Autorità Nazionale Anticorruzione
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dell’importo delle opere civili e di armamento. Al riguardo si è preso atto, con riferimento al contratto relativo alla tratta funzionale Treviglio-Brescia che, anche in base alle osservazioni già comunicate dall’Autorità, le parti hanno stipulato un accordo che sancisce come tale obbligo debba intendersi assolto solo con la concreta “esecuzione” delle opere da parte di imprese terze, selezionate con procedure ad evidenza pubblica, e non con la mera “messa a gara” delle opere, applicandosi le sanzioni pecuniarie stabilite dall’atto integrativo per il parziale rispetto dell’obbligo. Di contro, si è tuttavia rilevato un rinvio a tratte successive non ancora finanziate del possibile recupero di tale obbligo nella misura stabilita del 60%. Sul punto, l’ANAC ha invitato RFI e CG ad adottare, nel caso di ulteriori situazioni impeditive nell’esecuzione da parte delle imprese terze individuate con procedura ad evidenza pubblica, tempestive misure per il rispetto dell’obbligo nell’ambito della tratta in esecuzione. L’Autorità ha quindi disposto il proseguo del monitoraggio degli interventi in corso di esecuzione.
L’alta velocità di Firenze
L’indagine si è conclusa con l’adozione della delibera n. 61 del 29 luglio 2015, confermando le
criticità già rilevate in sede di CRI.
L’Autorità ha rilevato come la realizzazione dell’opera presenti un significativo aumento contrattuale (9,6% circa), per effetto di modifiche introdotte in corso d’opera ed enormi ritardi, dovuti soprattutto al fermo dei lavori determinatosi per lo scavo del passante, attesa la mancata approvazione del piano di utilizzo delle terre e la necessità di rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica per il tratto sud del medesimo passante. Tale incremento potrebbe assumere ancora maggiore rilevanza alla luce del già considerevole contenzioso, basato principalmente sull’andamento anomalo della commessa, destinato oltretutto ad aumentare a causa del permanere di uno stato di sospensione di gran parte delle attività, che lascia presupporre la formulazione di ulteriori richieste economiche da parte del CG.
Il committente e la SA sono stati, pertanto, invitati ad assicurare una rigorosa valutazione delle richieste risarcitorie, alla luce della più ampia autonomia e delle maggiori responsabilità rimesse al CG.
In relazione alle circostanze registratesi nel corso dell’appalto, oggetto di indagini giudiziarie, l’Autorità ha rilevato come le stesse abbiano evidenziato un’attività di controllo preventiva da parte della Direzione dei lavori e dell’alta sorveglianza, soprattutto precedentemente all’intervento della Procura della Repubblica di Firenze, non del tutto idonea ad assicurarne la piena efficacia, lasciando margini per comportamenti dei soggetti preposti all’esecuzione finalizzati a conseguire maggiori utili a discapito di una minore qualità dell’opera. Al riguardo, è stata evidenziata l’esigenza di assicurare elevati livelli di qualità dell’opera, attesa la complessità e la delicatezza della stessa, in ragione soprattutto del particolare contesto nel quale si colloca, ritenendo, pertanto, che sia da valutare con estrema attenzione l’accettazione, sia pure con l’applicazione di riduzioni economiche, di opere e manufatti che, pur
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normativamente accettabili, siano a discapito di ipotesi progettuali maggiormente cautelative in termini di sicurezza.
La delibera ha anche ravvisato elementi di criticità nella pressoché totale cessione da parte della Società Coopsette delle quote di partecipazione della Società Nodavia, ove, pur tenendo conto di quanto stabilito dalle disposizioni normative in materia e delle conformi previsioni della convenzione, appare di fatto venir meno l’apporto operativo del socio che ha fornito, in sede di offerta, i requisiti per la qualificazione. Tenuto conto del permanere di situazioni di criticità che non consentivano una regolare esecuzione dei lavori, è stata prevista un’attività di monitoraggio volta a seguire con attenzione i successivi sviluppi dell’opera, riservandosi di procedere a ulteriori accertamenti e interventi.
Atteso che l’attività di monitoraggio ha messo in evidenza che le criticità connesse alla mancata approvazione del richiamato piano di utilizzo delle terre e al mancato rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica non erano ancora state superate, si è proceduto all’invio della delibera alla Procura della Corte dei conti.
La realizzazione della nuova linea C della metropolitana di Roma
L’indagine riguardante la fase realizzativa dell’intervento, con particolare riferimento al prolungamento dei tempi e all’incremento dei costi di realizzazione, si è conclusa con l’adozione della delibera n. 51 del 24 giugno 2015 che, in linea generale, ha confermato le criticità già rilevate in sede di CRI.
In primo luogo, l’operato della SA è stato ritenuto non coerente con i principi di trasparenza ed efficienza per aver messo a gara un progetto di notevole rilevanza in carenza di adeguate indagini preventive, per una parte molto estesa del tracciato, senza tenere in debito conto i pareri espressi dalla Soprintendenza Archeologica.
Al riguardo, è stato evidenziato anche come le attività di progettazione delle indagini archeologiche e la loro esecuzione, sulla base della documentazione contrattuale, siano state chiaramente rimesse al CG; pertanto, il ritrovamento di reperti archeologici nelle attività di indagine/esecuzione non poteva qualificarsi come evento di forza maggiore, ma costituisce circostanza insita nelle attività rimesse al contraente medesimo.
L’Autorità ha anche richiamato il direttore lavori all’osservanza dei compiti allo stesso assegnati dal capitolato speciale d’appalto riguardo alla verifica dell’incidenza sui singoli cantieri autonomi predisposti per l’esecuzione dei lavori e sulle singole attività di eventi impeditivi che interferiscono con l’esecuzione delle opere secondo progetto e crono- programma, valutando l’adeguatezza e la tempestività delle misure intraprese dal CG. Analogamente, i soggetti preposti all’esame delle riserve (direttore lavori, RUP, commissione ex art. 240, arbitri) sono stati richiamati a un’attenta valutazione delle stesse in termini di ammissibilità, fondatezza e quantificazione economica, che tenga in debito conto le previsioni del capitolato speciale d’appalto preliminarmente all’avvio di qualsiasi procedura di risoluzione delle controversie.
