Capitolo ventottesimo
Capitolo ventottesimo
Il deposito
1. Il deposito come contratto «di» impresa
Tra i tipi contrattuali, quello del deposito, disciplinato agli artt. 1766 ss. c.c., costituisce un caso particolarmente interessante di discontinuità nella continuità. Esso va, infatti, annoverato tra gli schemi più risalenti della nostra tradizione giu- ridica e che in maggior misura hanno mantenuto costanti i propri tratti essenziali, come provato per esempio dalla sua perdurante realità1.
Dal depositum delle fonti romanistiche, quale paradigma di obligatio re contra- hitur, si è giunti, così, passando per gli artt. 1835 ss., c.c. abr.2, al modello vigente di deposito, fissato nella definizione che lo vuole essere «il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla» (art. 1766 c.c.). D’altra parte, in una con il perpetuarsi della modalità perfezionativa incentrata sulla traditio rei 3, sostanzialmente inalterate sono rimaste, come meglio si chiarirà fra breve, anche funzione e disciplina di fondo del contratto in esame, atteso che il custodire, nel mentre invera lo scopo tipico dell’assetto di interessi divisato dalle parti, di esse definisce e perimetra le posizioni4.
Tuttavia, e si colgono in ciò i più vistosi elementi di discontinuità rispetto alla tradizione, se per un verso il genus del deposito ha, nel nostro ordinamento, perduto – caso peraltro singolare nel panorama continentale5 – la originaria sua species del sequestro convenzionale (art. 1836 c.c. abr.), divenuto infatti contratto
Questo capitolo è di Xxxxxx Xxxxxxxxx.
1 Cfr. X. Xxxxxx, I contratti reali, Milano, 1975, pp. 4 ss.
2 A loro volta congegnati sull’impronta della codificazione d’oltralpe. Quanto all’art. 1835, c.c. 1865, esso recitava che «Il deposito in genere è un atto per cui si riceve la cosa altrui con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura».
3 Sulla cui necessità v., ex multis, Xxxx. 27 marzo 2007, n. 7493, in Danno e responsabilità, 2008, 652 con nota di X. Xxxxxxxxx.
4 Si veda del resto già il passo del Digesto D.16,3,1 pr. Più ampi riferimenti in X. Xxxxxxx, Il con- tratto di deposito, in Il codice civile. Commentario, fondato da X. Xxxxxxxxxxx e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2011, pp. 7 ss.
5 Cfr. X. Xxxxxxxxxxx, Il deposito, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000, pp. 443 ss.
tipico a sé (art. 1798 c.c.); per l’altro, ha visto a tal punto valorizzata la propria versatilità allo svolgimento di attività economica, da divenire ben più che «sempli- ce» contratto delle imprese – ossia occasionalmente sottoscrivibile anche da parti professionali, ma senza significative ricadute in punto di statuto6 – bensì contratto anche di impresa, vale a dire potenzialmente funzionale al tipico svolgersi dell’at- tività imprenditoriale e, come tale, conseguentemente «adattato» nel suo regime7. Ne offrono chiara testimonianza le norme dettate a comporre il tipo di riferimen-
to, allorché la più datata bipartizione tra deposito propriamente detto e sequestro (art. 1836 c.c. abr.) è stata per l’appunto soppiantata dalla diversa geometria che ad una disciplina generale (artt. 1766-1782 c.c.) fa seguire due tipiche varianti «di impresa»-
«deposito in albergo» (artt. 1783-1786 c.c.) e «deposito nei magazzini generali» (artt. 1787-1797 c.c.); e che, ancora all’interno di quella, individua nella qualità professio- nale del depositario un indice in grado di ribaltare – ferma comunque restando la possibilità di prova contraria – la presunzione di gratuità sancita dall’art. 1767 c.c.
Senza dire, poi, delle principali fattispecie atipiche che risultano però funzio- nalmente affini al deposito, tutte infatti inquadrabili entro una cornice mercantile e vieppiù integranti – con riguardo alle diverse figure di depositario di volta in volta implicate – lo svolgimento di attività imprenditoriali: così il posteggio8, l’ormeggio9, il rimessaggio di natante10 ecc.
2. La custodia tra funzione e prestazione
Centrale è, nello schema del deposito, la custodia del bene da parte del depo- sitario.
A prescindere dalle indicazioni attingibili dalle fonti classiche11, è la lettera dell’art. 1766 c.c. che si incarica oggi di esplicitare questo dato, evocando, come tipica, la sequenza «consegna-custodia-restituzione».
Stante, infatti, la neutralità del primo e del terzo momento della terna, riscon- trabili come sono anche in altri paradigmi contrattuali, è giusto la custodia che ammonta ad architrave dell’operazione di deposito, in quanto è in funzione di essa
6 Basti qui dire dell’unanime indirizzo giurisprudenziale secondo cui non l’esercizio, da parte del depositario, di una qualsiasi attività economica nel cui ambito si collochino deposito e custodia, bensì quello abituale ed in forma organizzata dell’attività custodiale consente di vincere la presunzione di gratuità del contratto che discende dall’art. 1767 c.c.: cfr. Cass. 17 novembre 2010, n. 23211, in Contratti, 2011, pp. 329 ss., con nota di X. Xxxxxxxxxx, La rilevanza contrattuale dell’obbligazione di custodire nei contratti misti a struttura complessa.
7 La distinzione cui si è fatto riferimento nel testo è, come è noto, proposta da X. Xxxxxxxxxxx, Contratti di impresa, in Enc. giur. Treccani, XI, Roma, 1988, p. 1. La funzionalità allo svolgimento di attività d’impresa dell’operazione ascrivibile al deposito era, in verità, già chiara in relazione al deposito nei magazzini generali, disciplinato dal codice del commercio (artt. 461 ss. c. comm); quel che, tuttavia, va segnalato in relazione al codice del 1942 è piuttosto l’estensione di questa prerogativa all’intero
«tipo», sebbene in forma di semplice possibilità (arg. ex art. 1767 c.c.).
8 V. già Cass. 23 agosto 1990, n. 8615, in Foro it., 1991, I, c. 1523. Da ultimo x. Xxxx., sez. un., 28 giugno 2011, n. 14319, in Corriere mer., 2011, p. 823 con nota di Travaglino e Xxxx. 27 gennaio 2009, n. 1957, in Foro it., 2009, I, c. 1006.
