COLLANA TRATTATO DEI CONTRATTI – UTET GIURIDICA – TORINO
Munich Personal RePEc Archive
Remedies in merger operations. European discipline and practice. Reference to the Italian discipline and practice.
Congedo, Xxxxxxxxx and xxxxxx, xxxxxxxx
Xxxx’x College London, Università Bocconi Milan
1 October 2010
Online at xxxxx://xxxx.xx.xxx-xxxxxxxx.xx/00000/
MPRA Paper No. 31585, posted 18 May 2017 15:53 UTC
COLLANA TRATTATO DEI CONTRATTI – UTET GIURIDICA – TORINO
A cura di XXXXXX XXXXXXXX e XXXXXX XXXXXXXXX
CAPITOLO NONO
I RIMEDI NELLE OPERAZIONI DI CONCENTRAZIONE. DISCIPLINA E PRASSI COMUNITARIA. CENNI SULLA DISCIPLINA E PRASSI ITALIANA
di
HEZZI
XXXXXXXXX XXXXXXX e XXXXXXXX X ∗
∗ Sebbene il lavoro sia frutto di una riflessione comune, a Xxxxxxxx Xxxxxx si deve il par. 1; a Xxxxxxxxx Xxxxxxx i restanti.
CAPITOLO NONO
I RIMEDI NELLE OPERAZIONI DI CONCENTRAZIONE. DISCIPLINA E PRASSI COMUNITARIA. CENNI SULLA DISCIPLINA E PRASSI ITALIANA**
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Disciplina e prassi comunitaria sui rimedi nelle concentrazioni. Origini della disciplina. L'esperienza rimediale statunitense. La Scuola di Harvard e la Scuola di Chicago. I consent decrees. La separazione strutturale e le “divestitures”. – 3. (Segue). La disciplina comunitaria stricto sensu. – 4. (Segue). Funzione dei rimedi nella Comunicazione del 2008. – 5. (Segue). I rimedi previsti nella Comunicazione del 2008. – 6. (Segue). Analisi dei singoli rimedi (o “misure correttive”). – 7. (Segue). Questioni procedurali. – 8. (Segue). Approvazione dell'acquirente e dell'accordo di compravendita. – 9. (Segue). Xxxxx del fiduciario incaricato del controllo e del fiduciario incaricato della cessione (“monitoring and divestiture trustees”). – 10. (Segue). Obblighi delle parti dopo l'esecuzione della cessione. – 11. (Segue). Un altro aspetto rimediale. – 12. (Segue). Il c.d. “FORM RM”.
– 13. Disciplina italiana sui rimedi nelle concentrazioni. – 14. Prassi italiana rilevante.
1. Introduzione.
Avvicinare il diritto civile al diritto antitrust (o al diritto europeo della concorrenza) è stata un'impresa ardua, in particolare nei sistemi di civil law.
** «Dissolution is not a penalty; it is a remedy» [United States v. Aluminium Co. of
nd
America (ALCOA), 148 F.2d 416 (2 Cir. 1945) ]. Celebre caso della giurisprudenza
statunitense antitrust. La società Aluminium Corporation of America (ALCOA), avendo raggiunto un elevato livello di monopolizzazione nel mercato della produzione di alluminio durante il periodo bellico, fu condannata allo smembramento nonostante l'efficienza produttiva dimostrata (e il servizio reso alla nazione). Resta celebre la dissenting opinion espressa dal Giudice Learned Hand: «Un singolo produttore può essere colui che sopravvive in un gruppo di società attive, semplicemente in virtù delle proprie capacità superiori, lungimiranza e operosità (…). Il concorrente di successo, essendo stato forzato a competere, non dovrebbe essere affossato allorchè abbia vinto».
Non è questa la sede per richiamare il dibattito degli anni '60 e '70, sulla scia di importanti sentenze dell'allora Corte di Giustizia delle Comunità europee e delle Corti costituzionali o dei Consigli di Stato degli Stati membri fondatori (Francia, Germania e Italia, in particolare), sull'equilibrio di competenze tra sistema giuridico comunitario, da un lato, e sistemi nazionali, dall'altro1. I sistemi di civil law e, nel loro ambito, il diritto privato di ispirazione romano-germanica, sono a lungo rimasti legati al numerus clausus dei contratti o delle fattispecie contrattuali tipizzati ex lege. Il processo di frantumazione di tale numerus clausus è, infatti, un fenomeno relativamente recente, e si caratterizza per la elaborazione dottrinale dei cosidetti contratti atipici. D'altro canto, sul fronte comunitario, per un lungo periodo l'elaborazione giurisprudenziale e, di conseguenza, dottrinale, si è principalmente concentrata su temi fondamentali per la costruzione dell'Europa quale “ente giuridico”, che nulla, o quasi nulla, avevano a che vedere con il diritto della concorrenza in senso stretto (a titolo di esempio, diritto doganale, diritto fiscale, diritto agrario, diritto del lavoro).
Il presente contributo, incentrato sulla fattispecie dei rimedi nelle operazioni di concentrazione, ossia, i rimedi di natura negoziale con funzione amministrativa proposti alla Commissione europea dalle parti di una operazione di concentrazione (o, con differenze non marginali, in alcuni casi proposti dall'autorità nazionale della concorrenza alle parti, come nel caso italiano), rappresenta il tentativo di esaminare uno dei principali punti di contatto tra due parabole, quella ascendente della prassi comunitaria verso il diritto privato, e quella discendente dalla elaborazione dottrinale privatistica nazionale verso il diritto comunitario (e il diritto della concorrenza, in particolare) a fronte della progressiva ed inarrestabile pervasività di esso nei sistemi nazionali (si pensi, tra l'altro, alla produzione normativa primaria e secondaria comunitaria in materia di diritto dei consumatori).
Un primo punto di contatto tra ordinamento comunitario e sistemi nazionali di diritto privato si è, in effetti, manifestato da oltre un decennio attraverso la magmatica produzione di direttive comunitarie a tutela dei consumatori, trasposte nei sistemi nazionali e ordinate in “codici di consumo” secondo la tecnica legislativa comune in molti paesi di civil law.
Il diritto della concorrenza puro, invece, è stato, fino a tempi recentissimi, considerato, nell'ambito del diritto comunitario, come una specie di hortus conclusus non adatto a speculazioni di tipo privatistico. La sua natura primaria è sembrata a lungo essere esclusivamente di diritto
1 OSTI, L’obbligo a contrarre: il diritto concorrenziale tra comunicazione privata e comunicazione pubblica in Contratto e antitrust, a cura di Xxxxxxxx e Xxxxxxx, Bari, 2008, 26, esordisce scrivendo «il diritto antitrust è un tanto macroscopico quanto largamente ignorato esempio di quel fenomeno che i comparatisti definiscono trapianto giuridico, cioè a dire l'innesto in un ordinamento di una serie di regole provenienti da un ordinamento diverso». Ricorda come lo stesso diritto antitrust americano fu da noi importato mediante le norme comunitarie dei trattati (tradotti in linguaggio comunitario da un giovane consigliere del Conseil d'Etat francese incaricato da Xxxx Xxxxxx).
pubblico (comunitario e nazionale), sostenuta da precise norme di rango comunitario, in primis (artt. 101 e 102 TFUE, già artt. 85 e 86 del Trattato di Roma e i regolamenti comunitari in materia di operazioni di concentrazione). Al diritto amministrativo nazionale si è poi affiancata la procedura civile, nella parte in cui le norme nazionali hanno previsto che corti specializzate (in Italia, la corte d'appello) fossero competenti ratione materiae in tema di nullità, di misure cautelari o di risarcimento del danno da attività anticoncorrenziale (si pensi all'art. 33 della legge italiana in materia di concorrenza n. 287/19902).
Sempre in tempi relativamente recenti la dottrina, a fronte di importanti decisioni delle autorità nazionali della concorrenza e sentenze di giudici nazionali correlate a tali decisioni, si è andata interrogando sulla possibilità di sussumere alcune misure di natura antitrust nelle categorie classiche del diritto civile (ad esempio, la nullità ex tunc o ex nunc a fronte di illecito ex art. 101 TFUE). Non c'è dubbio, in effetti, che gli aspetti patologici (nullità, annullabilità) del contratto siano i punti di contatto più evidenti tra il sistema del diritto antitrust e il diritto civile.
Eppure è innegabile che l'intero genus dei rimedi negoziali (siano essi gli impegni ex art. 9 del Reg. CE di modernizzazione n. 1/2003, o gli impegni negoziati a fronte di una operazione di concentrazione, oggetto del presente capitolo), per la loro portata dirimente, nel primo caso a fronte della procedura amministrativa con funzione sanzionatoria (e, quindi, punitiva), nel secondo a fronte della procedura amministrativa di autorizzazione di una prospettata operazione di concentrazione, rappresenti la vera rivoluzione copernicana per la “privatizzazione” del diritto antitrust, o per la “comunitarizzazione” del diritto civile.
Gli impegni a fronte di supposte violazioni del diritto della concorrenza o a fronte di una prospettata operazione di concentrazione lato sensu rappresentano, infatti, un tentativo di soluzione cooperativa (o forma transattiva) a fronte di procedimenti fino a poco tempo fa visti in chiave esclusivamente sanzionatoria, da un lato, o autorizzatoria, dall'altro, di natura eminentemente se non esclusivamente pubblicistica.
I rimedi nelle operazioni di concentrazione, in particolare, si presentano come una soluzione di tipo cooperativo e, quindi di natura negoziale, se non addirittura contrattuale, in senso classico3, finalizzata a moderare od estinguere le preoccupazioni dell'Autorità di sorveglianza comunitaria vis à vis una prospettata fusione, acquisizione o joint-venture (concentrazioni, in senso tecnico) che potrebbe creare o rafforzare una posizione dominante
2 L. 10 ottobre 1990, n. 287, «Norme per la tutela della concorrenza e del mercato», detta anche legge antitrust.
3 Cfr. ALPA, Concentrazioni societarie e disciplina della concorrenza. I rimedi e i limiti alla libertà contrattuale, Riv. dir. priv., 2003, 4, 695-714. Sugli aspetti contrattuali o, più in generale, negoziali, della procedura relativa all'adozione di impegni pro-concorrenziali, si veda, in particolare, p. 697. L'articolo, da considerarsi un unicum nel panorama dottrinale italiano per la coraggiosa assimilazione degli impegni ad una forma contrattuale, è stato altresì pubblicato con il titolo Concentrazioni e misure ripristinatorie della concorrenza. Aspetti di diritto contrattuale, Contr., 2003, 5, 514-523.
riducendo il livello concorrenziale nei mercati post-concentrazione, a scapito dei consumatori.
I rimedi di seguito esaminati ed analizzati si presentano come strumenti sostanzialmente malleabili da parte della Commissione e delle parti stesse dell'operazione di concentrazione, finalizzati a favorire la conclusione del contratto che dà luogo alla concentrazione stessa, ma negoziati sostanzialmente non tra le parti, ma con lo stesso sorvegliante.
In altri termini, si tratterebbe di un contratto prodromico tra parte o parti della concentrazione e la Commissione, preliminare all'autorizzazione di diritto pubblico comunitario (o diritto pubblico nazionale) alla conclusione del contratto principale alla base della concentrazione.
Come vedremo nel corso del lavoro, i rimedi sono per così dire ad “effetti” e di “portata” graduali. Possono essere di tipo strutturale, pertanto “invasivi” nei confronti della società che addiviene all'operazione di concentrazione; oppure meramente funzionali, di tipo comportamentale, nel senso che prevedono comportamenti che le parti si impegnano ad osservare nell'arco di un certo periodo. In entrambi i casi gli impegni negoziati con la Commissione (o l'Autorità Nazionale della Concorrenza) rappresentano comunque un contratto strumentale alla clearance, all'autorizzazione.
Da tale contratto strumentale contenente gli impegni, e dalla conseguente autorizzazione, discendono addirittura altri contratti, volti a realizzare l'intera operazione di concentrazione.
Si tratta, da un lato, dei contratti la cui causa “gravita” intorno (ed è funzionale) alla operazione di concentrazione. Sono contratti di acquisizione di quote e azioni determinanti il controllo della società-obiettivo, oppure contratti che danno luogo alla joint-venture. Dall'altro, si tratta dei contratti che sono finalizzati a rendere effettivi gli impegni (contratti di cessione di attività, di marchi, di licenze, di brevetti; oppure contratti di locazione di infrastrutture, nel caso di accesso alle c.d. “essential facilities”); si affiancano a questi gli impegni sussidiari, le c.d. restrizioni accessorie (ancillary restraints), come il patto di non concorrenza, la concessione in licenza o la fornitura di certi cespiti o risorse volti a mantenere l'avviamento dell'azienda4.
Il capitolo si occuperà in primis della origine statunitense non solo del diritto antitrust in senso lato, ma degli impegni come soluzione negoziata di un conflitto tra ente (giudiziario o amministrativo) e privato/i, proprio della prassi giurisprudenziale americana. Muovendo dalla dicotomia rimedi strutturali versus rimedi funzionali (dicotomia in parte riflettente le due scuole di pensiero economico di Harvard e di Chicago), si analizzerà la disciplina a livello comunitario e le tipologie di impegni previsti nella più recente Comunicazione della Commissione sugli impegni (2008)5, con
4 OSTI, op. ult. cit., 27 ss.
5 Comunicazione della Commissione sui rimedi accettabili in base al Regolamento (CE) n.139/2004 e in base al Xxx. XX x. 000/0000 (XXXX 22 ottobre 2008, C 267). Si veda anche il comunicato stampa della Commissione IP/08/1567 del 22 ottobre 2008 per l'inquadramento generale della nuova Comunicazione (in particolare, il riferimento alla
riferimento alle decisioni più significative adottate dalla Commissione e alle pronunce delle Corti comunitarie.
La trattazione analizzerà quindi l'esperienza nazionale italiana, con riferimento, anche in questo caso, alla prassi rilevante.
Prima di addentrarci nell'esame di questa particolare forma negoziale, è necessario sottolineare che se gli impegni volti a favorire l'autorizzazione alla concentrazione a livello comunitario e a livello nazionale italiano si presentano come sostanzialmente identici nei fini, in realtà da un punto di vista procedimentale (e, se si vuol considerare la forma come elemento costitutivo della fattispecie, anche da un punto di vista sostanziale) sono parzialmente diversi.
A livello comunitario, infatti, la Commissione può autorizzare un'operazione di concentrazione già al termine della Fase I (pre-istruttoria, se comparata alla procedura nazionale italiana), a fronte della proposta di impegni che sanino completamente le perplessità del watch dog comunitario.
A livello nazionale italiano, invece, sarà comunque necessario attendere la conclusione della intera istruttoria; e gli impegni potranno essere non solo proposti dalle imprese, ma anche dalla stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)6. In altri termini, le parti potrebbero anche non presentare alcuna proposta di impegni e l'Autorità nazionale avrebbe, ai sensi dell'art. 6, 2° co., l. n. 287/1990, la possibilità di sostituirsi ad esse nel formulare rimedi pro-competitivi cui condizionare l'autorizzazione, salvo l'accertamento ex post, da parte di questa, dell'effettiva attuazione o meno dei rimedi stessi.
2. Disciplina e prassi comunitaria sui rimedi nelle concentrazioni. a) Origini della disciplina. L’esperienza rimediale statunitense. La Scuola di Harvard e la Scuola di Chicago. I consent decrees. La separazione strutturale e le “divestitures”.
Le operazioni di concentrazione, siano esse di fusione o acquisitive, costituiscono una importante opportunità per il mercato comunitario e nazionale. Se la pronuncia della Commissione (o delle autorità nazionali della concorrenza) in senso negativo (di diniego dell'autorizzazione all'operazione di concentrazione) è in termini quantitativi piuttosto rara, al contrario la via rimediale, condizionale al fine di garantire o favorire l'autorizzazione, ha acquisito una propria esistenza autonoma nell'ambito dello scrutinio pro-concorrenziale svolto dal c.d. “watch dog” (sia esso la Commissione europea o l'Autorità nazionale della concorrenza).
Attualmente circa il 6-7% delle operazioni di concentrazione notificate sono approvate dalla Commissione europea a fronte dell'impegno
giurisprudenza comunitaria e l'impatto che essa ha avuto anche nella riforma del Regolamento sulle concentrazioni e del Regolamento sull'attuazione delle operazioni di concentrazione).
6 Si veda, a riguardo,CAIAZZO, Antitrust - Profili giuridici, Torino, 2007, 259.
sottoscritto dalle parti della prospettata concentrazione di porre in essere specifici rimedi pro-concorrenziali (impegni, nel sistema italiano e nella traduzione ufficiale comunitaria; “commitments” nella versione inglese comunitaria)7.
Da un punto di visto storico, l'origine del rimedio pro-competitivo si può far risalire alla prassi statunitense del diritto antitrust (mutuata dal diritto penale e dal diritto di famiglia) dei c.d. consent decrees (o consent orders) mediante i quali il giudice, a fronte di (e facendo proprio un) accordo vincolante siglato tra le parti (con particolare enfasi sugli obblighi del convenuto), pone termine ad una procedura. Naturalmente tale accordo va considerato vincolante ed “enforceable” a tutti gli effetti di legge, e va riferito non tanto ad una operazione futura (la concentrazione), quanto all'accertamento di una presunta patologia antitrust esistente (sia essa determinata da una forma collusiva, cartello o altra forma di intesa, oppure da una forma di abuso di posizione dominante).
I rimedi, pertanto, di cui qui ci occupiamo, sono solo “geneticamente” riferibili alle forme di “conciliazione” processuale di origine statunitense. Le finalità degli impegni a fronte di operazioni di concentrazione sono sostanzialmente riferibili al futuro panorama competitivo, più che a disciplinare o a sanare una distorsione già esistente.
Come si evidenzierà infra, le soluzioni rimediali sono influenzate, da un punto di vista dottrinale, da due principali scuole di pensiero giuridico- economico, entrambe statunitensi. Esse possono essere per sommi capi ricondotte alla Scuola di Harvard, più propensa a rimedi di tipo draconiano, strutturale (cessioni, ampiamente disciplinate dal soft law comunitario, e oggetto di numerose decisioni comunitarie), e alla Scuola di Chicago, sostanzialmente orientata all'adozione di rimedi di tipo comportamentale (ad esempio, l'obbligato si impegna a garantire l'accesso alla propria infrastruttura ad eventuali concorrenti, al fine di aumentare la pressione competitiva post-fusione)8.
Nell'ambito degli impegni pro-concorrenziali occorre, peraltro, svolgere una ulteriore distinzione.
Come anticipato, impegni pro-concorrenziali, infatti, sono previsti sia al fine di ovviare a supposte violazioni delle norme antitrust (artt. 101 e 102 TFUE), che al fine di favorire la concessione dell'autorizzazione della
7 WHISH, EC Competition Law, 6a ed., Oxford , 2009, 872 ss.
8 Per un esame dello “Studio sui rimedi” della Commissione (2005) e la percezione di un approccio progressivamente convergente con la prassi americana si veda VAN XXXXXXXXX, The EU remedies study: toward further transatlantic convergence in merger remedies?, in Antitrust, 2006. Per un richiamo alla Scuola di Chicago, e al concetto di efficienza economica quale fattore che, almeno negli Stati Uniti, ha portato negli ultimi decenni a favorire i processi concentrativi, si veda l'ormai classico AMATO, Il potere e l’antitrust, Bologna, 1998, 80 ss. Egli fa espresso riferimento al vero e proprio negoziato che si apre tra le parti e la Commissione europea con riferimento alle condizioni che, una volta poste in essere, finiscono con l'alleggerire «il potere di mercato dell'impresa nascente in modo da sottrarla al divieto».