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È stato, inoltre, rilevato come Roma Metropolitane in sede di atto attuativo abbia riconosciuto al CG Metro C un importo di 18.873.112,82 euro, in attuazione del lodo parziale del 6 settembre 2012, e un importo di 46.497.382,41 euro, quali oneri inerenti la funzione di CG in contrasto con la precedente impugnazione del lodo parziale, che era conseguente alle contestazioni già mosse in sede arbitrale.
La contestazione originariamente avanzata da Roma Metropolitane, in ordine al fatto che le attività inerenti tale funzione potevano ritenersi già ricomprese tra le attività oggetto di affidamento e remunerate nei prezzi contrattuali, è stata ritenuta fondata dall’Autorità.
La delibera ha poi evidenziato come in sede contrattuale siano state introdotte modifiche che appaiono a vantaggio del CG, avendo comportato una riduzione degli oneri di prefinanziamento a carico dello stesso e una riprogrammazione delle attività, con anticipazione di opere apparentemente meno complesse e per contro, a una mancata accelerazione delle attività di competenza di Metro C. Preso atto del rilevante incremento dei tempi e dei costi già intervenuto, i soggetti coinvolti sono stati invitati ad assumere ponderate decisioni circa il prosieguo dell’opera, atteso che, per la “tratta T2”, erano ancora concretamente da valutare tempi e costi di esecuzione nonché la stessa possibilità di realizzazione. La del. 51/2015 è stata trasmessa per i profili di competenza alla Procura della Corte dei conti.
L’anello ferroviario di Palermo
L’appalto per la “Progettazione esecutiva e la realizzazione della prima fase funzionale della chiusura dell’anello ferroviario di Palermo, in sotterraneo, nel tratto di linea tra la stazione di Palermo Notarbartolo e la fermata Giachery con proseguimento fino a Politeama” è stato bandito nel giugno 2006 sotto forma di appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione ai sensi della l. 109/1994, sulla base di un progetto definitivo elaborato da Italferr
S.p.A. per conto di RFI (SA ed ente attuatore) e approvato dal Comune di Palermo (ente committente e beneficiario) nel novembre 2005.
Il progetto definitivo dell’intervento prevedeva un importo complessivo di 124.103.656,43 euro. A seguito di un lungo contenzioso in sede amministrativa l’appalto è stato aggiudicato nel settembre 2009 alla ditta Tecnis S.p.A. che ha offerto un ribasso di circa il 23%. È stata quindi stipulata la convenzione tra Tecnis S.p.A. e Italferr S.p.A. per un importo di contratto pari a 75.978.823,03 euro. Il tempo assegnato per l’elaborazione del progetto esecutivo e l’esecuzione dei lavori è stato stabilito rispettivamente in 180 e 855 giorni naturali consecutivi. L’elaborazione della progettazione, rivelatasi molto laboriosa, tanto da richiedere un tempo di gran lunga maggiore rispetto a quello originario previsto e da portare all’approvazione di un progetto esecutivo di importo molto superiore a quello del definitivo, ha contemplato sette varianti. Il progetto è stato definitivamente approvato dal Comune di Palermo nel febbraio 2014 per un importo complessivo pari a 104.215.085,07 euro.
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A causa delle varianti introdotte nel passaggio dal livello definitivo a quello esecutivo, l’importo dei lavori è pertanto lievitato di circa 28 milioni di euro, corrispondente al 36% dell’importo originario del contratto. Tali varianti, dell’importo complessivo di 24.013.442,41 euro, sono state tutte ascritte a “circostanze impreviste e imprevedibili al momento del progetto definitivo”; la più consistente è stata la “variante smaltimento terre” (a cui corrisponde un incremento di 18.003.135,97 euro), introdotta al fine di compensare i nuovi costi per lo smaltimento di terre che hanno subito una differente classificazione a seguito dell’entrata in vigore del Codice dell’ambiente.
L’Autorità, con delibera n. 117 del 4 novembre 2015, si è espressa evidenziando come una così consistente differenza economica costituisca di per se stessa, indipendentemente da ogni eventuale modifica di carattere tecnico (relativa, ad esempio, al tracciato planoaltimetrico, al numero ed alla localizzazione delle stazioni, alle tecnologie impiegate, etc.), una rilevante modifica del progetto posto a base di gara che avrebbe dovuto suggerire a Italferr S.p.A. le valutazioni del caso, non ultima una revisione dell’iter procedurale. In particolare, riguardo alle varianti si è ritenuto che quella relativa allo smaltimento terre appare, se non altro da un punto di vista formale, ascrivibile alla casistica della sopraggiunta disposizione normativa, e che almeno quattro delle varianti appaiono piuttosto ascrivibili a una inadeguata valutazione dello stato dei luoghi in sede di progettazione definitiva (benché due in diminuzione), in particolare nella fase di caratterizzazione delle aree di intervento e di censimento dei sotto- servizi.
Nella medesima delibera l’Autorità ha rilevato, inoltre, che non appare in linea con la normativa vigente la formulazione del primo accordo integrativo modificativo della convenzione del 2009, stipulato tra RFI S.p.A. e Tecnis S.p.A. nel luglio 2014, laddove ridetermina a posteriori i tempi per l’espletamento delle attività di realizzazione, verifica e approvazione della progettazione esecutiva; siffatta formulazione ha l’effetto di escludere qualunque rivendicazione reciproca delle parti correlabile ai maggiori tempi occorsi, nonché la possibilità di applicare le penali di cui all’art. 26 della convenzione (segnatamente, le penali per ritardata consegna del progetto esecutivo).
L’Autorità, infine, ha disposto l’attivazione di un monitoraggio dell’intervento, da eseguirsi sulla scorta di relazioni semestrali sullo stato di avanzamento tecnico ed economico da trasmettersi a cura di Xxxxxxxx S.p.A.; dalla prima relazione del 15 ottobre 2015 risultava un avanzamento fisico dei lavori è pari al 3% dell’importo dell’intervento.