9 X. Xxxx. 00 agosto 2009, n. 18419, in Mass. Giur. it., 2009.
10 Cfr. Cass. 28 ottobre 2009, n. 22803, in Obbligazioni e contratti, 2009, con nota di X. Xxxxxx.
11 Si rinvia al passo del Digesto già citato in precedenza: D.16,3,1 pr.
che ha dapprima luogo la dazione del bene al depositario ed è in dipendenza del suo esaurirsi che questi è successivamente tenuto a restituire il bene al depositante12. Va detto tuttavia che proprio a partire dalla norma citata si è ingenerata una qualche incertezza classificatoria inerente proprio la custodia, nel senso che l’averne il legislatore fatto oggetto di una obbligazione tra le altre, riferibili all’accipiens, pare a prima vista svilirne il ruolo complessivo nell’economia dell’operazione, e
metterne in ombra la pregnanza causale13.
Tralasciando quelle opinioni che, vigente il codice del 1865, indicavano la fun- zione del deposito ora in uno scopo di garanzia della costante disponibilità della cosa depositata14, ora nella «messa a disposizione di uno spazio»15, è infatti giusto in relazione all’art. 1766, ed a numerose altre disposizioni codicistiche (per es. l’art. 1770), che si è postulato il ridimensionamento della custodia a semplice criterio di responsabilità contrattuale e valorizzato piuttosto nella detenzione il connotato causale della fattispecie16. Ovvero ancora, argomentando dall’articolo 1177 c.c., che si è attratta la consegna entro i c.d. doveri secondari non autonomi ed individuata nella restituzione la funzione primaria del contratto in esame17.
Vero è, in effetti, che l’obbligazione di custodia risulta comune a molti para- digmi contrattuali, nei quali procede del resto sempre in una con l’obbligazione restitutoria o di consegna della cosa; tuttavia, mentre è giusto la prestazione di re- stituzione/consegna che altrove (per esempio nei contratti c.d. restitutori ovvero in quelli traslativi) giustifica, per l’appunto ex art. 1177 c.c., quella – prodromica – di custodia del bene, nel deposito il nesso tra tali due momenti risulta esattamente ribaltato, atteso che «si dovrà restituire perché ci si è assunti l’obbligo di custo- dire18», e quest’ultimo è d’altronte obbligo principale del rapporto, oltre che sua stessa ragione giustificativa19.
Venendo più in dettaglio alla tesi che scorge propriamente nella detenzione la causa del contratto di deposito, può rilevarsi come essa non mostri, a ben vedere, di reggere alla più parte delle obiezioni che le sono state mosse.
Criticabile è innanzitutto che la custodia manchi, come oggetto di obbligazione, di soddisfare il requisito di patrimonialità (della prestazione), siccome non produttiva
12 Cfr. X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxx, voce Deposito, in Dig. disc. priv., sez. civ., V, Torino, 1988, pp. 253 ss.; cfr. altresì Xxxxxx, I contratti reali, cit., p. 83.
13 Le incertezze alimentate, viceversa, proprio dalla formula dell’art. 1766 c.c. vigente sono messe in luce da X. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), in Enc. dir., XII, Milano, 1964, pp. 236 ss., ma spec. 237.
14 Complice la formulazione dell’art. 1860, c.c. abr., questa tesi era stata sostenuta da X. Xxxxxx,
I depositi a risparmio, Padova, 1939, p. 109.
15 Cfr. G. Bo, Il deposito, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da X. Xxxxxxxx, Torino, 1938, pp. 49 ss.; per una critica a questa impostazione cfr. Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., pp. 450-451.
16 Cfr. X. Xxxxxxx, Custodia e deposito, Napoli, 1958, passim, ma spec. 2, 52 e 257.
17 In questo senso X. Xxxxxxx, Obbligazioni «di risultato» e obbligazioni «di mezzo», in Riv. dir. comm., 1954, I, pp. 368 ss. V. altresì X. Xxxxxxx, Osservazioni in tema di «doveri di protezione», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, pp. 1342 ss.
18 Cfr. ancora Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 237.
19 Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 237 suggeriscono non a caso che la locuzione, contenuta nell’art. 1766 c.c., «con l’obbligo di custodirla», sia staccata dalla successiva
«e di restituirla». Sulla rilevanza causale che la essenzialità e centralità della prestazione di custodia presenta nel deposito cfr. X. Xxxxxxxxxxx, voce Custodia. I. Disciplina privatistica, in Dig. disc. priv., X, Bologna-Roma, Treccani, 1988, pp. 1-2.
di una «utilitas diretta ed immediata nella sfera patrimoniale del creditore»20; xxxxxx- xxxx infatti che la prestazione sia suscettibile di valutazione economica non importa che il suo adempimento sia tale da mettere capo ad incrementi nel patrimonio del soggetto attivo del rapporto, bensì che quanto dovuto sia in grado di soddisfare un bisogno per il cui appagamento sia normalmente giustificata – come è senza dubbio vero nel caso del deposito21 – la sopportazione di un sacrificio economico22. Non più convincente è d’altra parte, l’assunto che dall’incoercibilità dell’obbli-
go di custodire ricava l’inesigibilità del relativo comportamento e quindi, in defi- nitiva, ancora una volta, l’inesistenza stessa di una obbligazione in senso tecnico23.
Al di là del rilievo per cui il limite alla possibilità di conseguire coattivamente il risultato dovuto è in realtà comune alla più parte delle obbligazioni di fare, senza per ciò stesso implicarne la messa in discussione come categoria a sé24, gli è che giusto la disciplina del deposito, attraverso l’articolo 1770 c.c., consente al depo- sitante non solo di svolgere un ruolo preventivo di conformazione della custodia e dei suoi termini (comma 1), ma, se del caso, anche di intervenire in itinere rispetto a sue deviazioni dalla traiettoria prefissata25.
Ciò, precisamente, dovendo il tradens essere tempestivamente informato dal de- positario, quante volte questi risulti costretto ad esercitare la custodia diversamente da come stabilito (comma 2), e potendo altresì l’uno reagire a modifiche (comunica- tegli ma) non gradite o più in generale a condotte dell’altro, integranti violazione dei doveri di conservazione, attivando specifici rimedi, quali la risoluzione del contratto (in caso di deposito oneroso); ovvero richiedendo l’immediata restituzione del bene depositato (in caso di deposito gratuito), stante la decadenza del debitore-depositario dal beneficio del termine eventualmente convenuto a suo favore (ex art. 1771 c.c.), ai sensi dell’articolo 1804 c.c., qui ritenuto analogicamente applicabile26.
Tranciante appare, infine, l’osservazione per cui la detenzione altro non ri- sulta che modalità tipica con cui si realizza, nel deposito, la custodia medesima. Come è stato opportunamente sottolineato, il detenere non può ammettersi in forma incolore, nel senso cioè che, non soddisfacendo in sé l’interesse finale del negozio – di deposito come degli altri negozi nei quali ricorra come elemento caratteristico – esso in tanto si giustifica in quanto ammonti a strumento per il conseguimento di finalità diverse o per meglio dire ulteriori, queste sì propriamente integranti la causa contrattuale27.
