EDIZIONE MULTILINGUE
Anno XCVII - Luglio 2019 - N. 236
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LA FEDE ANZITUTTO
SCALABRINI E GUANELLA. STAGIONI DI UN’AMICIZIA
CONFRATELLI DEFUNTI
Redazione: Casa Generalizia - Xxxxxx Xxxxxxxx, 00 - 00000 Xxxx
RISERVATO AI SERVI DELLA CARITÀ
ANNO XCVII - LUGLIO 2019
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Indice
LETTERA DEL SUPERIORE GENERALE
La fede anzitutto 5
LETTER OF THE SUPERIOR GENERAL
First of all, Faith 10
CARTA DEL SUPERIOR GENERAL
La fe, ante todo 15
CARTA DO SUPERIOR GERAL
A fé acima de tudo 20
LA LETTRE DU SUPÉRIEUR GÉNÉRAL
La foi d’abord 25
PAGINE DELLA NOSTRA STORIA
Scalabrini e Guanella. Xxxxxxxx di un’amicizia 30
FROM OUR STORY
Scalabrini and Guanella. Seasons of a friendship 00
XXXXXXX XX XXXXXXX XXXXXXXX
Xxxxxxxxxx x Xxxxxxxx. Etapas de una amistad 86
PÁGINAS DA NOSSA HISTÓRIA
Scalabrini e Guanella. Xxxxxxxx xx xxx xxxxxxx 000
CONFRATELLI DEFUNTI
1. Xxxxxxxx Sac. Xxxxxx 145
2. Pasquali Sac. Xxxxxx 150
3. Xxxxxx Xxxxxxxxxx Sac. Xxxxx Xxxxx 152
4. Barlascini Sac. Santo 155
5. Minuzzo Fr. Xxxxxx 157
6. Maglia Sac. Carlo 159
7. Castelnuovo Sac. Xxxxx 161
DEL SUPERIORE GENERALE
LA FEDE ANZITUTTO
«Ma il Figlio dell’uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla ter- ra?» (Xxxx 18).
Non smette di sorprendermi questa inquietudine di Gesù circa l’av- ventura della fede sulla terra. Ogni volta che la ritrovo nella liturgia questa domanda per nulla retorica mi sconcerta perché se neppure la fede è assicurata per sempre vuol dire che siamo tutti a rischio di in- credulità e di scadimento.
La Chiesa che potrebbe diventare non-chiesa, il sale che potrebbe scipire, la vita religiosa che perde originalità e tensione, l’annuncio del vangelo che non porta gioia, l’amministrazione dei sacramenti che su- pera di poco la superstizione e potremmo continuare all’infinito.
Pensando anche a noi, figli di xxx Xxxxxxxx, credo che il perico- lo non sia solo quello di una perdita di smalto, ma una forma di vita contraddittoria per cui ci troveremmo a professare i voti assu- mendo la forma di vita propria dei Servi della Carità – preghiera, vita comune, missione – ma tutto questo, senza la fede, sarebbe una reci- ta. Senza la fede il mondo delle nostre relazioni interne si basereb- be sul gusto, sulla convenienza, sulla funzionalità e certamente regne- rebbe la legge del più forte per cui in ogni situazione ci sarebbero vinti e vincitori.
Per noi la fede è ciò che viene prima, ciò che esiste in noi ancor prima della professione e anzi ne è la condizione, la base.
Ogni giorno di più mi rendo conto che spesso la ragione di molte patologie nella vita concreta di alcune comunità e di alcuni confratelli
è una seria mancanza di fede, una fede che non è poca, ma che in al- cuni casi non c’è proprio.
Penso ad alcune rivendicazioni, alle pretese, alle reazioni aggressi- ve, al dialogo che manca, all’uso del denaro e dei beni, a certe relazio- ni che sono viziate, a una vita che è schiava di alcool, tabacco, alimen- tazione o altre dipendenze ancor più gravi. La corsa ai ruoli, l’invidia, l’ambizione, la vanità, un esercizio del potere che diventa abuso, le bu- gie di cui sono piene certe esistenze, l’uso improprio della lingua, il pettegolezzo. In alcuni casi si creano delle vere e proprie correnti o fa- zioni di alcuni contro altri, interpretando e gestendo la nostra vita con criteri che non le appartengono, senza ricordare quel chiarissimo moni- to di Cristo nella Cena di Pasqua per i suoi: «Ma fra voi non sia così». Il mondo in certe logiche ci sguazza, ma fra noi non sia così.
Facciamo ricadere questa ovvia verità sulla nostra vita di con- sacrati.
Sotto certe esistenze, in casa nostra, rischia di mancare non il re- ligioso, magari anche esemplare, osservante, rigoroso. A volte rischia di mancare il credente e in qualche caso anche l’uomo, la semplice perso- na che si potrebbe definire “per bene”. Ma comunque il credente, cioè l’uomo per cui ogni pensiero, parola, azione nasce e vive nella fede.
Se siamo provati perché viviamo in contesti di povertà e ingiustizia, perché siamo sprovvisti dei mezzi necessari, perché non abbiamo le for- ze che vorremmo, perché il mondo o anche la Chiesa non sempre ci ap- poggiano e ci comprendono, allora siamo nelle sorti del Fondatore, ri- viviamo la sua storia bellissima e incompresa, diventiamo santi tra le prove e affiniamo la nostra fede.
Ma se siamo provati perché non andiamo d’accordo, ci aggrediamo a vicenda, coltiviamo logiche e stili che non hanno nulla del vangelo, esprimiamo un distruttivo pessimismo di fondo, sviliamo la nostra rela- zione con Dio nella preghiera, non siamo fedeli alle promesse fatte coi voti, conduciamo una doppia vita, viviamo minacciando e ricattando, allora c’è da dubitare anche del Battesimo ricevuto.
Anche l’interpretazione della Chiesa, del Papato, della Congre- gazione risentono oggi di letture che spesso poco hanno a che vedere con la fede e condizionano il clima interno ed esterno delle nostre comunità.
Senza la fede crolla il palazzo... qualunque palazzo, soprattutto quello in cui abitiamo.
Prima di essere consacrati siamo battezzati.
La teologia del Concilio ha messo in luce che il Battesimo è la fonte di ogni scelta cristiana, di ogni consacrazione e di ogni ministe- ro dentro un unico sacerdozio di Cristo (LG 10).
Tutti i fedeli proprio in forza della consacrazione battesimale «sono partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo» (LG 31); questo vale per tutti, presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, consacrati, laici sposati e non.
Il Concilio ha definito la Chiesa come popolo di Dio, una defini- zione che non parla di gerarchia o di ministri ordinati, l’essere tutti in- sieme popolo di Dio viene prima, ciò che viene dopo è solo servizio, ministero.
La liturgia ci vede sempre e anzitutto come popolo di Dio: natural- mente i nostri diversi compiti e ministeri non possono non avere il giu- sto riconoscimento. Il prefazio della Messa crismale, per esempio, dopo aver ricordato che Xxxx Xxxxxx, Pontefice della nuova alleanza, comu- nica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, aggiunge «con af- fetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposi- zione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza».
Tenendo conto di queste premesse desidero invitare me e tutti voi a riflettere su questa realtà precisa: noi siamo prima di tutto e sempre dei battezzati e quindi dei credenti (non siamo dei superbattezzati o se si vuole dei battezzati super).
Proviamo a capire che cosa comporta questa presa di coscienza. Ci è chiesto di curare e coltivare la nostra fede, e con essa la spe-
ranza e la carità.
Il fatto di essere anzitutto “popolo di Dio” muta anche lo sguardo su Xxxx: si tratta di comprendere che Lui rende presente l’amore del Padre con tutta la sua esistenza, con la vita di famiglia a Nazareth e poi naturalmente anche con la vita pubblica fino alla morte e risurre- zione; il particolare che non deve sfuggire è questo: Xxxx ha reso pre- sente il Padre anche con la sua sensibilità umana, col suo carattere ac- cogliente, con le sue relazioni autentiche, con l’onestà, la trasparenza delle sue azioni, col suo tratto mite e paziente, con l’esempio della sua libertà.
Xxxx ha reso presente il Padre attraverso la sua umanità segnata dalla fede. Il suo sacerdozio che non lo ha fatto un esperto di riti cele- brativi e non lo ha messo mai a presiedere dei riti, gli ha invece per- messo di fare della strada un tempio; lasciamoci affascinare di più da questo aspetto quotidiano, relazionale e permanente del suo sacerdozio.
Bisogna puntare al centro: vivo la vita di Xxxx in me? Affidato al Padre, guidato dal Padre, sostenuto dal Padre, inviato dal Padre, con- solato dal Padre, risuscitato dal Padre? Questo è il nocciolo della fede, il Padre ed io suo figlio, fratello di ogni essere vivente e l’accoglienza di un Dio che si esprime nella fragilità e nell’umiltà della carne.
Vivere nella fede come Xxxx significa accogliere il mistero di Dio nel suo avvicinamento gentile e delicato alle persone, nella sua potenza di fronte alle tenebre e nella compassione davanti alla debolezza uma- na, un Dio che brilla nella estrema inermità del Crocifisso.
Xxx Xxxxxxxx era affascinato da questo tratto del Cristo inerme nella Passione e lo adorava nella carne inerme dei poveri.
Vi propongo di approfondire la verità ribadita a suo tempo dal Concilio Vaticano II con una domanda: come vivere questo sacerdozio comune, questa comune base della fede che ci inserisce nel popolo di Dio, prima che in qualunque famiglia religiosa?
A me e a tutti voi dico che per non cadere sotto il peso della fatica, delle prove e degli impegni, e per tenere la quota, dobbiamo per prima cosa essere davvero dei credenti che coltivano la loro fede, e quindi uo- mini che combinano bene la relazione con Xxx, con i fratelli e quindi con la gente.
Se noi viviamo bene questi rapporti, anche le nostre comunità vi- vranno meglio. Proviamo ad essere degli uomini che non si pensano “fuori” o “sopra” gli altri e che coltivano le relazioni. Se posso ag- giungere una mia battuta, il punto su cui dovremmo crescere è quello di non sentirci capi indiscussi, un po’ vescovo e un po’ papa nelle nostre case, opere o ruoli. Parliamo da quasi cinquant’anni di Chiesa-comu- nione e di fraternità sacerdotale; forse è venuto il tempo di costruirle con i fatti, con decisioni concrete che si vedono, e con segni di comu- nione vera, con le nostre consorelle, con i cooperatori, con i vari laici che lavorano fra noi, in particolare con gli sposi che sono a contatto con noi. A questo servono anche le strutture di governo (provincia, vi- ce-provincia), per sperimentare la nostra capacità di vivere le nostre re- lazioni nella fede, basandoci su ciò che abbiamo in comune, il battesi- mo prima ancora che i voti. Anzitutto a farci fratelli è il Battesimo.
So che la fraternità è difficile da realizzare, ma il Signore con gli scherzi che ci fa in questi tempi, ce lo sta chiedendo in tutte le maniere. Confratelli cari, sapendo quante volte io per primo ho mancato all’appuntamento con Dio, affido la mia e la vostra fede alla promessa che Xxxx fa a Xxxxxx quando gli annunzia il rinnegamento. «Xxxxxx, Si-
mone, ecco Satana ha cercato di vagliarvi come il grano. Ma io ho pre- gato per te, perché la tua fede non venga meno».
Questo vuol dire che la ragione profonda della nostra stabilità nel- la fede non va cercata solo nella nostra fedeltà (ne abbiamo la prova quotidiana), ma nel Padre a cui Xxxx ci raccomanda. Xxxx è sempre a chiedere al Padre che la nostra fede «non venga meno», che non indica il semplice indebolimento, ma lo scivolare via, lo scomparire.
Strano che in un’ora come quella della Passione Gesù chieda per Xxxxxx la fede e non il coraggio o la forza. Xxxx sa bene che il rischio grande, in molte ore e soprattutto in quelle cruciali, non è il coraggio che manca, ma la fede che vacilla. E anche Xxx Xxxxx, scrivendo ai Ro- mani, ricorderà che, alla fine dei conti, la fede ci metterà fuori dalla morte: «L’uomo è giustificato per la fede».
Xxxx, che guarì l’incredulità di Xxxxxxx con l’esibizione delle sue ferite, doni a ciascuno di noi la grazia della guarigione dalle nostre in- credulità attraverso le “sue ferite”, le ferite del mistero della Croce che si rinnova nelle sorti dei tanti crocifissi del nostro tempo che gridano alla nostra coscienza: «dov’è la tua fede?».
Riscopriamo il dono che è in noi fin dal Battesimo, memoria dei nostri genitori e padrini, primo giorno di luce in cui siamo entrati nel Regno di Dio. Quel Regno che oggi annunciamo e testimoniamo con l’offerta della vita consacrata.
Padre XXXXXXX XXXXXXXX
Superiore generale
Roma, 3 luglio 2019 Festa di San Xxxxxxx
LETTER
OF THE SUPERIOR GENERAL
FIRST OF ALL, FAITH
“When the Son of Man returns, will he find faith on earth?” (Luke 18). I am always surprised again, finding Xxxxx’ concern about faith’s adventure on earth. Every time I meet in the liturgy this question, which in no way is a rhetorical question, I am baffled, because if not even faith is assured forever, this means that we are all running the risk of
becoming unbelievers and of falling.
The Church could become a “non-church”, the salt could lose its taste, the Gospel message bring no joy, the sacramental ministry be little more than superstition ... the list could be endless.
Looking at ourselves, the sons of xxx Xxxxxxxx, I think our dan- ger is not only a loss of brightness, but an inconsistent way of life: we would be making our profession of vows in the typical way of life of Servants of Charity – prayer, common life, mission – and all this, without faith, would be just an external performance. Without faith, the world of our internal relationships is based on out taste, on what is convenient or efficient, and eventually the law of the survival of the fittest will prevail, so that in every situation there are winners and losers.
Faith is for us what comes first, what is there, within us, even before profession, and rather is the condition, the foundation of our profession.
Day by day I realise better that the reason of many sicknesses in the life of some communities and some confreres is a serious lack of faith, not only a little faith, but sometimes a complete absence of it.
I am thinking of some who are laying claims, making strong de- mands, who react in an aggressive manner, of a lack of dialogue, of misuse of money and goods, of some flawed relationships, of some lives enslaved to alcohol, tobacco, food, or other even more serious addic- tions. The race to get some posts, envy, ambition, vanity, a way of exer- cising power that becomes abuse, some lives full of lies, the inappropri- ate talking, gossip. In some cases real factions or groups are created, some against others. In this way our life is understood and managed with criteria that don’t belong to us, forgetting the very clear admoni- tion Christ gave in the Easter Supper: “Among you this should not be”. The world loves some type of logic, but this should not be among us.
Let us see this clear truth in our consecrated life.
In some of our lives, in our houses, we may be lacking not the re- ligious man, maybe even exemplary, strictly observing the rules. Some- times what is lacking is the believer, and in some cases even the man, the simple person we could call “a decent person”. But in any case the believer, the man whose every thought, word, action is born and lives in faith.
When we are tried because we live in places where there is poverty and injustice, because we don’t have the necessary means, because we don’t have the needed strength, because the world and even the church are not understanding and supporting us, then we are on the steps of our Founder, re-enacting his beautiful and misunderstood story, we be- come saints among those trials and our faith is refined.
But when we are tried because we don’t agree, we attack one an- other, we xxxxxx ways of life that are far from the Gospel, we assert a disruptive pessimistic view, we debase our relationship with God in prayer, we are not faithful to our promises in the vows, we run a double life, we live of threat and blackmail, then we should even doubt of the Baptism we received.
Even our interpretation of the Church, the Papacy, the Congrega- tion are affected by reading texts that have little to do with faith and in- fluence our communities’ internal and external environment.
Without faith the building will collapse, any building and especially the one where we live.
Before being consecrated men, we are baptised.
The Council’s theology has clarified that baptism it the source of all Christian choices, of every consecration and every ministry within the only priesthood, that is of Christ (LG 10).
All believers, by their baptismal consecration “are partakers in the priestly, prophetic, and royal office of Christ” (LG 31); this is true for all: priests, deacons, religious men and women, lay persons married and unmarried.
The Council called the Church the people of God, with a definition that doesn’t point to hierarchy or ordained ministers, what comes first is the fact of being all together God’s people, what follows is only a serv- ice, a ministry.
Xxxxxxx finds us always first of all as the people of God: of course, different tasks and services must be acknowledged. The Preface of the Xxxxxx Xxxx, after recalling that Xxxxx Xxxxxx, as the High Priest of the new covenant, passes on the royal priesthood to the entire people of the redeemed, adds: “with special affection he chooses some among the brethren who, by the laying of hands become part of his saving ministry”.
Based on these premises, I would like to urge myself and all of you to think about this precise reality: we are first of all and always bap- tised persons, and therefore believers (we are not super-baptised).
Let us try to understand what this awareness implies.
We are asked to nurse and xxxxxx our faith, and our hope and char- ity with it.
The fact that we are first of all “God’s people” changes our way of looking at Jesus: we come to understand that He makes the Father’s love present in all his life, in the family life at Nazareth and later on also in his public life up to his death and resurrection. What we shouldn’t miss it this: Xxxxx made the Father present also by his human sensitivity, by his welcoming personality, by his sincere relationship, his honest and clear actions, his gentle and patient approach, the example of his freedom.
Xxxxx made the Father present through his own humanity marked by faith. His priesthood didn’t make him an expert of rituals nor made him ever the president of some rite. His priesthood allowed him to turn the street into a temple. Let us be captivated by this day-by-day, perma- nent and relational aspect of his priesthood.
We must focus on the centre: do I live Jesus’ life in me? Entrusted to the Father, led by the Father, supported by the Father, sent by the Father, consoled by the Father, risen again by the Father? This is faith’s kernel, the Father and myself His son, a brother to all the living, the welcoming attitude of a God that finds expression in the weakness and humility of flesh.
Living in faith like Xxxxx, means welcoming the mystery of God who approaches gently and carefully each person, in his power against the darkness and his compassion facing human weakness, a God that shines, extremely harmless, in the Crucifix.
Xxx Xxxxxxxx was captivated by this imagine of the harmless Xxxxx in the Passion and adored Him harmless in the poor.
I encourage you to go deeper into the truth asserted by Council Vatican II with a question: how can we live this common priesthood, this common foundation of faith inserting us into God’s people, before than in any religious family?
I tell myself and all of you that, to avoid our fall under the fatigue and trials of our commitments, and to keep high our life, we must first of all be real believers, fostering our faith, therefore men that can well combine our relationship with God, with our brothers and then with people.
When we live well these relationships, our communities also have a better life. Let us try to see ourselves not as men “outside” or “over” others and to cultivate relationship. Allow me to add a witty word: we should grow in “not seeing myself as the boss”, the unquestioned xxxxxx and pope in our houses, works, positions. For almost fifty years we have been discussing of Church as communion and of priestly fraternity. Maybe the time has come to build them up by actions, through practical and visible decisions, and with signs of true communion with our sis- ters, with the co-operators, with the lay persons working among us, par- ticularly the married couples close to us. This is also the aim of our ad- ministration structures (province, vice-province), to test our ability to live our relationship in faith, founded on what we have in common, our baptism before our vows. What makes us brothers is first of all our Bap- tism.
I am aware that fraternity is not easy to accomplish, but the Lord is asking us for this, through all the tricks he is arranging for us in this period.
My dear confreres, well aware of the many times I was the first to miss the encounter with God, I entrust my faith and yours to the prom- ise Xxxxx made to Xxxxx while announcing his denial: “Xxxxx, Xxxxx, look, Satan is trying to sift you like wheat. But I prayed for you, that your faith may not fail”.
This means that the deep reason for our stability in faith is not to be sought in our own fidelity (we can prove that daily), but in our
Father to whom Xxxxx entrusts us. Xxxxx continues asking the Father that our faith “may not fail”, which is not only becoming weak but, flowing away, disappearing.
It’s strange that in a time such as that of his Passion Xxxxx should pray for Xxxxx to have faith, not courage or strength. Xxxxx knows well that the great risk, often and especially in crucial times, is not lack of courage, but failing faith. Also St. Xxxx, writing to the Romans, xxxxx- xxxx that, ultimately, faith will take us out of death: “Man is justified by faith”.
Xxxxx healed Xxxxxx’ unbelief showing his wounds. May he give each and everyone of us the grace of healing our unbelief through “his wounds” the wounds of the Cross mystery, renewed in the fate of the many crucified of our times, who cry to our conscience: “Where is your faith?”
Let us re-discover the gift we have since our Baptism, memory of our parents and godparents, first day of light when we entered the King- dom of God. The Kingdom whose announce and witness we give by of- fering our consecrated life.
Padre XXXXXXX XXXXXXXX
Superior General
Rome, 3 July 2019 Feast of St. Xxxxxx
DEL SUPERIOR GENERAL
LA FE, ANTE TODO
«Pero cuando regresará el Hijo del hombre ¿encontrará fe en la tie- rra?» (Lc 18).
Xx xxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxx xxxxxxxxx xx Xxxxx xxxxxx xx xx xxxxxxxx xx xx xx sobre la tierra. Todas las veces xxx xx xx xxxxxxxx xx- xxxxxxx xxxx xxxxxxxx, xxx xxxx retórica, me desconcierta porque, si ni siquiera la fe está asegurada para siempre, quiere decir que todos esta- mos en riesgo de incredulidad y decadencia.
La Iglesia, que puede volverse no-iglesia, la sal que puede tornarse insípida, la vida religiosa que pierde originalidad y tensión, el anuncio del Evangelio que no trae alegría, la administración de los Sacramentos que apenas supera la superstición, y podríamos continuar hasta el infi- nito.
Pensando también en nosotros, hijos de xxx Xxxxxxxx, creo que xx xxxxxxx xx xx xxxx xx xx xxx xxxxxxx xx xxxxxxx, sino una forma de vida contradictoria, por lo cual nos encontraremos profesando los Votos asu- miendo la forma de vida propia de los Siervos de la Caridad – oración, vida común, misión – pero todo esto sin la fe, que sería entonces una simple recitación. Sin la fe, el mundo de nuestras relaciones internas se basaría en el gusto, en la conveniencia, en la funcionalidad y cierta- mente reinaría la ley del más fuerte, por lo cual en toda situación ha- bría vencidos y vencedores.
Para nosotros, la fe es lo que viene primero, lo que existe en nosotros aún antes de la Profesión; más bien ella es la condición y la base.
Cada día más me doy cuenta que, a menudo, la razón xx xxxxxx xxxxxxxxxx xx xx xxxx xxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxxxx x xx xxxxxxx xxxxxxxxxx, xx una seria falta de fe, una fe que no es poca sino que, en algunos casos, casi no existe.
Pienso en algunas reivindicaciones, en las pretensiones, en las reac- ciones agresivas, en la falta de diálogo, en el uso del dinero y de los bien- es, en ciertas relaciones viciadas, en una vida esclava del alcohol, del ta- baco, de la comida u otras dependencias aún más graves; la carrera hacia los roles, la envidia, la ambición, la vanidad, un ejercicio del poder que se vuelve un abuso, las mentiras de las que están llenas algunas exis- tencias, el uso impropio de la lengua, las habladurías. En algunos casos se crean verdaderas y propias corrientes o facciones de unos contra otros, interpretando y manejando nuestra vida con criterios que no le per- tenecen, sin recordar esa clarísima amonestación de Cristo a los suyos, en la Cena de Pascua: «Pero entre ustedes no debe ser así». El mundo disfruta en ciertas lógicas, pero entre nosotros no debe ser así.
Hagamos pesar esta clara verdad sobre nuestra vida de consa- grados.
En nuestra casa, y bajo ciertas existencias, hay el riesgo de que falte no lo religioso, tal vez también ejemplar, observante y riguroso. A veces se arriesga a que falte el creyente y en algún caso también el hombre, la simple persona que se podría definir “formal”; pero, de cualquier modo, el creyente, o sea el hombre cuyo pensamiento, palabra y acción, nacen y viven en la fe.
Si somos puestos a prueba porque vivimos en contextos de pobreza e injusticia, porque carecemos de los medios necesarios, porque no te- nemos las fuerzas que desearíamos, porque el mundo o también la Igle- sia no siempre nos apoyan ni nos comprenden, entonces estamos en la condición del Fundador, revivimos su bellísima y no comprendida histo- ria, nos hacemos xxxxxx entre las pruebas y perfeccionamos nuestra fe. Pero si somos puestos a prueba porque no vamos de acuerdo, nos agredimos mutuamente, cultivamos lógicas y estilos que no tienen nada de Evangelio, expresamos un destructivo pesimismo de fondo, degrada- mos nuestra relación con Dios en la oración, no somos fieles a las prome- sas hechas con los Votos, llevamos una doble vida, vivimos amenazando y chantajeando, entonces también hay que dudar del Bautismo recibido. También la interpretación de la Iglesia, del Papado, de la Congre- gación, hoy soporta lecturas que a menudo tienen poco que ver con la
fe y condicionan el clima interno y externo de nuestras comunidades.
Sin la fe, se desmorona el edificio... cualquier edificio, sobre todo ese que habitamos.
Antes de ser consagrados somos bautizados.
La teología del Concilio aclaró que el Bautismo es la fuente de to- da opción cristiana, de toda consagración y de todo ministerio, dentro de un único sacerdocio de Cristo (LG 10)
Todos los fieles, justamente a causa de la consagración bautismal,
«son partícipes del oficio sacerdotal, profético y real de Cristo» (LG. 31); esto vale para todos, presbíteros, diáconos, religiosos, religiosas, consagrados, laicos, casados y solteros.
El Concilio ha definido la Iglesia como pueblo de Dios, una defi- nición que no habla de jerarquía o de ministros ordenados, viene antes el ser pueblo de Dios todos juntos, y lo que viene después es sólo ser- vicio y ministerio.