Commissione (o dell'Autorità nazionale della concorrenza) a fronte di una prospettata concentrazione.
La differenza è sostanziale. Nel primo caso, siamo di fronte ad impegni (commitments) disciplinati dall'art. 9 del Regolamento CE di modernizzazione richiamato nell'introduzione. Essi sono negoziati tra la parte che avrebbe presumibilmente posto in essere comportamenti anti- competitivi (intese, pratiche concordate, abuso di posizione dominante) e la Commissione (o l'Autorità nazionale della concorrenza, se previsto dalla legislazione nazionale), e hanno una funzione “conciliativa”, volta ad interrompere un procedimento di tipo sanzionatorio.
Nel secondo caso, invece, siamo di fronte alla necessità di favorire l'operazione di concentrazione, come imperativo di politica industriale comunitaria o nazionale, compressi tra il dovere di non interferire con il principio di libertà economica a fondamento sia dei trattati comunitari che delle costituzioni nazionali (libertà di impresa economica ai sensi dell'art.
41 Cost., per fare un esempio), e la necessità di prevedere “correttivi” negoziati per lo scenario post-concentrazione. In altri termini, si tratta di impegni negoziati pro-competitivi, nel senso che sono volti a preservare o a creare (o ricreare) in maniera per così dire artificiale condizioni di concorrenza (per esempio, mantenere una pluralità di operatori e concorrenti) in scenari post-concentrazione che potrebbero aver determinato una riduzione del numero di concorrenti (ad esempio, nel passaggio da un oligopolio ad un duopolio) o, in casi limite, la creazione di situazioni di monopolio.
Tale approccio ricalca altresì l'impostazione della c.d. “proporzionalità” dell'intervento amministrativo, in linea con il principio secondo il quale la pubblica amministrazione è tenuta ad adottare solo quelle misure che siano strettamente necessarie ad assicurare la protezione degli interessi collettivi9.
In altri termini, ai sensi del nuovo regolamento sulle operazioni di concentrazione, la Commissione deve accertare che la concentrazione avvenga in maniera tale da non determinare un sostanziale impedimento all'effettiva concorrenza nel mercato comune ai sensi dell'art. 2, 2° co. (laddove, in precedenza, si richiedeva, come noto, l'accertamento della creazione o del rafforzamento di una posizione di dominanza nello scenario post-fusione o post-acquisizione) del Reg. CE n. 139/2004 (da qui in poi, abbreviato in ECMR)10.
9 FATTORI e TODINO, La disciplina della concorrenza in Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 284 s.
10 Reg. CE n. 139/2004 del Consiglio del 20 gennaio 2004 sul controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese («Regolamento comunitario sulle concentrazioni»), GUCE 29 gennaio 2004, L 24. Si riporta l'art. 2, 2° co., ECMR: «Le concentrazioni che non ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, sono dichiarate compatibili con il mercato comune». Per un'analisi dettagliata della procedura di notificazione delle operazioni di concentrazione a livello comunitario si vedano i manuali, soprattutto in lingua inglese, che forniscono copiosi riferimenti alla prassi della Commissione e alla giurisprudenza delle corti comunitarie. In particolare, oltre al citato WHISHc; FRIGNANI e WAELBROECK, Disciplina della
Qualora ritenga che l'operazione notificata, al contrario, possa sostanzialmente incidere sul mercato al punto tale da alterare l'equilibrio di mercato definito come di “effettiva concorrenza”, ai sensi degli art. 6, 2° co., 2° periodo (Fase I) e dell'art. 8, 2° co., 2° periodo (Fase II), come vedremo più nel dettaglio ultra, subordinerà l'autorizzazione a “condizioni” e “obblighi” tali da favorire il mantenimento di un grado ottimale di concorrenza nello scenario post-concentrazione.
Il principio di proporzionalità, espressamente richiamato nel considerando 6, ECMR11, rappresenta il limite logico cui i servizi della Commissione si devono ispirare nell'accogliere o meno gli impegni proposti dalle parti della concentrazione, nel rispetto della libertà di impresa, da un lato, e della salvaguardia di quelle condizioni di concorrenza che possano minimizzare eventuali conseguenze a detrimento dei consumatori finali (riduzione della qualità del prodotto o del servizio, aumento del prezzo del prodotto o del servizio, riduzione della quantità offerta, per portare solo alcuni esempi), dall'altro.
Tale principio troverà applicazione diretta attraverso la scelta dell'impegno che possa al tempo stesso soddisfare queste due esigenze (quelle delle imprese di rafforzare la propria presenza sul mercato, e quelle dei consumatori finali, di non vedere diminuire la propria general satisfaction post-concentrazione), e si modulerà lungo una scala di ipotesi, dalla meno invasiva (rimedio meramente comportamentale) alla più invasiva (rimedio strutturale), anche in forma combinata (attraverso la sommatoria di impegni comportamentali e strutturali). Un ulteriore aspetto da considerare è la natura civilistica o meramente amministrativa (o prodromica ad una soluzione di tipo amministrativo-pubblicistico) degli impegni sottoscritti con la Commissione o altra autorità di controllo della concorrenza.
L'atto mediante il quale la parte propone alla Commissione determinati impegni ha tutta la natura di una proposta. Dall'accettazione da parte della Commissione sembrerebbe derivare un vero e proprio contratto. La stessa terminologia è quella della negoziazione (si parla infatti di «negoziazione degli impegni»). Così osserva, ad esempio, un'autorevole dottrina laddove sottolinea che le misure sono concordate tra le parti e le Autorità di controllo, ed hanno poi ricadute operative su accordi che le parti debbono
concorrenza nella CE, Torino, 1996; XXXXX e SUFRIN, EC Competition Law, Oxford, 2010; XXX XXXX e BELLIS, Diritto comunitario della concorrenza, Torino, 2009.
11 Considerando 6, ECMR: «(…) Oggi, tuttavia, alla luce dell'esperienza acquisita, è opportuno rifondere detto regolamento in un atto concepito per far fronte alle sfide di un mercato più integrato e del futuro allargamento dell'Unione europea. In base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità sanciti all'articolo 5 del trattato, il presente regolamento si limita a quanto è necessario per garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune, conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza».
assumere nei confronti di xxxxx per ottemperare alle proposte effettuate all'Autorità o per adempiere gli obblighi imposti dall'Autorità12.
Gli impegni rappresentano dunque una sorta di soluzione mediata tra il potere di enforcement della Commissione nei confronti delle imprese che intendono rafforzare o creare una posizione dominante (non si dimentichi l'origine della stessa disciplina delle concentrazioni nell'ambito d'applicazione dell'allora art. 86 CEE) e la garanzia di autonomia negoziale, tutelata, peraltro, dalle stesse Costituzioni liberali. Rappresentano, in altri termini, uno sbocco cooperativo e negoziale a quello che altrimenti si potrebbe configurare come un intervento dirigistico nell'economia13: essi costituiscono l'oggetto di un vero e proprio accordo che si conclude tra le parti e la Commissione: alla proposta fa seguito l'accettazione della Commissione, che si esprime con la procedura di presentazione da parte degli uffici che esaminano la pratica alla Commissione della decisione di autorizzazione e della conseguente autorizzazione14.
Nel corso del capitolo si esaminerà principalmente la disciplina comunitaria, sia in termini di legislazione primaria (i regolamenti sulle operazioni di concentrazione), sia di c.d. soft law (comunicazioni, linee- guida) che, nell'arco del decennio corrente, hanno fornito una disciplina unitaria e coerente all'approccio della Commissione e delle parti, soggetti attivi della prospettata concentrazione.
La legislazione comunitaria viene esaminata con riferimento alle principali decisioni e sentenze del Tribunale di primo grado e della Corte di Giustizia delle Comunità europee (con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, ridenominati rispettivamente Tribunale e Corte di Giustizia dell'Unione europea) che hanno permesso di identificare i rimedi più efficienti ed efficaci a favorire sia lo sviluppo economico che la coesistenza concorrenziale.
Seguirà l'esame della legislazione italiana in materia di impegni, con riferimenti ad alcuni casi rilevanti sia con riferimento alla prassi dell'AGCM che con riferimento, in sede di gravame, alla giurisprudenza del TAR del Lazio (competente territorialmente) e del Consiglio di Stato.
12 ALPA, Concentrazioni e misure ripristinatorie della concorrenza. Aspetti di diritto contrattuale, Contr., 2003, 514 ss.
13 ALPA, op. ult. cit., osserva come la stessa terminologia si configura «come una “spia” del modo di procedere [in senso negoziale], la riprova degli scopi che si vogliono perseguire: le tecniche adoperate sono [in italiano] denominate “misure correttive” oppure “misure di ripristino”, oppure più genericamente “rimedi”, traduzione dell'inglese remedies e del francese remèdes; dismissioni o cessioni le divestitures e cession d’actifs; i rapporti con le Autorità e i contatti dialogici per raggiungere risultati accettabili “negoziazioni”, come nelle altre esperienze sono denominate negotiations, agreements; i privati, gli operatori economici, ovvero le società coinvolte nella vicenda prendono l'appellativo di parti, parties, termine che allude sia ai ruoli svolti dai soggetti coinvolti nella procedura sia ai ruoli svolti dai contraenti nella conclusione di accordi», p. 515.
14 XXXX, op. ult. cit., 518.
3. (Segue). La disciplina comunitaria stricto sensu.
La base giuridica relativa agli impegni volti a favorire l'autorizzazione alla operazione di concentrazione da parte della Commissione europea risiede nell'art. 6, 2° co., 2° periodo15, ECMR, per quanto riguarda la c.d. “Fase I”; e l'art. 8, 2° co., 2° periodo16, ECMR, per quanto riguarda la c.d. Fase II.
Entrambi gli articoli prevedono l'esistenza di condizioni ed oneri (condizioni ed obblighi, secondo la terminologia dell'art. 8, 2° co.) che le parti intendono assumere a base degli impegni rimediali in relazione alle due fasi procedimentali di autorizzazione dell'operazione di concentrazione. Essi vanno letti in congiunzione con il preambolo della stessa ECMR e,
in particolare, (oltre che con il considerando 6, per il principio di proporzionalità) con i consideranda 30 e 3117, laddove si illustrano
15 Art. 6, 2° co., ECMR: «Se la Commissione constata che, a seguito di modifiche apportate dalle imprese interessate, una concentrazione notificata non suscita più seri dubbi ai sensi del paragrafo 1, lettera c), dichiara la concentrazione compatibile con il mercato comune a norma del paragrafo 1, lettera b). La decisione adottata a norma del paragrafo 1, lettera b), può essere subordinata dalla Commissione a condizioni ed oneri destinati a garantire che le imprese interessate adempiano gli impegni assunti nei confronti della Commissione per rendere la concentrazione compatibile con il mercato comune».
16 Art. 8, 2° co., ECMR: «Se la Commissione accerta che, a seguito di modifiche apportate dalle imprese interessate una concentrazione notificata soddisfa il criterio di cui all'articolo 2, paragrafo 2, e, nei casi contemplati dall'articolo 2, paragrafo 4, i criteri di cui all'articolo 81, paragrafo 3, del trattato, essa, mediante decisione, dichiara la concentrazione compatibile con il mercato comune. La Commissione può subordinare la decisione a condizioni e obblighi destinati a garantire che le imprese interessate adempiano gli impegni assunti nei confronti della Commissione per rendere la concentrazione compatibile con il mercato comune. Si considera che la decisione che dichiara la concentrazione compatibile riguarda anche le restrizioni direttamente connesse alla realizzazione della concentrazione e ad essa necessarie».
17 Per comodità del Lettore, si riporta il testo dei due considerando: «(30) Quando le imprese interessate modificano un progetto di concentrazione notificato, in particolare offrendo di assumere impegni per rendere la concentrazione compatibile con il mercato comune, la Commissione dovrebbe poter dichiarare la concentrazione, così modificata, compatibile con il mercato comune. Gli impegni dovrebbero essere proporzionati al problema sotto il profilo della concorrenza e risolverlo interamente. È parimenti opportuno accettare impegni prima di iniziare un procedimento nei casi in cui il problema che sorge sotto il profilo della concorrenza è ben identificabile e può essere risolto facilmente. Si dovrebbe espressamente stabilire che la Commissione può subordinare la sua decisione a condizioni e obblighi destinati a garantire che le imprese interessate adempiano in modo tempestivo ed efficace agli impegni assunti per rendere la concentrazione compatibile con il mercato comune. Occorre garantire, in tutto il corso del procedimento, la trasparenza e l'effettiva consultazione degli Stati membri e dei terzi interessati. (31) La Commissione dovrebbe avere a sua disposizione strumenti adeguati per far rispettare gli impegni assunti e per affrontare le situazioni in cui non vi viene dato adempimento. In caso di mancato rispetto di una condizione imposta in una decisione che dichiara la concentrazione compatibile con il mercato comune, non si verifica la situazione che rende la concentrazione compatibile con il mercato comune e la concentrazione, quale realizzata, non è pertanto autorizzata dalla Commissione. Di conseguenza, se realizzata, la concentrazione dovrebbe essere trattata come una concentrazione non notificata realizzata senza autorizzazione. Inoltre, qualora la Commissione abbia già constatato che in mancanza
all'interprete le conseguenze del mancato rispetto delle condizioni e delle obbligazioni costituenti l'impegno assunto dalla parte o dalle parti della concentrazione.
Il considerando 31, in particolare, prevede una serie di conseguenze a fronte dell'inadempimento delle condizioni poste a base dell'impegno negoziato con la Commissione.
Esse vanno dalla possibilità che una operazione di concentrazione già autorizzata venga “revocata” (come si vedrà nell'analisi dell'art. 8(4) della ECMR); alla possibilità che la Commissione adotti misure cautelari (“interim measures”) volte a restaurare o a mantenere condizioni di concorrenza effettiva in caso di violazione delle condizioni previste nelle Fasi I o II della procedura di autorizzazione della concentrazione; alla possibilità che una decisione relativa agli impegni sia revocata allorché le imprese violino gli impegni contenuti nella decisione con rimedi..
Al Regolamento sulle operazioni di concentrazione si affiancano strumenti di soft-law, quali le linee-guida sulle operazioni di concentrazione orizzontale contenute nella Comunicazione della Commissione del 200118 ora superate, a seguito dell'entrata in vigore della nuova ECMR (2004) e di una serie di pronunce giurisprudenziali delle Corti comunitarie, mediante la nuova Comunicazione della Commissione sui “rimedi accettabili” del 2008, corredata dalle c.d. “Best practice guidelines” relative ai modelli di riferimento per gli impegni sulle cessioni e sul mandato al fiduciario della cessione19.
della condizione la concentrazione sarebbe incompatibile con il mercato comune, essa dovrebbe avere il potere di ordinare direttamente lo smembramento della concentrazione, in modo tale da ripristinare la situazione esistente prima della realizzazione della concentrazione. In caso di inadempimento di un obbligo imposto dalla decisione che dichiara la concentrazione compatibile con il mercato comune, la Commissione dovrebbe avere la facoltà di revocare la propria decisione. La Commissione dovrebbe inoltre avere la facoltà di imporre adeguate sanzioni pecuniarie in caso di mancato rispetto di condizioni o obblighi».
18 Comunicazione della Commissione concernente le misure correttive considerate adeguate a norma del Reg. CEE n. 4064/89 del Consiglio e del Reg. CE n. 447/98 della Commissione (GUCE 2 marzo 2001, C 68).
19 Si vedano le «Best Practice Guidelines: the Commission’s model texts for divestiture commitments and the trustee mandate under the EC Merger Regulation» del 2 maggio 2003, in xxx.xx.xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxxx_xxxxxxxx.xxxx (xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxxx.xxx), cui fanno esplicito riferimento le «Best Practices on the conduct of EC merger control proceedings» (xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxx.xxx) del 20 gennaio 2004, allorché invitano espressamente (§§ 40-41) le parti a proporre alla Commissione europea, con ampio anticipo rispetto ai termini perentori previsti per la procedura di autorizzazione, eventuali impegni rimediali. Le «Best Practice Guidelines» vanno lette in congiunzione con altri due documenti della Commissione: «Commission Model Text for Divestiture Commitments» (xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxx.xxx) e il
«Commission Model Text for Trustee Mandate» (xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/ mergers/legislation/trustee_mandate.pdf), entrambi del 2 mggio 2003. Molto utile ai fini pratici e di ricostruzione della disciplina generale delle operazioni di concentrazione a livello comunitario, anche sulla scia della recente prassi giurisprudenziale e decisionale della Commissione europea, è il manuale pratico della Commissione «EU Competition Law
La recente Comunicazione del 2008 è stata preceduta da una consultazione promossa dalla Commissione, avviata nell'aprile 2007, cui hanno risposto i principali studi legali europei, singole istituzioni accademiche europee, e singoli esperti al fine di tenere conto delle istanze più qualificate del territorio comunitario.
La precedente comunicazione sui rimedi del 2001, infatti, necessitava di una completa revisione a fronte dei significativi mutamenti nel panorama giurisprudenziale comunitario nell'arco dell'ultimo decennio20. Da un lato la Comunicazione del 2001 era diventata obsoleta a fronte di una serie di pronunce del Tribunale di primo grado e della Corte di Giustizia delle Comunità europee volte a riformare alcune significative decisioni comunitarie. La stessa riforma del 2004 del Regolamento sulle concentrazioni, con il relativo regolamento di attuazione, ha costituito un motivo sostanziale per la riforma del 2008 (in particolare per quanto riguarda il computo dei termini perentori). Lo studio voluto dalla Commissione sui rimedi nelle operazioni di concentrazione del 2005 ha costituito un'altra significativa fonte di riflessione sia sull'efficacia (economica) che sull'effettività (legale) di ben novantasei rimedi accettati in relazione a quaranta operazioni di concentrazione autorizzate dalla Commissione europea21. Infine, la nuova Comunicazione non poteva non tenere conto degli importanti cambiamenti giurisprudenziali determinati da sentenze cruciali quali ARD v. Commissione22, EDP v. Commissione23, Easyjet v. Commissione24 e CementbouwHandel & Industrie v. Commissione25.
4. (Segue). Funzione dei rimedi nella Comunicazione del 2008.
Naturalmente la funzione del rimedio nell'operazione di concentrazione è quella di venire incontro alla Commissione al fine di attenuare o eliminare quei fattori di perplessità o di preoccupazione che la creazione o il
- Rules Applicable to Merger Control as per 1st April 2010», Competition Handbook, Bruxelles, 2010 (xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxxx_xxxxxxxxxxx. pdf).
20 WHISH, EC Competition Law, cit., 873. Per una ricostruzione dei principali rimedi adottati in Fase I, si veda XXXXX e NIKPAY, The EC Law of Competition, Oxford, 2007 , particolarmente esaustivo nel considerare la prassi della Commissione (519 ss.).
21 Lo studio condotto dalla Commissione preliminare all'adozione della Comunicazione del 2008 aveva evidenziato che tra gli obiettivi che la Commissione si doveva prefiggere al momento della discussione dei rimedi pro-concorrenziali ottimali vi era: i) la finalità che si intende raggiungere con la cessione dell'attività; ii) come garantire la conservazione temporanea fino alla cessione; iii) come trovare gli acquirenti più adeguati; iv) come garantire l'adeguatezza del «monitoraggio» post-rimedio, cioè la corretta attuazione dei rimedi stessi. WHISH, op. loc. ult. cit.
