INTERFERENZE
XXXXXXXX XXXXX
TRATTATO
DEL
CONTRATTO
VI
INTERFERENZE
a cura di
Xxxxxxxx Xxxxx
Seconda edizione
Sezione non inclusa
Capitolo I
CONTRATTO E DIRITTI DELLA PERSONALITÀ
1. Contratto e diritti della personalità: significato di una formula. — 2. L’antinomia tra persona e contratto. — 3. Le categorie della dogmatica alla prova del mutamento sociale. —
4. I problemi aperti. — 5. L’ordine pubblico “filantropico” e la dicotomia tra corpo e attributi immateriali.
1. Contratto e diritti della personalità: significato di una formula
“Contratto e diritti della personalità” è un’espressione ambigua, la quale deve essere attentamente decodificata. Essa può essere intesa (al- meno) secondo tre diverse accezioni, le quali rinviano a loro volta a tre ordini di problemi concettualmente differenti.
a) Il primo possibile significato è quello di “contratto come diritto della personalità”. Così declinata, la formula in oggetto evoca la questione, ampiamente dibattuta in molti sistemi, della garanzia costituzionale del- l’autonomia privata (1). In particolare, secondo la visione propria del liberalismo ottocentesco e che tuttora annovera diversi sostenitori presso la
(1) Sul problema si veda XXXXXXX, Autonomia privata (profili costituzionali), in Enc. Dir., Ann., VII, 2015, 61 ss.; ID., L’autonomia privata nella cornice costituzionale: per una giurispru- denza evolutiva e coraggiosa, in Effettività e Drittwirkung: idee a confronto a cura di XXXXXXXXXX, Xxxxxxxxxxxx, 2017, 97 ss.; ALPA, Autonomia contrattuale, in Enc. Dir., Contratto, 2021, 19 ss.; LIBERTINI, Contratto e concorrenza, ivi, 2-3; NAVARRETTA, L’evoluzione dell’autonomia contrattuale fra ideologie e principi, in Quad. fior., XLIII, 2014, 589 ss.; MENGONI, Autonomia privata e costituzione, in Banca borsa tit. cred., 1997, I, 1 ss.; di XXXXXXXX, L’autonomia dei privati, in ID., Persona e comunità. Saggi di diritto privato, II (19t7-1987), Cedam, 1988, 422 ss., 431-433; ID., Xxxxxxxxx, I), In generale, in Enc. Giur. Treccani, IX, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1988, 11; e di ALPA, Libertà contrattuale e tutela costituzionale, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 35 ss.; la questione è stata da ultimo riesaminata da GRISI, L’autonomia privata. Diritto dei contratti e disciplina costituzionale dell’economia, Xxxxxxx, 1999, 126 ss. e da XXXXXXXX, Profili costituzionali dell’autonomia privata, Cedam, 2003, spec. 93 ss. Si veda inoltre, a testimonianza della perdurante attualità del problema nelle diverse esperienze giuridiche, RABELLO-SARCEVIC, Freedom of Contract and Constitutional Law, (Proceedings of the Colloquium of the International Association of Legal Science (Ials/Unesco) Held In Jerusalem, September 1994), Sacher Institute for Legislative Research and Comparative Law – The Hebrew University of Jerusalem, 1998, ed ivi in particolare il General Report di XXXXXXXX, Freedom of Contract and Constitutional Law 11 ss. e le relazioni nazionali di GAMBARO, Freedom of Contract and Constitutional Law in Italy, 169 ss.; XXXXXXXX, Liberté contractuelle e droit constitutionnel en France, 23 ss.; XXXXXXXX, Freedom of
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dottrina tedesca, l’autonomia contrattuale potrebbe essere costruita come termine di riferimento di una libertà fondamentale dell’individuo (2). Condividendo tale premessa, l’interprete potrebbe essere tentato di rico- noscere al contratto la medesima copertura costituzionale prevista per la libera esplicazione della personalità (art. 2 C.) (3). Il contratto (rectius: la libertà contrattuale) diverrebbe così oggetto di un diritto della personalità.
b) Tra i due termini si instaura invece una diversa, e più complessa, connessione semantica nella seconda variante: quella di “diritti della per- sonalità nel contratto”. Il riferimento alla persona ed ai suoi interessi primari non opera qui in funzione espansiva, bensì limitativa della libertà contrattuale. Emblematico, da questo punto di vista, è l’art. L. 120-2 del Code du travail francese, che stabilisce: « nul ne peut apporter aux droits des personnes et aux libertés individuelles et collectives de restrictions qui ne seraient pas justifiées par la nature de la tâche à accomplir ni proportion- nées au but recherché » (4). Ma disposizioni analoghe si ritrovano anche nel nostro ordinamento: basti citare l’art. 2087, che impone all’imprendi- tore di adottare le misure necessarie « a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro » (5); o l’art. 115, c. 1 d.lgs. 196/2003, in ragione del quale: « nell’ambito del rapporto di lavoro dome- stico, del telelavoro e del lavoro agile il datore di lavoro è tenuto a garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale » (6). Così impostata, una riflessione su “contratto e diritti della personalità” dovrebbe evidentemente appuntarsi sulla vasta tematica della protezione
Contract and Constitutional Law in Germany, 87 ss.; XXXXXXXXXX, Freedom of Contract and Constitutional Law. United States Report, 261 ss.
(2) In Germania, in particolare, la tesi in oggetto gode di ampio seguito anche nella giurisprudenza costituzionale, come ricorda XXXXXX, Zwingendes Vertragsrecht und Grundfreiheiten des EG-Vertrages, Xxxx Siebeck, 2003, 178 ss.; KIRCHHOF, Der Vertrag als Ausdruck grundrechtlicher Freiheit, in Festschrift für Xxxxx Xxxxx zum 70. Geburtstag, De Gruyter Recht, 2003, 1211 ss.; XXXXXXX, Die Ausgestaltung der Grundrechte. Untersuchungen zur Grun- drechtsbindung des Ausgestaltungsgesetzgebers, Xxxx Siebeck, 2005, 186 ss.
(3) Su questo modello cfr., in senso critico, XXXXXXXX, L’autonomia dei privati, cit., 432; ID., Contratto, cit., 11.
(4) Si veda, in proposito, il pregevole studio di XXXXXX, Contrat et pouvoir. Essai sur les transformations du droit privé des rapports contractuels, L.G.D.J., 2004, 41 ss.
(5) Cfr. sul punto MENGONI, La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1982, 1117 ss., 1123; GRANDI, Rapporto di lavoro, in Enc. Dir., XXXVIII, Xxxxxxx, 1987, 313 ss.; XXXXXX, Il contratto di lavoro, II, in Tratt. Cicu-Messineo, Xxxxxxx, 2003, 38 ss.; per un’illustrazione delle premesse storiche della disposizione citata, CAZZETTA, Responsabilità aquiliana e frammentazione del diritto comune civilistico (18t5-1914), Xxxxxxx, 1991, 351 ss. 409 ss.; ALPA-RESTA, Le persone fisiche e i diritti della personalità, in Trattato di diritto civile diretto da XXXXX, Xxxxxxx Kluwer-Utet, 2019, 224-238.
(6) In tema BELLAVISTA, La tutela dei dati personali nel rapporto di lavoro, in Il codice dei dati personali. Temi e problemi, a cura di Xxxxxxxxxx-Xxxx-Xxxx-Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, 2004, 397 ss., 430 ss.
I.2.
CONTRATTO E DIRITTI DELLA PERSONALITÀ
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della persona nell’àmbito dei rapporti contrattuali, e segnatamente di quei rapporti la cui esecuzione implichi uno stretto coinvolgimento dell’indivi- duo, nella sua dimensione corporea o intellettiva (7).
c) Ma i diritti della personalità, oltre che come fondamento e come limite, possono altresì rilevare come termine di riferimento oggettivo del con- tratto (8). È questa la terza e più specifica accezione della formula ed è ad essa che si farà esclusivo riferimento in queste pagine. L’obiettivo princi- pale è quello di studiare i problemi derivanti dall’utilizzazione del con- tratto quale strumento di disposizione dei diritti della personalità. Al cen- tro dell’indagine sarà quindi il tema dei contratti sugli attributi della per- sona suscettibili di utilità economiche.
2. L’antinomia tra persona e contratto
Che il contratto possa validamente operare quale tecnica di disposi- zione dei diritti della personalità, come si è appena suggerito, è in realtà un’ipotesi tutta da verificare. Non sono pochi, infatti, gli ostacoli che si frappongono alla trasposizione di tale istituto nella sfera della persona (9). Alcuni di essi sono di natura prettamente tecnico-formale: si pensi in particolare al requisito della patrimonialità del rapporto, di cui all’art.
(7) Il pensiero corre, in primo luogo, alla fattispecie del contratto di lavoro subordi- nato, là dove l’implicazione della persona costituisce uno dei tratti più caratteristici del rapporto: cfr. ad es. MENGONI, Il contratto di lavoro nel diritto italiano, in Il contratto di lavoro nel diritto dei Paesi membri della C.E.C.A., a cura di Xxxxx-Xxxxxxxxxx et alii, Xxxxxxx, 1965, 413 ss., 423; XXXXXXX XXXXXXXXXX, Lavoro (contratto di), in Noviss. Dig. It., IX, Utet, 1963, 493 ss., spec. 496 ss. Deve però essere richiamata la più generale tematica degli obblighi di prote- zione, su cui XXXXXXXXXX, Dovere di protezione e valore della persona, Xxxxxxx, 1988, spec. 83 ss.; CASTRONOVO, Obblighi di protezione, in Enc. Giur. Treccani, XXI, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990, 1 ss.; WEISE, Persönlichkeitsschutz durch Nebenpflichten, dargestellt an Xxxxxxxxxx xxx Xxxxxxx- xxx Xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx-Xxxxxx, 0000, 2 ss.
(8) Tema sul quale si è ormai stratificata un’ampia letteratura: XXXXXXX, Diritti della personalità e contratto: dalle fattispecie più tradizionali al trattamento in massa dei dati personali, Le- dizioni, 2018; NICOLUSSI, Autonomia privata e diritti della persona, in Enc. Dir., Ann., IV, 2011, 133 ss.; RESTA, Autonomia privata e diritti della personalità, Xxxxxx, 2005; ZENO-ZENCOVICH, Profili ne- goziali degli attributi della personalità, in Dir. inform., 1993, 545 ss.; MOROZZO DELLA ROCCA, Pre- stazione (negoziabilità della), in Enc. Giur. Treccani, Aggiornamento, 2003; XXXXXXX, Persönli- chkeitsgüter als Vertragsgegenstand? Von der Macht des Faktischen und der dogmatischen Ordnung, in Festschrift für Xxxxx Xxx zum t0. Geburtstag, Xxxxxxxxxx, 2003, 177 ss.; XXXXXXX, Le nom objet d’un contrat, Librairie Générale de Droit et de Jurisprudence, 1997, passim; XXXXXX, Les contrats portant sur l’image des personnes, in Communication-Commerce Electr., 2003, 10 ss.; XXXXX, La voix et le contrat: le contrat sur la voix, in Contrats-Concurrence-Consommation, 1999, 4 ss.
(9) Per una prima introduzione al problema nel diritto italiano sono indispensabili le pagine di SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, in Tratt. Xxxxx, 3a ed., Utet, 2004, 29 ss., 35; e di ROPPO, Il contratto, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2001, 5 ss.
6 CONTRATTO E PERSONA I.
1321, che, benché scarsamente significativo nella prassi (10), spinge tuttora una parte della dottrina a ricorrere al vecchio schema del negozio giuridico al fine di dare un volto dogmatico agli accordi relativi all’esercizio delle suddette posizioni soggettive (11).
Altri, invece, hanno un rilievo più sostanziale: la stessa giustapposi- zione tra le nozioni di disposizione e di persona disvela un orizzonte problematico, che la semplice constatazione dell’ambiguità semantica del lemma “indisponibilità” non riesce di per sé ad esaurire (12).