Non a caso, del resto, in giurisprudenza, la strumentalità della detenzione alla finalità custodia si conferma in ciò, che la responsabilità in capo all’accipiens viene
20 Così invece Majello, Custodia e deposito, cit., p. 40.
21 Cfr. Xxxxxxx e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 254, i quali richiamano l’evoluzione stessa che ha interessato il contratto di deposito e che lo ha visto progressivamente affrancarsi dai rapporti di cortesia e muoversi, viceversa, in direzione di quelli professionali; vedi altresì Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 242.
22 Cfr. X. Xxxxxxxxxxx, Recensione a X. Xxxxxxx, Custodia e deposito, in Riv. dir. civ., 1961, I, p. 407;
X. Xxxxxxxxxx, L’obbligazione, I, Milano, 1968, p. 38.
23 Cfr. Majello, Custodia e deposito, cit., p. 40.
24 Cfr. ancora Xxxxxxxxxxx, Recensione, cit., p. 407.
25 Cfr. Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., 239; Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 254, i quali, peraltro, nella medesima direzione richiamano anche l’art. 1772 c.c. V. altresì, da ultimo, Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., p. 32.
26 Cfr. Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., pp. 239-240 e spec. nota 12.
27 Cfr. ibidem, p. 249; Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., p. 458.
fatta discendere dal fatto della mera consegna del bene, indipendentemente dalla sussistenza anche di un accordo espresso che formalizzi l’assunzione dell’impegno (dell’accipiens stesso) alla sua conservazione materiale28.
Quanto, poi, alla diversa lettura che, anche sulla scorta della indicazione ge- nerale ricavabile dall’art. 1177 c.c., pone la custodia in posizione ancillare rispetto alla restituzione, e più precisamente quale obbligo integrativo e strumentale al suo adempimento29, si è osservato come la restituzione segni in realtà l’epilogo del rapporto, senza anche però dar conto della sua finalizzazione: non ha infatti senso dire «che si consegna una cosa all’accipiens, affinché quest’ultimo la restituisca al tradens» e, d’altra parte, «nessun rapporto di durata può essere spiegato col sem- plice fatto della sua estinzione»30.
Ebbene, giova ribadire, nel deposito, in tanto la consegna iniziale della cosa si giustifica in quanto con essa il depositante possa allontanare il bene da sé per un certo tempo, ed affidarne ad altri cura e conservazione; di conseguenza, non solo è il dover restituire a spiegarsi in virtù dell’esaurimento di quella finalità e non an- che l’inverso, ma esso assume persino i tratti della eventualità, ben potendo infatti risultare escluso ab origine o venir meno in itinere31.
Ancora in vista della più puntuale messa a fuoco della causa depositi, mette infine conto sottolineare quanto netto sia il distinguo che corre tra lo scopo di custodia, su cui per l’appunto si regge il contratto di cui all’art. 1766 c.c., e quello di amministrazione del bene, configurabile per esempio nell’ambito di un rapporto di mandato, oltre che ammissibile nell’ambito del sequestro convenzionale (art. 1800, comma 3, c.c.), che al deposito era originariamente legato come specie a genere. Mentre, infatti, nel primo caso (custodia) a null’altro si tende – ed è tenuto l’obbligato – che alla preservazione del bene nella sua materialità, nel secondo (am- ministrazione), l’obbligazione principale importa innanzitutto il doversi provvedere all’impiego economico del bene stesso, ancorché, il più delle volte, in una con una implicita prestazione di custodia32.
2.1. Segue. La diligenza del depositario
Assodata, dunque, la pregnanza causale della custodia, all’interno dello schema del deposito, di essa restano da chiarire contenuti ed ampiezza quale principale prestazione posta a carico del depositario.
A dispetto della rubrica dell’art. 1770 c.c., non è invero dato rintracciare, né in tale disposizione né in altre del medesimo Capo, elementi oggettivi che consentano di legare l’esatto adempimento della obbligazione di custodire alla effettuazione di singole operazioni standard, dettagliatamente individuate.
28 Cfr. Cass. 11 giugno 2008, n. 15490, in Danno e responsabilità, 2008, p. 1045.
29 Cfr. ancora Xxxxxxx, Obbligazioni «di risultato», cit., p. 370.
30 Cfr. Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 245, da cui i corsivi riportati nel testo.
31 Cfr. Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 267, i quali espressamente prospettano, nell’un senso dell’alternativa di cui al testo, il caso di un deposito che acceda ad una vendita condizionata e, nell’altro, le ipotesi di cui agli artt. 1776 e 1780 c.c.
32 Cfr. Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., pp. 32-33.
Espliciti sono al più taluni limiti al potere del depositario, per il cui tramite vie- ne peraltro ribadito il primato che, nel governo del rapporto, spetta all’autonomia privata, ed in special modo alla volontà del tradens. Così, è preclusa all’accipiens la facoltà d’uso o di sub deposito del bene, salvo espresso consenso del depositante (art. 1770, comma 1, c.c.)33; ed ancora, rispetto ad una custodia che circostanze urgenti impongano di attuare secondo modalità diverse da quanto pattuito, si fa obbligo al depositario di informare tempestivamente la sua controparte (art. 1770, comma 2, c.c.).
Più chiaramente definiti o definibili sono, semmai, i c.d. obblighi accessori del depositario, essi stessi correlati alla esecuzione della prestazione principale (di custodia) e fatti oggetto di disposizioni espresse, quando non direttamente desumibili dal canone generale di buona fede. Si iscrivono nel primo gruppo i già menzionati obblighi informativi (art. 1770 c.c.), nonché quello di restituzione dei frutti (art. 1775 c.c.); alla seconda tipologia si ritiene vadano invece ascritti il dovere di provvedere a riparazioni necessarie ed urgenti ai fini della migliore custodia, ovvero quello di mantenere il riserbo su notizie apprese in ragione del contratto34. Tornando ai contenuti propri – e positivi – del custodire può allora dirsi che,
al variare dell’oggetto mediato del contratto (il bene depositato), del suo valore, nonché dell’economia stessa del rapporto (a seconda cioè se gratuito o oneroso), si registri una diversa morfologia del facere dovuto, cosicché starà in ultima analisi all’interprete apprezzare di volta in volta l’assetto complessivo di interessi ed i suoi termini, onde potere valutare, rispetto ad essi, l’esattezza o meno del comporta- mento esecutivo tenuto dall’accipiens35.
Senonché, siffatta variabilità, o se si preferisce non predeterminabilità astratta, dei contenuti in cui deve declinarsi e risolversi l’obbligazione principale a carico del depositario finisce però con l’attribuire una posizione di particolare centralità, nell’intera disciplina del deposito, alla norma contenuta nell’art. 1768 c.c.