La liturgia nos ve siempre, y ante todo, como pueblo de Dios: na- turalmente nuestras diversas tareas y ministerios tendrán el justo reco- nocimiento. El prefacio de la Misa Crismal, por ejemplo, después de ha- ber recordado que Xxxxxxxxxx, Pontífice de la nueva alianza comunica el sacerdocio real a todo el pueblo de los redimidos, agrega «con afecto de predilección, elige algunos entre los hermanos a los que, mediante la imposición de las manos, hace partícipes de su ministerio de salvación».
Teniendo en cuenta estas premisas, deseo invitarme a mí mismo y a todos ustedes, a reflexionar sobre esta precisa realidad: nosotros so- mos, ante todo y siempre, los bautizados y por lo tanto creyentes (no so- mos super bautizados, o si se quiere, bautizados super).
Tratemos de entender qué comporta esta toma de conciencia.
Se nos pide cuidar y cultivar nuestra fe, y con ella, la esperanza y la caridad.
El hecho de ser ante todo “pueblo de Dios”, cambia también la mi- rada sobre Xxxxx: se trata de entender que Él hace presente, con toda su existencia, el amor del Padre, con la vida de familia en Nazaret y luego naturalmente también con la vida pública, hasta la muerte y resurrec- ción; el detalle que no debe quedar desapercibido es este: Xxxxx hizo pre- sente al Padre también con su sensibilidad humana, con su carácter aco- gedor, sus relaciones auténticas, la honestidad, la transparencia de sus acciones, su trato sereno y paciente, el ejemplo de su libertad.
Xxxxx hizo presente al Padre por medio de su humanidad marcada por la fe. Su sacerdocio, que no lo hizo un experto de ritos de celebra- ciones y nunca lo usó para presidir los ritos, le ha permitido, en vez,
hacer del camino un templo; dejémonos fascinar aún más por este as- pecto cotidiano, relacional y permanente de su sacerdocio.
Es necesario apuntar al centro: ¿vivo la vida de Xxxxx en mí?
¿Confiado en el Padre, guidado por el Padre, sostenido por el Padre, enviado por el Padre, consolado por el Padre, resucitado por el Padre? Este es el quid de la fe, el Padre y yo, su hijo, hermano de todo ser vi- viente y acogida de un Dios que se expresa en la fragilidad y en la hu- mildad de la carne.
Vivir en la fe como Jesús, significa acoger el misterio de Dios en su acercamiento gentil y delicado a las personas, en su potencia frente a las tinieblas y en la compasión ante la debilidad humana, un Dios que brilla en el extremo inerme del Crucificado.
Xxx Xxxxxxxx estaba fascinado por este rasgo del Cristo inerme en la Pasión y lo adoraba en la carne inerme de los pobres.
Les propongo profundizar la verdad ratificada en su tiempo por el Concilio Vaticano II, con una pregunta: ¿Cómo vivir este sacerdocio co- mún, esta común base de la fe que nos inserta en el pueblo de Dios, an- tes que en cualquier otra familia religiosa?
Lo digo a mí mismo y a todos ustedes que, para no caer bajo el peso del cansancio, de las pruebas y responsabilidades y para tener un nivel alto, primeramente tenemos que ser en verdad creyentes que culti- van su fe, por lo tanto hombres que combinan bien la relación con Dios, con los hermanos y por consiguiente con la gente.
Si nosotros vivimos bien estas relaciones, también nuestras comu- nidades vivirán mejor. Tratemos de ser los hombres que no se creen “afuera de” o “sobre” los otros, más bien que cultivan relaciones. Si puedo agregar algo chistoso, el punto en el cual debemos crecer, es en el de no sentirnos jefes indiscutidos, un poco obispo y un poco papa en nuestras casas, obras o roles. Ya desde hace xxxx xxxxxxxxx xxxx, xxxxxxxx xx Xxxxxxx-xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx; quizás ha llegado el tiempo de construirlas con los hechos, con decisiones con- cretas que se vean, y con signos de verdadera comunión, con nuestras hermanas, con los cooperadores, con los varios laicos que trabajan con nosotros, en particular con los esposos que están en contacto con nosotros. Para esto sirven también las estructuras de gobierno (Provin- cia, Vice Provincia), para experimentar nuestra capacidad de vivir nuestras relaciones en la fe, basándonos en lo que tenemos en común, el Bautismo, aún antes de los Votos. Primeramente es el Bautismo el que nos hace hermanos.
Sé que la fraternidad es difícil de realizar, pero el Señor, con las bromas que nos hace en estos tiempos, nos lo está pidiendo de todas las maneras.
Xxxxxxxx cohermanos, reconociendo cuántas veces yo he faltado por primero a la cita con Dios, confío mi fe y vuestra fe a la promesa que hace Xxxxx a Xxxxx cuando le anuncia la negación: «Xxxxx, Xxxxx, he aquí que Satanás a buscado de zarandearlos como el grano de trigo. Pero yo oré por ti, para que tu fe no desfallezca».
Esto quiere decir que la razón profunda de nuestra estabilidad en la fe no tiene que ser buscada sólo en nuestra fidelidad (tenemos la prueba de ella cada día), sino en el Padre al cual nos recomienda Je- sús. Xxxxx está siempre pidiendo al Padre que nuestra fe «no desfallez- ca», que no significa un simple debilitamiento, sino caerse todo, des- aparecer.
Es extraño que en una hora como la de la Pasión, Xxxxx pida para Xxxxx la fe y no el coraje o la fuerza. Xxxxx sabe bien que el riesgo grande en muchas horas y sobre todo en las cruciales, no es el del co- raje que falta, sino el de la fe que vacila. Y también San Xxxxx, escri- biendo a los romanos, recordará que, a fin de cuentas, la fe nos sacará de la muerte: «el hombre es justificado por la fe».
Xxxxx, que sanó la incredulidad de Xxxxx con la muestra de sus he- ridas, done a cada uno de nosotros la gracia de la sanación de nuestras incredulidades por medio de “sus heridas”, las heridas del misterio de la Xxxx que se renueva en la suerte de tantos crucificados de nuestro tiempo que gritan a nuestra conciencia: «¿Dónde está tu fe?».
Volvamos a descubrir el don que está en nosotros desde el Bautis- mo, memoria de nuestros padres y padrinos, primer día de luz por el cual hemos entrado en el Reino de Dios. Ese Reino que hoy anunciamos y del cual damos testimonio, con el ofrecimiento de la vida consagrada.
Padre XXXXXXX XXXXXXXX
Superior general
Roma, 0 xx xxxxx xx 0000 Xxxxxx xx Xxxxx Xxxxx
DO SUPERIOR GERAL
A FÉ ACIMA DE TUDO
«Mas x Xxxxx do homem, quando voltará, ainda encontrará fé sobre a terra?» (Lc 18).
Não deixa de me surpreender esta inquietude de Xxxxx a respeito da aventura da fé sobre a terra. Toda vez que a reencontro na xxxxxxxx xxxx xxxxxxxx xxx xxxx xxxxxxxx desconcerta-me porque se nem a fé está a assegurada para sempre quer dizer que estamos correndo todos o risco da incredulidade e de desaparecer.
A Igreja que poderia se tornar não-igreja, o sal que poderia es- tragar, a vida religiosa que perde a originalidade e tensão, o anúncio do evangelho que não traz alegria, a administração dos sacramentos que supera por pouco a superstição e poderíamos continuar rumo ao infinito.
Pensando também a nós, filhos do Padre Xxxxxxxx, creio que o pe- rigo não esteja somente naquele da perda de esmalte, mas numa forma de vida contraditória pela qual nos encontraríamos a professar os votos assumindo a forma de vida própria dos Servos da Caridade – oração, vida comum, missão – mas tudo isto, sem a fé, seria uma encenação. Sem a fé o mundo das nossas relações internas se basearia no gosto, na conveniência, na funcionalidade e certamente reinaria a lei do mais for- te pelo qual em toda situação haveriam vencidos e vencedores.
Para nós a fé é o que vem antes, o que existe em nós ainda antes da profissão e aliás é sua condição, a base.
Cada dia mais me dou conta que muitas vezes a razão de muitas doenças na vida concreta de algumas comunidades e de alguns coir-
mãos é uma séria falta de fé, uma fé que não é que seja pouca, mas que em alguns casos realmente nem existe.
Penso a algumas reivindicações, às pretensões, às reações agressi- vas, ao diálogo que falta, ao uso do dinheiro e dos bens, a certas rela- ções que são viciadas, a uma vida que é escrava do álcool, do tabaco, alimentação e outras dependências mais graves. A corrida pelos cargos, a inveja, a ambição, a vaidade, um exercício de poder que torna-se abuso, as mentiras das quais estão cheias algumas existências, o uso impróprio da língua, a fofoca. Em alguns casos criam-se verdadeiras e próprias correntes ou facções de alguns contra outros, interpretando e gerenciando a nossa vida com critérios que não lhe pertencem, sem lembrar daquela claríssima advertência de Cristo na Ceia de Páscoa aos seus: «Mas entre vós não deve ser assim». Em certas lógicas do mundo estamos mergulhados, mas entre nós não deve ser assim.
Deixemos descer esta óbvia verdade sobre nossa vida de consa- grados.
Sob certas existências, entre nós, há o risco de vir a faltar não o re- ligioso, talvez até exemplar, observante, rigoroso. As vezes há o risco de vir a faltar o crente e em algum caso também o homem, a simples pessoa que se poderia definir “de bem”. Mas em todo caso o crente, isto é o ho- mem para o qual cada pensamento, palavra, ação nasce e vive na fé.
Se estamos provados porque vivemos em contextos de pobreza e in- justiça, porque estamos desprovidos de meios necessários, porque não temos as forças que gostaríamos, porque o mundo ou também a igreja nem sempre nos apoiam e nos compreendem, então nos coloquemos nos rumos do Fundador, revivemos a sua história belíssima e incompreendi- da, tornemo-nos xxxxxx em meio às provas e aperfeiçoemos a nossa fé.
Mas se somos provados porque não nos entendemos, nos agredimos uns aos outros, cultivamos lógicas e estilos que nada tem de evangelho, exprimimos um destrutivo pessimismo de fundo, desvalorizamos a nossa relação com Deus na oração, não somos fiéis às promessas feitas com os votos, conduzimos uma vida dupla, vivemos ameaçando e chanta- geando, então há motivos para duvidar até do Batismo recebido.
Também a interpretação da Igreja, do Papado, da Congregação so- frem hoje de leituras que muitas vezes pouco tem a ver com a fé e con- dicionam o clima interno e externo das nossas comunidades.
Sem a fé desaba o prédio... qualquer prédio, sobretudo aquele no qual habitamos.
Antes de sermos consagrados somos batizados.
A teologia do Concílio trouxe à luz que o Batismo é a fonte de to- da escolha cristã, de toda consagração e de todo ministério dentro de um único sacerdócio de Cristo (LG 10).
Todos os fiéis justamente por força da consagração batismal «par- ticipam dos ofícios sacerdotal, profético e real de Cristo» (LG 31); isto vale para todos, presbíteros, diáconos, religiosos, religiosas, consagra- dos, leigos casados e não.
X Xxxxxxxx definiu a Igreja como povo de Deus, uma definição que não fala de hierarquia ou de ministros ordenados, o ser todos juntos po- vo de Deus vem antes, o que vem depois é somente serviço, ministério. A liturgia nos vê sempre e acima de tudo como povo de Deus: na- turalmente as nossas diferentes tarefas e ministérios não podem deixar de ter o justo reconhecimento, o prefácio da Missa crismal, por exem- plo, depois de ter recordado que Xxxxx Xxxxxx Pontífice da nova aliança, comunica o sacerdócio real a todo o povo dos redimidos, acrescenta
«com afeto de predileção escolhe alguns de entre os irmãos que median- te a imposição das mãos faz partícipes do seu ministério de salvação».
Considerando estas promessas desejo convidar a mim e todos vós a refletir sobre esta realidade precisa: nós somos acima de tudo e sem- pre batizados e, portanto, crentes (não somos como que superbatizados ou se quisermos batizados super).
Busquemos compreender o que comporta esta tomada de cons- ciência.
Nós é pedido de cuidar, cultivar a nossa fé, e com ela a esperança e a caridade.
O fato de sermos antes de tudo “povo de Deus” muda também o olhar sobre Xxxxx: trata-se de compreender que Ele torna presente o amor do Pai com toda a sua existência, com a vida de família em Na- zaré e também naturalmente com a vida pública até a morte e ressur- reição; o específico que não devemos deixar escapar é este: Xxxxx tor- nou presente o Xxx também com a sua sensibilidade humana, com o seu caráter acolhedor, com as suas relações autênticas, com a honestidade, a transparência das suas ações, com o seu jeito humilde e paciente, com o exemplo da sua liberdade.
Xxxxx tornou presente o Pai através da sua humanidade marcada pela fé. O seu sacerdócio que não fez dele um especialista de ritos ce- lebrativos e nunca o levou a presidir ritos, permitiu-lhe ao invés de fa- zer da rua um templo; deixemo-nos fascinar mais por este aspecto quo- tidiano, relacional e permanente do seu sacerdócio.
É necessário mirar ao centro: vivo a vida de Xxxxx em mim? Con- fiado ao Pai, guiado pelo Pai, sustentado pelo Xxx, enviado pelo Xxx, consolado pelo Xxx, ressuscitado pelo Pai? Este é o centro da fé, o Xxx e o seu filho, irmão de cada ser vivo e a acolhida de um Deus que se exprime na fragilidade e na humildade da carne.
Viver na fé como Jesus significa acolher o mistério de Deus no seu aproximar-se gentil e delicado às pessoas, na sua potência diante das trevas e na compaixão diante da fragilidade humana, um Deus que bri- lha na extrema impossibilidade do Crucificado.
Padre Xxxxxxxx era fascinado por este traço do Cristo impossibili- tado na Paixão e o adorava na carne impossibilitada dos pobres.
Proponho-vos de aprofundar a verdade reiterada a seu tempo pelo Concílio Vaticano II com uma pergunta: como viver este sacerdócio co- mum, esta comum base da fé que nos insere no povo de Deus, antes do que em alguma família religiosa?
A mim e a todos vós digo que para não cair sob o peso do cansa- ço, das provações e dos compromissos, e para manter a quota, devemos antes de tudo ser de verdade crentes que cultivam a sua fé, e portanto homens que conjugam bem a relação com Deus, com os irmãos e tam- bém com as pessoas.
Se vivemos bem estas relações, também nossas comunidades vi- verão melhor. Busquemos ser homens que não se veem “fora” ou “so- bre” os outros e que cultivam as relações. Se posso acrescentar uma brincadeira minha, o ponto sobre o qual deveríamos crescer é o de não nos sentirmos chefes inquestionáveis, um pouco como bispos e um pouco papa nas nossas casas, obras ou funções. Xxxxxxx xx xxx- xx xxxxxxxxx xxxx xx Xxxxxx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx; talvez chegou o tempo de construí-los com os fatos, com decisões con- cretas que se veem, e com sinais de verdadeira comunhão, com as nos- sas irmãs, com os cooperadores, com os vários leigos que trabalham entre nós, em especial com os casais que estão em contato conosco. Para isto servem também as estruturas de governo (província, vice província), para experimentar a nossa capacidade de viver as nossas relações na fé, baseando-nos sobre aquilo que temos em comum, o ba- tismo ainda antes dos votos. Antes de tudo o que nos torna irmãos é o Batismo.
Sei que a fraternidade é difícil de se realizar, mas o Senhor com as brincadeiras que nos faz nestes tempos, nos está pedindo isto de todas as maneiras.
Queridos coirmãos, sabendo quantas vezes eu por primeiro faltei ao compromisso com Deus, confio a minha e a vossa fé à promessa que Xxxxx xxx a Xxxxx quando lhe anuncia a negação. «Simeão, Xxxxxx, eis que Satanás buscou peneirar-vos como trigo. Mas eu rezei por ti, para que a tua fé não falhe».
Isto quer dizer que a razão profunda da nossa estabilidade na fé não deve ser buscada somente na nossa fidelidade (temos a prova disso todos os dias), mas no Pai a quem Xxxxx nos confia. Xxxxx está sempre pedindo ao Pai que a nossa fé «não falhe», o que não indica o simples enfraquecimento, mas o ir embora, o desaparecer.
Estranho que numa hora como aquela da Xxxxxx Xxxxx peça a Pe- dro a fé e não a coragem ou a força. Xxxxx sabe bem que o risco gran- de, em muitas horas e sobretudo naquelas cruciais, não é a coragem que falta, mas a fé que vacila. E também São Paulo, escrevendo aos Romanos, recordará que, no fim das contas, a fé nos colocará fora da morte: «O homem é justificado pela fé».
Xxxxx, que curou a incredulidade de Tomé com a exibição das suas feridas, doe a cada um de nós a graça da cura das nossas incredulida- des através das “suas feridas”, as feridas do mistério da Xxxx que re- nova-se nos destinos de tantos crucificados do nosso tempo que gritam à nossa consciência: «onde está a tua fé?».
Redescubramos o dom que está em nós desde o Batismo, memória dos nossos pais e padrinhos, primeiro dia de luz quando entramos no Reino de Deus. Aquele Reino que hoje anunciamos e testemunhamos com a oferta da vida consagrada.
Padre XXXXXXX XXXXXXXX
Superior geral
Roma, 3 de julho 2019 Festa de St. Xxxxxx
DU SUPÉRIEUR GÉNÉRAL
LA FOI D’ABORD
«Le Fils de l’homme, quand il reviendra, trouvera-t-il la foi sur la terre?» (Luc 18).
Cette inquiétude de Xxxxx à propos de l’aventure de la foi sur la terre ne cesse de m’étonner. Chaque fois je la trouve dans la liturgie, cette question, qui n’est pas du tout rhétorique, me déroute parce que si même la foi n’est pas assurée pour toujours, ça signifie que nous sommes tous à risque d’incrédulité et de dégradation.
L’Église pourrait devenir une non-église, le sel pourrait perdre son gout, la vie religieuse perdre originalité et tension, l’annonce de l’évan- gile ne xxxxxx xxxx, l’administration des sacrements dépasser de peu la superstition et on pourrait continuer à l’infinie.
En pensant à nous, les fils de xxx Xxxxxxxx, je crois qu’il n’y a pas seulement le danger de perdre d’éclat, mais d’avoir une forme de vie contradictoire, ainsi qu’on peut faire la profession des vœux et assumer la forme de vie propre des Serviteurs de la Charité – la prière, la vie commune, la mission – mais tout sans la foi, ça serait de la comédie. Sans la foi le monde de nos relations internes reste fondé sur notre goût, sur ce qui est convenable, efficace, et à la fin c’est la loi du plus fort qui règne, ainsi que dans chaque situation il y aura des perdants et des gagnants.
La foi c’est pour nous ce qui vient avant, qui existe en nous avant même de la profession, plutôt en est la condition, la base.
De plus en plus, chaque jour, je me rends compte que, souvent, la cause de beaucoup de pathologies de la vie quotidienne de quelques
communautés et de quelques confrères est un grave manque de foi, une foi qui n’est pas petite, mais parfois n’est pas du tout.
Je pense à des revendications, à des exigences, des réactions agres- sives, au manque de dialogue, à l’utilisation de l’argent et des biens, à quelques relations qui sont entachées, à une vie esclave de l’alcool, du tabac, de l’alimentation ou d’autres dépendances plus graves encore. La course aux postes, la jalousie, l’ambition, la vanité, l’exercice du pou- voir qui devient abus, les mensonges qui comblent l’existence, l’usage inapproprié de la langue, le commérage. Il y a des cas quand des vraies cliques ou partis son créés, les uns contre les autres, et on interprète et xx xxxx notre vie selon des critères qui ne sont pas pour elle, sans se souvenir de l’admonition très claire du Christ au souper de la Pâque pour les siens: «Parmi vous, il ne soit pas ainsi». Le monde s’épanche dans ces logiques, mais parmi nous, il ne soit pas ainsi.
Xxxxxxx, maintenant, tomber cette claire vérité dans notre vie d’hommes consacrés.
Chez nous, au dessous de quelques existences, peut-être il ne manque pas le religieux, même exemplaire, observant, rigoureux. Par- fois ce qui manque est le croyant, et pour certains cas aussi l’homme, la simple personne qu’on pourrait appeler “un homme comme il faut”. Mais en tout cas le croyant, c’est-à-dire l’homme dont chaque pensée, parole, action jaillit e vit dans la foi.
Quand on est éprouvé parce qu’on vit dans des milieu de pauvreté et injustice, on manque des moyens nécessaires, on n’a pas les forces qu’il faudrait, le monde ou l’Église même ne peuvent nous comprendre ni soutenir, alors nous sommes dans le même destin du Fondateur, nous revivons son histoire belle et incomprise, nous devenons saints parmi les épreuves et nous perfectionnons notre foi.
Mais quand on est éprouvé parce qu’on n’est pas d’accord, on s’at- taque l’un l’autre, on entretien des logiques et des styles qui n’ont rien de l’évangile, on formule un pessimisme destructeur profond, on déva- lorise la relation avec Dieu dans la prière, on n’est pas fidèles aux pro- messes faites par les vœux, on mène une double vie, on vit de menaces et de chantage, alors il faut douter aussi du Baptême reçu.
L’interprétation même de l’Église, de la papauté, de la congréga- tion sont influencés par des lectures qui souvent ont peu à faire avec la foi et qui affectent le climat intérieur et extérieur de nos communautés. Sans la foi, le palais s’effondre... n’importe quel palais, mais sur-
tout là où nous demeurons.
Avant d’être consacrés nous sommes des baptisés.
La théologie du Concile à éclairé que le Baptême est la source de tout choix chrétien, de toute consécration et de tout ministère dans l’unique sacerdoce du Christ (LG 10).
Tous les fidèles, en force de la consécration du baptême «partagent de l’office sacerdotale, prophétique et royale du Christ» (LG 31); c’est vrai pour tous, presbytres, diacres, religieux, religieuses, consacrés, laïques mariés et non.
Le Concile a défini l’Église comme le peuple de Dieu, une défini- tion qui ne parle pas de hiérarchie ni de ministres ordonnés, être tous ensemble le peuple de Dieu vient d’abord, ce qui suit n’est que service, ministère.
La liturgie nous voit toujours et d’abord comme peuple de Dieu: bien sur, les différents taches et ministères ne peuvent aller sans la juste distinction. Le préface de la Messe chrismale, par exemple, après avoir rappelé que Xxxxx Xxxxxx, le Pontife de la nouvelle alliance, commu- nique le sacerdoce royal à tout le peuple des rachetés, ajoute «avec une affection de prédilection il choisit certains parmi les frères qui, par l’im- position des mains, il rend participes de son ministère de salut».
En tenant compte de ces prémisses, je voudrais inviter moi-même et vous tous à réfléchir sur cette précise réalité: nous sommes avant tout et toujours des baptisés et donc des croyants (nous ne sommes pas des super-baptisés ou des baptisés super).
Essayions de comprendre ce que cette prise de conscience implique. Il nous est demandé de soigner et entretenir notre foi, et l’espé-
rance et la charité avec elle.
L’être d’abord “le peuple de Dieu” change aussi notre regard sur Xxxxx: il faut comprendre qu’Il rend l’amour du Père présent par toute son existence, par la vie en famille à Nazareth et après bien sûr aussi la vie publique jusqu’à sa mort et résurrection. Le particulier qui ne doit pas échapper est ça: Xxxxx rend présent le Père aussi par sa sensi- bilité humaine, son tempérament accueillant, ses relations authentiques, l’honnêteté, la transparence de ses actions, son trait doux et patient, l’exemple de sa liberté.
Xxxxx rend présent le Père par son humanité marquée par la foi. Son sacerdoce, qui ne l’a pas fait un experte de rituels de célébrations ni l’a jamais mis à présider des rites, lui a permis de faire de la rue un temple; laissons-nous captiver par cet aspect quotidien, relationnel et permanent de son sacerdoce.
Il faut viser au centre: est-ce-que je vis la vie de Xxxxx en moi? Confié au Père, guidé par le Père, soutenu par le Père, envoyé par le Père, consolé par le Père, ressuscité par le Père? C’est xx xx xxxxx xx xx xxx, xx Xxxx et moi, son fils, frère de tout être vivant, et l’accueil d’un Dieu qui s’exprime dans la fragilité et dans l’humilité de la chair.
Vivre dans la foi comme Xxxxx signifie accueillir le mystère de Dieu qui s’approche aux personnes avec amabilité et sensibilité, dans sa puissance face aux ténèbres et dans la compassion face à la faiblesse humaine, un Dieu qui brille dans le Crucifié, désarmé jusqu’au bout.
Xxx Xxxxxxxx était fasciné par ce trait du Christ désarmé dans la Passion et l’adorait dans la chair désarmée des pauvres.
Je vous propose d’approfondir la vérité réaffirmée par le Concile Vatican II avec une question: comment vivre ce sacerdoce commun, cette base commune de la foi qui nous inscrit dans le peuple de Dieu, avant que dans une quelque famille religieuse?
À moi et à vous tous je dis que pour ne pas tomber sous le poids de la fatigue, des épreuves et des engagements, et pour garder le ni- veau, il faut d’abord être des vrais croyants qui entretiennent leur foi, et donc des hommes qui savent bien conjuguer la relation avec Dieu, avec les frères et donc avec les gens.
Si nous vivons bien ces relations, nos communautés aussi vivront mieux. Essayons d’être des hommes qui ne se pensent pas “hors” ou “au- dessus” des autres et qui entretiennent les relations. Si je peux ajouter une boutade, le point sur lequel il faut grandir c’est de ne pas nous sentir des chefs incontestés, un peu évêque, un peu pape dans nos maisons, œu- vres ou rôles. Ça fait presque cinquante ans depuis qu’on parle d’Église- communion et de fraternité sacerdotale; peut-être le moment est arrive de les bâtir par des actions, par des décisions concrètes à voir, et avec des signes de vrai communion avec nos sœurs, avec les coopérateurs, avec les laïques qui travaillent parmi nous, surtout les couples mariés qui nous sont proches. Pour xx xxxxxxx xxxxx xxx xxxxxxxxxx xx xxxxxxxx (xxxxxxxx, xxxx-xxxxxxxx), pour expérimenter notre capacité de vivre nos relations dans la foi, fondés sur ce qu’on a en commun, le baptême avant des vœux. Ce qui nous fait des frères est d’abord le Baptême.
