccole finestre in frantumi. Danni ai telai delle finestre | 3,4-6,9 |
Danni minori alle strutture delle abitazioni | 4,8 |
Parziale demolizione delle case. Inabilita`. | 6,9 |
Coperture d’amianto in frantumi Cedimento dei sostegni di pannellatura di alluminio ed acciaio a causa di deforma- zione Scuri delle finestre divelti | 6,9-13,8 |
Crollo parziale delle pareti e dei tetti delle case | 13,8 |
Cedimento di pareti in cemento non armato | 13,8-20,7 |
Limite piu` basso di danno strutturale serio | 15,9 |
Distruzione del 50% della muratura di casa | 17,3 |
Le macchine di produzione pesanti (circa 1300 kg) collocate all’interno di fabbricati industriali subiscono poco danno Costruzioni in acciaio distorte e lesionate dalle fondamenta | 20,7 |
Cornici di pannelli in acciaio da costruzione demolite Rottura di cisterne | 20,7-27,6 |
Cedimento del rivestimento di fabbricati leggeri | 27,6 |
Cedimento dei pali di servizio in legno (es. linee elettriche in BT) Presse idrauliche da 18 t lievemente danneggiate | 34,5 |
Quasi completa distruzione delle abitazioni | 34,5-48,3 |
Rovesciamento di vagoni ferroviari carichi | 48,3 |
Cedimento di pareti in mattoni dello spessore di 25 cm | 48,3-55,2 |
Demolizione completa di vagoni ferroviari carichi | 62,1 |
Probabile totale distruzione degli edifici Macchine utensili pesanti (3000 kg) gravemente danneggiate Sopravvivenza delle sole macchine utensili molto pesanti (5500 kg) | 69,0 |
Limite del labbro del cratere | 2000 |
VDR in pratica
determinare la distanza dall’epicentro in corri- spondenza della quale si viene a generare un li- vello di pressione o di radiazione termica dato. I metodi che qui si approfondiranno sono i se- guenti:
– Metodo del Tritolo Equivalente (TNTeq),
– Metodo TNO-Multienergy,
– Metodo CEI 31-35 Modificato,
– Metodo NFPA 68.
L’utilizzo di tali strumenti e` raccomandato nei casi previsti in Tabella 5. Si precisa che tali me- todologie saranno illustrate al solo scopo di ap- profondire l’analisi e la valutazione dei rischi di mansione ai sensi del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/ 2008. Esula dallo scopo del presente lavoro in- dicare metodiche specifiche atte a valutare quantitativamente scenari di incidente rilevante (D.Lgs. n. 334/1999).
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168
Tabella 4 - Valori limite previsti dal D.M. 9 maggio 2001
Scenario incidentale | Elevata letalita` | Inizio letalita` | Lesioni irreversibili | Lesioni reversibili | Danni alle strutture Effetti domino |
Incendio (radiazione termica stazionaria) | 12,5 kw/m2 | 7 kw/m2 | 5 kw/m2 | 3 kw/m2 | 12,5 kw/m2 |
BLEVE/FIREBALL (radiazione termica variabile) | Raggio fireball | 350 kJ/m2 | 200 kJ/m2 | 125 kJ/m2 | 200 - 800 m** |
FLASH FIRE (radiazione termica istantanea) | LFL | 1/2 LFL | – | – | – |
Esplosione/UVCE (sovrapressione di picco) | 0,6 bar 0,3 bar* | 0,14 bar | 0,07 bar | 0,03 bar | 0,3 bar |
Nubi vapori tossici | LC50 (30min) | IDLH | – |
(*) Da assumere in presenza di edifici o altre strutture il cui collasso possa determinare letalita` indiretta. (**) Secondo la tipologia del serbatoio
Tabella 5 - Modalita` per valutare quali-quantitativamente le esplosioni
Tipo di esplosione | TNTeq | TNO Multienergy | CEI 31-35 Modificato | NFPA 68 |
Flash Fire Esplosione di vapori (VCE) Sfogo dell’esplosione |
Al valutatore spetta il compito di scegliere qua- le modello di valutazione utilizzare in funzione dello scenario di esplosione che si ipotizza pos- sa aver luogo. Tuttavia, decidere quale scenario di esplosione (Flash Fire o VCE) possa svilup- parsi in un dato luogo di lavoro risulta sempre particolarmente critica, soprattutto perche´ non esistono metodologie semplici e consolidate a supporto di tale scelta.
Si vuole qui fornire un criterio basato sui criteri di scelta suggeriti dal TNO per l’applicazione del metodo Multienergy (Tabella 6). A questo proposito e` necessario definire tre tipi di de- scrittori: l’ostruzione, il confinamento piano pa- rallelo e l’energia di accensione.
– Ostruzione: e` un parametro rappresentativo della quantita` di ostacoli solidi presenti all’in- terno dell’ATEX. Si definiscono tre livelli di ostruzione:
a) Alto: il rapporto tra il volume ostruito e il vo- lume totale e` superiore al 30% e gli ostacoli so- no distanziati da meno di 3 m;
b) Basso: il rapporto tra il volume ostruito e il volume totale e` inferiore al 30% e/o gli ostacoli sono distanziati da piu` di 3 m;
c) Assente: non sono presenti ostacoli nella nu- be.
– Confinamento piano parallelo: consiste nella
presenza di pareti e/o involucri posti all’esterno dell’ATEX (o di parte di essa).
Il confinamento potra` essere:
a) Presente: se sono presenti ATEX (o parti di esse), limitate da pareti/ostacoli su due o tre la- ti;
b) Assente: la nube non e` limitata da pareti o ostacoli diversi dal suolo.
– Energia di accensione: e` l’energia con la qua- le si innesca l’ATEX. Essa puo` essere:
a) Alta: se la sorgente di accensione deriva, per esempio, all’azionamento di un sistema di ven- ting per lo sfogo dell’esplosione;
b) Bassa: se l’accensione ha luogo a causa di fiamme libere, scintille, superfici calde ecc.
In genere nelle esplosioni industriali il volume iniziale dell’ATEX si espandera` per almeno 8 volte. Tale entita` di espansione corrisponde ad un raddoppio del raggio nel caso di nubi sferi- che e ad un raddoppio dell’altezza nel caso di nubi emisferiche.
A questo proposito dovra` pertanto essere posta
particolare attenzione al termine «confinamen- to» dato che, come e` evidente:
– non tutte le esplosioni che avvengono in un ambiente «chiuso» sono «confinate».
– non tutte le esplosioni che avvengono «all’a- perto» sono «non confinate».
VDR in pratica
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169
Tabella 6 - Parametri che influenzano la formazione di Flash Fire o VCE
Scenario No | Energia di accensione | Ostruzione | Confinamento piano parallelo | Tendenza al Flash Fire | Tendenza alla VCE | ||||
Bassa | Alta | Alta | Bassa | Assente | Presente | Assente | |||
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 |
VDR in pratica
Alcuni tra i metodi elencati (TNTeq, TNO-Mul- tienergy) possono trovare anche applicazione in caso di investigazioni successive all’incidente, come nel caso di incarichi di perizia su esplo- sioni accidentali (Figura 1).
●
Il metodo del Tritolo Equivalente (TNTeq)
Il metodo del Tritolo Equivalente e` la metodica
piu` tradizionale per la valutazione degli effetti dovuti alla sovrappressione che si viene a gene- rare in una VCE. Consiste nella determinazione dell’energia termica del rilascio e nella conver- sione di tale energia in massa di tritolo. Attra- verso poi l’utilizzo di curve standard si potra` stabilire la sovrappressione generata dall’esplo- sione ad una distanza arbitraria dall’epicentro.
Figura 1 - Modalita` di applicazione di alcuni metodi di valutazione degli effetti dell’esplosione
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
170
A partire dai dati di classificazione delle zone a rischio di esplosione (k, Vz), il calcolo della massa di tritolo equivalente (WTNT) e` determi- nabile come segue:
x · Xx · Xx
R e` la distanza dall’epicentro (m)
Ed infine si procede al calcolo della pressione
(P) in corrispondenza della distanza ridotta, at- traverso l’equazione empirica seguente:
1616 · 1 + R 2
WTNT = η ·
HTNT
P0
P =
2 0,5
4,5
2 0,5
2 0,5
Dove:
η e` il fattore di resa (Tabella 7),
a R
1 +
0,048
· 1 +
· 1 +
R 0,32
R 1,35
k e` il fattore di sicurezza applicato al LEL in funzione del grado di emissione (k = 0,5 per emissioni di secondo grado; k = 0,25 per emis- sioni di grado primo o continuo),
Vz e` il volume ipotetico di atmosfera esplosiva calcolato (CEI 31-35),
Hn e` l’entalpia specifica di combustione della nube (kJ/m3),
HTNT e` l’entalpia specifica di combustione del TNT (4700 kJ/kg).
Nel caso di contenimenti di gas infiammabili sara` opportuno fare riferimento al quantitativo il kg presente nel recipiente. L’assunzione del fattore di resa (η) appare particolarmente delica- ta soprattutto alla luce degli studi che si sono accumulati nel xxxxx xxxxx xxxxxx 00 xxxx (Xx- bella 7).