(10) Atteso che, come ricorda XXXXX, Il contratto, cit., 8, è « principio comunemente accettato in giurisprudenza che una prestazione in sé non patrimoniale possa dedursi in contratto, se a fronte di essa sia prevista una controprestazione patrimoniale (un prezzo in denaro, l’attribuzione di un bene); oppure se per il suo inadempimento siano previste conseguenze economiche (ad es. il pagamento di una somma a titolo di penale) »; analoga- mente XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, cit., 37, il quale osserva che la pratica
« rinuncia a dedurre la esistenza di un contratto dalla patrimonialità del rapporto regolato, e fa invece dipendere la patrimonialità del rapporto dalla valutazione che le parti hanno dato della prestazione », precisando poi opportunamente che « gli accordi contenenti lo scambio fra una prestazione non patrimoniale e una prestazione patrimoniale ... vincolano solo quando quello scambio appaia conforme al buon costume e all’ordine pubblico » (39). Quindi, il giudizio sulla patrimonialità si ricongiunge e sovrappone a quello sulla disponi- bilità delle posizioni coinvolte (SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, cit., 37).
(11) Si veda, ad esempio, DI BONA, I negozi a contenuto non patrimoniale, Esi, 2001, passim, spec. 63 ss. (con riferimento agli atti ed accordi relativi alla sfera corporea della personalità, nonché alla materia del diritto di famiglia); PERLINGIERI-XXXXXXXX, Autonomia negoziale a contenuto non patrimoniale, in PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, 2a ed., Esi, 2000, 457; e con particolare riferimento alla sfera della personalità “morale”, XXXXXXXX, Autonomia negoziale e diritto all’immagine, Esi, 2000, 11 ss., 50 ss. Questo ricorso preferenziale alla categoria del negozio ha una precisa rispondenza sul terreno del diritto di famiglia, là dove pure è dato registrare un’analoga “fuga dal contratto”, spesso dettata da una preconcetta avversione nei confronti di tale schema, ritenuto espressione della “logica mercantile”: cfr. sul punto i xxxxxx xxxxxxx critici di XXXXXXX, Tentativo d’inventario per il “nuovo” diritto di famiglia: il contratto di convivenza, in I contratti di convivenza, a cura di Xxxxxxx-Xxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 1 ss., 13-15; vedi, altresì, SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, cit., 30 ss.; XXXXXXX, La contrattualizzazione delle relazioni di coppia. Appunti per una rilettura, in Riv. crit. dir. priv., 2003, 57 ss.; XXXXXXXX, L’autonomia privata nel diritto di famiglia: il caso degli accordi in occasione o in vista del divorzio, in Riv. crit. dir. priv., 2001, 303 ss., spec. 321 ss.
Termine estratto capitolo
(12) Una delle ragioni per cui la nozione di indisponibilità è apparsa scarsamente affidante è costituita dall’assenza di uniformità nei suoi usi linguistici, atteso che indisponi- bilità sta talvolta per insuscettibilità di costituire oggetto di convenzioni, talaltra per impos- sibilità di cedere, rinunziare o alienare il diritto (disposizione in senso tecnico): lo rileva XXXXX, L’indisponibilité des droits de la personnalité, une approche critique de la théorie des droits de la personnalité, thèse Dijon, 1978, passim, spec. 167 ss. Tali usi linguistici risultano poi ancor più confusi e contraddittori non appena il concetto di disposizione venga trasposto dalla sfera dei diritti patrimoniali all’area dei diritti della persona — secondo una diffusa con- suetudine dottrinale: cfr. esemplarmente DE CUPIS, I diritti della personalità, in Tratt. Cicu- Messineo, 2a ed., Xxxxxxx, 1982, 91 —, come fa giustamente notare XXXX, Les choses qui sont dans le commerce au sens de l’article 0000 xx xxxx xxxxx, XXXX, 0000, spec. 144-162. Ma la critica all’idea dell’indisponibilità dei diritti della personalità ha fondamenti ancora più solidi, i
Capitolo II
LA CIRCOLAZIONE DEI DIRITTI SUL CORPO UMANO
1. La disposizione del corpo: il modello codicistico ed il suo superamento. — 2. La regola della gratuità dell’atto di disposizione: le fonti interne. — 3. Segue. Le fonti sovranazionali.
— 4. Il duplice significato del principio di extrapatrimonialità del corpo. a) Il profilo dell’appartenenza. — 5. Segue. b) Il profilo della circolazione. — 6. Le conseguenze e l’àmbito di applicabilità del divieto di disposizione onerosa. — 7. Tecniche di controllo procedimentali: informazione, forma, autorizzazioni preventive. — 8. La revocabilità del consenso. — 9. La circolazione dei diritti sul corpo: modelli di disciplina e di qualificazione giuridica. — 10. Segue. Il ritorno dei paradigmi contrattualistici nel dibattito sul benefit sharing.
1. La disposizione del corpo: il modello codicistico ed il suo supera- mento
Lo sviluppo della scienza e della tecnologia rende oggi possibili nume- rose forme di intervento sul corpo umano.
Il corpo può essere osservato sin nelle sue strutture molecolari più complesse (1); può essere « isolato » dal suo contesto naturale (cfr. art. 5, c. 2 dir. 98/44/CE); può essere « conservato » nei suoi diversi stadi di sviluppo (cfr. dir. 04/23/CE); ma può soprattutto essere manipolato, con alterazione dei processi naturali, per le esigenze e con le finalità più diverse.
L’ipotesi più ovvia e maggiormente studiata è quella dell’intervento a scopo di cura della persona interessata (2). Ma in molti altri casi il corpo, e più precisamente il materiale biologico umano (3), costituisce oggetto di
(1) Cfr. a titolo esemplificativo TAUPITZ, The Conflict of Understanding the Genetic Ma- ke-up of Man and His Knowledge of It, in 113 Forensic Science International 477 (2000); KNOP- PERS-LABERGE, La connaissance génétique et ses conséquences sociales, in Les droits de la personne et les enjeux de la médecine moderne, a cura di Xxxxxxxx-Xxxxxx, Les Presses de l’Université Laval, 1996, 85 ss.
(2) Tra i molti x. XXXXXXXX, Xxxxxxxx informato del paziente e responsabilità del medico. Principi, problemi e linee di tendenza, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, V, Xxxxxxx, 1998, 199 ss.; XXXXXXX, Il consenso al trattamento medico. Presupposti teorici e applicazioni giurisprudenziali in Francia, Germania e Italia, Giuffrè, 1989, passim.
(3) La nozione di “materiale biologico umano” si ricava dall’art. 2 della dir. 98/44 CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ove si definisce come materiale biologico « un materiale contenente informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico »; la direttiva è stata attuata in Italia con d.l. 3/2006 (in
18 CONTRATTO E PERSONA I.
fruizione da parte di terzi, in àmbito commerciale, terapeutico o sperimen- tale. Premesso che l’intromissione nella sfera corporea della personalità richiede, come regola generale, il consenso della persona interessata (4), la questione fondamentale che si pone è quella di definire i limiti entro i quali il soggetto possa “disporre” di parti, prodotti o funzioni del proprio corpo a vantaggio altrui, nonché il regime dei relativi atti giuridici (5).
Nell’impianto originario del codice civile la disciplina della circola- zione del corpo e delle sue parti era interamente racchiusa nell’art. 5, che vieta gli atti di disposizione del proprio corpo « quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume » (6).
Sono ben noti i presupposti culturali, oltre che gli obiettivi di politica del diritto, sottesi a tale norma: da un lato si intendeva ribadire la validità dei negozi mediante i quali il soggetto concede ad altri, anche a titolo oneroso, la facoltà di utilizzare parti, prodotti o funzioni del proprio corpo (7); dall’altro si intendeva prevenire un possibile « abuso » dei poteri
G.U. dell’8.1.2006), il cui art. 2, c. 1, riproduce la medesima definizione adottata dalla direttiva (per approfondimenti su tale nozione si veda GALLOUX, La protection juridique de la matière biologique en droit français, in Revue internationale de droit comparé, 1998, 491 ss.).
(4) La centralità del requisito del consenso è ora riaffermata dall’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dall’art. 5 della Convenzione di Xxxxxx sulla biomedicina (vedi in tema MONNIER, La reconnaissance constitutionnelle du droit au consentement en matière biomédicale. Etude de droit comparé, in Revue internationale de droit comparé, 2001, 383 ss.; XXXXXXXX, Droits des patients dans les textes du Conseil de l’Europe, in Les petites affiches, n. 61, 1997, 31); ma si ricava altresì dagli artt. 2, 32 e 13 C., come più volte affermato dalla Corte costituzionale (vedi ROMBOLI, La “relatività” dei valori costituzionali per gli atti di disposizione del proprio corpo, in Pol. dir., 1991, 565 ss.).
(5) La distinzione tra gli atti di disposizione compiuti nell’interesse proprio e nell’in- teresse altrui è comune nell’àmbito delle riflessioni sulla disciplina giuridica del corpo: cfr. ad esempio ROMBOLI, sub art. 5, in PIZZORUSSO-ROMBOLI-BRECCIA-DE VITA, Delle persone fisiche, cit., 243 ss.; D’XXXXXX, Autonomia privata e integrità fisica, Xxxxxxx, 1999, 237. Il discorso che qui si conduce attiene esclusivamente agli atti di disposizione i quali non realizzino finalità esclusive del disponente (pertanto non saranno considerate fattispecie quali la sterilizza- zione volontaria, l’intervento demolitorio e ricostruttivo dei caratteri sessuali o la recente ed importante tematica dell’innesto di chips intracutanei).
(6) All’art. 5 è dedicato il pregevole studio di VENUTI, Gli atti di disposizione del corpo, Xxxxxxx, 2002, passim; vedi altresì CARUSI, Atti di disposizione del corpo, in Enc. Giur. Treccani, III, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1998, 1 ss.; D’XXXXXX, Autonomia privata e integrità fisica, cit., 10 ss.; CAGGIA, sub art. 5, in ALPA-MARICONDA, Codice civile commentato, Ipsoa, 2005, 218 ss.; DOGLIOTTI, Le persone fisiche, cit., 93 ss.; ROMBOLI, sub art. 5, cit., 225 ss.; XXXX-XXXXXXX, Le persone fisiche, cit., 247 ss.; XXXXXXXXX, Il diritto all’integrità fisica, in AA.VV., Le persone, III, Diritti della personalità, Utet, 2000, 69 ss.; D’ADDINO SERRAVALLE, Atti di disposizione del corpo e tutela della persona umana, Esi, 1983, passim.
(7) Questo dato emerge chiaramente dalla Relazione del Guardasigilli al Progetto definitivo e dalla Relazione della Commissione Reale, 33, ove si legge: « Si è pertanto ritenuta adeguata una norma che dichiari tali disposizioni permesse quando non siano
II.1.
CIRCOLAZIONE DEI DIRITTI SUL CORPO UMANO
19
dell’autonomia privata, a tutela di interessi sovraordinati (nell’ottica auto- ritaria del regime), come la garanzia della funzione produttiva e procrea- tiva dell’individuo (8). Dietro l’apparente contraddizione si celava quindi una singolare coerenza: il corpo era giuridicamente costruito come ele- mento esterno alla persona, oggetto di un diritto a contenuto (anche) patrimoniale, ed in quanto tale integralmente assorbito o da una logica prettamente dominicale, o dalle istanze di natura pubblicistica (9).
L’art. 5 ha subìto nel corso degli anni un processo di profonda ero- sione, tale da alterarne sensibilmente il contenuto precettivo. Per un verso il limite speciale della “diminuzione permanente” ha perso di significato, sia in ragione della sovrapposizione della nozione elastica di “salute” (10) a
contrarie alla legge o alla morale. Si è avuto riguardo specialmente ai casi in cui taluno sottoponga il suo corpo ad esperimenti scientifici, ad operazioni chirurgiche (molto fre- quenti oggi, ad es., quelle per la trasfusione del sangue). Se si dicesse senz’altro che tali convenzioni sono nulle si verrebbe ingiustamente a privare del compenso colui che si sia sottoposto a simili esperimenti od operazioni pattuendolo preventivamente » (in PANDOL- FELLI-SCARPELLO-XXXXXX XXXXXXX-DALLARI, Codice civile, Libro I illustrato con il lavori preparatori, 2a ed., Xxxxxxx, 1939, 61); tali affermazioni sono agevolmente comprensibili se si pone mente alla nota vicenda giurisprudenziale che ha costituito l’occasio legis dell’art. 5: C. pen. 31.1.1934, in Giur. it., 1934, II, 114, e in Foro it., 1934, II, 146, con nota di XXXXXXX-XXXX, Contro l’innesto Woronoff da uomo a uomo; che uno degli obiettivi sottesi alla norma fosse quello di legittimare la disponibilità contrattuale del corpo, considerato come oggetto di un diritto (anche) patrimoniale, è sottolineato da diversi autori: vedi in particolare VENUTI, Gli atti di disposizione del corpo, cit., 23 ss.; BESSONE-XXXXXXXX, Persona fisica (dir. priv.), in Enc. Dir., XXXIII, Xxxxxxx, 1983, 193 ss., 200.