Questa fa obbligo al depositario di osservare la diligenza del buon padre di famiglia, e prescrive un minor rigore della sua eventuale responsabilità per colpa in caso di deposito gratuito. Dal che si staglia, allora, una duplice divaricazione dello statuto del contratto in esame: intanto a seconda che il depositario abbia o meno veste professionale, e quindi in base alla gratuità o onerosità del rapporto.
Scegliendo di abbandonare ogni riferimento alla c.d. diligenza concreta o quam suis rebus, viceversa presente nell’art. 1834 del c.c. abrogato, il legislatore del 1942 ha optato per un modello tanto astratto quanto medio di diligenza prescritta al depositario. Al contempo, stante la regola generale dettata dall’art. 1176 c.c., ed in particolare stante il suo comma 2, anche nel caso del deposito la diligenza richiesta sarà più elevata in corrispondenza di una qualificazione professionale del depositario, venendo cioè a riferirsi allo standard richiesto per lo svolgimento di quella data attività professionale.
Quanto invece alla maggiore tenuità della responsabilità ex latere accipientis, in caso di gratuità del rapporto, si ritiene che questa non importi tanto una riduzione
33 Incorrendo, il depositario che violi tale prescrizione, nel c.d. furto d’uso: sul punto, e sulla qualificazione penalistica alternativa della appropriazione indebita v. comunque Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., pp. 94-95.
34 Cfr. Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 270.
35 Cfr. ibidem, p. 267.
della soglia minima di diligenza al di sotto del parametro del «buon padre di fami- glia», così da escludere di fatto ogni responsabilità per colpa lieve; bensì che incida sulla misura del danno liquidabile, il quale, pur composto, come di consueto, dalle voci del danno emergente e del lucro cessante, dovrà essere attenuato nel quantum, sulla base di un principio che si evince del resto anche da disposizioni relative a situazioni affini, quali segnatamente l’art. 2030, comma 2, c.c.36.
3. L’obbligazione restitutoria e la responsabilità «ex recepto»
Non è tuttavia tanto in sé considerato che l’art. 1768 c.c. gioca un ruolo centrale nel regime del contratto di deposito, quanto piuttosto laddove posto in relazione con l’art. 1780 c.c., dedicato alla perdita non imputabile della detenzione della cosa. A conferma del primato – logico e cronologico – che, nel quadro del deposito, spetta al custodire sul restituire, va osservato come non solo la prestazione resti- tutoria in tanto abbia senso, in quanto sia stata preceduta da consegna a scopo di custodia; ma che il suo stesso adempimento, oltre a segnare il termine finale
dell’altra prestazione, scandisce anche il momento di verifica della sua esattezza. Ebbene, il legislatore prende in esame, dedicandovi per l’appunto la disposi-
zione contenuta nell’art. 1780 c.c., l’ipotesi in cui, perduta la detenzione del bene, e dunque essendosi verificato un inadempimento assoluto del facere di custodia, il depositario non possa, com’è ovvio, neppure adempiere l’obbligazione susseguente di restituzione. Precisamente, è previsto che il depositario sia liberato da ogni vin- colo (restitutorio) e messo sostanzialmente al riparo da qualsivoglia responsabilità, quante volte abbia sì perduto la detenzione della cosa, ma in conseguenza di un fatto a lui non imputabile.
Da qui, pertanto, il porsi dell’interrogativo circa i contenuti della prova libe- ratoria a carico dell’accipiens e, particolarmente, circa le ricadute che possa even- tualmente spiegarvi la dimostrazione dell’aver osservato una condotta diligente, ai sensi dell’art. 1768 c.c.
Non v’è, certo, chi non veda come si riproduca qui il medesimo nesso che si dà, in termini generali, tra gli artt. 1176 e 1218 c.c.37 e su cui pure l’economia di questo scritto non dà modo di soffermarsi.
Può però senz’altro essere rilevato come, contro la tesi più restrittiva che, come è noto, fornisce una lettura rigidamente oggettiva delle cause non impu- tabili di inadempimento, così da farle praticamente coincidere solo con fatti sì esterni alla prestazione ma altresì estranei ad ogni possibilità di controllo del debitore (caso fortuito e forza maggiore38), sia viceversa da ritenere che, ferma la
36 In tal senso x. Xxxxxx, I contratti reali, cit., pp. 112 ss., nonché in L’attuazione del rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, continuato da X. Xxxxxxx, XVI, 2, Milano, 1984. La traduzione in una minor misura del quantum debeatur, del
«minor rigore» evocato dal capoverso dell’art. 1768 c.c., oltre che condivisa dalla più parte della dottrina (cfr., per tutti, Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., p. 516) non manca di trovare precisi riscontri in giurisprudenza: cfr. Cass. 8 giugno 2000, n. 7763, in Contratti, 2000, p. 1124, con nota di ?? Natale.
37 Cfr. Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 265.
38 Il riferimento non può qui non farsi alla nota posizione di G. Osti, Revisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, in Riv. dir. civ., 1918, pp. 209 ss.
distinzione tra quelle e questi39, il debitore stesso possa andare esente da respon- sabilità anche provando che lo sforzo eventualmente necessario per prevedere e prevenire la causa poi occorsa di impossibilità della prestazione fosse esorbitante la misura esigibile40.
Quanto dire, in tema di deposito, che la perdita della detenzione – con ciò intendendo vuoi le ipotesi di sottrazione, vuoi quelle di distruzione del bene – in- tegrerà causa non imputabile di inadempimento delle obbligazioni di custodia e restituzione se, provatone il fatto determinativo, il debitore avrà altresì dimostrato l’esorbitanza della previsione/prevenzione di questo rispetto allo sforzo richiestogli ed effettivamente profuso41.
Se ne ha del resto ampia riprova prestando attenzione all’indirizzo giurispru- denziale ormai divenuto largamente maggioritario. A fronte dell’onere probatorio in capo al depositante, consistente nel mero riscontro circa l’avvenuta consegna della cosa e dei danni subiti dall’inadempimento (dell’obbligazione di custodia), quello viceversa addossato al depositario, onde poter conseguire la liberazione, non potrà limitarsi alla dimostrazione del proprio agire diligente, ma dovrà includere anche la prova dell’accadimento – per esempio il furto – che abbia privato della detenzione del bene, nonché della sua non imputabilità, seppur da apprezzare, come illustrato, alla stregua del grado di diligenza prescritto42.
Soluzione analoga, in termini di valutabilità delle cause non imputabili sulla base dello sforzo diligente esigibile dal depositario, ci pare poi possa valere anche in presenza di inadempimento parziale della prestazione di custodia, qual è quello che si registra laddove semplici danneggiamenti – e non anche smarrimento o di- struzione – siano occorsi al bene, senza che quindi ne sia interdetta la restituzione. Ebbene, pur versandosi al di là del raggio di azione della regola dettata dall’art.