Xxxxxxxxxx X00 Xxxxxxx-Xxxx Xxxxxxx
A seguito di gara pubblica, esperita mediante procedura ristretta, Autostrade per l’Italia S.p.A. in data 6 luglio 2010 stipulava con il Consorzio stabile SAMAC il contratto d’appalto per l’affidamento dei lavori relativi all’autostrada A14-Bologna-Bari-Taranto- Ampliamento alla terza corsia del tratto Rimini nord-Pedaso-Tratta Senigallia-Ancona nord. Il corrispettivo contrattuale, al netto del ribasso del 27,73% offerto in gara, era pari a 259.951.936,83 euro.
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La consegna dei lavori avveniva in data 7 luglio 2010, stabilendo quale termine per l’ultimazione, stante le previsioni contrattuali, il 20 marzo 2014. Nel contratto era prevista la possibilità di erogare un “premio di accelerazione”, da concordare con l’appaltatore per l’ultimazione anticipata dei lavori o di alcune lavorazioni. Nel corso dei lavori, sono insorte alcune controversie tra Autostrade per l’Italia e SAMAC in merito al corretto adempimento del contratto e, in generale, al rispetto delle reciproche obbligazioni contrattuali, che hanno fra l’altro portato all’iscrizione, da parte di SAMAC di numerose riserve.
Per la risoluzione delle controversie si è fatto ricorso alla sottoscrizione di tre accordi transattivi, che hanno previsto, nella sostanza, medesime condizioni, se pur traslate in tempi diversi, e conseguivano a ricorsi in sede civile dell’appaltatore; tutti e tre gli accordi hanno previsto l’erogazione di “premi di accelerazione”, malgrado il termine dei lavori fosse complessivamente già scaduto. Il terzo accordo transattivo ha previsto, tra l’altro, la predisposizione di una variante contenente modifiche al progetto riguardanti migliorie tecniche nonché l’adeguamento degli oneri per la sicurezza e la rivalutazione degli oneri già oggetto di valutazione del piano di sicurezza e coordinamento, in considerazione del prolungato vincolo contrattuale.
L’Autorità, con delibera n. 143 del 25 novembre 2015, ha rilevato l’uso distorto e strumentale dell’istituto della transazione (il contenuto degli atti firmati, almeno in parte, è apparso derogatorio di alcune disposizioni del Codice) e la redazione di una variante, con conseguente rivalutazione degli oneri di sicurezza, in parte non pienamente giustificata.
In ordine alla transazione è stata riscontrata una doppia criticità. La prima attiene al fatto che si tratta di un istituto, mutuato dal Codice Civile, la cui attivazione presuppone l’esistenza di diritti disponibili. La transazione risulta, quindi, nulla se tali diritti, per loro natura o per espressa disposizione di legge (nel caso di specie, il Codice cui il contratto in esame è assoggettato) sono sottratti alla disponibilità delle parti. La seconda attiene all’uso distorto e strumentale delle norme dettate in materia dall’art. 239 del Codice secondo cui ai fini dell’ammissibilità della transazione è necessaria l’esistenza della res litigiosa, cioè di una controversia giuridica, e non di un semplice conflitto economico. Nel caso specifico gli accordi firmati, piuttosto che essere finalizzati alla concreta risoluzione di una controversia giuridica, hanno trovato impropria motivazione nella pesante situazione di dissesto finanziario del Consorzio, aggravata dalla crisi economica. Inoltre, si è potuto rilevare che la clausola contenuta nel secondo accordo transattivo che statuisce l’impegno del committente di
«consentire, a prescindere dal raggiungimento della soglia di importo, l’avvio della procedura ex art. 240 d.lgs 163/06, […], sulle residue riserve iscritte e non rinunciate da SAMAC, ravvisandone […] comunque l’ammissibilità» costituisce una deroga alle disposizioni del Codice che, all’art. 240, co. 4, affida tale prerogativa al RUP cui compete, dunque, il compito di analizzare e valutare la non manifesta infondatezza delle riserve e, conseguentemente, al raggiungimento della percentuale prescritta, l’avvio della procedura di accordo xxxxxxx.
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Con riferimento alla variante è stato osservato che alcune delle voci che contribuivano agli incrementi di costo sono più propriamente da ascrivere alle spese generali dell’impresa e nulla hanno a che vedere con la rivisitazione del progetto e del piano di sicurezza. Nel calcolo degli oneri di sicurezza vanno, infatti, distinti gli aspetti che afferiscono alla specifica organizzazione dell’impresa (che includono evenienze riconducibili ai fisiologici “rischi” di impresa), dagli oneri della sicurezza ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) (riferiti agli effettivi apprestamenti necessari per la sicurezza del cantiere). Anche l’esigenza di effettuare un numero maggiore di riunioni di coordinamento, ovvero di adibire un più alto numero di maestranze, rispetto a quanto in origine previsto, per la gestione del traffico veicolare, o per il controllo e l’eventuale sostituzione delle recinzioni sono da includere nelle spese generali dell’impresa.
Gli altri incrementi di costo di cui alla perizia e, ancor più, il riconoscimento all’appaltatore di somme aggiuntive per la “consegna anticipata” di tronchi d’opera, sono da ascriversi a scelte del committente, effettuate per risolvere problematiche con l’appaltatore e/o finalizzate a limitare i disagi all’utenza e a garantire un adeguato servizio alla stessa anche nel corso dei lavori, così come previsto nella Carta dei Servizi 2015 di Autostrade per l’Italia S.p.A. alla voce “gestione della viabilità”.
In conclusione, l’unico evento determinato da forza maggiore o fatto del terzo non riconducibile a responsabilità del concessionario appare l’evento meteorologico estremo verificatosi nel maggio 2014, con la conseguente necessità tecnica di modificare le opere di consolidamento all’imbocco della galleria e di incrementare l’entità dello spritz beton ai fini della sicurezza delle maestranze in cantiere.