(8) Si legge nella Relazione del Guardasigilli al Progetto definitivo, n. 26, in PANDOL- FELLI-SCARPELLO-XXXXXX XXXXXXX-DALLARI, Codice civile, Libro I illustrato con il lavori prepartori, cit., 61: « Vietando gli atti di disposizione del corpo che producono una diminuzione permanente della integrità fisica, si fa in sostanza un’applicazione particolare della norma che vieta l’abuso del diritto, in quanto si considera che la integrità fisica è condizione essenziale perché l’uomo possa adempiere i suoi doveri verso la società e verso la famiglia »; nella dottrina dell’epoca cfr. MAROI, Delle persone fisiche, in Comm. X’Xxxxxx-Xxxxx, Persone e famiglia, I, Xxxxxxx, 1940, 97-98; FERRARA, Diritto delle persone e di famiglia, Jovene, 1941, 97 ss.; sulla concezione auto- ritaria sottesa al modello di disciplina dell’art. 5 si veda CHERUBINI, Tutela della salute e c.d. atti di disposizione del corpo, in Tutela della salute e diritto privato, a cura di Xxxxxxxx-Xxxxxxx, Xxxxxxx, 1978, 73 ss., 76; XXXXX, Integrità fisica, in Dig. disc. pubb., VIII, Utet, 1993, 450 ss., 454; e più di recente VENUTI, Gli atti di disposizione del corpo, cit., 10 ss., 23 ss.
(9) Cfr. XXXXXXX-XXXXXXXX, Persona fisica (dir. priv.), cit., 200.
(10) La definizione accolta dall’Organizzazione mondiale della sanità insiste sull’idea di “benessere fisico, mentale e sociale” della persona (cfr. ZATTI, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso X. Xxxxxxxx), in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, 1 ss., 2); è opportuno anche richiamare l’art. 3 della Carta dei Diritti UE, che configura il diritto fondamentale al rispetto dell’integrità fisica e psichica della persona: x. XXXXXXX, sub art. 3, in XXXXXXX- CARTABIA-CELOTTO, L’Europa dei Diritti. Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, Il Mulino, 2001, 51 ss.
20 CONTRATTO E PERSONA I.
quella — più rigida — di integrità fisica (11), sia per effetto delle numerose deroghe introdotte dalla legislazione speciale (cfr. ad es. art. 1 l. 458/1967, in tema di trapianto del rene; art. 1 l. 483/1999, sul trapianto del lobo del fegato; art. 3 l. 164/1982, in tema di transessualismo) (12). Per altro verso, il limite generale della contrarietà alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume ha assunto una diversa, più specifica, connotazione e si è tradotto nel superamento della stessa logica contrattualistica sottesa alla disciplina del codice civile (13).
Si può sintetizzare questo percorso osservando che la valorizzazione della funzione “identitaria” del corpo (14), e quindi del principio di libertà nell’àmbito delle scelte personali (15), non si è accompagnata ad una de-regolamentazione dell’intera materia, secondo il progetto dei teorici dell’antipaternalismo e dell’anima più radicale del movimento di law and
(11) Su questo processo, xxx xxxx, vedi XXXXXXXXX, Tutela della salute e c.d. atti di disposizione del corpo, cit., 80 ss.; XXXXXXX, sub art. 5, cit., 234 ss.; D’XXXXXX, Autonomia privata e integrità fisica, cit., 119 ss.; XXXXXXXXX, Il diritto all’integrità fisica, cit., 74 ss.
(12) Per una ricognizione delle principali normative succedutesi a partire dalla l. 592/1967, vedi CARUSI, Atti di disposizione del corpo, cit., 4; D’XXXXXX, Integrità fisica, in Enc. Dir., Agg., IV, Xxxxxxx, 2000, 712 ss., 717 ss.
(13) Questo punto sarà sviluppato nei paragrafi seguenti, ma cfr. sin d’ora VENUTI, Gli atti di disposizione del corpo, cit., 56 ss.; EAD., Atti di disposizione del corpo e principio di gratuità, in Dir. fam., 2001, 827 ss.
(14) Cfr. in proposito XXXXXXXX, Il principio di gratuità, biotecnologie e “atti di disposizione del corpo”, in Eur. dir. priv., 2002, 761 ss., 770; ZATTI, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso X. Xxxxxxxx), cit., 1 ss.; MESSINETTI, Identità personali e processi regolativi della disposizione del corpo, in Riv. crit. dir. priv., 1995, 197 ss.; per una critica al modello “proprie- tario”, cfr. tra i molti FIERENS, Critique de l’idée de propriété du corps humain ou Le miroir de l’infâme belle-mère de Xxxxxxxxxxxx, in R.I.E.J., 2000, 157 ss.; XXXXXXXX, Body, Self, and the Property Paradigm, in 22 Xxxxxxxx Center Report 34 (1992).
(15) La Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire in più occasioni che l’inviola- bilità fisica costituisce un aspetto essenziale della libertà personale garantita dall’art. 13 C., in una duplice accezione, “attiva” e “passiva”: merita ricordare, tra le altre, le sentenze C. 19.7.1996, n. 257, in Giust. civ., 1996, I, 2807, ove è stata affermata l’illegittimità costituzionale dell’art. 696, c. 1, c.p.c., nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre un ac- certamento tecnico o un’ispezione giudiziale sul corpo, con il consenso della persona inte- ressata; X. 0.0.0000, n. 238, in Giur. cost., 1996, 2142, relativa all’art. 224, c. 2, c.p.p., ritenuto costituzionalmente illegittimo nella parte in cui consente che il giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, disponga coattivamente un prelievo ematico, considerato come forma di invasione della sfera corporea del soggetto, al di fuori delle condizioni previste dalla legge;
X. 00.00.0000, x. 000, xx Xxxx xx., 1991, I, 14, ove è stata affermata l’illegittimità dell’art. 696,
Termine estratto capitolo
c. 1, c.p.c., nella parte in cui non consente ad un soggetto di ottenere che sia disposto accer- tamento tecnico od ispezione giudiziale sulla propria persona (su questa duplice accezione della libertà di disposizione del corpo x. XXXXXXX, I limiti alla libertà di disporre del proprio corpo nel suo aspetto “attivo” ed in quello “passivo’, ivi, 15 ss.; ID., La “relatività” dei valori costituzionali per gli atti di disposizione del proprio corpo, cit., 571 ss.). Sono significativi altresì gli orientamenti della giurisprudenza di merito in tema di rifiuto di cure e di sterilizzazione volontaria, su cui v. la rassegna di XXXXXXXXX, Il diritto all’integrità fisica, cit., 86 ss.
Capitolo III
LA CIRCOLAZIONE DEI DIRITTI SUGLI ATTRIBUTI IMMATERIALI
1. Autonomia e “consenso” nella sfera dei diritti della personalità morale. — 2. Il “consenso remunerato” al trattamento dei dati personali. — 3. “Libertà” del consenso e commercia- lizzazione. — 4. La distinzione tra consenso e contratto nella disposizione dei dati personali.
— 5. La circolazione dei dati personali: regole di inalienabilità “limitate”. — 6. Gli attributi dell’identità suscettibili di sfruttamento commerciale. — 7. Il superamento del paradigma del consenso revocabile. — 8. La pluralità dei modelli negoziali di circolazione. — 9. Il contratto come strumento di disposizione: le tipologie. — 10. Conformazione del rapporto e tutela della persona nel contratto. — 11. I requisiti dell’oggetto. — 12. L’interpretazione restrittiva. — 13. Gli effetti e il recesso. — 14. I contratti ad effetti reali e il principio di inalienabilità dei diritti della persona.
1. Autonomia e “consenso” nella sfera dei diritti della personalità mo- rale
Anche nel settore dei diritti della personalità morale il legislatore utilizza con frequenza il termine consenso.
Di “consenso dell’interessato” si discorre ripetutamente in materia di protezione dei dati personali (artt. 4, 6, 7, 9 Reg. UE 2016/679) (1); il “consenso della persona offesa” è richiesto ai fini della divulgazione delle generalità o dell’immagine della vittima di atti di violenza sessuale (art. 734-bis c.p.) (2); la pubblicazione delle corrispondenze epistolari, le quali abbiano carattere confidenziale, è subordinata al “consenso dell’autore” (art. 93 l. 633/1941) (3); lo stesso è a dirsi per il ritratto di una persona, il
(1) Sulla figura del consenso al trattamento v. IRTI, Xxxxxxxx ‘negoziato’ e circolazione dei dati personali, Xxxxxxxxxxxx, 2021, 74; SICA, Il consenso al trattamento dei dati personali: metodi e modellli di qualificazione giuridica, cit., 621 ss.; PATTI, sub art. 11, in Tutela della privacy. Commentario alla l. 31 dicembre 199t, n. t75, a cura di Xxxxxx-Xxxxxxxx, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 359 ss.; XXXXXXX, Il consenso dell’interessato, in La disciplina del trattamento dei dati personali, a cura di Xxxxxxx-Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, 1997, 201 ss.; FICI-PELLECCHIA, Il consenso al trattamento, in Diritto alla riservatezza e circolazione dei dati personali, I, a cura di Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, 2003, 469 ss.
(2) Xxxx XXXXXX, sub art. 13, in Leg. pen., 1996, 497 ss.
(3) In tema cfr. XXXXXXX, Il diritto alla riservatezza. Il diritto all’immagine, il diritto al segreto, la tutela dei dati personali, il diritto alle vicende della vita privata, gli strumenti di tutela, Xxxxxxx,
54 CONTRATTO E PERSONA I.
quale non può, “senza il consenso di questa”, essere riprodotto (art. 96 l. 633/1941) (4), né registrato come marchio (art. 8 d.lgs. 30/2005) (5); infine, il “consenso del socio receduto” è necessario per la conservazione del patronimico nella ragione sociale (artt. 2292, c. 2 e 2314, c. 1) (6).
In ciascuna di queste fattispecie, l’atto di assenso è configurato come principale (anche se non unico e non sempre necessario) requisito di liceità di determinate interferenze con la sfera della personalità (7). In termini molto generali sembrerebbe, quindi, riproporsi un modello di disciplina analogo a quello già osservato in relazione al corpo. Il legislatore attribui- sce particolare rilevanza al principio di autodeterminazione nell’àmbito delle scelte personali e rimette in capo al singolo le decisioni rilevanti in ordine alle modalità di costruzione della propria vita privata. Il consenso opera, da questo punto di vista, come strumento di autonomia, in quanto è una tecnica idonea a definire, nelle relazioni con terzi, un particolare assetto dell’identità personale (8).
Come si sa, però, la formale garanzia dei poteri di autonomia privata rischia di tradursi in una semplice illusione ottica, ove ad essa non si accompagnino una serie di condizioni materiali ed istituzionali, le quali rendano possibile un esercizio davvero libero e consapevole degli stru- menti negoziali (9). È per questo motivo che, nel campo dei diritti della personalità fisica, l’atto di consenso risulta circondato da una molteplicità di cautele, delle quali si è già discusso in precedenza e che, considerate nel
2002, 132 ss.; XXXXXXXX, Riserbo della corrispondenza e opera dell’xxxxxxx xxxxxxx (a proposito delle lettere di Xxxxxxxx Xxxxxxx), in Dir. inf., 1999, 413 ss.; ma si veda altresì l’importante studio di XXXXXXX, In tema di pubblicazione di lettere missive, in Giur. it., 1976, I, 2, 111 ss.
(4) Cfr. in merito le notazioni di DE VITA, sub art. 10, in PIZZORUSSO-ROMBOLI-BREC-
CIA-DE VITA, Delle persone fisiche, cit., 567 ss.