22 Sentenza del T. I g. CE, 30 settembre 2003, T-158/00 ARD v. Commissione. 23 Sentenza del T. I g. CE, 21 settembre 2005, T-87/05 EDP v Commissione. 24 Sentenza del T. I g., 4 luglio 2006, T-177/04 Easyjet v Commissione.
25 Sentenza della Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 00 dicembre 2007, C-202/06 CementbouwHandel & Industrie v. Commissione.
rafforzamento di una posizione dominante possano costituire un sostanziale impedimento alla realizzazione o mantenimento di una effettiva concorrenza, ai sensi dell'art. 2, 3° co., ECMR.
In effetti, i rimedi (gli impegni negoziali) sono anche volti a fronteggiare i c.d. “spill-over effects”, gli effetti “derivati” da una determinata operazione di per sé autorizzabile (art. 2, 4° co., ECMR).
La nuova Comunicazione sottolinea che gli impegni sono proposti dalle parti alla Commissione, e ribadisce il concetto che solo le parti sono “best positioned”, nella migliore condizione, per conoscere gli effetti che una determinata operazione di concentrazione potrebbe determinare.
5. (Segue). I rimedi previsti dalla Comunicazione del 2008.
La Comunicazione del 2008, da un lato, ribadisce il concetto che il rimedio deve, per sua natura, essere tale da rimuovere ogni preoccupazione della Commissione che la proposta operazione possa sostanzialmente ostacolare l'effettiva concorrenza (principio generale); dall'altro, sottolinea l'aspetto della proporzionalità della misura rimediale ( principio del ‘bilanciamento degli interessi')26.
In effetti, considerando l'estrema pressione negoziale che caratterizza la fase preliminare ad una operazione di concentrazione, vi è fondato motivo di ritenere che le parti possano offrire rimedi che vadano persino al di là di quanto sarebbe richiesto dalla natura dell'operazione o dalle finalità di essa.
L'approccio della Commissione in un certo senso riflette il peso delle recenti pronunce giurisprudenziali che, in più di una occasione, hanno sottolineato la necessità di non adottare rimedi che vadano al di là della “proporzionalità”27. Per chiarire ulteriormente il concetto, laddove fosse possibile intervenire mediante un approccio “comportamentale” (“behavioural remedy”, secondo i principi fondamentali della Scuola di Chicago), la Commissione dovrebbe preferire tale soluzione ad una meramente “strutturale” (più facile da eseguire e da monitorare, riconducibile alla Scuola di Harvard e alla metodologia per così dire “draconiana”) in quanto essa potrebbe rivelarsi addirittura pregiudizievole
26 Comunicazione del 2008, § 22: «Se una concentrazione proposta rischia di ostacolare in modo significativo una concorrenza effettiva, il mezzo più efficace per mantenere tale concorrenza, a parte l'ipotesi di un divieto opposto all'operazione, è creare le condizioni per la costituzione di un nuovo soggetto concorrenziale o per rafforzamento di concorrenti già esistenti, mediante la cessione di attività da parte delle parti della concentrazione».
27 Si veda la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee nel caso C- 202/06, Cementbouw, § 54, nella parte in cui afferma «[i]n particolare, come è stato rilevato dall'Avvocato Generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni e a differenza di quanto sostiene la ricorrente, il controllo sulla proporzionalità delle condizioni e degli obblighi che la Commissione può imporre, ai sensi dell'art. 8, n. 2, Reg. n. 4064/89, alle parti di un'operazione di concentrazione consiste non nel verificare se, una volta realizzata, l'operazione di concentrazione sia ancora di dimensione comunitaria, ma nell'assicurarsi che tali condizioni ed obblighi siano proporzionati al problema di concorrenza identificato e consentano di risolverlo interamente».
per la vitalità futura del ramo di azienda o per l'azienda strutturalmente separata.
In realtà la Comunicazione della Commissione, a tal proposito, esprime esattamente la preferenza opposta più favorevole a rimedi di tipo strutturale più facilmente attuabili e “monitorabili”.
Il precedente più significativo è costituito dalla sentenza Gencor v. Commissione28, in cui il Tribunale di primo grado valutò la portata dei rimedi nel procedimento di autorizzazione di una concentrazione secondo la ECMR. Come correttamente indica la dottrina29, quella Corte comunitaria fissò due importanti principi: i) la funzione del controllo sulle operazioni di concentrazione è di prevenire la creazione o il rafforzamento di strutture di mercato che possano «sostanzialmente impedire l'effettiva concorrenza». Pertanto una semplice promessa da parte delle parti che non «abuseranno della loro posizione dominante» non può essere considerata un rimedio efficiente o serio (anche se fosse agevole monitorare l'osservanza di una tale promessa); ii) pur ammettendo la superiorità del rimedio strutturale, la Corte stabilisce che quello che conta è il risultato finale che un rimedio deve raggiungere, non la sua mera classificazione. Per cui anche un rimedio comportamentale può in teoria fornire la risposta adeguata alle preoccupazioni della Commissione, salvo quelle situazioni post- concentrazione in cui, di fatto, si è creata o rafforzata una posizione dominante (ma si osservi che dal 2004 il test che la Commissione deve esperire è quello che porti all'accertamento di un «sostanziale impedimento di una concorrenza effettiva», o substantial impedement of effective competition, ragion per cui situazioni di “dominanza” che in precedenza avrebbero automaticamente fatto preferire rimedi di tipo strutturale, oggi potrebbero portare a preferire rimedi di tipo comportamentale, purché idonei a ripristinare la pressione concorrenziale quo ante).
28 Caso T-102/96, Gencor v. Commissione, (1999) ECR II-753. Al § 316 si legge espressamente che la Commissione non può semplicemente autorizzare una operazione di concentrazione sulla base della semplice promessa che le parti interessate si accorderanno per non abusare della loro posizione dominante: «[W]here the Commission concludes that the concentration is such as to create or strenghten a dominant position, it is required to prohibit it, even if the undertakings concerned by the proposed concentrations pledge themselves vis-à-vis the Commission not to abuse that position. Since the purpose of the [EC Merger] Regulation is to prevent the creation or strenghtening of market structures which are liable to impede significantly effective competition in the common market, situations of that kind cannot be allowed to come about on the basis that the undertakings concerned enter into a commitment not to abuse their dominant position, even where it is easy to check whether those commitments have been complied with». Per un interessante commento del caso Gencor, si veda WENT, The acceptability of remedies under the EC Merger Regulation: structural versus behavioural, European Competition Law Review, 2006, 8, 458.
29 EZRACHI, Behavioural Remedies in EC Merger Control-Scope and Limitations, 29
World Competition, 2006, 459 ss.
Si consideri, inoltre, l'impatto che il caso Tetra Laval/Sidel30 può avere avuto sulle preferenze della Commissione per rimedi di tipo strutturale. La Commissione ritenne che la società frutto dell'operazione di concentrazione sarebbe stata in grado di sfruttare la posizione già dominante di Tetra Laval nel mercato dei cartoni asettici per spingere i propri clienti ad acquistare le apparecchiature di fabbricazione asettica (c.d. “PET”31) di Sidel. La Commissione rigettò i rimedi proposti da Xxxxx Xxxxx, considerando che la mera promessa di non violare l'art. 82 CE (ora 102 TFUE) non poteva considerarsi sufficiente a fugare le preoccupazioni dell'Autorità di sorveglianza comunitaria. La Commissione, in altri termini, considerò tali rimedi come meramente comportamentali e come tali «non idonei a restaurare le condizioni di concorrenza effettiva in maniera permanente»32. Ancora (§ 431), la Commissione nella sua decisione ribadì che tali rimedi di tipo comportamentale sarebbero stati in contrasto con la propria politica sui rimedi e con le finalità stesse della ECMR, perché «difficili, se non impossibili da monitorare efficacemente».
Ovviamente la Commissione si basò sul precedente del caso Gencor, per cui di fronte alla presenza di una indubbia posizione dominante, di per sé escluse la possibilità di accettare rimedi di tipo comportamentale (si legga, la mera promessa di non abusare).
Il Tribunale di primo grado, in appello avverso la decisione della Commissione, rigettò l'interpretazione restrittiva data dalla Commissione della sentenza Xxxxxx, ritenendo che gli impegni offerti da Xxxxx Xxxxx potessero essere presi in considerazione in quanto sufficienti a garantire il mantenimento del gioco competitivo.
La stessa Corte di Giustizia (si vedano le conclusioni dell'Avvocato Generale Xxxxxxx Xxxxxxx00) ribadisce che la Commissione aveva dato una interpretazione restrittiva del caso Xxxxxx, e tenta la via della conciliazione delle due posizioni adottate dal Tribunale di primo grado nei due casi ormai storici Gencor e Tetra Laval: nel primo caso (Gencor), in effetti, il risultato finale della operazione di concentrazione avrebbe portato alla creazione di un duopolio, e il rimedio comportamentale non sarebbe mai stato sufficiente a garantire la sopravvivenza di condizioni di effettiva concorrenza; mentre nel secondo caso (Tetra Laval) la «concorrenza sul mercato che la Commissione intendeva proteggere sarebbe stata danneggiata solo in presenza di una operazione di leveraging [della posizione dominante]34», ragion per cui la Commissione non avrebbe dovuto automaticamente rigettare gli impegni di tipo comportamentale proposti dalla società senza
30 Caso COMP/M.2416, Tetra Laval/Sidel, dec. 30 gennaio 2002. Decisione annullata con sentenza del T. I g. CE, 25 ottobre 2002, T-80/02.
31 Contenitori di polietilene tereftalato.
32 Tetra Laval/Sidel, § 429.
33 Conclusioni dell'Avvocato Generale Xxxxxxx Xxxxxxx presentate il 25 maggio 2004, causa C-13/03 P, Commissione europea contro Tetra Laval BV, disponibili sul sito xxxx://xxx-xxx.xxxxxx.xx.
34 Parentesi esplicative inserite dall'A.
tenere conto del tipo di condotta abusiva che doveva essere concretamente posta in essere per contravvenire all'art. 82 CE35.
A parte questa vicenda, si può tuttavia ritenere che la Commissione in un numero abbastanza elevato di casi abbia optato per rimedi di tipo comportamentale. Si possono ricordare in particolare rimedi relativi all'accesso alle infrastrutture o a tecnologie produttive (“know how”, licenze di brevetti), come nel caso Bayer/Aventis36, Alcan/Pechiney37, Astra/Zeneca38. Di particolare interesse sono quegli impegni volti a favorire un accesso non discriminatorio alle reti o ai contenuti, adottati in occasioni di operazioni di concentrazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, come nei casi Telia/Sonera39 e Vivendi/Canal+/Seagram40.
Interessante richiamare la classificazione dei rimedi comportamentali operata da un'attenta dottrina41 che ritiene di poter distinguere: i) i rimedi comportamentali “quasi strutturali”, che determinano una modificazione permanente nella struttura dell'azienda e quindi nel mercato (per esempio, obbligazione di fornire un accesso non discriminatorio ai diritti di proprietà intellettuale); ii) dai rimedi che non determinano un immediato e permanente cambiamento strutturale del mercato, ma che hanno comunque un impatto sulla struttura del mercato; iii) dai rimedi che certamente non determinano cambiamenti strutturali di alcun tipo nel mercato (per esempio, impegno di non applicare prezzi eccessivi post-concentrazione).
Rimedi comportamentali a carattere senz'altro strutturale sono quelli rinvenibili nel caso Air France/KLM42, in cui le parti si impegnarono a rendere disponibili i propri slots per determinate tratte aeree di media e lunga percorrenza per facilitare l'ingresso da parte di altre società su quelle rotte che, dopo la concentrazione, sarebbero risultate sovrapposte. L'aspetto
35 Si vedano i seguenti contributi sul bilanciamento tra rimedi di tipo comportamentale e strutturale, anche a seguito delle decisioni Gencor e Xxxxx Xxxxx: EZRACHI, op. cit., 459-
479 (spec. 467); WENT, op. cit., 455 ss.; XXXXXXXXXXXXXX e TAJANA, The merger remedies study-in divestiture we trust?, European Competition Law Review, 2006, 8, spec. par. 3.2 «Are structural remedies necessaritly the best cure?», 449 ss. Ancorché riferito al concetto di abuso di posizione dominante, interessante anche di TAJANA, If I had a hammer (…) Structural remedies and abuse of dominant position, in Competition and Regulation in Network Industries, I, 2006, 1, 3 ss.; PAPON, Structural versus Behavioural Remedies in Merger Control: a case-by-case analysis, European Competition Law Review, 2009, 1, 40 [in particolare ai fini dello studio della sotto-categoria dei rimedi quasi-strutturali laddove nel caso Tetra Laval la Corte di Giustizia afferma che «The categorisation of a proposed commitment as behavioural or structural is immaterial (…) commitments which are prima facie behavioural (…) may also be capable of preventing the emergence or strenghtening of a dominant position»]; X. XXXXXXXXX, Unbundling through the backdoor: network divestiture, European Competition Law Review, 2009, 5, 253, in particolare sul principio di proporzionalità.
36 COMP/M.2547, Bayer/Aventis.
37 COMP/M.3225, Alcan/Pechiney.
38 COMP/M.1403, Astra/Zeneca.
39 COMP/M.2803, Telia/Sonera.
40 COMP/M.2050, Vivendi/Canal+/Seagram.
41 WENT, op. cit., 455 ss.
42 Caso COMP/M. 3280, Air France/KLM, 11 febbraio 2004.
strutturale risulta dal fatto che i) determinati slots sarebbero stati resi disponibili per un indefinito periodo di tempo e che, una volta che le terze parti avessero cessato di operare su quelle tratte, ii) quei determinati slots sarebbero stati attribuiti al coordinatore aeroportuale affinché ne disponesse in maniera da favorire il gioco competitivo43.
L'impatto strutturale è stato rinvenuto in importanti decisioni come Vodafone Airtouch/Mannesmann44 in cui la Commissione si è chiesta se la sommatoria delle attività delle parti nelle comunicazioni mobili (controllanti fino ad undici reti nella UE) avrebbe dato all'entità originata dalla concentrazione la capacità esclusiva di creare un sistema integrato di servizi di comunicazioni mobili. La proposta delle parti di fornire accesso non discriminatorio alle terze parti al loro network integrato rappresenta un chiaro esempio di rimedio comportamentale con effetto decisamente strutturale.
Con il medesimo impatto strutturale, si veda la decisione Vivendi/Canal+/Seagram45. Originariamente la Commissione aveva rigettato gli impegni considerandoli meramente comportamentali; successivamente46 la stessa Commissione ritenne che gli impegni proposti potessero essere considerati come di effetto decisamente strutturale, autorizzando la concentrazione47.
In casi che tuttavia si possono considerare piuttosto scarsi in termini numerici, la Commissione si è ritenuta soddisfatta da impegni di tipo comportamentale (caso Piaggio/Aprilia48, caso Alcatel/Finmeccanica/Alcatel Alenia Space & Telespazio49; caso Apollo/Bakerlite50), considerando che misure di tipo strutturale sarebbero state decisamente sproporzionate.
Nel settore della tecnologia, dove la flessibilità premia nel breve ma soprattutto nel lungo periodo, l'approccio comportamentale sembra essere quello destinato al maggiore successo.
In questi termini si è pronunciata la dottrina osservando che appare che a prescindere dalla preferenza per le dismissioni (cessioni), rimedi di tipo più complesso (e rimedi comportamentali che sono difficili da monitorare) sono di solito usati nelle industrie della high tech sia a livello comunitario che della Federal Trade Commission . Siccome il futuro delle industrie della high tech è così incerto, a causa dei potenziali benefici di efficienza delle
43 WENT, op. cit., 461.
44 Caso COMP/M. 1795, Vodafone Airtouch/Xxxxxxxxxx, 12 aprile 2000.
45 Caso COMP/M. 2050, Vivendi/Canal+/Seagram, 13 ottobre 2000.
46 La società Universal si impegnò a garantire per un periodo di cinque anni a Canal+ diritti pari al 50 per cento della produzione di Universal, se vi fossero state delle offerte in concorrenza a prezzi di mercato; le parti si impegnarono altresì a fornire accesso non discriminatorio online ai contenuti musicali di Universal.
47 WENT, op. cit., 459.
48 Caso COMP/M. 3570, Piaggio/Aprilia, 22 novembre 2004.
49 Caso COMP/M.3680, Alcatel/Finmeccanica/Alcatel Alenia Space & Telespazio, 28 aprile 2005.
50 Caso COMP/M.3593, Apollo/Bakerlite, 11 aprile 2005.
concentrazioni in quelle industrie, rimedi comportamentali che sono più flessibili dei rimedi strutturali e che possono essere imposti solo per un periodo transitorio potrebbero essere più appropriati, o anche gli unici rimedi possibili, anche se essi possono richiedere un costo di monitoraggio più alto per l'autorità antitrust51.
Si può concludere affermando che, se i rimedi strutturali sono largamente utilizzati e giudicati preferibili dalla Commissione, in certe circostanze i rimedi comportamentali dimostrano di essere più efficaci. Quello che conta è che le parti riescano a dimostrare alla Commissione che i rimedi comportamentali proposti possano mitigare le preoccupazioni della Commissione in termini di scala dell'operazione, della durata dell'impatto e dello scopo della operazione (in tal senso, si vedano i rimedi proposti in relazione alla concentrazione ENI/EDP/GDP)52.
6. (Segue). Analisi dei singoli rimedi (o “misure correttive”).
La Comunicazione del 2008 fornisce un'attenta ricostruzione dei principali rimedi fino ad oggi adottati dalle parti ed accettati dalla Commissione. La summa divisio delle misure correttive esperibili sostanzialmente identifica innanzitutto la cessione di un'attività ad un acquirente adeguato; la rescissione dei legami con eventuali concorrenti; e altre misure correttive residuali.
(i) Cessione di un’attività ad un acquirente adeguato.
La principale forma rimediale è quella che prevede la cessione di una intera attività redditizia ad un acquirente idoneo53, in maniera tale che questi possa «fare concorrenza in maniera effettiva e durevole al soggetto risultante dalla concentrazione» e che venga ceduta come attività “in
51 JENNY, The design and implementation of merger remedies in high tech industries, documento preparato per il simposio sulle «Guidelines for Merger Remedies - Prospects and Principles», Ecole de Mines, Paris, 17-18 gennaio 2002. Nel settore dei servizi trasmissivi via satellite con tecnologia digitale, ad esempio, si segnala la decisione del luglio 2010 della Commissione europea volta a ridefinire gli impegni già siglati da News Corporation a fronte della nota concentrazione Newscorp/Telepiù autorizzata dalla Commissone nel 2003 (dec. COMP/M.2876, Newscorp/Telepiù, 2 aprile 2003). La Commissione, a fronte dell'evoluzione del mercato televisivo italiano, ha ritenuto possibile rimuovere alcuni impegni, permettendo quindi a Sky di partecipare alle gare per l'assegnazione delle radio frequenze di recente liberatesi a seguito del passaggio, in Italia, al digitale terrestre per la trasmissione di programmi digitali in chiaro. Come contropartita, rimane vincolata per altri cinque anni alla fornitura dei servizi di trasmissione televisiva digitale a pagamento esclusivamente via satellite.
52 Caso COMP/M.3440, ENI/EDP/GDP, 9 dicembre 2004, § 660: «It is all the more necessary to ensure that the proposed moratorium and lease are sufficient in scale, duration, and scope inasmuch as commitments which are structural in nature are, as a rule, preferable, and do not, moreover, require medium and long-term monitoring measures». Si veda in argomento l'approfondito contributo di XXXXXXX, The use of remedies under the EC merger regulation and the liberalisation of the energy sector, Conc. merc., 16/2008, Milano, 2009, 337 ss.