In genere, in assenza di informazioni specifi- che, l’assunzione di un fattore di resa compreso tra 0,03 e 0,2% garantisce un sufficiente grado di approssimazione. Una volta nota la massa di tritolo equivalente, si procede al calcolo della distanza ridotta:
= W
R
Dove:
P0 e` la sovrappressione dovuta all’esplosione Pa e` la pressione atmosferica
Il metodo del TNTeq possiede alcuni limiti di applicabilita` tra i quali si elencano:
– l’onda di pressione prodotta dalla detonazio- ne di un esplosivo e` diversa da quella generata dall’esplosione di una miscela gassosa;
– gli effetti di una sovrappressione dipendono non solo dalla pressione massima ma anche dal- la velocita` di aumento e dalla durata della stes- sa;
– la determinazione del fattore di resa (η) e` ar- bitraria;
– la molteplicita` delle situazioni relative alla complessa interazione tra corpo umano ed onda di pressione limitano l’estendibilita` dei risultati sperimentali;
– non viene considerato l’effetto delle accele- razioni della fiamma;
– non viene effettuata nessuna valutazione sui possibili danni da proiezione di frammenti.
In analogia con quanto riportato nell’Allegato B del TULPS, nel caso in cui sia interposto tra la zona di esplosione e la zona di sicurezza
Dove:
R
TNT
1/3
una parete in muratura senza aperture dello spessore di almeno 40 cm o pareti in calcestruz- zo armato di analoga resistenza, le distanze cal-
R e` la distanza ridotta (m/kg-1/3)
colate possono essere dimezzate.
Figura 2 - Nomogrammi per il calcolo degli effetti secondo TNO-Multienergy
VDR in pratica
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
171
Tabella 7 - Scelta della curva TNO-Multienergy in funzione dello scenario di esplosione
Scenario No | Caratteristiche | Curva TNO-Multienergy |
1 | Energia di accensione: Alta Ostruzione: Alta Confinamento piano parallelo: Presente | 7 ÷ 10 |
2 | Energia di accensione: Alta Ostruzione: Alta Confinamento piano parallelo: Assente | 7 ÷ 10 |
3 | Energia di accensione: Bassa Ostruzione: Alta Confinamento piano parallelo: Presente | 5 ÷ 7 |
4 | Energia di accensione: Alta Ostruzione: Bassa Confinamento piano parallelo: Presente | 5 ÷ 7 |
5 | Energia di accensione: Alta Ostruzione: Bassa Confinamento piano parallelo: Assente | 4 ÷ 6 |
6 | Energia di accensione: Alta Ostruzione: No Confinamento piano parallelo: Presente | 4 ÷ 6 |
7 | Energia di accensione: Bassa Ostruzione: Alta Confinamento piano parallelo: Assente | 4 ÷ 5 |
8 | Energia di accensione: Alta Ostruzione: No Confinamento piano parallelo: Assente | 4 ÷ 5 |
9 | Energia di accensione: Bassa Ostruzione: Bassa Confinamento piano parallelo: Presente | 3 ÷ 5 |
10 | Energia di accensione: Bassa Ostruzione: Bassa Confinamento piano parallelo: Assente | 2 ÷ 3 |
11 | Energia di accensione: Bassa Ostruzione: No Confinamento piano parallelo: Presente | 1 ÷ 2 |
12 | Energia di accensione: Bassa Ostruzione: No Confinamento piano parallelo: Assente | 1 |
VDR in pratica
●
Il metodo TNO-Multienergy R
` R =
Il TNO-Multienergy e uno strumento che per-
mette una maggior precisione nel calcolo degli effetti dell’esplosione rispetto al TNTeq.
Il metodo di sviluppa a partire dalle curve indi-
Dove:
x · Xx
Pa
· Hn 1/3
cate in Figura, numerate da 1 a 10. Esse corre- lano la massima pressione (ridotta) generata dall’esplosione alla distanza (ridotta).
Le curve rappresentano situazioni tipiche di un incidente industriale e riepilogano scenari di esplosione compresi tra la curva 1 (Flash Fire) alla curva 10 (Detonazione). La scelta del tipo di curva da utilizzare nell’analisi dovra` essere effettuata sulla scorta di quanto riportato in Ta- bella 7.
La distanza ridotta (R) e` data dalla seguente equazione:
R e` la distanza dall’epicentro (m)
E e` l’entalpia di combustione della nube (J) Pa e` la pressione ambiente (Pa)
L’intensita` dell’onda di sovrappressione (Ps) e la durata della fase positiva dell’esplosione (td) e` sono date dalle seguenti equazioni:
Ps = ∆P ·Pa
s
( a) !
e
E/P 1/3
0
td = td · c
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
172
Dove:
∆Ps e` la pressione ridotta ottenuta dalla Figura 2,
Pa e` la pressione ambiente (Pa),
td e` la durata della fase positiva dell’esplosione (s),
t—d
e` la durata ridotta della pressione,
E e` l’entalpia di combustione della nube (J), c0 e` la velocita` del suono (m/s),
●
Il metodo CEI 31-35 Modificato
Nel caso di un Flash Fire, il campo degli effetti
sumere pari a 10 per polveri metalliche e 8 per polveri alimentari e chimiche,
n e` il numero di sfoghi uniformemente distri- buiti.
Al massimo D assume valori pari a 60 m.
· ·
La larghezza del Fireball misurata dal centro dello sfogo e` invece da assumersi pari alla meta` della lunghezza D mentre l’altezza e` pari a D (1/2 D sopra alla linea di mezzeria e 1/2 D sot- to).
Infine, la pressione (Pmax,r) calcolata ad una di- stanza r dallo sfogo, risulta pari a:
r
letali attesi ha luogo nella zona compresa tra l’e- picentro dell’esplosione e la zona in corrispon- denza della quale la concentrazione raggiunge il valore uguale ad 1/2·LEL (cfr. Tabella 4).
Dove:
Pmax,r
= Pmax,a
· 0, 2 · D
Nel caso di una zona ATEX classificata per la presenza di gas, vapori e nebbie, e derivante da una sorgente di secondo grado, questa di- stanza corrisponde alla esatta distanza di classi- ficazione.
·
Nel caso invece di emissioni continue o di pri- mo grado, la distanza di classificazione e` quella in corrispondenza della quale la concentrazione raggiunge il valore uguale ad 1/4 LEL. Tale va- lore risulta sicuramente in vantaggio di sicurez- za rispetto ai limiti proposti dalla Tabella 4.
Pertanto, nei casi in cui si preveda la formazio- ne di un Flash Fire,
si assume che la distanza di danno in corri- spondenza dell’inizio della letalita` sia pari al- l’ampiezza della zona classificata.
●
Il metodo NFPA 68
La metodologia proposta dalla norma NFPA 68, ed integrata con la norma UNI EN 14491, e` applicabile al calcolo degli effetti di sovrap- pressione e Fireball generati a causa dell’azio- namento dei dispositivi di sfogo dell’esplosione (membrane di rottura o porte antiscoppio) posti a protezione di contenimenti di polveri combu-
stibili. Il calcolo degli effetti dell’esplosione e`
r, distanza assiale dallo sfogo, deve essere
·
≥
0,2 D.
VDR in pratica
Le equazioni precedenti sono valide se (e solo se) sono soddisfatti tutti i parametri riportati in Tabella 8.
Tabella 8 - Parametri da rispettare per la validita` delle equazioni
Parametro | Vincolo |
Volume del recipiente | 0,3 m3 ≤ V ≤ 10000 m3 |
Pressione di attivazione statica del dispositivo di sfogo | Pstat ≤ 0,1 bar |
Massima pressione ridotta | Pred,max ≤ 1 bar |
Massima pressione di esplosio- ne | Pmax ≤ 9 bar |
Massima caratteristica specifica di esplosione | Kst ≤ 200 -1 bar·m·s |
La norma UNI EN 14491, d’altro canto, propo- ne la seguente equazione per il calcolo della so- vrappressione a distanza dal venting:
realizzabile utilizzando l’equazione seguente, che determina il livello di sovrappressione im- mediatamente dopo la zona di sfogo dell’esplo-
Pmax,r
= 1, 24 ·
A0,5 1,35
·
1, 13 e
r
+
2 2
· Pred,max
sione (Pmax,a) (2).
e
Pmax,a = 0, 2 · Pred,max · A2 · V0,18
Dove:
Pred,max e` la massima pressione che si sviluppa all’interno del contenimento protetto,
Ae e` l’area di sfogo dell’esplosione, V e` il volume del contenimento.
La dimensione del Fireball (D) che verosimil- mente si svilupperebbe a seguito dell’intervento del venting, e` la seguente:
n
D = K · r3 ffiVffiffiffi
Dove:
K e` il fattore di lunghezza della fiamma da as-
1
56
Dove:
2 = 0º di fronte alla superficie di sfogo
2 = 90º lateralmente alla superficie di sfogo
2 = 180º dietro alla superficie di sfogo
Anche in questo caso l’equazione e` valida se (e solo se) sono soddisfatti tutti i parametri ripor- tati in Tabella 9.
Nota:
(2) Sfogo che avviene da un contenimento cubico.
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
173
Tabella 9 - Parametri da rispettare per la validita` delle equazioni
Parametro | Vincolo |
Volume del recipiente | 0,1 m3 ≤ V ≤ 250 m3 |
Pressione di attivazione statica del dispositivo di sfogo | Pstat ≤ 0,1 bar |
Massima pressione ridotta | 0,1 bar < Pred,max ≤ 1 bar |
Distanza dal dispositivo di sfo- go | r > 0,25·D |
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VDR in pratica
ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 3/2012
174
Codice di sicurezza del lavoro
• T.U. aggiornato e integrato con le sanzioni
• Normativa complementare e vigente
Il codice, diviso in tre parti, raccoglie la normativa fondamentale in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, alla luce del testo unico sicu- rezza del lavoro.
