INTERVENTO COFINANZIATO DALL’U.E. – F.E.S.R. SUL P.O. REGIONE PUGLIA 2007-2013 –
INTERVENTO COFINANZIATO DALL’U.E. – F.E.S.R. SUL P.O. REGIONE PUGLIA 2007-2013 –
Asse I Linea 1.1 “Aiuti agli Investimenti in Ricerca per le PMI”
RICERCA SULLE INNOVAZIONI TRASFERIBILI ALLE PMI DELLE FILIERE: CEREALICOLA, LATTIERO-CASEARIA E UVA DA TAVOLA DEL SISTEMA AGRO- ALIMENTARE PUGLIESE. MODELLI DI TRASFERIBILITÀ BASATI SULLA DIFFERENZIAZIONE DELLA QUALITÀ DEI PRODOTTI PRIMARI, INTERMEDI E FINALI
[C.P. LJSAB64]
PRODOTTO P2
RAPPORTO SUI FABBISOGNI DI INNOVAZIONI DELLE P.M.I. NELLA FILIERA
LATTIERO-CASEARIA
Beneficiario: Territorio s.p.a. Xxx X. Xxxxxxx, 00 - 00000 Xxxxxxxx (XX)
Tel. e fax +39 000.0000000 xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
INDICE
PARTE PRIMA 1
1. CARATTERISTICHE STRUTTURALI E CRITICITÀ 2
2. LA GEOGRAFIA DELLA FILIERA 4
3. I PRODOTTI DI FILIERA 10
4. IL POTENZIALE PRODUTTIVO 12
PARTE SECONDA 15
5. LE IMPRESE OGGETTO DELL’INDAGINE 16
6. I RISULTATI DELL’INDAGINE 18
6.1. Le caratteristiche delle imprese intervistate 18
a) Forma giuridica 18
b) Le classi di fatturato 19
c) Le imprese” innovative” e “non innovative” 20
6.2 Le innovazioni introdotte 25
a) Tipologia delle innovazioni 25
b) La spesa per l’innovazione 28
c) L’impatto dell’innovazione sulle performance economiche e sulle attività aziendali .29
d) Il sostegno pubblico all’innovazione 30
6.3. Il fabbisogno di innovazione 31
6.4 Le fonti informative per l’innovazione 33
6.5 Gli accordi di cooperazione per l’innovazione 33
6.6. Gli ostacoli all’innovazione 34
6.7. Le manifestazioni di interesse alle innovazioni di prodotto 35
6.8. Conclusioni 37
INDICE DELLE TABELLE
Tab. 1 Aziende intervistate per tipologia e localizzazione Tab. 2 Aziende intervistate per tipologia e forma giuridica
Tab. 3 Aziende intervistate per forma giuridica e classe di fatturato. Anno 2009 Tab. 4 Aziende intervistate per forma giuridica e classe di addetti
Tab. 5 Aziende intervistate : modalità di svolgimento
Tab. 6 Risorse destinate dalle imprese “innovative” alle attività di innovazione per tipologia di attività
INDICE DEI GRAFICI
Grafico 1 Aziende intervistate per tipologia e localizzazione Grafico 2 Aziende intervistate per forma giuridica
Grafico 3 Aziende “innovative” e “non innovative” per tipologia di azienda Grafico 4 Aziende “innovative” e “non innovative” per forma giuridica
Grafico 5 Aziende “innovative” e “non innovative” per classe di fatturato. Anno 2009
Grafico 6 Aziende “innovative” e “non innovative” per classe di addetti
Grafico 7 Aziende “innovative” per tipologia di innovazione introdotta nel triennio 2007-2009
Grafico 8 Aziende”innovative” che hanno attribuito un alto grado di importanza ai diversi effetti dell’innovazione sull’attività aziendale
Grafico 9 Incidenza sul fatturato dei prodotti e/o servizi innovativi introdotti Grafico 10 Aziende “innovative”: sostegno pubblico per l’attività di innovazione
Grafico 11 Aziende “innovative” e “non innovative”: fabbisogno di innovazione per tipologia di innovazione
Grafico 12 Aziende “innovative”: fabbisogno di innovazione per tipologia di impresa e di innovazione
Grafico 13 Aziende “innovative”: che hanno attribuito un alto grado di importanza alle fonti di informazione. Anni 2007-2009
Grafico 14 Aziende“innovative”: ostacoli all’innovazione
Grafico 15 Aziende “innovative” e “non innovative” che hanno attribuito un alto grado di importanza ai diversi ostacoli all’attività innovativa. Anni 2007- 2009
Grafico 16 Interesse manifestato dalle aziende intervistate alle attività di progetto e a progetti futuri di innovazione
Grafico 17 Aziende per propensione a recepire e introdurre innovazioni riguardanti la qualità nutrizionale/salutistica ed edonistica della materia prima
INDICE DELLE CARTOGRAFIE
Carta 1 Superficie aziendale destinata a prati permanenti e pascoli Carta 2 Aziende con foraggere e relativa superficie
Carta 3 Aziende con bovini e vacche da latte
Carta 4 Unità locali ed addetti alla fabbricazione di prodotti per l’alimentazione animale
Carta 5 Unità locali ed addetti al trattamento igienico del latte, conservazione e trasformazione del latte
Carta 6 Unità locali ed addetti all’industria lattiero casearia
Carta 7 Unità locali ed addetti alla produzione di derivati del latte
ALLEGATI
ALLEGATO 1 Tavole indagine filiera lattiero-casearia ALLEGATO 2 Filiera lattiero-casearia: cartografia tematica
PARTE PRIMA
1. CARATTERISTICHE STRUTTURALI E CRITICITÀ
Le attività di produzione della filiera lattiero-casearia della Puglia non raggiungono le dimensioni di rilevanza “nazionale” che le attività della filiera del grano duro hanno nel contesto nazionale: esse, tuttavia, sono significative non tanto dal punto di vista quantitativo, bensì dal punto di vista della qualità dei prodotti intermedi e finali e della loro suscettibilità a rappresentare, sui mercati, aree importanti della Regione.
Secondo le recenti stime ISMEA (Indicatori del sistema agro-alimentare italiano 2009), la Puglia dispone – all’1/12/2008:
− di poco meno di 70.000 bovine da latte, pari al 3,5% della consistenza nazionale, detto patrimonio modesto a livello nazionale, è invece ai primi posti, insieme alla Campania, tra le regioni meridionali;
− di poco più di 220.000 pecore da latte, pari al 3,0% della consistenza nazionale;
− di un numero complessivamente modesto di bufale (4.440) e di capre (41.660);
− nella campagna 2008-2009 la Puglia registra consegne di latte vaccino, pari a
357.000 tonnellate, che, per quanto in aumento rispetto alle campagne degli anni precedenti rappresentano solo il 3,4 % delle consegne nazionali di latte vaccino.
A livello nazionale il grado di auto-approvvigionamento non supera il 70% del consumo nazionale, tanto da far registrare saldi nell’import-export particolarmente rilevanti in quantità (poco meno di 5 milioni di tonnellate).A livello regionale è verosimile ritenere che gli indicatori nazionali sull’auto-approvvigionamento e sui saldi import-export siano, in percentuale, applicabili anche alla filiera lattiero-casearia pugliese.
Per quanto modesto il peso della Puglia a livello nazionale, sono comunque significativi i numeri delle strutture produttive della filiera lattiero-casearia in Puglia:
− le aziende con allevamenti sono, al Censimento dell’Agricoltura del 2000, 7.859 con un numero di capi pari a 152.723 per i bovini, a 217.963 per gli ovini e a
52.153 per i caprini;
− la superficie destinata a prati permanenti e pascoli è pari a 90.008 ha, mentre la superficie destinata alla coltivazione di foraggere avvicendate è pari a 53.853 ha;
− le aziende di produzione di mangimi per l’alimentazione degli animali da allevamento sono 20 con 167 addetti;
− le aziende di trattamento igienico del latte sono complessivamente 14 con 341 addetti, mentre quelle che si occupano di produzione di derivati del latte sono 462 con 2.542 addetti.