1780 c.c., non si ravvisano ragioni per escludere che, in forza di un raccordo diretto tra gli artt. 1768 e 1218 c.c., il depositario inadempiente possa parimenti andare esente da responsabilità, provando che i danneggiamenti siano stati frutto di cause a sé non imputabili, avuto ancora una volta riguardo allo sforzo diligente richiestogli ed effettivamente profuso43.
Fuori discussione è, viceversa, che il medesimo soggetto risponderà dei danni arrecati alla cosa quante volte la causa di inesatta esecuzione della prestazione ri- sulti a sé imputabile, salva semmai una minor misura dell’obbligazione risarcitoria rispetto a quanto normalmente spettante per perdita totale del bene.
39 Cfr. X. Xxxxxxx, Caso fortuito (dir. civ.), in Enc. dir., VI, Milano, 1960, pp. 377 ss., ma spec. 384.
40 Cfr. X. Xxxxxx, L’attuazione del rapporto obbligatorio, Milano, 1974, pp. 71 ss., ma spec. 80 ss.; C.M. Xxxxxx, Inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, pp. 85 ss.; X. Xx Xxxx, Delle obbligazioni in generale, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, pp. 463 s., ma spec. 468-469.
41 V. per tutti, Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., pp. 536-539. In senso contrario v. tuttavia Xxxx. 29 luglio 2004, n. 14470, in Mass Giur. it., 2004, nonché Cass. 28 maggio 2001, n. 7226, in Giust. civ., 2001, I, p. 2256.
42 Cfr. Cass. 7 ottobre 2010, n. 20809, in Contratti, 2011, pp. 567 ss., con nota di X. Xxxxxxx. Per una estensione di questo principio anche alla fattispecie di contratto misto di affidamento di un’autovettura ad un’officina in vista della sua riparazione, cfr., ex multis, Cass. 6 maggio 2010, n. 10956, in Contratti, 2010, p. 817 nonché Cass. 6 luglio 2006, n. 15364, in Arch. giur. circ., 2007, p. 1079.
43 Cfr. Cass. 27 marzo 2009, n. 7529, in Mass. Giur. it., 2009, ove è peraltro anche affermato il principio secondo cui si presume, fino a prova del contrario, che la cosa sia stata consegnata in buone condizioni.
Sempre stando, poi, alla lettera dell’art. 1780 c.c., il depositario che pure possa ritenersi liberato dalla propria obbligazione contrattuale sarà comunque tenuto a dare tempestiva notizia dell’accaduto (perdita della detenzione) al depositante, sotto pena di risarcimento del danno.
A parte l’opportuno rilievo per cui, mettendo unicamente capo, la mancata denunzia del fatto, ad un’obbligazione risarcitoria del depositario, questi non potrà ritenersi implicitamente tenuto a promuovere un’azione di reintegrazione o comunque ad attivarsi per il recupero della cosa44, può aggiungersi che siffatta misura risarcitoria è, in definitiva, altra da quella della responsabilità da inadem- pimento delle obbligazioni principali (di custodia e restituzione).
L’immediata denunzia ammonta, infatti, ad obbligazione accessoria di prote- zione del patrimonio del depositante, analoga ad altre già esaminate ed aventi del pari contenuto di facere informativo (per es. l’art. 1770 c.c.)45; di talché, però, il suo eventuale inadempimento non potrà che generare una responsabilità la quale, sotto il profilo del quantum debeatur, sarà limitata ai soli danni che siano conseguenza immediata e diretta della mancata o intempestiva comunicazione46.
Xxxxx infine precisare che, rispetto a questo complessivo regime di responsabi- lità ex recepto, mentre saranno certo possibili clausole di esonero convenute dalle parti, seppure entro i limiti dettati dall’art. 1229 c.c., troverà viceversa applicazione l’art. 1341 c.c. per clausole limitative predisposte unilateralmente da un contraente, dovendo esse infatti intendersi come vessatorie47.
Tale ultimo profilo ha trovato particolare riscontro nella prassi giurisprudenzia- le, in relazione alla regolamentazione di aree comunali destinate a sosta oraria dei veicoli. Mentre infatti la mera istituzione di un’area con sosta a pagamento (ex art. 7 del codice della strada) non integra in sé gli estremi del c.d. contratto atipico di parcheggio, e non genera dunque le obbligazioni di custodia che di questo – rite- nendosi ad esso integralmente applicabile la disciplina del deposito – sono effetto naturale48; diversamente varrà quante volte quell’area risulti uopo recintata ed affidata alla gestione di una società.
Identificandosi qui giusto un contratto di parcheggio, se per un verso la mera introduzione del veicolo nell’area integrerà già il perfezionamento del contratto; per l’altro, ogni limitazione della responsabilità dovrà passare per le forme dettate dall’art. 1341 c.c.49, salvo che all’esterno del parcheggio stesso – accessibile, per esempio, mediante ritiro di un biglietto e superamento di sbarra di accesso – non sia ben visibile l’avviso «non custodito», così da rendere già la relativa offerta al pubblico completa e chiara sotto il profilo informativo50.
Al medesimo statuto – specie in termini di responsabilità e sue limitazio- ni – deve, inoltre, aggiungersi che si sarà costretti a far capo in relazioni a fatti- specie contrattuali atipiche, ove la causa di custodia si fonda con altre, in vista di
44 Cfr. Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., p. 539.
45 Così, per esempio, Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., p. 207.
46 Cfr. ancora Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., p. 540. In giurisprudenza v., in senso conforme, Cass. 11 novembre 2003, n. 16950, in Danno e responsabilità, 2004, p. 678.
47 Cfr. Cass. 15 novembre 2001, n. 16079, in tema di c.d. rimessaggio invernale di roulotte.
48 Cfr. Cass. 13 marzo 2009, n. 6169, in Foro it., 2009, I, c. 1005.
49 Cfr. Cass. 27 gennaio 2009, n. 1957, in Giur. it., 2009, p. 2411; Cass. 13 marzo 2007, n. 5837,
in Giur. it., 2007, n. 1912.
50 V., sul punto, Cass. 20 dicembre 2005, n. 28232, in Danno e responsabilità, 2006, p. 331.
un più complesso assetto di interessi, ed in cui la prestazione di custodia rivesta una posizione per così dire strumentale rispetto a diverse prestazioni: questo, per esempio il caso del contratto di ormeggio51, di rimessaggio di natante52, di consegna dell’autovettura ad un’officina per la sua riparazione53. A dispetto della connotazione atipica dello schema contrattuale nel suo complesso, non v’è dubbio infatti come, in tali ipotesi, le prestazioni di custodia e restituzione continueranno a rimanere regolate secondo le disposizioni specificamente dettate in tema di de- posito propriamente detto54.