Lavori di realizzazione di una tratta della bretella di collegamento denominata “Strada delle Serre”
Il caso in esame riguarda, in particolare, il tratto viario dello sviluppo di circa 21 km, di cui 14 ricadenti sul tronco IV (Chiaravalle Centrale-Bivio Montecucco) e sette ricadenti sul tronco IV-bis (diramazione per Serra San Bruno). L’approfondimento istruttorio ha riguardato, in particolare, il primo e il secondo accordo xxxxxxx intervenuti nel corso del procedimento di realizzazione dell’opera, il notevole ritardo di esecuzione maturato e la lievitazione dei costi di realizzazione. L’istruttoria che si è espletata anche mediante una apposita audizione della SA, ha messo in evidenza molteplici irregolarità tra cui quelle afferenti: al procedimento di avvio e conclusione degli accordi bonari; alle sensibili e non adeguatamene motivate divergenze tra la quantificazione operata dal RUP e quella ammessa in accordi bonari; alla contiguità tra alcune riserve e le opere oggetto di variante; all’eccessiva durata del procedimento di accordo bonario; alle anomalie per quanto attiene al riconoscimento di alcune riserve; alla mancata attivazione di clausole a tutela della SA per il caso di mancata ripresa dei lavori e mancata esecuzione nelle tempistiche concordate. Le conclusioni dell’Autorità sono state inviate alla
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Procura Generale presso la Corte dei conti ed alla competente Procura della Repubblica per gli eventuali approfondimenti di competenza.
8.2 Le verifiche nei settori energia e rifiuti
Vigilanza sulla procedura di scelta del socio privato di minoranza della società Bea Gestioni S.p.A.
Nel mese di dicembre 2015 è pervenuto all’Autorità un esposto presentato da alcuni Consiglieri regionali della Lombardia, Senatori e Deputati e da taluni Consiglieri comunali dei Comuni soci della Società pubblica Bea Brianza Energia Ambiente S.p.A., con il quale si segnalavano diverse illegittimità relative alla procedura di gara per la selezione del socio privato di minoranza della società Bea Gestioni S.p.A..
Nel corso dell’istruttoria, l’Autorità ha potuto riscontrare molteplici e rilevanti criticità, tra cui:
▪ la violazione del principio di concorrenza relativamente al fatturato specifico richiesto nella lex specialis, in quanto in essa non si è rinvenuta un’espressa motivazione contrariamente a quanto previsto dall’art. 41, co. 2, del Codice;
▪ l’assenza di qualunque descrizione e quantificazione, anche orientativa, dei lavori afferenti al lotto 2, con conseguente impossibilità di verificare l’esattezza delle specifiche categorie e la congruità delle relative classifiche indicate dalla SA nella documentazione di gara;
▪ la mancata definizione dei necessari requisiti in ordine all’affidamento del servizio di progettazione, tale da alterare la concorrenza sia sotto il profilo dell’incertezza e dell’asimmetria informativa generata tra i possibili offerenti, sia sotto il profilo dell’illegittimità dell’aggiudicazione disposta nei confronti dell’unico concorrente, alle condizioni da quest’ultimo proposte e a lui più favorevoli;
▪ la disapplicazione dei criteri di valutazione dell’offerta previsti dal bando e irrituale negoziazione con l’unico concorrente, a seguito della quale si è addivenuti all’aggiudicazione per importo superiore a quello previsto nei documenti di gara e senza evidenza del necessario riscontro dei requisiti minimi dell’offerta tecnica previsti dal bando;
▪ violazioni del procedimento di gara relativamente alla nomina di due commissioni (una amministrativa e una tecnica), in contrasto con le previsioni della lex specialis e, in particolare, con quanto prescritto nel disciplinare di gara, ove si fa invece corretto riferimento a un’unica commissione di gara composta e nominata ai sensi dell’art. 84 del Codice;
▪ la duplice violazione dell’art. 84 del Codice per quanto concerne le disposte nomine dei commissari tecnici e ciò sia in relazione alla nomina del RUP in qualità di componente sia in relazione all’ulteriore nomina, sempre in qualità di componente, di un altro soggetto, già redattore dello studio di fattibilità posto a base di gara.
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Costruzione e gestione del termovalorizzatore di Parma
Nell’ambito della tematica “gestione integrata dei rifiuti” la delibera n. 14 del 4 febbraio 2015 ha affrontato le problematiche contrattuali sopravvenute in seguito alla trasformazione societaria della ex società in-house del Comune di Parma, l’AMPS, cui era affidato, grazie alla stipula di una convenzione del 2004, il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e le operazioni di pretrattamento e avvio al recupero, fino allo smaltimento dei rifiuti.
La trasformazione delle ex municipalizzate in S.p.A. e la loro vendita con la quotazione in borsa coinvolgono, specie in molte aree del centro-nord, numerose ex municipalizzate che, a seguito di fusioni e successive liberalizzazioni sul mercato, hanno dato vita a importanti aziende multiservizi; queste hanno “ereditato” i vecchi contratti di gestione mantenendoli, in qualche caso impropriamente, fino all’attualità.
Ciò, oltre a causare possibili “criticità amministrative”, può essere concausa di fenomeni distorsivi della concorrenza per l’inevitabile “vantaggio” che tali aziende hanno per vari motivi, sui territori dove hanno operato, nei riguardi di altre potenziali concorrenti.
Il caso trattato dall’Autorità è esemplificativo delle problematiche sopra esposte; sono insorti, infatti, diversi contenziosi nel passato e alcuni ancora in essere, tra la società IREN e il Comune di Parma, che hanno investito sia il giudice amministrativo che il giudice penale e civile, e finanche la Commissione europea che ha rilevato nella vicenda una violazione dei principi di libera concorrenza statuiti dal trattato.
Sintetizzando i fatti, il 1 marzo 2005 nasceva ENIA S.p.A. dalla fusione di tre società municipalizzate: AGAC (Azienda municipalizzata del gas di Reggio Xxxxxx), AMPS (Azienda municipalizzata di Parma per la gestione dei servizi di igiene ambientale e del verde urbano) e TESA (Azienda municipalizzata della nettezza urbana di Piacenza). La società si strutturava in
S.p.A. ma fino alla sua quotazione in borsa, avvenuta nel 2007, era interamente in mano pubblica. Il 1 luglio del 2010 ENIA si è fusa con IRIDE (frutto a sua volta dell’unione tra le municipalizzate di Torino e Genova), diventando IREN S.p.A., l’attuale gestore dei rifiuti a Parma, nonché realizzatore del termovalorizzatore in questione.
Tale società ha “ereditato” i contratti a suo tempo detenuti da alcune società in-house, contratti oggetto di numerose e successive proroghe per l’impossibilità di interrompere il servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani nelle more della riorganizzazione dell’ATO in Xxxxxx Xxxxxxx.