La filiera lattiero-casearia pugliese, incentrata sul latte di vacca, si concentra principalmente nell’area, compresa tra le Province di Bari e di Taranto, che si estende dal Metapontino all’area Murgiana.
Come si evince dai dati riportati nell’Allegato 9 l’area comprende circa 20 comuni, con una superficie territoriale pari al 16% di quella regionale e al suo interno si concentrano come segue:
− 4.653 aziende che coltivano foraggere avvicendate (il 61% del totale regionale) per una superficie complessiva di 36.695 ha. (il 68% del totale regionale);
− 2.373 aziende che allevano bovini (il 45% del totale regionale) con un 95.129 capi, di cui 49.746 vacche (il 67% del totale regionale); 135 imprese di trasformazione che si occupano di trattamento igienico del latte e di produzione di derivati del latte con 1.140 addetti (il 40% del totale regionale)1.
Il numero delle imprese dirette che complessivamente operano lungo la filiera lattiero- casearia in quest’area sono state valutate in circa 3.600, di cui 3.260 nella fase agricola; 130 nella fase di trasformazione e 210 nella fase terziaria2.
1 Elaborazioni Territorio Spa su dati Istat.
2 Le stime sono state condotte sulla base delle seguenti assunzioni. Per la fase agricola, si è assunto:
▪ che le aziende agricole coincidano con le imprese agricole;
▪ che le aziende che operano nella filiera lattiero-casearia siano essenzialmente quelle con allevamenti rilevate dall’Istat nel Censimento generale dell’agricoltura del 2000.
La valutazione delle unità lavorative è stata effettuata applicando ai capi di bestiame i valori medi di impiego di manodopera e assumendo che un’unità lavorativa annua corrisponda a 1800 ore lavorative.
Per la fase industriale si è assunto che le imprese di trasformazione della filiera, ed i relativi addetti, siano essenzialmente quelli rilevati dall’Istat nel Censimento generale dell’industria e dei servizi del 2001
▪ di trattamento igienico e confezionamento di latte alimentare pastorizzato e a lunga conservazione (cod. Ateco 1991: 15.51.1)
▪ di produzione dei derivati del latte: burro, formaggi, ecc. (cod. Ateco 1991: 15.51.2)
Per la fase terziaria si è assunto che le imprese di filiera, ed i relativi addetti, siano quelli rilevati dall’Istat nel Censimento generale dell’industria e dei servizi del 2001, di cui alla seguente classificazione ISTAT:
▪ Intermediari del commercio di materie prime agricole, di animali vivi, di materie prime tessili e di semilavorati (cod. Ateco 1991: 51.11);
▪ Intermediari del commercio di prodotti alimentari (cod. Ateco 1991: 51.17);
▪ Commercio ingrosso sementi e alimenti per bestiame, ecc. (cod. Ateco 1991: 51.21.2);
▪ Commercio all'ingrosso di altri animali vivi (escluso pollame, conigli e cacciagione selvaggina e altri volatili vivi) (cod. Ateco 1991: 51.23.1);
▪ Commercio all'ingrosso di prodotti lattiero-caseari e di uova (cod. Ateco 1991: 51.33.1);
▪ Confezionamento di generi alimentari (cod. Ateco 1991: 74.82.1)
▪ Trasporto di merci su strada (cod. Ateco 1991: 60.25).
Gli addetti di filiera sono stati stimati in circa 5 mila unità, di cui 3.200 circa nella fase agricola, 1.300 nella fase industriale e 500 nella fase terziaria.
L’articolazione degli addetti nelle varie fasi, risulta la seguente:
Fasi Addetti in %
Agricoltura 3.200 64,0
Industria 1.300 26,0
Terziario 500 10,0
TOTALE 5.000 100,0
2. LA GEOGRAFIA DELLA FILIERA
La distribuzione delle attività di filiera sul territorio regionale è stata analizzata con riferimento agli ultimi dati comunali disponibili3 e mostra una situazione differenziata in riferimento alle varie fasi della filiera.
Infatti, per quanto riguarda la fase agricola è possibile osservare come, in riferimento alla superficie aziendale destinata a prati permanenti e pascoli (Carta 7) e alle coltivazioni foraggere (Carta 8), le zone regionali di maggiore concentrazione siano quelle del Xxxxxxx e della Murgia con alcune differenze. Nel Xxxxxxx prevalgono le aree destinate a pascolo, mentre l’area murgiana registra, nella parte meridionale una maggiore diffusione di aree a foraggere, nella parte settentrionale di aree a pascolo.
▪ Movimento merci relativo a trasporti terrestri (cod. Ateco 1991: 63.11.3);
▪ Magazzini di custodia e depositi (cod. Ateco 1991: 63.12.1);
▪ Magazzini frigoriferi per conto terzi (cod. Ateco 1991: 63.12.2);
▪ Altre attività connesse ai trasporti terrestri (cod. Ateco 1991: 63.21);
▪ Spedizionieri e agenzie di operazioni doganali (cod. Ateco 1991: 63.40.1);
▪ Intermediari dei trasporti (cod. Ateco1991: 63.40.2);
▪ Attività di corriere diverse da quelle postali nazionali (cod. Ateco 1991: 64.12)
Si tratta, tuttavia, di imprese di servizi, che per quanto individuate tra quelle più direttamente collegabili alla filiera del latte, non offrono, nella gran parte dei casi, servizi solo alle imprese della filiera medesima.
La stima delle imprese di intermediazione e di commercio e di confezionamento è stata effettuata utilizzando il peso percentuale degli addetti alle imprese di trasformazione di filiera sul totale delle imprese dell’agroalimentare, pari a circa il 35%.
La stima delle imprese di trasporti e magazzinaggio è stata effettuata considerando una percentuale pari al peso degli addetti alle imprese di trasformazione di filiera sul totale delle imprese industriali e di servizi dell’area, pari a circa l’1,5%.
3 Per la fase agricola i dati utilizzati sono quelli del Censimento Generale dell'Agricoltura, 2000 mentre per le altre fasi i dati utilizzati sono quelli del Censimento Generale dell'Industria e dei Servizi, 2001
Per quanto riguarda l’allevamento (Carta 9) l’area con una maggiore concentrazione di allevamenti bovini da latte è quella della Murgia Meridionale coincidente con i comuni di Gioia del Colle, Noci, Laterza, Mottola e Xxxxxxx Xxxxxx che nel proprio territorio comunale fanno registrare la presenza di più di 5.000 capi da latte, distribuiti in più di 150 aziende con una dimensione media superiore a 30 capi per azienda.
La Murgia rappresenta anche l’area di maggiore concentrazione delle aziende che operano nel settore della produzione di prodotti per l’alimentazione alimentare (Carta 10) con particolare riferimento ai comuni di Altamura, Putignano e Corato.
Per quanto riguarda la fase della trasformazione l’area murgiana ed il polo di Gioia del Colle si confermano come area di maggior concentrazione. Tuttavia, si affiancano a Gioia del Colle, Foggia, Brindisi e Taranto per il trattamento igienico e la conservazione del latte (Carta 11) e Andria per l’industria lattiero-casearia in particolare (Carta 12) e di quella dei derivati del latte in generale (Carta 13).
3. I PRODOTTI DI FILIERA
I principali prodotti della filiera sono riportati nello schema seguente.