(5) Vedi in particolare XXXXXXXX, Il marchio degli enti non commerciali: ovvero, della tutela della notorietà civile, in AIDA, 1993, 43 ss.; ID., Xxxx, ritratti ed emblemi altrui, in MARASÀ-MASI- XXXXXXXX-SPADA-SPOLIDORO-XXXXXX XXXXXXX, Commento tematico della legge marchi, Xxxxxxxxxxxx, 1998, 211 ss.
(6) Cfr. XXXXX, Il nome della società, Cedam, 1964, 52 ss.; 247 ss., 285 ss.; XXXXXXX, I diritti della personalità nel diritto industriale, Cedam, 1959, 158, 163 ss.; XXXXXXX, Profili del diritto al nome civile e commerciale, Cedam, 1984, 90 ss.
(7) In tema cfr. le trattazioni di XXXX, “Volenti non fit iniuria”. Die Einwilligung im Privatrecht, cit., 16 ss.; XXXXXX, Die Verwertung persönlichkeitsrechtlicher Positionen. Ansatz einer Systembildung, cit., 27 ss.
(8) Circa la funzione del consenso quale strumento di esercizio dell’autodetermina- zione vedi in particolare BASTON-XXXX, Der sachliche Schutzbereich des zivilrechtlichen allgemei- nen Persönlichkeitsrechts, Xxxx Siebeck, 1997, 225-226; e MESSINETTI, I principi generali dell’or- dinamento. Il pluralismo delle forme del linguaggio giuridico, in Riv. crit. dir. priv., 2002, 7 ss., 37; ID., Circolazione dei dati personali e dispositivi di regolazione dei poteri individuali, in Riv. crit. dir. priv., 1998, 339 ss., 349 ss.
(9) V. ad es. XXXXXX, Elaboratori elettronici e controllo sociale, Bologna, 1973, 47 ss., 133 ss.
III.2.
CIRCOLAZIONE DEI DIRITTI SUGLI ATTRIBUTI IMMATERIALI
55
loro insieme, valgono a definire un modello di circolazione radicalmente diverso da quello tipico del sistema dei diritti patrimoniali (10).
Si deve ora verificare se anche nel settore della personalità morale la libertà dispositiva del singolo incontri limiti altrettanto incisivi e, quindi, se anche qui il “consenso” debba essere ricostruito come atto giuridico unila- terale volto a produrre un effetto scriminante.
L’interrogativo appena formulato ha ragione di porsi non tanto in ragione del lessico impiegato dal legislatore nelle varie fattispecie di “di- sposizione” dei diritti della personalità. “Consenso”, infatti, è un termine polisemico, che non rinvia ad una specifica struttura di circolazione giuri- dica, ma è suscettibile di essere ricondotto ad una pluralità di figure dogmatiche, diverse dal consenso dell’avente diritto e soggette a tutt’altro regime di disciplina (11). Lo dimostra la vicenda, per molti versi esem- plare, del “consenso” al trasferimento della ditta (art. 2565, c. 2), la quale ha visto sovrapporsi, a lessico normativo invariato, schemi ermeneutici delittuali, obbligatori ed infine reali (12).
Sono piuttosto le regole che in alcune discipline di settore presiedono al valido esercizio dell’atto di autonomia, o semplicemente le opinioni professate dalla dottrina, a far sorgere dei dubbi circa l’ammissibilità, nella sfera della personalità morale, di tecniche dispositive diverse da quella del consenso revocabile.
Ad uno sguardo più attento, si potrà constatare, tuttavia, come il panorama sia più articolato e il consenso dell’avente diritto non esaurisca affatto il quadro degli strumenti con i quali possono realizzarsi meccanismi di circolazione onerosa degli attributi della personalità.
2. Il “consenso remunerato” al trattamento dei dati personali
Un modello analogo a quello appena descritto in relazione al corpo umano non è interamente replicabile nel settore dei dati personali. Qui la diffusività delle logiche del mercato e delle sue pratiche commerciali ha reso sostanzialmente irreversibile il processo di patrimonializzazione dei
(10) Cfr. supra, cap. II, par. 10.
(11) Cfr. XXXX, “Volenti non fit iniuria”, cit., 16 ss., 141 ss.
(12) La ricostruzione di tale fattispecie — non più problematica nel nostro sistema: vedi ABRIANI, I segni distintivi, in ABRIANI-COTTINO-RICOLFI, Diritto industriale, in Trattato di diritto commerciale diretto da COTTINO, II, Cedam, 2001, 144 ss.; RICOLFI, I segni distintivi. Diritto interno e comunitario, Giappichelli, 1999, 203 ss., 215 — sembra tuttora affaticare il giurista tedesco: vedi XXXXXX, Namensrecht und Firmenrecht, in Festschrift für Xxxxxxxx Xx- xxxxxxxxx zum 70. Geburtstag, Xxxx Xxxxxxx, 1998, 494 ss.; XXXXXX, Die Ubertragbarkeit der Firma, in Festschrift für Xxxxx Xxxxxxx zum t5. Geburtstag, Xxxx Xxxxxxx, 1973, 101 ss.
56 CONTRATTO E PERSONA I.
beni in discorso. Nell’attuale fase di « capitalismo informazionale » (13), i dati, e tra questi anche i dati personali, rappresentano una risorsa primaria per qualsiasi attività produttiva, e gli stessi modelli di consumo stratificatisi nella società esaltano ed amplificano tale artificiale equiparazione dei dati a commodities (14). Artificiale, si diceva, perché i dati, essendo null’altro che informazioni riferite ad una persona fisica (come recita l’art. 4 del regola- mento UE 2016/679), sono necessariamente dei ‘rappresentanti analogici’ della persona e della sua identità (15). Di conseguenza, qualsiasi equipara- zione alle merci non può che essere ontologicamente fittizia, per ripren- dere la terminologia di Xxxx Xxxxxxx (16).
Questa intrinseca tensione tra il polo della persona e quello del mer- cato si riflette nel regime di disciplina ormai definito dal diritto europeo, e segnatamente dal regolamento (UE) 2016/679, per il trattamento dei dati personali. Un regime ispirato dalla duplice esigenza di permettere una libera circolazione dei dati a livello intraeuropeo e di assicurare un alto livello di protezione dei diritti coinvolti, e in particolare del diritto fonda- mentale alla protezione dei dati personali, sancito dall’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (17).
Questo approccio si traduce in un peculiare sistema di integrazione tra strumenti privatistici e strumenti pubblicistici, il quale realizza una forma affatto particolare di regolazione del mercato, in quanto preordinata, piuttosto che al mantenimento di condizioni di concorrenza perfetta, al contemperamento tra libera circolazione dei dati e livello elevato delle
(13) Questa è la formula usata da XXXXX, Between Truth and Power: The Legal Construc- tion of Informational Capitalis, Oxford University Press, 2019 e ripresa da XXXXXXXXXX, The Law of Informational Capitalism, 129 Yale L. J. 1460 (2020); essa è più convincente di quella, ancor più nota, di « capitalismo della sorveglianza », resa celebre dall’indagine di XXXXXX, The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power, Public Affairs, 2019, 199 ss.
(14) In tema THOBANI, Il mercato dei dati personali: tra tutela dell’interessato e tutela dell’utente, in MediaLaws, 2019, 131 ss.; ZECH, Data as a Tradeable Commodity, in European Contract Law and the Digital Single Market. The Implications of the Digital Revolution, a cura di DE FRANCESCHI, Cambridge-Antwerp-Portland, Intersentia, 2016, 51 ss.; XXXXXXX, Ökonomischer Wert von Persönlichen Daten. Diskussion des ‘Warencharakters’ von Daten aus persönlichkeits- und urheberrechtlicehr Sicht, in Multimedia und Recht, 2017, 6 ss.
Termine estratto capitolo
(15) Cfr. ANGIOLINI, Lo statuto dei dati personali. Uno studio a partire dalla nozione di bene,
Xxxxxxxxxxxx, 2020, 1 ss., 213.
(16) XXXXXXX, La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca, trad. it., Einaudi, 1974, 88.
(17) FINOCCHIARO, Il quadro d’insieme sul Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, in Il nuovo Regolamento europeo sulla privacy e sulla protezione dei dati personali, a cura di FINOCCHIARO, Zanichelli, 2017, 1 ss.
Sezione non inclusa
Capitolo I
DIRITTO DI FAMIGLIA E AUTONOMIA PRIVATA
1. Introduzione. Contratto e famiglia. — 2. Il superamento della « concezione istituzio- nale » della famiglia e la teoria del negozio giuridico familiare. — 3. Tutela dell’individuo e principio dell’accordo nella Costituzione e nella legislazione ordinaria, in particolare nella riforma del 1975. — 4. La più recente evoluzione dottrinale e giurisprudenziale sul tema della negozialità tra coniugi in crisi. — 5. Gli spunti della normativa più recente sui rapporti tra contratto e famiglia: patto di famiglia, atti di destinazione, affidamento condiviso della prole e stato unico di filiazione, riforme in materia divorzile. — 6. Dal negozio familiare al contratto familiare. Lezioni dallo studio comparato del diritto di famiglia. — 7. Autonomia negoziale nella famiglia e diritto internazionale privato italiano nella riforma di cui alla l. 218/1995. — 8. Lezioni dal diritto eurounitario. Autoresponsabilità e autonomia contrat- tuale dei coniugi, anche in via preventiva, nei regolamenti UE.
1. Introduzione. Contratto e famiglia
La prima edizione del presente contributo, risalente al 2006, esordiva definendo « ancora ardito » l’accostamento tra contratto e famiglia, per lo meno per chi avesse continuato a collocarsi nell’ottica « tradizionale » che, sulla base di perduranti echi della concezione istituzionale della famiglia, enfatizzava in questa materia gli aspetti d’ordine pubblico, le regole che molti ritengono ancora inderogabili e la tutela del soggetto ritenuto « de- bole ». Lo scopo precipuo di questo lavoro, nella sua versione attuale, è quello di dimostrare come, a distanza di sedici anni, questo avvicinamento tra materia contrattuale e materia giusfamiliare appaia, se possibile, ancor più naturale. Vero è che, ora come allora, profili e allegazioni di asserita indisponibilità nelle intese tra i membri della famiglia continuano ad affio- rare con andamento ciclico nella dottrina (1), così come in alcuni (peraltro sempre più ristretti) filoni nella giurisprudenza di legittimità, nonché da
(1) Per i richiami e le relative critiche si rinvia ad OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, Xxxxxxx, 1999, 129 ss.; ID., La comunione legale tra coniugi, nel Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da Xxxx, Messineo e Xxxxxxx, continuato da Xxxxxxxxxxx, II, Xxxxxxx, 2010, 2105 ss. Per successive prese di posizione in senso contrario (o comunque cariche di perplessità) rispetto alla piena esplicazione dell’autonomia contrattuale dei coniugi cfr. ad es. XXXXXXXX, L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accordi in occasione o in vista del divorzio, in Riv. crit. dir. priv., 2001, 303 ss.; EAD., Divorzio “privato” e “autonomia preventiva”, in Riv. dir. civ., 2021, 250 ss., 264 ss.; AULETTA, Gli accordi sulla crisi coniugale, in Familia, 2003,
86 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
un certo numero di dati desumibili dalla stessa legislazione giusfamiliare. Potranno citarsi a titolo d’esempio, per quanto attiene alla giurisprudenza, alcune persistenti « chiusure » della Cassazione in materia di disponibilità del contributo al mantenimento del coniuge separato e dell’assegno di divorzio (2), alimentate del resto — e qui veniamo alla normativa — dal fraintendimento dottrinale di alcuni dati desumibili dalle modifiche intro- dotte, ormai molti anni fa, nella legislazione in materia di crisi coniugale dalla l. 74/1987, quali l’asserita esaltazione del carattere assistenziale del- l’assegno ex art. 5 l. div., o l’espresso riconoscimento della figura del
« coniuge debole » nel successivo art. 6, c. 6 (così come sostituito dall’art. 11, l. 74/1987). Elementi, questi, contraddetti, in realtà, da una serie di regole, già in allora esistenti e che comunque i successivi sviluppi si sono incaricati di smentire, come è accaduto, ad es., proprio in relazione all’ul- tima delle norme citate, in tema di « coniuge debole », implicitamente
43 ss.; E. RUSSO, Le convenzioni matrimoniali, Artt. 159-1tt-bis, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 2004, 31 s., 95 ss., 288 ss., 324 ss.; ID., Gli « effetti inderogabili del matrimonio » (contributo allo studio dell’art. 1t0 c.c.), in Riv. dir. civ., 2004, I, 569 ss.; QUADRI, Autonomia dei coniugi e intervento giudiziale nella disciplina della crisi familiare, in Familia, 2005, 1 ss., 14 ss.; XXXXXXXXX, La famiglia: una concezione neo-istituzionale, in Europa e dir. privato, 2012, 169 ss.; XXXXX, Il matrimonio civile. Una teoria neo-istituzionale, Xxxxxxx, 2013, passim; AMAGLIANI, Appunti su autonomia privata e diritto di famiglia: nuove frontiere della negozialità, in Contratti, 2014, 582 ss. (sulla cui posizione v., per una critica, tra breve, in nota); XXXXXX, Capire il diritto di famiglia attraverso le sue fasi, in Riv. dir. civ., 2017, I, 1575 ss. Da notare che, ad avviso di tale ultimo Autore, addirittura, la (non meglio dimostrata) « natura inderogabile del contenuto degl’i- stituti giuridici familiari » concorrerebbe a definire la peculiare posizione di questa materia nel sistema del diritto privato e affiderebbe la sua regolamentazione « a una dinamica del tutto differente rispetto al diritto di proprietà e dei contratti ». Il diritto di famiglia si atteggerebbe, così, con i tratti della specialità, « non solo per la natura degl’interessi investiti ma anche per le categorie concettuali e per le tecniche giuridiche elaborate dalla scienza giuridica e destinate a comporre il suo sistema ». Categorie concettuali tra le quali, verrebbe da dire, rientra, ad esempio (e da sempre: dai pacta nuptialia in poi!) optimo iure ... il contratto, manifestazione suprema della categoria della « derogabilità », proprio come si dimostra in queste pagine e come del resto dimostrato (tanto per citare tre dei mille possibili esempi) dall’art. 159 c.c. (che, come si vedrà, fonda proprio sulla piena derogabilità, per via contrattuale, del regime legale l’intera architettura dei rapporti patrimoniali tra coniugi), oppure dalla riforma del 2016 in tema di contratti di convivenza, per non parlare dell’in- troduzione della negoziazione assistita (e, prima ancora, dal divorzio su domanda con- giunta e della separazione consensuale), e così via.