• Nella Parte I è contenuto il testo completo del D.Lgs. n. 81/2008, coordinato con le modifiche e integrazioni successive. In fondo a ciascun articolo o comma, la corrispondente sanzione in forma ta- bellare, qualora prevista, così da consentire un immediato confronto tra gli obblighi previsti dalla norma e le pene conseguenti.
di Xxxxxx Xxxxxxx, pagg. 1766, € 32,00
Codice: 00120795
• Nella Parte II è contenuta altra normativa di carattere generale tuttora vigente
• Nella Parte III, infine, sono presenti I testi aggiornati della principale normativa complementare del settore rimasta in vigore anche dopo l’emanazione del Testo Unico divisa per voci.
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Y61DQ LA
21 dicembre 2011 - 23 gennaio 2012
Rassegna della Cassazione penale
a cura di Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Le responsabilita` di committente,
responsabile dei lavori
e coordinatori nei cantieri
Giurisprudenza
Cassazione penale sez. IV, 21 dicembre 2011 (u.p. 27 settembre 2011), n. 47476 - Pres. Marzano - Est. Xxxx - P.M. (Parz.conf.) Tin- dari Xxxxxxxx - Ric. Ferrario
Cassazione penale sez. IV, 19 dicembre 2011 (u.p. 2 novembre 2011), n. 46839 - Pres. Bru- sco - Est. D’Isa - P.M. (Parz.conf.) Riello - Ric. Medi e altri
La Suprema Corte continua a fornire preziosi in- segnamenti circa gli obblighi dell’organizzazio- ne committente (committente, responsabile dei lavori, coordinatori) nei cantieri temporanei o mobili. (Sul tema v. i precedenti richiamati da Xxxxxxxxxxx, Il T.U. Sicurezza sul lavoro com- mentato con la giurisprudenza, aggiornato con le sentenze sui D.Lgs. n. 81/2008 e 106/2009, terza ed., Milano, 2011, 376 ss., 397 ss., 420 ss., cui adde, da ultimo, Cass. 15 novembre 2011, n. 41993, Levaggi e altro, inedita; Xxxx.
2 dicembre 2011, Tadini, in Dir.Prat.Lav., 2012, 2, 133; Cass. 3 ottobre 2011, Bea e altri, in ISL, 2011, 11, 795; Cass. 17 agosto 2011, Goggi, ibid., 2011, 10, 741; Cass. 27 giugno 2011, Xxxxxxx e altri, ibid., 2011, 10, 741; Cass. 5 maggio 2011, Lombardini, ibid., 2011, 7, 409; Cass. 18 aprile 2011, Marini e altro, ibid., 6, 359. Da leggere e` pure, con riguardo a un infortunio
«avvenuto a seguito della caduta del lavoratore, mentre prestava la sua attivita` alle dipendenze di un’impresa subappaltatrice, da un’apertura
c.d. ‘‘bocca di xxxx’’ sita sul piano di lavoro e non adeguatamente protetta», Xxxx. 9 giugno 2011, n. 23285, inedita, ove «la condotta colpo- sa del coordinatore per l’esecuzione dei lavori fu individuata nella mancata adozione delle mi- sure per il coordinamento tra le varie imprese esecutrici che operavano sul posto in condizioni di pericolo per i lavoratori», senza che potesse
«far venir meno la sua responsabilita` la circo- stanza che egli avesse segnalato la situazione di pericolo avendo omesso, pur essendo le im- prese da coordinare inadempienti del debito di sicurezza, di sospendere i lavori», e ove la Sez. IV rileva come il coordinatore «fosse ve-
nuto meno all’obbligo di coordinare le attivita` delle imprese che operavano contemporanea- mente nel cantiere e di sospendere i lavori nel caso di persistente inerzia».
Dal suo canto, Cass. 14 luglio 2011 n. 27738, inedita, ribadisce che, «in materia di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori deve assicurare, nel caso della effettuazio- ne dei lavori, il collegamento fra impresa appal- tatrice e committente al fine di realizzare la mi- gliore organizzazione ed ha il compito di ade- xxxxx il piano di sicurezza in relazione alla evo- luzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni», ed e`, quindi, «responsabile delle conseguenze derivan- ti dalla violazione di tale posizione di garanzia»).
I) Nel caso esaminato dalla sentenza Medi, in un cantiere avente per oggetto lavori di restauro e risanamento conservativo di una casa coloni- ca, due operai di un’impresa appaltatrice intenti ad eseguire opere di sottofondazione s’infortu- navano, uno mortalmente, a causa del «crollo delle murature in pietra che li sovrastava, cagio- nato dal collasso della parete in terra che stava- no perforando, al di sotto della quale rimaneva- no seppelliti».
Oltre al datore di lavoro dei due operai, furono condannati il responsabile dei lavori e il coordi- natore in fase di progettazione e di esecuzione, nonche´ direttore dei lavori.
In particolare, l’accusa mossa al coordinatore fu quella di «aver accettato un piano operativo di sicurezza aspecifico ed omesso il controllo circa l’esecuzione di lavori di sottofondazione in mo- dalita` difformi da quanto previsto nel progetto esecutivo e nel piano di sicurezza e coordina- mento, omettendo in ogni caso di adeguare que- st’ultimo alla diversa profondita` dei muri peri- metrali emersa nella concreta esecuzione degli scavi, e di controllare conseguentemente l’appli- cazione del piano di sicurezza e coordinamento da parte della impresa». Mentre al responsabile dei lavori si addebito` di «avere omesso il con- trollo circa l’osservanza, da parte della impresa, delle disposizioni inerenti alle modalita` esecuti- ve delle sottofondazioni contenute nel progetto esecutivo e nel PSC, e omesso di rilevare l’ese- cuzione di lavori in modo difforme e di solleci- tare conseguentemente opportuni adeguamenti del PSC e verifica di idoneita` del POS».
I.A) Nel confermare la condanna degli imputati,
la Sez. IV, quanto al coordinatore, premette che
«il D.Lgs. n. 494/1996 [ripreso dal D.Lgs. n. 81/2008] ha introdotto la figura del coordinato- re per l’esecuzione dei lavori al fine di assicura- re, nel corso della effettuazione dei lavori stessi, un collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di consentire al meglio l’or- ganizzazione della sicurezza in cantiere», e
«l’art. 5 [ora, art. 92 D.Lgs. n. 81/2008] affida espressamente al coordinatore il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione all’e- voluzione dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, vigilare sul rispetto del piano stes- so e sospendere, in caso di pericolo grave e im- minente, le singole lavorazioni».
Giurisprudenza
Prende atto che, nella specie, «l’esecuzione dei lavori aveva subito una evoluzione ma nessuna modifica era stata apportata al piano di sicurezza e coordinamento, consentendo l’imputato che si proseguisse, alla presenza di mutate condizioni di lavoro, senza che fossero apportate idonee mi- sure di sicurezza», e che, «nel corso di un so- pralluogo, il cui verbale e` stato dal medesimo re- datto, si era accertata una situazione di pericolo tanto da decidere, insieme al datore di lavoro dell’impresa appaltatrice e al responsabile dei la- vori, di procedere per le ulteriori opere di sotto- fondazione con una valutazione congiunta di op- portuni provvedimenti prima dell’esecuzione delle opere stesse», senza che «ci siano state va- lutazioni congiunte nonostante sia rimasta pro- vata la prosecuzione dei lavori, interrotti il 18 di- cembre, ma proseguiti il successivo 2 gennaio».
I.B) Xxxxxx al responsabile dei lavori, la Sez.
IV osserva, anzitutto, che gli fu addebitato,
«non di non aver contribuito alla modifica del PSC o del MSC, quanto di non aver svolto il ruolo espressamente previsto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 494/1996 [oggi, dall’art. 93 D.Lgs.
n. 81/2008] di trait d’union tra la ditta esecutri- ce e coordinatore di sicurezza, non avendo po- sto in essere i controlli finalizzati, da un lato a garantire che la ditta applicasse le disposizioni contenute nel PSC e nel progetto esecutivo, ac- cettando, invece, che i lavori venissero realizza- ti in modo del tutto difforme, dall’altro omet- tendo di sollecitare adeguamenti del PSC in ba- se alla situazione venutasi a creare concreta- mente, mancando, poi, di verificare la idoneita` del POS, risultato sul punto del tutto carente». Rileva ancora come l’imputato fosse presente nel cantiere in modo continuo e costante tanto che non poteva non rendersi conto, da un lato, delle diverse modalita` con cui si stavano effet- tuando i lavori rispetto alle prescrizioni contenu- te nel PSC, dall’altro, che si stava ponendo i atto una vera e propria variante esecutiva senza con- seguentemente aggiornare il PSC ed il POS». Circa i compiti e gli obblighi gravanti sul re- sponsabile dei lavori, prende le mosse dal dispo- sto di cui al D.Lgs. n. 494/1996, art. 6, comma 2, norma la quale prevede che ‘‘la designazione di coordinatori per la progettazione e di coordi- natori per l’esecuzione dei lavori non esonera il committente e il responsabile dei lavori dalle re- sponsabilita` connesse alla verifica dell’adempi-
mento degli obblighi di cui agli artt. 4, comma 1, e 5, comma 1, lettera a)» [v. adesso l’ancor piu` gravoso art. 93, comma 2, D.Lgs. n. 81/ 2008, ove si allarga la vigilanza del responsabile dei lavori sui coordinatori a pressoche´ tutti gli obblighi previsti dagli artt. 91 e 92 D.Lgs. n. 81/2008 a carico dei coordinatori stessi].