Principali prodotti finali | Tipologia prevalente dei prodotti confezionati |
A. Latte | |
Latte fresco Latte UHT | Confezioni da 0,5 e 1 l Confezioni da 0,5 e 1 l |
B. Formaggi freschi | |
Fior di latte Scamorza Scamorza di pecora Ricotta Giuncata Cacio Cacioricotta Ricotta forte Ricotta salata o marzotica Burrata Xxxxxxx di Gravina Manteche | Mozzarella, bocconcini, treccine, nodini Forme ovali con testina di peso compreso tra 0,4 e 0,7 kg Forme da 500 g Forme da 300 a 500 g Forme da 300 a 500 g Forme cilindriche con diametro di 13-24 cm, altezza di 4-7 cm, peso compreso tra 0,4 e 1 kg Generalmente in barattoli da 100 g Forme da 300 a 500 g Forme da 500 g Forme da 0,5 a 2 kg Forme ovali con testina di peso compreso tra 0,4 e 1 kg |
C. Formaggi stagionati | |
Caciocavallo Silano Canestrato Pugliese Pecorino Vaccino | Forme ovali o tronco-coniche, con testina o senza, di peso compreso tra 1 e 2,5 kg Forma cilindrica a facce piane (diametro da 25 a 34 cm) con scalzo leggermente convesso (altezza compresa tra 10 e 14 cm), di peso compreso tra 7 e 14 kg Forme da 1 a 3 Kg Forme da 2 a 3 Kg |
Tra i prodotti indicati nel prospetto precedente, sono stati riconosciuti come DOP:
a) il Fior di Latte Appennino Meridionale: è un formaggio fresco a pasta filata che viene prodotto durante tutto l’anno con latte intero di vacca proveniente dalle aziende zootecniche localizzate all’interno di un territorio delimitato4. Il Fior di Latte, usato come formaggio da tavola, presenta una forma tondeggiante, di consistenza tenera e superficie omogenea e lucente. Inoltre, sia il sapore fresco che l’odore fragrante sono quelli propri del latte delicatamente acidulo;
b) il Caciocavallo Silano5: è un formaggio realizzato secondo antiche tecniche di produzione attraverso l’utilizzo di latte di vacca fresco intero proveniente esclusivamente da allevamenti ubicati nei territori delle regioni Calabria, Campania, Molise, Puglia e Basilicata6. Il formaggio, dalla forma ovale con o senza testina, caratterizzato da una crosta liscia di marcato colore paglierino, ha sapore aromatico e delicato, che tende ad essere dolce quando il formaggio è giovane fino a diventare piccante a maturazione avanzata.
c) il Canestrato Pugliese7è un formaggio a pasta dura non cotta, ottenuto da latte intero di pecora di razza Gentile di Puglia, è prodotto nell’intero territorio amministrativo della provincia di Foggia e in parte di quello della provincia di Bari. Il suo nome deriva dai canestri di giunco pugliese entro cui il formaggio si fa stagionare.
Xxxxxxxxx, invece, tra i Prodotti Agroalimentari tradizionali, secondo l’art. 8 del decreto legislativo n. 173 del 30 aprile 1998, i seguenti:
− scamorza;
− scamorza di pecora;
− ricotta,
− giuncata;
− cacio;
− cacioricotta;
− ricotta forte;
4 Territorio delimitato secondo l’art. 3 del disciplinare di produzione.
5D.P.R. 10 maggio 1993 “Riconoscimento della denominazione di origine del formaggio Caciocavallo Silano” in G.U.R.I. n.196 del 21 agosto 1993.
6 Territori delimitati come dall’art. 2 del decreto di riconoscimento del Caciocavallo Silano
7 Riconosciuto D.O.C. con D.P.R. del 10 settembre 1985 e D.O.P. nel 1996 con il reg. (Ce) n.1107/96.
− ricotta salata o marzotica;
− burrata;
− manteca.
4. IL POTENZIALE PRODUTTIVO
La filiera produttiva lattiero-casearia della Puglia rappresenta, come si è detto, un campo di opportunità individuabile non tanto sotto il profilo della quantità delle produzioni, quanto piuttosto sotto il profilo della specificità e qualità dei prodotti. Di questi, come si è detto, alcuni sono già emersi e riconosciuti sui mercati, altri invece sono ancora da individuare e da valorizzare, oltre che per il loro valore nutrizionale ed edonistico, anche per i forti contenuti identitari, di rappresentanza di tradizioni produttive e culture secolari, di cui la Puglia è ricca.
Gli scenari futuri di ulteriore sviluppo della filiera lattiero-casearia pugliese sono di conseguenza strettamente dipendenti dall’individuazione e valorizzazione delle specificità produttive, da considerare come strumento di acquisizione da parte degli operatori di filiera di valori aggiunti, non facilmente conseguibili percorrendo modelli basati sullo sviluppo delle quantità e/o sulla riduzione dei prezzi.
I risultati delle indagini in xxxxx (Xxxxx xxxxx xx Xxxxx xxx Xxxxx: giugno 2010) mettono in evidenza il progressivo indebolimento della filiera lattiero-casearia pugliese, in gran parte imputabile a strategie di imprese, fondate sulla standardizzazione delle produzioni e sulla riduzione dei prezzi del prodotto finale e dei costi dei prodotti intermedi.
Il modello alternativo è fondato, invece:
− innanzitutto sul recupero delle specificità della materia prima (latte), possibile ed attuabile ripartendo dalla considerazione che il latte, al pari di molte altre materie prime, si presenta in modo differenziato, dal punto di vista dei parametri salutistici ed edonistici, in ragione dei diversi ambienti di allevamento: collinari, montani o di pianura, dell’alimentazione, delle razze ecc…;
− in secondo luogo, sulla messa in valore di queste differenze, sia nella fase di commercializzazione del latte fresco, che nella fase di trasformazione attuabile mediante l’introduzione di premi ai prodotti finali, rispetto ai quali vengono
rintracciati non solo l’origine regionale delle materie prime ma anche i parametri di differenziazione delle medesime;
− in terzo luogo sull’adozione di regole comuni (disciplinari di produzione/allevamento), condivise e controllabili, finalizzate a rendere riconoscibili sui mercati i prodotti finali, unificando quanto più possibile l’offerta.
La possibilità per gli operatori pugliesi della filiera di ottenere vantaggi aggiuntivi dall’operatività del modello alternativo rispetto a quello attuale, oggi in crisi, può favorire l’introduzione tra di loro di un nuovo clima di fiducia, indispensabile per attivare i nuovi modelli collaborativi tra le imprese operanti nelle varie fasi della filiera (reti di imprese), peraltro incentivati dalla nuova legislazione in materia di sviluppo. L’introduzione di modelli collaborativi tra imprese è in Puglia una via necessaria da percorrere, in ragione delle caratteristiche strutturali della filiera, fondate su un sistema di piccole e medie imprese profondamente radicate sul territorio, che peraltro si è ulteriormente infittito negli ultimi anni per effetto della tendenza delle aziende di allevamento ad estendere la loro attività anche nella fase di trasformazione.
Modelli collaborativi sono vie obbligate anche per contrastare il rischio che sulle possibilità espansive agiscono, come ostacoli, le strategie dei grandi gruppi nazionali ed internazionali che ormai puntano su linee di produzione anche dei prodotti tipici, tradizionalmente facenti capo alle imprese locali, innestando, di conseguenza, condizioni di forte concorrenzialità, ma anche condizioni conflittuali rispetto alle prospettive di acquisizione dei vantaggi agevolativi messi a disposizione dalle leggi di incentivazione.
Questa situazione di conflitto tra imprese locali e imprese multiregionali e multinazionali sul mercato dei prodotti tipici, apre problemi di scelte di politiche economiche non solo regionali ma anche nazionali in ordine al sistema delle priorità da accordare alle imprese.
È indubbio, infatti, che le imprese multiregionali e multinazionali raggiungono posizioni concorrenziali non solo nella fase della trasformazione industriale ma soprattutto nelle fasi di distribuzione, o attraverso accordi diretti con la distribuzione moderna o attraverso proprie strutture di distribuzione. Di conseguenza, potendo disporre di posizioni dominanti in tutte le fasi della filiera o almeno in quelle strategiche, esse
possono determinare di volta in volta le condizioni o i limiti di sviluppo delle imprese locali, manovrando o sui prezzi o sui molti vantaggi che possono essere accordati ai vari operatori della filiera.
Le piccole imprese regionali della filiera lattiero-casearia, se da una parte riescono ad acquisire e a conservare, grazie alla specificità delle loro produzioni, quote, di mercati locali o comunali, talvolta rilevanti, mediante propri punti vendita, non riescono, invece, a superare le barriere d’ingresso sui mercati extralocali o nella GDO, sia per ragioni tecniche (quantità ed uniformità delle produzioni) sia soprattutto per la debolezza del loro potere contrattuale.