(2) Si noti, a titolo di puro esempio e salvo gli approfondimenti che verranno effettuati a tempo debito, la decisione del 2021 con cui la Cassazione continua a dichiarare indisponibile l’assegno di divorzio, pur dopo una chiara affermazione in senso contrario delle Sezioni Unite di soli tre anni prima, ostinatamente persistendo nel riferire a tale diritto l’irrinunziabilità sancita dall’art. 160 c.c. per le situazioni giuridiche soggettive che nascono dal... matrimonio (e certo non dal divorzio, laddove i diritti che nascono inter coniuges in tale situazione sono per previsione stessa del legislatore negoziabili). L’argo- mento sarà ex professo affrontato (con in necessari rinvii e citazioni dottrinali e giurispru- denziali) infra, cap. IV, § 6.
I.1.
DIRITTO DI FAMIGLIA E AUTONOMIA PRIVATA
87
abrogata dal rinvio agli artt. 155 ss. (e in parte qua all’art. 155-quater) disposto dall’art. 4, l. 8.2.2006, n. 54 (« Disposizioni in materia di separa- zione dei genitori e affidamento condiviso dei figli »), successivamente travolta in via definitiva dall’introduzione dell’attuale art. 337-sexies, inse- rito dall’art. 55, d.lgs. 28.12.2013, n. 154.
Modifiche, quelle sopra indicate, che, come si vedrà meglio (3), hanno sicuramente giocato, per molti anni, un ruolo determinante in quel pro- cesso involutivo che ha portato buona parte della dottrina, unitamente alla giurisprudenza di legittimità, ad immolare sull’altare della « solidarietà postconiugale » le timide aperture maturate in precedenza sul tema della disponibilità dell’assegno divorzile (4). Ma la situazione appena descritta appare in costante e vistoso movimento. Già sui pochi temi appena qui citati, nel quindicennio che ci separa dalla prima versione di questo con- tributo, si registrano mutamenti di posizione nella giurisprudenza, nella dottrina e, soprattutto, nella legislazione, di cui verrà dato conto a suo tempo (5): mutamenti che inducono a sperare in un progressivo abban- dono delle posizioni più « retrive » sui cui — in aree peraltro sempre più limitate — alcuni ancora s’attardano.
Per il momento, rimanendo su di un piano generale e terminologico, potrà aggiungersi a quanto sopra la propensione dello stesso codice ad
(3) Cfr. infra, cap. IV, § 6.
(4) L’espressione, contenuta nella prima edizione del presente lavoro, non è piaciuta ad AMAGLIANI, Appunti su autonomia privata e diritto di famiglia: nuove frontiere della negozialità, cit., 582 ss., secondo cui l’affermazione non presterebbe « attenzione a ineludibili conside- razioni di ordine sistematico ». Peccato che il sistema (se stiamo, ovviamente, allo jus quo utimur e non a più o meno fantasiose ricostruzioni fondate su ragioni che nulla hanno a che vedere con il testo, la lettera o anche solo lo spirito della legge), tutto al contrario rispetto a quanto ritenuto dal predetto illustre Autore, s’incarichi di dimostrare come l’assetto dei rapporti patrimoniali tra coniugi (in crisi e non), così come tra partners dell’unione civile o della convivenza di fatto, sia fondato sul riconoscimento della validità delle intese d’ordine patrimoniale, senza che all’autorità giudiziaria sia mai e poi mai consentito di intervenire sulla base di valutazioni d’opportunità o di tutela di un soggetto piuttosto che di un altro, come invece viene espressamente previsto nel (solo!) caso in cui sia coinvolta la situazione della prole minorenne o comunque non autosufficiente. Sia consentito aggiungere, poi, che del tutto fuori luogo appare il rinvio che la citata dottrina vorrebbe fare alle (peraltro rare) prescrizioni normative ove fanno capolino generici riferimenti a concetti quali « adegua- tezza » (artt. 128, 156 x.x., xxx. 0, x. 0, x. x. 000/00) o « equità » (art. 5 cit., c. 8): riferimenti, questi, che sempre e solo compaiono laddove tra i coniugi (o ex tali) non vi sia accordo (e pertanto la decisione sia rimessa al giudice) e mai e poi mai laddove la normativa consenta (e anzi, raccomandi) la soluzione negoziale di un rapporto personale andato in crisi (casi in cui, come non ci si stancherà mai di ripetere, al giudice — nei rapporti inter coniuges o tra i partners dell’unione civile o di un rapporto di convivenza di fatto — non compete, nel modo più assoluto, alcun potere di intervento a tutela di un soggetto piuttosto che di un altro).
(5) L’argomento della disponibilità del diritto al contributo per il mantenimento del coniuge separato e all’assegno di divorzio verrà trattato per sommi capi anche infra, cap. IV,
§ 6.
88 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
evitare il più possibile l’uso della parola « contratto » in materia di rapporti tra coniugi. Questo termine, invero, compare nel solo art. 162, c. 4, nonché nell’art. 166, all’interno della locuzione « contratto di matrimonio », al punto da fornire l’impressione che l’impiego dell’espressione in discorso sia quasi il frutto di una « svista » del legislatore. Così non è, di certo; e le pagine che seguono vogliono fornire una smentita di una simile, quanto mai affrettata, conclusione: in questa introduzione potrà ricordarsi, per l’intanto, che in svariati ordinamenti vicini al nostro non si ha difficoltà a definire alla stregua di un contratto lo stesso istituto matrimoniale. Così l’art. 1055 del codice di diritto canonico parla di matrimonialis contractus, mentre la dottrina francese, se sembra convergere sulla nozione di acte juridique, si divide poi tra la tesi « contrattualistica » e quella « istituzio- nale » (6), laddove in Italia è solo l’elemento della patrimonialità, intro- dotto dall’art. 1321, ad impedire di ricondurre il matrimonio all’archetipo contrattuale (7). Non è certo questa la sede per trattare della questione — dal sapore forse più storico che attuale (8) — della natura del matrimo- nio (9), ma non potrà farsi a meno di constatare come comunque, anche da noi, pure in presenza del dato positivo testé posto in luce, la concezione
(6) Sul punto cfr. per tutti X., X. e X. XXXXXXX, Leçons de droit civil, I, 2, Montchrestien, 1967, 49 s.; XXXXXX e XXXX-XXXXXXX, Traité de droit civil, La famille, Fondation et vie de la famille, L.G.D.J., 1993, 13 s.; BENABENT, Droit civil, La famille, Litec, 1994, 53; XXXXXXXX, Le mariage, un contrat ?, in Rev. sc. mor. et pol., 1995, 161 ss.
(7) Sul tema v. per tutti XXXXXXX, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, I, Utet, 1955, 555 s., secondo cui neppure la mancanza della patrimonialità nel matrimonio può costituire ragione sufficiente per escluderne la natura contrattuale.
Termine estratto capitolo
(8) Rilevava già il VENZI, Manuale di diritto civile italiano, Utet, 1933, 557: « Si discute tra gli scrittori se il matrimonio sia un contratto. Non pare che la questione sia seria: se si ha riguardo al concetto del contratto qual è presupposto e disciplinato nel codice, solo la concezione più materialista del matrimonio può indurre a considerarlo alla stessa stregua di una compra-vendita o di una locazione; se invece si ha riguardo a un concetto più vasto del contratto, comprendente qualsiasi atto formato col consenso di due persone, allora può anche dirsi che il matrimonio sia un contratto. Ma, intesa in tal senso, l’affermazione che il matrimonio è un contratto ha scarsa, se non nulla, importanza giuridica ». Cfr. anche XXXXXXXX, Droit civil, La famille, cit., 53, secondo cui « Le mariage apparaît ainsi comme un accord de volontés en vue d’adhérer à un modèle légal. Un débat s’est alors instauré sur sa nature juridique, contrat ou institution: un peu vain, ce débat est resté en suspens, bien que la récente admission du divorce par consentement mutuel ait rapproché le mariage du contrat. En réalité, tout comme le mariage catholique est indivisiblement contrat et sacre- ment, le mariage civil participe à la fois du contrat et de l’institution ».
(9) Sul punto cfr. per tutti JEMOLO, Il matrimonio, in Tratt. Xxxxxxxx, Utet, 1950, 35 ss.; GANGI, Il matrimonio, Utet, 1969, 27 ss. Per un richiamo ai precedenti storici del dibattito in Francia e in Germania cfr. XXXXXX, La promessa di matrimonio tra passato e presente, Xxxxx, 1996, 185 ss.
Capitolo II
CONTRATTO, CONVENZIONI MATRIMONIALI TRA CONIUGI E CONVENZIONI PATRIMONIALI DELL’UNIONE CIVILE
1. La natura contrattuale delle convenzioni matrimoniali. — 2. Natura contrattuale delle convenzioni matrimoniali e possibilità di loro conclusione per mezzo di un rappresentante.
— 3. Le regole in tema di simulazione e di capacità delle parti quali ulteriori conferme della natura contrattuale delle convenzioni matrimoniali. — 4. Convenzioni matrimoniali, con- tratto di matrimonio e regimi patrimoniali. — 5. Convenzioni matrimoniali, matrimonio e crisi coniugale. — 6. Convenzioni matrimoniali e autonomia negoziale. L’ammissibilità di regimi patrimoniali atipici. — 7. Convenzioni matrimoniali e autonomia negoziale. La progressiva erosione della sfera di applicabilità delle regole in tema di forma. — 8. Con- venzioni matrimoniali e autonomia negoziale. Modifica delle convenzioni e mutamento di regime. — 9. Convenzioni matrimoniali e autonomia negoziale. I limiti relativi alla parte generale. — 10. Convenzioni matrimoniali e autonomia negoziale dei soggetti civilmente uniti. Generalità. — 11. Convenzioni matrimoniali e autonomia negoziale dei soggetti civilmente uniti. Le disposizioni codicistiche escluse dal rinvio. — 12. Convenzioni matri- moniali e autonomia negoziale dei soggetti civilmente uniti. Articoli trasposti e articoli richiamati.