Insegna che «i committenti e i responsabili dei lavori sono tenuti a svolgere una funzione di super-controllo, verificando che i coordinatori adempiano agli obblighi su loro incombenti qual e` quello consistente, non solo nell’assicu- rare - come nel testo normativo originario - ma anche nel verificare l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autono- mi, delle disposizioni contenute nel piano di si- curezza e di coordinamento, nonche´ la corretta applicazione delle procedure di lavoro».
Spiega al riguardo che i committenti e i respon- sabili dei lavori «sono i soggetti nel cui interes- se l’opera e` svolta, nel rispetto del principio ge- neralissimo del nostro ordinamento ubi commo- da, ibi incommoda».
II) Di grande rilievo e` pure l’analisi condotta dalla sentenza Xxxxxxxx. Il legale rappresentante di una s.p.a. proprietaria di un immobile e com- mittente dei lavori fu imputato del delitto di le- sioni personali colpose commesso in coopera- zione colposa con altri in danno di un operaio dipendente di un’impresa appaltatrice salito sul tetto del capannone e caduto da 10 metri di altezza dal lucernaio da demolire.
La colpa addebitatagli fu quella di aver omesso di: «pianificare la durata delle fasi delle opere relative allo smantellamento di lastre di cemen- to ed amianto e rimozione di vetri della capan- nina, al fine di consentire che esse si svolgesse- ro in sicurezza; designare un coordinatore per l’esecuzione dell’opera, pur trattandosi di lavo- ro che prevedeva la presenza di due imprese nel cantiere; far redigere il piano di sicurezza e coordinamento con individuazione dei rischi per i lavoratori».
A sua discolpa, l’imputato deduce che, «avendo nominato un responsabile dei lavori, si era eso- nerato da qualsiasi coinvolgimento in ordine al- l’attivita` edilizia in corso presso la sua azienda». Nel respingere queste argomentazioni difensi- ve, la Sez. IV desume dalle norme in materia
«un quadro di coinvolgimento del committente, nelle responsabilita` per il mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza, che trova la sua ratio nell’evidente scopo di evitare che il rispar- mio sui costi dell’opera, a beneficio sia del committente che del esecutore, si ‘‘scarichi’’ sulla sicurezza, con una diminuzione dei presidi di tutela dei lavoratori».
Afferma che «in materia di infortuni sul lavoro in un cantiere edile, il committente rimane il soggetto obbligato in via principale all’osser- vanza degli obblighi imposti in materia di sicu- rezza, atteso che l’effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell’incarico conferito a quest’ultimo», e che «il legislatore, nel preve-
dere l’esonero del committente dalle responsa- bilita` in materia di sicurezza sul lavoro nel can- tiere, lo ha subordinato alla nomina di un re- sponsabile dei lavori, limitatamente, pero`, alla delega ad esso conferita».
Spiega che «alla nomina del responsabile dei lavori si deve imprescindibilmente accompa- gnare un atto di delega, con il quale si attribui- scano al predetto responsabile dei lavori poteri decisionali, cui sono connessi evidenti oneri di spesa o, piu` in generale, la determinazione della sfera di competenza attribuitagli», e che
«il legislatore, in sostanza, non ha predetermi- nato gli effetti della nomina del responsabile dei lavori, avendo stabilito espressamente che l’area di esonero della responsabilita` del com- mittente dipende dal contenuto e dall’estensio- ne dell’incarico conferitogli».
Giurisprudenza
Ne desume che, «perche´ operi l’esonero da re- sponsabilita` del committente e` necessario che egli nomini un responsabile dei lavori; che detta nomina sia riferita agli adempimenti da osservar- si in materia di sicurezza del lavoro, che sia con- ferita una delega e specificata la sua estensione». Rileva che, «nel caso di specie, non risulta che al responsabile dei lavori sia stata data, dall’im- putato committente, alcuna delega, pertanto non si e` maturato alcun trasferimento in capo al delegato (responsabile dei lavori) dei poteri e delle responsabilita` originariamente spettanti al delegante (committente)», e che, pertanto, l’imputato «e` rimasto il soggetto obbligato in via principale all’osservanza degli obblighi im- posti in materia di sicurezza, rimanendo quindi radicata sul suo capo la posizione di garanzia in ordine al rispetto delle norme di prevenzione». Aggiunge che cio` vale «anche con riferimento alla nomina del coordinatore per la progettazio- ne e l’esecuzione, in quanto (il legislatore) si ri- ferisce ad entrambe le figure del committente e del responsabile del lavori, ed, inoltre, perche´ nessuna delega e` stata a quest’ultimo conferita con specificazione dei compiti».
Di qui la conclusione che, «nell’esercizio di tali funzioni, l’imputato e` venuto meno ad essenzia-
li compiti in materia di sicurezza: ha omesso di redigere o far redigere il piano di sicurezza e di coordinamento che e` parte integrante del con- tratto di appalto; ha omesso di designare il coordinatore per l’esecuzione dell’opera; ha omesso di vigilare sul rispetto delle misure di sicurezza in corso di esecuzione dei lavori».
E l’ulteriore conclusione che «tali carenze pre- paratorie ed organizzative, nonche´ di controllo, sono in chiaro nesso causale con l’evento verifi- catori, in quanto le aziende presenti in cantiere non hanno avuto modo di uniformare il loro comportamento ad un piano di sicurezza, ne´ de- terminare la tempistica dei loro interventi secon- do le indicazioni di un piano di coordinamen- to», e che «il mancato rispetto delle regole sopra richiamante ha pertanto consentito che la vittima si trovasse a lavorare sul tetto del capannone senza che fossero state predisposte misure di si- curezza dopo una attenta valutazione dei rischi».
Scelte strutturali
e responsabilita` del datore di lavoro
Cassazione penale sez. IV, 21 dicembre 2011 (u.p. 30 novembre 2011), n. 47507 - Pres. Galbiati - Est. Blaiotta - P.M. (Parz.diff.) Ge- raci - Ric. Pavesi e altri
Tra le novita` manifestatesi nei primi anni di ap- plicazione del D.Lgs. n. 81/2008, fa spicco quella inerente alla individuazione dei soggetti responsabili in caso di carenze antinfortunisti- che, non gia` occasionali o meramente operati- ve, bens`ı strutturali, addebitabili a scelte azien- dali di fondo, a scelte di carattere generale della politica aziendale.
Basilari sono in argomento gli insegnamenti im- partiti dalla Corte di Cassazione. Si tratta di inse- gnamenti che da ultimo sono diventati dirompen- ti anche sotto la spinta del Testo Unico e che gia` hanno prodotto ricadute altamente significative sullo stesso fronte delle metodologie di indagine nell’ambito dei procedimenti penali relativi a in- fortuni sul lavoro, malattie professionali, disastri, omissioni dolose di cautele antinfortunistiche. Paradigmatica e`, da ultimo, Xxxx. 19 luglio 2011, Tessari e altro, in ISL, 2011, 11, 790, ove in motivazione si afferma che «pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilita` il datore di la- voro allorche´ le carenze nella disciplina antin- fortunistica e, piu` in generale, nella materia del- la sicurezza, attengano a scelte di carattere ge- nerale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacita` di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza» (per ulteriori riferimen- ti x. Xxxxxxxxxxx, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza, aggiornato con le sentenze sui D.Lgs. n. 81/2008 e 106/ 2009, terza ed., Milano, 2011, 96 ss.).
In questo quadro si colloca lucidamente la sen- tenza qui presentata.
La Sez. IV, infatti, premette che, «ai sensi del- l’art. 2087 x.x., xxx xxxxxxxx, xxxxx xxxx xxxxx xx xxxxxx xx xxxxxx, xxxxx xxxxxxx da posizione di garanzia».
Rileva che «le modalita` della lavorazione in corso erano dettate dalla scelta aziendale di ri- sparmiare compiendo in proprio un’attivita` di ripristino rischiosa ed estranea alle mansioni dei dipendenti», e che «si e` dunque in presenza di una scelta strutturale e non contingente che coinvolge, conseguentemente, la responsabilita` di tutti gli imputati».
La conclusione e` che «le lavorazioni avveniva- no in modo pericoloso ed incauto per effetto di una dissennata scelta aziendale volta a mini- mizzare i costi procedendo in economia, in as- senza di impalcature e procedure appropriate nonche´ utilizzando personale per nulla formato a governare l’altissimo rischio connesso alla cir-
colazione su un tetto costituito da fragili lastre di eternit», e che «trattandosi non di fatto occasio- nale ma di scelta aziendale, correttamente e` stata ravvisata la responsabilita` di tutti gli imputati».
La sicurezza degli ascensori
tra D.Lgs. n. 81/2008 e linee guida ISPESL
Cassazione penale sez. III, 22 dicembre 2011 (u.p. 6 ottobre 2011), n. 47866 - Pres. Ferrua
- Est. Rosi - P.M. (Conf.) De Santis - Ric. Sa- batino
Ecco una illuminante sentenza sui rapporti tra
D.P.R. n. 547/1955, D.Lgs. n. 81/2008 e linee guida ISPESL in tema di sicurezza degli ascen- sori.