Valutando gli scenari e le situazioni in atto dal punto di vista degli obiettivi della presente ricerca industriale e delle caratteristiche strutturali della filiera lattiero-casearia, emergono punti di partenza per alcune fasi della filiera contradditori rispetto a quelli di altre filiere produttive. Mentre, infatti, nella fasi di allevamento è quanto mai urgente che si proceda ad indagare sui parametri che definiscano i differenziali di qualità della materia prima e nelle fasi terziarie è via obbligata procedere a ricercare ed implementare innovazioni di tipo organizzativo (modelli collaborativi) per acquisire il potere necessario per superare le barriere di mercato, nelle fasi più strettamente di trasformazione si rivela necessario non già introdurre nuove tecniche produttive, bensì recuperare tecniche “tradizionali”, più delle altre in grado di garantire i prodotti tipici e/o differenziati. L’esempio più rilevante è offerto dal riscontro, effettuato durante il Focus di Gioia del Colle (giugno 2010) che i livelli più elevati della qualità delle mozzarelle, sottoposte alle analisi sensoriali, sono stati raggiunti nei casi di mozzarelle prodotte con il siero-innesto e con latte crudo proveniente da allevamenti pugliesi meno intensivi, piuttosto che da mozzarelle prodotte da latte pastorizzato, acido citrico e semilavorati provenienti da allevamenti non pugliesi.
PARTE SECONDA
5. LE IMPRESE OGGETTO DELL’INDAGINE
Le imprese oggetto dell’indagine sono state individuate come segue:
- per la fase agricola: le imprese zootecniche che allevano bovini da latte;
- per la fase della trasformazione e della commercializzazione: i caseifici con particolare riferimento alle produzioni di formaggi a pasta filata.
Si deve notare, in proposito, che nella filiera lattiero-casearia, le attività delle fasi agricole, della trasformazione e della commercializzazione sono spesso unificate, dando luogo ad aziende che operano in più segmenti della filiera. Generalmente, è l’azienda di allevamento che estende le sue attività di produzione del latte anche alla trasformazione di parte o di tutto il latte prodotto ed alla commercializzazione.
Le aziende intervistate possono considerarsi significative delle attività della filiera lattiero-casearia pugliese. Esse, infatti, sono localizzate nei 13 comuni nei quali, sulla base di censimenti dell’agricoltura del 2000 e del censimento dell’industria del 2001, sono concentrati:
- il 43,5% dei bovini da latte della regione Puglia,
- il 47,2% della superficie coltivata a foraggere avvicendate,
- il 38,8% degli addetti regionali ai settori del trattamento igienico del latte e della produzione di derivati del latte.
La distribuzione delle imprese intervistate per tipologia di attività e per localizzazione territoriale è riportata nella Tabella 1. I dati mostrano che sul totale delle aziende intervistate, 55, rappresentative della filiera lattiero-casearia, 33 sono i caseifici, 13 le aziende di allevamento e 9 le aziende che svolgono la propria attività in entrambe le fasi della filiera.
Tab. 1- Aziende intervistate per tipologia e localizzazione
COMUNE | Tipologia di attività | TOTALE | ||
Allevamento | Caseificio | Allevamento e caseificio | ||
ACQUAVIVA DELLE FONTI | 1 | 3 | 0 | 4 |
ALTAMURA | 5 | 12 | 3 | 20 |
BARI | 0 | 1 | 0 | 1 |
CASSANO DELLE MURGE | 1 | 2 | 0 | 3 |
CORATO | 0 | 3 | 0 | 3 |
GIOIA DEL COLLE | 2 | 7 | 0 | 9 |
GRAVINA IN PUGLIA | 0 | 2 | 0 | 2 |
LATERZA | 2 | 0 | 0 | 2 |
NOCI | 0 | 0 | 2 | 2 |
POGGIORSINI | 1 | 0 | 0 | 1 |
PUTIGNANO | 1 | 1 | 2 | 4 |
RUVO DI PUGLIA | 0 | 0 | 1 | 1 |
SANTERAMO | 0 | 2 | 1 | 3 |
TOTALE | 13 | 33 | 9 | 55 |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazioni delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero - casearia e dell'uva da tavola
La distribuzione percentuale delle imprese intervistate per tipologia di attività è riportata per singolo comune nel Grafico1.
SANTERAMO RUVO DI PUGLIA PUTIGNANO POGGIORSINI
NOCI
LATERZA
Allevamento Caseificio
Allevamento e caseificio
GRAVINA IN PUGLIA GIOIA DEL COLLE
CORATO
CASSANO DELLE MURGE
BARI ALTAMURA
ACQUAVIVA DELLE FONTI
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Grafico 1 - Aziende intervistate per tipologia e localizzazione
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazioni delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero - casearia e dell'uva da tavola
6. I RISULTATI DELL’INDAGINE
6.1. Le caratteristiche delle imprese intervistate
a) Forma giuridica
Per quanto riguarda la forma giuridica (Grafico 2) prevalgono complessivamente le ditte individuali, in numero di 30 pari al 54% delle aziende intervistate e le società di persone in numero di 17, pari al 31% delle aziende, mentre solo 8, pari al 15% sono le società di capitali.
Grafico 2 - Aziende intervistate per forma giuridica Società di capitali 15% | |
Ditta Individuale Società di persone Società di capitali | |
Ditta Individuale Società di persone 54% 31% |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
Relativamente al riscontro delle forme giuridiche delle aziende operanti nelle singole fasi è possibile rilevare (Tabella 2) come le società di capitali, in particolare le società per azioni e le società a responsabilità limitata, siano forme giuridiche rilevate solamente per le aziende casearie, 8.
Tab. 2 - Aziende intervistate per tipologia e forma giuridica
FORMA GIURIDICA | Tipologia di attività | Totale | |||
Allevamento | Caseificio | Allevamento e caseificio | |||
Ditta Individuale | 9 | 18 | 3 | 30 | |
Società di persone | 4 | 7 | 6 | 17 | |
Società Singole | 4 | 0 | 5 | 9 | |
Società in Accomandita Semplice | 0 | 0 | 1 | 1 | |
Società in Nome Collettivo | 0 | 7 | 0 | 7 | |
Società di capitali | 0 | 8 | 0 | 8 | |
Società per Azioni | 0 | 2 | 0 | 2 | |
Società a Responsabilità limitatata | 0 | 6 | 0 | 6 | |
TOTALE | 13 | 33 | 9 | 55 |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
b) Le classi di fatturato
Per quanto riguarda le classi di fatturato lordo (Tabella 3) prevalgono, tra le imprese intervistate, le ditte individuali con fatturato compreso tra i 100 ed i 500 mila Euro (15 aziende al 2009). Gli altri gruppi di aziende rappresentativi sono le ditte individuali con meno di 100 mila euro di fatturato, (13 al 2009) e le società di persone con fatturati compresi tra i 100 ed i 500 mila (11 al 2009). Meno significative sono le aziende con classe di fatturato maggiore di 500 mila euro.
Tab.3 - Aziende intervistate per forma giuridica e classe di fatturato. Anno 2009.
FORMA GIURIDICA | CLASSE DI FATTURATO LORDO | TOTALE | ||||
MENO DI 100 MILA EURO | DA 100 MILA A 500 MILA EURO | DA 500 MILA A 1 MILIONE DI EURO | OLTRE 1 MILIONE DI EURO | |||
Ditta Individuale | 13 | 15 | 2 | 0 | 30 | |
Società di persone | 5 | 11 | 1 | 0 | 17 | |
Società Singole | 2 | 6 | 1 | 0 | 9 | |
Società in Accomandita Semplice | 1 | 0 | 0 | 0 | 1 | |
Società in Nome Collettivo | 2 | 5 | 0 | 0 | 7 | |
Società di capitali | 1 | 3 | 2 | 2 | 8 | |
Società per Azioni | 0 | 0 | 1 | 1 | 2 | |
Società a Responsabilità limitata | 1 | 3 | 1 | 1 | 6 | |
TOTALE | 19 | 29 | 5 | 2 | 55 |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
La caratterizzazione delle aziende intervistate come prevalentemente medio - piccole viene confermata dall’analisi delle aziende per classi di addetti (Tabella 4).