53 Comunicazione del 2008, § 23.
essere”. Tutto ciò al fine di mantenere un certo livello di pluralismo concorrenziale e ridurre l'indice di concentrazione (IHH54).
L'attività cedenda dovrà costituire un aggregato di fattori della produzione tale da poter sopravvivere autonomamente una volta distaccata dalle parti della concentrazione. Essa comprenderà «gli attivi che contribuiscono alla sua attuale gestione o che sono necessari per garantirne la redditività e la competitività nonché tutto il personale attualmente impiegato o necessario per garantirne la redditività e la competitività»55.
La qualificazione dell'acquirente riveste un'importanza fondamentale. È fin troppo ovvio che un acquisto ad opera di un imprenditore o gruppo di imprenditori che non abbiano le caratteristiche tali da garantire la sopravvivenza dell'azienda o del ramo d'azienda acquisiti, determinerebbe il fallimento del progetto volto a mantenere (e, in alcuni casi, ad introdurre artificialmente, a livello orizzontale o anche verticale)56 quella situazione di pressione competitiva che, altrimenti, a seguito della operazione di concentrazione verrebbe del tutto o parzialmente a mancare.
Per quanto riguarda l'idoneità dell'acquirente, la Commissione richiede che esso sia indipendente e non collegato o collegabile alle parti; esso deve avere le risorse finanziarie, rilevante esperienza, incentivo e capacità di mantenere o sviluppare l'azienda o il ramo d'azienda dismesso; inoltre l'acquisizione dell'azienda o del ramo d'azienda da parte del proposto acquirente deve essere tale da non generare ulteriori patologie competitive, o da determinare un rallentamento dell'attuazione degli impegni.
Di particolare interesse57 è che l'acquirente del ramo d'azienda o dell'azienda da cedere a fronte degli impegni sottoscritti deve essere innanzitutto un acquirente “industriale” prima ancora che “finanziario”. In altri termini, più che la capacità di acquisto, la Commissione chiede che venga valutata la capacità di gestione industriale nello specifico settore in cui l'acquirente intende o dovrà operare, anche se l'acquirente senza specifiche competenze nel mercato oggetto dell'operazione di concentrazione potrebbe acquisire il management da contesti a questa omogenei.
Un esempio di cessione di attività “stand alone” si riscontra nel caso General Electric/Instrumentarium, in cui le parti acconsentirono a cedere la società Spacelabs di Instrumentarium, attiva in un'area che dopo la fusione
54 Xxxxxx Xxxxxxxxxx-Xxxxxxxxx principalmente usato per la misurazione del livello di concentrazione nel mercato rilevante pre- e post-concentrazione.
55 Comunicazione del 2008, §§ 25 ss.
56 Si pensi, ad esempio, ad impegni che prevedano la rinuncia a diritti esclusivi su determinati prodotti o servizi, quali i contenuti premium nei programmi televisivi in operazioni interessanti gruppi di broadcasters, per facilitare l'ingresso di newcomers o la sopravvivenza di concorrenti o alla limitazione della presenza dell'impresa dominante solo su determinate piattaforme trasmissive per un certo numero di anni (caso Newscorporation/Telepiù, cit.).
57 Comunicazione del 2008, § 49.
avrebbe finito per sovrapporsi con un'altra area di attività di General Electric, determinando una situazione di monopolio58.
(ii) Rimedi carve out (e reverse carve out).
La Commissione predilige ovviamente i rimedi volti alla cessione di un'attività redditizia autonoma esistente. Ma al fine di salvaguardare il principio di proporzionalità, la Commissione può preferire la via della cessione di attività che sono solo «parzialmente integrate con le attività conservate dalle parti». In altre parole, la Commissione può seguire la via del mero scorporo (“carve out”). Purtroppo però tali tipi di rimedi non sono di facile attuazione, in quanto richiedono che le parti addivenenti all'operazione di cessione siano in grado di “ritagliare”, estrapolare da un contesto produttivo, un'azienda (o ramo di azienda) che possa godere di una propria esistenza autonoma, privata della presenza della società “madre” (“parent-company”) o di altre aziende da cui di fatto dipende la propria esistenza.
La Comunicazione della Commissione quindi identifica alternativamente forme di “scorporo inverso” (i c.d. rimedi “reverse carve-out”). In questo secondo caso le parti estrapolano dall'azienda principale i beni e i mezzi che possono dar luogo ad un'azienda dotata di vita propria ed autonoma, e procedono alla liquidazione dell'azienda originaria59.
Nel caso Johnson&Johnson/Guidant60, per esempio, la società di Guidant da cedere nel settore endovascolare non avrebbe incluso alcune strutture produttive o dipartimenti finanziari, amministrativi, R&D, regolamentari e di ricerca clinica, che si trovavano negli USA o nel resto del mondo. In altri termini, la società da cedere sarebbe stata parzialmente scorporata (“carved out”). Similmente, nel caso WorldCom/MCI61 la cessione delle attività “Internet” di MCI includeva anche gli accordi di locazione di reti fisiche di comunicazioni che MCI usava anche per servizi di telecomunicazioni, in maniera tale da evitare che nello scenario post-concentrazione si creasse una situazione di monopolio nelle aree con sovrapposizione di mercati (reti in fibra usate per Internet)62.
(iii) Cessione di marchio e “re-branding”.
Tra le forme di cessione di “attività” in senso lato, naturalmente va considerata la possibilità di cessione di determinati “attivi” (marchi e licenze, definiti “attivi” dalla Comunicazione del 2008): tuttavia, solo eccezionalmente un pacchetto di cessione che includa solo marchi e attività
58 Caso COMP/M.3083, General Electric/Instrumentarium, 2 settembre 2003. In dottrina con riferimento a operazioni di concentrazione con effetti unilaterali (cosiddette operazioni che determinano “single firm dominance”) si veda il riferimento a questo caso fatto da WENT, op. cit., 464.
59 Comunicazione del 2008, § 35.
60 Caso COMP/M.3687, Johnson&Johnson/Guidant, 25 agosto 2005.
61 Xxxx XX/X.0000, WorldCom/MCI, 8 luglio 1998. Si veda anche l'interessante caso successivo COMP/M.1741, MCI WorldCom/Sprint, 28 giugno 2000, in relazione ai servizi Internet e alle preoccupazioni derivanti dalla sovrapposizione di tali mercati.
62 WENT, op. cit, 464.
di supporto produttivo e/o di distribuzione può essere sufficiente per creare condizioni di effettiva concorrenza63, in tutti quei casi in cui il trasferimento del marchio, per la sua notorietà e/o rilevanza rispetto all'intera filiera produttiva, sia sufficiente a determinare un significativo trasferimento di larga parte dei consumatori ad esso legati (volgarmente definiti fidelizzati).
Si segnala l'accordo di cessione di marchio nella concentrazione Pernod/Allied Domecq64 in cui, per rimediare alla sovrapposizione a rischio monopolistico nel mercato dello Scotch whisky, le parti decisero di dismettere alcuni marchi a livello mondiale, insieme ad alcuni know how e altre formule produttive.
Un'altra forma di impegni accettati eccezionalmente dalla Commissione, nell'ambito dei rimedi caratterizzati dalla cessione di singole attività, quali sono i marchi, sono quelli relativi all'attribuzione di una licenza esclusiva di un determinato marchio ad un'altra azienda, in maniera però condizionata ad un limite di tempo, al fine di consentire al (primo) licenziatario di cambiare il marchio del prodotto (cosidetto “re-branding”) entro il periodo previsto. Questo rimedio prevede una seconda fase, successiva a quella di “re-branding”, in cui le parti promettono di astenersi dall'utilizzare il marchio (cosidetta fase di “black-out”)65. Questa procedura è volta a permettere al licenziatario di trasferire clienti dal marchio licenziato verso il proprio marchio, al fine di creare un nuovo concorrente, ma evitando di cedere il marchio oggetto della licenza in maniera permanente66.
Il rimedio del “re-branding” suscita perplessità di efficacia giuridica, soprattutto rispetto al rimedio della cessione di attività autonome, in quanto non è detto che il licenziatario con un marchio rigenerato riesca effettivamente ad esercitare la pressione competitiva auspicata nello scenario post-fusione.
La Comunicazione del 2008 (§ 41) ha identificato una serie di condizioni per il successo del rimedio appena descritto. In particolare, il marchio che deve essere trasferito deve essere dotato di una propria vitalità ed essere largamente conosciuto; in secondo luogo, parte dei beni relativi alla produzione o alla distribuzione dei prodotti compravenduti in base al marchio licenziato o lo stesso trasferimento del know-how produttivo potrebbe essere necessaria per garantire il successo del rimedio67. In terzo luogo, secondo la Comunicazione la licenza deve essere esclusiva e di norma ampia, ossia non limitata ad una determinata gamma di prodotti su un mercato specifico, e deve comprendere i diritti di proprietà intellettuale per garantire che i clienti riconoscano la familiarità del prodotto recante il
63 Comunicazione del 2008, § 37.
64 Caso COMP/M.3779, Pernod/Allied Domecq, 24 giugno 2005.
65 Si veda il caso COMP/M.2283, Schneider/Legrand, 10 ottobre 2001 in cui la Commissione non volle accettare gli impegni proposti di “re-branding”.
66 Comunicazione della Commissione 2008/C 267/01, § 39,
67 Xxxx XXXX/X.0000, Procter&Gamble/Wella, 30 luglio 2003, § 60 e IV/M.623, Xxxxxxxxx-Xxxxx/Xxxxx, 16 gennaio 1996, § 236(i). Per altri casi, si veda nt. 5 a p. 9 della Com. 2008/C 267/01.
nuovo marchio (“re-branded”). Infine, sia il periodo di licenza del marchio che di “black-out” devono essere sufficientemente lunghi da garantire non solo il successo del rimedio, ma addirittura da farlo considerare sostanzialmente come una cessione.
(iv) La non riacquisizione.
Un principio sostanziale della nuova Comunicazione sui rimedi è che al fine di mantenere l'effetto “strutturale” dell'operazione di cessione, gli impegni devono prevedere che l'entità derivante dalla concentrazione non possa successivamente riacquisire controllo «sull'insieme o su parte dell'attività ceduta»68.
Un impegno del genere deve essere considerato vincolante per un periodo di tempo significativo, per esempio di dieci anni (in linea con la tradizione continentale sui termini ordinari di prescrizione). Naturalmente, se nel frattempo le condizioni di mercato sono mutate, e risulta sussistere un certo grado di competitività, la Commissione può esentare le parti dal divieto di riacquisizione dell'attività ceduta. Non è possibile considerarlo come un obbligo di non concorrenza di per sé, quanto piuttosto un obbligo di astensione dal riacquisto volto a favorire la concorrenza. Per questo il termine di dieci anni appare come compatibile con le norme generali del codice civile (si pensi alla riduzione legale del termine nel patto di non concorrenza).
(v) Impegni alternativi: i “gioielli della corona”.
Si tratta di una tipologia di impegni che vengono proposti in maniera alternativa. Le parti dapprima indicano alcune cessioni quali preferibili ai fini dell'ottenimento dell'autorizzazione alla concentrazione; esse, d'altro canto, suggeriscono altresì rimedi alternativi (cessione dei c.d. “gioielli della corona”), qualora i primi identificati non siano materialmente eseguibili.
Le condizioni che la Commissione pone in relazione agli impegni comportanti cessioni “alternative” sono che a) dapprima le società propongano impegni relativi ad un'attività efficiente e dotata di vita propria; e che, b) le parti propongano una cessione alternativa che esse sono tenute a porre in essere solamente nel caso in cui i primi impegni proposti non risultino realizzabili. Gli impegni alternativi consistono nel rinunciare a quelle attività che proprio per la loro “vitalità” non destino preoccupazioni (per la Commissione) di sopravvivenza post-cessione nel nuovo contesto competitivo69.
68 Com. 2008/C 267/01, § 43.
69 § 44 ss. della Comunicazione della Commissione. A titolo di esempio, si prenda il caso Nestlé/Xxxxxxx Purina in cui la Commissione accettò l'impegno da parte di Xxxxxxx Purina di cedere il suo 50 per cento in Gallina Xxxxxx Xxxxxx JV come impegno alternativo, qualora le parti avessero omesso di licenziare le marche Friskies di Nestlè in Spagna entro una certa data o per la data di chiusura della transazione. Si veda altresì il caso Schneider/Legrand, in cui la Commissione rifiutò un impegno “gioiello della corona” offerto da Schneider alla fine della Fase I istruttoria, per mancanza di “precisione” del rimedio stesso (si veda XXXXXXX e XXXXXXXXX, Xxxxxx remedies in American and European Union Competition Law, Cheltenham-Northampton, 2003, 84).
(vi) Identificazione dell’acquirente idoneo (“suitable purchaser”).
La Comunicazione individua tre metodi per identificare l'acquirente idoneo del ramo d'azienda o dell'azienda da cedere.
Innanzitutto l'attività è trasferita entro un termine fisso dal momento della decisione ad un acquirente che è stato approvato dalla Commissione sulla base dei requisiti previsti per gli acquirenti; in secondo luogo, gli impegni possono prevedere che le parti non possono completare l'operazione di concentrazione se prima non hanno concluso un accordo vincolante con il potenziale acquirente (il c.d. acquirente designato o “up- front buyer”); infine, le parti identificano un acquirente per l'attività e concludono un accordo vincolante già nel corso del procedimento della Commissione (la c.d. “misura correttiva preventiva” o “fix-it-first” prevista dalla Comunicazione), anche se il trasferimento dell'impresa all'acquirente idoneo può avvenire successivamente alla decisione della Commissione.
Nel caso dell'“up-front buyer” la Commissione evidentemente fino al momento della decisione non conoscerà l'identità dell'acquirente70.
In questo caso la Commissione autorizza l'operazione in considerazione del fatto che il ramo d'azienda verrà acquisito da un acquirente idoneo. L'acquisto quindi con “up-front buyer” diviene una condizione di procedibilità per l'intera operazione di concentrazione71.
Nel caso, invece, di rimedi c.d. “fix-it first”, le negoziazioni di acquisto da parte di un terzo acquirente idoneo per la Commissione avvengono durante la procedura di fronte alla Commissione. La Commissione quindi nella propria decisione stabilisce se l'acquisto da parte dell'acquirente identificato risolva le proprie preoccupazioni in termini pro-concorrenziali. Una procedura di questo tipo è considerata particolarmente indicata dalla Commissione in quelle circostanze in cui le caratteristiche dell'acquirente sono considerate cruciali per l'effettività del rimedio proposto (§ 57).
La dottrina ci segnala quali possano essere i rischi di eventuali “asimmetrie informative” al momento della scelta dell'acquirente idoneo rispetto all'alienante. In effetti, quando l'acquirente non è un'impresa preesistente sul mercato rilevante, vi è la possibilità che esso non sia in grado di identificare gli assets sufficienti per essere competitivo72. Un altro potenziale rischio è quello che l'acquirente che di fatto si aggiudicherà mediante l'asta l'acquisto degli assets alienati per soddisfare le preoccupazioni della Commissione, non necessariamente sarà quello che
70 Comunicazione del 2008, § 50. Caso COMP/M.3796, Omya/Xxxxx PCC, 19 luglio 2006; caso COMP/M.2972, DSM/Roche Vitamins, 23 luglio 2003; caso COMP/M.2060, Xxxxx/Rexroth, 13 dicembre 2000; caso COMP/M.2337, Xxxxxx/Xxxxxxx Xxxxxx, 00 luglio 2001; caso COMP/M.2544, Masterfoods/Royal Canin, 15 febbraio 2002; caso COMP/M.2947, Verbund/Energie Allianz, 11 giugno 2003.
71 In altri termini le parti si impegnano a non concludere l'operazione notificata se prima non hanno concluso un accordo con l'acquirente individuato.
72 MOTTA e POLO, Antitrust - Economia e politica della concorrenza, II, Bologna, 2004,
189. Rilevano come il venditore spesso ha tutto l'interesse a dismettere assets che potrebbero non essere adatti per l'acquirente.
successivamente alla concentrazione praticherà una politica dei prezzi favorevole ai consumatori finali73.
(vii) Altri rimedi: la “rescissione dei legami con i concorrenti” e altre misure correttive.
Un'altra forma di rimedio è quella che comporta la “rimozione dei legami con concorrenti”. In altri termini, se una società detiene quote societarie o azioni di società concorrenti, sarà sufficiente, più che cedere la partecipazione, congelare i propri diritti di voto nella società “concorrente” partecipata.
Questo tipo di rimedi può, per esempio, portare alla cessione di una partecipazione azionaria di minoranza in una joint venture al fine di interrompere un legame di tipo strutturale con un concorrente di maggioranza74.
Eccezionalmente, tuttavia, l'Autorità della concorrenza può accettare la semplice rinuncia ai diritti legati alle quote di minoranza in un concorrente quando si può escludere che i ricavi finanziari derivanti da tale partecipazione azionaria nel concorrente possano effettivamente dare luogo a preoccupazioni di tipo anti-concorrenziale75.
In tal caso le parti rinuncerebbero semplicemente, per esempio, al diritto di partecipare alle riunioni del consiglio d'amministrazione, o ai diritti di veto o ai semplici diritti di informazione76; ciò deve avvenire ovviamente in maniera permanente77.
Nel caso EDF/EnBW la Commissione obiettò che l'acquisizione di XxXX avrebbe rafforzato la posizione dominante di EDF nel mercato di fornitura dell'elettricità per i clienti in Francia in quanto la concentrazione avrebbe determinato la fuoriuscita di EGL, controllata tramite Watt, quale potenziale concorrente. EDF quindi si adoperò per entrare in un accordo con CNR, al fine di farlo diventare un nuovo produttore indipendente di energia, in concorrenza con EDF; al tempo stesso XxXX avrebbe rinunciato alla sua quota di controllo in Watt, al fine di garantire la sopravvivenza e l'autonomia di EGL78.
73 XXXXX e POLO, op. cit., 190. Una ipotesi sollevata da questi AA. è che la società che riesce ad aggiudicarsi l'asta sia quella che ha già preventivato elevati profitti nel periodo post-concentrazione mediante un rapido rialzo dei prezzi. In altri termini un rimedio strutturale può condurre a simmetrie di comportamento tra società concentrate e società acquirente degli assets ceduti, ragion per cui rimedi di tipo comportamentale potrebbe addirittura risultare più idonei da un punto di vista pro-concorrenziale, almeno se ci si ponga nell'ottica dei consumatori.
74 Caso IV/M 942, VEBA/Degussa, 3 dicembre 1997.
75 Caso COMP/M.3653, Siemens/VA Tech, 13 luglio 2005, §§ 327 ss. Dalla Com. 22 ottobre 2008, 2008/C 267/01 (nt. 4, p. 13): «non potevano essere esclusi effetti dal punto di vista finanziario della quota di minoranza in quanto era già stata esercitata un'opzione put per la vendita di tale quota».
76 Caso COMP/M.4153, Toshiba/Westinghouse, 19 settembre 2006.
77 Xxxx XXXX/X.0000, ENI/EDP/GDP, 9 dicembre 2004, §§ 648 ss., 672.
78 Caso COMP/M.1853, EDF/EnBW, 7 febbraio 2001. Per quanto riguarda l'indipendenza data al proprio distributore, si veda invece il caso COMP/M.1806, 26 luglio 2000, Astra Zeneca/Novartis. In dottrina cfr. WENT, op. cit., 466.
La Comunicazione sui rimedi contempla anche altri rimedi per favorire la concorrenza nello scenario post-concentrazione, per esempio nel fornire diritti di accesso ad una infrastruttura essenziale o a tecnologia essenziale o addirittura a diritti di brevetto ai concorrenti.