Je le sais que la fraternité est difficile à accomplir, mais le Sei- gneur, par les blagues qu’il nous fait ces derniers temps, est en train de nous la demander en toutes les façons.
Xxxxx confrères, je sais combien de fois j’était le premier à man- quer au rendez-vous avec Dieu, donc je confie ma foi et la vôtre à la
promesse faite de Xxxxx à Xxxxxx quand il lui annonce le reniement: «Si- mon, Xxxxx, voila Satan vous cherche pour vous cribler comme le grain. Mais j’ai prié pour toi, afin que ta foi ne défaille».
Ça signifie que la raison profonde de notre stabilité dans la foi ne peut être cherché seulement dans notre fidélité (nous en avons l’épreuve chaque jour), mais dans le Père auquel Xxxxx nous recommande. Xxxxx est toujours là pour demander que notre foi «ne défaille», ce que ne si- gnifie une simple faiblesse, mais s’éclipser, disparaitre.
C’est drôle que, à une heure comme celle de la Passion Jésus de- mande pour Xxxxxx la foi, au lieu du courage ou de la force. Xxxxx sait bien que le grand risque, souvent et surtout aux heures cruciales, n’est pas le manque de courage, mais la foi qui ébranle. St. Xxxx aussi, aux Romains, écrit que, au final, la foi nous emportera hors de la mort:
«L’homme est justifié par la foi».
Que Xxxxx, qui a guéri l’incrédulité de Xxxxxx en montrant ses blessures, donne à chacun de nous la grâce de la guérison de nos in- crédulités à travers “ses blessures”, les blessures du mystère de la Croix qui se renouvelle dans le destin de tant de crucifiés de notre temps qui crient à notre conscience: «où est-elle, ta foi?».
Redécouvrons le don qui est en nous depuis le Baptême, mémoire de nos parents et parrains, premier jour de lumière quand nous sommes en- trés dans le Royaume de Dieu. Le Règne que nous annoncions au- jourd’hui en donnant le témoignage de l’offrande de notre vie consacrée.
Padre XXXXXXX XXXXXXXX
Supérieur général
Rome, le 3 juillet 0000 Xxxx xx Xxxxx Xxxxxx
DELLA NOSTRA STORIA
SCALABRINI E GUANELLA
Xxxxxxxx di un’amicizia *
Gli «anni lieti»
È un reciproco dato agiografico la vicinanza tra Xxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxx- ni Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx 1 all’epoca della formazione. Più grande di circa tre anni e mezzo, nell’anno 1859-60 Scalabrini fu chierico assistente nell’ultima classe del Collegio Gallio, frequentata da Guanella. Appena ventenne, la sua persona- lità già si annunciava con caratteristiche non comuni, suscitando una decisa at- trattiva sugli adolescenti a lui affidati. Lo ricorda Xxxxx Xxxxxxxx, compagno di Xxxxxxxx che testimoniò alla sua causa di beatificazione:
Xxxxxxxxxx (il futuro, illustre vescovo di Piacenza) [fu] prefetto di di- sciplina, applicato alla nostra classe ultima di studi (1859-60), giova- ne poco più anziano per età di noi, per altezza, larga coltura generale e in ispecie classica, soda pietà e l’affabilità contegnosa, aveva subi- to acquistato la stima e la confidenza di tutta la camerata 2.
* Il testo è una rielaborazione del contributo pubblicato in ISTITUTO STORICO SCALABRINIA- NO, L’ecclesiologia di Scalabrini. Atti del II Convegno Storico Internazionale, Piacenza, 9-12 no- vembre 2005, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx, Città del Vaticano, Urbaniana Uni- versity Press, 2007, pp. 481-507.
1 Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx (Fino Mornasco CO, 8 luglio 1839 - Piacenza, 1o giugno 1905), ordinato per la diocesi di Como il 30 maggio 1863 e nominato vescovo di Piacenza il 13 dicembre 1875, fondò i Missionari di xxx Xxxxx Xxxxxxxx (28 novembre 1887) e le Missionarie di xxx Xxxxx Xxxxxxxx (25 ottobre 1895). È stato beatificato il 9 novembre 1997.
2 Testimonianza di X. Xxxxxxxx, 29 giugno 1924, in X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx. Gli an- ni della formazione 1842-1866, Roma, Nuove Frontiere, 1996, Saggi storici, 13, p. 284.
Anche Xxxxxxxx si avvicinò a Scalabrini godendo della sua amicizia e del- la sua guida, come confermano almeno due episodi risalenti alla fine di quel- l’anno scolastico. Per il 21 giugno, festa di xxx Xxxxx Xxxxxxx, gli chiese una consulenza artistico-creativa: «Il Guanella, desideroso d’essere iniziato alla sa- cra oratoria, ebbe dallo Scalabrini consigli ed aiuto che gli valsero di potere scrivere un suo panegirico di san Xxxxx» 3; probabilmente conosceva Xxxxxxx fra gli angioli, la poesia sul giovane gesuita che circa tre anni prima, quando aveva la sua età, Scalabrini aveva composto in 63 endecasillabi sciolti 4.
Ben più significativo fu il momento in cui Guanella andava precisando i termini della propria vocazione che in un primo momento sembrò indirizzarsi verso la vita religiosa, come rievocò anche il periodico delle opere guanelliane
«La Divina Provvidenza» nel 1904: «Mentre questi [Guanella] studiava gram- matica ed umanità sotto i reverendi padri somaschi che reggevano il Collegio, pareva inclinare alla loro congregazione; ma invece quello spirito che soffia dove vuole lo chiamò a fare filosofia nel seminario di Sant’Abbondio» 5. Anche nel capitolo Il Collegio Gallio dell’autobiografia si ritrovano accenni ad «un momen- to in cui i padri somaschi credevano di farlo suo» 6, a conferma che l’ipotesi ebbe allora una certa consistenza e lasciò un ricordo ben scolpito. Non a caso è ripetuto subito dopo, rievocando all’inizio del successivo capitolo Reminiscenze le «figure soavi» dei tempi del Gallio: anche Xxxxxxxxxx avrà avuto posto nella galleria del- la memoria tra i volti «di compagni di scuola, di professori, di rettori, di qualche padre provinciale che molto amavamo», e proprio i somaschi «il Guanella avreb- bero ascritto fra i loro novizi, ma questi non si sentiva abbastanza chiamato» 7.
A questo punto entra in scena Xxxxxxxxxx educatore, che nell’aprile 1860 ne parlò al padre Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, superiore generale dei soma- schi in visita al Collegio Gallio, del quale era già stato rettore dal 1853 al 1856; forse con eccesso di ottimismo, costui il 10 aprile annota nel proprio diario: «Scalabrini mi parla di Xxxxxxxx che vorrebbe farsi somasco» 8.
3 Testimonianza di X. Xxxxxxxx, xxx, p. 278. L’episodio è ricordato anche da Xxxxxxxx nell’autobiografia: «Era costume che un alunno di V o VI grammatica recitasse il panegirico di xxx Xxxxx, e vi fu scelto xxx Xxxxxxxx istruito alla declamazione da Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, allora chierico assistente ed a suo tempo vescovo di tanta celebrità», X. XXXXXXXX, Le vie della Prov- videnza (1913-1914), in Scritti inediti e postumi, Roma, Centro Studi Guanelliani - Nuove Fron- tiere, 2015, Opere edite e inedite di Xxxxx Xxxxxxxx, VI, p. 714.
4 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx vescovo di Piacenza e degli emigrati, Roma, Città Nuova, 1985, pp. 44-45.
5 Inizio e sviluppo della Casa della divina Provvidenza, «La Divina Provvidenza» (=LDP), gennaio-febbraio 1904, p. 4.
6 X. XXXXXXXX, Le vie della Provvidenza, cit., p. 714.
7 Ivi.
8 Per tutto l’episodio, cfr. X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., p. 293.
Dietro questo scarno appunto è facile immaginare colloqui sinceri e inten- si tra i due, dettati dall’assoluta fiducia che il più giovane riponeva nel più grande mettendolo a parte degli interrogativi sul suo futuro e sperandone un aiuto nel discernimento del proprio destino di uomo e sacerdote. Ma vi si leg- ge anche la qualità della presenza di Xxxxxxxxxx tra gli appena più giovani col- legiali: non solo l’esercizio di una semplice sorveglianza morale e disciplinare con il dovere di riferire su pietà, studi e condotta 9, ma la fraterna disponibilità ad ascoltare e farsi guida, ad indirizzare e sostenere, con un’autorevolezza ben maggiore della differenza d’età e tale da svolgere una delicata e sensibile opera di mediazione, ricercata dagli studenti ed apprezzata dai responsabili della formazione.
I due si ritrovarono in seminario teologico nell’anno 1862-63, primo per Guanella e ultimo per Xxxxxxxxxx. Si può immaginare il riannodarsi di una lieta consuetudine, il riscoprire più mature le ragioni di un’amicizia mentre si in- camminavano verso la medesima scelta di vita. Il valore e le responsabilità del sacerdozio, l’aspirazione a viverlo radicalmente dovettero essere i contenuti di quelle confidenze, ora riprese con ben altre prospettive.
È noto che il primo desiderio del novello Xxxxxxxxxx fu quello di entrare nelle Missioni Estere di Milano, a Xxx Xxxxxxxx 00, scelta di una dedizione to- tale che annunciava in nuce un carisma destinato a dispiegarsi compiutamente nel tempo. Ma il vescovo Xxxxxxxxx si guardò bene dal privarsi di un simile elemento e delle sue capacità formative, così dopo soli quattro mesi dall’ordi- nazione Scalabrini fu nominato vicerettore del seminario di Sant’Abbondio.
L’ideale missionario aveva un’intensa circolazione nel seminario teologico comasco; Xxxxxxxxxx ne dovette parlare anche al più giovane amico, e Xxxxxxxx ne restò incuriosito e poi affascinato, fino a risolvere di chiedere il permesso di aggregarsi all’istituto milanese. Non è nota la richiesta che egli, come di prassi, dovette inviare prima dell’ordinazione (26 maggio 1866) alla curia di Como, ma nel 1870 scrisse al vicario capitolare Xxxxxxx Xxxxxxxxxx: «Ella si ricorderà di leg- geri e il desiderio e le istanze con cui negli scorsi anni io sottoscritto le indiriz- zava per ottenere la sua benedizione per le Missioni Estere» 11. Ancora alla ricer- ca della sua missione di carità nella vocazione sacerdotale, Guanella di nuovo si era affidato a Xxxxxxxxxx, la cui generosa e lucida disponibilità gli fornì ragioni
9 Cfr. ivi, p. 344, dove sono riferiti i compiti dei chierici prefetti da un Regolamento del Collegio Gallio del 1856.
10 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 56-59.
11 X. Xxxxxxxx a X. Xxxxxxxxxx, Savogno, 24 aprile 1870, Epistolario guanelliano on-line (=E) 3037. A tale proposito, in X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., pp. 388-389, sono ricordati anche altri due riferimenti alla richiesta inviata a suo tempo all’autorità diocesana: una lettera dell’ottobre 1881 al vescovo di Como Xxxxxx Xxxxxxx (E 903) e un promemoria del 21 luglio 1882 per la Congregazione dei Vescovi e Regolari (E 2914).
convincenti per tentare una scelta ardua ed esaltante; ma anche per lui gli avve- nimenti presero poi, provvidenzialmente, una direzione diversa.
La viva memoria di quegli anni tornò grata anche dopo molto tempo; l’occasione era insigne, i festeggiamenti per il giubileo episcopale, ma il docu- mento, un semplice telegramma, è scarno ed essenziale: «Milano 16 giugno 1901. Sacerdote Guanella Case Provvidenza augurano feste giubilari Vostra Ec- cellenza ricordando anni lieti Collegio Gallio seminario Como riverenti implo- rano tutti benedizione» 12.
È esperienza comune che può bastare un accenno per rievocare una pro- fonda consonanza, per riconoscersi uniti dall’origine al destino. Ora che il «sa- cerdote Guanella» aveva realizzato quello che negli «anni lieti» presentiva e vagheggiava, poteva presentare la sua opera e chiedere una benedizione al compagno divenuto vescovo e fondatore; forse non gli mancò una compiaciuta gratitudine nell’essere stato tra i primi a sperimentare l’illuminata ‘sorveglian- za’ scalabriniana, che poi la Chiesa avrebbe riconosciuto e chiamato al servizio episcopale.
Il Saggio di Guanella e la saggezza di Scalabrini
I due si ritrovarono durante il periodo del servizio pastorale in diocesi: il più giovane come economo spirituale nello sperduto borgo alpestre di Savo- gno, nei pressi di Chiavenna, con quattrocento anime arroccate a quasi mille metri di altitudine 13; l’altro nella parrocchia comasca di San Xxxxxxxxxx, sei- mila anime nella zona non certo facile della prima periferia.
Un breve passaggio dell’autobiografia guanelliana rievoca il nucleo dei loro rapporti all’epoca, non frequenti ma sinceri:
Xxx Xxxxx Xxxxxxxx più di una volta aveva fatto domanda allo Sca- labrini, priore di San Xxxxxxxxxx a Como, perché gli procurasse un posticino per fare un po’ di bene nella città. E gli rispondeva lo Sca- labrini celiando: «Tu sei troppo rivoluzionario» 14.
Passarono circa quaranta anni tra la risposta del futuro vescovo, scherzosa ma non troppo, e il momento in cui Xxxxxxxx la consegnò all’autobiografia co- me un caro ricordo a lungo custodito. Si può infatti ipotizzare che i memora- bili scambi di battute avvennero nel corso del biennio 1873-1874. Guanella in-
12 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Milano, 16 giugno 1901, E 2406.
13 Xxxxx Xxxxxxxx restò a Savogno dal 17 giugno 1867 al 24 gennaio 1875; cfr. M. L. XXX- XX, Xxxxx Xxxxxxxx: gli anni di Savogno 1867-1875, Roma, Nuove Frontiere, 1991, Saggi storici, 3, pp. 42, 49.
14 X. XXXXXXXX, Le vie della Provvidenza, cit., p. 805.
fatti giunse a Torino il 29 gennaio 1875, inizio del suo periodo salesiano con- cluso nel settembre 1878 15; già verso la fine del 1872 avrebbe voluto farsi re- ligioso presso xxx Xxxxxxxx Xxxxx, magari per tornare in diocesi in un nuovo collegio salesiano 16. Per la scarsità di clero la curia di Como non poté asse- condare la richiesta, così il 20 novembre gli fece sapere tramite il vicario fo- raneo che «in Savogno come in altro luogo qualunque della diocesi, potrà vo- lendo essere utile alla diocesi adoperandosi nella istituzione ed educazione di xxxxxxxxxx [...] senza bisogno che perciò si rechi a Torino» 17.
A questo punto Xxxxxxxx dovette subito pensare a Scalabrini per un aiuto a stabilirsi non in un «luogo qualunque della diocesi» ma proprio nel capoluo- go, magari iniziando da qualche locale adocchiato nel territorio parrocchiale di San Xxxxxxxxxx, vasto e in fase di rapida urbanizzazione.
È forse la prima volta che Xxxxxxxx confida di poter stabilire a Como l’opera che desiderava iniziare, ma ci riuscirà solo nel 1886, dopo oltre un de- cennio non privo di difficoltà e contraddizioni. Comunque, la risposta di Xxx- xxxxxxx, già autorevole esponente del clero cittadino, quel sintetico ed inequivo- cabile epiteto di «rivoluzionario», permette di ipotizzare qualche interessante implicazione del loro rapporto.
Dopo le conferenze sul Concilio Vaticano tenute in cattedrale nel 1872, il nome di Xxxxxxxxxx comincia ad essere noto oltre la curia episcopale di Como grazie al successo di quella che fu la sua prima pubblicazione, stampata l’anno successivo 18. Ma sul traguardo editoriale l’illustre parroco priore era stato an- ticipato dall’economo spirituale di Savogno.
Dedicato al novello vescovo di Como xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx, «che adorno delle virtù / dei Felici / e degli Abbondi / viene ad assidersi / sulla epi- scopale loro sede», era uscito all’inizio 1872 il Saggio di ammonimenti fami- gliari, stampato a Torino dalla Tipografia dell’Oratorio di san Xxxxxxxxx di
15 Cfr. M. XXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxxx e Xxx Xxxxx. Storia di un incontro e di un confron- to, Roma, Nuove Frontiere, 2010, seconda ed., Saggi storici, 1, pp. 43, 97.
16 «Io non ne posso più dal correre ad abbracciarmi agli istituti di xxx Xxxxx. La mia in- clinazione mi spinge là con tal veemenza di affetto, che mai par siami rimasta ombra di dubbio. Io so di aver provato fin dai più teneri anni speciale predilezione per tal genere di istituzione e spero tutto che questa inspirazione parta dal Signore. [...] Però se xxx Xxxxx verrà fra di noi co- me ne sarà contento l’ordinario, sarà per molti una vera benedizione ed io pure da parte mia lo prometterei che, come appare probabile, se io potrò di qui a qualche anno ritornare per faticar in diocesi, lo farò con quel naturale sentito affetto che io provo per quei del mio paese», L. Gua- nella a L. Xxx Xxxxx, Savogno, 17 novembre 1872, E 3061; cfr. M. XXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxxx e Xxx Xxxxx, cit., p. 38.
17 X. Xxxxxxxxxx a L. Xxx Xxxxx, Como, 20 novembre 1872, ivi, p. 39.
18 G. B. SCALABRINI, Il Concilio Vaticano. Conferenze tenute nella cattedrale di Como, Co- mo, Xxxxx Xxxxxxx, 1873, p. 308; cfr. X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 80-89.
Sales 19. Guanella non era tipo da restare confinato in una frazione montana: già pochi mesi dopo la sua ordinazione, ancor prima di essere destinato a Sa- vogno, «cominciò il suo primo viaggio a Torino, che fu poi susseguito da due o tre viaggi altri in ogni anno» 20; accompagnava qualche disabile negli istituti del Cottolengo e delle giovani a farsi religiose presso le salesiane. Nel passag- gio obbligato a Como, si sarà trattenuto in città per incontri e affari; pur man- cando testimonianze documentali, non è difficile immaginarlo in duomo ad ascoltare Scalabrini, «la sua parola calma e ponderata, il suo ragionare scevro da qualsiasi esagerazione, [che] gli attirarono prima l’intensa attenzione dei fe- deli, poi la generale simpatia» 21.
Come aveva fatto con altri amici sacerdoti, in una di queste occasioni Xxxxxxxx non avrà mancato di regalare anche a Xxxxxxxxxx la sua prima pubbli- cazione, che aveva però ricevuto un’accoglienza piuttosto contraddittoria. Egli stesso lo racconta, tra il serio e il faceto, in una lettera ad un suo compagno di seminario che non gli aveva ancora mandato un giudizio sull’opera di esordio:
T’ho mandato copia d’un tal mio opuscoletto. Mi potevi scrivere d’averlo ricevuto. O non ti saresti ancor tu unito in congiura con cer- ti preti valtellinesi i quali furon sì miserabili da lasciarsi fuggir di bocca questo: «L’autore di quel libro lo tradurremmo noi alle carceri se fossimo carabinieri». Meno male se costoro maneggiassero il re- volver piuttosto che la stola. Si vede che condannano lo spirito lad- dove preti e vescovi ben più di loro lo lodarono tanto in quella parte. Tu vedi che io burlo. Son ben lungi dal sospettar di te tanto mal umore 22.
Ma cosa aveva scritto Xxxxxxxx in quel Saggio di ammonimenti famigliari
«che per venti anni gli procacciò avversità continuate nell’ordine civile ed ec- clesiastico» 23? A poco più di un anno dalla presa di Roma, Xxxxxxxx è attestato su posizioni fortemente antagoniste verso il laicismo trionfante, che aveva con- culcato i diritti della Chiesa nella persona di Xxx XX e mirava a sradicare le tra- dizioni di fede del popolo. Nel microcosmo di Savogno egli aveva sperimen-
19 X. XXXXXXXX, Saggio di ammonimenti famigliari per tutti ma più particolarmente per il popolo di campagna (1872), in Scritti morali e catechistici, Roma, Centro Studi Guanelliani - Nuove Frontiere, 1999, Opere edite e inedite di Xxxxx Xxxxxxxx, III, pp. 1-95; la dedica si trova a p. 2.
20 X. XXXXXXXX, Le vie della Provvidenza, cit., p. 730.
21 X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Pistoia, Ed. Sinibuldiana X. Xxxxx, 1905, p. 5; ri- preso da X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., p. 81.
22 X. Xxxxxxxx a X. X. Xx Xxxxxx, Xxxxxxx, 00 giugno 1872, E 1033.
23 X. XXXXXXXX, Le vie della Provvidenza..., cit., p. 732. Ad una valutazione globale del Saggio è dedicato il cap. 9 di M. L. XXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., pp. 215-252; cfr. inoltre l’in- troduzione di X. Xxxxxxxxxx a X. XXXXXXXX, Xxxxxxx morali e catechistici, cit., pp. X-XVI.
tato l’ostilità dell’autorità civile contro sue iniziative promosse insieme a buo- na parte dei parrocchiani, quali la sistemazione di alcune opere pubbliche, la salvaguardia dei diritti della comunità contro incameramenti indebiti, l’attiva- zione di una scuola elementare.
Nella prima parte dell’opera, dove più sferzante è la vis polemica, c’è il riflesso di questa situazione, che dallo sperduto borgo alpestre si ampliava sino ad investire le recenti vicende italiane ed europee, con la denuncia dell’ideolo- gia che le alimentava e dei suoi scopi:
Questo che io ti presento è un opuscolo dettato per avvisare chic- chessia, ma più particolarmente il popolo di campagna, affinché s’avvedano a mettersi in guardia ed a difendersi contro le maligne arti con cui i settari massonici, congiunti coi liberali del giorno, ago- gnano a rovinare nell’anima soprattutto e poi anche nel corpo ogni dabben persona che ancor rimanga 24.
L’accusa è contro le arti subdole con cui gli avversari della Chiesa (defi- niti «rivoluzionari», «mazziniani», «liberi pensatori», «internazionalisti», «so- cialisti», «comunisti») cercano di conquistare il popolo:
Xxxxxx, la mia cara gente, voi ben già v’avvedete se sia tempo omai di aprire gli occhi per iscorgere gli orrendi mostri che tutti intorno intorno ne circondano, ed a guardarcene. Xxxx è da stare all’erta con tanta maggior attenzione in quanto che i carbonari, per sistema lor proprio, si infingono e vi si fanno però innanzi con tali maniere gen- tili e con discorsi sì insinuanti, che voi senza più siete come forzati a pensarne d’essi come di uomini e di amici grandi 25.
Pur senza alcun cedimento reazionario, Xxxxxxxx vede un disegno unico che va dalla Rivoluzione francese alla presa di Roma, finalizzato al «perfetto annichilamento del Cristianesimo e della stessa idea cristiana» 26.
I toni non sono certamente concilianti, ma Xxxxxxxx non ha alcun timore di rendere pubbliche le sue idee in occasione dell’entrata in diocesi del vesco- vo il 6 gennaio 1872. Non dovevano essergli sconosciute le posizioni di Xxxxxx Xxxxxxx 00, se non esita a presentarsi in modo tanto esplicito, riuscendo anche
24 X. XXXXXXXX, Saggio di ammonimenti..., cit., p. 4.
25 Ivi, p. 12.
26 Ivi, p. 8.
27 «Carsana fu infatti il tipico vescovo intransigente, radicalmente ostile alla cultura e allo stato liberale, ostinatamente legato alle direttive della Santa Sede, appassionatamente dedito alla rinascita spirituale e religiosa della diocesi affidatagli», G. XXXXXXX, Il clima politico, sociale e religioso nella città e diocesi di Como 1866-1886, ne I tempi e la vita di Xxx Xxxxxxxx. Ricer- che biografiche, Roma, Nuove Frontiere, 1990, Saggi storici, 2, p. 129.
ad ottenerne il plauso. Nelle sue memorie ricorderà che il vescovo accolse fa- vorevolmente la sua opera, come pure l’uso strumentale contro entrambi che venne poi fatto della pubblicazione e della dedica:
Il povero xxx Xxxxxxxx aveva detto verità e dedicatele all’ingresso di xxxxxxxxx Xxxxxxx nel suo libretto Xxxxxxxxxxx e perciò il Xxxxxxx scrisse all’autore lettera di congratulazione, ma le voci che si face- vano correre erano che il xxx Xxxxxxxx con quel libro era stato causa di sospensione per parecchi anni del placet governativo al vescovo 28.
La vicenda divenne perciò in breve tempo di pubblico dominio e Guanel- la ne subì un effetto contrario rispetto alle sue lecite intenzioni di mettersi in buona luce con il vescovo, onde ottenere permessi e agevolazioni per impian- tare qualche istituzione di carità.
A questo punto si potrebbe collocare il «Tu sei troppo rivoluzionario» di Xxxxxxxxxx, che non è un rimprovero ma un consiglio. Sul piano della lecita supposizione, si può ritenere che egli fosse al corrente dei contrasti a Savogno ed avesse anche letto il famigerato Saggio, assistendo poi alle conseguenze della pubblicazione. La tempra più riflessiva e le diverse esperienze già ma- turate nell’ambiente cittadino non potevano che indurlo a frenare le intenzioni di Xxxxxxxx, poiché le sue idee e l’intraprendenza a tratti quasi febbrile di- spiegata a Savogno, sarebbero risultate inadeguate e controproducenti a Co- mo. Inoltre, ancora una volta lo guidava: con una benevola riprensione, lo in- duceva ad adottare un metodo di azione diverso, più diplomatico, misurato e paziente, non ansioso di realizzare il proprio progetto comunque buono, ma pronto a cogliere gli indizi di una chiamata dall’alto, magari non prima che un tempo di prova avesse temprato il generoso fervore del suo ancor giovane cuore sacerdotale.