3.1. Segue. ???
Come già quella di custodia, anche l’altra obbligazione principale posta a carico del depositario, vale a dire quella di restituzione del bene, è poi fatta oggetto di un più articolato ventaglio di disposizioni ad essa dedicate, oltre a quella definito- ria (art. 1766 c.c.) ed a quella sulla perdita non imputabile della detenzione (art. 1768 c.c.).
Fa sostanzialmente applicazione delle regole generali sul termine di adempi- mento delle obbligazioni la norma sulla esigibilità del diritto di credito relativo alla riconsegna della cosa (art. 1771, comma 1, c.c.), soggetto peraltro a prescrizione ordinaria con decorrenza dal giorno della richiesta di restituzione. Così, il depo- sitario sarà tenuto a restituire il bene a semplice richiesta del depositante – questa ultima inverando, peraltro, atto di messa in mora – salvo che non sia stato conve- nuto un termine (di restituzione) a suo favore, come può bene accadere in funzione dell’interesse di fare un uso della cosa, laddove consentito, per un certo lasso di tempo, ovvero di maturare il diritto al corrispettivo55.
La restituzione può tuttavia venire richiesta, ex art. 1771, cpv. ??, c.c., anche dallo stesso depositario, con il solo limite della eventuale sussistenza di un termine a favore del creditore (-depositante), anche qui sostanzialmente in linea con le previsioni generali dettate dagli artt. 1183-1185 c.c.
Configurandosi, in tal caso, una precisa (e simmetrica) obbligazione a carico del depositante, consistente nel dover ricevere il bene, è peraltro pacifico che il ritardo nell’adempimento faccia scaturire, in capo a questi, una responsabilità per i danni conseguenti56.
Quand’anche manchi ogni determinazione temporale il giudice può, d’altra parte, assegnare allo stesso tradens un congruo termine entro cui effettuare la presa
51 Cfr. Cass. 19 agosto 2009, n. 18419, cit.
52 Cfr. Cass. 28 ottobre 2010, n. 22803, cit.
53 Cfr. Cass. 6 maggio 2010, n. 10956, in Contratti, 2010, p. 417; Cass. 6 luglio 2006, n. 15364, cit.
54 Cfr. X. Xxxxxx, Deposito, in A. Palazzo e X. Xxxxxxxxx (a cura di), I contratti gratuiti, in Trattato dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx x X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 383 ss., spec. 400-401.
55 Cfr. Xxxxxxxxxxx, Il deposito, cit., p. 525.
56 Ciò è quanto, per esempio, precisato dalla Corte di Cassazione, in relazione all’affidamento a società private, da parte dei comuni, del servizio di rimozione coattiva dei veicoli in sosta vietata, con custodia degli stessi fino a ritiro da parte dei proprietari; pattuito (e spirato), infatti, un termine finale di efficacia dell’obbligo di custodia ovvero venendo avanzata richiesta espressa da parte della società depositaria, è obbligo del comune – in qualità di depositante – provvedere al ritiro del mezzo depositato: cfr. Cass. 4 maggio 2011, n. 9751.
in carico del bene, all’evidente scopo di consentirgli di apprestare gli spazi necessari e/o predisporre le cautele del caso, legate al rientro della cosa nella propria sfera di controllo e di rischio.
Altre disposizioni concernenti la restituzione sono poi quelle che ne regolano il luogo di effettuazione e le spese relative (art. 1774 c.c.), la legittimazione attiva (art. 1777 c.c.)57 anche in caso di più depositanti e depositari (art. 1772 c.c.), l’esistenza di un soggetto terzo interessato al deposito (art. 1773 c.c.) ovvero la provenienza del bene da reato (art. 1778 c.c.).
Una trasformazione dell’obbligazione restitutoria primaria, nell’obbligo suc- cedaneo di restituzione del corrispettivo è, poi prevista – salva la surrogazione a favore del depositante – in relazione al caso in cui l’erede del depositario abbia, in buona fede, alienato il bene a terzi (art. 1776 c.c.); è, viceversa, causa estintiva di quella medesima obbligazione l’acquisita conoscenza, da parte del depositario medesimo, che il bene gli appartenga (art. 1779 c.c.).
A completamento di questa panoramica dedicata alla prestazione restitutoria e, per essa, ancora al regime di responsabilità ex recepto nel suo insieme, non può, infine, omettersi il riferimento ad un profilo di particolare rilievo ricostruttivo.
Questo attiene precisamente alla non compensabilità tra il debito di restituzione e crediti eventualmente vantati dal depositario al rimborso delle spese o più sem- plicemente alla corresponsione di un premio (art. 1781 c.c.), per lo meno quante volte il deposito abbia causa onerosa e, quale oggetto mediato, cose fungibili58. Ciò, precisamente, essendo inequivoco il tenore dell’art. 1246, comma 1, n. 2, c.c. Altra cosa dalla compensazione è, tuttavia, il diritto di ritenzione che, quale tipica forma di autotutela, spetterà al depositario a fronte del mancato pagamento delle somme che gli siano dovute, vantando egli un privilegio speciale sul bene
oggetto di deposito (art. 2761, comma 3, c.c.).
Laddove, infatti, la compensazione mette capo ad un effetto di estinzione parziale o totale di due crediti contrapposti, l’esercizio della ritenzione semplice- mente pospone l’adempimento dell’obbligazione di restituzione, riproducendo così un effetto che solo in senso lato può essere accostato a quello dell’eccezione di inadempimento, questa presupponendo infatti una corrispettività – e simulta- neità d’adempimento – tra le due prestazioni che non è invece dato riscontrare tra restituzione e compenso59.
57 Cfr. Cass. 12 marzo 2010, n. 6048, in Notariato, 2010, p. 366.
58 Escluso resta, dunque, ex art. 1243 c.c., il caso in cui il contratto verta su beni infungibili. D’altra parte, sempre in relazione alle cose fungibili, se è vero che la ratio dell’art. 1246 risiede in ciò, che per i beni dati a deposito o concessi in comodato, il depositante (-comodante) conserva il possesso mediato sugli stessi, si comprendono le ragioni per le quali questo divieto non varrebbe anche in presenza di mancata individuazione dei beni fungibili depositati, atteso che in tal caso si determinerebbe un effetto traslativo ad essi relativo e la fattispecie slitterebbe sotto le insegne del deposito irregolare (art. 1782 c.c.). Si aggiunga poi che, in caso di deposito oneroso, l’esercizio del diritto di ritenzione da parte del depositario, se per un verso non fa venir meno l’obbligo di custodire in capo ad esso, gli garantisce il diritto al compenso per tutto il protrarsi della ritenzione: cfr. Cass. 16 luglio 1997, n. 6520, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 205, con nota di X. Xxxxxxxxxx.