Tra gli esempi che si possono richiamare, è interessante il caso Telia/Telenor79 in cui secondo la Commissione, data la presenza pre- concentrazione di un operatore di telefonia dominante in Svezia e di un operatore di telefonia dominante in Norvegia, la fusione avrebbe determinato una situazione di quasi-monopolio. Le parti sottoscrissero accordi di libero accesso su base non discriminatoria ai propri network (c.d. unbundling del local loop), misura dal sapore comportamentale ma con effetti di tipo strutturale, almeno nel mercato locale (presenza nel medio periodo di più operatori licenziatari di telefonia fissa in concorrenza)80.
In relazione alla rescissione dei legami con i concorrenti quale rimedio pro-concorrenziale in vista di una operazione di concentrazione, a livello comunitario (ma con impatto sull'ordinamento italiano) possiamo ricordare la decisione di autorizzazione all'acquisizione del gruppo assicurativo INA (Istituto Nazionale Assicurazioni) da parte del gruppo Assicurazioni Generali s.p.a.81. Alcuni dei rimedi prospettati erano volti ad impedire il cumulo di cariche sociali in società assicuratrici concorrenti, al fine di evitare il possibile coordinamento nell'attività commerciale tra imprese. Fu, quindi, disposta sia la cessione di partecipazioni di maggioranza che il divieto di ricoprire cariche nel consiglio di amministrazione delle società collegate concorrenti da parte dei membri del consiglio di amministrazione del gruppo nascente dalla operazione di concentrazione82.
(viii) Più nel dettaglio: rimedi legati all’accesso.
Rimedi considerati quanto meno equivalenti dalla Commissione sono, per esempio, quelli volti a garantire l'accesso ad una infrastruttura, o ad una rete, o ad altra tecnologia fondamentale. In queste circostanze garantire l'accesso a terzi alla propria rete in maniera non discriminatoria ed efficace vuol dire rapidamente permettere ad un concorrente di entrare nel mercato, riducendo l'indice di concentrazione, la posizione dominante post-fusione, e le conseguenti possibili distorsioni della concorrenza (caso Telia/Telenor, supra).
I rimedi legati all'accesso alle reti nelle operazioni di concentrazione tra fornitori di servizi pubblici primari (a titolo esemplificativo, comunicazioni
79 Caso COMP/M.1439, Telia/Telenor, 13 ottobre 1999.
80 WENT, op. cit., 467. Per una analisi dei rimedi strutturali adottati con riferimento ad industrie regolate, in particolare nel settore dell'energia, si veda VON XXXXXXXXX, op. cit., 237 ss.
81 Decisione della Commissione europea COMP/M. 1712/2000, INA/Assicurazioni Generali, 12 gennaio 2000.
82 Per l'analisi del caso si veda GHEZZI, Intrecci azionari e concorrenza. Il caso Generali/INA, Merc. conc. reg., 2000, 2, 245-278, anche con riferimento ad eventuali aspetti collusivi ai sensi dell'art. 101 TFUE emergenti dall'analisi degli intrecci partecipativi e di cariche sociali. Si veda anche XXXXXXX, Divieto di concorrenza e conflitto di interesse dell’amministratore, Foro pen., 2000.
elettroniche, energia, gas) sono particolarmente interessanti, in quanto la Commissione, oltre a dover tenere presente fino a che punto il rimedio sarà idoneo a ridimensionare i potenziali danni al gioco competitivo post- concentrazione in senso lato, dovrà altresì prevedere se i rimedi proposti possano realmente favorire la creazione di nuove imprese che possano costituire un serio contrappeso competitivo rispetto alle unità produttive che si vanno concentrando, determinando quindi indirettamente crescita e sviluppo (questioni di public policy del rimedio).
Nell'operazione Newscorp/Telepiù, per esempio, le parti ammettevano i concorrenti ad accedere agli elementi essenziali di una rete Pay-TV come, ad esempio, l'accesso ai “contenuti necessari”, l'accesso alla piattaforma tecnica e l'accesso ai servizi tecnici essenziali83.
La Comunicazione rileva come la Commissione non sollevi obiezioni allorchè un impegno sia comunque volto a favorire il pluralismo e la concorrenza mediante l'accesso alla rete, nella legittima presunzione che nel medio periodo l'ingresso di new entrants possa determinare una sufficiente pressione competitiva nei confronti dell'entità nascente dall'operazione di concentrazione. Si rileva come in determinate circostanze non sia sufficiente la riduzione delle barriere all'ingresso, quanto piuttosto l'affiancamento di altre misure (o “pacchetti” di misure) che, per esempio, determinino una combinazione di cessioni e di impegni volti a favorire l'accesso84.
In particolare per quanto riguarda gli impegni relativi all'accesso, spesso essi richiedono anche l'adozione di norme procedurali volte a garantire il monitoraggio dell'effettiva attuazione di tali impegni85. Ad esempio, nel settore delle comunicazioni elettroniche, si può stabilire la separazione contabile in modo da poter facilmente monitorare i costi derivanti dall'attuazione del rimedio stesso86.
Una misura particolarmente raffinata è quella relativa alla previsione della possibilità che le terze parti, potenzialmente danneggiate da un punto di vista concorrenziale da una operazione di concentrazione, possano
83 Caso COMP/M.2876, Newscorp/Telepiù, 2 aprile 2003. Si veda anche la fusione BskyB/Kirch Pay TV, 21 marzo 2000, confermata dalla sentenza T. I g. CE, caso T-158/00, ARD v. Commissione, (2003) ECR-II-3825, in cui la Commissione accettò gli impegni che permettevano ad altri operatori un accesso sostanziale al mercato della Pay-TV. Sulla decisione cfr. CONGEDO, La decisione della Commissione Newscorp/Telepiù (COMP/M.2876). Flessibilità nell’applicazione del concetto di dominance nella creazione di un quasi-monopolio, in considerazione degli interessi del consumatore finale e degli impegni assunti dall’acquirente, Europa da Vicino, Rimini, 2003.
84 Per accesso alle reti di comunicazione elettronica, si veda il caso COMP/M.2803, Telia/Sonera, 10 luglio 2002; caso IV/M.1439, Telia/Telenor, 13 ottobre 1999; caso COMP/M.1795, Vodafone/Xxxxxxxxxx, 12 aprile 2000. Si veda altresì il caso COMP/M.2903, DaimlerChrysler/Deutsche Telekom/JV, 30 aprile 2003, in cui la Commissione accettò un pacchetto di impegni per concedere a terzi l'accesso ad una rete telematica e ridurre le barriere all'ingresso permettendo loro di utilizzare parti di un dispositivo telematico, destinato al pagamento del pedaggio, fornito dalle parti.
85 Comunicazione del 2008, § 66.
86 Caso COMP/M.2803, Telia/Sonera, 10 luglio 2002; caso COMP/M.2903, Daimler Chrysler/Deutsche Telekom/JV, 30 aprile 2003.
avviare un procedimento di soluzione alternativa della controversia attraverso una procedura arbitrale (insieme con i fiduciari)87, oppure la previsione di procedure arbitrali coinvolgenti le autorità di settore, se previste dalla legislazione nazionale. La previsione di questo meccanismo alternativo di risoluzione delle dispute sembra essere un rimedio particolarmente efficace sia in termini di deterrenza che in termini di esecuzione degli impegni concordati88.
Se nel passato (caso GE/Honeywell89) la Commissione vide con sfavore l'applicazione di una clausola arbitrale, l'approccio più recente (Piaggio/Aprilia90; BSkyB/Kirch Pay TV91) è decisamente più favorevole.
(ix) Altri rimedi comportamentali.
La Commissione può prevedere altri rimedi di tipo comportamentale, come per esempio cambiamenti nella struttura di contratti di esclusiva a lungo termine oppure altri rimedi di tipo non strutturale.
Tuttavia, come anticipato nell'analisi dei casi Gencor e Tetra Laval/Sidel, al principio del presente paragrafo, data la difficoltà di monitorare la corretta esecuzione di eventuali rimedi di tipo non strutturale, anche a fronte dell'oggettivo disinteresse, a volte, degli stessi concorrenti, la Commissione cercherà di adottare altri tipi di rimedi diversi dalla cessione, come per esempio “promesse comportamentali”, ma solo in circostanze eccezionali. Al tempo stesso cercherà di limitare nel tempo simili rimedi di tipo non strutturale.
7. (Segue). Questioni procedurali.
Il regolamento sull'esecuzione del ECMR (art. 19, 1° co.) richiede che gli impegni della Fase I siano presentati entro venti giorni (lavorativi) dal momento della ricezione della notificazione92. La Commissione può rinviare
87 Con riferimento agli effetti delle clausole arbitrali, si veda T. I g. CE, caso T-158/00,
ARD v. Commissione (2003) ECR II-3825, §§ 212, 295, 352; T. I g. CE, caso T-177/04,
Easyjet v. Commissione (2006) ECR-II 1931, § 186.
88 EZRACHI, op. cit., 478. Alla nt. 82 osserva che «siccome il meccanismo di risoluzione della controversia è di natura privatistica, esso potrebbe non corrispondere alla “policy” della Commissione o alla visione generale di questa in termini di public policy. Al fine di dirimere un simile problema, si può prevedere che la Commissione possa fornire le proprie osservazioni alla commissione arbitrale, possa fornire la propria interpretazione autentica in caso di controversie interpretative, e che venga tenuta al corrente durante ogni fase della procedura arbitrale». Naturalmente, sembra di potersi escludere che la procedura arbitrale possa essere condotta dalla stessa Commissione europea, in quanto organo amministrativo indipendente da cui piuttosto origina la procedura di autorizzazione mediante impegni, con la possibilità ancillare di avvalersi di arbitri indipendenti a fronte di difficoltà di esecuzione degli impegni stessi. Si veda, a titolo esemplificativo, la decisione con impegni della Commissione nel caso Newscorp/Telepiù, 2003, cit.
89 Caso COMP/M.2220, General Eletricts/Honeywell, 3 luglio 2001, §499 s.
90 Caso COMP/JV.37, Piaggio/Aprilia, 22 novembre 2004. Commento di WENT, op. cit., 462.
91 CasoCOMP/JV.37, BSkyB/Kirch Pay TV, 21 marzo 2000.
92 Dell'operazione di concentrazione da parte della Commissione.
di venticinque/trentacinque giorni lavorativi la decisione sulla Fase I qualora vengano offerti impegni vincolanti. Al contrario, nella Fase II i giorni lavorativi sono sessantacinque; termine che può essere esteso di ulteriori quindici giorni93.
In effetti, le parti di una operazione di concentrazione possono modificare una proposta concentrazione sia prima che dopo la notificazione alla Commissione.
Con riferimento alle due fasi del procedimento di autorizzazione dell'operazione di concentrazione, è possibile distinguere i rimedi che fugano ogni serio dubbio della Commissione (se offerti durante la Fase I, e prima che la Commissione emani la c.d. “contestazione degli addebiti”, “statement of objections”, durante la Fase II); e quei rimedi che, invece, servono a rimuovere le perplessità espresse nella «contestazione degli addebiti», con riferimento alla possibilità che l'operazione di concentrazione determini un «significant impediment of effective competition».
Perché le proposte di impegno possano costituire la base di una decisione (ex art. 6, 2° co.), esse devono soddisfare alcune modalità:
i) specificare le clausole sostanziali e le modalità di esecuzione in modo esaustivo;
ii) essere sottoscritte da persona a ciò espressamente autorizzata (delega);
iii) essere accompagnate da informazioni sugli impegni offerti come previsto nel regolamento di esecuzione;
iv) essere accompagnate da una versione non riservata degli impegni stessi da utilizzare per condurre test di mercato con le parti terze.
Nella Fase I gli impegni possono essere accettati dalla Commissione solo se il problema anti-concorrenziale è chiaramente identificabile e può facilmente essere risolto. Se eventuali “seri dubbi” possono essere fugati mediante la proposta di impegni, la Commissione è incline ad autorizzare l'operazione di concentrazione già nella Fase I. In questa prima fase vi è anche la possibilità di eventuali correzioni volte a rendere accettabili gli impegni proposti94.
Se, nonostante i correttivi, la Commissione ritiene che i rimedi proposti non fughino le perplessità in chiave anti-concorrenziale, la Commissione adotta e pubblica una decisione avviando il procedimento vero e proprio (Fase II) al cui termine la Commissione autorizza o meno l'operazione di concentrazione.
93 Il par. 89 del Regolamento di esecuzione dei rimedi prevede la possibilità teorica di concedere un ulteriore termine per l'esecuzione dei rimedi a fronte del verificarsi di
«circostanze eccezionali».
94 MONTI, The Commission’s Notice on Mergers Remedies, in XXXXXXX e XXXXXXXXX op. cit., 5 ss. L'A. osserva come in tredici casi che vennero autorizzati in Fase I nel solo 2001, sette richiesero la cessione di attività e una sola richiese la rinuncia ad aree di atterraggio (slots) nel caso United Airlines/US Airways, indicando come normalmente solo la cessione di intere attività (in primis, aziende) costituisce un impegno sufficiente a ottenere già nella Fase I l'autorizzazione a proseguire la operazione di concentrazione.
In questa seconda fase la Commissione si aspetta di ricevere entro sessantacinque giorni lavorativi impegni riformulati in maniera tale da fugare le perplessità espresse al termine della Fase I.
È interessante ricordare che se le parti presentano i propri impegni tra il cinquantacinquestimo giorno e i successivi, il periodo entro il quale la Commissione deve adottare la propria decisione sale a centocinque giorni lavorativi (art. 10, 3° co.). Anche in questa seconda fase gli impegni devono soddisfare diversi criteri, volti a replicare a tutte le riserve formulate dalla Commissione, in relazione alla procura a sottoscrivere gli impegni stessi, in relazione alle informazioni da fornire e alla formula non riservata da comunicare alle terze parti per condurre un test di mercato.
Se la Commissione, al termine della Fase II, ritiene che gli impegni dissipino i propri dubbi e non ha ancora pubblicato la comunicazione delle obiezioni, essa autorizza l'operazione di concentrazione. Al contrario se i dubbi permangono le parti vengono informate in merito95.
Successivamente la Commissione potrà accettare nuovi impegni modificati qualora essi risolvano “in maniera completa e inequivocabile” le riserve espresse sotto il profilo della concorrenza, e se vi è tempo sufficiente per una valutazione adeguata da parte della Commissione.
Al contrario essa rigetterà definitivamente gli impegni anche modificati che non riescano a fugare le preoccupazioni originarie96.
8. (Segue). Approvazione dell’acquirente e dell’accordo di compravendita.
La vendita all'acquirente proposto è soggetta alla previa approvazione da parte della Commissione. Non appena le parti (o il fiduciario) hanno raggiunto un accordo definitivo con un acquirente, si deve presentare una proposta motivata e documentata alla Commissione per l'approvazione, sulla base dell'attitudine del rimedio di fugare le apprensioni per la concorrenza sollevate dalla Commissione.
Un aspetto significativo è legato alla capacità finanziaria dell'acquirente di fare fronte al processo di cessione. La Commissione non accetterà rimedi in cui sia previsto che lo stesso venditore cedente finanzi anche in parte l'operazione di cessione, o forme di partecipazione futura da parte dell'alienante ai profitti generati dall'acquirente mediante l'azienda ceduta97.
La stessa operazione di cessione, qualora si configuri come una operazione di concentrazione di dimensione comunitaria, sarà soggetta alla normale procedura autorizzativa da parte della Commissione.
95 Caso COMP/M.3440, ENI/EDP/GDP, 9 dicembre 2004, § 855 ss., confermato dalla sentenza del Tribunale di I grado nella causa T-87/05, EDP/Commissione, Racc., 2005, II- 3745, § 162 ss.; COMP/M.1628, TotalFina/Elf, 9 marzo 2000, § 245.
96 Comunicazione del 2008, § 94.
97 Comunicazione del 2008, § 103.
Spetta alla Commissione fornire il proprio gradimento mediante parere non solo sull'identità dell'acquirente ma anche (e soprattutto) sull'idoneità dell'acquirente proposto.
A fronte di una eventuale divergenza tra quanto proposto nei rimedi e la cessione che si intende effettuare, la Commissione comunicherà alle parti i propri dubbi, anche se non necessariamente rifiuterà il nuovo acquirente; al contrario, la Commissione potrebbe approvare il nuovo acquirente, se ritiene che esso sia idoneo a fugare le perplessità per la concorrenza.
Il processo di cessione si suddivide in due fasi: i) in una prima fase le parti cercano un acquirente idoneo; ii) dopodichè segue la fase di cessione vera e propria, condotta dal fiduciario incaricato per l'operazione. Il primo periodo dura circa sei mesi, il secondo tre mesi, seguito da ulteriori tre mesi per la chiusura della transazione (che completa la cessione).
9. (Segue). Xxxxx del fiduciario incaricato del controllo e del fiduciario incaricato della cessione (“monitoring and divestiture trustees”).
Dal momento che naturalmente la Commissione non può, su base quotidiana, verificare l'effettività del processo di esecuzione degli impegni, le parti devono individuare un fiduciario incaricato di controllare che le parti rispettino i loro obblighi.
Il ruolo del c.d. “divestiture trustee” è plurimo:
i) in primo luogo vigila sulle garanzie previste per l'attività da cedere nel periodo di transizione.
ii) deve garantire che l'attività da cedere non sia “degradata” dal processo di cessione; nei casi di carve out, il trustee deve verificare che l'allocazione del personale avvenga senza traumi per l'azienda e per il personale stesso.
iii) dovrà altresì sovrintendere a che i tentativi delle parti di trovare l'acquirente potenziale si svolgano correttamente.
iv) rappresenta il punto di contatto efficiente per eventuali terzi interessati ad acquisire l'attività da cedere.
v) riferisce alla Commissione, mediante rapporti periodici, sulle varie fasi del processo di cessione.
10. (Segue). Obblighi delle parti dopo l’esecuzione della cessione.
È da sottolineare che, una volta adottati gli impegni, le parti, per un periodo di dieci anni dopo l'adozione della decisione con cui essi vengono accettati, possono essere soggette alla verifica da parte della Commissione che gli impegni stessi siano stati rispettati, mediante richiesta di informazioni.
11. (Segue). Un altro aspetto rimediale.
Sulla base di valutazioni fondamentalmente concrete ed “efficiency/effectiveness - oriented” (in filigrana si vede il peso crescente
della Scuola di Chicago, anche nella nuova giurisprudenza e prassi decisionale della Commissione), si stabilisce che la cessione di una attività può essere esclusivamente condotta avendo a mente la capacità effettiva dell'acquirente di gestire la transizione proprietaria senza determinare una perdita di valore commerciale del bene ceduto. In altri termini, solo un acquirente capace può costituire una valido presupposto per garantire il c.d. “countervailing market power” dell'azienda addivenente all'operazione di concentrazione. Si osserva come una simile logica pro-rimediale in effetti rappresenti una considerevole evoluzione del mero approccio sanzionatorio che determinate scuole hanno promosso nel tempo (ancorchè nella scuola di Harvard si fosse ritenuto che determinate operazioni di cessione non fossero punitive, ma semplici rimedi volti a tutelare beni e interessi superiori appartenenti alla collettività, come tali protetti dalla stessa Costituzione degli Stati Uniti)98.
12. (Segue). Il c.d. “FORM RM”.