Il Saggio permette un’ultima incursione nel campo del plausibile, indiriz- zata verso le frequentazioni torinesi di Guanella.
Può essere significativo che Le glorie del papa nel Concilio Vaticano, se- conda edizione parziale delle Conferenze di Scalabrini, fu stampata a Torino nel 1874 dalla stessa tipografia salesiana 29 che due anni prima aveva stampato il Saggio di Guanella. In una lettera a Xxx XX del 2 ottobre 1874 Xxxxxxxx Xx- xxx scrive: «Mi fo ardito in questa medesima occasione di presentare a Vostra Santità due libri che lo zelante sac. Scalabrini ha testé pubblicato con buon
28 X. XXXXXXXX, Le vie della Provvidenza, cit., p. 743.
29 G. B. SCALABRINI, Le glorie del papa nel Concilio Vaticano. Pensieri e riflessioni sulla Costituzione prima intorno alla Chiesa spiegata al popolo nella cattedrale di Como dal sacer- dote Gio[vanni] Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx parroco priore di X. Xxxxxxxxxx, Torino, Tipografia del- l’Xxxxxxxx xx X. Xxxxxxxxx xx Xxxxx, 0000, 210 p.; vi sono comprese la Prefazione e le quattro Conferenze della II parte.
successo. Supplico Vostra Santità di volerli gradire e compartire all’autore la santa apostolica benedizione» 30. Si potrebbe perciò ipotizzare che Xxxxxxxx in qualche viaggio a Torino avesse recato a Xxxxxxxx Xxxxx le Conferenze sugge- rendone la ristampa, ed abbia in seguito utilizzato i privilegiati canali salesiani per far arrivare al papa le due edizioni dell’opera ed ottenere una benedizione all’autore 31.
«L’andare in America non è buono»
Nel Saggio guanelliano Xxxxxxxxxx non trovò solo le veementi denunce contro «quattro settari spudorati, i quali fanno fracasso per tanti di loro e fa- voriscono leggi contrarie alla religione» 32, ma anche le espressioni di una pri- mordiale preoccupazione legata all’emigrazione.
Neppure la famiglia di Xxxxxxxx si era sottratta alla dura necessità di la- sciare la propria terra, ed egli conservò sempre memoria di un doloroso distac- co: «Ricordo, come se fosse ieri, quando nel 1850 circa la famiglia di mia zia materna Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx ved. Xxxx partiva alla volta degli Stati Uniti fra le lagrime dei parenti e dello scrivente» 33. Altri parenti e convalligiani furono poi costretti a partire e Xxxxxxxx cercò sempre di mantenere rapporti con loro; nel 1868 tramite Xxxxxxxx Xxxxx fece giungere un sacerdote italiano ad una colonia di campodolcinesi in Illinois 34.
All’epoca del Saggio, quindi ben prima del 1876, quando iniziarono le ri- levazioni ufficiali del fenomeno, la percezione che Guanella poteva avere del- l’emigrazione era inevitabilmente imprecisa e parziale. Egli riteneva che soprat- tutto nelle campagne le partenze si potessero ancora arginare, in una prospettiva paternalistica tesa a conservare le antiche consuetudini. Era ovviamente privo di conoscenze, strumenti interpretativi ed esperienze tali da fargli comprendere che
30 X. Xxxxx x Xxx XX, Xxxxxx, 0 ottobre 1874, in X. XXXXX, Epistolario, a cura di F. Motto, IV (1873-1875), Roma, LAS, 2003, p. 327.
31 Nell’aprile 1876 Xxxxxxxx ottenne una benedizione pontificia per sé, la madre e i parenti dopo aver scritto a Xxx XX su indicazione di Xxxxxxxx Xxxxx, che recò personalmente la richie- sta; cfr. X. Xxxxxxxx a Xxx XX, Torino, 1o aprile 1876, E 2181. La benedizione fu poi comunicata tramite una circolare a stampa che Guanella spedì ai familiari da Torino dopo il 16 aprile 1876, data dell’autografo pontificio in calce alla precedente; un esemplare è conservato nell’Archivio del Centro Studi Guanelliani.
32 X. XXXXXXXX, Saggio di ammonimenti..., cit., p. 88.
33 X. XXXXXXXX, Dal porto di Napoli all’Asilo di Laureana in Calabria, LDP, giugno 1913,
p. 93.
34 Cfr. X. XXXXXXX, L’impulso missionario: le stazioni cattoliche nella Svizzera e la fonda-
zione negli Stati Uniti, ne I tempi e la vita di Xxx Xxxxxxxx, cit., pp. 319-322; X. XXXXXXXXXX,
Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., pp. 104-112.
stava assistendo solo all’inizio di un’inarrestabile dinamica epocale, i cui svilup- pi avrebbero determinato molti assetti socioeconomici per decenni.
Ribadendo con forza le virtù di una società arcaica legata alla terra e di- fendendo tale concezione esistenziale da un’avanzante trasformazione, il Sag- gio prende atto dell’emigrazione mentre cerca di sventarla.
Dopo avere descritto i vantaggi della semplice vita di campagna, la fru- galità e la temperanza che distolgono dalla fallace brama dei beni materiali, la sana autosufficienza della società rurale e la gioia di attendere i frutti del pro- prio lavoro, Xxxxxxxx conclude il capitolo Il contadino in generale non deve cercare di innalzarsi sopra il suo stato perché egli è già il più felice di tutti con una perorazione ed un monito:
Xxxxxx siate ancor con me riconoscenti. Ché avendovi io additata comoda la fortuna vostra in seno alle case ed ai campi vostri, voi non dovete ingannarvi nell’andarla cercando altrove. Molto meno nella terra oggidì sì decantata come è l’americana, perché al certo commettereste fallo anche peggiore. Di che, se ne volete ancor le ra- gioni più particolari, io son contento di trascriverle qui presso in due brevi articoletti 35.
Il primo dei due capitoli successivi, Uno sguardo all’America, si apre pa- ragonando il Nuovo Mondo alla cima di una montagna verdeggiante in lonta- nanza, che poi salendo si scopre essere non altro che un terreno arido e roc- cioso sparso di rari cespugli. Lo scopo dell’autore è perciò disilludere sui pretesi vantaggi dell’emigrazione:
Or l’America è pur essa lontanissima da noi, eppure un grido univer- sale si solleva nel mezzo dei nostri paesi di: «Viva l’America! Viva l’America! Andiamo all’America», e partono come incontro ad una cuccagna pinguissima. L’abbracciano poi tutta intiera, o non piuttosto si veggono poi di contro un mondo nuovo, in nulla differente da que- sto nostro antico, o se pur differente ma per pericoli e travagli mag- giori? Vediamolo che omai, rimanendo ancor qui, dell’America ne co- nosciamo quanto è uopo per non pronunziarne giudizio imprudente 36.
Segue poi un breve excursus storico che, tra mitico ed esotico, parte dall’epoca precolombiana ed arriva fino all’attualità, quando «la gente, avida più della fortuna della terra che del cielo» continua «a rovesciarsi sul suolo americano» 37.
35 X. XXXXXXXX, Saggio di ammonimenti..., cit., p. 82.
36 Ivi.
37 Ivi, p. 84.
Quella che viene spacciata per una Terra Promessa è invece una rediviva Babele, descritta con toni fortemente emotivi e descrizioni che pongono l’ac- cento su concupiscenza e avidità, sulla corruzione morale e fisica, sull’abban- dono spirituale che porta alla perdita della fede 38.
L’America non è la terra della libertà ma del libertinaggio, non del lavoro ma della fatica, non della giustizia ma della violenza, perciò L’andare in Ame- rica non è buono né per l’anima né per il corpo, come recita il titolo del ca- pitolo successivo. Xxxxxxxx tenta di smascherare coloro che fanno passare per necessità una scommessa temeraria:
Infatti, molti parlano come i più perfetti: che a questo mondo è per poco tempo... tanto che si salvi l’anima e poi a costo di pascersi più di erba che di pan duro, e dimostrano di essere, a guisa dei santi, in- differenti ad esser sia ricchi che poveri, infermi o sani, in questo luo- go più comodo o in quest’altro più disagiato, purché in grazia al Si- gnore e in braccio a lui si possa uscire da questo mondo che è valle di pianto. [...] Ma poi aggiungono, con tal finta pietà, che dappertut- to che è mondo ivi son pericoli, e basta guardarsene. Del resto, là si guadagna e qui si muore di fame 39.
Secondo Xxxxxxxx è la fede che deve guidare anche le concrete scelte di vita:
Il proverbio Dimmi con chi pratichi e ti dirò chi sei è noto a voi pu- re, come vi son noti i detti del Signore di fuggire i maggiori pericoli per non perire in quelli, e le donne altresì perché fanno apostatare anche i sapienti, e simili. Or voi che vi accontentate di asserire con me che l’America, in confronto ai paesi di qui soprattutto campa- gnuoli, è un pericolo assai maggiore, se non riuscite a cancellar le suddette parole dall’Evangelio, sarete obbligati a rimanerne qui 40.
Il fine di questa prospettiva retrograda è addirittura il ritorno degli emi- grati, da recuperare in una trama di solidarietà che coincide con la comunità cristiana del paese d’origine:
Xxxxxx piuttostoché consigliare altrui a portarsi al Nuovo Mondo, che è il gran mondo dei pericoli, noi dovremmo anzi richiamar di là quei nostri diletti amici o parenti i quali, come il pesce all’amo, son forse sol trattenuti dal non ritornare da vano timore o da interesse ancor più vano 41.
38 Cfr. xxx, pp. 85-86.
39 Ivi, p. 87.
40 Ivi, p. 88.
41 Ivi, p. 90.
Pur nell’improbabile aspirazione verso un ritorno al passato, Xxxxxxxx in- tuì le dinamiche e le implicazioni sociali, economiche, politiche, morali e reli- giose che stavano investendo le classi più umili, avviandole verso novità rite- nute più gravide di insidie che di opportunità.
La sua presa di posizione contro l’emigrazione era inevitabilmente ideo- logica, ma fu tra le prime voci pubbliche a porre il problema: «La tesi di fondo [del Saggio] era che in America “si perde la fede” e si incontrano pericoli d’ogni sorta. È l’inizio in Italia di una letteratura di tipo allarmistico, con in- dirizzo moralistico imperante» 42.
Fu questa l’impostazione ricorrente in ambito ecclesiastico almeno fino al 1887, quando L’emigrazione italiana in America di Xxxxxxxxxx segnò un punto di svolta, riconoscendo l’inadeguatezza dei tentativi tesi ad impedire un feno- meno che aveva assunto dimensioni impressionanti e inaspettate, e la necessità improcrastinabile di presenze e interventi a favore dell’emigrazione, allo scopo
«di sorreggerla, di illuminarla, di dirigerla coll’opera e col consiglio, affinché torni di vantaggio agli emigranti e di decoro all’Italia nostra» 43.
Dopo quindici anni dal Saggio, la prospettiva è matura, documentata e or- mai completamente opposta a quella pur generosa di Guanella, delle cui argo- mentazioni sarebbe vano cercare traccia nella sintetica ma potente riflessione scalabriniana, se non in qualche descrizione di più impressionanti miserie ma- teriali e spirituali degli emigranti.
Proprio agli anni del Saggio risalgono i primi contatti del futuro vescovo con la nuova e dura realtà:
Xxxxxxxxxx aveva cominciato ad assistere al dramma dell’emigrazione quando ancora era a Como. Giovane sacerdote, aveva esercitato sal- tuariamente il ministero nella Valtellina, uno dei più grossi serbatoi di emigranti. Parroco di San Xxxxxxxxxx, si trovò di fronte a parroc- chiani che, per le ricorrenti crisi dell’industria tessile, non trovavano altra via d’uscita che l’emigrazione 44.
Probabilmente le sue reazioni non furono all’epoca diverse da quelle di Xxxxxxxx, se ancora nel febbraio 1887, proponendo il suo primo progetto al cardinale Xxxxxxxx Xxxxxxx, prefetto di Propaganda Fide, riconosceva che i parroci potevano solo «tentare ogni via allo scopo di persuadere i [loro] par-
42 A. XXXXXXX, Scalabrini e le migrazioni, vol. I, L’istituzione missionaria per gli emigran- ti. Primo periodo 1887-1890, Roma, Istituto Storico Scalabrini, pro manuscripto, 2004, p. 29.
43 G. B. SCALABRINI, L’emigrazione italiana in America. Osservazioni, in Scalabrini e le migrazioni moderne. Scritti e carteggi, a cura di X. Xxxxxx e G. Rosoli, Torino, SEI, 1997, p. 12.
44 X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., p. 932.
rocchiani a non spatriare. Ma purtroppo nel maggior numero dei casi non si riesce, e l’emigrazione bisogna subirla come una dolorosa necessità» 45.
È noto che un impulso decisivo per l’opera in favore degli emigranti ven- ne a Scalabrini nel 1886 da xxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, campodolcinese e parente di Guanella 46, altro potenziale lettore del Saggio: le elementari e concretissime preoccupazioni che l’autore vi esponeva cominciarono a trovare proprio nella collaborazione tra i due una prima risposta adeguata. Non è dato sapere se le accorate parole di Xxxxxxxx fossero state evocate nei loro colloqui; probabil- mente avranno avuto qualche risonanza nelle loro coscienze, tra i primi apporti che ne maturarono l’originale sensibilità per un apostolato tanto nuovo quanto necessario.
Verso la fine di quel cruciale 1887 anche Xxxxxxxx ritornò sull’emigrazio- ne, ma questa volta con ben diverse convinzioni, attribuendo a questo fenome- no quasi un valore educativo e formativo. In un opuscolo pastorale fa esplicito riferimento a quanto i suoi amici avevano intrapreso e ne trae motivo di con- forto, fino a presagire nell’emigrazione un evento provvidenziale che giunge a sostegno della Chiesa italiana minacciata dall’inasprimento delle politiche an- ticlericali:
E voi giovani più adulti, e voi stessi padrifamiglia, i quali con una specie di ragione più creduta delle necessità di vostra casa e della penuria del paese siete accorsi oltremare nelle terre sognate di Ame- rica, voi che ora imparaste intendere che l’oro in verun luogo diffi- cile è che si rastrelli, voi ripensate ad Europa, guardate all’Italia ed al paesello vostro e fermate l’attenzione alla famiglia ed al pastor d’anime ivi, e riflettete che tuttodì essi pregano per gli assenti loro e bramano rivedervi. Europei conquistatori dei popoli, siatelo egual- mente conquistatori delle anime! Testé l’illustrissimo concittadino
45 X. X. Xxxxxxxxxx a X. Xxxxxxx, Piacenza, 16 febbraio 1887, ivi.
46 Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (Campodolcino SO, 15 febbraio 0000 - Xxxxxxxx XX, 3 settembre 1911), ordinato per la diocesi di Como nel 1876, dopo un decennio di attività pastorale, nel 1885 si aggregò ai somaschi come esterno. Una visita ai familiari negli Stati Uniti d’America gli ri- velò la misera condizione degli emigranti. Anche per consiglio di Xxxxx Xxxxxxxx, cui era legato da parentela, verso il 1886 si mise in contatto con Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, che stava matu- rando l’intenzione di dedicarsi a questo nuovo campo di apostolato. Divenuto uno dei suoi più stretti collaboratori nella fondazione dei Missionari di San Carlo, nell’aprile 1888 emise i voti nella nuova congregazione, di cui fu vicario e procuratore generale. Dopo aver aperto la missio- ne negli Stati Uniti d’America, nel 1891 stabilì una presenza nel porto di Genova, fu quindi par- roco a New Haven e New York. Rientrò definitivamente in Italia nel 1900. È X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 983-984, ad affermare che nell’estate 1886 da Xxxxxxxx venne «la spinta occasionale» a Scalabrini per passare all’azione e iniziare l’opera in favore de- gli emigranti.
nostro xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, vescovo di Piacenza, attese per assicu- rare i viaggi e le permanenze vostre nella America, e Xxxxx XXXX, che in ogni angolo della terra vi è padre amante, egli in Piacenza pu- re istituì un collegio di sacerdoti perché accompagnandovi in quelle lontane terre guidino i vostri cuori per addivenire salvatori delle ani- me vostre e delle anime degl’indi infedeli colà. Fratelli assenti, ec- colo il saluto nostro! Preghiamo concordi per il pontefice, preghiamo per il vescovo, preghiamo a vicenda perché siamo salvi! Ed alla pre- ghiera voi stessi congiungete l’elemosina, specie alle Chiese nostre depauperate, alle nostre opere pie minacciate 47.
Tradotta nel linguaggio semplice, immediato e pratico di un fervorino al popolo, è la riflessione scalabriniana sull’emigrazione «segno dei tempi» e
«nuova povertà», come si potrebbe dire con espressioni contemporanee, cui la sollecitudine della Chiesa non poteva restare indifferente:
La religione e la emigrazione, ecco ormai i due soli mezzi che po- tranno per l’avvenire salvare la società da una grande catastrofe; l’una avviando su altri continenti il soverchio della popolazione, l’al- tra consolando di care speranze il dolore disperato degli infelici 48.
Occasioni e documentazioni
Si è appena visto che sin dai primordi l’opera dei missionari scalabriniani non poteva che incontrare l’ammirazione di Xxxxxxxx, che nell’aprile 1886 era riuscito ad arrivare a Como aprendo la Piccola Casa della divina Provvidenza, dove egli stesso cominciò a dimorare con maggior frequenza nel corso del 1888. Nel capoluogo lariano gli giunse notizia del Congresso Catechistico di Piacenza, ricordato nella dedica, datata «Nella festa del santissimo Nome di Xxxxx», del suo ultimo opuscolo pastorale Mezz’ora di buona preghiera 49. Egli tornerà sull’opera catechistica del vescovo piacentino in un articolo dell’aprile 1905 sull’opportunità di diffondere tramite le parrocchie foglietti popolari di insegnamento religioso:
47 X. XXXXXXXX, Cinquanta ricordini delle sante missioni. In ossequio ai cinquant’anni di sacerdozio del santo nostro padre Xxxxx XXXX (1887), in Scritti morali e catechistici, cit., pp. 1091-1092.
48 G. B. XXXXXXXXXX, L’emigrazione italiana..., cit., p. 9.
49 Mezz’ora di buona preghiera. In ossequio alla veneratissima enciclica del santo padre Xxxxx XXXX, 15 agosto 1889 (1889), in Scritti morali e catechistici, cit., pp. 1169-1191. Guanella poi si dedicherà ai testi normativi e di direzione spirituale per le sue congregazioni e alla pub- blicistica per LDP.
Certo i sacerdoti sono scarsi, pochissimi, ed il popolo già inerte ed insidiato finisce col perdere fin l’ultimo residuo di fede che lo teneva ancora unito a Dio e alla Chiesa [...] Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx da molti anni scrive e diffonde il suo periodico «Il Catechista» per inserire nei cuori i fondamenti della dottrina cristiana 50.
Ai primi di settembre 1890 rientrò temporaneamente in Italia Xxxxxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxxxxx lo incontrò e dovette avanzargli un’offerta di collaborazio- ne con l’opera scalabriniana, ma gli chiese poi di ottenere un incontro col ve- scovo per precisare i termini della propria disponibilità:
Temo che tu abbia esposto troppo di me a Sua Eccellenza xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx. Io potrò per caso qualche cosa in pro di codesto carissi- mo istituto se la stessa Eccellenza Sua mi porge aiuto. Da parte mia io sarei ben grato al Signore se mi desse di poter un nonnulla in pro dei nostri cari fratelli sparsi nelle Americhe. A tanto scopo se un pre- liminare abboccamento con Sua Eccellenza sarà per tornar utile tu non hai che a manifestarmi in quale momento con minor disagio di Sua Eccellenza io mi possa recare costà e tosto mi affretterei 51.
Non sono noti merito e sviluppi della questione, ma c’era evidentemente stata una sin troppo favorevole accoglienza da parte di Xxxxxxxxxx, cui il sacer- dote non si sentiva di poter soddisfare in pieno; si può ritenere potesse trattarsi di vocazioni missionarie, poiché la Casa di Como cominciava ad accogliere qualche ragazzo povero da avviare agli studi.
Dopo un anno, xxxx Xxxxxxxx ad ottenere un piccolo aiuto da Xxxxxxxxxx, in occasione dell’ingresso in diocesi del vescovo Xxxxxx Xxxxxxx, il 25 ottobre 1891. Egli presentò la sua opera stampando l’album celebrativo A Sua Eccel- lenza xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx novello vescovo di Como, che dopo la foto e l’epigrafe dedicatoria ospita un breve intervento del vescovo di Piacenza, dall’augurale titolo Viva!, datato 6 ottobre 1891:
Lodo altamente il pensiero di concorrere con apposita pubblicazione a rendere più solenni i festeggiamenti, onde la illustre Chiesa comen- se preparasi a ricevere il nuovo pastore che Dio, per un tratto di sin- golare Provvidenza, le ha dato. Como, la mia Como, ha davvero di che rallegrarsi, ed io ne ringrazio in modo speciale il Signore. Mon- signor Xxxxxx Xxxxxxx viene a te, o mia patria, giovane d’anni, matu- ro d’esperienza, ricco di virtù, di scienza, di alti e virili propositi, con una missione tutta di carità e di pace, solo bramoso della gloria
50 X. XXXXXXXX, Pensando! ..., LDP, aprile 1905, p. 60.
51 X. Xxxxxxxx a X. Xxxxxxxx, Como, 22 ottobre 1890, E 2735.
di Dio, della salute delle anime e del tuo benessere religioso, morale e civile. Esulta! Chi onora il vescovo sarà da Dio onorato: è sentenza di uno dei più grandi Padri della Chiesa, e io godo qui rammentarla a consolazione appunto di quanti in cotesta faustissima circostanza si propongono di rendere al degno successore di sant’Abbondio solenne tributo di ossequio e di amore. «Viva!», ripeterò io pure un’altra vol- ta. Xxxxxxxxx xxxxx che viene nel nome del Signore 52.
Anche per la presa di possesso del successivo vescovo Xxxxxxx Xxxxxx xx Xxxxx, 00 aprile 1896, Guanella preparò un album e scrisse per tempo a Sca- labrini onde ottenere «il tesoro di poche sue parole» 53, ma questa volta il de- siderato contributo non arrivò 54.
Xxxxxxxx x Xxxxxxxx, poco tempo dopo il suo successivo rientro in Italia, alla fine del 1892, egli si incontrò di nuovo con Xxxxxxxx. Nell’Epifania 1893 partecipò insieme al salesiano Xxxxx Xxxxxxx, tornato dal Brasile per la consa- crazione episcopale, ad una festa missionaria organizzata da Guanella a Como nella Casa divina Provvidenza: vi era stato appena accolto come primo dei sa- cerdoti anziani ricoverati lo svizzero xxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, missionario in America settentrionale dal 1854 al 1866. La circostanza venne ricordata da «La Divina Provvidenza» con un articolo dello stesso Xxxxxxxx, che con l’occasio- ne presentava e raccomandava l’opera scalabriniana:
L’Istituto Colombo aduna chierici studenti per il corso teologico e raccoglie sacerdoti, missionari per le diverse parti d’America. Ha po- chi anni di esistenza, e conta già oltre quaranta missionari intrepidi che vengono istituendo chiese e parrocchie nelle città degli Stati Uniti e altrove. [...] Santissima opera! I nostri italiani che spesso da anni ed anni non vedono il volto di un sacerdote cattolico, allo in- contrarsi nei missionari dell’Istituto Colombo ravvivano la speranza, ed entrando per le prime volte nelle chiese che questi giungono ad inaugurare, mescolano i cantici di lode con pianti dolcissimi di con- solazione. E chi non s’affretta in soccorso di tanta opera? Il pontefi-
52 A Sua Eccellenza mons. Xxxxxx Xxxxxxx novello vescovo di Como. Omaggio della Pic- cola Casa della divina Provvidenza, Como, Tipografia Piccola Casa della Divina Provvidenza, 1891, p. 7. L’opuscolo prosegue con cenni biografici di Ferrari stesi da Xxxxxxxx e con compo- nimenti celebrativi in prosa e in versi latini e italiani.
53 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Como, 9 maggio 1895, E 2404. Nella lettera Xxxxxxxx chiede anche un contributo da inserire in una pubblicazione celebrativa per il giubileo sacerdo- tale di Xxxxx Xxxxxxx, prevosto di Fino Mornasco, che non risulta sia poi stata stampata.
54 L’opuscolo A Sua Eccellenza mons. Xxxxxxx xxx Xxxxx Xxxxxx xx Xxxxx nuovo vescovo di Como. 19 aprile 1896, Como, Tipografia Piccola Casa della divina Provvidenza, 1896, 30 p., si apre con l’ultimo discorso tenuto alla congregazione del clero comense dal vescovo Ferrari il 25 ottobre 1894.
ce Leone benedice di gran cuore allo Istituto Colombo, e di gran cuore benedirà a tutti [quelli] che gli vengono in aiuto di preghiera, di elemosina, di personale missionario 55.
La figura di Xxxxxxxxxx ritorna sul bollettino del gennaio 1894 in un’esor- tazione allo studio e alla virtù rivolta ai ragazzi dello studentato da Xxxxx Xxx- xxxxxxx, per molti anni insegnante a Como e amico dell’opera guanelliana; egli era stato professore ginnasiale di Scalabrini, che ora propone quale modello ri- cordandone anche l’amicizia con Xxxxxxxx:
Il vostro direttore, o giovinetti, so che ebbe lo Scalabrini ad assisten- te nel Collegio Xxxxxx, e poi a compagno nel seminario teologico: e so che ancora adesso, il vescovo Xxxxxxxxxx, ama il vostro direttore. Xxxxxxx adunque, a nome del vescovo di Piacenza, che amiate sem- pre il vostro direttore, e che siate grati a tutti quelli che pensano ef- ficacemente al vostro bene 56.
Xxxxxxxx aveva presentato l’articolo a Xxxxxxxxxx con una lettera scritta nell’imminenza del Natale, alla quale erano allegate copie del periodico con il programma delle iniziative per la conclusione del giubileo episcopale di Xxxxx XXXX, terminando con «auguri di felicità al carissimo mio e suo D. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx e a tutti codesti strenui missionari» 57.