Giurisprudenza
Il D.P.R. n. 547/1955, nel Titolo V, Capo III, dedicato ad «ascensori e montacarichi», all’art. 198, concernente le «porte di accesso al vano», disponeva, nel comma 1, che «le porte di acces- so al vano di cui all’articolo precedente devono essere munite di un dispositivo che ne impedisca l’apertura, quando la cabina non si trova al piano corrispondente, e che non consenta il movimen- to della cabina se tutte le porte non sono chiu- se», e, nel comma 2, che «il dispositivo di cui al precedente comma non e` richiesto per i mon- tacarichi azionati a mano, a condizione che siano adottate altre idonee misure di sicurezza».
A sua volta, il D.Lgs. n. 81/2008 abroga il
D.P.R. n. 547/1955, ma disciplina ascensori e montacarichi al punto 4.5 dell’Allegato V, parte
II. In particolare, il punto 4.5.3 prevede che «le porte di accesso al vano di cui al punto prece- dente devono essere munite di un dispositivo che ne impedisca l’apertura, quando la cabina non si trova al piano corrispondente, e che non consenta il movimento della cabina se tutte le porte non sono chiuse» e che «il dispositivo di cui al precedente comma non e` richiesto per i montacarichi azionati a mano, a condizione che siano adottate altre idonee misure di sicurezza». Inoltre, il punto 4.5.13 stabilisce che, «ferma restando la previsione di cui al comma 3 del- l’art. II, si considerano conformi alle disposi- zioni della presente sezione gli ascensori da cantiere a pignone e cremagliera realizzati se- condo le prescrizioni di cui alle pertinenti nor- me tecniche ovvero della linea guida ISPESL ‘‘Trasporto di persone e materiali fra piani de- finiti in cantieri temporanei’’».
Nel caso esaminato nella sentenza annotata, l’imputato fu condannato per la violazione del- l’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 626/1994 (ereditato dall’art. 23 D.Lgs. n. 81/2008), «perche´ costrui- va e vendeva a una ditta una piattaforma ‘‘ascensore da cantiere’’ con cancello al piano privo di dispositivo elettromeccanico di sicu- rezza che impedisse l’apertura dello stesso fino a quando la cabina ascensore non fosse presente
al piano, esponendo in tal modo il lavoratore a rischio caduta nel vuoto».
A sua discolpa, deduce l’inosservanza del D.Lgs. n. 81/2008, Allegato V, Parte II, punto 4.5.13, «in quanto a seguito dell’abrogazione da parte del citato X.Xxx. dell’art. 198 D.P.R.
n. 547/1955, sono state contemplate diverse ti- pologie di dispositivi di sicurezza del tipo bloc- caggio automatico o manuale, a seconda che si trattasse di ascensori muniti di cancelli a tutta altezza o di cancelli ad altezza ridotta, secondo quanto previsto dalla linee guida ISPESL ‘‘Tra- sporto di persone e materiali fra i piani definiti in cantieri temporanei’’ richiamate dall’Allega- to V, punto 4.5.13 del D.Lgs n. 81/2008». E de- duce, altres`ı, «la mancanza di colpevolezza e la scusabilita` dell’errore, avendo l’imputato fatto affidamento nelle linee guida soprarichiamate». La Sez. III ammette che «il D.Lgs. n. 81/2008 ha provveduto alla c.d. ‘‘testunificazione’’ delle norme in materia di tutela della salute e sicurez- za del lavoro, provvedendo anche ad abrogare, a tal fine, il D.P.R. n. 547/1955 (art. 304)». Precisa, pero`, che «le disposizioni relative agli ascensori e montacarichi sono state accluse nel- l’Allegato V, in seguito sostituito con il D.Lgs. 3 agosto 2009 n. 106, in particolare al punto
4.1. (Prescrizioni relative alle attrezzature dal lavoro adibite a sollevamento di persone o co- se) ed in tale diversa compilazione restano in vigore nei loro contenuti precettivi».
Ne desume «la prevalenza, su qualunque altra li- nea guida, delle prescrizioni imposte dalla norma- tiva statale in base alla quale gli ascensori da can- tiere debbono essere costruiti in modo da garantire il massimo livello di sicurezza, evitando l’apertura del cancello quando l’ascensore non e` al piano». Esclude che sia «invocabile da parte dell’impu- tato, attesa la qualita` di titolare della ditta pro- duttrice dell’ascensore, un errore scusabile, po- sto che l’affidamento riposto nelle prescrizioni contenute nelle Linee Guida ISPESL, pur ispi- rate alla direttiva europea UNI-EN 12159, non puo` ritenersi esaustivo degli obblighi di diligen- za qualificata gravanti sul produttore, il quale e` sempre e comunque tenuto anche al rispetto della normativa statale di settore».
(In passato, per un riferimento ai «quaderni di
sicurezza predisposti dall’ENPI e dall’ISPESL» in tema di ascensori, x. Xxxx. 16 luglio 2004, Xxxxxxx, in ISL, 2004, 10, 631; v., altres`ı, Cass.
28 maggio 1999, Tagliavini, ibid., 1999, 7, 437; nonche´, con riguardo a circolare dell’EN- PI, Cass. 25 febbraio 1999, P. M. in x. Xxxxx e altri, ibid., 1999, 9, 537).
Responsabilita` del manovratore
di macchina noleggiata a caldo
Cassazione penale sez. IV, 9 gennaio 2012 (u.p. 2 dicembre 2011), n. 109 - Pres. Galbia-
ti - Est. Montagni - P.M. (Parz.conf.) Xxxxxxx
- Ric. Del Gaudio
Resta per ora non facile cogliere un filo unitario nella riflessione giurisprudenziale sul tema rela- tivo alle responsabilita` in materia di sicurezza del lavoro in caso di nolo a caldo (per un qua- dro dei precedenti in argomento v. i precedenti richiamati da Xxxxxxxxxxx, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza, ag- giornato con le sentenze sui D.Lgs. n. 81/ 2008 e 106/2009, terza ed., Milano, 2011, 205 ss.).
Questo il caso esaminato dalla sentenza qui commentata. Una s.r.l. noleggia a una universi- ta` una gru semovente munita di operatore. Il fratello del titolare della s.r.l., manovratore a terra della piattaforma ragno sulla quale agisce l’operaio infortunato, ne cagiona la morte, in quanto la piattaforma mobile, mentre si trova a 21 metri da terra, si ribalta e l’operaio a bordo della navetta precipita al suolo.
Giurisprudenza
Per il delitto di omicidio colposo viene condan- nato il manovratore: «le modalita` di stabilizza- zione della piattaforma non risultavano confor- mi alle indicazioni contenute nel manuale di istruzioni della macchina; cio` in quanto il posi- zionamento degli stabilizzatori sarebbe dovuto avvenire simmetricamente, lungo l’arco dei 360º, mentre nel caso si era accertato che gli stabilizzatori registravano un dislivello di 79 centimetri fra le due coppie ed erano posiziona- ti su un piano inclinato, caratterizzato da ingen- te presenza di pietrisco, e, in particolare, gli sta- bilizzatori erano su due tavole sovrapposti di circa 5 centimetri di spessore, e dette tavolette avevano ceduto, provocando il ribaltamento della navetta».
A sua discolpa, l’imputato deduce, in particola- re, che egli «non si trovava in posizione di ga- ranzia, rispetto all’operaio rimasto vittima del- l’infortunio, in quanto tra il manovratore della gru ed l’operaio non vi era alcun rapporto di su- bordinazione o parasubordinazione».
Nel respingere il ricorso proposto dall’imputa- to, la Sez. IV prende atto che «il manovratore avrebbe dovuto posizionare la piattaforma al di sopra del piazzale, ove si trovava una base di appoggio idonea al posizionamento in sicu- rezza della gru», e sottolinea «l’inidoneita` delle basi utilizzate per la ripartizione dei carichi e l’erroneo allargamento degli stabilizzatori».
Prende atto, altres`ı, che «nel caso si era verifi- cata la violazione degli obblighi di prevenzione connessi all’utilizzo della piattaforma, cos`ı co- me specificati anche nel manuale di istruzioni, e l’imputato aveva ricevuto adeguata formazio- ne sull’utilizzo della gru».
Precisa che «il soggetto titolare dell’impresa che noleggia macchinari e che mette a disposi- zione anche il manovratore, non assume nei confronti dei lavoratori alle dipendenze dell’ap- paltatore, una posizione di garanzia in relazione ai rischi connessi all’ambiente di lavoro, e non di meno risponde dei danni connessi all’oggetto
principale dell’obbligazione, cioe` al funziona- mento della macchina».
E osserva che, «in caso di noleggio a caldo, che si ha qualora il locatore metta a disposizione dell’imprenditore anche un proprio dipendente, tali obblighi protettivi riguardano specificamen- te il manovratore, il quale risponde dei danni connessi al funzionamento della macchina».
Prescrizione dell’organo di vigilanza ed omessa notifica al contravventore
dell’invito all’adempimento
Cassazione penale sez. III, 12 gennaio 2012 (u.p. 15 novembre 2011), n. 626 - Pres. Squassoni - Est. Sarno - P.M. (Parz.conf.) Xxxxxxxx - Ric. Ricci
Nella sentenza annotata, relativa alla prescrizio- ne dell’organo di vigilanza disciplinata dal D.Lgs. n. 758/1994, la Corte Suprema affronta questioni riguardanti la notifica al contravven- tore del verbale di prescrizione.