In tale contesto si inserisce la problematica relativa alla costruzione del Polo ambientale integrato (PAI) che prevede fra l’altro la realizzazione di un termovalorizzatore. Il PAI è stato oggetto di numerosi contenziosi tra il Comune di Parma e la Società IREN, principalmente in relazione alla natura giuridica dell’opera, poiché la stessa è stata approvata quando l’azienda costruttrice era ancora, di fatto, in mano pubblica, mentre la sua realizzazione si è concretizzata quando XXXX si era già trasformata in S.p.A. e quotata in borsa; si è pertanto dibattuto, in particolare, sull’evenienza che il PAI fosse da inquadrare come una iniziativa privata per la realizzazione di opere di pubblica utilità, ovvero come un’opera pubblica. Le
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implicazioni di natura giuridico/economica sono ben diverse a seconda dell’una o dell’altra ipotesi e ciò sia con riferimento alla “proprietà” dell’opera stessa che in relazione agli eventuali oneri di costruzione il cui omesso pagamento costituirebbe danno all’erario.
I profili che l’Autorità ha analizzato hanno riguardato i seguenti aspetti:
▪ i corretti termini della convenzione/contratto per la gestione del servizio di raccolta rifiuti, stipulata al tempo dall’ATO con la municipalizzata AMPS, oggi IREN S.p.A., sia con riferimento alla data di scadenza della stessa, che alle attività regolate dalla convenzione medesima;
▪ la legittimità delle procedure seguite per la realizzazione del PAI;
▪ l’evenienza, sia con riferimento al servizio di gestione dei rifiuti che alla costruzione del PAI/termovalorizzatore, che le vicende soggettive dell’ex azienda municipalizzata l’abbiano posta in situazione di “vantaggio” rispetto ad altri operatori del settore, potenzialmente causando effetti distorsivi sulla concorrenza.
Dall’istruttoria effettuata sono scaturite le seguenti conclusioni:
▪ il termovalorizzatore di Parma è da qualificarsi quale opera privata di interesse pubblico e pertanto vanno corrisposti dal costruttore gli oneri concessori;
▪ l’accordo stipulato tra il Comune di Parma ed ENIA per la costruzione del termovalorizzatore rientra tra gli accordi convenzionali stipulati con amministrazioni pubbliche nell’ambito della disciplina dei piani di riqualificazione urbana; tale tipologia di accordi prevede che, a fronte del riconoscimento al soggetto privato di diritti edificatori, vengano realizzate opere di adeguamento infrastrutturale e di trasformazione del territorio; tali opere sono opere pubbliche, così come pubbliche sono le reti per il teleriscaldamento;
▪ poiché la convenzione con l’IREN risulta scaduta è stata sollecitata l’Atersir (l’ATO regionale) a procedere tempestivamente per l’indizione della gara d’appalto per l’affidamento del servizio integrato. È stato raccomandato inoltre all’Atersir, nella predisposizione della gara d’appalto per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti nel territorio parmense, di tenere in debita considerazione la particolare situazione impiantistica dell’area che vede l’IREN proprietaria di impianti in parte di provenienza pubblica, esistenti prima della quotazione in borsa di ENIA e, in parte, di nuova realizzazione quali investimenti privati; ciò al fine di evitare che, nella futura gara per l’affidamento del servizio, IREN possa godere di una posizione di vantaggio rispetto ad altri potenziali OE.
La delibera conclusiva dell’istruttoria è stata inviata alla competente Procura della Repubblica
ed alla Procura regionale della Corte dei conti per i profili di competenza.
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Realizzazione di pozzi di captazione di xxxxxx e percolato nella discarica di Xxxxxxx Sant’Xxxxxx
Sono stati svolti accertamenti sugli affidamenti di lavori, servizi e forniture nella discarica di Mazzarrà Sant’Xxxxxx, situata in Provincia di Messina, operati dalla Società Tirrenoambiente S.p.A., preposta alla sua gestione. Quest’ultima è una società a prevalente capitale pubblico costituita nel 2002 (il cui capitale è per il 51% pubblico e per il 49% privato). Per la parte pubblica, l’azionista di maggioranza è il comune di Mazzarrà Sant’Xxxxxx, con il 45% circa delle azioni, la restante percentuale è detenuta in piccole quote da comuni limitrofi che conferiscono nella discarica. La parte privata, che nel corso degli anni ha subito varie modifiche, è attualmente rappresentata dalle ditte Ederambiente s.c. (21%), Gesenu S.p.A. (10%), SECIT S.r.l. (10%), San Germano S.r.l. (2%) e altre aziende con quote azionarie di poche unità.
La Società si configura quindi come mista pubblico/privato a prevalente capitale pubblico, costituita per la gestione di servizi pubblici locali (nel caso specifico, afferenti al settore dell’igiene urbana) e pertanto soggetta alle disposizioni di cui all’art. 32, co. 1, lett. f), del Codice. Inoltre, ai sensi dell’art. 5 dello statuto societario risulta tenuta a eseguire in proprio i lavori tramite le imprese socie o ad affidarli all’esterno secondo le norme vigenti.
In linea generale, si è rilevato un sistematico ricorso all’affidamento diretto di lavori, servizi e forniture, con frequente ricorso al tacito rinnovo dei contratti, in disapplicazione, pertanto, delle norme sull’evidenza pubblica e del medesimo statuto, per importi molto variabili sia per i lavori che per i servizi.
Nel primo caso gli importi variano da poche migliaia di euro, ad esempio, per lavori di manutenzione, di impiantistica, ad alcune decine o centinaia di migliaia di euro per la realizzazione di pacchetti di impermeabilizzazione, trivellazione di pozzi, etc..
Analogo discorso per i servizi: risultano attività quali le indagini geofisiche affidate per importi che non superano i 100.000 euro ma anche servizi per raccolta rifiuti nelle aree limitrofe alla discarica, coordinamento viabilità interna durante l’accesso degli automezzi, assistenza carico automezzi per il trasporto del percolato, etc., per importi che superano il milione di euro. In alcuni casi, poi, gli ordini non sono risultati quantificati nel loro importo complessivo ma solo nella loro tariffazione unitaria, non potendo quindi escludere che, se alcune di queste attività fossero state inserite in un organico disegno gestionale, si sarebbe resa necessaria l’indizione di un’apposita procedura di gara.