59 Sulle differenze tra eccezione di inadempimento ed eccezione di ritenzione si vedano i classici lavori di X. Xxxxxxx, L’exceptio non ademplieti contractus nel diritto civile italiano, in Annali del se- minario giuridico della regia Università di Palermo, VIII, Palermo, 1921, pp. 75 ss. (relativa, tuttavia, all’impianto del codice civile del 1865) e di X. Xxxxxxxxxxx, voce Eccezione di inadempimento, in Noviss. Dig. it., VI, Torino, 1960, p. 357.
4. Consegna ed oggetto mediato del contratto. Il deposito irregolare
La lettera dell’art. 1766 c.c. fissa nella consegna – ammissibile anche come ficta traditio60 – un elemento senza dubbio essenziale del deposito. Solo per suo tramite è del resto possibile che si realizzi la funzione tipica che è assegnata a questo contratto e che consiste nella possibilità che il depositante allontani da sé gli oneri materiali della preservazione della res, allocando nella altrui sfera giuridica la sopportazione dei relativi rischi di distruzione.
Di più, però, la norma definitoria prima richiamata fa della consegna un ele- mento a ben vedere perfezionativo della fattispecie, piuttosto che il momento semplicemente esecutivo di un «accordo» già raggiunto con il solo consenso.
Il legislatore, infatti, adoperando qui la medesima formula poi impiegata in relazione al comodato (art. 1803 c.c.) ed al mutuo (art. 1813 c.c.), fissa giusto nella consegna la conclusione del contratto e, di conseguenza, il prodursi delle principali obbligazioni (ex latere accipientis) che ne costituiscono effetto naturale.
Risiede in ciò un forte tratto di continuità con la tradizione, vuoi nel segno dell’impostazione romanistica61, vuoi soprattutto alla stregua della connotazione eminentemente gratuita che dell’operazione in questione è stato a lungo tratto pe- culiare62 e che vale, in definitiva, ad ancorare la ratio stessa della realità alla causa del negozio.
Se è vero infatti che il deposito può bene maturare nell’ambito dei rapporti
c.d. di cortesia63 ecco allora fissarsi giusto nella traditio rei lo spartiacque tra non giuridico e giuridico, o per meglio dire il momento a partire dal quale il rapporto entra nella zona del diritto, esplicitando l’assunzione dell’obbligo di custodire da parte del depositario64.
Proprio a partire da questa peculiare funzione assolta dalla consegna, quale veicolo cioè della volontà delle parti e della vincolatività del loro rapporto, si è invero talora postulato il carattere in realtà formale del contratto di deposito65. Tranciante risulta, tuttavia, in senso contrario, una mancata espressa previsione normativa, viceversa ordinariamente richiesta (arg. ex art. 1325, n. 4, c.c.)66.
Senonché, ricostruita in funzione della connotazione gratuita dell’operazione la ratio della consegna quale elemento perfezionativo del deposito, si apre allora uno spazio argomentativo nella direzione di una possibile deviazione da questo solco. Non v’è ragione, in effetti, di escludere che, specie in presenza di una causa onerosa del rapporto – per esempio desunta dalla qualifica professionale del depositario – sia possibile riscontrare la meritevolezza di un interesse delle parti
60 Cfr. Cass. 27 marzo 2007, n. 7493, cit.; Cass. 25 settembre 1998, n. 9596, in Contratti, 1998, p. 613.
61 Cfr. Xxxxxx, I contratti reali, cit., p. 27.
62 Cfr., per tutti, X. Xxxxxxx, Mutuo e deposito irregolare, Milano, 1968, pp. 229 ss.
63 V., sul punto, Xxxxxx, Deposito, cit., pp. 383 ss.
64 Cfr. ancora Galasso, Xxxxx e deposito irregolare, cit., p. 229; Xxxxxxx e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., pp. 255-256; Xxxxxx, I contratti reali, cit., p. 27, il quale sul punto osserva che «la struttura reale del contratto è parsa al legislatore, tenuto conto del clima socioeconomico sul quale si innesta il nostro ordinamento, più idonea ad assicurare la causa di certi nomina, più di quanto lo sarebbe lo schema generale meramente consensuale».
65 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, I contratti reali, Milano, 1952, pp. 95 ss.
66 Cfr. Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 257.
ad un perfezionamento in realtà consensuale del deposito67. Xx, a ben vedere, persino in presenza di un rapporto da qualificare come gratuito potrebbe doversi apprezzare come meritevole di tutela l’interesse ad una strutturazione su basi consensuali della conclusione del contratto, per esempio quante volte il depo- sito stesso ammonti a segmento di una più complessa operazione economica di carattere lucrativo.
Si palesa, in altri termini, «l’insufficienza del criterio che fonda sul carattere oneroso o gratuito l’ammissibilità o l’inammissibilità di un accordo consensuale atipico di contratto reale», poiché per esempio «l’interesse che spinge l’accipiens alla stipulazione del contratto, anche se non è convenuto un corrispettivo» può bene non essere dettato da motivi altruistici/solidaristici ma da un preciso intento economico, pur se conseguito appieno solo attraverso una attività professionale di cui il deposito non costituisce che semplice componente68.
La medesima impostazione che fa capo all’apprezzamento, caso da caso, del ricorrere di interessi meritevoli di tutela, pare poi doversi adottare in riferimento alla ipotizzata stipulazione di un contratto preliminare di deposito69, ferma natu- ralmente restando, in caso affermativo, la interdizione – per esclusione dettata dal titolo – dell’eseguibilità in forma specifica, per lo meno quanto volte si tratti di preliminare di deposito reale70.
Venendo, poi, all’oggetto mediato del contratto in esame, l’art. 1766 c.c. lo restringe alla cosa mobile71, tagliando dunque fuori dal raggio d’azione della nor- ma – e, con essa, dell’intero schema negoziale – le energie naturali le cose incor- porali e, soprattutto, i beni immobili. D’altra parte, come rilevato in dottrina72, giusto la esclusione di questi ultimi – la cui custodia è configurabile all’interno di altri schemi negoziali, in concorso con altre obbligazioni (per es. il contratto d’opera o quello, atipico, di portierato) – non comporta conseguenze pratiche di particolare momento atteso che, come in tutte le ipotesi in cui la causa di custodia venga a concorrere o fondersi con altre funzioni, dando vita a schemi terzi rispetto al deposito (tipici o atipici che siano), la disciplina dell’obbligo di custodire rimarrà pur sempre quella attingibile dagli artt. 1766 ss. c.c., salvi i limiti di compatibilità. Ferma allora la delimitazione ai beni mobili, va aggiunto semmai che, in ragione della sequenza consegna-custodia-restituzione, cui il deposito dà tipicamente luogo,
essenziale risulta che essi siano determinati ed individuati.