Nel settembre 1899 Xxxxxxxxxx tornò a Como in occasione dei festeggia- menti voltiani e domenica 17 benedisse la prima pietra dell’ampliamento di San Xxxxxxxxxx. Passò anche nella Casa divina Provvidenza, ma non incontrò Xxxxxxxx, che poi si rammaricherà del mancato colloquio in occasione degli auguri natalizi:
Non ho potuto riverirla alla Casa della Providenza nella scorsa esta- te, e ne faccio ora dolce lamento e porgo augurio che in altra circo- stanza la sua presenza ci benedica. Intanto Le porgo auguri e sensi di ammirazione per tante opere sue e per quanto bene opera l’Istituto Colombo 58.
Xxxxxxxx continuò a seguire le iniziative missionarie del vescovo e appena prima della sua partenza per gli Stati Uniti, nell’estate 1901, inviò un telegram-
55 [X. XXXXXXXX], L’Epifania alla Piccola Casa nel 1893, LDP, febbraio 1893, p. 18.
56 X. XXXXXXXXXX, La Divina Providenza ha sì larghe braccia che tutto prende ciò che a Lei si volge, LDP, gennaio 1894, p. 116.
57 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Como, 23 dicembre 1893, E 2403; l’episodio è ripreso anche da X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 43-44.
58 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Saronno, 24 dicembre 1899, E 2405; probabilmente la lettera accompagnava una scatola dei celebri Xxxxxxxx, che Xxxxxxxx era solito regalare.
ma augurale: «Allo eccellentissimo vescovo Xxxxxxxxxx fondatore Istituto Co- lombo voti prospero viaggio. Sacerdote Guanella e congregazione» 59.
Nella lettera di congratulazioni scritta per il ritorno in Italia, rende di nuo- vo esplicito il desiderio di una ‘santa emulazione’ missionaria, al quale non po- teva essere estraneo Xxxxxxxxx Xxxxxxxx che dopo il suo definitivo rientro fre- quentò spesso le Case guanelliane:
Noi comaschi siamo tutti consolati ed ammirati dei trionfi suoi e del- l’Istituto Xxxxxxxxxx Xxxxxxx. La Casa della divina Providenza in modo speciale con me si congratula di quanto bene ella ne vien fa- cendo. Non nascondo che ne siamo alquanto invidiosi e che un po- colino almeno di bene saremmo desiderosi anche noi di farlo. Il caro xxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx è con noi nella Casa di Menaggio. Presto verrà alla E. V. Xxx.xx per sentirne i comandi. Ci benedica tutti 60.
La notizia del viaggio americano trovò spazio anche su «La Divina Prov- videnza» in occasione degli auguri natalizi, quando Xxxxxxxxxx è associato nell’ammirazione a xxx Xxxxxxx Xxx:
A Sua Eccellenza xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx vescovo di Piacenza, reduce da una visita alle case da lui fondate in America per gli emigrati, il sa- cerdote Xxxxx Xxxxxxxx antico discepolo e compagno, porge congratu- lazioni ed auguri coll’attestato della sua profonda devozione. [...] Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx e xxx Xxx che imprimono nelle opere loro l’im- pronta di Colui che li ha mandati, ottengano la grazia di corrispondere alle divine ispirazioni al loro devotissimo servo xxx Xxxxx Xxxxxxxx 61.
Nell’ottobre 1904, mentre Xxxxxxxxxx è in Brasile, «La Divina Provviden- za» trattava la situazione dei nostri emigrati in un interessante articolo in due parti, intitolato L’emigrazione italiana negli Stati Uniti d’America 62. La prima parte è una testimonianza di xxx Xxxxxxxxxx Xxxxx, compagno di studi di Gua- nella e poi missionario apostolico negli Stati Uniti per un ventennio; egli so- stiene che gli italiani dovessero preferire l’emigrazione nei contesti rurali e de- scrive poi la loro condizione nelle città come la più difficile tra tutti gli emigrati, poiché vi si concentrano senza volersi integrare, con sconfortanti ri- sultati materiali e spirituali:
Anzitutto si rubano il pane di bocca gli uni gli altri, sicché invece di far buona fortuna fanno miserie, e son costretti quindi a vivere nelle
59 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Milano, 15 luglio 1901, E 2407.
60 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Como, 8 dicembre 1901, E 2408.
61 X. XXXXXXXX, A Sua Eccellenza, LDP, dicembre 1901, p. 95.
62 LDP, ottobre 1904, pp. 139-141.
più luride catapecchie. È a meravigliarsi adunque se nelle città l’ita- liano è tenuto in poca stima? No davvero, e bisogna confessare che gli italiani che hanno fatto fortuna e se la passano bene rinunciano alla nazionalità e si spacciano per americani o per inglesi, e per riu- scirvi alterano perfino il loro nome di famiglia. [...] Va poi senza dir- lo, che parecchi di essi in un col nome e la nazionalità hanno cam- biata anche la religione per non accomunarsi cogli italiani nelle chiese italiane e quindi mostrarsi italiani 63.
L’autore continua con riferimenti all’incontro di Scalabrini con Xxxxxxxxx e alle colonie agricole di xxx Xxxxxx Xxxxxxx, che aveva visitato. La seconda parte dell’articolo è un commento non firmato sulle considerazioni del missio- nario, nel quale l’autore, probabilmente Xxxxxxxx, esalta l’opera insieme reli- giosa e patriottica svolta da Xxxxxxxxxx:
Alla relazione fatta sul luogo dallo zelante missionario don Defenden- te Monti, aggiungiamo che sforzo di ogni italiano dovrebbe essere di frenare, o meglio di regolare l’emigrazione, quando l’impedirla pare impossibile e talvolta persino inumano. Xxxxxxxx xxxxxx all’illustre vescovo di Piacenza xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, il quale va spendendo tutta l’attività sua e la vita ancora per migliorare la condizione di un nume- ro senza numero di fratelli nostri che vanno tanto lontano a cercarsi un pane. L’illustre vescovo ed italiano va pellegrinando nelle Americhe per confortare i missionari che egli sparse in molti centri per allonta- nare i pericoli degli emigranti, mantenerli onesti, e così conservare in- sieme la fede e la gloria del nome italiano. Questo sì è vero amor di patria! Amare e proteggere tutti gli uomini, ma più specialmente quelli che ebbero comune con noi la terra natia, la lingua, i costumi. Il grido di: «Viva la fede!» non si disgiunge dal grido: «Viva la patria!» 64.
Le intenzioni di collaborare all’opera missionaria sono ancora ribadite nella consueta ma sempre sincera lettera natalizia, l’ultima:
Io non ho ancor potuto inviarle un soggetto pel suo Istituto Colombo ma ho pregato e fatto pregare da questi ricoverati e non perdo di vi- sta quell’ammirabile istituzione alla quale spero inviare qualche sog- getto ché ora nella Piccola Casa di Como si è costituito uno studen- tato discreto. Ella voglia benedire a queste intenzioni mentre noi presenteremo pure alla culla del divino Infante la persona e le opere sue con fede e devozione 65.
63 Ivi, pp. 139-140.
64 Ivi, p. 141.
65 X. Xxxxxxxx a X. X. Xxxxxxxxxx, Como, anteriore al 25 dicembre 1904, E 2409.
Dopo un mese, il 29 gennaio 1905, i due si incontrarono l’ultima volta, a Roma, per la consacrazione episcopale del xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx Tede- schi. Fu l’occasione del dialogo nel quale Xxxxxxxx rievocò le sue ripetute ri- chieste per mettere piede a Como con la ‘saggia’ risposta all’epoca ricevuta dal priore di San Xxxxxxxxxx. La conclusione di Xxxxxxxxxx fu il suggello terreno ad una lunga e fedele amicizia cristiana che egli riassunse, quasi presagendo la fine non lontana, in una semplicità essenziale:
Ma il xxx Xxxxxxxx, ricordando questo allo Scalabrini in Roma qual- che mese prima della sua morte, ebbe lo Scalabrini a conchiudere:
«Siamo tutti burattini della divina provvidenza: lasciamoci muovere da lei e facciamo quel bene che ci è possibile» 66.
La notizia della morte di Xxxxxxxxxx, 1o giugno 1905, giunse a Guanella a Roma, mentre partecipava al XVI Congresso Eucaristico Internazionale. Quasi non trovando le parole adatte, o temendo che l’emozione prevaricasse, ne die- de notizia su «La Divina Provvidenza» di luglio con un laconico appunto:
Il direttore delle Case della divina Provvidenza prese parte al Con- gresso, e si commosse all’accenno fatto dall’eccellentissimo vescovo di Bergamo della morte del dotto e santo xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx ve- scovo di Piacenza 67.
Nello stesso numero fa pubblicare il necrologio, che inizia rammentando ai lettori «il nome di quel grande che Italia e America, Chiesa e patria hanno pianto amarissimamente»; esprime poi le condoglianze delle Case della divina Provvidenza, che «mandano anch’esse un saluto riverente al grande che, pas- sando, segnò sulla terra vast’orma dello spirito di Dio», e dopo una breve sin- tesi della vita conclude:
La Chiesa sentì profondo dolore per la morte di monsignor Scalabri- ni e indisse funebri onoranze imponenti; a quel lutto, a quegli onori si associò ogni cittadino, la patria ammiratrice di lui che povero con una croce sul petto ha portato ovunque bagliori di luce e di civiltà 68.
Xxxxxxxx xxxxx su Scalabrini solo nel maggio 1909, dopo la traslazione in duomo del 18-19 aprile. Scrisse un toccante articolo con un rapido profilo biografico, brani dal diario personale del vescovo (da cui «trapela lo spirito del Salesio, di san Xxxxxxxx e del beato Xxxxxx di Ars») e dalla biografia di
66 X. XXXXXXXX, Le vie della Provvidenza, cit., p. 805. L’episodio è ripreso anche nell’ar- ticolo La memoria di mons. Scalabrini: nel 10o della sua morte, LDP, agosto 1915, p. 121.
67 X. XXXXXXXX, Congresso Eucaristico, LDP, luglio 1905, p. 100.
68 X. XXXXXXXX, In memoriam, ivi, pp. 111-112.
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx 69, la cronaca della traslazione («un vero trionfo della fede e dell’apostolo»), il giudizio di Xxx X sulla perdita di «uno dei migliori nostri vescovi» ed elogi di membri dell’episcopato. Il suo apporto personale è con- tenuto ma significativo e parte da una semplice constatazione dettata dalla più autentica concezione cristiana del tempo e della vita: «Un affetto tutto specia- le mi lega a Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx». Dopo avere ripercorso i momenti sa- lienti di una biografia intensissima, Xxxxxxxx si domanda: «Dove attingeva la sua straordinaria forza d’animo, e d’onde proveniva la buona riuscita delle sue fondazioni?», e risponde affermando una comune appartenenza spirituale:
«Dallo spirito di preghiera, dal suo abbandono completo nella divina prov- videnza».
L’articolo si conclude con accenti che vanno ben oltre l’ammirazione e l’affetto:
Lo spirito eletto dell’uomo che parve suscitato da Dio per ministrare l’opera della Provvidenza, il cuore del vescovo e del padre che ebbe palpiti per la fede e l’umanità, aleggi sulla sua diocesi e sul suo pae- se natale, aleggi sulle sue missioni d’oltremare, aleggi pure su di noi e sulle povere opere nostre da lui amate e protette, e ci faccia imita- tori del suo eroismo e delle sue virtù 70.
È l’invocazione a un santo.
Tratti di altri volti
Come in un’icona xxxxxxxx, la desiderata collaborazione missionaria con Xxxxxxxxxx maturò dopo la morte del vescovo, fino al compimento del maggio 1913 con l’invio delle prime suore guanelliane nella parrocchia dell’Addolorata a Chicago.
I rapporti di Xxxxxxxx (e poi delle sue congregazioni) con i Missionari di San Carlo fanno ovviamente parte di un’altra storia, ma per un decennio i figli spirituali di Xxxxxxxxxx rappresentarono per Xxxxxxxx una trasfigurata fisiono- mia del suo antico compagno e maestro. Attraverso i missionari, che a loro volta vedevano in lui un riflesso del loro fondatore, egli custodì fino al termine della vita il prezioso tesoro di un’autentica amicizia cristiana, l’incontro con un’esperienza di fede che, pur nella diversità dei carismi, era riconosciuta iden- tica alla propria:
69 [D. XXXXXXXXX], L’apostolo degli italiani emigrati nelle Americhe, Piacenza, Tip. A. Del Xxxxx, 1909.
70 X. XXXXXXXX, Mons. vescovo Xxxxxxxxxx, LDP, maggio 1909, pp. 61-63.
Così i legami di amicizia fra i due si stringevano sempre di più at- traverso le loro opere. [...] Il ricordo dello Scalabrini, commemorato nel 10o anniversario di sua morte, alimenti nell’anima dei degni suoi figli un tesoro di propositi e di conforti; e tra noi e loro mantenga e rinsaldi quei vincoli di stima e di cooperazione vicendevole, che gio- vino a schiudere orizzonti sempre più vasti e gloriosi alla comune azione di carità e di zelo per le sorti della religione e della patria 71.
Di tutti gli scalabriniani che Xxxxxxxx conobbe, si accennano di seguito solo alcune figure, più note per i legami «della loro stima e della loro indimen- ticata e cordialissima amicizia» 72. I loro rapporti ‘guanelliani’ sono appena in- dicati in base ad una prima sommaria selezione di un vasto materiale che sol- lecita nuove ricerche, ulteriori approfondimenti e più precise sistemazioni.
Di XXXXXXXXX XXXXXXXX si può aggiungere che tornato definitivamente in Italia nel maggio 1900, in conseguenza di un incidente in cui fu seriamente fe- rito, restò per qualche tempo come cappellano delle suore guanelliane a Me- naggio, prima di ritirarsi a Tremezzo. Morì a Como il 3 settembre 1911; il ne- crologio su «La Divina Provvidenza» lo presenta come «cugino del nostro direttore» ed elenca i suoi primi incarichi in diocesi, ma «al suo zelo una par- rocchia pareva troppo piccolo campo» e perciò «appena seppe che Sua Eccel- lenza xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, vescovo di Piacenza, voleva fondare l’opera di as- sistenza agli italiani emigrati nell’America, volò a lui e seco lui dispose le cose in modo che l’opera di assistenza ebbe vita» 73.
* * *
L’evento più significativo degli ultimi anni di Guanella, il viaggio negli Sta- ti Uniti dal dicembre 1912 al febbraio 1913, è legato a XXXXXXXX XXXXXXX, par- roco del Sacro Cuore e superiore a Boston. Partito con lui da Piacenza il 13 dicembre, Xxxxxxxx fu suo ospite dalla Vigilia di Natale a dopo l’Epifania, e nel primo degli articoli scritti dall’America gli riconosce il merito di avere concretizzato il suo antico desiderio:
Fiacchezza e timidità nostra che non sia venuto almeno dieci anni prima. Il desiderio lo si aveva ancor prima che 10 anni fa ma biso- gna aspettare da alto la chiamata. E il molto rev. padre Xxxxxxx ne fu strumento ben degno. Mi è più che fratello e quasi angelo tutelare 74.
71 La memoria di mons. Scalabrini..., cit., p. 121.
72 Ivi.
73 Necrologio, LDP, settembre 1911, p. 123.
74 X. XXXXXXXX, Xxx Xxxxx Xxxxxxxx in America, LDP, febbraio 1913, p. 17; gli altri arti- coli sul viaggio uscirono con vari titoli fino a giugno.
Più avanti ricorda anche l’impulso decisivo che ne aveva ricevuto:
Padre Xxxxxxxx Xxxxxxx [...] trovandosi alle feste scalabriniane in Ro- ma nel decorso dicembre [i.e.: novembre] mi disse: «Non abbia ri- guardo alla sua età... Venga con me in America per i suoi progetti e propositi pii... Io lo accompagnerò fedele». Mi confidai, ed ho trova- to l’anima angelica di un fratello fedele, di un amico-tesoro, di una guida preziosa ed indefessa 75.
Xxxxxxxx ne apprezzò anche le qualità intellettuali:
Giovane di 30 anni scrisse Fiori sparsi d’un gran vescovo (massime, consigli, ricordi di xxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx), la Bene- detta in tutti i secoli e l’Omnis lingua confiteatur (pagine d’illustri credenti che cantano le glorie di Dio e della Chiesa). Sta elaborando altre opere di simil genere. Il padre Xxxxxxx si apre una carriera lu- minosa per fare tutto quel bene a cui lo stimola lo zelo e la rettitu- dine sua 76.
Tra loro si conservò una sincera amicizia, come testimoniano le cinque lettere che Xxxxxxxx gli scrisse dal 19 maggio 1913 all’11 luglio 1915. Vi si trovano richieste di notizie e saluti a persone conosciute, congratulazioni per il lavoro svolto, informazioni sulla missione delle Figlie di santa Xxxxx della Provvidenza e addirittura l’ipotesi di un altro viaggio 77.
* * *
L’incontro con XXXXXXX XXXXXXX avvenne durante la breve permanenza di Guanella a Chicago, dal 20 al 22 gennaio 1913. Con lui e Xxxxxxx il giorno 22 fu ricevuto dall’arcivescovo Xxxxx X. Xxxxxxx, che si mostrò favorevole all’apertura di un istituto per insufficienti mentali; Xxxxxxxx scrisse subito alla superiora Xxxxxxxxxx Xxxxxxx:
75 X. XXXXXXXX, Ritornando dall’America del Nord. Memorie ed ammonimenti, LDP, mag- gio 1913, p. 77. Xxxxx Xxxxxxxx fece parte del comitato dei festeggiamenti giubilari per l’appro- vazione dei Missionari di San Carlo, che si tennero a Roma nel novembre 1912; cfr. Nel XXV dell’opera di Mons. Scalabrini, LDP, giugno 1912, p. 99.
76 X. XXXXXXXX, Xxx Xxxxx Xxxxxxxx in America..., cit., p. 18. Le pubblicazioni di Xxxxxxxx Xxxxxxx sono: Fiori sparsi d’un gran vescovo, Roma, Tip. Fratelli Xxxxxxxx, 1908, 273 p.; La Be- nedetta nei secoli. Nuovo mese di maggio con esempi, laudi sacre, ossequi e giaculatorie, Na- poli, Rondinella e Xxxxxxxx, 1907, 262 p.; Omnis lingua confiteatur! Pagine d’illustri credenti che cantano le glorie di Dio e della Chiesa, Milano, Tip. S. Lega Eucaristica, 1913 (sulla cop.: 1912), I, 308 p. (l’opera uscì poi completa in due volumi nel corso del 1913).
77 Le lettere furono scritte da Cosenza il 19 maggio 1913 (E 1445), da Como-Lora il 15 giugno 1913 (E 1446), da Como il 22 aprile, il 10 giugno e l’11 luglio 1915 (E 1447, E 1448,
E 1449).
Ringraziamo la D. Providenza che oggi stesso in modo proprio sicu- ro ci ha aperto la via qui in Chicago per una o due fondazioni che poi potranno estendersi assai. Sua Eccellenza il signor arcivescovo ci appoggia in modo serio con questo reverendo parroco dell’Addolora- ta bresciano d’origine, il primo e il più valente missionario di mon- signor Xxxxxxxxxx 78.
Nel reportage per «La Divina Provvidenza» egli ricorda che «si presero ac- cordi che padre Xxxxxxx vuol rendere pratici quanto prima» 79. A concretizzare la spedizione missionaria fu perciò determinante la disponibilità del parroco del- l’Addolorata, di cui Xxxxxxxx conservò un’impressione viva e lusinghiera:
Nel mio viaggio fissai con venerazione lo sguardo nel missionario Xxxxxxx Xxxxxxx, uno fra i primi dello Scalabrini, il figlio predilet- to a cui fu assegnata la fondazione dell’Opera di San Xxxxxxxx. Non era provveduto che di fede nella parola del suo vescovo; e la divina provvidenza condusse così il Gambera alla costituzione solida del- l’Opera San Xxxxxxxx, che è per dare ogni anno pane e indirizzo a quei figli d’Italia 80.
Ci furono poi delle difficoltà per il passaggio delle missionarie guanellia- ne dal servizio in parrocchia agli inizi dell’opera autonoma del ricovero, co- munque il rapporto con Xxxxxxx rimase sempre cordiale e non mancarono mai saluti e ringraziamenti nelle lettere a Chicago; nel novembre 1913 Xxxxxxxx gli espose con serenità le sue ragioni confidando in un accordo amichevole:
Ma mi si fa sapere che di autonomia all’opera non se ne parla, e allora io naturalmente devo rispettosamente insistere perché non incolga in taluno di quei malintesi che possono essere pericolosi in lontane terre. [...] Intendiamoci dunque da buoni lombardi e da fratelli buoni 81.
Rientrato in Italia nell’estate 1914, Xxxxxxx fu accompagnato da Guanel- la a visitare le Case di Milano, Como e Roma, dove il 26 agosto una musicista non vedente ospite del Ricovero Pio X gli dedicò un’accademia poetico-musi- cale come «sincera e cordiale manifestazione di stima e riconoscenza» 82.
* * *
78 X. Xxxxxxxx a M. Xxxxxxx, Chicago, 22 gennaio 1913, E 616.
79 X. XXXXXXXX, Il viaggio di D. Xxxxx Xxxxxxxx xxxxxxxx gli Stati Uniti d’America. Appun- ti e impressioni, LDP, marzo 1913, p. 39.
80 X. XXXXXXXX, Ritornando dall’America del Nord..., cit., p. 77.
81 X. Xxxxxxxx a X. Xxxxxxx, Como, 14 novembre 1913, E 1258.
82 Spigolando, LDP, ottobre 1914, p. 155.
L’«amico d’oro» 83 XXXXXXX XXXXXXX conobbe Xxxxxxxx e le sue opere durante la permanenza a Roma dopo il capitolo generale del settembre 1910, quando venne eletto procuratore ed economo generale dei Missionari di San Carlo. Quando poteva, volentieri si recava negli istituti di San Pancrazio, di Monte Xxxxx e a San Xxxxxxxx al Trionfale per confessare le suore e visitare i ricoverati. Nel marzo e aprile 1913 prestò assistenza nell’ultima malattia al confratello Xxxxx Xxxxxx a Cernobbio, sul lago di Como, e visitò le Case guanelliane.
Con la sua comunicativa semplice e intensa lasciò un’ammirata testimo- nianza, significativamente intitolata Di meraviglia in meraviglia, pubblicata su
«La Divina Provvidenza», dove racconta di
umili sacerdoti, pietose suore, gli uni e le altre istituiti e formati dall’uomo della Provvidenza, [che] compiono prodigi di abnegazione e di zelo. [...] Qui nelle loro Case non si saprebbe cosa più ammi- rarsi, se la pazienza, la carità, l’amore, la diligenza dei figli e delle figlie di xxx Xxxxxxxx, ovvero se la riabilitazione dei miserabili alle loro cure commessi ed il loro miglioramento fisico, morale.
Nella conclusione dell’articolo conclude auspicando che l’opera
si spanda e prosperi anche in quella seconda Italia che si va xxxxxx- do al di là dei mari, nelle lontane Americhe, e dimostri all’umanità di quanto bene sia capace un cuore acceso di carità, formato secondo il cuore di Dio 84.
Poco dopo nel lungo articolo Come render felici gl’infelici? ribadisce la sua devota ammirazione per le opere guanelliane, delle quali esalta il valore di promozione umana generato dall’autentica carità evangelica:
Attenuare queste infelicità, formare per quanto è possibile operosi e saggi gl’infelici colpiti dalla sventura sì intellettuale che fisica è ope- ra eminentemente benefica e civile di xxx Xxxxxxxx e dei cooperatori suoi [...] Si aiutino le opere di xxx Xxxxxxxx; e la religione di Xxxx Xxxxxx ne rifulgerà di più vivo splendore, segnerà nelle sue immortali pagine i frutti fecondi de’ suoi grandi insegnamenti, della sua vera carità e civiltà 85.
83 La memoria di mons. Scalabrini..., cit., p. 121. Xxxxxxx Xxxxxxx (1869-1941) fu nomi- nato vescovo di Rieti, sua città natale, il 2 agosto 1924; è stato dichiarato venerabile il 19 di- cembre 2005.
84 M. R[INALDI], Di meraviglia in meraviglia, LDP, aprile 1913, pp. 64-65.
85 M. R[INALDI], Come render felici gl’infelici?, LDP, maggio 1913, pp. 80-81.
Le prefazioni alla biografia di Xxxxxxxxxx
Un atto significativo che dava pubblica rilevanza alla lunga storia di ‘santa amicizia’ fu la biografia di Xxxxxxxxxx voluta da Xxxxxxxx. Nel 1912 e nel 1913 la tipografia della Casa divina Provvidenza stampò la prima e la seconda edizione dei Cenni biografici di monsignor Xxxx[anni] Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx scritti da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx (1846-1924), sacerdote e nipote di Xxxxxxxx 86.
La prima edizione fu pubblicata per il venticinquesimo anniversario del- l’approvazione dei Missionari di San Carlo, come «contributo [...] alla fausta commemorazione» 87 da parte di Xxxxxxxx.
All’edizione 1913 egli volle aggiungere il suo reportage americano, a conferma che il merito di questa esaltante esperienza era tutto di Xxxxxxxxxx, quasi un ulteriore episodio biografico differito nel tempo solo per l’inevitabile limite della condizione umana, ma inscritto in un unico disegno provvidenziale dove le sue opere erano unite a quelle «degli Scalabriniani che ci furono do- vunque come fratelli con noi Servi della Carità che minimi la Provvidenza di- spose crescessimo contemporaneamente all’opera ben maggiore della Congre- gazione di san Carlo del nostro gran vescovo xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx» 88, come scrisse al ritorno dagli Stati Uniti. In questa edizione, uscita dopo la partenza delle prime suore, Xxxxxxxx riconosce perciò la loro missione come frutto ma- turo della amichevole e illuminata benevolenza di Xxxxxxxxxx e dei suoi speri- mentata durante tutta la vita, che ora gli rendeva «lieti» anche gli ultimi anni, quando finalmente giunse a realizzare l’ideale che, scrivendo proprio per le suore in America, lascerà alle sue figlie e ai suoi figli spirituali: «Tutto il mon- do è patria vostra» 89.