1. La natura contrattuale delle convenzioni matrimoniali
Un capitolo importante dei rapporti tra contratto e vita familiare è sicuramente costituito dalle intese variamente dirette a disciplinare i rap- porti patrimoniali tra persone coniugate (1): costellazione cui, a partire dalla l. n. 76/2016, sono venute ad aggiungersi le convenzioni patrimoniali (ma il termine, come si vedrà potrebbe essere anche quello « matrimo- niali ») tra civilmente uniti (2). Il discorso viene così inevitabilmente a cadere sul tema dei regimi patrimoniali della famiglia, disciplinati agli artt. da 159 a 230-bis e su quegli accordi che vanno sotto il nome di « conven- zioni matrimoniali »: disposizioni, queste, applicabili in gran parte anche alle coppie formate da persone dello stesso senso unite da unione civile. Va subito chiarito sul punto che, nelle pagine seguenti, non si fornirà certo una trattazione completa di tutte le questioni che si pongono in questa
(1) Gli argomenti oggetto del presente capitolo, così come del seguente, sono stati dallo scrivente sviluppati in OBERTO, L’autonomia negoziale nei rapporti patrimoniali tra coniugi (non in crisi), in Familia, 2003, 617 ss.; ID., La comunione legale tra coniugi, II, cit., 2105 ss.
(2) X. xxxxx, § 00, in questo cap.
144 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
sterminata materia, ma si cercherà — in linea con gli scopi dell’opera in cui questo lavoro si inserisce — di cogliere, in relazione ai suoi vari aspetti, quei soli spunti che meglio evidenzino i rapporti con l’autonomia negoziale dei coniugi (e dei civilmente uniti) nella fase « fisiologica » del loro rapporto. Iniziando, dunque, dalle convenzioni matrimoniali in generale (e la- sciando al capitolo seguente le questioni relative ai rapporti tra autonomia privata e singoli regimi patrimoniali della famiglia) occorrerà prendere le mosse dalla definizione dell’istituto, posto che proprio da essa potranno ricavarsi utili indicazioni circa gli spazi di autonomia che l’ordinamento concede alle parti nella regolamentazione dei profili patrimoniali dell’u- nione coniugale. Al riguardo va subito constatato che invano si ricerche- rebbe nel codice una chiara definizione, assente non solo nella legislazione vigente, bensì anche in quelle che l’hanno preceduta (cfr. artt. 159 ss. c.c. 1942; 1378 ss., 1384 c.c. 1865; 1508 ss., 1515 c.c. alb.). Una precisa indi- cazione al riguardo è stata però fornita con l’introduzione, ad opera della riforma del 1975, dell’attuale versione dell’art. 159, secondo cui « Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’art. 162, è costituito dalla comunione dei beni regolata dalla sezione III del presente capo ». Dunque, la convenzione matrimoniale viene qui indirettamente definita come la fonte di regimi
patrimoniali diversi da quello legale (3).
Le considerazioni di cui sopra, sebbene di un certo rilievo per le conseguenze che — come si vedrà in prosieguo — se ne potranno trarre, non forniscono però ancora una spiegazione esaustiva sulla natura delle convenzioni matrimoniali, né sui rapporti tra tale figura ed il paradigma contrattuale. Xxxxxx, la nozione di convenzione richiama immediatamente quella di accordo e questa, vertendosi in materia di rapporti giuridici
(3) Rimane così superata l’impostazione — per così dire, più « largheggiante » — consentita dalla formulazione precedente della disposizione testé citata (« I rapporti patri- moniali tra coniugi sono regolati dalle convenzioni delle parti e dalla legge »), che induceva la dottrina a qualificare alla stregua di convenzione matrimoniale ogni accordo contenuto in un contratto di matrimonio, in connessione diretta con la relativa situazione patrimo- niale, e non altrimenti disciplinato dalla legge (cfr. BUSNELLI, Convenzione matrimoniale, in Enc. Dir., X, Xxxxxxx, 1962, 514; v. inoltre TEDESCHI, Il regime patrimoniale della famiglia, in JEMOLO, Il matrimonio e TEDESCHI, Il regime patrimoniale della famiglia, in Tratt. Vassalli, III, 1, Utet, 1950, 469 ss.). Per la definizione del concetto di convenzione matrimoniale dopo la riforma del 1975 cfr. OBERTO, Le convenzioni matrimoniali: lineamenti della parte generale, cit., 596 ss.; ID., La comunione legale tra coniugi, II, cit., 1669 ss.; ID., Del regime patrimoniale della famiglia. Disposizioni generali, Commento agli artt. 159, 160 e 161, in AA.VV., Commentario del codice civile, diretto da Xxxxxx Xxxxxxxxx. Della Famiglia2, a cura di Xxxxxxxx Xx Xxxx, artt. 74-230 ter, Utet, 2018, 1093 ss.; XXXXXXXX e BUSNELLI, Convenzione matrimoniale, in Enc. Dir., Agg., IV, Xxxxxxx, 2000, 436 ss., 442 ss.; XXXXXXX, Le convenzioni matrimoniali, in Tr. Xxxxxxxx, II, Zanichelli, 2008, 292 ss.; IEVA, Le convenzioni matrimoniali, in Tratt. dir. fam. Zatti2, III, Xxxxxxx, 2012, 55 ss., nonché gli Autori citati alle note seguenti.
II.1.
CONTRATTO E CONVENZIONI MATRIMONIALI
145
patrimoniali, quella di contratto (art. 1321). Il dibattito dottrinale sulla natura contrattuale delle convenzioni matrimoniali vede senz’altro preva- lere la tesi affermativa (4), pur non facendo difetto, nelle posizioni degli Autori, svariate nuances. Così il richiamo — anche sul piano terminologico
— al concetto di « convenzione » consentirebbe, secondo taluno, di ravvi- sare, quale categoria di riferimento, quella di negozi idonei a incidere su valori che « certamente trascendono le dimensioni dell’individuo », pur collocandosi comunque nel più ampio ambito contrattuale. La conse- guenza sarebbe dunque data dal fatto che a tali figure si applicherebbero
« regole speciali, deroganti alle corrispondenti norme generali, e solo in via sussidiaria a queste ultime » (5).
Sotto un altro profilo, si è sottolineata la differenza che, rispetto al contratto, sarebbe data dal carattere « programmatico » tipico della con- venzione (6), carattere che peraltro non contraddistingue necessariamente ogni aspetto dell’istituto (7) e che comunque non appare incompatibile con il paradigma contrattuale (8). Qualcuno, poi, ha ritenuto dover riscontrare un elemento di diversità rispetto alla fattispecie descritta dall’art. 1321 in considerazione del particolare oggetto dell’intesa che, nelle convenzioni matrimoniali, sarebbe dato non già da « un rapporto giuridico patrimo- niale », bensì « dalla complessa situazione giuridica, che compete norma-
(4) Cfr., tra gli altri, MESSINEO, Convenzione (dir. priv.), in Enc. Dir., X, Xxxxxxx, 1962, 512, secondo cui l’uso del termine « convenzione » è qui improprio; SANTOSUOSSO, Il regime patrimoniale della famiglia, in Comm. Utet, Utet, 1983, 55; XXXXXXXX, Corso di diritto civile. Effetti del matrimonio, regime patrimoniale, separazione e divorzio, Xxxxxxx, 1988, 52; XXXXXX, Le con- venzioni matrimoniali: lineamenti della parte generale, cit., 597; SESTA, Diritto di famiglia2, Xxxxx, 2005, 223 s.
(5) MOSCARINI, Convenzioni matrimoniali in genere, cit., 1004 ss., 1007.
(6) E. RUSSO, L’autonomia privata nella stipulazione di convenzioni matrimoniali, in Le convenzioni matrimoniali ed altri saggi sul nuovo diritto di famiglia, Xxxxxxx, 1983, 155 s.; XXXXXXXX, Rapporto coniugale e circolazione dei beni, Jovene, 1989, 182, 185; XXXXXXX e TAMBU- RELLO, Del regime patrimoniale della famiglia, t. I, in Comm. Scialoja-Branca, I, Zanichelli, 1999,
54. Anche X. XXXXXXXXX, Acquisto in proprietà esclusiva di beni immobili e mobili registrati da parte di persona coniugata, in Vita not., 1984, 658 rileva che le convenzioni sono negozi regolatori in astratto del regime patrimoniale e non già dispositivi, in concreto, di singoli beni determinati.
(7) Si pensi per esempio alla convenzione costitutiva di un fondo patrimoniale o a quella avente ad oggetto una comunione convenzionale comprendente beni di cui uno dei coniugi o entrambi siano già titolari: sul punto cfr. OBERTO, Le convenzioni matrimoniali: lineamenti della parte generale, cit., 597; in senso conforme v., anche per ulteriori rinvii, XXXXXXXX e BUSNELLI, Convenzione matrimoniale, cit., 444 ss. sul tema v. anche XXXXXXX, Le convenzioni matrimoniali, cit., 295 s.).
(8) Tanto per fare un esempio, come si è dimostrato in altra sede (cfr. OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, cit., 262 ss.; x. xxxxx xxxxx, xxx. XXX, §§ 0 ss.), i contratti di convivenza ben possono programmaticamente prevedere la caduta in comunione (ordina- ria) di determinati diritti al momento dell’acquisto dei medesimi da parte dell’uno o dell’altro dei partners.
146 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
tivamente ai coniugi nel campo delle relazioni patrimoniali con i terzi » (9), quasi che la complessità di una data situazione e le sue ricadute nei con- fronti dei terzi potessero in qualche modo compromettere il carattere intimamente giuridico (oltre che patrimoniale) degli svariati rapporti che la compongono.
Non vi è dubbio che molte delle perplessità di cui si è dato conto siano state generate dalla terminologia impiegata dal legislatore, anche se, come si è già avuto modo di vedere, all’espressione « convenzione » non si può riferire altro significato se non quello di « accordo su questioni di carattere patrimoniale » (10). Sarà appena il caso di aggiungere che nessun argo- mento in senso contrario alla tesi qui sostenuta può essere ricavato dalla collocazione della materia in esame, operata dal codice del 1942, in seno al libro primo, in luogo del libro dedicato alle obbligazioni e ai contratti. Come è stato esattamente rimarcato in dottrina, da tale collocazione delle convenzioni matrimoniali — legata al solo fatto che esse « in vista della famiglia (...) vengono a formarsi » (11) — non è derivata, nella codifica- zione del 1942 una rinnovata configurazione (rispetto alla concezione precedente) della materia, che viceversa ha continuato a svolgersi secondo la tradizionale impostazione, con poche novità non significative (12). Ogni dubbio in proposito sembra ora comunque dissipato dal già ricordato dato normativo proveniente dal recepimento della normativa comunitaria in tema di commercio elettronico: è innegabile, infatti, che l’art. 11 d.lgs. 70/2003, stabilendo l’inapplicabilità della relativa regolamentazione ai
« contratti disciplinati dal diritto di famiglia », faccia chiara allusione alle
convenzioni matrimoniali, oltre che ai contratti della crisi coniugale che, come si avrà modo di vedere, rinvengono il loro fondamento causale in specifiche disposizioni giusfamiliari.
Al riguardo sarà opportuno soffermarsi ancora brevemente sull’affer- mazione dottrinale (rimasta, per il vero, piuttosto isolata) secondo cui le convenzioni matrimoniali non costituirebbero « un ‘contratto’ corrispon- dente alla figura delineata dal Titolo II del libro IV, secondo la definizione dell’articolo 1321 c.c. », poiché il contratto potrebbe produrre soltanto, in alternativa, effetti reali od obbligatori e le relative prestazioni non potreb- bero che trovarsi « in rapporto sinallagmatico », mentre gli istituti in esame non sarebbero caratterizzati « né da efficacia obbligatoria, né da efficacia
(9) DE XXXXX, Il dirTitetorpmatriinmeoniealsetdreallattfoamicgaliapciotnoiulgoale, II, Xxxxxxx, 1995, 44 s.
(10) Cfr. supra, cap. I, § 1.
(11) Cfr. la Relazione della Commissione parlamentare, 761; analogamente la Relazione del Guardasigilli al progetto definitivo, 169.