La ECMR prevede che la parte o le parti che offrano soluzioni rimediali debbano presentarle alla Commissione mediante la compilazione del cosidetto “Form RM” (formulario per la proposta di rimedi). Il formulario riguarda non solo la proposta di cessioni (“strutturali”) ma anche la proposta di rimedi c.d. comportamentali (o funzionali, “behavioural”). Il formulario è finalizzato a fornire garanzie che i rimedi saranno sufficienti a sanare le preoccupazioni della Commissione sulla potenzialità della proposta concentrazione di «ostacolare significativamente l'effettiva concorrenza».
Il formulario relativo alle operazioni di cessione è sostanzialmente simile a quello relativo al modello utilizzato per notificare alla Commissione gli impegni (“commitments”) di cessione sulla base della precedente Comunicazione sui rimedi del 200199. Nel caso, però, del formulario per la comunicazioni di cessioni quali rimedi pro-concorrenziali, si richiede di elencare le ragioni che lasciano presagire che il ramo o l'azienda dismessa troverà un acquirente adeguato entro un certo termine.
13. Disciplina italiana sui rimedi nelle concentrazioni.
La disciplina nazionale, contenuta principalmente nell'art. 6, 2° co., l. n. 287/1990100, ricalca fedelmente la disciplina comunitaria in materia di
98 Si veda, a tal proposito, il caso di monopolization ALCOA [United States v. Aluminium Co. of America (ALCOA) 148 F 2d 416, 446 (1945)] richiamato all'inizio del presente capitolo.
99 Si veda la Comunicazione della Commissione sui testi di riferimento per la notifica degli impegni di dismissione e per la nomina del trustee in xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxxx.xxx.
100 Art. 6, 2° co.: «L'autorità, al termine dell'istruttoria di cui all'art. 16, comma 4, quando accerti che l'operazione comporta le conseguenze di cui al comma 1 (costituzione o
concentrazioni e di rimedi. A fronte di una operazione di concentrazione la cui soglia di fatturato sia di rilievo nazionale e al di sotto della soglia comunitaria e che, a giudizio dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, possa determinare la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante, le parti possono essere tenute ad offrire impegni volti a estinguere le obiezioni di anti-concorrenzialità sollevate101.
Se a livello comunitario nulla osta, almeno in teoria, a riconoscere la natura negoziale e, quindi, contrattuale degli impegni proposti dalle parti e accettati dalla Commissione (stessa procedura, ad esempio, si osserva nel Regno Unito), a livello italiano si sono registrate difficoltà nel considerare gli impegni e la conseguente autorizzazione come una sorta di accordo vincolante, in quanto il provvedimento amministrativo, per sua natura, non può che essere discrezionale102.
In proposito, la dottrina ricorda come la legge sul procedimento amministrativo (l. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche) stabilisce all'art. 11 che «l'Amministrazione (e le autorità garanti) possa concludere accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale o in sostituzione di quest'ultimo (…). Gli accordi devono essere conclusi per iscritto, a pena di nullità, salvo che la legge non disponga altrimenti, e ad essi si applicano le regole del codice civile, in quanto compatibili, in materia di obbligazioni e di contratti»103.
Pertanto, quello che si verifica nell'ordinamento italiano è una sorta di procedura complessa bipolare: si richiede un comportamento proattivo da parte degli operatori del mercato che cercano, mediante gli impegni (da porre subito in essere), di ottenere da parte dell'Amministrazione una decisione autorizzatoria.
Si è sottolineato come, in teoria, tra l'ordinamento comunitario e quello nazionale ci sarebbe una differenza in relazione alla sufficienza dei meri impegni, a livello comunitario, per ottenere la clearance, laddove a livello nazionale si richiede l'effettiva realizzazione degli impegni104.
In realtà l'esistenza del richiamo alle norme e prassi comunitarie da parte dell'art. 1, l. n. 287/1990 fa sì che tale differenza sia meramente teorica e, in
rafforzamento di posizione dominante sul mercato nazionale), vieta la concentrazione ovvero l'autorizza prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze».
101 Per una ricostruzione sistematica della disciplina italiana del controllo delle operazioni di concentrazione, si veda OSTI, sub artt. 5, 6 e 7, in Diritto antitrust italiano, a cura di FRIGNANI, PARDOLESI, PATRONI-GRIFFI e XXXXXXXXX, Bologna-Roma, 1993, 523 ss. Si veda, altresì, per l'analisi dettagliata del controllo delle operazioni di concentrazione secondo la disciplina italiana, XXXXXXXXX e UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, Padova, 2007, 2796 ss.
102 ALPA, Concentrazioni e misure ripristinatorie, cit., 521.
103 ALPA, op. loc. ult. cit. L'art. 11, l. n. 241/90 prevede altresì che l'accordo sostitutivo è assoggettato ai controlli previsti per i provvedimenti amministrativi sostituiti dall'accordo. L'Amministrazione può recedere dall'accordo versando un indennizzo se il privato ne viene pregiudicato. Le controversie in materia sono riservate al giudice amministrativo.
104 ALPA, op. loc. ult. cit.
effetti, a livello nazionale si sono già verificati casi di autorizzazioni concesse a fronte di «impegni non ancora adempiuti definitivamente»105.
Tra il procedimento di negoziazione degli impegni a livello comunitario e quello italiano vi sono differenze sostanziali da sottolineare.
A livello procedurale, si distinguono due fasi. Una prima fase, meramente istruttoria, di trenta giorni dal momento della notificazione della operazione di concentrazione. Al termine di questa prima fase, l'AGCM può alternativamente i) autorizzare la concentrazione sulla scorta delle informazioni contenute nella notificazione o ii) avviare una seconda fase, istruttoria (di quarantacinque giorni).
Come si osserva, nella disciplina nazionale non è possibile nella Fase I ottenere l'autorizzazione all'operazione di concentrazione “condizionata” al rispetto di determinati impegni (autorizzazione pre-istruttoria), a differenza del procedimento comunitario. Nel nostro ordinamento in ogni caso occorre una fase istruttoria ad hoc106.
In altri termini gli impegni possono essere imposti solo al termine del procedimento istruttorio. Le parti, in Italia, possono presentare gli impegni già nella prima fase dell'istruttoria «quando i profili anticoncorrenziali dell'operazione non sono ancora stati accertati»107. Ma la legislazione italiana prevede che ai fini della prescrizione dei rimedi l'Autorità debba portare a compimento l'intero procedimento istruttorio a fronte dell'accertamento di effetti pregiudizievoli per i mercati interessati.
Per quanto riguarda l'osservanza degli impegni discussi e posti a condizione dell'autorizzazione alla concentrazione (autorizzazione condizionata) è da ricordare che la non attuazione o la incorretta attuazione degli impegni comporta la revoca dell'autorizzazione alla concentrazione stessa.
La l. n. 287/1990 prevede all'art. 19, 1° co., il ricorso a sanzioni amministrative e, all'art. 18, 3° co., persino a misure ripristinatorie nel caso di operazioni di concentrazione realizzate in contrasto con una decisione di divieto. La dottrina ritiene, peraltro, che il porre in essere una operazione di concentrazione in difformità dagli impegni assunti potrebbe essere assimilato alla conclusione di una operazione di concentrazione vietata108.
Si pensi ad esempio ad una recente decisione dell'AGCM nel caso
Parmalat/Eurolat (2005)109, relativo ad una concentrazione autorizzata sub
105 ALPA, op. loc. ult. cit., laddove richiama il contributo di XXXXXXX, in Commentario breve al diritto della concorrenza, a cura di Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Padova, 1997, 449.
106 CAIAZZO, op. cit., 258 ss. Per una ricostruzione schematica e sintetica della procedura di notifica delle operazioni di concentrazione a livello nazionale e comunitario, con le eventuali procedure giurisdizionali, anche a livello comunitario, si veda OSTI, Diritto della concorrenza, Bologna, 2007, 278.
107 FATTORI-TODINO, op. cit., 285.
108 FATTORI TODINO, op. cit., 292. Sul punto di veda la pronuncia del Consiglio di Stato nel 2004, infra, nel caso Edizioni Holding/Autostrade.
109 AGCM, provv. 30 giugno 2005, n. 14452, Parmalat/Eurolat, Boll., 2005, 25.
conditione nel 1999 (di cui, vedi ultra), proprio in relazione all'inottemperanza degli impegni assunti in quella occasione110.
Si veda, altresì, la posizione del giudice amministrativo che nei casi Henkel/Loctite111 e Edizione Holding (Autogrill)/Autostrade112 ha confermato la legittimità delle sanzioni amministrative da parte dell'AGCM per inosservanza degli impegni posti a base di una autorizzazione condizionata. Coerentemente, lo stesso giudice amministrativo ha ritenuto che la non osservanza degli impegni posti a condizione di una autorizzazione all'operazione di concentrazione possa considerarsi equivalente al porre in essere una concentrazione vietata113.
Per quanto riguarda il procedimento di inottemperanza agli impegni sottoscritti con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi della l. n. 689/1981 (cui fa riferimento la l. n. 287/1990) l'Autorità dovrà constatare l'infrazione entro novanta giorni dall'accertamento dell'infrazione (art. 14, l. n. 689/1981).
La sanzione non può essere inferiore all'uno per cento e superiore al dieci per cento del fatturato delle attività di impresa oggetto della concentrazione.
I fatturati da considerare sono quelli relativi alle imprese parti dell'operazione di concentrazione, per quanto riguarda i mercati direttamente interessati in cui l'operazione ha prodotto «effetti
110 L'AGCM, a fronte di indagini autonomamente condotte a livello del mercato dei consumatori finali e di raccolta di informazioni presso gli operatori del settore impegnati nella produzione, raccolta, lavorazione e distribuzione del latte fresco, ha rilevato che la società Parmalat non ha posto in essere gli impegni che erano stati assunti come condizione affinché fosse concessa l'autorizzazione alla concentrazione. Dall'inadempiemento degli impegni (consistenti sostanzialmente nella cessione di due marchi) doveva essere presumibilmente derivato un innalzamento eccessivo dei prezzi finali. L'Autorità delibera pertanto che Xxxxxxxx si «attivi (…) affinché i marchi (…) vengano ceduti, entro dodici mesi dalla data della presente delibera, ad un unico soggetto o a soggetti distinti che presentino le caratteristiche di operatori indipendenti dal gruppo Parmalat, che siano di provata esperienza nel settore della produzione e commercializzazione del latte e che siano in possesso delle risorse finanziarie necessarie a mantenere in essere e sviluppare i marchi, oggetto di cessione, in concorrenza con il gruppo Parmalat» (provv. n. 14452, Parmalat/Eurolat, delibera del 30 giugno 2005).
111 AGCM, provv. 9 maggio 1997, n. 4993, Henkel/Loctite, Boll., 1997, 19; T.A.R. Lazio, sez. I, 2 agosto 2002, n. 6929.
112 AGCM, provv. 12 dicembre 2002, n. 14473, Ed. Holding/Autostrade, Boll., 2002, 50; T.A.R. Lazio, SEZ. I, 30 agosto 2003, n. 7186, Ed. Holding/Autostrade; C. St., sez. VI, 26 luglio 2004, n. 5288, Ed. Holding/Autostrade. L'inottemperanza risultò nel non aver Autostrade affidato a soggetti terzi ed indipendenti la gestione delle procedure ad evidenza pubblica di affidamento dei servizi di ristorazione (FATTORI e TODINO, op. cit.).
113 Questa conclusione, secondo il giudice amministrativo, non «(...) trova preclusione nei principi di certezza, tassatività e determinatezza a cui sono soggette le disposizioni sanzionatorie (cfr. art. 1, l. 689/81) e l'esercizio del relativo potere, in quanto dalla norma emerge chiaramente che (…) si realizza una concentrazione vietata anche quando non si osservano le prescrizioni dettate dall'Autorità per impedire che la concentrazione prefigurata dalle imprese abbia tali caratteristiche (la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza)» . T.A.R. Lazio, SEZ. I, 30 agosto 2003, n. 7186.
concorrenzialmente significativi»114, mercati che non necessariamente coincidono con i mercati rilevanti ai sensi della Comunicazione della Commissione.
Oltre alle misure sanzionatorie pecuniarie, l'AGCM ha anche la possibilità di irrogare misure ripristinatorie (che possono andare dalla de- concentrazione ad altre misure di portata meno invasiva)115.
Si è osservato116 che, almeno fino a tutti gli anni '90, i «provvedimenti di divieto o di autorizzazione condizionata al rispetto delle misure imposte dall'Autorità sono piuttosto rari»117. Le società possono liberamente decidere di ritirare la notificazione dell'operazione di concentrazione, se vi è un'alta probabilità che l'AGCM non autorizzi l'operazione o se gli impegni che essa potrebbe “imporre” dovessero risultare eccessivi per le società stesse. Paradigmatica è la vicenda del gruppo Coca Cola, che preferì ritirare la “comunicazione” qualche giorno prima del termine del procedimento istruttorio rendendosi conto che si profilava come altamente probabile una decisione di xxxxxxx. Al contrario, nello stesso periodo Xxxxxxxx si impegnò a dismettere alcuni marchi e fino a quattro stabilimenti produttivi (rimedio strutturale) a favore di soggetti terzi a fronte delle migliori condizioni economiche per il cedente; con previsione, in alternativa, della «quotazione del soggetto societario cui sarebbero state trasferite le attività oggetto della deconcentrazione su una borsa o altro mercato regolamentato nazionale o di altro ordinamento giuridico»118. Il caso è di particolare interesse per le difficoltà che l'AGCM ha decisamente sollevato nell'accettare la prima formulazione degli impegni119.
Nella nuova formulazione Xxxxxxxx non solo accettò di modificare alcuni termini di portata sostanzialmente “comportamentale”, ma si orientò addirittura a ritirare per un periodo di tre anni il marchio Parmalat (una forma di re-branding) nel mercato del latte fresco nella regione Lazio (unico marchio con il quale essa era presente su tale mercato), adottando una
114 XXXXXXX XXXXXX, op. cit., 293.
115 Si ricorda il caso Sio/Pergine, AGCM, provv. 1° dicembre 1993, n. 1615, Boll., 1993, 37, in cui l'Autorità ha ordinato all'impresa acquirente la cessione di parte della capacità produtttiva, attraverso la cessione di impianti e partecipazioni di maggioranza in controllate. Decisione peraltro annullata dal T.A.R. Lazio in quanto adottata oltre il termine previsto dall'art. 16, 8° co., l. n. 287/1990.
116 GHEZZI, La posizione dominante, Conc. merc., 8/2000, Milano, 2005, 85.
117 Corsivo nel testo originale di Xxxxxx.
118 AGCM, provv. 1 luglio 1999, n. 7338 Parmalat/Eurolat, Boll., 1999, 25.
119 § 75 del provv. AGCM, 1 luglio 1999, Parmalat/Eurolat, cit.: «la cessione delle attività indicate da Xxxxxxxx nei propri impegni non sembra idonea a impedire il rafforzamento, nel mercato regionale del Lazio, di una posizione dominante tale da ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza. Nella loro attuale formulazione, inoltre, gli impegni assunti da Parmalat non sembrano fornire adeguate garanzie sull'indipendenza dei futuri acquirenti e sull'effettiva attuazione del progetto di deconcentrazione prospettato. La verifica istruttoria appare pertanto necessaria anche al fine di chiarire l'esatta natura degli impegni assunti da Xxxxxxxx, le modalità di esecuzione degli stessi, i tempi effettivamente necessari alla realizzazione della dismissione e la definizione di eventuali meccanismi di controllo, da parte dell'Autorità, delle diverse fasi di attuazione dei suddetti impegni».
misura dal tenore quasi strutturale. In tal modo non vi sarebbe stato il temuto raggiungimento della posizione dominante nel mercato del latte fresco nella regione Lazio, a rischio di potenziali abusi, soprattutto in relazione all'altro concorrente, Xxxxx, che aveva anch'esso nello stesso periodo di tempo acquisito una durevole presenza nello stesso mercato120.
Una ulteriore differenza tra l'ordinamento italiano e quello comunitario consiste nel fatto che, mentre a livello comunitario (e in altri sistemi giuridici come, ad esempio, nel Regno Unito) sono le imprese che propongono alla Commissione (o all'Autorità nazionale delle concorrenza rilevante) gli impegni che intendono assumere, in Italia anche la stessa AGCM si fa portatrice di proposte di impegni (art. 6, 2° co., l. n. 287/1990)121. Aspetto particolarmente interessante laddove si consideri che proprio le Autorità possono essere dotate di quel particolare know-how tecnico, giuridico ed economico, tale da prospettare proposte rimediali che possano soddisfare le esigenze di concorrenza del mercato, da un lato, ma anche lo sviluppo tecnico e l'innovazione, dall'altro122.
Tale intervento da parte dell'Autorità garante italiana negli anni ha portato a reazioni diverse da parte delle imprese123. In alcuni casi queste hanno ottemperato agli impegni124; ma in altri casi hanno preferito rinunciare all'operazione prospettata125. In alcuni casi si è reso inevitabile il ricorso al tribunale amministrativo contro la decisione dell'Autorità126.
Un terzo aspetto127 di differenziazione è legato al fatto che la l. n. 287/1990 riporta ancora il riferimento alla creazione o rafforzamento di una posizione dominante, a seguito della prospettata operazione di concentrazione, laddove a seguito dell'adozione della nuova ECMR, a livello comunitario oggi si parla di operazioni di concentrazione che possono «sostanzialmente ostacolare la concorrenza effettiva» (c.d. test volto ad accertare il verificarsi di un «substantial impediment of effective competition»). Ovviamente non si tratta semplicemente di una questione di linguaggio, in quanto l'Autorità della concorrenza si potrà considerare, teoricamente, soddisfatta dal vedere contenuto, mediante i rimedi, il rafforzamento della posizione di dominanza post-concentrazione, ma non è detto che accerti sostanzialmente che nello scenario post-concentrazione
120 GHEZZI, ibidem, 87.
121 Così CAIAZZO, op. cit., 259 ss. XXXXXXX e XXXXXX, op. cit., 286.
122 CONGEDO, Separazione funzionale o strutturale nelle industrie regolate? I vincitori non puniscono; possibilmente cooperano (e innovano), Conc. merc., XVI, 2008, Milano, 2009.
123 FATTORI e TODINO, op. cit., 286.
124 AGCM, provv. 23 gennaio 2001, n. 9142, Seat Pagine Gialle/Xxxxxx Xxxx, Boll.,
2001, 3
125 AGCM, provv. 13 maggio 2002, n. 10716, Groupe Canalplus/Stream, Boll., 2002,
19.
126 Provv. AGCM, 28 febbraio 2001, n. 0000, Xxxx-Xxxxxx Xxxxxxx/Xxx Xxxx, Xxxx.,
0000, 8.
127 CAIAZZO, op. cit., 260.
non si sia venuto a creare un serio impedimento alla concorrenza effettiva128.
14. Prassi italiana rilevante.
La prassi italiana in materia di impegni a fronte di operazioni di concentrazione può contare nell'ultimo decennio su alcuni casi di un certo rilievo, anche di risonanza comunitaria, in particolare nel settore delle comunicazioni elettroniche e dei servizi ad alto valore aggiunto, operazioni facilitate anche in conseguenza dei relativamente recenti processi di privatizzazione e di progressiva liberalizzazione di mercati già soggetti a monopolio legale.