Nella loro semplicità aderente ai fatti, nel loro valore documentale, le due prefazioni, certamente ispirate da Xxxxxxxx come tutta la biografia, sembrano la sintesi migliore di quanto si è cercato di ripercorrere.
86 X. XXXXXXXXXX, Cenni biografici di monsignor Xxxx[anni] Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx vescovo di Piacenza, Como, Scuola Tip. Casa Divina Provvidenza, 1912, 93 p.; seconda ed., 1913, 127
p. Per l’autore, che ebbe Scalabrini come professore di seminario, cfr. A. XXXXXXX, La famiglia Guanella: radici di natura e di grazia, in Ricchezza di figure storiche intorno a Xxx Xxxxx Xxxxxxxx. Rapporti e contributi reciproci, Roma, Nuove Frontiere, 2000, Saggi storici, 16, pp. 18-20.
87 Nel XXV dell’opera di Mons. Xxxxxxxxxx, cit., p. 99.
88 X. Xxxxxxxx a X. Xxxxxxxxx, Roma, 1o marzo 1913, E 1862; parte della lettera è pub- blicata nell’articolo L’arrivo in Italia di D. Xxxxx Xxxxxxxx, LDP, marzo 1913, pp. 42-43.
89 X. XXXXXXXX, Vieni meco per le suore missionarie americane in uso nella congregazione delle Figlie di santa Xxxxx della Provvidenza in Como (1913), in Scritti per le congregazioni, Roma, Centro Studi Guanelliani - Nuove Frontiere, 1988, Opere edite e inedite di Xxxxx Xxxxxx- la, IV, p. 788.
Il xxxxxxxx Xxxxxxxx xxx Xxxxx, conosciuto in molte parti d’Italia, se non di persona, certo di fama pei molteplici suoi istituti a pro di ogni genere d’infelici, conobbe lo Scalabrini nel seminario diocesano di Como e fu sempre fervente ammiratore delle opere grandi e benefi- che di lui. In quest’anno pertanto, in cui ricorre il venticinquesimo anniversario della fondazione dell’Opera di San Carlo per gli emi- granti italiani, dovuta appunto al monsignore, quale omaggio e con- tributo alle feste che sono indette, egli brama di offrirne la vita, a gloria non solo della diocesi di Como, che si vanta di aver dato a quel grande i natali, ma di tutta Italia, e a disinganno di certi che nel clero non vedono che egoismo e incuranza dei bisognosi. Al deside- rio di xxx Xxxxxxxx corrisponde anche quello di chi s’è assunto tale compito, perché da chierico l’ebbe vice rettore e professore carissi- mo, e non avendogli allora potuto con qualche fatto dimostrare tutta la sua gratitudine, ne coglie ora l’occasione col mettere in rilievo i nobili esempi di virtù e di operosità che ci ha lasciati. Non sarà però questa una descrizione dettagliata della sua vita e delle sue opere, ché questo importerebbe un lavoro grandioso, superiore alle forze di chi scrive; ma saranno semplici cenni di alcune delle opere principali del mirabile vescovo affinché servano di edificazione, specialmente al popolo (Edizione 1912, p. 5).
Il sacerdote Xxxxx Xxxxxxxx nell’occasione del 25o anniversario della fondazione della congregazione di San Carlo a favore degli italiani emigrati nelle Americhe, opera dovuta allo zelo instancabile di mon- signor Xxxxxxxxxx, vescovo di Piacenza, quale contributo per onorare il suo condiscepolo ed amico, aveva fatto pubblicare alcuni Cenni biografici sullo stesso illustrissimo prelato. Alle feste poi che si fe- cero in Roma lo scorso inverno pel predetto anniversario e per l’inaugurazione di un monumento a perenne ricordo del fondatore di quella congregazione, intervenne anche xxx Xxxxxxxx insieme a mol- ti Missionari di San Carlo, i quali colsero l’occasione di parlare del bene grande che anche le suore avrebbero potuto fare nelle Americhe a pro dei poveri emigrati e gli proposero ed instarono, perché ne mandasse alcune delle sue, chiamate Figlie di santa Xxxxx della Provvidenza. Naturalmente non era questa cosa da decidersi lì per lì, ma bisognava studiarla seriamente sotto i diversi aspetti e bilanciarne le ragioni pro e contro con maturità di giudizio. Ma xxx Xxxxxxxx Xxxxxxx, uno dei missionari, sciolse subito ogni difficoltà invitando xxx Xxxxx a portarsi egli stesso negli Stati Uniti, onde sul posto giu- dicare con maggior prudenza e sicurezza della maggiore o minore convenienza di mandare le suore. La proposta fu accettata e nel di-
cembre scorso colla benedizione e con un prezioso autografo dello stesso sommo pontefice Xxx X, xxx Xxxxxxxx, accompagnato da pa- dre Xxxxxxxx Xxxxxxx, che gli fu vero xxxxxx xxxxxxx nel viaggio e in tutte le escursioni che fece nelle principali città di quegli Stati, salpò per quei lontani lidi, e colà giunto poté convincersi di presenza che cotali suore potevano essere veramente provvidenziali; laonde, ritor- nato in patria, nel maggio ne spedì un primo drappello di sei per Chicago, che nel prossimo luglio saranno seguite da altre due con un sacerdote dei Servi della Carità, accompagnate ancora da un Missio- nario di San Carlo. Le sollecitudini, le cure, la veramente paterna as- sistenza che ebbero per lui i missionari che l’accompagnarono nel viaggio e quelli che trovò e conobbe poi in America, le premure che ebbero per le suore appena colà arrivate e la benefica protezione in cui le presero, lo commossero vivamente, e non potendo in altra ma- niera dimostrare la sua gratitudine, pensò di fare una seconda edizio- ne, essendo esaurita la prima, dei Cenni biografici di monsignor Xxxx[anni] Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, da distribuirsi tra gli emigrati italiani residenti in quelle regioni, affinché conoscessero l’opera eminente- mente caritatevole e patriottica fondata a loro bene da quell’eccellen- tissimo vescovo, continuata poi dai suoi infaticabili sacerdoti, e ne cogliessero ubertosi frutti. Ecco il motivo di questa seconda edizio- ne. Vi si aggiunge poi in ultimo un’Appendice scritta dallo stesso xxx Xxxxx, nella quale espone le impressioni ricevute nel breve suo soggiorno negli Stati Uniti nel vedere le cose coi suoi occhi istessi e nel conversare sia cogli indigeni che cogli italiani, pronunciando i suoi giudizi e dando preziosi consigli, che non possono che tornare molto utili agli emigrati (Edizione 1913, pp. 7-8).
Xxxxxxxx Xxxxxxx
SCALABRINI AND GUANELLA
Seasons of a friendship *
The “Happy Years”
The closeness between Xxxxx Xxxxxxxx and Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx 1 at the time of their formation is a mutual hagiographic fact. Spanning more than three and a half years, their friendship started in 1859-60 when Xxxxxxxxxx was an assistant cleric in the last class of Gallio College, which Guanella at- tended. In his twenties, Xxxxxxxxxx’x personality already bore uncommon char- acteristics, helping him to gain the confidence of the teenagers entrusted to him. This was recalled by Xxxxx Xxxxxxxx, one of Xxxxxxxx’x companions, who testified for his beatification cause:
Xxxxxxxxxx (the future, illustrious xxxxxx of Piacenza), prefect of dis- cipline, assigned to our final class of studies (1859-60), a young man not much older or taller than us, largely embodying a general and
* This is a re-elaboration text of the contribution published in SCALABRINIANO HISTORICAL INSTITUTE, Scalabrini’s ecclesiology. Proceedings of the II International Historical Convention, Piacenza, November 9-12, 2005, curated by Xxxxxxx Xxxxxxx & Xxxxxxxx Xxxxxxx, Vatican City, Urbanian University Press, 2007, pp. 481-507.
1 Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx (Fino Mornasco CO, 8 July 1839 - Piacenza, 1 June 1905), ordained for the diocese of Como on 30 May 1863 and appointed xxxxxx of Piacenza on 13 December 1875, founded the Missionaries of St. Xxxxxxx Xxxxxxxx (28 November 1887) and the Missionaries of St. Xxxxxxx Xxxxxxxx (25 October 1895). He was beatified November 9, 1997.
particularly classical culture, through a well-grounded piety and re- lentless kindness, had immediately acquired the entire dormitory’s 2 esteem and confidence.
Xxxxxxxx also enjoyed Xxxxxxxxxx’x friendship and guidance, as confirmed by at least two episodes dating back to the end of that school year. On June 21, the feast day of Xxxxx Xxxxx Xxxxxxx, he asked him for artistic-creative guidance: “Xxxxxxxx, eager to be enrolled into the sacred oratory, received from Scalabrini advice and help that earned him the power to write his own panegyric of St. Xxxxx” 3; He probably knew “Return among the angels”, the poem about the young Jesuit, which about three years before, when he was Xxxxxxxx’x age, Xxxxxxxxxx had composed in 63 loose hendecasyllables 4.
A much more significant moment in Xxxxxxxx’x life was when he clarified his vocation, which in the beginning seemed to be directed towards religious life, as also recalled in the Guanellian periodical “Divine Providence” in 1904: “While [Xxxxxxxx] studied grammar and humanities under the reverend So- maschi fathers who ran the College, he seemed to lean to their congregation; but instead that spirit that blows where it wants called him to study philosophy in the Sant’Abbondio 5 seminary”. Also in the chapter The Gallio College of the autobiography we find hints of “a moment in which the Somascan fathers believed they were achieving it” 6, confirming that their hypothesis had a cer- tain consistency and left a well-carved memory. It is not by chance that it is repeated immediately afterwards, recalling at the beginning of the next chapter Reminiscences the “sweet figures” of the times of Gallium: Xxxxxxxxxx, too, would have a place in the memory gallery among the faces “of schoolmates, professors, rectors, of some provincial father that we very much loved “, and among the Somascans “Guanella would have ascribed as one of their novices, but he himself didn’t feel called enough” 7.
2 Testimony of X. Xxxxxxxx, June 29, 1924, in X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx. The years of formation 1842-1866, Rome, Nuove Frontiere, 1996, Historical essays, 13, p. 284.
3 Testimony of X. Xxxxxxxx, xxx, p. 278. The episode is also remembered by Xxxxxxxx in his autobiography: “It was customary for a pupil of the fifth grammar school to recite the pan- egyric of St. Xxxxx, and Fr. Xxxxxxxx was instructed in the declamation by Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, then a clerical assistant and a his time xxxxxx of so many celebrities”, X. XXXXXXXX, The Ways of Providence (1913-1914), in Unedited and Posthumous Writings, Rome, Centro Studi Guanel- liani - New Frontiers, 2015, Works published and unpublished by Xxxxx Xxxxxxxx, VI, p. 714.
4 See X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx xxxxxx of Piacenza and of the emi- grants, Rome, New Town, 1985, pp. 44-45.
5 Beginning and development of the House of Divine Providence, “The Divine Provi- dence” (= LDP), January-February 1904, p. 4.
6 X. XXXXXXXX, The Ways of Providence, cit., p. 714.
7 Ivi.
At this point, Xxxxxxxxxx, the educator, enters the scene, and in April 1860 he spoke of it to Xxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, superior general of the Somascans who was visited the Gallio College, of which he had already been rector from 1853 to 1856; perhaps with an excess of optimism, on April 10th he notes in his diary: “Xxxxxxxxxx tells me about Xxxxxxxx who would like to become one of us” 8.
Behind this meager fact it is easy to imagine sincere and intense conver- sations between the two, dictated by the absolute confidence that the younger one placed in the older, putting aside questions about his own future and hop- ing for help in discerning his destiny as a man and a priest. However, the quality of Xxxxxxxxxx’x presence among his barely younger pupils also stands out there: not only his exercise of a simple moral and disciplinary surveil- lance with the duty to report on piety, studies and conduct 9, but his fraternal willingness to listen and to guide, to direct and support, with an authority far greater than the age difference and such to carry out a delicate and sensitive work of mediation, sought by students and appreciated by those responsible for training.
The two found themselves in the same theological seminary in the year 1862-63, first year for Guanella and last for Scalabrini. One can imagine the re-knotting of a happy tie, with a more mature rediscovery of the reasons for a friendship as they set out for the same choice of life. The value and the re- sponsibilities of the priesthood, the aspiration to live it radically had to be the contents of those confidences, now taken up with very different perspectives. It is known that the first desire of the new Scalabrini was to enter the For-
eign Missions of Milan, in Xxx Xxxxxxxx 00, the choice of a total dedication that announced in a nutshell a charism destined to unfold completely over time. Bish- op Xxxxxxxxx took good care, however, not to deprive himself of such an element and of his training abilities, so after only four months after ordination, Xxxxxxxxxx was appointed vice-rector of the Sant’Abbondio seminary.
The missionary ideal had an intense circulation in the Como theological seminary; Xxxxxxxxxx also had to talk to his younger friend, and Xxxxxxxx was intrigued and then fascinated, until he resolved to ask permission to join the Milanese institute. A request that he, as usual, had to send before the ordina- tion (26 May 1866) to the curia of Como is not known, but in 1870 he wrote to the chapter vicar Xxxxxxx Xxxxxxxxxx: “You will remember the desire and the requests with which in recent years I, the undersigned, directed them to you to
8 For the entire episode, cfr. X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., p. 293.
9 Cfr. ivi, p. 344, where the tasks of prefect clerics are referenced from an 1856 Regula- tion of the Gallio College.
10 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 56-59.
obtain your blessing for the Foreign Missions” 11. Still looking for his mission of charity in the priestly vocation, Xxxxxxxx again had entrusted himself to Xxxxxxxxxx, whose generous and dynamic availability provided him with con- vincing reasons to attempt a difficult and exalting choice; but events providen- xxxxxx took on a different direction also for him.
The vivid memory of those years re-enkindled gratitude even after a long time; on the occasion of the celebration of the episcopal jubilee, yet the document, a simple telegram, was brief and essential: “Milan June 16, 1901. Priest Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx Houses - honoring Jubilee celebrations Your Excellency - remember- ing happy years College Gallio seminary Como - implore all your blessing” 12. It is a common experience that a hint can be enough to recall a profound harmony, to recognize oneself united from the origin to destiny. Now that the “xxxxxx Xxxxxxxx” had realized that he was doing what he had longed for in the “happy years”, he could present his work and ask for a blessing from his com- xxxxxx who became xxxxxx and founder; perhaps he did not lack an immense gratitude for having been among the first to experience the enlightened Scal- abrinian “surveillance”, which the Church would then have recognized and
called to the Episcopal service.
Xxxxxxxx’x Essay and Xxxxxxxxxx’x wisdom
The two found themselves in the same diocese during the period of pas- toral service: the youngest as spiritual treasurer in the remote Alpine village of Savogno, near Chiavenna, with 400 souls perched at almost a thousand meters of altitude 13; the other in the parish church of San Xxxxxxxxxx, 6,000 souls in an outskirt area that was certainly not easy.
A brief passage from the Guanellian autobiography recalls the nucleus of their infrequent but sincere encounters:
Xxx Xxxxx Xxxxxxxx more than once had applied to Scalabrini, prior of San Xxxxxxxxxx in Como, to get him a place to do some good in the city. And Scalabrini wittingly answered him: “You are too revolutionary” 14.
11 X. Xxxxxxxx to X. Xxxxxxxxxx, Savogno, April 24th 1870, Guanellian Online Epistolary (= E) 3037. In this regard, in X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., pp. 388-389, two other refer- ences to the request sent to the diocesan authority are also mentioned: a letter dated October 1881 to the xxxxxx of Como Xxxxxx Xxxxxxx (E 903) and a reminder dated 21 July 1882 for the Congregation of Bishops and Regular (E 2914).
12 X. Xxxxxxxx to X. X. Xxxxxxxxxx, Milan, 16 giugno 1901, E 2406.
13 Xxxxx Xxxxxxxx remained in Savogno from June 17, 1867 to January 24, 1875; cfr.
M. L. XXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx: gli anni di Savogno 1867-1875, Roma, Nuove Frontiere, 1991, Saggi storici, 3, pp. 42, 49.
14 X. XXXXXXXX, The Ways of Providence, cit., p. 805.
About forty years elapsed between the response of the future xxxxxx, xxx- ing but not too much, and the moment in which Xxxxxxxx gave it to the auto- biography as a treasured long-kept memory. In fact we can presume that the memorable exchanges of words took place during the two-year period 1873- 1874. Xxxxxxxx arrived in Turin on January 29, 1875, beginning of his Salesian period concluded in September 1878 15; already towards the end of 1872 he wanted to become a religious of Xxx Xxxxxxxx Xxxxx, perhaps to return to the diocese in a new Salesian college 16. Due to the scarcity of clergy the Como curia could not support the request, so on November 20th, he let him know through the vicar that “in Savogno as in any other place in the diocese, he may want to be useful to the diocese working in the institution and education of youth [...] without needing therefore to go to Turin” 17.
At this point Xxxxxxxx immediately thought of Scalabrini for help in es- tablishing himself not in an “ordinary place in the diocese” but in the capital, perhaps starting from some local site in the parish area of San Xxxxxxxxxx, vast and undergoing rapid urbanization.
Perhaps it was the first time that Guanella trusted that he could establish the house he wanted to start in Como, but he would succeed only in 1886, af- ter more than a decade, not without difficulties and conflicts. However, Xxxx- xxxxxx, already an authoritative exponent of the city clergy, through his reply, the synthetic and unequivocal epithet of “revolutionary”, allows us to intuit some interesting implications of their relationship.
Following lectures on the Vatican Council held in the cathedral in 1872, Xxxxxxxxxx’x name began to be known beyond the episcopal curia of Como due to the success of what was his first publication, printed the following year 18. But on the publishing milestone the illustrious prior priest had been anticipated by Xxxxxxx’x spiritual treasurer.
15 See M. XXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxxx and Xxx Xxxxx. History of a meeting and a com- parison, Rome, Nuove Frontiere, 2010, 2nd ed., Historical essays, 1, pp. 43, 97.
16 “I can no longer run away from embracing myself at Xxx Xxxxx’x institutes. My incli- nation pushes me there with such vehemence of affection that never seems to me to have re- mained a shadow of doubt. I know that since the more tender years, I have experienced a special predilection for this kind of institution and I hope that all this inspiration starts from the Lord. [...] But if Xxx Xxxxx will come among us as the ordinary will be happy, it will be for many a true blessing and I too would promise him that, as seems likely, if I can come back a few years from here to work in the diocese, I will do it with that natural affection I feel for those of my country”, X. Xxxxxxxx to L. Xxx Xxxxx, Savogno, 17 November 1872, E 3061; cfr. X. XXXXXXXX- NO, Xxx Xxxxxxxx and Xxx Xxxxx, cit., p. 38.
17 X. Xxxxxxxxxx to L. Xxx Xxxxx, Como, November 20 1872, ivi, p. 39.
18 G. B. SCALABRINI, The Vatican Council. Conferences held in the Cathedral of Como, Xxxxx Xxxxxxx, 1873, p. 308; cfr. X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 80-89.
Dedicated to the new xxxxxx of Como Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx, “who adorns the virtues / of the Felici / and of Abbondi / comes to sit down / on the episcopal see their seat”, was published at the beginning of 1872 the Essay of family warnings, printed in Turin by Typography of the Oratory of Saint Fran- cis of Sales 19. Xxxxxxxx was not the type to remain confined to a mountain hamlet: a few months after his ordination, even before he was destined for Savogno, “he took his first trip to Turin, which was then followed by two or three other journeys each year” 20. He accompanied some disabled people in the institutes of Cottolengo and young aspiring Salesian religious. In the oblig- atory passage in Como, you would be held in the city for meetings and busi- ness; although there is no documentary evidence, it is not difficult to imagine him in the cathedral listening to Xxxxxxxxxx, “his calm and thoughtful word, his reasoning free from any exaggeration, [which] first attracted the intense atten- tion of the faithful, then the general sympathy” 21.
As he had done with other priest friends, on one of these occasions Xxxxxxxx would not have failed to give Xxxxxxxxxx his first publication, which however had received a rather contradictory reception. He himself recounts it, between the serious and the facetious, in a letter to his seminary companion who had not yet sent him an opinion on the debut work:
I sent you a copy of a little pamphlet of mine. You could have written saying you received it. Or would you not have even joined in conspira- cy with certain Xxxxxxxxxx priests so miserable as to let this escape: “If we were policemen, we would bring the author of that book him to prison”. It would be better if they handled the revolver rather than the stole. It is obvious that they condemn the same spirit which priests and bishops higher than them praised so much. You see that I am mocking the situation. I am far from suspecting you of having such ill humor 22.
What had Xxxxxxxx written in that Essay of Family Admonitions “which for twenty years procured continuous adversities in the civil and ecclesiastical 23
19 X. XXXXXXXX, Essay on family warnings for all but more particularly for country people (1872), in Moral and Catechetical Writings, Rome, Center of Guanellian Studies - New Fron- tiers, 1999, Works published and unpublished by Xxxxx Xxxxxxxx, III, pp. 1-95; the dedication is on p. 2.
20 X. XXXXXXXX, Xxx xxxxxxx of Providence, cit., p. 730.
21 X. XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Pistoia, Ed. Sinibuldiana X. Xxxxx, 1905, p. 5; taken from X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., p. 81.
22 X. Xxxxxxxx to X. X. Xx Xxxxxx, Xxxxxxx, 00 June 1872, E 1033.
23 X. XXXXXXXX, The ways of Providence..., cit., p. 732. The chap. 9 by M. L. XXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., pp. 215-252; cfr. also the introduction by X. Xxxxxxxxxx to X. XXXXXXXX, Moral and Catechistic Writings, cit., pp. X-XVI.
world”? A little over a year after the capture of Rome, Xxxxxxxx was known for strongly antagonistic positions towards triumphant secularism, which had violat- ed the rights of the Church in the person of Xxxx XX and aimed at eradicating the people’s faith traditions. In the microcosm of Savogno, he experienced hostility from civil authorities against the initiatives he promoted together with a good part of the parishioners, such as the arrangement of some public institutions, the safeguarding of the rights of the community against improper forfeiture, the start of a primary school.
In the first part of the work, where polemics was more lashing, reflection of this situation were found, which from the remote alpine village expanded to the point of involving the recent Italian and European events, with the denun- ciation of the ideology that fed them and its purposes:
What I offer you is a brochure dictated to alert anyone, but especial- ly the country people, so that they may be warned and defend them- selves against the evil arts with which the Masonic sectarians, joined with the liberals of the day, desire to ruin within the soul above all, as well as the body of every stricken person who still remains 24.
The accusation is against the subtle arts with which the opponents of the Church (defined “revolutionaries”, “Mazzinians”, “free thinkers”, “internation- alists”, “socialists”, and “communists”) try to win over the people 25:
Xxxxxx (???), my dear people, you already clearly see that it is time now to open your eyes to see the horrible monsters that surround you all around and to look at them. You must keep on guard with much greater vigilance because the Carbonari, through their own techniques, manip- ulate you with such gentle ways and with convincing speeches that be- fore you know it, you would consider them as men and great friends.
Without any reactionary falling, Xxxxxxxx sees a unique thread that goes from the French Revolution to the capture of Rome, aimed at the “perfect an- nihilation of Christianity and of the Christian idea itself” 26.
The tones are certainly not conciliatory, but Xxxxxxxx has no fear of pub- licizing his ideas on the occasion of the bishop’s entry into the diocese on 6 January 1872. Xxxxxx Xxxxxxx’x 27 positions should not have been unknown to
24 X. XXXXXXXX, Essay on admonitions..., cit., p. 4.
25 Ivi, p. 12.
26 Ivi, p. 8.
27 “Xxxxxxx was in fact the typical intransigent xxxxxx, radically hostile to culture and the liberal state, obstinately linked to the directives of the Holy See, passionately dedicated to the spiritual and religious rebirth of the diocese entrusted to him”, G. XXXXXXX, The political, social and religious climate in the city and diocese of Como 1866-1886, in The times and the life of Xxx Xxxxxxxx. Biographical research, Rome, New Frontiers, 1990, Historical essays, 2, p. 129.
him, if he did not hesitate to present himself in a way so explicit, even man- aging to get praise. In his memoirs he will recall that the xxxxxx favorably wel- comed his mission, as well as the instrument he used for opposition through publication and his dedication:
Poor Xxx Xxxxxxxx had voiced truth and dedicated them to Monsi- xxxx Xxxxxxx’x entrance in his book Admonishments and therefore Xxxxxxx wrote a congratulatory letter to the author. However, rumors spread that Xxx Xxxxxxxx had been the cause of suspension for sev- eral years of the governmental sanction to the xxxxxx 28.
The affair therefore became public in a short time and Xxxxxxxx suffered an opposite effect with respect to his legitimate intentions to put himself in good light with the xxxxxx, in order to obtain permits and facilities to establish some charitable institutions.
At this point one could deem the “You are too revolutionary” of Scalabri- ni, as not a reproach but a counsel. On the level of legitimate supposition, it can be assumed that he was aware of the conflicts in Savogno and had also read the infamous Saggio, and then witnessed the consequences of the publi- cation. The more reflexive tempering and the different experiences already ma- tured in the city environment could not but induce him to curb Guanella’s in- tentions, since his ideas and the almost feverish initiative unfolded in Savogno at times in which would have been inadequate and counterproductive in Como. Moreover, once again he guided him: with benevolent guidance, he led him to adopt a different method of action, more diplomatic, measured and patient, not anxious to realize his own project, however good, but ready to grasp the clues of a call from high, perhaps not before a time of trial had tempered the gen- xxxxx xxxxxx of his still young priestly heart.
The Sage allows a last foray into the field of plausibility, addressed to- wards the Guanella connections in Turin.