Tab. 4 - Azienda intervistate per forma giuridica e classe di addetti
FORMA GIURIDICA | Classi di addetti | TOTALE | ||||||
1 | 2-3 | 4-5 | 6-20 | 21-75 | oltre 75 | |||
Ditta Individuale | 2 | 19 | 7 | 2 | 0 | 0 | 30 | |
Società di persone | 0 | 10 | 4 | 3 | 0 | 0 | 17 | |
Società Singole | 0 | 6 | 1 | 2 | 0 | 0 | 9 | |
Società in Accomandita Semplice | 0 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 1 | |
Società in Nome Collettivo | 0 | 3 | 3 | 1 | 0 | 0 | 7 | |
Società di capitali | 0 | 2 | 1 | 2 | 1 | 2 | 8 | |
Società per Azioni | 0 | 0 | 0 | 0 | 1 | 1 | 2 | |
Società a Responsabilità limitata | 0 | 2 | 1 | 2 | 0 | 1 | 6 | |
TOTALE | 2 | 31 | 12 | 7 | 1 | 2 | 55 |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
Infatti, ben 31, il 56,3% sul totale delle aziende lattiero-casearie intervistate, sono le aziende che contano dai 2 ai 3 addetti e 12 le aziende che contano dai 4 ai 5 addetti.
c) Le imprese” innovative” e “non innovative”
In riferimento agli obiettivi e alle attività in corso nell’ambito del progetto di ricerca si è operata una distinzione delle aziende intervistate in “aziende innovative” ed “aziende non innovative”. Questa distinzione è finalizzata sia ad individuare la propensione all’innovazione delle aziende sia ad acquisire elementi su cui costruire strategie differenziate di implementazione delle innovazioni con particolare riferimento a quelle predisposte dal progetto.
Coerentemente, con le definizioni ISTAT, sono state considerate “innovative“ le imprese che nel periodo 2007-2009 hanno sviluppato almeno una delle seguenti attività:
a) hanno introdotto sul mercato prodotti o servizi tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati);
b) hanno introdotto innovazioni tecnologiche di processo:
- processi di produzione tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati);
- sistemi di logistica, metodi di distribuzione o di fornitura all’esterno di prodotti o servizi tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati;
- altri processi tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati) concernenti la gestione degli acquisti, le attività di manutenzione e supporto, la gestione dei sistemi amministrativi e informatici, le attività contabili;
c) hanno introdotto innovazioni organizzative o di marketing, articolate nel modo seguente:
c1 Innovazioni organizzative
• Adesione alla costituzione del distretto agroalimentare
• Adesione ad un contratto di filiera
• Adesione a disciplinari di produzione di prodotti tipici
• Adesione ad un Programma Integrato di Agevolazione (P.I.A.)
• Adesione ad un Programma Integrato di Filiera (P.I.F.)
• Adesione ad un Patto agricolo/Patto territoriale
• Adesione ad accordi interprofessionali e/o protocolli d’intesa con altre imprese
c2 Innovazioni orizzontali
• Introduzione di innovazioni relative alla qualità
• Introduzione di innovazioni relative ai temi ambientali
• Introduzione di innovazioni relative alle infrastrutture/logistica
• Introduzione di innovazioni relative alle ITC (Information and Communication Technology)
c3 Innovazioni di marketing
• Introduzione di modifiche significative nelle caratteristiche estetiche dei prodotti, incluse quelle nel confezionamento
• Introduzione di nuove (o significativamente migliorate) tecniche e pratiche di commercializzazione o distribuzione dei prodotti o servizi, quali il commercio elettronico, il franchising, le vendite dirette o le licenze di distribuzione
d) hanno attività in xxxxx xxxxxxxxxxx xxxx sviluppo o all’introduzione di innovazioni di prodotto, servizio, processo o organizzative;
e) hanno avviato negli anni precedenti, attività finalizzate allo sviluppo o all’introduzione di innovazioni di prodotto, servizio, processo o organizzative che sono state abbandonate nel periodo 2007-2009.
Sono state considerate “non innovative” tutte le aziende intervistate che, nel periodo 2007-2009, non hanno sviluppato alcuna attività “innovativa”.
Sulla base di questi elementi delle 55 aziende intervistate: 42 (76,4% del totale) risultano aziende “innovative” e 13 (23,6% del totale) aziende “non innovative”. La distribuzione percentuale di imprese “innovative” e “non innovative” per tipologia di attività, è riportata nel Grafico 3.
Grafico 3- Aziende "innovative" e "non innovative" per tipologia di azienda
TOTALE
Allevamento e caseificio
Caseificio
Allevamento
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Aziende innovative
Aziende non innovative
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
Da questi dati è possibile osservare come le imprese “innovative” rappresentino una componente via via crescente in relazione alla tipologia di azienda; infatti, più sono le fasi della filiera in cui le imprese intervistate svolgono le loro attività, maggiore è la presenza di aziende “innovative”. Queste rappresentano il 69,2% del totale delle
aziende che svolgono attività di allevamento, il 75,8% delle aziende casearie e ben l’88,9% delle aziende che svolgono attività sia di allevamento che di trasformazione8. Non particolarmente significativa risulta la correlazione tra imprese “innovative” e forma societaria. Infatti, come si evince dal Grafico 4, la distribuzione delle imprese per forma societaria non presenta particolari differenze tra le imprese “innovative” e “non innovative”9.
Grafico 4- Aziende "innovative" e "non innovative" per forma giuridica
Aziende non innovative
Aziende innovative
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Ditta Individuale Società di persone Società di capitali
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
Più significativo è il rapporto con le classi di fatturato (Grafico 5). Infatti, come era prevedibile, nelle imprese “innovative” prevalgono quelle con fatturati compresi tra 100 e 500 mila euro, il 61,9%, mentre nelle imprese “non innovative” quelle con fatturati inferiori a 100 mila euro, il 61,5%.10
8 Dati di filiera, Allegato 1, Tavola 5.
9 Dati di filiera, Allegato 1, Tavola 6.
10 Dati di filiera, Allegato 1, Tavola 7.
Grafico 5 - Aziende "innovative" e "non innovative" per classe di fatturato
Aziende non innovative
Aziende innovative
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
MENO DI 100 MILA EURO
DA 100 MILA A 500 MILA EURO
DA 500 MILA A 1 MILIONE DI EURO OLTRE 1 MILIONE DI EURO
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazioni delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero - casearia e dell'uva da tavola
Di minore intensità risulta, invece, la correlazione tra innovazione e dimensione aziendale misurata in termini di classi di addetti (Grafico 6). Infatti, sia le imprese “innovative” che “non innovative” vedono prevalere le imprese di micro - dimensioni, 2-3 addetti, rispettivamente il 50% e il 76,9%. Al contrario, risultano essere quasi tutte “innovative” le aziende con un numero di addetti superiore a 3 11.
Grafico 6 - Aziende "innovative" e "non innovative" per classe di addetti | ||||||||||||
Aziende non innovative | ||||||||||||
1 addetti 2-3 addetti 4-5 addetti 6-20 addetti 21-75 addetti oltre 75 addetti | ||||||||||||
Aziende innovative | ||||||||||||
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
11 Dati di filiera, Allegato 1, Tavola 8a-8b.
6.2 Le innovazioni introdotte
a) Tipologia delle innovazioni
Tra le 42 aziende “innovative” intervistate (Tabella 5), ben 17 aziende hanno ancora in corso attività finalizzate all’introduzione di innovazioni mentre 14 sono quelle che hanno abbandonato le attività di innovazione avviate.