Si segnala a questo proposito l'operazione di concentrazione Seat Pagine Gialle/Xxxxxx Xxxx Communications129, che fu preceduta di alcuni mesi dalla concentrazione Telecom Italia/Seat Pagine Gialle130. La concentrazione di tipo verticale tra Seat Pagine Gialle e Xxxxxx Xxxx ha portato al controllo esclusivo della prima società sulla seconda, specializzata soprattutto nella produzione, distribuzione e diffusione di programmi televisivi, oltre alla raccolta pubblicitaria. A livello rimediale, l'AGCM si trovò di fronte all'ipotesi post-concentrativa di un incumbent in posizione di quasi assoluta dominanza nel settore delle infrastrutture di rete a larga banda, integrato verticalmente, tramite Seat Pagine Gialle, con un distributore di contenuti, con evidente detrimento della concorrenza sia a
128 Sull'utilità del SLC (Substantial Lessening of Competition) test di matrice britannica, basato sulla valutazione ex ante ed ex post dell'impatto sui prezzi aggregati in conseguenza di una operazione di concentrazione, rispetto ad alcuni limiti evidenziatisi nell'applicazione del ‘dominance’ test, nonché sulla differenza tra il dominance test e il nuovo test volto ad accertare che non si sia determinato un substantial impediment of effective competition (cosiddetto subtantive test), vi è rilevante letteratura. Si veda, in particolare, WHISH, Substantive analysis under the EC Merger Regulation: should the dominance test be replaced by “substantial lessening of competition”?”, in EU Competition Law & Policy Developments & Priorities (Hellenic Competition Commission, 2002), 45-62; XXXXXXX,
«How to reform the EC merger test?», discorso tenuto l'8 novembre 2002, disponibile in xxx.xxx.xxx.xx; XXXXXXXXX, Does collective dominance provide suitable housing for all anti-competitive oligopolistic mergers?, Fordham Corporate Law Institute, 181-199. Tali AA. sono allineati nel ritenere che in determinate circostanze (oligopoli non collusivi, o non coordinati) il nuovo test sia più flessibile ed efficiente del tradizionale test di dominanza. Si veda anche BIRO e XXXXXX, A new EC merger test? Dominance v Substantial Lessening of Competition, Competition Law Journal, 2002, 1, 157 e MOTTA, Merger policy and the Airtours case, European Competition Law Review, 2000, 21, 199. Un riferimento alla discussione che portò all'adozione del SIEC test è anche contenuto al termine dell'articolo sulla concentrazione Newscorp/Telepiù di CONGEDO, op. cit.
129 Provv. AGCM, 23 gennaio 2001, n. 9142, Seat Pagine Gialle/Xxxxxx Xxxx Communications, , Boll., 2001, 3.
130 Provv. AGCM, 27 luglio 2000, n. 8545, Telecom Italia/Seat Pagine Gialle, Boll., 2000, 31-32.
livello orizzontale che verticale, con palesi effetti amplificati nel medio periodo (c.d. snow ball effects)131.
In maniera singolare, se l'AGCM ha autorizzato con impegni l'operazione di concentrazione, l'Autorità specializzata di settore (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazione, o AGCOM) nel caso di specie si pronunciò in maniera opposta (ma i giudici amministrativi annullarono il provvedimento dell'organismo “tecnico”)132.
Questa operazione avrebbe facilitato il processo di convergenza nei settori delle comunicazioni elettroniche e dell'emittenza televisiva attraverso l'accesso ad Internet a larga banda, interessando altresì i mercati della raccolta pubblicitaria, quelli della televisione in chiaro e a pagamento, dell'accesso ad Internet e alla rete locale di telecomunicazioni, in particolare attraverso il mercato (allora emergente) dei servizi interattivi. Nel caso di specie, l'AGCM sottolineò i rischi di preclusione all'accesso alla rete locale di telecomunicazioni detenuta principalmente da Telecom Italia, con infrastrutture civili estese su tutto il territorio nazionale, e temette la possibilità di creare una situazione di “dipendenza tecnologica” nei servizi trasmissivi tale da impedire l'ingresso di operatori e fornitori di servizi alternativi nel futuro.
A fronte dell'impossibilità tecnica di attendere la creazione di reti alternative (soprattutto a fronte della difficoltà di negoziazione dei diritti di passaggio a livello locale) l'Autorità, a livello rimediale, seguì la via di favorire la realizzazione di reti alternative attraverso le infrastrutture civili di proprietà di Telecom Italia mediante i cavidotti già esistenti della rete sperimentale Socrates, facendo leva sulla dottrina delle essential facilities (accesso obbligato a fronte della insostituibilità, essenzialità e non replicabilità di una infrastruttura nel breve periodo)133. Un secondo ordine di problemi nell'operazione esaminata risiedeva, altresì, nel controllo esclusivo del mercato dei contenuti per la televisione interattiva via Internet, a seguito della prospettata concentrazione. La stessa Autorità rilevava come la disponibilità di contenuti di qualità ed interesse per gli spettatori avrebbe costituito «un elemento competitivo chiave sia nella fornitura di servizi televisivi che, in misura crescente, nella fornitura di servizi di rete Internet […]. La difficoltà di acquisizione dei contenuti di maggiore interesse, idonei a motivare i telespettatori all'acquisto o al rinnovo dell'abbonamento oppure
131 Per l'analisi del caso e il suo inquadramento a livello mondiale e comunitario, si veda GHEZZI, La valutazione delle concentrazioni verticali nei “mercati della convergenza” tra i settori delle telecomunicazioni e dell’emittenza televisiva, Riv. soc., 2001, 563 ss.
132 Delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), 17 gennaio 2001, 51/01/CONS, oggetto di sentenza di annullamento da parte del T.A.R. Lazio, sez. II, 7 marzo 2001, n. 1852. Sentenza confermata dal C. St., 30 maggio 2001, n. 282.
133 Questa misura diventò oggetto di impegni ad hoc ai sensi dell'art. 6, 2° co., l. n. 287/1990. Venne prospettata dalle società Infostrada ed e.Biscom (cfr. provv. AGCM, 23 gennaio 2001). Si veda in merito GHEZZI, op. ult. cit., 590 ss.
al collegamento al sito o alla rete televisiva, rappresenta un'importante barriera all'entrata in tutti i mercati»134.
A fronte delle perplessità dell'Autorità, la stessa Telecom Italia propose impegni che furono inizialmente considerati insufficienti. L'Autorità quindi impose, come rimedio per limitare la posizione dominante di Telecom Italia e della società acquisita per il tramite di Seat Pagine Gialle, di rinunciare del tutto «ad inserire, per un periodo di tre anni dall'autorizzazione dell'operazione di concentrazione, clausole di esclusiva nei contratti che saranno conclusi dal gruppo Telecom con il gruppo Xxxxxx Xxxx per l'acquisto di contenuti da diffondere sulla rete Internet, e garantire l'effettiva disponibilità degli stessi contenuti agli operatori concorrenti che facciano richiesta»135. Come si è segnalato, tale ulteriore impegno favorì la possibilità dei concorrenti di accedere ai contenuti nell'arco di un certo periodo temporale (tre anni) «in modo da consentire a questi ultimi di competere ad armi pari e di recuperare lo svantaggio sui mercati a monte (anche sotto il profilo della massa critica di utenti), soprattutto ove i newcomers siano in grado di presentare un'offerta adeguata dal punto di vista economico e qualitativo»136.
Tra i casi più significativi, sempre nel settore delle comunicazioni elettroniche italiane, si segnala anche la concentrazione Telecom Italia/Megabeam Italia137, in cui l'AGCM riafferma il principio che «gli impegni idonei a risolvere i problemi concorrenziali derivanti da una operazione che minaccia di creare e rafforzare una posizione dominante devono assumere, preferibilmente, la natura di misure di tipo strutturale che possano essere attuate efficacemente entro un breve lasso di tempo». Questo approccio sostanzialmente ricalca la Comunicazione del 2001 e in parte si dimostra in linea con l'approccio comunitario all'indomani delle decisioni e delle sentenze Gencor e Tetra Laval (sull'approccio strutturale o comportamentale, si veda supra). Nel caso di specie, l'Autorità ha autorizzato la concentrazione consistente nell'acquisizione di Megabeam Spa da parte di Telecom Italia (specializzata nella fornitura di infrastrutture di comunicazione elettronica a banda larga del tipo R-LAN e ad onda corta di tipo WI-FI) a fronte di rimedi finalizzati a permettere l'ingresso a nuovi concorrenti nel mercato della connessione ad Internet attraverso tecnologia WI-FI. Telecom Italia, in particolare, già dominante, da principio si è impegnata a rinunciare alle esclusive a favore di se stessa e di Megabeam in
134 GHEZZI, art. ult. cit., 608 ss. Cfr. provv. AGCM, 23 gennaio 2001, § 127.
135 Provv. AGCM, 23 gennaio 2001, § 144. Si riporta per completezza: «(…) Tale rimedio appare idoneo ad evitare, da un lato, che l'indisponibilità dei contenuti della library di Xxxxxx Xxxx possa comportare una limitazione allo sviluppo dei nuovi servizi derivanti dalla convergenza ed in particolare la fornitura di contenuti audiovisivi attraverso Internet e ad evitare, dall'altro, che il Gruppo Telecom rafforzi la posizione dominante che detiene nel mercato dei servizi di accesso ad Internet e nel mercato della raccolta pubblicitaria on-line, attraverso la disponibilità, in esclusiva, di contenuti di particolare attrattività».
136 GHEZZI, op. ult. cit., 611.
137 AGCM, provv. 7 agosto 2003,n. 12319, Telecom Italia/Megabeam Italia , Boll., 2003, 32.
relazione all'erogazione dei servizi WI-FI o di utilizzo di reti R-LAN nelle stesse aree previste al momento della conclusione del contratto. In realtà, l'AGCM è andata oltre, chiedendo a Telecom Italia di mantenere Megabeam come soggetto giuridico autonomo e distinto per almeno tre anni dopo la operazione di concentrazione (propendendo quindi per un rimedio di tipo semi-strutturale), in quanto l'impegno della semplice rinuncia alle esclusive non avrebbe probabilmente impedito all'incumbent di attribuire le attività principali nel settore della connettività WI-FI all'interno del suo stesso gruppo138.
Una pronuncia giurisprudenziale particolarmente interessante per l'applicazione del principio di proporzionalità è stata quella del Consiglio di Stato139 nella concentrazione ENEL-France Telecom/New Wind in relazione al controllo congiunto su Infostrada S.p.A, al fine di creare “New Wind”140.
Temendo la creazione di una “multiutility” (in cui lo stesso operatore avrebbe fornito al cliente finale sia il servizio di fornitura di gas che il servizio di telefonia fissa o mobile), l'Autorità garante autorizzò la concentrazione141 che diede luogo a New Wind, a fronte dell'impegno di ENEL di cedere almeno 5.500 MW della propria capacità di generazione, oltre a 15.000 MW già previsti dalla d.lg. n. 79/1999 142.
138 Si veda il commentario alle operazioni di concentrazione di XXXXXXX e TAJANA, Le concentrazioni: la posizione dominante, Conc. merc., 12/2004, Milano, 2005, 79 ss.
000 X. Xx., 0 ottobre 2002, n. 5156.
140 AGCM, provv. 28 febbraio 2001, n. 0000, XXXX-Xxxxxx Xxxxxxx/Xxx Xxxx, Xxxx., 0000, 8, in cui è stata autorizzata con condizioni l'operazione di concentrazione consistente nella costituzione della società New Wind, risultante dalla fusione tra Wind Telecomunicazioni Spa e Infostrada Spa, congiuntamente controllata da Enel Spa e France Telecom SA.
141 AGCM, provv. 24 ottobre 2002, n. 00000 XXXX-Xxxxxx Telecom /New Wind, Boll.,
2002, 42.
142 CAIAZZO, op. cit., 261. Decisione successivamente annullata dal T.A.R. Lazio, 14 novembre 2001, n. 9354, a seguito di accoglimento del ricorso di ENEL. L'AGCM a sua volta impugnava di fronte al Consiglio di Stato la sentenza del TAR. Il Consiglio di Stato riteneva fondato uno solo dei motivi del ricorso di primo grado sollevati da parte di ENEL. Con sentenza C. St., 1 ottobre 2002, n. 5156, del esso stabiliva pertanto l'annullamento di parte del provvedimento, affermando «la semplice illegittimità della misura correttiva (…), ma non la definizione della fattispecie sostanziale sottesa dal provvedimento autorizzativo». Si veda sul punto XXXXXXXX, La disciplina generale antitrust nel settore dell’energia, in Atti del convegno Cesifin «Il nuovo diritto dell'energia tra regolazione e concorrenza», Firenze, 5 maggio 2006. L'annullamento ha portato nel 2002 l'AGCM ad adottare una nuova decisione, in cui sostanzialmente si ribadiva l'esistenza di una posizione dominante di ENEL a fronte della elevata quota di mercato posseduta sia nel mercato delle vendite ai clienti idonei effettivi che potenziali; tuttavia, a fronte del mutare delle circostanze di mercato, non risultava che la nascita di una azienda multi-utility potesse comportare un serio detrimento alla concorrenza, in quanto le attese sinergie nel mercato della fornitura di servizi di energia elettrica e di servizi di telecomunicazioni erano state di gran lunga più modeste di quanto previsto in sede istruttoria. Pertanto l'AGCM non ritenne necessario imporre i rimedi, dal momento che l'acquisizione di Infostrada non è stata più considerata come determinante «un rafforzamento della posizione dominante [già esistente] di ENEL nel mercato della fornitura di energia elettrica ai clienti idonei».
Di rilievo per il panorama italiano è anche la recente operazione Unicredit-Capitalia143. L'operazione è stata autorizzata a fronte di impegni volti sostanzialmente a ridurre il numero di sportelli bancari delle due società interessate dalla concentrazione. L'AGCM ha imposto di cedere dai 155 ai 180 sportelli bancari ad uno o più terzi indipendenti non azionisti della nuova banca nata dall'operazione di concentrazione. Altri impegni hanno riguardato il contenimento dei costi, per esempio, dei prelievi via Bancomat presso gli sportelli delle banche non parti della concentrazione, al fine di non scoraggiare l'accesso ad altri sportelli bancari. Altri limiti sono quelli relativi alle partecipazioni azionarie con Assicurazioni Generali: ragione per cui, fintantoché Unicredit sarà azionista di Mediobanca, essa non dovrà porre in essere rapporti di collaborazione con il gruppo Generali. Oltre a misure di carattere strettamente strutturale, infine, l'AGCM nel caso di specie ha proposto alle parti di adottare anche alcuni impegni di carattere comportamentale, in particolare di non permettere ai membri del proprio consiglio di amministrazione con ruoli riferibili alla gestione di Mediobanca di partecipare alle riunioni in cui vengono adottate misure nel settore dell'investment banking o delle assicurazioni144.
Ai fini della ricostruzione giurisprudenziale a livello italiano è senz'altro da ricordare il già menzionato caso Edizione Holding/Autostrade SPA (supra) relativo all'acquisizione da parte della prima, società controllante Autogrill attiva nella distribuzione al dettaglio presso le aree di servizio autostradali della società concessionaria del servizio autostradale in Italia145. Nel caso di specie, l'AGCM, dopo aver autorizzato l'operazione di concentrazione a fronte di impegni accettati dalla Società acquirente Edizione Holding146, intervenne successivamente per sanzionare la stessa per inadempimento e per comminare la sanzione ai sensi dell'art. 19, 1° co.,
143 Provv. C8660, Unicredito italiano/Capitalia, Boll., 2007, 33.
144 Per la disamina del caso, si veda PANUCCI, La posizione dominante-Concentrazioni
(2007 e primo semestre 2008), Conc. merc., 2008, 16, Milano, 2009, 41 ss. Sull'aspetto specifico dei cosiddetti interlocking directorates nel contesto italiano, si consulti l'articolo di XXXXXX, Legami personali tra intermediari finanziari e diritto della concorrenza. Sull’opportunità di introdurre uno specifico divieto «anti-interlocking» nell’ordinamento italiano, Riv. Soc., in corso di stampa (2010).
145 In questo caso, l'AGCM, tenendo presente la preoccupazione che l'acquisizione potesse determinare un vantaggio anticompetitivo a favore di Autogrill nel mercato specifico della ristorazione autostradale, autorizzò sub conditione l'operazione di concentrazione a fronte di tre tipi di impegni: i) che Autostrade (e altre società da questa controllate nel mercato della fornitura di servizi autostradali in regime concessorio) non assumessero il controllo diretto della fornitura del servizio di ristorazione, ma lo affidassero in base a gara pubblica; ii) che Autostrade e le sue controllate affidassero a terzi indipendenti e qualificati la gestione delle procedure di assegnazione dei servizi di ristorazione autostradali; iii) che Autogrill non incrementasse la sua quota di mercato mediante la creazione di nuovi punti di ristoro.
146 AGCM, provv. 13 settembre 2001, n. 9928, Edizione Holding/Autostrade - Concessioni e Costruzioni Autostrade, Boll., 2001, 37-38.
l. n. 287/1990147. La decisione fu impugnata in sede amministrativa (TAR Lazio)148 sulla base giuridica che la mancata osservanza del portato dall'art. 6, 2° co., ultima parte, l. n. 287/1990 (impegni), non costituirebbe una delle fattispecie che possono determinare l'irrogazione di una sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 19, 1° co., l. n. 287/1990149.
Il Consiglio di Stato in questo caso150 si è pronunciato per la prima volta in materia di impegni assunti a fronte di autorizzazione di una operazione di concentrazione, e ha adottato una interpretazione particolarmente estensiva in relazione ai poteri sanzionatori dell'AGCM.
In particolare, la Corte amministrativa di più alto grado ha ritenuto che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi dell'art. 19, l. n. 287/1990 potesse considerarsi investita del potere di sanzionare le condotte anticoncorrenziali, sia che esse fossero poste in essere mediante operazioni di concentrazione vietate tout court perché determinanti la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante in grado di falsare in maniere durevole e sostanziale la concorrenza, sia a fronte di operazioni di concentrazione di per sé autorizzate, ma a fronte della sottoscrizione di precisi impegni tra le parti e l'Autorità stessa.
In altri termini, il venir meno della condizione pattizia che si pone alla base della intera procedura autorizzatoria, farebbe venire meno (quasi condizione risolutiva), la stessa autorizzazione, determinando quindi una vera e propria violazione antitrust sanzionabile ai sensi dell'art. 19, l. n. 287/1990.
Da segnalare la posizione critica assunta da parte della dottrina nella parte in cui sottolinea che nel caso di specie forse il principio di proporzionalità e lo stesso richiamo al principio di legalità ex art. 23 della Carta costituzionale avrebbero potuto suggerire al Consiglio di Stato una soluzione più incline a considerare in maniera separata, anche a livello punitivo, il porre in essere una operazione di concentrazione di per sé vietata (ad esempio portante alla creazione di un monopolio in uno o più mercati specifici), rispetto alla realizzazione di una operazione di concentrazione condizionata e senza l'immediata attuazione degli impegni assunti.
In altre parole, una valutazione a posteriori dell'effettiva restrizione della concorrenza avrebbe potuto determinare l'adozione di misure semplicemente “ripristinatorie”, prima ancora che sanzionatorie stricto sensu151.
147 AGCM, provv. 12 dicembre 2002, n. 11473, Edizione Holding/Autostrade - Concessioni e Costruzioni Autostrade, Boll., 2002, 50. Un secondo provvedimento sanzionatorio per inottemperanza è il Provv. AGCM 10 novembre 2004, n. 13716, Edizione Holding/Autostrade - Concessioni e Costruzioni Autostrade, Boll., 2004, 46.