Lo conferma indirettamente l’art. 1782 c.c., che qualifica infatti come irregolare il deposito che abbia ad oggetto danaro ovvero beni fungibili per i quali sia stata attribuita al depositario la facoltà d’uso. Nell’uno come nell’altro caso, infatti, la consegna senza specifica individuazione – ancor più, in verità, dell’attribuzione della facoltà di servirsi dei beni73 – metterà capo anche ad un effetto reale a favore
67 V., per tutti, Galasso, Xxxxx e deposito irregolare, cit., pp. 231 ss.
68 Cfr., anche per i corsivi riportati nel testo, ancora Xxxxxxx, Xxxxx e deposito irregolare, cit.,
p. 233 e nota 214.
69 Cfr. Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 256.
70 Sia qui consentito rinviare a X. Xxxxxxxxx, Dal preliminare ai preliminari: la frammentazione dell’istituto e la disciplina della trascrizione, in Contratto e impresa, 1999, pp. 98 ss., ma spec. 148 ss.
71 Sulla configurabilità di un deposito che abbia ad oggetto universalilità cfr. Dalmartello e Xxxxxxx, voce Deposito (diritto vigente), cit., p. 257.
72 Cfr. Galasso e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 258.
73 Cfr. da ultimo Cass. 23 aghosto 2011, n. 17512.
del depositario, tenuto non a caso alla restituzione del tantundem eiusdem generis, anziché a quella in natura di quanto consegnatogli.
In relazione a questa ultima fattispecie, si è invero messa talora in dubbio l’ap- partenenza allo schema generale del deposito, postulandosi viceversa la maggior pertinenza di quello del prestito di consumo, vuoi a cagione del prodursi di un effetto traslativo, vuoi dell’esplicito rinvio alle norme sul mutuo, in quanto appli- cabili (art. 1782, cpv. ?? c.c.), a partire per esempio dalla disciplina degli interessi che il depositario dovrà corrispondere al depositante74.
In direzione esattamente opposta, nondimeno, oltre che all’argomento si- stematico, che vede il deposito irregolare collocarsi per l’appunto entro il Capo XII, Sezione I del Libro IV, si è persuasivamente argomentata l’appartenenza del contratto di cui all’art. 1782 al medesimo schema causale di quello di deposito, comune essendo infatti la finalità di conservazione e sicurezza benché, nella fatti- specie irregolare, essa non sia riferita tanto alle cose nella loro individualità bensì alla garanzia della loro restituzione per equivalente di genere e quantità75.
5. Il deposito in albergo e nei magazzini generali
Tipiche varianti di impresa del contratto di deposito sono, come si è anticipato, il deposito in albergo (art. 1783 ss. c.c.)76 e quello nei magazzini generali (art. 1787 ss., c.c.)77.
A parte la naturale onerosità che contraddistingue entrambe le fattispecie, e che è strettamente legata alla loro funzionalità allo svolgimento di attività economiche organizzate, ciò che accomuna le stesse e d’altra parte le rende in certa misura devianti dal paradigma generale di riferimento (deposito) è il regime aggravato di responsabilità ex recepto cui esse mettono tipicamente capo.
Laddove infatti, come si è avuto modo di illustrare in precedenza, la valorizza- zione del raccordo sistematico tra gli artt. 1176 e 1218 c.c., in generale, e tra gli artt. 1768 e 1780, in particolare, rende possibile che il depositario vada esente da respon- sabilità, provando che le cause di inadempimento totale o parziale non gli siano imputabili, ciò non risulta viceversa possibile rispetto alle due varianti considerate. Qui si registra, anzi, giusto quell’appiattimento tendenziale delle cause non imputabili (di inadempimento) a fatti obiettivi, esterni alla prestazione ed alla ca- pacità di controllo del debitore (caso fortuito e forza maggiore); appiattimento che si è inteso viceversa temperare in relazione al regime generale dell’inadempimento
delle obbligazioni.
Così, mentre l’albergatore è responsabile – sino a cento volte il valore di quanto sia andato distrutto o deteriorato – per le cose semplicemente portate in albergo
74 Cfr. G.F. Campobasso, Diritto commerciale, III, Torino, 2008, p. 111 ed in giurisprudenza cfr. Cass. 25 novembre 2003, n. 17945, in Corriere giur., 2004, p. 14. Dubitativamente, invece, Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., p. 242.
75 Così X. Xxxxxxx, Contratti di credito e titoli bancari, Padova, 1971, pp. 99 ss.; Xxxxxxx e Xxxxxxx, voce Deposito, cit., p. 260. Meno netta la posizione assunta da Xxxxxxx, Il contratto di deposito, cit., p. 241.
76 La cui disciplina originaria è stata peraltro integrata dalla Convenzione europea sulla responsa- bilità degli albergatori per le cose portate dai clienti in albergo.
77 Su entrambe le fattispecie v., per tutti, X. Xxxxxx, Il deposito in albergo e nei magazzini generali, Torino, 2006, passim.
(art. 1783 c.c.) e dunque pure non tecnicamente a lui consegnate, né ricadenti in una sua diretta ed immediata capacità di controllo; diversamente, incorrerà in una responsabilità illimitata – ossia tale da addossargli un onere risarcitorio pari all’integrale valore del bene smarrito, sottratto o andato distrutto – per quanto gli sia stato affidato in custodia (art. 1784, comma 1, n. 1, c.c.), salva la prova che distruzione o sottrazione dei beni siano dovuti, oltre che allo stesso cliente ovvero alla natura della cosa, per l’appunto a forza maggiore (art. 1785, comma 1, n. 2, c.c.) e sempre però che il cliente non dimostri a sua volta che l’interitus rei sia dipeso da colpa dell’albergatore (art. 1785-bis, c.c.)78.
Del pari, nel deposito presso magazzini generali, la cui disciplina degli artt. 1787 ss. c.c. pure va integrata con le regole speciali di carattere pubblicistico e per lo più di carattere regolamentare che presiedono alla istituzione ed all’esercizio di tale attività79, è riposta a carico dell’impresa la responsabilità per la conservazione delle merci depositate, a meno che non sia provato che perdita, il calo o l’avaria delle stesse non derivino, oltre da natura delle merci, da vizi o imballaggio delle stesse, da caso fortuito.
78 A questo regime, per così dire aggravato, di responsabilità ex recepto cui mette capo il contratto di albergo – con il raggio di azione che peraltro gli assegna l’art. 1786 c.c. – sono tuttavia sottratti i veicoli e le cose in essi contenute (art. 1785-quinquies, c.c.): cfr., in argomento, X. Xxxxx, La respon- sabilità dell’albergatore tra regole economiche e responsabilità ex recepto, in Xxxxx e responsabilità, 1999, pp. 401 ss.
79 Reputata infatti di pubblico interesse: cfr. ??, Xxxxx, voce Deposito, II) Deposito nei magazzini
generali, in Enc. giur. Treccani, X, Roma, 1988, p. 1.