La Sez. III considera un’ipotesi in cui un datore di lavoro fu condannato per violazioni antinfor- tunistiche (e, in particolare, sia per non aver adottato ai fini della prevenzione incendi e del- l’evacuazione dei lavoratori, nonche´ per il caso di pericolo grave e immediato, misure adeguate alla natura dell’attivita`, alle dimensioni dell’a- zienda, ovvero dell’unita` produttiva, e al nume- ro delle persone presenti, sia per non aver for- mato adeguatamente il personale incaricato del- l’attivita` di prevenzione incendi e salvataggio, di pronto soccorso e comunque di gestione del- la emergenza).
L’imputato lamenta che «il rituale esperimento della procedura amministrativa costituisce con- dizione di procedibilita` dell’azione penale», e che «difetta nella specie la prova che le conte- stazioni e le prescrizioni siano state notificate all’imputato».
Nel respingere questa doglianza, la Sez. III sot- tolinea che «pacificamente le contestazioni e le prescrizioni erano state ritualmente portate a conoscenza della societa` e dell’imputato tramite le comunicazioni effettuate al direttore delle strutture alberghiere e incaricato dalla societa`, in effetti presente anche al sopralluogo, occa- sione in cui lo stesso aveva avuto modo di pre- cisare che l’imputato insieme a lui aveva segui- to i corsi di formazione per datore di lavoro e non quelli del personale per la lotta antincen- dio».
E ritiene «sufficiente che il verbale redatto dal-
l’organo di vigilanza, anche se non ritualmente notificato, sia comunque portato a conoscenza del datore di lavoro».
(E` da notare che, ultimamente, Xxxx. 11 novem-
bre 2011, P.M. in x. Xxxx Xxxxxx, in ISL, 2012, 2, 111, affermo` che «e` onere del contrav-
ventore attivarsi per la realizzazione dell’effetto estintivo», che «il contravventore ovviamente per potere pagare deve conoscere l’ammontare della sanzione e deve ricevere l’invito al paga- mento», ma «tale invito non richiede particolari procedure essendo sufficiente una modalita` ido- nea a raggiungere il risultato», e che «la notifi- cazione dell’invito al pagamento, divenuta im- possibile per colpa del contravventore stesso che si e` reso volutamente irreperibile dopo l’ac- certamento dell’infrazione, non impedisce l’e- sercizio dell’azione penale e la conseguente condanna del trasgressore».
Precedentemente, Cass. 25 luglio 2011, Xxxxxxx,
ibid., 2011, 11, 792, asser`ı che «il tema della procedura di estinzione ex artt. 20 ss. D.Lgs.
n. 758/1994 delle contravvenzioni in materia di lavoro ha trovato, finora, risposte oscillanti da parte di questa Suprema Corte».
Giurisprudenza
Xxxxxx` come «si e` affermato, per un verso, che, pur essendosi al cospetto di una condizione di procedibilita` dell’azione penale, non si richiede una formale notificazione del verbale di ammis- sione al pagamento, sicche´ l’accertamento in ordine alla sua verificazione comporta una in- dagine di fatto da ritenersi preclusa in sede di legittimita`»; e come, «per altro verso, si e` affer- mato che, nel caso in cui il pubblico ministero non fornisca prova della notifica del verbale di prescrizioni al datore di lavoro, non spetta a quest’ultimo provare di non averne avuto co- noscenza, in quanto incombe all’organo del- l’accusa l’onere di provare che detto verbale, redatto dall’organo di vigilanza ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. n. 758/1994, e` stato ritualmente no- tificato al datore di lavoro, ovvero che l’atto e` stato altrimenti portato a conoscenza di que- st’ultimo».
E concluse che, «considerandolo piu` garantista,
questo Collegio ritiene di aderire a tale recente orientamento».
A sua volta, Xxxx. 11 marzo 2009 n. 10726, Dulizia, preciso` che, «in materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, il preventivo esperimento della procedura di definizione am- ministrativa, ai sensi dell’art. 24 D.Lgs. n. 758/ 1994, costituisce una condizione di procedibili- ta` dell’azione penale», e che, quindi, «il giudice non puo` pervenire ad una pronuncia nel merito se preventivamente non abbia accertato che vi e` la prova della effettiva notificazione dell’invito ad adempiere rivolto al contravventore dall’or- gano di vigilanza».
Prese atto che, «nella specie tale prova non sus-
sisteva, xxxxxx´ il verbale con le prescrizioni non era mai stato notificato al contravventore, ma era stato irregolarmente consegnato dagli accer- tatori al direttore tecnico del cantiere, il quale pero` era abilitato o autorizzato a ricevere la cor- rispondenza per conto del datore di lavoro».
Ne ricavo` che, «di fronte non solo alla mancan- za di prova dell’avvenuta regolare notifica del- l’invito ad adempiere alle prescrizioni, ma addi- rittura alla prova contraria che l’invito non era mai stato notificato, il giudice avrebbe dovuto
quindi dichiarare che mancava una condizione di procedibilita` dell’azione penale», e che, inve- ce, «il giudice, operando una inammissibile in- versione dell’onere della prova, ha erroneamen- te ritenuto che fosse l’imputato a dover dare la prova di non aver avuto conoscenza delle pre- scrizioni, mentre al contrario incombe evidente- mente al p.m. l’onere di provare che il verbale con le prescrizioni e` stato regolarmente notifi- cato al datore di lavoro o che comunque sia sta- to altrimenti regolarmente portato a sua cono- scenza».
Aggiunse che «il giudice si e` limitato a ritenere,
del tutto apoditticamente, non verosimile che il direttore tecnico del cantiere non avesse comu- nicato all’imputato il verbale con le prescrizio- ni, senza peraltro nemmeno tener conto della documentazione prodotta dall’imputato e delle deduzioni da lui svolte in ordine all’avvenuta cessione dell’azienda (il che invece, secondo la difesa, avrebbe reso verosimile che il diretto- re tecnico di cantiere non fosse piu` in rapporti con l’imputato e quindi non gli avesse riferito delle prescrizioni) ed in ordine alla mancanza di un qualsiasi suo interesse a non pagare la sanzione amministrativa».
E ancora rimprovero` al giudice di merito di aver «errato anche nel ritenere che fosse onere della difesa chiamare il direttore tecnico di can- tiere a testimoniare sul punto, mentre e` di tutta evidenza che sarebbe stato al contrario onere del pubblico ministero chiamare il direttore tec- xxxx di cantiere a rendere testimonianza dell’av- venuta consegna all’imputato del verbale con le prescrizioni, o comunque che sarebbe spettato al giudice chiamarlo a deporre come teste ai sensi dell’art. 507 c.p.p.».
La delega di funzioni
in forma scritta e con data certa
Cassazione penale sez. III, 23 gennaio 2012 (u.p. 19 dicembre 2011), n. 2694 - Pres. De Maio - Est. Amoroso - P.M. (Conf.) Spinaci
- Ric. Foglia
Cassazione penale sez. IV, 27 ottobre 2011 (u.p. 29 settembre 2011), n. 38854 - Pres. Marzano - Est. Blaiotta - P.M. (Parz.conf.) Cedrangolo - Ric. Cassarisi e altro
Cassazione penale sez. IV, 26 settembre 2011 (u.p. 23 giugno 2011), n. 34723 - Pres. Brusco
- Est. Bianchi - P.M. (Conf.) Gialanella - Ric. Zaffiri e altro
Cassazione penale sez. IV, 8 agosto 2011 (u.p. 15 luglio 2011), n. 31575 - Pres. Marza- no - Est. Xxxxxxxxx - P.M. (Conf.) Cedrangolo
- Ric. Peri
La riflessione della Corte Suprema sulla delega di funzioni antinfortunistiche ha ricevuto nuovo impulso sotto la spinta dell’art. 16 D.Lgs. n. 81/ 2008 (per alcune prime indicazioni v. Xxxxx- xxxxxx, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza, aggiornato con le sen- tenze sui D.Lgs. n. 81/2008 e 106/2009, terza ed., Milano, 2011, 96 ss.).
Per cominciare, la sentenza Xxxxxx afferma che
«l’imputato, in quanto datore di lavoro, era te- nuto a porre rimedio al delegato che era palese- mente inadempiente rispetto agli obblighi di si- curezza», e che «gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datare di lavoro possono s`ı essere delegati, con conse- guente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro; ma da una parte l’atto di delega deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie co- gnizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento; d’altra parte rimane fermo co- munque l’obbligo per il datore di lavoro di vi- gilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la leg- ge prescrive».
A sua volta, la sentenza Xxxxxxxxx rileva che i giudici di merito richiamano «la disciplina del D.Lgs. n. 81/2008 ed in particolare la necessita` di una delega formale scritta e recante da data certa con la conseguenza che e` invalida una de- lega implicita o tacita», e mettono in luce che
«tale nuova normativa consente di superare la piu` risalente giurisprudenza che ammetteva la possibilita` di dimostrare l’esistenza della delega con prova diversa da quella documentale». E afferma che «tale apprezzamento e` nel suo nu- cleo fondato».
Del pari, la sentenza Xxxxxxx mostra di conside- rare, in forza delle «recenti leggi di riforma»,
«assolutamente necessaria la forma scritta» del- la delega.