Con maggiore dettaglio è stata poi esaminata la situazione delle società che hanno beneficiato del maggior numero di affidamenti diretti, acquisendo i dati relativi agli affidamenti disposti negli ultimi tre anni, con particolare attenzione a ditte non comprese nella compagine societaria di Tirrenoambiente. In particolare per la ditta XXXXX S.p.A. sono stati riscontrati 13 affidamenti nel 2011 per complessivi 2.235.598,00 euro, 11 affidamenti nel 2012 per
complessivi 549.872,00 euro, 17 affidamenti nel 2013 per complessivi 3.515.290,00 euro, 17 affidamenti nel 2014 per complessivi 3.374.989,00 euro. Anche in questo caso risultavano
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affidamenti di servizi rinnovati tacitamente di anno in anno, in violazione delle norme
sull’evidenza pubblica.
Nell’ambito delle attività di gestione dell’impianto di captazione di percolato e biogas si è rilevato, inoltre, l’affidamento diretto di attività di trivellazione pozzi effettuato da XXXXX
S.p.A. in favore di altra ditta che, di fatto, si caratterizza come un subappalto di lavori per il
quale non risultano essere state applicate le norme di cui all’art. 118 del Codice.
In definitiva, con la delibera n. 155 del 10 dicembre 2015, conclusiva dell’istruttoria, l’Autorità ha rilevato una gestione complessiva da parte di Tirrenoambiente S.p.A. non improntata a criteri di economicità e trasparenza e una insufficiente attività di controllo da parte del Comune di Mazzarrà Sant’Xxxxxx nella sua qualità di socio pubblico di maggioranza. Per altro verso, si è preso atto della determinazione del nuovo consiglio di amministrazione della Società recentemente insediatosi di procedere in conformità al Codice per i nuovi affidamenti di lavori, servizi e forniture.
8.3 Le indagini nel settore dei servizi portuali e aeroportuali
Autorità portuale di Genova-Calata Oli Minerali
L’attività di vigilanza relativa ai lavori di realizzazione della piattaforma ecologica di Calata Oli Minerali nel porto di Genova ha avuto quale oggetto iniziale la verifica della procedura di gara espletata dall’Autorità portuale Genova (APG) per l’affidamento di tali lavori, dell’importo a base d’asta di 9.688.221,67 euro, stante quanto riferito nell’esposto pervenuto circa possibili carenze del progetto di livello esecutivo posto in gara, che avrebbe di fatto rimandato all’aggiudicatario l’esecuzione della progettazione degli impianti previsti nell’appalto.
Nel corso dell’istruttoria sono stati acquisiti elementi su altre circostanze in relazione alle quali è stato necessariamente ampliato l’oggetto degli accertamenti. Emergeva infatti che il progetto posto in gara era stato fornito all’APG dalla Società attualmente già concessionaria di un’area nel porto di Genova e attiva nella gestione delle piattaforme ecologiche per la cernita differenziata, il trattamento e/o smaltimento di rifiuti.
La Società aveva presentato domanda di estensione della concessione demaniale di cui è titolare, richiamando il piano di impresa contenente l’impegno a realizzare ulteriori impianti e opere rispetto a quelle contemplate dalla gara in oggetto; l’istanza è stata valutata dall’APG secondo le procedure demaniali in vigore, ex artt. 36 e 18 del regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione del testo definitivo del Codice della navigazione, nel seguito anche Codice della navigazione), senza che siano pervenute istanze concorrenti. Quindi la Società, titolata alla gestione pluriennale della piattaforma ecologica per mezzo di concessione demaniale, ha sostenuto i costi di progettazione dei lavori di cui sopra, da eseguirsi sull’area con fondi pubblici, al fine di ridurre l’iter procedurale della progettazione.
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A seguito dell’approvazione da parte dell’APG del progetto esecutivo fornito, è stata bandita la gara per l’esecuzione dei lavori tramite procedura ristretta con il criterio del prezzo più basso, a cui ha partecipato, risultando aggiudicataria, altra Società che può definirsi sostanzialmente “gemella” della prima (stessi soci e stesso amministratore unico) anch’essa titolare di concessione demaniale marittima su area del porto di Genova e operante nel servizio di raccolta e trattamento di rifiuti in ambito portuale.
L’Autorità, con delibera n. 108 del 28 ottobre 2015, ha evidenziato elementi di criticità sia nella procedura di affidamento dei lavori di realizzazione della piattaforma ecologica che in quella di autorizzazione dei servizi di raccolta e stoccaggio rifiuti.
L’APG, in relazione ai servizi di raccolta e stoccaggio rifiuti, ha optato per una liberalizzazione degli stessi secondo il modello “concorrenza nel mercato”.
Al riguardo è stato osservato che l’art. 34, co. 20, l. 221/2012 stabilisce che, per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare, tra l’altro, il rispetto della disciplina europea e la parità tra gli operatori, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche, se previste. Tali disposizioni possono far ritenere legittima anche l’apertura alla libera concorrenza nel rispetto dei principi di parità di trattamento tra OE e di trasparenza.
Con la richiamata delibera l’Autorità, tuttavia, ha sottolineato che i servizi di raccolta e smaltimento di acque reflue e rifiuti rientrano nella categoria 16 dell’Allegato II A del Codice che, all’art. 20, co. 2, stabilisce che gli appalti di servizi elencati nel medesimo allegato sono soggetti alle disposizioni del Codice stesso.
Non escludendo, quindi, in modo assoluto la possibilità che tali servizi possano trovare, a certe condizioni, modalità di svolgimento diverse, ha ritenuto l’affidamento dei servizi di raccolta e stoccaggio dei rifiuti da nave soggetti alle procedure di evidenza pubblica del Codice sottolineando, nel caso in esame, come tra l’altro l’espletamento dei servizi di raccolta da navi risulterebbe di fatto collegato all’affidamento, già avvenuto, di aree demaniali con concessione demaniale marittima.