(12) Così XXXXXXXX, Autonomia negoziale e regimi patrimoniali familiari, in Riv. dir. civ., 2001, 433.
Capitolo III
CONTRATTO, REGIMI MATRIMONIALI TRA CONIUGI E REGIMI PATRIMONIALI DELL’UNIONE CIVILE
1. Autonomia negoziale e comunione legale. Considerazioni generali. — 2. Autonomia negoziale e comunione legale. Oggetto della comunione e rifiuto del coacquisto ex lege. —
3. Autonomia negoziale e comunione legale. Le regole in tema di amministrazione. —
4. Autonomia negoziale e comunione legale. Regime transitorio. — 5. Autonomia negoziale e comunione convenzionale. I limiti di cui all’art. 210. Gli ampliamenti e le riduzioni dell’oggetto. — 6. Autonomia negoziale e comunione convenzionale. I limiti di cui all’art.
210. Profili di negozialità nelle regole sulla responsabilità patrimoniale e sullo scioglimento del regime legale. — 7. Autonomia negoziale e separazione dei beni. — 8. Autonomia negoziale, fondo patrimoniale e impresa familiare.
1. Autonomia negoziale e comunione legale. Considerazioni generali
Passando ora all’esame dei profili di negozialità propri di ogni singolo regime patrimoniale, sarà opportuno prendere le mosse dalla considera- zione del regime legale.
I rapporti tra comunione legale e autonomia contrattuale sono stati ampiamente sviluppati dallo scrivente in altra sede, cui dovrà farsi qui rinvio (1), non senza rimarcare come non siano mancate in Italia voci autorevoli che tendevano a porre in luce il carattere « vincolato » del regime (2). Secondo tali posizioni, infatti, di contro al regime di separa- zione, in cui i coniugi possono liberamente decidere se acquistare beni separatamente, ovvero congiuntamente, a quote uguali o diseguali, dispo- nendo liberamente di queste ultime, ecc., nel regime ex artt. 177 ss. « cia- scun coniuge perde in parte la sua autonomia »: così l’eguaglianza delle quote e le disposizioni sull’amministrazione non sono derogabili (art. 210,
c. 3), i beni indicati nelle lett. c) e d) dell’art. 179 non possono essere messi in comune (art. 210, c. 2), ciascun coniuge non può disporre unilateral- mente della sua quota né sull’intero patrimonio comune, né sui singoli beni che ne fanno parte (3).
(1) Cfr. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, II, cit., 2135 ss.
(2) Così, per tutti, XXXXXXXXXXX, Della comunione legale, 1977, cit., 77 s.
(3) Così sempre XXXXXXXXXXX, op. loc. ultt. citt.
196 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
Eppure, anche di fronte a queste limitazioni, andrà tenuto presente che la comunione legale è pur sempre collocata sotto l’« ombrello » dell’art.
159. Così, è proprio la prima disposizione in tema di rapporti patrimoniali endofamiliari a chiarire che la legge interviene solo in funzione « supple- tiva » rispetto alla volontà (rectius: al difetto di volontà) dei privati, i quali possono optare per un regime diverso: dalla pura e semplice separazione dei beni, alla comunione convenzionale nella forma « ampliativa », ad assetti patrimoniali « intermedi » che, oltre tutto, ben possono esulare dalle categorie elencate dal legislatore e che — pur nel rispetto dei principi generali e speciali inderogabili — ben possono a piacimento delle parti, introdurre modifiche, tanto marginali e superficiali, quanto profonde e stravolgenti del regime legale. L’opzione di politica legislativa di concedere ai coniugi il diritto di scartare « a pie’ pari » il regime comunitario è stata ritenuta così pregnante da far esclamare ad autorevole dottrina che con essa il legislatore avrebbe reso l’autonomia privata vincente su esigenze che sembravano invece doverla sovrastare (4).
La regola appena richiamata, invece che un’incoerenza del sistema (5)
— il quale pure meriterebbe una serie di aggiustamenti volti a consentire ai privati di eliminare alcune rigidità che contribuiscono a favorire l’abban- dono della comunione — va considerata, proprio per via del più ampio contesto di negozialità endoconiugale in cui, come si è visto, si colloca, il
(4) Cfr. OPPO, Autonomia negoziale e regolamento tipico nei rapporti patrimoniali tra coniugi, in AA.VV., Studi in onore di X. Xxxxxxxx, II, Diritto privato, t. 1, Persone, famiglia, successioni e proprietà, Xxxxxxx, 1998, 21; sulla legittimità costituzionale delle norme che consentono ai coniugi di derogare in tutto o in parte al regime legale v. per tutti X. XXXXXXXXX, Regime patrimoniale della famiglia, cit., 336. L’attribuzione di un carattere meramente suppletivo alla comunione è vista anche da XXXXXXX, Autonomia negoziale e limiti legali nel regime patrimoniale della famiglia, cit., 105 come sintomo di un maggior spazio aperto all’autonomia negoziale; nel medesimo senso v. anche XXXXXXXXX, Le convenzioni matrimoniali, cit., 18; XXXXXX, I contratti della crisi coniugale, I, cit., 155 s.; S. PATTI, Regime patrimoniale della famiglia e autonomia privata, cit., 290 s.; ANDREOLA, Autonomia negoziale dei coniugi e regime patrimoniale legale. Riducibilità della comunione e rifiuto del coacquisto ex lege, in Riv. dir. civ., 2007, 55 ss. Per l’opportunità del riconoscimento di un’adeguata autonomia patrimoniale dei coniugi si esprime anche QUADRI, Regime patrimoniale e autonomia dei coniugi, cit., 1806 ss.
(5) In questo senso sembra invece orientato FALZEA, Il regime patrimoniale della famiglia, in AA.VV., La riforma del diritto di famiglia. Atti del II Convegno di Venezia, Cedam, 1985, 62, il quale, proprio dal carattere vincolato del regime legale, deduce l’incoerenza della legge, in quanto essa da un lato consente ai coniugi un’illimitata libertà di deroga, attraverso lo strumento della separazione, dall’altro limita a tal punto la libertà dei coniugi che non hanno stipulato un’esplicita convenzione, al punto da costituire forti stimoli ad emigrare dal regime legale; anche per CIAN e XXXXXXX, La comunione dei beni tra coniugi (legale e convenzionale), in Riv. dir. civ., 1980, I, 400: « l’eccesso di garantismo per il coniuge vivente in regime di comunione rischia di generare un effetto in un certo senso contrario: l’esclu- sione stessa del regime di comunione, per lo meno per quelle coppie che non abbiano un’economia di consumo ».
III.1.
REGIMI MATRIMONIALI TRA CONIUGI E REGIMI PATRIMONIALI DELL’UNIONE CIVILE
197
punto di riferimento imprescindibile per ogni riflessione sui rapporti tra comunione legale ed autonomia privata.
Sarà poi d’uopo accennare ad un’altra considerazione, di cui non sembra si sia tenuto sufficiente conto. Ci si intende qui riferire al supera- mento, con la riforma del 1975, del criterio della espressa inderogabilità delle norme in materia di comunione, fissato dal previgente art. 216, c. 2. Xxxxxxxxx, invero, tale articolo — dopo aver precisato al primo c. che « Gli sposi possono stabilire patti speciali per la comunione; in mancanza di questi patti, si applicano le disposizioni relative alla comunione in gene- rale » — che « In ogni caso si osservano le disposizioni seguenti » (cioè quelle di cui agli artt. da 217 a 230, antesignane degli odierni artt. 177 ss.). Ora, la dottrina dell’epoca non aveva mancato di cogliere il significato che la regola appena ricordata veniva ad assumere sul profilo dell’inderogabi- lità delle norme della comunione coniugale (6), la quale pure, non dimen- tichiamolo, traeva fonte dal contratto e non dalla legge.
Ora, proprio l’abrogazione di quella previsione normativa, unita alla considerazione del criterio generale di cui all’art. 159, deve indurre ad affermare il carattere generalmente derogabile di tutte le disposizioni di cui agli artt. compresi tra il 177 e il 197, fermo restando, come più volte già chiarito, il limite delle norme inderogabili del macrosistema civilistico (cfr. art. 1418), nonché quelle inderogabili del microsistema giusfamiliare, at- tinenti vuoi alla parte generale delle convenzioni matrimoniali (artt. 161- 166-bis), vuoi a quella speciale della convenzione tramite la quale il regime legale può venire modificato (art. 210, cc. 2 e 3).
Per quanto attiene, poi, alla regola di cui all’art. 160, si è già visto (7) come tale disposizione non possa, innanzi tutto, intendersi alla stregua di un’interdizione dei patti non previsti dalla legge: il legislatore, quando intende mettere all’indice questo o quello specifico regime patrimoniale, questa o quella clausola, ha cura di dirlo. Così vieta espressamente la costituzione della dote (art. 166-bis); così vieta espressamente le conven- zioni contenenti generici rinvii ad usi o leggi (art. 161); così fissa espressa- mente limiti alle modifiche del regime legale (art. 210).
La disposizione appare pertanto del tutto estranea alla sfera dei regimi patrimoniali della famiglia, in generale, e di quello di comunione legale in ispecie. Per questo motivo, come pure si è già avuto modo di dire, appare inaccettabile l’argomento secondo il quale le norme in tema di comunione legale sarebbero, addirittura, dotate di « carattere pubblicistico », secondo quanto incidentalmente affermato almeno una volta dalla Cassazione, in
(6) Cfr. per tutti GANGI, Il matrimonio, cit., 523, ad avviso del quale dal secondo c. dell’art. 216 doveva ricavarsi che le disposizioni in tema di comunione tra coniugi avevano
« carattere cogente ».
(7) X. xxxxx, xxx. XX, §§ 0, 9.
198 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
pieno contrasto con l’elementare principio desumibile dalla prima e fon- damentale norma scolpita nell’art. 159, specie se visto in dialettica contrap- posizione (di regola a eccezione) rispetto alle limitazioni tassativamente stabilite dall’art. 210 (8).
Ulteriore profilo, per così dire, « generale » di negozialità della comu- nione legale attiene al suo stesso momento genetico, vale a dire quello attinente alla possibilità di ravvisare nella stessa « non scelta » per un regime alternativo un momento di negozialità. Anche per la trattazione di siffatto profilo, coinvolgente svariate riflessioni storiche e comparate, si fa rinvio ad altra, apposita sede (9), mentre qui sarà sufficiente insistere su taluni peculiari profili di negozialità della comunione, relativi ad oggetto, amministrazione, rapporti con i creditori, regime transitorio e sciogli- mento del regime legale.
2. Autonomia negoziale e comunione legale. Oggetto della comunione e rifiuto del coacquisto ex lege
Iniziando, dunque, dal tema dell’oggetto della comunione legale (10), occorrerà prendere le mosse, secondo quanto già ricordato, dalla conside- razione secondo cui lo spazio concesso dal legislatore alla libertà contrat- tuale è talmente ampio da abbracciare, addirittura, la possibilità stessa di escludere del tutto l’operatività del regime, così attribuendo alla comu- nione carattere suppletivo; opzione di politica legislativa, questa, tanto pregnante da far esclamare — come si è appena visto — ad autorevole dottrina che con essa il legislatore avrebbe reso l’autonomia privata vin- cente su esigenze che sembravano invece doverla sovrastare (11). L’auto- nomia privata potrà così valutare e sfruttare profili di convenienza econo- mica legati a ragioni, per esempio, d’ordine fiscale (12), ovvero a « timori » legati alle conseguenze di un’eventuale crisi coniugale (13). Ma a parte quell’atto di autonomia — consistente, appunto, nella scelta del regime o nella scelta... di non scegliere — che si pone già nel momento genetico di ciascuno dei regimi patrimoniali della famiglia, andrà aggiunto che la
(8) Sul punto cfr. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, I, cit., 1110 ss.
(9) Cfr. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, II, cit., 2141 ss.
(10) Per l’approfondimento dei temi qui affrontati si fa rinvio a OBERTO, La comunione legale tra coniugi, II, cit., 2105 ss.
Termine estratto capitolo
(11) X. xxxxx, § 0, in questo cap.
(12) Per un’analisi delle considerazioni fiscali che possono spingere alla adozione di un regime piuttosto che dell’altro cfr. IEVA, Le convenzioni matrimoniali, cit., 59 ss.