Tab. 5 - Aziende intervistate: modalità di svolgimento
Attività | Aziende innovative | Aziende non innovative | Totale | |||
Totale | con | attività corso | di cui: in con attività abbandonate | |||
A. DATI ASSOLUTI | ||||||
Allevamento | 9 | 3 | 3 | 4 | 13 | |
Caseificio | 25 | 13 | 10 | 8 | 33 | |
Allevamento/Caseificio | 8 | 1 | 1 | 1 | 9 | |
Totale | 42 | 17 | 14 | 13 | 55 | |
B.TOTALE=100,0 | ||||||
Allevamento | 69,2 | 23,1 | 23,1 | 30,8 | 100,0 | |
Caseificio | 75,8 | 39,4 | 30,3 | 24,2 | 100,0 | |
Allevamento/Caseificio | 88,9 | 11,1 | 11,1 | 11,1 | 100,0 | |
Totale | 76,4 | 30,9 | 25,5 | 23,6 | 100,0 |
Font e: Territorio SpA, Rapporto sui fabbisogni di innovazioni delle P.M.I. nelle filiere cerealicola, lattiero-casearia e dell'uva da tavola
Inoltre, i dati relativi alle tipologie di innovazioni introdotte, nel periodo 2007-2009, dalle aziende intervistate (Grafico 27) mettono in evidenza quanto segue:
a) le aziende che hanno introdotto innovazioni tecnologiche di processo sono 27, pari al 65,9% del totale. Le innovazioni di processo hanno riguardato essenzialmente sia i processi produttivi che i sistemi di logistica e di fornitura all’esterno di prodotti e servizi tecnologicamente nuovi;
b) le aziende che hanno introdotto innovazioni di prodotto sono 16 pari al 39% delle aziende “innovative”;
c) le aziende che hanno introdotto innovazioni orizzontali sono 29, pari al 70,7%.
Grafico 7- Aziende "innovative" per tipologia di innovazione introdotta nel triennio 2007-2009
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Allevamento Caseificio Allevamento e Totale Aziende
caseificio innovative
Tipologia di attività
Innovazioni tecnologiche di prodotto o servizio Innovazioni tecnologiche di processo Innovazioni organizzative
Innovazioni orizzontali Innovazioni di marketing
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
La distribuzione delle innovazioni per tipologia varia sensibilmente in relazione alle fasi della filiera in cui operano.
Passando ad esaminare nel dettaglio le innovazioni introdotte nel periodo 2007-2009, è possibile evidenziare come12:
− le aziende di allevamento dei bovini da latte non hanno introdotto innovazioni di prodotto e hanno inoltre manifestato la difficoltà ad introdurle sia per ragioni di prezzi di mercato, sia per la natura stessa del settore. Alcune aziende hanno invece introdotto innovazione di servizio dotandosi di distributori automatici di latte crudo. Più numerose per le aziende zootecniche risultano essere le innovazioni di processo; in particolare diverse aziende hanno investito nell’allestimento della sala di mungitura acquistando nuove macchine per la mungitura stessa e nuovi refrigeratori. Un’azienda ha inoltre investito nell’acquisto di un carro miscelatore per l’alimentazione degli animali. Le innovazioni organizzative introdotte hanno riguardato l’adesione a disciplinari di produzione di importanti gruppi nazionali e l’adeguamento a normative in materia di benessere animale e norme igienico-sanitarie come la modifica di stalle e locali di mungitura. Alcune aziende hanno investito inoltre
12 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 10
in impianti fotovoltaici o eolici. Qualcuno ha, inoltre, ritenuto opportuno modificare il sistema di allevamento al pascolo alla stabulazione fissa con aumento di concentrati nell’alimentazione;
− le aziende casearie hanno invece introdotto diverse innovazioni di prodotto riguardanti principalmente nuove tipologie di formaggi a pasta filata con particolare riferimento a quelli farciti, aromatizzati o conditi. Molto spesso però tali innovazioni sono state abbandonate poiché non particolarmente apprezzate dal consumatore. Le innovazioni di servizio per i caseifici hanno riguardato la distribuzione dei prodotti utilizzando i corrieri postali. Le innovazioni di processo invece, hanno riguardato la modifica di alcune operazioni tecnologiche come l’introduzione del sieroinnesto e di fermenti selezionati nella produzione di mozzarelle, la sostituzione del caglio, l’acquisto di macchine per la formatura di alcuni prodotti freschi a pasta filata (nodini e ciliegine) o per il confezionamento. Le innovazioni organizzative e di marketing hanno riguardato, per i caseifici, l’apertura di punti vendita ai fini di gestire in maniera più efficace la fase di commercializzazione di prodotti freschi, l’introduzione di nuovi marchi e la modifica delle caratteristiche estetiche dei prodotti attraverso l’adozione di nuove confezioni e la modifica della grafica delle etichette.
b) La spesa per l’innovazione
Per quanto riguarda la spesa, delle aziende, per le innovazioni (Tabella 6), pur scontando la ritrosia da parte degli imprenditori a fornire indicazioni ed in particolare dati sull’ammontare delle spese sostenute, è possibile osservare come la tipologia di attività che, più delle altre, ha fatto registrare, nel periodo 2007-2009, investimenti da parte delle aziende “innovative”, è quella relativa all’acquisizione di macchinari, attrezzature e software che ha riguardato ben il 33,3% delle aziende seguito dall’11,9% delle aziende che ha investito in attività di formazione.
Tab. 6 - Risorse destinate dalle imprese “innovative” alle attività di innovazione per tipologia di attività
TIPOLOGIA DI ATTIVITA' DI INNOVAZIONE | Aziende | ||
N. | % | ||
a) | Ricerca e sviluppo sperimentale svolta all’interno dell’impresa | 2 | 4,8 |
b) | Acquisizione di servizi di R&S | 1 | 2,4 |
c) | Acquisizione di macchinari, attrezzature e software | 14 | 33,3 |
d) | Acquisizione di altre tecnologie dall’esterno | 3 | 7,1 |
e) | Attività di formazione | 5 | 11,9 |
f) | Marketing di prodotti innovativi | 3 | 7,1 |
g) | Progettazione industriale e altre attività preliminari alla produzione e alla fornitura di servizI | 1 | 2,4 |
Totale aziende innovative | 42 | 100,0 | |
TOTALE AZIENDE | 55 |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
c) L’impatto dell’innovazione sulle performance economiche e sulle attività aziendali
Riguardo alla valutazione dell’impatto delle innovazioni introdotte, solo 35 aziende su 42 hanno dichiarato di avere avvertito effetti dell’innovazione sull’attività aziendale. Di queste è possibile osservare (Grafico. 8) come ben il 42,8% giudica l’innovazione un’attività decisiva per l’aumento nel numero di prodotti e servizi offerti alla clientela, segue l’adeguamento a normative e standard, 40%, e la maggiore flessibilità nella produzione o nella fornitura di servizi, 34,2%13.
Grafico 28- Aziende "innovative" che hanno attribuito un alto grado di importanza ai diversi effetti dell'innovazione sull'attività aziendale. Anni 2007-2009.
Aumento nel numero di prodotti e servizi offerti alla clientela
Adeguamento a normative e standard M aggiore f lessibilità nella produzione o nella fornitura di servizi M iglioramento della qualità dei propri prodotti e servizi
Accesso a nuovi mercati o aumento della propria quota di mercato
Riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto M aggiore capacità di produzione o di fornitura di servizi
Riduzione dell’impatto ambientale o del rischio di incidenti sul lavoro
Riduzione dei costi di materiali ed energia per unità di prodotto
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero –casearia e dell’uva da tavola
13 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 12.
Relativamente, invece, all’incidenza sul fatturato dei nuovi prodotti e/o servizi, il Grafico 9, mostra che, delle 18 aziende che hanno introdotto innovazioni di prodotto e/o servizio, pari a solo il 42,8% delle aziende “innovative”, ben la metà, 50% (9), registra un fatturato inferiore al 5%, il 16,7% (3) un fatturato compreso tra il 6 e il 10%. Residua la percentuale delle aziende, 5,6% (una azienda), che ha fatturato oltre un milione di euro14.
Grafico 9 - Incidenza sul fatturato dei prodotti e/o servizi innovativi introdotti
3
3
Aziende innovative che hanno introdotto innovazioni di prodotto/servizio
Aziende innovative che non hanno introdotto innovazioni di prodotto/servizio
fino al 5% del fatturato
24
18
dal 6% al 10% del fatturato
9
dal 11% al 20% del fatturato
2
1
dal 21% al 50% del fatturato
oltre il 50% del fatturato
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola.
d) Il sostegno pubblico all’innovazione
Il sostegno pubblico alle attività di innovazione (Grafico 10) risulta limitato a poco meno di un terzo delle aziende, solo 13 ( circa 31%). Di queste, la maggioranza, 11, (circa l’84%) fa riferimento alla Regione Puglia quale soggetto erogatore15.