148 T.A.R. Lazio, sez. I, 30 agosto 2003, n. 7186, confermata dal C. St., 26 luglio 2004.
149 BITETTO, nota a sentenza del Consiglio di Stato del 26 luglio 2004, n. 5288, Foro it., 2005, III, 676 ss.
150 C. St., sez. VI, 26 luglio 2004, n. 5288.
151 BITETTO, op. loc. cit.
Sulla stessa lunghezza d'onda, si ricorda il caso Xxxxx Xxxxxxxx e Prestiti152, in cui il giudice amministrativo di primo grado ha ribadito come
«i provvedimenti che incidono sulle situazioni soggettive degli interessati debbano essere proporzionati ed adeguati alla situazione cui intendono porre rimedio, in modo da non imporre misure eccedenti e che, tra le varie possibilità alternative, debba essere sempre imposta la misura meno restrittiva e meno invasiva» (principio di adeguatezza)153.
Interessante a tale riguardo è la posizione di parte della dottrina154 e della giurisprudenza con riferimento alla possibilità del terzo di agire di fronte all'autorità giurisdizionale ordinaria per il risarcimento del danno derivante da mancata osservanza degli impegni siglati con l'AGCM. In particolare, nel caso Edizione Holding/Autostrade il giudice d'Appello, cui un terzo escluso a seguito della procedura di assegnazione del contratto di ristorazione autostradale si era rivolto per ottenere una misura cautelare, ha stabilito che in effetti essa, ai sensi dell'art. 33, l. n. 287/1990, ben poteva ritenersi competente a decidere in materia risarcitoria ma solo con riferimento alla supposta violazione degli artt. 2 e 3, l. n. 287/1990 (nello specifico, intese vietate e abuso di posizione dominante).
Tale giudice escludeva, piuttosto, la possibilità di essere adito dal terzo per il risarcimento del danno a fronte della mancata esecuzione degli impegni cui era condizionata l'autorizzazione amministrativa alla concentrazione da parte di una delle imprese addivenenti alla concentrazione. In particolare, il giudice ha ritenuto che «la valutazione di un'operazione di concentrazione notificata e delle eventuali misure imposte per autorizzarla ai sensi dell'art. 6, 2° co., l. n. 287/1990 è infatti riservata esclusivamente all'AGCM sotto il controllo del giudice amministrativo per cui l'accertamento della inottemperanza alle condizioni stabilite dall'Autorità non rientra nella giurisdizione antitrust della Corte d'Appello».
152 T.A.R. Lazio, 6 marzo 2006, n. 1898, inedita, riferita da XXXXXXXXX e XXXXXXXXX,
op. cit., 2818 ss.
153 Si segnalano, per completezza alcuni casi di recente oggetto di delibera dell'AGCM in cui è stata concessa l'autorizzazione all'operazione di concentrazione a fronte di misure ex art. 6, 2° co.: AGCM, provv. 18 aprile 2007, n. 16678, BS Investimenti SGR/Securcontrol (Macerata) - Securcontrol (Ascoli Xxxxxx) - Metropol Security Service (restituzioni di licenze amministrative), Boll., 2007, 14; AGCM, provv. 17 gennaio 2008, n. 17859, Intesa Sanpaolo/Cassa di Risparmio di Firenze, (cessione di sportelli bancari e di dismissione di partecipazioni), Boll., 2008, 2; AGCM, provv. 7 maggio 2008, n. 18327, Banca Monte dei Paschi di Siena/Banca Antonveneta(cessioni di sportelli bancari), Boll., 2008, 18; AGCM, provv. 25 giugno 2008, n. 18549, Alitalia/Volare, Boll., 2008, 25 (revisione di impegni già concordati in precedente delibera).
154 STABILINI, Concentrazioni e tutela dei terzi nellea legge antitrust, Giur. comm., 2006, 467 ss. (nota a A. Milano, 20 luglio 2004). Nel caso commentato, la Corte d'Appello aveva revocato la misura cautelare a fronte di denunciata violazione degli artt. 2 e 3, l. n. 287/1990 per mancanza di “periculum in mora”. Il terzo danneggiato nella procedura di assegnazione del contratto di distribuzione alimentare aveva agito sulla base degli artt. 2 e 3, l. n. 287/1990 sollecitando piuttosto, in relazione a tale violazione, la detta misura cautelare.
Questo in virtù di un duplice ordine di motivi. Innanzitutto perché «si tratta di un giudizio tecnico-discrezionale di fattispecie concentrativa che riempie di contenuto la norma in bianco espressa dall'art. 6, 2° comma (…), tanto più che l'art. 6 cit. non rappresenta una norma proibitiva da cui discendono conseguenze di ordine civilistico ma norma attributiva volta a disciplinare i poteri dell'Autorità in materia di concentrazioni». In secondo luogo perché «non vi è alcuna disposizione della legge antitrust che sanzioni l'inottemperanza alle prescrizioni dell'AGCM se non con gli strumenti previsti dalla stessa legge (sanzioni amministrative pecuniarie ex art. 19, l. n. 287 del 1990) sicché è precluso all'AGO qualsiasi intervento di supplenza in settore strettamente pubblicistico quale è quello di regolamentazione “oggettiva” del mercato». In altri termini, perché il provvedimento cautelare non fosse revocato andava in primis dimostrato non il semplice inadempimento degli impegni, ma che essi fossero stati violati anche mediante l'infrazione degli artt. 2 e/o 3, l. n. 287/1990.
In realtà una simile posizione sembra solo in parte condivisibile da un punto di vista strettamente civilistico. Si è infatti sostenuto che una tale conclusione svuoterebbe di contenuto lo stesso art. 33, l. n. 287/1990 ponendosi «in contrasto con la volontà, chiaramente espressa, del legislatore, di prevedere la tutela dei diritti soggettivi dei terzi danneggiati dagli illeciti antitrust»155.
È, infatti, evidente che laddove una concentrazione venisse espressamente vietata e sanzionata dall'AGCM, il porre in essere comportamenti contrattuali che possano danneggiare i terzi interessati dall'operazione di concentrazione (in particolare, i concorrenti) dovrebbe essere sanzionabile anche mediante gli strumenti di natura risarcitoria, secondo alcuni addirittura ai sensi della responsabilità aquiliana de damno ex art. 2043 c.c. Una operazione qualificata come vietata da una autorità amministrativa si configura infatti come un “fatto ingiusto” (in quanto posto in essere contra legem, sia rispetto alle norme nazionali che a quelle di rango comunitario) cui, provato il nesso di causalità, sarebbe possibile ricondurre l'origine di un eventuale danno patrimoniale in capo al terzo danneggiato156.
155 STABILINI, op. cit., 476/II.
156 Per la configurabilità di un risarcimento da danno squisitamente patrimoniale, sarà necessario dimostrare, da un lato, l'ingiustizia del fatto illecito, dall'altro se le sue conseguenze siano ritenute risarcibili (XXXXXXXX, Il danno risarcibile, Milano, 2004, 74). Sostiene Xxxxxxxx: «una volta accertato che è stato leso un interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, occorre accertare se dall'evento sono derivate conseguenze economicamente valutabili». In altri termini, andrà innanzitutto dimostrata l'ingiustizia; e, quindi, se si tratti di un danno giuridico, va dimostrato che la perdita economica sia collegabile mediante il criterio della causalità giuridica al fatto ingiusto. Si veda, sul punto, opere ormai classiche, come DI MAJO, La tutela giuridica dei diritti, 4a ed., Milano, 2003, MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. dir. civ., diretto da Xxxxx, Torino, 1998, 574. Se, piuttosto, dovesse prevalere l'idea che non si tratti di una violazione di un diritto soggettivo, ma di una semplice lesione di un mero interesse di fatto del terzo a veder osservati gli impegni promessi, allora il risarcimento si deve senz'altro escludere (XXXXXXXX, op. cit., 75). Si veda il caso INAM (Cass., 28 maggio 1980, n. 3433, Foro it.,
Data l'analogia tra concentrazione vietata e concentrazione autorizzata ma con impegni disattesi, sembrerebbe condivisibile l'estensione della possibilità di risarcimento del terzo danneggiato anche in relazione alla violazione degli impegni condizionanti l'autorizzazione stessa157.
Tale ricostruzione “equiparatoria”, come si è correttamente osservato158 è, ricordiamo, quella adottata dal Consiglio di Stato nella commentata decisione del 2004 nel caso Ed. Holding, laddove, ponendo sullo stesso piano la concentrazione vietata con la concentrazione autorizzata ma a fronte di impegni non mantenuti, riconosce la potestà sanzionatoria da parte dell'AGCM in entrambi i casi, in quanto di fatto entrambe le fattispecie finiscono per incidere sul libero gioco della concorrenza e per danneggiare, in ultima analisi, i concorrenti e i consumatori finali, veri soggetti tutelati dalla normativa antitrust159.
Se tale equiparazione è vera, potrebbe quindi essere di qualche interesse ipotizzare la possibilità di risarcimento del terzo danneggiato per inadempimento del contratto avente ad oggetto gli impegni siglati tra l'AGCM e la parte addivenente all'operazione di concentrazione160, ad
1980, I, 1399) relativo alla richiesta di risarcimento del danno della società farmaceutica che aveva visto non includere nel formulario farmaceutico i propri prodotti, escluso in quanto ritenuto un mero “interesse di fatto”. Sul punto occorre, per completezza, richiamare la nota sentenza Xxxx., 22 luglio 1999, n. 500, che ha stabilito la risarcibilità del danno anche in presenza di una violazione di un mero interesse legittimo, laddove dal comportamento omissivo della pubblica amministrazione risultino violati diritti soggettivi costituzionalmente protetti (ad esempio, il diritto alla salute). Il focus andrebbe, quindi, spostato sulla configurabilità di un diritto soggettivo costituzionalmente protetto a competere in un contesto effettivamente concorrenziale, nel caso dei terzi interessati da una operazione di concentrazione; di un diritto agli effetti positivi di un mercato effettivamente concorrenziale, nel caso dei consumatori finali.
157 XXXXXX ELMI, Tutele civili e antitrust, in AA.VV., Concorrenza e Mercato. Le tutele civili delle imprese e dei consumatori, Padova, 2005, 372 ss.; STABILINI, op. cit., 470/II.
158 STABILINI, op. cit., 477/II (anche con riferimento al risarcimento del terzo danneggiato).
159 Qualora di ammettesse la illiceità del comportamento della società ‘inadempiente' che non ponga in essere le misure concordate con l'AGCM, si potrebbe configurare una forma di illecito aquiliano nei confronti dei terzi danneggiati dalla perdita di chance “concorrenziali” (ingresso nel mercato per i concorrenti, prezzi inferiori per i consumatori, per fare un esempio). Si potrebbe parlare di una sorta di danno da “riflesso” o di “rimbalzo” (XXXXXXXX, op. cit., 68 ss.). In realtà tale possibilità sembra da escludersi. Xxxxxxxx Xxxxxxxx «(…) non è possibile stabilire a priori se il danno riflesso sia o non sia risarcibile. Ciò dipende dal grado di protezione dell'interesse colpito in capo a chi pretende il risarcimento e dalla possibilità di dimostrare di aver subito una perdita» (XXXXXXXX, op. cit., 70). Cfr. Cass., 27 luglio 2001, n. 10291, Mass. Foro it., 2001. In altri termini, andrebbe dimostrato uno stretto legame causale tra illecito e danno subito. Ma un'analisi di questa ulteriore fattispecie di illecito esula dai confini di questo lavoro. Si veda, ALPA, La responsabilità civile, Milano, 1999; in particolare, sulla responsabilità della pubblica amministrazione (p. 597), sulla lesione degli interessi legittimi e sulla risarcibilità o meno di questi ultimi (p. 542).
160 Ancorché il contratto “faccia legge” solo tra le parti, si potrebbe ipotizzare che i terzi che abbiano materialmente preso parte alla fase istruttoria di fronte all'AGCM (incorporando in memorie la propria posizione vis à vis la prospettata operazione di concentrazione) e che abbiano fatto affidamento sul corretto adempimento degli impegni
esempio laddove i terzi siano stati, per esempio, chiamati ad intervenire nella procedura di autorizzazione e abbiano fatto ragionevole affidamento sulla corretta esecuzione degli impegni stessi.
Sul punto, pur esulando dall'oggetto del presente lavoro, si deve senz'altro ricordare la recente dottrina in materia di risarcibilità del danno derivante da illecito antitrust in senso lato (per esempio da violazione degli articoli 101 e 102 TFUE). Se la Cassazione, per esempio in relazione alle intese vietate, aveva da principio161 escluso la risarcibilità del danno nei confronti del consumatore finale con ricorso al meccanismo di tutela previsto dall'art. 33, comma 2, della legge italiana antitrust, prevedendo la sola nullità delle clausole oggetto di intesa restrittiva, lasciando che tale meccanismo ‘qualificato' fosse esperibile solo da parte delle aziende, in un secondo tempo ha previsto la risarcibilità anche nei confronti dei clienti finali aprendo la strada alla possibilità di ricorso alla procedura di fronte alla Corte d'Appello anche per il consumatore finale danneggiato162. A prescindere da tale estensione (in linea, peraltro, con le istanze comunitarie di ispirazione statunitense), dottrina autorevole è giunta a configurare la risarcibilità del danno più quale conseguenza della nullità della clausola (quindi con risarcimento del danno meramente patrimoniale derivante da una responsabilità ex contractu) che da violazione di un diritto soggettivo (danno ingiusto qualificato) di natura aquiliana163.
In estrema sintesi, possiamo affermare che due scuole di pensiero in Italia verrebbero qui a confrontarsi. Se, da un lato, dottrina innovativa elaborò fin dal 1964 una idea di ingiustizia del danno come clausola generale164, per cui a prescindere dalla classificazione del danno da mancato rispetto degli impegni quale danno extracontrattuale oppure come danno ex contractu (molto atipico), in ogni caso l'ordinamento dovrebbe rendere
negoziati tra le parti e l'Autorità stessa, potrebbero venire lesi dal mancato adempimento del “contratto” stipulato tra le parti e l'Autorità e dalla mancata adozione delle misure concordate. Ove dimostrato il nesso di causalità tra inadempimento (determinante un fatto ingiusto, in quanto contrario ad una decisione di una autorità amministrativa indipendente) e danno subito, potrebbe esserci spazio per la tutela risarcitoria? Questa ricostruzione in chiave civilistica è in realtà ostacolata da una serie di fattori. Si pensi che mentre l'inadempimento richiede l'esistenza di un contratto a prestazioni corrispettive, nel diritto antitrust e nella fattispecie autorizzatoria, in particolare, è difficile riconoscere nella concessione dell'autorizzazione alla concentrazione la caratteristica della prestazione sinallagmatica, magari a “realizzazione progressiva” (a fronte della promessa di adempiere determinati impegni nel tempo), in virtù della funzione meramente potestativa dell'Amministrazione, non agente iure privatorum.
161 Cass. 9 dicembre 2002, n. 17475/2002, in Foro it. 2003, 1134.
162 Cass. 4 febbraio 2005, n. 2207, in Europa dir. Priv. Milano, 2005, p. con nt, di X. XXXXXXXXXX, Sezioni più unite che antitrust. V. pure PIRAINO, Ingiustizia del danno e antigiuridicità, in Europa dir. Priv.,Milano, 2005, p. 741 ss.
163 Si veda, XXXXXXXXXX, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 177 ss.
164 RODOTA', Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 79, 127, Per una ricostruzione sistematica della responsabilità civile, fondamentale ALPA-BESSONE, La responsabilità civile, Milano, 2001 e ALPA, La responsabilità civile – Principi, UTET, Torino, 2010 per il ‘danno puramente economico' e le problematiche del common law, p. 375 ss..
disponibile una qualche forma risarcitoria a favore delle imprese danneggiate dal mancato rispetto degli impegni assunti con l'Autorità garante; dall'altro, è fondamentale ricordare i più recenti contributi che, nell'ottica della risarcibilità del danno meramente patrimoniale considerano fondamentale, ai fini della esperibilità di una azione risarcitoria, l'esistenza di una forma contrattuale sottostante, sia che si considerino gli impegni come contratto vero e proprio sia che si considerino come forma ‘non negoziale' di contratto165.
Altra forma risarcitoria di natura civilistica, infine, si potrebbe altresì configurare nei confronti della stessa AGCM laddove essa abbia omesso di intervenire (con richiami ed eventuali procedure sanzionatorie) avverso il non rispetto degli impegni sottoscritti, in linea con l'approccio di sindacato stringente delle parti private nei confronti delle autorità poste a tutela della concorrenza e del mercato già presente in altri Paesi europei166.
Ma qui finiremmo per esulare dal tema del presente lavoro per entrare nel campo ancora relativamente inesplorato dell'impatto della violazione di
165 XXXXXXXXXX, Del non risarcibile aquiliano: danno meramente patrimoniale, c.d. perdita di chance, danni punitivi, danno c.d. esistenziale, in Europa dir. Priv., 4, Milano, 2008, 315 ss. Saggio particolarmente utile ai fini della ricostruzione dell'evoluzione più recente delle forme risarcitorie del danno meramente patrimoniale, come contrapposto al danno puramente patrimoniale. Il saggio dedica ampio risalto all'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale della cosiddetta ‘perdita di chance' e delle istanze volte ad introdurre nel ns. ordinamento forme risarcitorie cd. ‘punitive', sul modello statunitense (in particolare, si veda, nel diritto antitrust americano, la possibilità di ottenere la condanna ai cd. treble damages a fronte di violazione dello Sherman Act che, a differenza del diritto continentale, colà ha natura penale). Ottima ricostruzione delle principali scuole di pensiero in materia di danno ingiusto e di danno meramente patrimoniale è quella formulata da XXXXXXXXX, in Spunti in tema di danno ingiusto e di danno meramente patrimoniale, in Europa dir. Priv., Milano, 2008, 349 ss., con importanti riferimenti al pensiero di Xxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, di Majo, Alpa.
166 Difficile risulta, infatti, ipotizzare che l'intervento dell'AGCM volto ad impedire una operazione di concentrazione ai sensi dell'art. 6, l. n. 287/1990, o ad autorizzarla, mediante la negoziazione di impegni condizionanti, possa considerarsi meramente discrezionale, fattore che, secondo copiosa giurisprudenza italiana, finirebbe per escludere ogni tutela risarcitoria (STABILINI, op. cit., 477/II). Sulla dicotomia e la qualificazione giuridica che si deve riconoscere al divieto e all'autorizzazione si veda anche LIGANANI, nota a C. St., 20 luglio 2004, cit., Foro amm. C. St., 2004, 2930 ss. Secondo una ricostruzione decisamente classica, mentre l'autorizzazione serve a permettere la piena espansione di un diritto soggettivo (quello, ad esempio, di fondersi o di acquisire una società bersaglio), il divieto invece «impone al soggetto un obbligo immediato e diretto di astenersi da certi comportamenti, appone dei limiti successivi alla posizione di vantaggio del singolo che di per sé è già completamente conforme a diritto» (ibidem, 2934). Con la conclusione che il Consiglio di Stato considera la violazione degli impegni come comportamento equivalente alla violazione di un “divieto attenuato”. Sulla possibilità di risarcimento da danno generato dalla pubblica amministrazione a fronte della violazione di un interesse legittimo qualificato (relativo alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto ai sensi della celebre sentenza di Cassazione n. 500/99 richiamata supra, n. 156), si veda di CARINGELLA – PROTTO, La responsabilità civile della pubblica amministrazione, Bologna, 2009 (in particolare il saggio di ANDREIS, La responsabilità amministrativa e il danno indiretto, p. 1821 ss, con riferimento all'azione di responsabilità amministrativa per violazione di obblighi di servizio, 1834 s.).
norme amministrative in materia antitrust sui diritti relativi alla libertà di impresa, ancora non adeguatamente protetti da disciplina legislativa ad hoc volta alla prevenzione dell'illecito anticoncorrenziale e alla previsione delle varie forme risarcitorie.