(13) Per un uso della scelta in favore del regime di separazione in contemplation of divorce cfr. XXXXXX, I contratti della crisi coniugale, I, cit., 558 ss.; ID., La comunione leale tra coniugi, I, cit., 373 ss.; per analoghe considerazioni v. XXXXX, Titolarità e prova della proprietà nel regime di separazione dei beni, in Familia, 2001, 871 ss.
Capitolo IV
I CONTRATTI DELLA CRISI FAMILIARE: AMMISSIBILITÀ E FATTISPECIE
1. Introduzione. Contratti tra coniugi e contratti della crisi coniugale. Dalla crisi coniugale alla crisi familiare. — 2. Contratti tra coniugi e procedure della crisi familiare: i rapporti con la separazione consensuale e il problema della revoca del consenso prestato all’udienza presidenziale. Generalità. La posizione della giurisprudenza. — 3. Contratti tra coniugi e procedure della crisi familiare: i rapporti con la separazione consensuale e il problema della revoca del consenso prestato. La revoca precedente all’udienza presidenziale. —
4. Contratti tra coniugi e procedure della crisi familiare: i rapporti con il divorzio su domanda congiunta e il problema della revoca del consenso prestato. — 5. Contratti tra coniugi e procedure della crisi coniugale: gli accordi a latere. — 6. La disponibilità del diritto al mantenimento del coniuge separato e dell’assegno di divorzio. — 7. Causa e cause dei contratti della crisi familiare. — 8. I contratti in vista della crisi familiare: la tesi della nullità (con particolare riguardo ai patti prematrimoniali e agli accordi preventivi sulle conseguenze patrimoniali del divorzio). — 9. I contratti in vista della crisi familiare: le (sovente inconsapevoli) aperture giurisprudenziali. — 10. La piena validità delle intese preventive sulla crisi coniugale. — 11. Validità degli accordi preventivi sulla crisi coniugale e intervento del giudice. — 12. Nuove frontiere e nuovi orizzonti per i patti prematrimo- niali: tra prospettive di riforma e patti di convivenza.
1. Introduzione. Contratti tra coniugi e contratti della crisi coniugale. Dalla crisi coniugale alla crisi familiare
Una volta illustrato lo sviluppo che, nel corso dell’evoluzione del sistema giusfamiliare degli ultimi decenni, la negozialità tra i coniugi (e, ora, anche tra i partners di un’unione civile) ha conosciuto con riguardo ai rapporti propri della « fase fisiologica » della vita coniugale, occorre vol- xxxx l’attenzione al momento della crisi delle relazioni affettive e di vita. Sul punto andrà subito detto che il tema del ruolo svolto dal principio di autodeterminazione dei coniugi nella crisi matrimoniale non può certo essere affrontato in ogni suo risvolto nell’ambito del presente lavoro. Ad esso chi scrive ha dedicato distinte ed apposite opere, cui non potrà che fare di volta in volta richiamo, riportando in questa sede solo le conclu- sioni di ragionamenti in quegli scritti più compiutamente sviluppati e corredati dei necessari riferimenti dottrinali e giurisprudenziali. Appare chiaro che, nel contesto attuale — e a differenza di quanto avvenuto nella prima edizione del presente lavoro — i mutamenti intervenuti nel co-
232 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
stume e nella legislazione più recente inducono ad affrontare il tema in un’ottica più ampia, che non può essere più solo quella della crisi coniu- gale stricto sensu, ma che, pur se fondamentalmente basata sul fenomeno della crisi dell’unione matrimoniale, deve essere allargata alla considera- zione delle peculiarità introdotte dalle discipline dell’unione civile e dei contratti di convivenza (1). Per questo appare idoneo sin d’ora il ricorso all’espressione « crisi familiare ».
Ora, è vero che, come pure rimarcato in dottrina (2), l’istituzione a trovarsi oggi in crisi è, semmai, il matrimonio (eterosessuale) e non certo la famiglia, dovendosi riscontrare un po’ ovunque l’aspirazione comune di forme aggregative le più varie a « farsi famiglia » per ottenere riconosci- mento giuridico. Ciò posto, appare comunque innegabile che, passando dal livello istituzionale a quello individuale, tenuto conto della propen- sione di un crescente numero di rapporti affettivi a sciogliersi con il tempo, se non a dar luogo ad insanabili conflitti, proprio tale riconosci- mento finisce con il generare ulteriori ragioni e forme di contenzioso, cui solo un attento uso della negozialità endofamiliare può porre rimedio.
Qui sarà d’uopo ricordare, per prima cosa, che la riferibilità del canone della libertà contrattuale alla materia delle intese tra coniugi (e, oggi, anche tra civilmente uniti) in occasione (o anche solo in vista) della separazione e dello scioglimento del matrimonio rinviene i propri prece- denti storici in una solida tradizione risalente al diritto romano e mante- nuta ferma nel corso dei secoli, pur con gli inevitabili adattamenti dovuti all’introduzione del principio dell’indissolubilità del vincolo matrimo- niale (3). Una volta attuatosi, come si è avuto modo di vedere, il passaggio dalla concezione istituzionale alla concezione costituzionale della famiglia, tale principio rappresenta un dato accettato da buona parte della dottrina e della giurisprudenza (ad eccezione di quelle già citate, pur rilevanti,
« sacche di resistenza » relative alla materia della disponibilità dei diritti relativi agli « assegni » di separazione e divorzio, nonché agli accordi preventivi, di cui si dirà tra breve) (4). Ciò a cominciare, quanto meno, dal già ricordato scritto in cui X.X. Xxxxxx, valutando un accordo diretto alla
(1) Su cui v. in particolare infra, capp. VI e VII.
(2) XXXXXXX e XXXXXX, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, cit., 17.
(3) Cfr., anche per gli ulteriori rinvii dottrinali e giurisprudenziali, OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, cit., 28 ss.; ID., Gli accordi sulle conseguenze patrimoniali della crisi coniugale e dello scioglimento del matrimonio nella prospettiva storica, cit., 1306 ss.; ID., I precedenti storici del principio di libertà contrattuale nelle convenzioni matrimoniali, cit., 535 ss.; in particolare, sulla natura contrattuale dell’accordo di separazione consensuale, per ciò che attiene alle intese d’ordine economico, cfr. ID., La natura dell’accordo di separazione consensuale e le regole contrat- tuali ad esso applicabili (I), in Fam. dir., 1999, 601 ss.; ID., La natura dell’accordo di separazione consensuale e le regole contrattuali ad esso applicabili (II), cit., 86 ss.
(4) Cfr. infra, §§ 6 ss., in questo cap.
IV.1.
CONTRATTI DELLA CRISI FAMILIARE: AMMISSIBILITÀ E FATTISPECIE
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predeterminazione delle conseguenze dell’annullamento del matrimonio, non esitava ad individuare proprio nel principio della autonomia contrat- tuale il fondamento di una siffatta pattuizione, rilevando come in questo caso sia « palese l’interesse tipico del regolamento di rapporti, se pure non si abbia una disposizione esplicita del codice che preveda tale regola- mento, essendo quasi impensabile che al termine della convivenza non ci siano ragioni di dare ed avere, pretese reciproche ». Si è pure avuto modo di ricordare come nella dottrina meno risalente, il richiamo alle regole in tema di autonomia contrattuale si sia andato via via infittendo, specie sull’onda dell’autorevole constatazione per cui, anche nel campo dei rap- porti patrimoniali tra i coniugi (in crisi), « ove tra le parti si convenga l’attribuzione di diritti e l’assunzione di obblighi di natura patrimoniale, non parrebbe contraddire alla definizione dell’art. 1321 c.c. la qualifica- zione di ‘contratto’ » (5). Lo stesso può dirsi per la giurisprudenza, par- ticolarmente per quella di legittimità, che non esita a richiamare ed applicare le regole contrattuali alla materia in esame (6).
Di fronte a tale evoluzione chi scrive ha ritenuto di poter individuare una categoria autonoma di contratti (tipici: per le ragioni che saranno in seguito illustrate), definiti come « contratti della crisi coniugale », ribat- tezzabili oggi, alla luce delle considerazioni di cui sopra, come « contratti della crisi familiare », vale a dire quei contratti stipulati dai coniugi (e, oggi, anche dei civilmente uniti, oltre che dei conviventi di fatto) per regolare i reciproci rapporti giuridici patrimoniali sorti nel corso della loro relazione esistenziale, quando al regolamento di tali rapporti le parti intendono condizionare la definizione consensuale della crisi affettiva o di una fase di quest’ultima (separazione di fatto, separazione legale, divor- zio) (7).
Ciò premesso potrà schematicamente passarsi all’illustrazione di al- cuni tra i principali profili che attengono alla configurabilità di intese ascrivibili al genus dei contratti della crisi familiare, soffermandosi in questa sede, in modo particolare, sui rapporti tra contratto e intervento giudiziale, sulla disponibilità dei diritti in gioco, sulla causa delle intese di cui qui si discute, nonché sulla possibilità di raggiungere le stesse in via preventiva (se non addirittura al momento stesso della costituzione del vincolo coniugale o di unione civile) rispetto al momento della crisi e, in particolare, del divorzio.
(5) XXXXXXXX, Contratto in generale, cit., 10.
(6) Per i relativi richiami cfr. supra, cap. I, § 4.
(7) Cfr. infra, §§ 7 ss., in questo cap.
234 CONTRATTO E FAMIGLIA II.
2. Contratti tra coniugi e procedure della crisi familiare: i rapporti con la separazione consensuale e il problema della revoca del consenso prestato all’udienza presidenziale. Generalità. La posizione della giurisprudenza
Il primo degli ostacoli che si tradizionalmente si parava di fronte a chi intendeva, sino a non molto tempo fa, esaminare il progredire della nego- zialità nel campo dei rapporti tra coniugi in crisi era rappresentato dall’i- nevitabile presenza di svariati interventi di tipo giurisdizionale, quali le procedure di separazione legale, di scioglimento e di cessazione degli effetti civili, o, ancora, di annullamento del matrimonio: procedure, que- ste, con le quali l’attività negoziale delle parti veniva (e ancor oggi può venire) variamente ad « interagire ». Si tratta dunque di vedere se e in che misura questo intreccio di attività negoziale e attività giurisdizionale deter- minasse (e, in certa misura, continui a determinare) compressioni di sorta in ordine al libero dispiegarsi dell’autonomia dei soggetti e se la previsione di svariate forme di « intromissione » dell’autorità giudiziaria fosse in qual- che modo d’ostacolo alla configurabilità di contratti della crisi coniugale e familiare. I punti da affrontare al riguardo concernevano e, per quanto ancora rilevante, concernono l’individuazione della natura dell’accordo di separazione consensuale, nonché dell’intesa che si pone alla base del di- vorzio su domanda congiunta.
Cominciando dal primo dei due profili va ricordato che, come dimo- strato in altra sede, l’omologazione degli accordi di separazione nacque storicamente dalla necessità di conservare alla Chiesa, prima, e allo Stato, poi, il controllo sulle ragioni che inducevano la coppia a disgregarsi, allo scopo di scongiurare l’eventualità che un evento così eversivo dell’ordine delle famiglie e della sacralità dell’istituto matrimoniale avvenisse per il puro capriccio dei coniugi: si trattava, dunque, di quelle stesse ragioni che per secoli avevano ostato al riconoscimento di una separazione per mutuo consenso (8). Peraltro, non vi è dubbio che, dopo la riforma del 1975, che è venuta a limitare ulteriormente i poteri di intervento del giudice in sede di omologa, a quest’ultimo non possa più ritenersi consentito svolgere alcuna forma di controllo e di valutazione di merito sulle ragioni della crisi coniugale, come del resto ulteriormente confermato dal fatto che, nelle procedure di separazione e divorzio, in sede di udienza presidenziale al presidente non è consentito pronunciare alcun tipo di provvedimento temporaneo o urgente in attesa dell’omologazione (e neppure nel caso di rifiuto di quest’ultimTae)r.mine estratto capitolo
(8) XXXXXX, I contratti della crisi coniugale, I, cit., 90 ss., 246 ss.; cfr. inoltre ID., Gli accordi sulle conseguenze patrimoniali della crisi coniugale e dello scioglimento del matrimonio nella prospettiva storica, cit., 1317 ss.