Per quanto riguarda, invece, l’appalto dei lavori, l’Autorità ha ritenuto la redazione del progetto posto in gara dall’APG commissionata da parte di un soggetto privato non coerente con alcuna procedura prevista dal Codice, rilevando, inoltre, la violazione dell’art. 90, co. 8, per la partecipazione di un soggetto collegato all’affidatario dell’incarico di progettazione con conseguente violazione del principio comunitario di parità di trattamento.
La gestione del sistema aeroportuale di Roma
A seguito dell’esposto dell’Associazione Fuori Pista e delle interrogazioni parlamentari nn. 5- 05598 e 5-05639 è stato avviato uno specifico procedimento di vigilanza nei confronti della
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Società Aeroporti di Roma-ADR S.p.A.. L’indagine muove in via preliminare dalla diversificazione esistente in ambito aeroportuale tra spazi destinati allo svolgimento di attività connesse alla navigazione aerea e spazi destinati ad attività non aeronautiche.
Le attività aeronautiche (aviation o airside) riguardano la progettazione, realizzazione e gestione delle infrastrutture aeroportuali e dei sistemi informatici di funzionamento operativo, i servizi offerti alle compagnie aeree per le operazioni di decollo, atterraggio e assistenza a terra degli aeromobili, nonché la gestione e la movimentazione di passeggeri e merci all’interno dello scalo. Le attività non aeronautiche (non aviation o landside) sono invece connesse all’erogazione dei c.d. “servizi non aviation”, intesi come tutte quelle fonti di ricavi derivanti da un utilizzo della piattaforma aeroportuale per scopi non legati all’erogazione dei servizi di trasporto puro e si distinguono in servizi commerciali, turistici, congressuali, distributivi, di consulenza e di property management. I servizi commerciali vengono ulteriormente suddivisi in servizi commerciali in senso stretto (quali boutique di moda, duty free shop, rivendite di giornali e di tabacchi, servizi di cambio valuta e di car rental), in servizi commerciali ristorativi, pubblicitari e, infine, complementari. All’interno di quest’ultima categoria, inoltre, si rintracciano una serie di attività precedentemente trascurate dal gestore aeroportuale, quali servizi bancari e postali, di vendita di prodotti gastronomici locali tipici, internet café, farmacie e centri benessere.
Mentre l’utilizzo degli spazi aviation è stato ampiamente regolamentato, incertezze sussistono con riferimento alle aree destinate ad attività commerciali che integrano, appunto, l’oggetto di tale indagine. È con riferimento a tali aree che rilevano le problematiche attinenti alla natura giuridica dei rapporti che i gestori aeroportuali possono instaurare con soggetti terzi e all’esistenza o meno dell’obbligo di osservanza delle procedure ad evidenza pubblica ai fini dell’assegnazione delle stesse.
Al fine di comprendere la natura dei rapporti tra concessionario e subconcessionario, è stato necessario prendere le mosse dalla normativa speciale di riferimento. A norma dell’art. 693, co. 1, del Codice della navigazione, i beni del demanio aeronautico sono assegnati all’ENAC in uso gratuito ai fini dell’affidamento in concessione al gestore aeroportuale. È pacifico, dunque, che il rapporto che si instaura tra l’ente e il soggetto giuridico deputato alla gestione dell’aeroporto abbia natura concessoria.
Prescindendo dalla disamina della natura giuridica dell’atto concessorio a monte, emerge con chiarezza come tale atto riguardi non soltanto le infrastrutture deputate alla navigazione aerea, ma anche le aree e i locali destinati specificatamente ad attività diverse che in passato erano considerate accessorie e oggi, invece, ritenute essenziali da parte dell’utente/passeggero.
Il mercato aeroportuale, in altre parole, incarna un settore caratterizzato da un processo di apertura che ha coinvolto sia il traffico aereo che l’insieme dei servizi predisposti in funzione degli stessi. Si è giunti, così, all’attuale complessa situazione che vede protagoniste una moltitudine di realtà imprenditoriali del tutto autonome ma al tempo stesso strettamente correlate alla fornitura di servizi, tutti ricompresi nell’alveo della gestione aeroportuale. Conseguentemente, tutte le attività per le quali il bene va in assegnazione - relative alla
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gestione dei servizi aviation e non aviation - rientrano nell’oggetto del rapporto concessorio, esistendo per tutte quel collegamento funzionale necessario a tale qualificazione. Quindi, l’obbligo di attivazione della procedura ad evidenza pubblica in caso di concessione di beni pubblici vale anche per l’affidamento in subconcessione di locali per lo svolgimento di attività commerciali in ambito aeroportuale, posto che si tratta, anche in questo caso, di un mercato contingentato.
Al contrario, l’analisi delle procedure di selezione come delineate negli avvisi commerciali pubblicati da ADR sembra suggerire la presenza di diverse criticità concorrenziali, aggravate dall’assenza di un quadro normativo chiaro: ciò assicura alla società concessionaria amplissimi spazi di discrezionalità sia nella scelta dei soggetti sia nella scelta dei criteri selettivi. Inoltre, il sistema di gara che si basa sul meccanismo del doppio binario, dove cioè coesistono il corrispettivo variabile annuo e il minimo annuo garantito, consente alla società di gestione di acquisire una parte significativa degli extra profitti generati dalla eventuale posizione di monopolio a carattere locale ricoperta da ciascun esercizio commerciale all’interno della struttura aeroportuale.
Nel mese di marzo 2016, con apposita CRI, l’Autorità ha rappresentato le risultanze dell’istruttoria, ritenendo che il sistema legislativo vigente abbia generato rendite notevoli per i servizi commerciali “lato terra” (non aviation o landside) legati all’aeroporto e di competenza del gestore aeroportuale, diventando una voce consistente nel bilancio delle società di gestione.
8.4 Ulteriori indagini
Il caso di Roma Capitale
Nel primo semestre del 2015 l’Autorità ha compiuto accurate indagini sull’attività contrattuale di Roma Capitale, i cui esiti istruttori sono confluiti, come peraltro rappresentato nel par. 7.2.2, nella relazione ispettiva del 7 agosto 2015 trasmessa, oltre che al Sindaco di Roma, anche alla Procura della Corte dei conti, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e al Prefetto di Roma per quanto di competenza.