Infine, la sentenza Xxxx ribadisce che la delega deve essere effettuata «con modalita` rigorose, con atto scritto avente data certa».
PSC e lavori da eseguire con immediatezza
Cassazione penale sez. III, 23 gennaio 2012 (u.p. 19 dicembre 2011), n. 2709 - Pres. De Maio - Est. Marini - P.M. (Diff.) Fraticelli - Ric. Ielapi e altro
Nel disciplinare il piano di sicurezza e di coor- dinamento nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili, l’art. 100 D.Lgs. n. 81/2008 stabili- sce, al comma 6, che «le disposizioni del pre- sente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata e` necessaria per preveni- re incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio o per garantire la conti- nuita` in condizioni di emergenza nell’erogazio- ne di servizi essenziali per la popolazione quali
corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunica- zione» (gia` il corrispondente art. 12, comma 6, dell’abrogato D.Lgs. n. 494/1996 prevedeva che «le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione imme- diata e` necessaria per prevenire incidenti immi- nenti o per organizzare urgenti misure di salva- taggio»).
La Sez. III considera un’ipotesi in cui il legale rappresentante di una s.r.l. era stato condannato per piu` violazioni antinfortunistiche, in quanto aveva «realizzato il ponteggio destinato a con- sentire con procedura di ‘‘somma urgenza’’ i lavori, appaltati da un comune, per la messa in sicurezza dell’edificio scolastico dal quale nei giorni precedenti erano caduti calcinacci e altro materiale».
Giurisprudenza
A sua discolpa, l’imputato lamenta che «il pon- teggio fu posizionato per fronteggiare una si- tuazione di assoluta urgenza e quindi consegna- to alla ditta appaltatrice, che ne divenne unica responsabile, al fine di eseguire immediati in- terventi che, invece, non furono eseguiti per mesi, fino a che la tromba d’aria che colp`ı la citta` dette causa al crollo del ponteggio».
Osserva che «erroneamente il Tribunale ha ope- rato una valutazione ex post e non ex ante della situazione di urgenza, mentre avrebbe dovuto considerare che l’urgenza di intervenire sull’e- dificio e di avviare le relative procedure sussi- steva indipendentemente dall’iter successivo della procedura, condizionata dall’assenza dei fondi necessari per avviare i lavori, fondi che erano stati richiesti», e come «il posizionamen- to del ponteggio fosse misura necessaria per evitare la caduta in strada di altre parti del cor- nicione e delle tegole».
La Sez. III non e` d’accordo.
Premette che «la disciplina, richiamata dal ri- corrente, che sovrintende le procedure abbre- viate e semplificate previste per i casi di ‘‘som- ma urgenza’’ trova fondamento tanto nella ne- cessita` di abbreviare, anche ad horas l’avvio dei lavori, quanto nella limitatezza temporale degli interventi emergenziali».
Prende atto che «il ragionamento del Tribunale che, valutata la distanza temporale tra l’avvio dell’installazione del ponteggio e il suo crollo, esclude l’esistenza dell’urgenza sarebbe certa- mente errato se si intendesse dedurne l’assenza di ‘‘somma urgenza’’, ma potrebbe trovare una propria logicita` qualora si riferisca alla circo- stanza che la permanenza in sede di un ponteg- gio per alcuni mesi esclude il carattere emer- genziale e temporaneo della installazione e in- troduce il tema se sia necessaria l’adozione pie- na delle cautele e delle garanzie che sarebbero state non necessarie ove, effettuati con urgenza i lavori, i ponteggi fossero stati rapidamente smontati».
E ritiene che «sul punto la motivazione si rivela effettivamente carente».
Finanziamenti per la sicurezza
a cura di Xxxxx Xxxxxxxx - Studio Pagamici, Macerata
Fondi interprofessionali
FONDIMPRESA
Scadenza:
16 aprile 2012
Incentivi per la formazione sulla sicurezza sul lavoro
Tornano gli incentivi Fondimpresa per la formazione in materia di sicu- rezza sul lavoro e tutela della salute.
Secondo quanto previsto dall’Avviso n. 1/2012 saranno finanziati piani for- mativi, promossi sulla base di accordi fra le parti sociali, riguardanti esclu- sivamente le seguenti tipologie ed aree tematiche (anche in forma integrata):
Finanziamenti
– salute e sicurezza: interventi formativi finalizzati all’incremento della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, in una logica di sistema, e al miglioramento dei livelli di prevenzione e protezione contro gli infor- tuni e le malattie professionali;
– gestione ambientale e sicurezza: azioni formative inerenti ad aspetti di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, direttamente connessi al sistema di gestione ambientale;
– sistemi di gestione integrati: sviluppo delle competenze in materia di sicurezza e di tutela della salute nell’ambito di interventi per l’introduzio- ne di sistemi di gestione della sicurezza o di sistemi di gestione integrata qualita`, ambiente, sicurezza.
Ciascun piano formativo dovra` concludersi entro 11 mesi dalla data di ri- cevimento della comunicazione di ammissione a finanziamento del piano stesso, con l’obbligo di portare a termine tutte le attivita` di erogazione del- la formazione entro 10 mesi dalla stessa data.
Potranno presentare domanda e realizzare i piani formativi i seguenti sog- getti:
– imprese gia` aderenti a Fondimpresa alla data di presentazione della do- manda di finanziamento;
– enti di cui all’art. 1 della Legge n. 40/1987 riconosciuti dal Ministero del Lavoro;
– enti accreditati per attivita` di formazione secondo le normative regiona- li, oppure in possesso della certificazione di qualita` in base alla norma UNI EN ISO 9001:2008, settore EA 37, per le sedi di svolgimento delle attivita` formative;
– Universita` pubbliche e private riconosciute;
– Istituti tecnici che rilasciano titoli di istruzione secondaria superiore;
– altri soggetti, pubblici o privati, legittimati a svolgere attivita` formative. I piani formativi dovranno essere rivolti esclusivamente ai lavoratori, occu- pati in imprese che hanno aderito a Fondimpresa prima dell’avvio dell’azio- ne formativa alla quale partecipano, per i quali esista l’obbligo del versamen- to del contributo integrativo di cui all’art. 25 della Legge n. 845/1978. Tra i destinatari del piano sono inclusi i lavoratori con contratti di inserimento o reinserimento, i lavoratori posti in cassa integrazione guadagni, anche in de- roga, i lavoratori con contratti di solidarieta` e i lavoratori a tempo determi- nato con ricorrenza stagionale, anche nel periodo in cui non sono in servizio. I finanziamenti (al netto dell’apporto del «conto formazione» di ciascuna azienda beneficiaria) saranno concessi (sulla base all’opzione esercitata dal soggetto richiedente) nel rispetto del Regolamento (CE) n. 800/2008 del 6
Nota:
3 Xxxxx Xxxxxxxx e` Dottore commercialista, Revisore contabile e Pubblicista.
agosto 2008 (Regolamento generale di esenzione per categoria) oppure del Regolamento (CE) n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006 (regime de minimis). Le domande dovranno essere pervenire a decorrere dal 1º marzo 2012 fino alle ore 13:00 del 16 aprile 2012 esclusivamente all’indirizzo di posta elettronica certificata xxxxxxxxxxxxx@xxxxxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(Avviso n. 1/2012 «Formazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e sulle tematiche ambientali»)
Dalle Regioni
LIGURIA
Scadenza:
Finanziamenti
30 aprile 2012
Contributi per promuovere la sicurezza nei cantieri
La Regione Liguria destina 140.000 euro per favorire l’adozione da parte delle imprese del settore dell’edilizia e dell’impiantistica di metodologie e sistemi finalizzati a migliorare la sicurezza dei cantieri, a promuovere la cultura della responsabilita` sociale delle imprese e l’adozione di codici eti- ci da parte delle stesse.
Le risorse sono messe a disposizione dal bando di attuazione della L.R. 13 agosto 2007, n. 31, art. 19, approvato con la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1735 del 29 dicembre 2011.
Il sostegno regionale sara` riconosciuto alle piccole imprese del settore edi- le e impiantistico (sezione F del Codice Ateco) iscritte alla CCIAA purche´ abbiano almeno una sede in Liguria e un numero di dipendenti, in termini di U.L.A., non inferiore a 3.
Verranno finanziati i seguenti interventi:
– percorsi socialmente responsabili e/o sostenibili secondo norme e linee guida in materia, modelli di rendicontazione, quali il bilancio sociale e di sostenibilita`, adozione di sistemi di gestione della responsabilita` sociale conformi agli standard di processi, quali AA1000, ISO 26000, specifici di settore e comunque riconosciuti, con conseguimento della relativa cer- tificazione e mantenimento della stessa per i primi 24 mesi a decorrere dal rilascio senza periodo di sospensione;
– acquisto di specifico software gestionale (e della relativa licenza) o di servizi on-line per monitorare ed incrementare il livello di sicurezza all’in- terno dei cantieri.
Gli interventi dovranno essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di contributo. Il programma di investimento dovra` conclu- dersi entro 12 mesi dalla data di ricevimento della notifica di ammissione al contributo(fatto salvo per quanto previsto dalla verifica per il manteni- mento della certificazione).