14 Dati di sintesi, Allegato 1 Tavola 13.
15 Dati di filiera, Allegato 1, Tavola 14.
Grafico 10 - Aziende "innovative": sostegno pubblico per l’attività di innovazione
Aziende innovative che hanno ricevuto sostegno pubblico
Aziende innovative che non hanno ricevuto sostegno pubblico
84%
Amministrazioni pubbliche regionali e locali erogatrici del sostegno
70%
31%
8%
8%
Amministrazioni centrali dello Stato e altre istituzioni che agiscono per loro delega erogatrici del sostegno
Unione Europea erogatrice del sostegno
26%
2%
2%
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola
6.3. Il fabbisogno di innovazione
Relativamente al fabbisogno di innovazioni delle aziende intervistate, dal Grafico 11, si evince come, anche per la filiera lattiero-casearia, a prevalere sia il fabbisogno delle aziende “innovative”; di queste ben il 59,5% necessita dell’introduzione di innovazione nelle tecniche dei processi produttivi, il 52,4% di innovazioni relative alla qualità. Significativa è l’importanza assegnata alle innovazioni di tipo organizzativo: in particolare il 35,7% delle aziende esprime interesse ai contratti di filiera; il 31% all’adesione ai disciplinari di produzione di prodotti tipici16.
16 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 15.
Grafico 11 - Aziende "innovative" e "non innovative": fabbisogno di innovazione per tipologia di innovazione
Aziende non innovative
Introduzione di innovazioni nelle tecniche e tecnologie dei processi produttiv
Introduzione di innovazioni relative alla qualità
Introduzione di nuovi prodotti Adesione ad un contratto di filiera
Introduzione di modifiche significative nelle caratteristiche estetiche dei prodotti, incluse quelle nel confezionamento
Introduzione di innovazioni relative ai temi ambientali
Introduzione di nuove (o significativamente migliorate) tecniche e pratiche di commercializzazione o distribuzione dei prodotti o servizi
Adesione a disciplinari di produzione di prodotti tipici Introduzione di innovazioni relative alle infrastrutture/logistica
Adesione alla costituzione del distretto agroalimentare
Adesione ad accordi interprofessionali e/o protocolli d’intesa con altre imprese Introduzione di innovazioni relative alle ITC (Information and Communication
Technology)
Adesione ad un Programma Integrato di Filera (P.I.F.) Adesione ad un Patto agricolo/Patto territoriale
Adesione ad un Programma Integrato di Agevolazione (P.I.A.)
1
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
Aziende innovative
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazioni delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero - casearia e dell'uva da tavola
I fabbisogni di innovazione in riferimento alle attività delle fasi della filiera, Grafico 12, sono elevati per le innovazioni di prodotto e di processo, e per il marketing (caratterizzazione estetica dei prodotti e confezionamento) e decrescono per le altre innovazioni. Va rilevato, tuttavia, che è stato manifestato interesse riguardo all’adozione di tecniche tradizionali come l’uso del siero innesto o come l’uso dei fermenti, nonché per le produzioni di formaggi a pasta dura con diversi livelli di stagionatura o formaggi cremosi e yogurt17.
Grafico 12 - Aziende "innovative": fabbisogno di innovazione per tipologia di impresa e di innovazione
Introduzione di innovazioni nelle tecniche e tecnologie dei processi produttivi
Introduzione di innovazioni relative alla qualità
Introduzione di nuovi prodotti Introduzione di innovazioni relative ai temi ambientali
Adesione ad un contratto di filiera Adesione ad accordi interprofessionali e/o protocolli d’intesa con altre imprese
Adesione a disciplinari di produzione di prodotti tipici
Adesione alla costituzione del distretto agroalimentare Introduzione di nuove (o significativamente migliorate) tecniche e pratiche di commercializzazione o
distribuzione dei prodotti o servizi, quali il commercio elettronico, il franchising, le vendite dirette o le licenze
Adesione ad un Programma Integrato di Filera (P.I.F.)
Introduzione di modifiche significative nelle caratteristiche estetiche dei prodotti, incluse quelle nel
confezionamento
Introduzione di innovazioni relative alle ITC (Information and Communication Technology) Introduzione di innovazioni relative alle infrastrutture/logistica
Adesione ad un Programma Integrato di Agevolazione (P.I.A.)
Adesione ad un Patto agricolo/Patto territoriale
0 10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Percentuale sul totale aziende per tipologia di attività
AllevamentiCaseifici Caseifici Allevamenti
17 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 16a-16b.
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola.
6.4 Le fonti informative per l’innovazione
Il Grafico 13, mostra l’importanza attribuita dalle aziende alle fonti informative “interne” nell’individuazione ed introduzione delle innovazioni. Tra le fonti esterne, invece, viene messo in evidenza il ruolo significativo della clientela; le opinioni dei clienti, regionali e non, sono considerate molto importanti rispettivamente dal 14,3% e dal 16,7 % delle aziende. Viceversa, modesta risulta l’importanza assegnata, quali fonti di informazioni, ai soggetti pubblici: 2,4 % alle università e 4,8% agli istituti di ricerca18.
Impresa
Fornitori di attrezzature, materiali, componenti o software
Clienti Associazioni di categoria Conferenze, mostre, fiere Istituti di ricerca pubblici
Consulenti, istituti di ricerca o laboratori privati Imprese concorrenti o altre imprese operanti nello stesso settore
Riviste scientifiche e pubblicazioni tecniche e commerciali
Università o altri istituti di istruzione superiore
Altre imprese del gruppo
Percentuale sul totale aziende innovative
100
90
80
70
60
50
40
20 30
10
0
Extra regionali Regionali
Grafico 13- Aziende "innovative" che hanno attribuito un alto grado di importanza alle fonti di informazioni. Anni 2007-2009
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola.
6.5 Gli accordi di cooperazione per l’innovazione
Molto limitata risulta l’attività delle imprese nel campo degli accordi di cooperazione-collaborazione con altre imprese o istituzioni, relativi all’attività di innovazione tecnologica; infatti, solo 4 aziende hanno definito accordi di questo tipo.
18 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 17.
6.6. Gli ostacoli all’innovazione
33%
Per quanto riguarda gli ostacoli all’innovazione incontrati dalle imprese di filiera è possibile rilevare come ben 20 aziende, pari a circa il 48% delle aziende “innovative”, abbiano dichiarato di aver ritardato notevolmente le attività innovative; di queste ben il 70% ha dichiarato di averle abbandonate subito dopo averle iniziate, mentre il 20% ha abbandonato l’attività già in fase di ideazione19 (Grafico 14).
Grafico 14- Aziende "innovative" : ostacoli all'innovazione
70%
52%
48%
Aziende innovative che hanno abbandonato o rallentato l'attività innovativa
Aziende innovative che non hanno abbandonato o rallentato l'attività innovativa
Attività innovative abbandonate in fase di ideazione
20%
10%
Attività innovative abbandonate dopo che le attività erano già iniziate
Attività innovative notevolmente ritardate
5%
10%
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola.
Relativamente all’importanza assegnata dalle imprese agli ostacoli alle innovazioni, Grafico 15, è possibile rilevare una significativa differenza tra imprese “innovative” ed imprese “non innovative”. Infatti:
− le prime considerano come ostacoli sia i costi troppo elevati degli interventi innovativi (33,3%) sia lo scarso riscontro sui mercati delle innovazioni prodotte con risultati insufficienti rispetto agli sforzi sopportati (33,3%);
− le imprese “non innovative” sono pregiudizialmente convinte dell’inutilità delle innovazioni e non assumono iniziative destinate a colmare o/a riadeguare le carenze di risorse interne all’azienda (38,5%)20.
19 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 18.