Dagli accertamenti espletati sono emerse significative anomalie e irregolarità nell’attività contrattuale dell’Amministrazione capitolina nel periodo di indagine, poi confermate nella fase conclusiva del procedimento di vigilanza definito con delibera n. 207 del 2 marzo 2016. L’indagine ispettiva, articolata in due fasi, ha infatti rivelato la sistematica e diffusa violazione della normativa di settore da parte delle strutture organizzative di Roma Capitale deputate all’attività di approvvigionamento di lavori, servizi e forniture.
La documentazione acquisita e i dati estratti dalla BDNCP, relativi al periodo contrattuale 2011-2014, hanno palesato il ricorso generalizzato e indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica, in difformità e in elusione alla normativa di settore, con conseguente incremento di possibili fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive.
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Tale rilievo è altresì confermato dalla riscontrata e generalizzata carenza od omissione anche delle prescritte attività di verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure di scelta del contraente che denota significative superficialità degli organi preposti all’attività contrattuale e una maggiore esposizione al rischio di infiltrazioni di matrice criminale negli appalti di Roma Capitale. Dalla relazione ispettiva è emerso, altresì, l’uso improprio delle procedure negoziate, rivelato dal difetto di motivazione, dalla non trasparente scelta dell’affidatario, dal carente controllo e verifica della prestazione resa.
Ai fini dell’indagine ispettiva, nella categoria delle procedure negoziate sono stati ricompresi oltre agli affidamenti diretti le seguenti procedure previste dal Codice:
▪ procedure negoziate previa pubblicazione del bando di gara ex art. 56;
▪ procedure negoziate senza pubblicazione del bando di gara ex art. 57;
▪ lavori in economia con affidamento diretto ex art. 125;
▪ lavori in economia e cottimo fiduciario ex art. 125;
▪ procedure negoziate senza pubblicazione del bando ex art. 221 (settori speciali).
La prima fase di indagine si è focalizzata su un campione di 1.850 procedure non ad evidenza pubblica (pari al 10% del totale) espletate nel periodo 2011-2014, tra cui sono stati selezionati 36 affidamenti da sottoporre alla seconda fase di verifica.
Le strutture organizzative oggetto di indagine sono state selezionate in base all’incidenza numerica della propria attività contrattuale nelle procedure negoziate rispetto a quella complessiva di Roma Capitale, come anche riportato nella tabella successiva.
Tabella 8.1 Strutture organizzative di Roma Capitale oggetto di indagine (2015)
Struttura organizzativa | Incidenza percentuale |
Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute | 20,28% |
Dipartimento Tutela Ambientale e Protezione Civile | 7,09% |
Municipio I - Centro Storico | 4,11% |
Dipartimento Innovazione Tecnologica | 2,54% |
Dipartimento Sviluppo Infrastrutture | 2,21% |
Dipartimento Servizi Educativi e Scolastici | 1,69% |
Fonte: ANAC
L’indagine condotta sulle procedure negoziate così selezionate ha consentito di individuare e riscontrare numerosi profili di illegittimità e di non rispondenza alle previsioni normative e regolamentari. Inoltre, nella relazione ispettiva è stato osservato come nell’ambito dei dipartimenti e municipi e degli altri centri di costo/responsabilità di Roma Capitale le procedure negoziate siano spesso sfuggite ai controlli preventivi dei vertici della struttura, essendosi consolidata la prassi di delegare tale attività ai singoli RUP, operanti in pressoché
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totale autonomia. Né si è potuta rilevare omogeneità di procedure nelle forme di controllo messe in atto dalle varie strutture. A ciò va aggiunto che ciascun dipartimento ha gestito sistemi informativi diversi e che il vertice di Roma Capitale, individuato nell’Ufficio contratti incardinato presso il Segretariato Generale, era dotato di un sistema informativo centralizzato esclusivamente per le gare ad evidenza pubblica dallo stesso espletate.
Si è ritenuto, quindi, che tale modulo organizzativo non potesse costituire valido presidio a garanzia della trasparenza, dell’economicità ed efficienza nell’operato del Comune ma che anzi potesse contribuire alla formazione di zone d’ombra idonee ad ingenerare comportamenti distorsivi ed illegittimi.
In relazione alla ricorrenza di affidamenti al medesimo soggetto, si è potuta rilevare la presenza di OE, in particolar modo cooperative operanti nel settore del sociale, che potevano vantare nell’ultimo triennio un esorbitante numero di affidamenti di cospicuo valore economico avvenuti in gran parte in forma diretta, e ciò a conferma del mancato rispetto anche dei basilari principi di concorrenza, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità.
Considerata l’ampiezza del campione di indagine, sia sotto il profilo oggettivo (quantità ed eterogeneità degli affidamenti esaminati), sia sotto l’aspetto temporale (periodo 2012-2014), le risultanze istruttorie sono state convogliate in una valutazione di insieme sull’attività contrattuale di Roma Capitale. Incrociando i dati emersi in sede di indagine ispettiva - specificatamente riferiti alle procedure negoziate e assimilate - con la documentazione acquisita dall’Autorità nella fase conclusiva dell’istruttoria, è emerso un quadro estremamente critico nella gestione amministrativa delle procedure di affidamento espletate nel periodo di riferimento, che ha confermato le risultanze istruttorie della fase ispettiva. Ne è derivata una gestione non conforme ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’art. 97 Cost. e richiamati dall’art. 2 del Codice con ricadute negative in termini di incremento di costi, soprattutto per aver sottratto alle regole di competitività del mercato una cospicua quota di appalti, affidati per la maggior parte senza gara.
Le principali anomalie e irregolarità rilevate sono così sintetizzabili:
1) carenza o difetto di motivazione dei presupposti per il ricorso alla procedura negoziata;
2) affidamenti ripetuti a medesimi soggetti mediante l’improprio ricorso allo strumento della proroga di rapporti contrattuali preesistenti non necessariamente affidati con procedura ad evidenza pubblica;
3) violazione dei limiti di importo fissati dalle norme sia in affidamenti diretti di lavori e servizi in economia sia in affidamenti diretti di somma urgenza;
4) artificioso frazionamento degli appalti;
5) violazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità negli affidamenti di servizi sociali e socio-sanitari;