Saranno finanziate - nella misura del 70%, con un massimo di 7.000 euro
- le spese riferite a:
– formazione del personale interno, relativa alla conoscenza del modello di rendicontazione di riferimento, alle procedure da adottare e/o allo svi- luppo e stesura del modello di bilancio sociale/sostenibilita`, posiziona- mento rispetto a linee guida, adozione di sistemi di gestione della respon- sabilita` sociale conformi alle norme sulle certificazioni;
– consulenze esterne qualificate, nel limite massimo del 15% della spesa am- missibile complessiva, a supporto dei percorsi finalizzati all’adozione di bi- lanci sociali/sostenibilita`, posizionamento rispetto a linee guida, sistemi della gestione della responsabilita` sociale conformi alle norme sulle certificazioni;
– rilascio delle certificazioni del sistema digestione della responsabilita` sociale e alla verifica del relativo mantenimento della conformita` trascorsi i primi 24 mesi;
– acquisto di specifico software gestionale (e della relativa licenza) o di servizi on-line (per un periodo non inferiore a 3 anni) per monitorare ed incrementare il livello di sicurezza all’interno dei cantieri.
La spesa minima ammissibile per beneficiare dell’incentivo e` di 3.000 euro.
Le domanda di contributo potranno essere inviate (esclusivamente a mezzo raccomandata postale) fino al 30 aprile 2012 alla Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico - FI.L.S.E. S.p.A., Xxx Xxxxxxxxx, 00 - 00000, Xxxxxx. (Deliberazione della Giunta regionale 29 dicembre 2011, n. 1735, BUR 1º febbraio 2012, n. 5: approvazione bando)
Scadenza: dal 30 aprile*
Interventi a favore della sicurezza nelle PMI
La Toscana, attraverso la Linea di intervento 1.3b del POR XXXX 0000-0000, eroga contributi per promuovere la sicurezza sul lavoro nelle PMI. I criteri di attuazione dell’intervento agevolativo sono stati approvati con il Decreto 12 dicembre 2011, n. 5702, modificato dal Decreto 23 dicembre 2011, n. 6013. Potranno accedere ai contributi le micro, piccole e medie imprese, in forma singola o aggregata (consorzi, societa` consortili, cooperative e reti di impre- sa), anche di nuova costituzione, ubicate in tutto il territorio della Regione Toscana e regolarmente censite presso la CCIAA, che esercitano un’attivita` economica, identificata come prevalente, per l’unita` locale che realizza il progetto, nelle seguenti sezioni della Classificazione ATECO 2007:
– Sezione B, ad esclusione del gruppo 5.1;
– Sezione C;
– Sezione D;
– Sezione E;
– Sezione F;
– Sezione H, ad esclusione dei gruppi 49.1, 49.3, 50.1, 50.3, 51.1, 51.2,
53.1 e 53.2;
– Sezione J, ad esclusione della divisione 60 e dei gruppi 60.2, 61.9 e 63.9;
– Sezione M, limitatamente ai gruppi 71.1, 71.2, 72.1, 72.2, 73.1, 74.1,
74.2, 70.21, 70.22, 74.9;
– Sezione N, limitatamente ai gruppi 77.4, 80.1, 80.2, 81.2, 82.99.9;
Finanziamenti
– Sezione S, limitatamente ai gruppi 96.01.1, 95.1, 95.2. Saranno considerate ammissibili le spese per servizi di supporto:
– all’implementazione di sistemi gestione per la responsabilita` sociale (SA8000);
– all’implementazione di sistemi per garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (OHSAS 18001);
– alla gestione integrata per la qualita`, la qualita` ambientale e la sicurezza. L’agevolazione xxxx` erogata nella forma di un aiuto non rimborsabile, cal- colato sulle spese sostenute, concesso in misura pari al:
– 60% della spesa ritenuta ammissibile, per le micro impresa;
*La presentazione delle domande sara` possibile in qualunque momento dell’anno, con graduatorie quadrimestrali in cui saranno inserite le do- mande pervenute entro la scadenza del relativo quadrimestre (ossia: 30 aprile, 31 agosto e 31 dicembre fino al 31 dicembre 2013.
(Decreto 12 dicembre 2011, n. 5702, Supplemento n. 134 al BUR 28 di- cembre 2011, n. 52: approvazione nuovo testo bando; Decreto 23 dicem- bre 2011, n. 6013, BUR 11 gennaio 2012, n. 2: correzione Decreto 12
dicembre 2011, n. 5702)
Dalle Camere di Commercio
IMPERIA
Scadenza:
30 aprile 2012
Contributi alle PMI femminili che investono in sicurezza
Il bando «Imprenditrici: lavoriamo in sicurezza», promosso dalla CCIAA di Imperia, si propone di incrementare la sicurezza sul lavoro nelle impre- se femminili attive nel territorio provinciale.
Ai sensi del bando, sono definite imprese femminili:
– le societa` cooperative (CdA) e le societa` di persone costituite in misura non inferiore al 60% da donne;
– le societa` di capitali le cui quote di partecipazione sono detenute in mi- sura non inferiore ai 2/3 a donne e i cui organi di amministrazione sono costituiti per almeno i 2/3 da donne;
– le imprese individuali costituite da donne.
Ai fini dell’ammissibilita`, le imprese richiedenti dovranno:
– risultare iscritte al Registro Imprese della Camera di Commercio di Im- peria;
– essere in regola con il pagamento del diritto annuale;
– essere in regola con la contribuzione INPS, desumibile attraverso il DURC (Documento Unico Regolarita` Contributiva);
– non avere protesti a carico per vaglia cambiari, tratte accettate, assegni;
– non essere in stato di liquidazione o fallimento e non avere presentato domanda di concordato preventivo.
Saranno ammesse al contributo camerale le spese sostenute dal 1º giugno 2011 al 31 maggio 2012 per:
1) corsi di formazione: Titolo I, Capo III, Sezione IV: Formazione, Infor- mazione e Addestramento T.U. n. 81/2008; Utilizzo e addestramento dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale): Titolo III, Capo I e II, uso delle attrezzature di lavoro e dei Dispositivi di Protezione Individuale; re- sponsabile del servizio di prevenzione e protezione, corsi anti incendio e di primo soccorso, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
2) redazione del DVR (Documento di Valutazione del Rischio) per l’ade- guamento della sicurezza in azienda; valutazione dello stress da lavoro- correlato (art. 28, comma 1-bis, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
Il beneficio riconosciuto a ciascuna impresa ammessa a finanziamento sa- ra` pari al 50% delle spese ritenute ammissibili, fino ad un importo mas- simo di 2.000 euro.
Le domande dovranno essere presentate (a mano o tramite lettera racco- mandata a/r) entro e non oltre il 30 aprile 2012 all’Ufficio Protocollo CCIAA Imperia, via T. Schiva n. 29, 18100 Imperia.
(Bando «Imprenditrici: lavoriamo in sicurezza» 2011)
Finanziamenti
REGGIO CALABRIA Incentivi finalizzati al miglioramento delle condizioni
Scadenza:
13 aprile 2012
di lavoro
La CCIAA di Reggio Calabria concede agevolazioni per l’acquisizione di servizi reali finalizzati a certificare ambienti di lavoro sicuri.
Beneficiarie delle agevolazioni sono le micro, piccole e medie imprese, loro cooperative e consorzi, operanti in tutti i settori ad esclusione di quel- li non ammessi dal regime comunitario de minimis, in possesso dei se- guenti requisiti:
– essere iscritte al Registro Imprese ed in regola con la denuncia di inizio attivita` al REA della CCIAA di Reggio Calabria, con sede e/o unita` ope- rativa (escluso magazzino o deposito) nella provincia di Reggio Calabria;
– essere in regola con il pagamento del diritto camerale;
– non essere sottoposte a procedure concorsuali (quali: fallimento, ammi- nistrazione straordinaria, amministrazione controllata, concordato preven- tivo, liquidazione coatta amministrativa);
– non essere in difficolta` ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficolta` (2004/ C 244/02, pubblicati nella G.U.C.E. serie C n. 244 del 1º ottobre 2004);
– non trovarsi in stato di cessazione o sospensione dell’attivita`;
– non trovarsi in una delle condizioni di esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, di cui all’art. 38, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006;
– essere in regola con le norme in materia previdenziale, attestata dal Do- cumento Unico di Regolarita` Contributiva (DURC).
Il bando finanzia interventi per la progettazione, implementazione e cer- tificazione dei seguenti sistemi di gestione:
– sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro secondo la norma OHSAS 18001:2007;
– sistema di gestione della responsabilita` etico-sociale (SA 8000).
Xxxx` riconosciuto un contributo in conto capitale in misura pari al 70% delle spese ammesse, fino a un massimo di 10.000 euro.
(Bando per la concessione di contributi alle micro, piccole e medie im- prese dalla provincia di Reggio Calabria diretti a favorire l’introduzione di sistemi di certificazione e sostenere la qualificazione ambientale ed energetica - Edizione 2012)
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Sostanze pericolose
Gestione e valutazione del rischio
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Permette una corretta valutazione del rischio chimico in base al nuovo regolamento
CE n. 1272/08 e successive modifiche.
Permette di effettuare valutazioni separate per “salute” e “sicurezza”.
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Sostanze pericolose contiene una banca dati completa delle sostanze considerate pericolose dalla vigente legisla- zione attuativa della normativa comunitaria. Per ciascuna sostanza vengono forniti gli elementi inerenti:
• la nomenclatura;
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Infine contiene la normativa statale, comunitaria e la prassi amministrativa inerenti la materia specifica nonché approfondimenti d’autore riguardo alcuni argomenti principali come ad esempio:
• Metodi di misura e valori limite
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