20 Dati di sintesi, Allegato 1, Tavola 19a-19b.
Grafico 15 - Aziende "innovative" e "non innovative" che hanno attribuito un alto grado di importanza ai diversi ostacoli all'attività innovativa.
Anni 2007-2009
Domanda insufficiente dei prodotti o servizi innovativi
Costi di innovazione troppo elevati Mercati dominati da imprese consolidate Mancanza di informazioni dettagliate sui mercati
Mancanza di informazioni dettagliate sulle tecnologie Difficoltà di individuare partner con cui cooperare per le attività di innovazione
Mancanza di personale qualificato Mancanza di fonti di finanziamento esterne all’impresa
L’impresa non ritiene necessario innovare per soddisfare e esigenze della clientela Mancanza di risorse finanziarie interne all’impresa o al gruppo
L’impresa aveva già introdotto innovazioni in precedenza
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
Aziende non innovative
Aziende Innovative
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazioni delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero - casearia e dell'uva da tavola
6.7. Le manifestazioni di interesse alle innovazioni di prodotto
Attraverso la somministrazione di un ulteriore questionario aggiuntivo, è stato chiesto alle aziende intervistate di dichiarare il proprio interesse riguardo agli eventuali sviluppi e risultati del progetto di ricerca.
Dai dati riportati nel Grafico 16 si rileva come l’interesse ad essere informati sui risultati del progetto di ricerca e a partecipare agli eventi previsti per la comunicazione degli stessi risulti più elevato per le imprese “innovative” che per quelle “non innovative”. Infatti, delle prime ben 38 aziende su 42 (90,5%) si sono dichiarate interessate, mentre delle seconde, 10, (76,9%), su un totale di 13 aziende (76,9%) si sono dichiarate non interessate.
Grafico 16- Interesse manifestato dalle aziende intervistate alle attività di progetto e a progetti futuri di innovazione
Interesse a partecipare in qualità di partner ad iniziative ne settore e a futuri progetti di ricerca
Interesse al trasferimento tecnologico delle innovazioni risultanti dal progetto di ricerca presso la vostra azienda
si no
Interesse a partecipare agli eventi previsti nel progetto di ricerca per la comunicazione dei risultati (seminari tematici, focus group, eventi dimostrativi)?
Interesse ad essere informati sui risultati delle ricerche
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Aziende non innovative
Aziende innovative
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola
Mentre l’interesse ad essere informati risulta essere elevato, modesto è invece l’interesse dichiarato dalle aziende ad eventuali trasferimenti delle innovazioni.
In ogni caso, va registrato che 17 aziende sul totale (il 67,3%) sono interessate a partecipare in partnership, a progetti di ricerca industriale a valere su futuri bandi pubblici.
Se si considera l’interesse specifico all’introduzione di innovazioni relative alla qualità nutrizionale/salutistica ed edonistica delle materie prime, dai dati riportati nel Grafico 37, la differenza tra imprese “innovative” e “non innovative” è più accentuata. Infatti 28 aziende innovative su 43 (il 66,7%) hanno manifestato la loro propensione ad essere informati, mentre solo 2 aziende “non innovative” su 13 hanno manifestato pari propensione.
Grafico 17 - Aziende per propensione a recepire e introdurre innovazioni riguardanti la qualità nutrizionale/salutistica ed edonistica della materia prima | ||||||||
aziende non |
| |||||||
innovative aziende innovative | Non propensa Poco propensa Propensa Molto propensa Non risponde | |||||||
0% 20% 40% 60% 80% 100% |
Fonte: Territorio Spa, Rapporto sui fabbisogni di innovazione delle PMI nelle filiere cerealicola, lattiero – casearia e dell’uva da tavola
Per quanto riguarda, infine, le tematiche, di più immediato interesse per le imprese intervistate, che si sono evidenziate nel corso delle interviste quelle più significative sono risultate:
− l’introduzione di processi per la distribuzione di latte crudo direttamente al consumatore finale;
− la reintroduzione di tecniche produttive abbandonate (sieroinnesto);
− l’introduzione di tecniche di lavorazione per la produzione di nuovi prodotti: mozzarelle delattosata, formaggi a pasta dura, formaggi stagionati;
− l’introduzione di processi di lavorazione relativi a nuove materie prime quali il latte di bufala e di asina;
− miglioramento delle tecniche di packaging e miglioramento dell’etichettatura.
6.8. Conclusioni
Attraverso l’analisi dei dati sul fabbisogno di innovazione, il settore lattiero-caseario, ivi rappresentato dalle 55 aziende intervistate, risulta caratterizzato come segue:
− il numero di imprese che ha introdotto innovazioni nella filiera è consistente e rappresenta circa il 75% delle imprese intervistate;
− la componente innovativa risulta prevalere tra le aziende che svolgono attività di commercializzazione, come nel caso dei caseifici, o attività di trasformazione, come nel caso degli allevamenti, sollecitate, anche, dall’avvio di attività agrituristiche;
− particolare importanza assumono, tra le innovazioni organizzative, quelle legate ai temi della qualità dei prodotti, in particolare per le aziende di allevamento, mentre, per i caseifici, prevalgono le innovazioni di marketing legate all’introduzione di nuovi prodotti sul mercato;
− le innovazioni di prodotto, che hanno riguardato fondamentalmente i caseifici, non puntano a differenziare i prodotti sotto il profilo della qualità quanto, piuttosto, puntano ad “arricchirli” attraverso l’aromatizzazione, la farcitura, i condimenti; segno, questo, della scarsa attenzione assegnata a tali aspetti che si riscontra nella laconicità delle etichette di prodotto che, in nessun caso, evidenziano le caratteristiche legate all’utilizzo di metodi di lavorazione tradizionale;
− per gli allevamenti si registrano, oltre alle innovazioni di processo legate all’utilizzo di macchinari finalizzate all’automatizzazione di fasi produttive e all’introduzione di software per la gestione di alcune fasi del processo produttivo, anche innovazioni legate alla vendita diretta del latte crudo, direttamente in azienda o attraverso distributori automatici collocati all’esterno;
− per quanto riguarda i fabbisogni di innovazioni, mentre per gli allevamenti prevale la necessita di innovazioni orizzontali legate ai temi della qualità e dell’ambiente, nonché quelle legate all’adesione a forme organizzate quali consorzi e contratti di filiera, per i caseifici prevalgono le innovazioni di processo e quelle legate alle fasi commerciali quali la distribuzione dei prodotti, l’aspetto estetico, la differenziazione dei marchi. Poco definiti risultano, invece, i contenuti del fabbisogno relativi all’innovazione di prodotto favorendo, l’interesse alle tematiche e agli obbiettivi del progetto di ricerca;
− ridotto risulta l’apporto pubblico alle attività di innovazione sia per quanto riguarda il rapporto tra aziende “innovative” e enti pubblici di ricerca sia per quanto riguarda l’erogazione di contributi.
Rispetto alle risultanze del sondaggio condotto nel 2008 dalla Territorio Spa nell’ambito del progetto “Analisi conoscitiva delle filiere agroalimentari, finalizzata all’individuazione dei profili professionali destinati a sostenere, al loro interno, innovazioni di processo” è possibile evidenziare i seguenti elementi:
− una maggiore attenzione alle innovazioni relative alla qualità e all’ambiente correlate all’implementazione delle nuove politiche comunitarie in campo agricolo. Tale attenzione, non viene, altresì, supportata da un egual interesse verso i fattori qualitativi della materia prima, il latte, ma si limita per il momento ai fattori igienici e alle caratteristiche richieste dalle imprese di trasformazione sempre più spesso attraverso il rispetto di disciplinari di produzione;
− una tendenza delle aziende operanti ad estendere le proprie attività lungo tutta la filiera. È il caso dei caseifici che tendono a farsi carico della commercializzazione dei propri prodotti attraverso l’apertura di strutture di vendita e il miglioramento della distribuzione attraverso l’esternalizzazione di queste funzioni; degli allevamenti che stanno attivando la vendita diretta del latte crudo o che hanno avviato attività di trasformazione a livello aziendale alla luce delle sollecitazioni derivanti dallo svolgimento di attività agrituristica.
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