It may be significant that The Glories of the Pope in the Vatican Council, the second partial edition of the Scalabrini Conferences, was printed in Turin in 1874 by the same Salesian 29 publisher that two years earlier had printed Xxxxxxxx’x Essay. In a letter to Xxxx XX of 2 October 1874 Xxxxxxxx Xxxxx writes: “On this same occasion I make a bold wish to present to Your Holiness
28 X. XXXXXXXX, Xxx xxxxxxx of Providence, cit., p. 743.
29 G. B. XXXXXXXXXX, The glories of the Pope in the Vatican Council. Thoughts and reflec- tions on the Constitution first around the Church explained to the people in the cathedral of Co- mo by the priest Gio [xxxxx] Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx parish priest of X. Xxxxxxxxxx, Turin, Typog- raphy of the Oratory of St. Xxxxxxx xx Xxxxx, 1874, 210 p.; the Preface and the four Conferences of the second part are included.
two books that the zealous priest Xxxxxxxxxx has just published successfully. I beg Your Holiness to want to accept them and to impart His holy apostolic blessing 30 with the author”. It could therefore be concluded that on a trip to Xxxxx Xxxxxxxx had brought the Conferences to Xxxxxxxx Xxxxx, suggesting their reprinting, and he later used the privileged Salesian channels to get the two editions to the Holy Father and impart a blessing on the author 31.
“Going to America is not good”
In the Guanellian Xxxx Xxxxxxxxxx found not only the vehement denuncia- tions against “four shameless sectarians, who made noise for so many of them and favor laws contrary to religion” 32, but also the expressions of a primordial concern linked to emigration.
Not even Xxxxxxxx’x family had escaped the harsh need to leave their land, and he always kept the memory of a painful detachment: “I remember, as if it were yesterday, when in 1850 the family of my maternal aunt Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxx left for the United States in the midst of tears of rela- tives and the writer” 33. Other relatives and townsmen were then forced to leave and Guanella always tried to maintain contact with them; in 1868, through Xxxxxxxx Xxxxx, he sent an Italian priest to a colony in Illinois 34 whose residents came from Campodolcino.
At the time of the Sage, then well before 1876, when official surveys of the phenomenon began, Xxxxxxxx’x perception of emigration was inevitably im- precise and partial. He believed that especially in the countryside departures could still be curbed, in a paternalistic perspective aimed at preserving the an- cient customs. He was obviously lacking in knowledge, interpretative tools and experiences such as to make him understand that he was only witnessing the
30 X. Xxxxx xx Xxxx XX, Xxxxx, 0 October 1874, in X. XXXXX, Epistolario, edited by X. Mot- to, IV (1873-1875), Rome, LAS, 2003, p. 327.
31 In April 1876 Xxxxxxxx obtained a papal blessing for himself, his mother and his rela- tives after writing to Xxxx XX on the recommendation of Xxxxxxxx Xxxxx, who personally carried the request; cfr. X. Xxxxxxxx to Xxxx XX, Turin, April 1, 1876, E 2181. The blessing was then communicated through a printed circular that Xxxxxxxx sent to family members from Turin after April 16, 1876, date of the pontifical autograph at the bottom of the previous one; a copy is kept in the Archive of the Guanellian Study Center.
32 X. XXXXXXXX, Essay on admonitions..., cit., p. 88.
33 X. XXXXXXXX, From the port of Naples to the Asylum of Laureana in Calabria, LDP, June 1913, p. 93.
34 See X. XXXXXXX, The missionary impulse: Catholic stations in Switzerland and the foun- dation in the United States, in The Times and the Life of Xxx Xxxxxxxx, cit., pp. 319-322;
X. XXXXXXXXXX, Xxxxx Xxxxxxxx..., cit., pp. 104-112.
beginning of an unstoppable epochal dynamic, whose developments would have determined many socioeconomic structures for decades.
Strongly reiterating the virtues of an archaic society linked to the land and defending this existential conception from an advanced transformation, the Sage takes note of emigration while trying to foil it.
After having described the advantages of simple country life, the frugality and temperance that distract from the fallacious desire for material goods, the healthy self-sufficiency of rural society and the joy of waiting for the fruits of one’s work, Xxxxxxxx concludes the chapter The peasant in general he must not try to rise above his state because he is already the happiest of all with a plea and a warning:
Therefore, be still grateful to me. For having given you your fortune in the comfort of your homes and fields, you must not deceive your- self by looking for it elsewhere. Much less in the land nowadays so extolled as it is the American, because you would certainly commit even worse offense. Of which, if you want even the most particular reasons, I am happy to transcribe them here in two short articles 35.
The first of the two following chapters, A glance at America, opens com- paring the New World to the top of a verdant mountain in the distance, which then turns out to be nothing more than an arid and rocky terrain scattered with rare bushes. The author’s purpose is therefore to disillusion about the alleged advantages of emigration:
But America is also very far from us, yet a universal cry is raised in the midst of our countries: “Long live America!” Long live America! Let’s go to America, “and start off as a meeting for a boisterous crowd. Then they embrace it completely, or rather do they not see then a new world, nothing different from our ancient one, or even if different but with greater dangers and travails? We see that still re- maining here, we know of America how much it is necessary to not pronounce imprudent judgment 36.
Then follows a brief historical excursus which, between the mythical and the exotic, starts from the pre-Columbian era and reaches the present, when “the people, greedy more for the fortune of the earth than of the sky” continue “to overturn on American soil” 37.
35 X. XXXXXXXX, Essay on admonitions..., cit., p. 82.
36 Ivi.
37 Ivi, p. 84.
What is passed off as a Promised Land is instead a revived Babel, de- scribed with highly emotional tones and descriptions that put the accent on concupiscence and greed, on moral and physical corruption, on the spiritual abandonment that leads to loss of faith 38.
America is not the land of freedom but of libertinism, not of labor but of fa- tigue, not of justice but of violence, therefore Going to America is not good nei- ther for the soul nor for the body, as the next chapter’s title states. Xxxxxxxx tries to unmask the intentions of those who make a daring bet pass for necessity:
In fact, many speak as the most perfect: that to this world it is for a short time... so much so that the soul is saved and then at the cost of grazing more on grass than on hard bread, and they prove to be, like the saints, indifferent to being both rich and poor, infirm or healthy, in this place more comfortable or in this more disadvan- taged, provided that in grace to the Lord and in his arms one can leave this world which is a valley of tears. [...] But then they add, with such feigned pity, that everywhere that there is a world there are dangers, and it is enough to look at them. After all, there you earn and here you die of hunger 39.
According to Xxxxxxxx it is faith that must also guide concrete life choices:
The proverb Tell me with whom you go and I will tell you who you are is well known to you, as the sayings of the Lord are known to you to escape the greatest dangers for not perishing in them, and women as well because even the wise can fall. Now you who are content to assert with me that America, in comparison with the coun- tries above, especially campagnuoli, is a much greater danger, and if you fail to erase the aforementioned words from the Gospel, you would be obliged to remain here 40.
The aim of this perspective is even the return of the emigrants, to be re- covered in a plot of solidarity that coincides with the Christian community of the country of origin:
Whence it is necessary for us to advise others to go to the New World, which is the great world of dangers, we should indeed call from there those beloved friends or relatives who, like fish on the hook, are perhaps restrained from not returning by vain fear or of even more worldly interest 41.
38 Cfr. xxx, pp. 85-86.
39 Ivi, p. 87.
40 Ivi, p. 88.
41 Ivi, p. 90.
Despite the unlikely aspiration towards a return to the past, Xxxxxxxx sensed the dynamics and the social, economic, political, moral and religious implications that were affecting the most humble classes, launching them to- wards innovations considered filled more with pitfalls than opportunities.
His stance against emigration was inevitably ideological, but he was among the first public voices to pose the problem: “The basic thesis [of the Essay] was that in America” you lose faith “and you encounter dangers of all sorts. It is the beginning in Italy of an alarming type of literature, with a per- vasive moralistic address” 42.
This was the recurrent approach in the ecclesiastical sphere at least until 1887, when Xxxxxxxxxx’x Italian emigration to America marked a turning point, recognizing the inadequacy of attempts to prevent a phenomenon that had tak- en on impressive and unexpected dimensions, and the impassable necessity of presences and interventions in favor of emigration, with the purpose “to sup- port it, to illuminate it, to direct it with the work and with the council, so that it returns of advantage to the emigrants and of decency to our Italy” 43.
Fifteen years after the Essay, the prospect is mature, documented and now completely opposite to that of Xxxxxxxx, whose arguments would be vain to seek traces in the synthetic but powerful Scalabrinian reflection, if not in some description of more impressive material and spiritual miseries of the emigrants.
The future bishop’s first contacts with the new and harsh reality date back to the years of the Essay:
Xxxxxxxxxx had begun to witness the drama of emigration when he was still in Como. As a young priest, he had occasionally exercised ministry in Valtellina, one of the largest emigrant reservoirs. Pastor of San Xxxxxxxxxx, he found himself in front of parishioners who, due to the recurrent crisis of the textile industry, found no other way out than emigration 44.
Probably his reactions were not at that time different from those of Guanella, if still in February 1887, proposing his first project to Cardinal Xxx- xxxxx Xxxxxxx, prefect of the Propagation of Faith, he recognized that the parish priests could only “try every way in order to persuade the [their] parish-
42 A. XXXXXXX, Xxxxxxxxxx and migrations, vol. I, The missionary institution for emigrants.
First period 1887-1890, Rome, Scalabrini Historical Institute, pro manuscript, 2004, p. 29.
43 G. B. SCALABRINI, Italian emigration to America. Observations, in Scalabrini and mod- ern migrations. Writings and correspondence, edited by X. Xxxxxx and G. Xxxxxx, Turin, SEI, 1997, p. 12.
44 X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., p. 932.
ioners to not leave the country. But unfortunately in the greatest number of cases it is not possible, and emigration must be opted as a painful necessity” 45. It is known that a decisive impulse for the work in favor of the emigrants came to Scalabrini in 1886 from Xxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx from Campodolci and a relative of Guanella 46, another potential reader of the Essay: the elemen- tary and very concrete concerns that the author exposed to you began to find just in the collaboration between the two an adequate first response. It is not known whether Xxxxxxxx’x heartfelt words had been evoked in their interviews; they probably had some resonance in their consciences, among the first contri- butions that matured their original sensibility for an apostolate as new as nec-
essary.
Towards the end of that crucial 1887 Xxxxxxxx also returned to emigra- tion, but this time with very different convictions, attributing to this phenome- non almost an educational and formative value. In a pastoral pamphlet he ex- plicitly refers to what his friends had undertaken and draws comfort from it, to the point of foreseeing in emigration a providential event that comes in support of the Italian Church threatened by the aggravation of anticlerical policies:
And you young adults, and you, the family, who, with a kind of reason more believed of the needs of your home and the scarcity of the country, have flocked overseas to earths dreamed of America, you who now learned to understand that the gold in a difficult place is scarce, you think back to Europe, look at Italy and your village and stop paying attention to the family and the pastor of souls there, and reflect that they pray for their absences and desire to see you again. European conquerors of peoples, let them be equally conquerors of souls! Testose the illustrious fellow citizen our Mon- signor Xxxxxxxxxx, xxxxxx of Piacenza, waited to ensure the journeys
45 X. X. Xxxxxxxxxx a X. Xxxxxxx, Piacenza, 16 febbraio 1887, ivi.
46 Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (From Campodolcino SO, 15 February 0000 - Xxxxxxxx XX, 3 September 1911), ordained for the diocese of Como in 1876, after a decade of pastoral activity, joined the Somascans in 1885 as an outsider. A visit to family members in the United States of America revealed the poor condition of the emigrants. Also on the advice of Xxxxx Xxxxxxxx, to whom he was related by relationship, around 1886 he got in touch with Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxx- xxxxxx, who was maturing his intention to dedicate himself to this new field of apostolate. He became one of his closest collaborators in the foundation of the Missionaries of San Carlo, and in April 1888 he took his vows in the new congregation, of which he was vicar and attorney general. After opening the mission in the United States of America, in 1891 he established a presence in the port of Genoa, he was then pastor in New Haven and New York. He returned definitively to Italy in 1900. He is X. XXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx..., cit., pp. 983-984, to affirm that in the summer 1886 from Xxxxxxxx came “the occasional push” to Scal- abrini to pass to the action and to begin the work in favor of the emigrants.
and your stays in America, and Xxx XXXX, who in every corner of the earth there is a loving father, he in Piacenza also established a college of priests because by accompanying you to those distant lands, guide your hearts to become saviors of your souls and the souls of those who are unfaithful there. Absent brothers, here is our greeting! We pray for the pontiff, we pray for the xxxxxx, we pray for each other so that we are saved! And to prayer you yourselves add almsgiving, especially to our impoverished churches, to our pi- ous threatened works 47.
Translated into the simple, immediate and practical language of a fervor to the people, it is the Scalabrinian reflection on emigration “sign of the times” and “new poverty”, as one could say with contemporary expressions, to which the solicitude of the Church could not remain indifferent:
Religion and emigration, here are the only two means that will be able to save society from a great catastrophe in the future; the one starting on other continents the overwhelming population, the other consoling with dear hopes the desperate pain of the unfortunate 48.
Opportunities and documentation
We have just seen that from the very beginning the work of the Scalabrin- xxx missionaries could only meet the admiration of Xxxxxxxx, who in April 1886 had managed to reach Como by opening the Little House of Divine Prov- idence, where he himself began to dwell with more frequent in the course of 1888. In the Lariano capital he received news of the Catechetical Congress of Piacenza, remembered in the dedication, dated “In the feast of the Most Holy Name of Xxxx”, of his last pastoral pamphlet Half an hour of good prayer 49. He will return to the catechetical work of the xxxxxx of Piacenza in an article of April 1905 on the opportunity to disseminate popular parishes of religious teaching through the parishes:
47 X. XXXXXXXX, Fifty souvenirs of the holy missions. In honor of the fifty years of the priesthood of the saint, our xxxxxx Xxx XXXX (1887), in Moral and Catechetical Writings, cit., pp. 1091-1092.
48 G. B. SCALABRINI, Italian emigration..., cit., p. 9.
49 Half an hour of good prayer. In compliance with the venerated encyclical of the Holy Xxxxxx Xxx XXXX, 15 August 1889 (1889), in Moral and Catechetical Writings, cit., pp. 1169- 1191. Xxxxxxxx will then devote himself to normative texts and spiritual direction for his con- gregations and to publications for LDP.
Certainly the priests are scarce, very few, and the already inert and threatened people end up losing even the last residue of faith that still kept them united to God and the Church [...] Monsignor Scal- abrini has been writing and spreading his periodical “The Catechist” to insert into the hearts the foundations of Christian doctrine 50.
At the beginning of September 1890 Xxxxxxxxx Xxxxxxxx returned tem- porarily to Italy; Xxxxxxxx met him and had to offer him a collaboration offer with the Scalabrinian work, but then asked him to get a meeting with the bish- op to specify the terms of his availability:
I fear you have exposed too much of me to His Excellency Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx. By chance I will be able to do something in favor of this very dear institute if His Excellency gives me help. For my part, I would be very grateful to the Lord if he would give me a gift in the eyes of our dear brothers scattered throughout the Americas. For such a purpose, if a preliminary interview with His Excellency will be use- ful to you, you have only to show me at what moment with less dis- comfort than His Excellency I can bring him to me soon enough 51.
There is no known merit or development of the question, but there was evidently a too favorable reception on the part of Xxxxxxxxxx, to whom the priest did not feel he could fully satisfy; it could be considered that they could be missionary vocations, since the House of Como was beginning to welcome some poor children to start their studies.
After a year, Xxxxxxxx will get a little help from Scalabrini, on the occa- sion of the entry into the diocese of Bishop Andrea Ferrari, on 25 October 1891. He presented his work by printing the celebratory album To His Excel- lency Monsignor Andrea Ferrari Novello Bishop of Como, which after the photo and the dedicatory epigraph houses a brief intervention by the bishop of Piacenza, from the inaugural title Viva !, dated 6 October 1891:
I highly praise the thought of contributing with a special publication to make the celebrations more solemn, so that the illustrious Church of Como prepares to receive the new pastor that God, for a trait of singular Providence, has given her. Como, my Como, really has to rejoice, and I thank the Lord in a special way. Monsignor Andrea Ferrari comes to you, my homeland, young years old, rich in expe- rience, rich in virtue, science, high and virile intentions, with a mis- sion all of charity and peace, only eager for the glory of God, of the
50 L. GUANELLA, Thinking!..., LDP, April 1905, p. 60.
51 L. Guanella to F. Zaboglio, Como, 22 october 1890, E 2735.
health of souls and of your religious, moral and civil well-being. Re- joice! Whoever honors the bishop will be honored by God: it is the sentence of one of the greatest Fathers of the Church, and I enjoy here recalling it to consolation precisely of those who in this very auspicious circumstance propose to render solemn tribute of honor to the worthy successor of Saint of love. “Long Live!” I will repeat once again. Blessed is he who comes in the name of the Lord 52.
Also for taking possession of the later bishop Teodoro Valfré di Bonzo, 19 April 1896, Guanella prepared an album and wrote in due time to Scalabri- ni to obtain “the treasure of a few of his words” 53, but this time the desired contribution did not arrive 54.
Returning to Zaboglio, shortly after his subsequent return to Italy, at the end of 1892, he met again with Guanella. In Epiphany 1893 he participated to- gether with the Salesian Luigi Lasagna, returned from Brazil for episcopal con- secration, to a missionary feast organized by Guanella in Como in the Divine Providence House: the Swiss don Giorgio Steinhauser had just been welcomed as the first of the hospitalized elderly priests, missionary in North America from 1854 to 1866. The circumstance was recalled by “La Divina Provviden- za” with an article by Guanella himself, who on this occasion presented and recommended the Scalabrinian work:
The Colombo Institute gathers student clerics for the theological course and gathers priests, missionaries for different parts of Ameri- ca. It has only a few years of existence, and already has over forty intrepid missionaries who are establishing churches and parishes in US cities and elsewhere. [...] Holy work! Our Italians who often for years and years have not seen the face of a Catholic priest, to meet in the missionaries of the Colombo Institute revive hope, and enter- ing for the first time in the churches that they come to inaugurate, mix the songs of praise with sweet tears of consolation. And who does not rush to the aid of so much work? Pope Leo blesses with
52 To His Excellency Msgr. Andrea Ferrari new bishop of Como. Tribute of the Little House of Divine Providence, Como, Typography Little House of Divine Providence, 1891, p. 7. The booklet continues with biographical hints of Ferrari written by Guanella and with prose and Latin and Italian verse celebratory compositions.
53 L. Guanella to G. B. Scalabrini, Como, 9 May 1895, E 2404. In the letter Guanella also asks for a contribution to be included in a publication celebrating the priestly jubilee of Luigi Bianchi, provost of Fino Mornasco, which wouldn’t be printed later.
54 The booklet To His Excellency Msgr. Theodore of the Counts Valfré di Bonzo new bish- op of Como. 19 April 1896, Como, Little House of Divine Providence, 1896, 30 p., Opens with the last address given to the congregation of the clergy by Bishop Ferrari on October 25, 1894.
great heart at the Colombo Institute, and will wholeheartedly bless all [those] who come to him for help in prayer, almsgiving, and mis- sionary personnel 55.
The figure of Scalabrini returns in the bulletin of January 1894 in an ex- hortation to the study and to the virtue addressed to the students of the studen- tate by Luigi Mazzoletti, for many years teacher in Como and friend of the Guanellian work; he had been Scalabrini’s gymnasium professor, who now proposes as a model also recalling his friendship with Guanella:
Your director, oh young men, I know that he had Scalabrini as an as- sistant in the Gallio College, and then as a companion in the theo- logical seminary: and I know that even now, Bishop Scalabrini, loves your director. So I say, on behalf of the bishop of Piacenza, that you always love your director, and that you are grateful to all those who think effectively about your good 56.
Guanella had presented the article to Scalabrini with a letter written in the imminence of Christmas, to which were attached copies of the periodical with the program of initiatives for the conclusion of the episcopal jubilee of Leo XIII, ending with “wishes of happiness to my dear and his Fr Francesco Zaboglio and all these strenuous missionaries” 57.
In September 1899 Scalabrini returned to Como on the occasion of the Voltian celebrations and on the 17th Sunday he blessed the first stone of the ex- pansion of San Bartolomeo. He also visited the Divine Providence House, but he did not meet Guanella, who then regretted the missed chance on the occa- sion of his Christmas greetings:
I could not revere you at the Providence House last summer, and I now make a sweet complaint of it, and I hope that on another occa- sion we’ll be blessed by your presence. Meanwhile, I extend my wishes and admiration for many of your endeavors and for how well the Colombo Institute 58 works.
Guanella continued to follow the missionary initiatives of the bishop and just before his departure for the United States, in the summer of 1901, he sent
55 [L. GUANELLA], The Epiphany to the Little House in 1893, LDP, February 1893, p. 18.
56 L. MAZZOLETTI, The Divine Providence has so large arms that it takes everything that comes to you, LDP, January 1894, p. 116.
57 L. Guanella to G. B. Scalabrini, Como, 23 December 1893, E 2403; the episode is also taken up by M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini..., cit., pp. 43-44.
58 L. Guanella to G. B. Scalabrini, Saronno, 24 December 1899, E 2405; probably the let- ter accompanied a box of the famous Amaretti, which Guanella used to give.
a greeting telegram: “To the most excellent bishop Scalabrini founder Institute Colombo wishing prosperous journey. Guanella priest and congregation” 59.
In the congratulatory letter written for his return to Italy, he again makes explicit the desire for a missionary ‘holy emulation’, to which Francesco Zaboglio could not be a stranger, who after his definitive return often visited the Guanellian Houses:
We from Como are all consoled and admire his triumphs and those of the Christopher Columbus Institute. The Divine Providence House in a special way congratulates you on how well you are doing it. I do not deny that we are quite envious of you and we would be eager to do a bit of good too. Dear Don Francesco Zaboglio is with us in the House of Menaggio. Soon he will come to E. V. Rev.ma to hear the directives. Bless us all 60.
The news of the American journey also found space on “Divine Provi- dence” on the occasion of Christmas greetings, when Scalabrini was associated in admiration to Don Michele Rua:
To His Excellency Bishop Scalabrini Bishop of Piacenza, fresh from a visit to the houses you founded in America for emigrants, the priest Luigi Guanella, an ancient disciple and companion, offers con- gratulations and best wishes with the certificate of his profound de- votion. [...] Monsignor Scalabrini and Don Rua who imprint on their works the imprint of the One who sent them, get the grace to corre- spond to the divine inspirations to their most devoted servant Don Luigi Guanella 61.
In October 1904, while Scalabrini is in Brazil, “Divine Providence” dealt with the situation of our emigrants in an interesting two-part article, entitled “Italian emigration to the United States of America” 62. The first part is a testi- mony of Don Defendente Monti, a fellow student of Guanella and then an apos- tolic missionary in the United States for twenty years; he argues that the Italians should prefer emigration in rural contexts and then describe their condition in the cities as the most difficult of all emigrants, since they concentrate there with- out wanting to integrate, with discouraging material and spiritual results:
First of all, bread is stolen from one another’s mouths, so instead of making good fortune they make misery, and are therefore forced to
59 L. Guanella a G. B. Scalabrini, Milano, 15 luglio 1901, E 2407.
60 L. Guanella a G. B. Scalabrini, Como, 8 dicembre 1901, E 2408.
61 L. GUANELLA, To His Excellency, LDP, December 1901, p. 95.
62 LDP, October 1904, pp. 139-141.
live in the filthiest slums. Is it any wonder, then, if Italians are held in low esteem in cities? Not really, and we must confess that the Italians who have made a fortune and are doing well give up their nationality and pass themselves off as Americans or Englishmen, and to succeed they even alter their family name. [...] It goes without saying, that many of them in a name and nationality have also changed religion so as not to join Italians in Italian churches and therefore show themselves to be Italian 63.
The author continues with references to Scalabrini’s meeting with Roo- sevelt and to the agricultural colonies of Don Pietro Bandini, whom he had visited. The second part of the article is an unsigned commentary on the con- siderations of the missionary, in which the author, probably Guanella, exalts the work together religious and patriotic carried out by Scalabrini:
To the report made on the site by the zealous missionary Fr Defend- ente Monti, we add that every Italian effort should be to slow down, or better to regulate emigration, when to prevent it seems impossible and sometimes even inhuman. We applaud Monsignor Scalabrini, the illustrious bishop of Piacenza, who is spending all his activity and his life still to improve the condition of a number without a number of our brothers who go so far in looking for bread. The illustrious bishop and Italian goes on pilgrimage to the Americas to comfort the missionaries who he scattered in many centers to avert the dangers of the emi- grants, keep them honest, and thus preserve together the faith and the glory of the Italian name. This is true love of country! To love and protect all men, but more especially those who had common ground with us, their language, and their customs. The cry of “Long live the faith!” Is not separated from the cry: “Long live our country!” 64.
The intentions to collaborate in the missionary work are still reiterated in the usual but always sincere Christmas letter, the last one:
I have not yet been able to send you a subject for your Colombo In- stitute, but I have prayed and been asked by these patients to pray and I do not lose sight of that admirable institution to which I hope to send some subjects that now in the Little House of Como a dis- creet student house has been established. You want to bless these in- tentions while we will also present the person and his works with faith and devotion 65 at the cradle of the divine Infant.
63 Ivi, pp. 139-140.
64 Ivi, p. 141.
65 L. Guanella to G. B. Scalabrini, Como, prior to December 25, 1904, E 2409.
After a month, on January 29, 1905, the two met for the last time, in Rome, for the episcopal consecration of the Piacenza-born Giacomo Radini Tedeschi. It was the occasion of the dialogue in which Guanella recalled his repeated requests to set foot in Como with the “wise” response received at the time by the prior of San Bartolomeo. Scalabrini’s conclusion was the earthly seal of a long and faithful Christian friendship which he summed up, almost presaging the not distant end, in an essential simplicity:
Don Guanella, recalling this to Scalabrini in Rome a few months be- fore his death, had Scalabrini conclude: “We are all puppets of di- vine providence: let us allow ourselves to be moved by her and do what good we can” 66.
The news of Scalabrini’s death, June 1, 1905, reached Guanella in Rome, while participating in the XVI International Eucharistic Congress. Almost not finding the right words, or fearing that the emotion might prevail, he gave the news in “The Divine Providence” of July with a laconic note:
The director of the Houses of Divine Providence took part in the Congress, and was moved by the mention made by the excellent bishop of Bergamo of the death of the learned and holy Bishop Scal- abrini Bishop of Piacenza 67.
In the same issue he publishes the obituary, which begins by reminding readers “of the name of that great one that Italy and America, Church and country have wept bitterly”; he then expresses the condolences of the Divine Providence Houses, which “also send a reverent greeting to the great one who, passing by, marked a great part of the spirit of God on earth”, and after a brief summary of life he concludes:
The Church felt deep sorrow for the death of Bishop Scalabrini and called for funerary imposing honors; to that mourning, to those hon- ors, every citizen associated himself, the admiral homeland of him who, poor with a cross on his chest, brought flashes of light and civ- ilization 68 everywhere.
Guanella returned to Scalabrini only in May 1909, after being transferred to the cathedral on April 18-19. He wrote a moving article with a quick biog- raphical profile, excerpts from the bishop’s personal diary (from “the spirit of
66 L. GUANELLA, The streets of Providence, cit., p. 805; The episode is also included in the article The Memory of mons. Scalabrini: in the 10th anniversary of his death, LDP, August 1915, p. 121.
67 L. GUANELLA, Eucharistic Congress, LDP, July 1905, p. 100.
68 L. BIGNOTTI, In memoriam, ivi, pp. 111-112.
the Salesian, of Saint Vincent and of the Blessed Curé of Ars”) and from the biography of Domenico Vicentini 69, the chronicle of the translation (“a true tri- umph of faith and of the apostle”), the judgment of Pius X on the loss of “one of our best bishops” and praise of members of the episcopate. His personal contribution is contained but significant and starts from a simple observation dictated by the most authentic Christian conception of time and life: “A very special affection links me to Giambattista Scalabrini”. After having reviewed the salient moments of a very intense biography, Guanella asks himself: “Where did he draw his extraordinary strength of mind, and where did the suc- cess of his foundations come from?”, and he responds by affirming a common spiritual belonging: “From a spirit of prayer, from his complete abandonment to Divine Providence”.
The article concludes with highlights going far beyond admiration and affection:
The chosen spirit of the man who seemed to be aroused by God to minister the work of Providence, the heart of the bishop and of the father who had heartbeats for faith and humanity, hovers over his diocese and his native country, hovers over his Overseas missions, also hover over us and our poor works loved and protected by him, and make us imitators of his heroism and his virtues 70.
It is the invocation to a saint.
Traits of other faces
As in an Easter icon, the desired missionary collaboration with Scalabrini matured after the death of the bishop, until the completion of May 1913 with the sending of the first Guanellian nuns in the parish of the Addolorata in Chicago.
The reports of Guanella (and then of his congregations) with the Mission- aries of San Carlo are obviously part of another story, but for a decade Scal- abrini’s spiritual sons represented for Guanella a transfigured physiognomy of his ancient companion and teacher. Through the missionaries, who in turn saw in him a reflection of their founder, he kept the precious treasure of an authen- tic Christian friendship, the encounter with an experience of faith that, despite the diversity of charisms, was recognized as identical to its own:
69 [D. VICENTINI], Apostle of the Italian Immigrants of the Americas, Piacenza, Tip. A. Del Maino, 1909.
70 L. GUANELLA, Mons. Bishop Scalabrini, LDP, May 1909, pp. 61-63.
Thus the bonds of friendship between the two grew ever closer through their works. [...] The memory of Scalabrini, commemorated on the 10th anniversary of his death, nourishes in the soul of his worthy sons a treasure of intentions and comforts; and between us and them maintain and reinforce those bonds of esteem and mutual cooperation, which help to open ever wider and glorious horizons to the common action of charity and zeal for the fate of religion and country 71.
Of all the Scalabrinians whom Guanella knew, only a few figures are mentioned below, better known for the ties “of their esteem and their unforget- table and cordial friendship” 72. Their “Guanellian” relations are just indicated on the basis of a first summary selection of a vast material that solicits new research, further study and more precise arrangements.
Of FRANCESCO ZABOGLIO it can be added that when he returned permanent- ly to Italy in May 1900, as a result of an accident in which he was seriously injured, he remained for some time as chaplain to the Guanellian nuns in Menaggio, before retiring to Tremezzo. He died in Como on 3 September 1911; the obituary on “The Divine Providence” presents him as “cousin of our director” and lists his first duties in the diocese, but “to his zeal a parish seemed too small a camp” and therefore “as soon as he learned of His Excel- lency Bishop Scalabrini, bishop of Piacenza wanting to initiate the work of as- sistance for Italians who had emigrated to America, he went to Scalabrini and with him, he arranged things so that the work of assistance came to life” 73.
* * *
The most significant event of Guanella’s last years, the trip to the United States from December 1912 to February 1913, is linked to VITTORIO GREGORI, pastor of the Sacred Heart and superior in Boston. Having left with him from Piacenza on December 13th, Guanella was his guest from Christmas Eve to af- ter Epiphany, and in the first of the articles written by America he acknowl- edges the merit of having concretized his ancient desire:
Our weakness and timidity held us back at least ten years. We had the desire even before 10 years ago but we had to wait for the call from above. And the very rev. Father Gregori was a worthy instru-
71 The memory of mons. Scalabrini..., cit., p. 121.
72 Ivi.
73 Obituary, LDP, September 1911, p. 123.
ment to make it happen, you are more than a brother and almost a guardian angel 74.
Later he also recalls the decisive impulse he had received:
Father Vittorio Gregori [...] present at the Scalabrinian feasts in Rome in December [ie: November] said to me: “Have no regard to your age... Come with me to America for your projects and pious in- tentions... I will accompany him faithfully”. I confided, and found the angelic soul of a faithful brother, a friend-treasure, a precious and tireless guide 75.
Guanella also appreciated his intellectual qualities:
Young man of 30 years wrote Flowers scattered by a great bishop (maxims, councils, memories of Monsignor Giovanni Battista Scal- abrini), the Blessed in all the centuries and the Omnis language con- fiteatur (pages of illustrious believers who sing the glories of God and of the church). He is working on other works of a similar nature. Father Gregori opens a luminous career to do all that good to which his zeal and righteousness stimulate him 76.
Among them a sincere friendship was preserved, as evidenced by the five letters that Guanella wrote to him from 19 May 1913 to 11 July 1915. There are requests for news and greetings to known people, congratulations on the work done, information on the mission of the Daughters of Saint Mary of Providence and even the hypothesis of another journey 77.
* * *
74 L. GUANELLA, Don Luigi Guanella in America, LDP, February 1913, p. 17; the other ar- ticles on the trip came out with various titles until June.
75 L. GUANELLA, Returning from North America. Memories and warnings, LDP, May 1913,
p. 77. Luigi Guanella was part of the jubilee celebrations committee for the approval of the Mis- sionaries of St. Charles, who were held in Rome in November 1912; cfr. In the XXV of the work of Mons. Scalabrini, LDP, June 1912, p. 99.
76 L. GUANELLA, Don Luigi Guanella in America..., cit., p. 18. The publications of Vittorio Gregori are: Scattered flowers of a great bishop, Rome, Tip. Pallotta Brothers, 1908, 273 p.; Blessed over the centuries. New month of May with examples, sacred, compliant and prayerful praises, Naples, Rondinella and Loffredo, 1907, 262 p.; Omnis language confiteatur! Pages of illustrious believers who sing the glories of God and of the Church, Milan, Tip. S. Eucharistic League, 1913 (on the cop.: 1912), I, 308 p. (the work was then completed in two volumes dur- ing 1913).
77 The letters were written by Cosenza on 19 May 1913 (E 1445), from Como-Lora on 15 June 1913 (E 1446), from Como on 22 April, 10 June and 11 July 1915 (E 1447, E 1448,
E 1449).
The meeting with GIACOMO GAMBERA took place during Guanella’s brief stay in Chicago, from 20 to 22 January 1913. With him and Gregori on the 22nd he was received by Archbishop James E. Quigley, who showed his sup- port for the opening of an institute for insufficient mental; Guanella immedi- ately wrote to the superior Marcellina Bosatta:
We are grateful to D. Providence, who today, in a very safe way, has opened the way here in Chicago for one or two foundations that can then be extended considerably. His Excellency the Archbishop sup- ports us in a serious way with this reverend pastor of the Brescian Sorrowful of origin, the first and the most worthy missionary of Monsignor Scalabrini 78.
In the report for “Divine Providence” he recalls that “arrangements were made that Father Gambera wanted to make practical as soon as possible” 79. The availability of the parish priest of the Addolorata, of whom Guanella maintained a vivid and flattering impression, was therefore decisive for the missionary expedition:
On my journey, I venerated the gaze of the missionary Giacomo Gambera, one of the first of Scalabrini, the favorite son to whom the foundation of the San Raffaele Opera was assigned. There was no provision of faith in the word of his bishop; and the divine provi- dence thus led the Gambera to the solid constitution of the Opera San Raffaele, which is to give bread and address to those children of Italy every year 80.
Then there were difficulties for the passage of the Guanellian missionaries from service in the parish to the beginnings of the autonomous hospitalization, however the relationship with Gambera was always cordial and greetings and thanks were never missing in the letters to Chicago; in November 1913 Guanella serenely exposed his reasons, trusting in a friendly agreement:
But you let me know that the autonomy of the work is not talked about, and then I naturally have to respectfully insist that it not blame in some of those misunderstandings that can be dangerous in distant lands. [...] Let us be clear therefore as good Lombard and good brothers 81.
78 L. Guanella to M. Bosatta, Chicago, 22 January 1913, E 616.
79 L. GUANELLA, The journey of D. Luigi Guanella through the United States of America.
Notes and impressions, LDP, March 1913, p. 39.
80 L. GUANELLA, Returning from North America..., cit., p. 77.
81 L. Guanella to G. Gambera, Como, 14 november 1913, E 1258.
Returning to Italy in the summer of 1914, Gambera was accompanied by Guanella to visit the Houses of Milan, Como and Rome, where on August 26 a blind musician hosted by the Ricovero Pio X dedicated a poetic-musical acade- my to him as “sincere and cordial manifestation of esteem and gratitude” 82.
* * *
The “golden friend” 83 MASSIMO RINALDI met Guanella and his works dur- ing his stay in Rome after the general chapter of September 1910, when he was elected prosecutor and general treasurer of the Missionaries of St. Charles. When he could, he willingly went to the institutes of San Pancrazio, Monte Mario and San Giuseppe al Trionfale to confess to the sisters and visit the pa- tients. In March and April 1913 he assisted his last illness to his brother Paolo Novati in Cernobbio, on Lake Como, and visited the Guanellian Houses.
With his simple and intense communicative he left an admired testimony, significantly entitled From marvel to marvel, published in “The Divine Provi- dence”, where he tells of
humble priests, pitiful nuns, both instituted and formed by the man of Providence, [who] perform prodigies of self-denial and zeal. [...] Here in their houses we would not know what to admire the most, if the patience, charity, love, diligence of the sons and daughters of Don Guanella, or if the rehabilitation of the miserable in their care and the their physical, moral improvement.
In the conclusion of the article he concludes with the hope that the work
may also spread and thrive in that second Italy that is being formed beyond the seas, in the distant Americas, and demonstrates to hu- manity how good a heart of charity is formed, formed according to the heart of God 84.
Shortly after in the long article How to Make the Unhappy Happy? reit- erates its devoted admiration for Guanellian works, of which it exalts the value of human promotion generated by authentic evangelical charity:
To mitigate these unhappiness, to form as far as possible industrious and wise the unhappy affected by the intellectual and physical mis-
82 Spigolando, LDP, October 1914, p. 155.
83 The memory of Msgr. Scalabrini..., cit., p. 121. Massimo Rinaldi (1869-1941) was ap- pointed bishop of Rieti, his native city, on 2 August 1924; he was declared venerable on De- cember 19, 2005.
84 M. R[INALDI], From Marvel to Marvel, LDP, April 1913, pp. 64-65.
fortune is an eminently beneficial and civil work of Don Guanella and his co-operators [...] Let don Guanella’s works be aided; and the religion of Jesus Christ will shine with more vivid splendor, will mark in his immortal pages the fruitful fruits of his great teachings, of his true charity and civilization 85.
Prefaces to Scalabrini’s biography
A significant act that gave public relevance to the long history of “holy friendship” was Scalabrini’s biography, commissioned by Guanella. In 1912 and in 1913 the typography of the Divine Providence House printed the first and second editions of the biographical outlines of Monsignor Giov [years] Battista Scalabrini written by Lorenzo Sterlocchi (1846-1924), priest and nephew of Guanella 86.
The first edition was published for the twenty-fifth anniversary of the ap- proval of the Missionaries of St. Charles, as “a contribution [...] to the auspi- cious commemoration” 87 by Guanella.
To the 1913 edition he wanted to add his American reportage, confirming that the merit of this exhilarating experience was all Scalabrini, almost a fur- ther biographical episode delayed only in time for the inevitable limitation of the human condition, but inscribed in a single design providential where his works were united with those “of the Scalabrinians who were everywhere as brothers with us Servants of Charity who minimally dispose of Providence growing simultaneously with the much greater work of the Congregation of St. Charles of our great bishop Monsignor Scalabrini” 88, as he wrote upon return from the United States. In this edition, released after the departure of the first nuns, Guanella therefore recognizes their mission as the mature fruit of Scal- abrini and his friends’ friendly and enlightened benevolence experienced throughout his life, which now made him “happy” even in the last years, when finally he came to realize the ideal that, writing just for the sisters in America,
85 M. R [INALDI], How to make the unhappy happy?, LDP, May 1913, pp. 80-81.
86 L. STERLOCCHI, Biographical outline of Monsignor Giov [anni] Battista Scalabrini Bish- op of Piacenza, Como, Divine Providence House, 1912, 93 p.; 2nd ed., 1913, 127 p. For the au- thor, who had Scalabrini as a seminary professor, see A. DIEGUEZ, The Guanella family: roots of nature and grace, in Richness of historical figures around Don Luigi Guanella. Relations and mutual contributions, Rome, New Frontiers, 2000, Historical essays, 16, pp. 18-20.
87 In XXV cent. Regarding the Endeavors of Mons. Scalabrini, cit., p. 99.
88 L. Guanella to L. Mazzucchi, Roma, 1o March 1913, E 1862; part of the letter was pub- lished in the article The arrival of D. Luigi Guanella in Italy, LDP, March 1913, pp. 42-43.
he will leave to his daughters and his spiritual children: “The whole world is your homeland” 89.
In their simplicity adhering to the facts, in their documentary value, the two prefaces, certainly inspired by Guanella as the whole biography, seem the best synthesis of what we tried to retrace.
The canonical Guanella don Luigi, known in many parts of Italy, if not in person, certainly famous for his many institutes for every kind of unhappy person, knew Scalabrini in the diocesan seminary of Co- mo and was always a fervent admirer of the works great and bene- ficial to him. In this year, therefore, which marks the twenty-fifth an- niversary of the founding of the Opera di San Carlo for Italian emigrants, due to the monsignor, as a tribute and a contribution to the parties that are held, he yearns to offer his life, not to glory only of the diocese of Como, which boasts of having given to that great birth, but of all of Italy, and to disillusion some that in the clergy do not see that selfishness and neglect of the needy. Don Guanella’s wish is also matched by the one who has taken on this task, because as a cleric he had a vice rector and a very dear professor, and since I could not then show him all his gratitude with some fact, he now seizes the opportunity with to highlight the noble examples of virtue and industriousness that he has left us. However, this will not be a detailed description of his life and his works, since this would in- volve a grandiose work, superior to the forces of the writer; but they will be simple hints of some of the principal works of the admirable bishop so that they serve of edification, especially to the people (Edition 1912, p. 5).
The priest Luigi Guanella on the occasion of the 25th anniversary of the foundation of the San Carlo congregation in favor of the Italians who emigrated to the Americas, a work due to the tireless zeal of Monsignor Scalabrini, bishop of Piacenza, as a contribution to honor his co-disciple and friend, he had published some biographical notes on the same very illustrious prelate. At the festivities that took place in Rome last winter for the aforementioned anniversary and for the inauguration of a monument to the perennial memory of the founder of that congregation, Fr. Guanella also intervened along with many
89 L. GUANELLA, Come with me for the American missionary sisters in use in the congre- gation of the Daughters of St. Mary of Providence in Como (1913), in Writings for the Congre- gations, Rome, Guanellian Studies Center - New Frontiers, 1988, Published and Unpublished Works of Luigi Guanella, IV, p. 788.
Missionaries of San Carlo, who took the opportunity to talk about the great good that the sisters could have done in the Americas for the poor emigrants and proposed and instilled so that he could send some of his own, called Daughters of Saint Mary of Providence. Of course it was not this thing to decide there and then, but it had to be studied seriously in the different aspects and to balance the reasons for and against with maturity of judgment. But Don Vittorio Gregori, one of the missionaries, immediately dissolved all difficulties by inviting don Luigi to take him to the United States, so that he could judge with greater prudence and safety the greater or lesser conven- ience of sending the sisters. The proposal was accepted and last De- cember with the blessing and with a precious autograph of the same supreme pontiff Pius X, Don Guanella, accompanied by Father Vit- torio Gregori, who was his true guardian angel in the journey and in all the excursions he made in the main cities of those States, set sail for those distant shores, and there arrived he could be convinced of the presence that such sisters could be truly providential; then, re- turning home, in May he sent a first squad of six to Chicago, which in July will be followed by two others with a priest of the Servants of Charity, accompanied again by a Missionary of St. Charles. The cares, the cares, the truly paternal assistance that the missionaries who accompanied him on the journey had for him and those he found and then met in America, the kindness they had for the sisters who had just arrived there and the beneficial protection in which they took them, moved him deeply, and not being able to show his gratitude in any other way, he thought of doing a second edition, since the first one was finished, of the biographical notes of Monsi- gnor Giov [years] Battista Scalabrini, to be distributed among the Italian emigrants residing in those regions, so that they might know the eminently charitable and patriotic work founded for their good by that most excellent bishop, then continued by his indefatigable priests, and gathered fruitful fruits. Here is the reason for this second edition. Finally, there is added an appendix written by Don Luigi himself, in which he sets forth the impressions received in his brief stay in the United States in seeing things with his own eyes and in conversing with both the indigenous and the Italians, pronouncing his judgments and giving valuable advice, which can only be very useful to the emigrants (1913 Edition, pp. 7-8).
Fabrizio Fabrizi
DE NUESTRA HISTORIA
SCALABRINI Y GUANELLA
Etapas de una amistad */**
Los «años felices»
Es un dato hagiográfico recíproco la cercanía entre Luis Guanella y Gio- vanni Battista Scalabrini 1 en la época de la formación. Alrededor de tres años y medio mayor, en 1859-60 Scalabrini fue clérigo asistente en la última clase del Colegio Gallio, al que asistía Guanella. Con tan solo veinte años, su per- sonalidad ya se anunciaba con características no comunes, que provocaba un fuerte atractivo en los adolescentes a él encomendados. Lo recuerda Luigi Brentano, compañero de Guanella, que testificó en su causa de beatificación:
Scalabrini (el futuro, ilustre obispo de Piacenza) [fue] prefecto de disciplina, dedicado a nuestro último año de estudios (1859-60), ape-
* El texto es una reelaboración del aporte publicado en ISTITUTO STORICO SCALABRINIANO, L’ecclesiologia di Scalabrini. Actas del II Encuentro Histórico Internacional, Piacenza, 9-12 no- viembre de 2005, Gaetano Parolin e Agostino Lovatin (compiladores), Ciudad del Vaticano, Ur- baniana University Press, 2007, pp. 481-507.
** En tanto buena parte de las referencias bibliográficas aquí citadas no han sido traduci- das al español, hemos optado por colocar entre corchetes el nombre traducido de cada uno de los artículos, manteniendo las referencias en idioma original [NdT].
1 Giovanni Battista Scalabrini (Fino Mornasco CO, 8 de julio de 1839 - Piacenza, 1o de junio de 1905), ordenado por la diócesis de Como el 30 de mayo de 1863 y nombrado obispo de Piacenza el 13 de diciembre de 1875, fundó los Misioneros de San Carlos Borromeo (28 de noviembre de 1887) y las Misioneras de San Carlo Borromeo (25 de octubre de 1895). Fue be- atificado el 9 de noviembre de 1997.
nas mayor que nosotros en edad, en altura, amplia cultura general y especialmente clásica, sólida piedad y actitud afable, inmediatamente se ganó el aprecio y la confianza de todo el grupo 2.
También Guanella se acercó a Scalabrini gozando de su amistad y de su guía, como confirman al menos dos episodios que se remontan al fin de ese año escolar. El 21 de junio, fiesta de San Luis Gonzaga, le hizo una consulta artístico-creativa: «Guanella, deseoso de ser iniciado en la oratoria sagrada, re- cibió de Scalabrini consejos y ayuda que le valieron poder escribir su panegí- rico de San Luis» 3; probablemente conocía Regresa entre los ángeles, la poe- sía sobre el joven jesuita que unos tres años antes, cuando tenía su edad, Scalabrini había compuesto en 63 endecasílabos sueltos 4.
Mucho más significativo fue el momento en el que Guanella iba precisan- do los términos de su vocación, que en un primer momento pareció orientarse hacia la vida religiosa, como recordó también el periódico de las obras guane- llianas «La Divina Providencia» en 1904. «Mientras él [Guanella] estudiaba gramática y humanidades con los reverendos padres somascos que dirigían el Colegio, parecía inclinarse hacia su congregación; pero en cambio el espíritu que sopla donde quiere lo llamó a hacer filosofía en el seminario de San Abun- dio» 5. También en el capítulo El Colegio Gallio de la autobiografía se encuen- tran alusiones a «un momento en el que los padres somascos creían sumarlo a sus filas» 6, como confirmación de que la hipótesis tuvo entonces cierta consis- tencia y dejó un recuerdo bien esculpido. No por azar se repite inmediatamente después, recordando al inicio del siguiente capítulo Reminiscencias las «figuras dulces» de los tiempos del Gallio: también Scalabrini habrá tenido lugar en la galería de la memoria entre los rostros «de compañeros de escuela, de profe- sores, de rectores, de algún padre provincial que amábamos mucho» y justa-
2 Testimonio de L. Brentano, 29 de junio de 1924, en P. PELLEGRINI, Luigi Guanella. Gli anni della formazione 1842-1866 [Luis Guanella. Los años de la formación 1942-1866], Roma, Nuove Frontiere, 1996, Saggi storici [Ensayos históricos], 13, p. 284.
3 Testimonio de L. Brentano, ivi, p. 278. El episodio es recordado también por Guanella en la autobiografía: «Era costumbre que un alumno de V o VI de gramática recitara el panegí- rico de San Luis, y fue elegido don Guanella, instruido a la declamación por Giovanni Scalabri- ni, entonces clérigo asistente y a su tiempo obispo de tanta celebridad», L. GUANELLA, Le vie de- lla Provvidenza [Los caminos de la Providencia] (1913-1914), en Scritti inediti e postumi, Roma, Centro Studi Guanelliani - Nuove Frontiere, 2015, Opere edite e inedite di Luigi Guane- lla, VI, p. 714.
4 Cfr. M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini vescovo di Piacenza e degli emigrati, Roma, Città Nuova, 1985, pp. 44-45.
5 Inizio e sviluppo della Casa della divina Provvidenza, «La Divina Provvidenza» (= LDP), enero-febrero 1904, p. 4.
6 L. GUANELLA, Le vie della Provvidenza, cit., p. 714.
mente los somascos «habrían incluido a Guanella entre sus novicios, pero él no se sentía suficientemente llamado» 7.
En este punto entra en escena Scalabrini educador, quien en abril de 1860 habló con el padre Bernardino Secondo Sandrini, superior general de los so- mascos en visita al Colegio Gallio, del cual ya había sido rector de 1853 a 1856; quizá con exceso de optimismo, este el 10 de abril anota en su diario:
«Scalabrini me habla de Guanella que querría hacerse somasco» 8.
Detrás de este escueta anotación es fácil imaginar coloquios sinceros e in- tensos entre los dos, dictados por la confianza absoluta que el más joven tenía hacia el mayor, poniéndolo aparte de los interrogantes sobre su futuro y espe- rando de él una ayuda en el discernimiento de su destino como hombre y sa- cerdote. Pero se lee allí también la calidad de la presencia de Scalabrini entre los estudiantes apenas más jóvenes que él: no solo el ejercicio de una simple vigilancia moral y disciplinar con el deber de referir sobre la piedad, el estudio y la conducta 9, sino la fraterna disponibilidad a escuchar y hacerse guía, a di- rigir y sostener, con una autoridad mucho mayor que la diferencia de edad y en grado de desempeñar una delicada y sensible obra de mediación, buscada por los estudiantes y apreciada por los responsables de la formación.
Los dos se reencontraron en el seminario teológico en el año 1862-63, el primero para Guanella y el último para Scalabrini. Es posible imaginar cómo se reanudó una feliz costumbre, el redescubrir más maduras las razones de una amistad mientras se encaminaban hacia la misma opción de vida. El valor y la responsabilidad del sacerdocio, la aspiración a vivirlo radicalmente, debieron ser los contenidos de esas confidencias, ahora retomadas con muy otras pers- pectivas.
Es conocido que el primer deseo del novel Scalabrini fue el de entrar en las Misiones Extranjeras de Milán, en San Calocero 10, opción de una entrega total que anunciaba in nuce un carisma destinado a desplegarse completamente en el tiempo. Pero el obispo Marzorati no quiso privarse de una persona así y de sus capacidades formativas; así, luego de solo cuatro meses desde la orde- nación Scalabrini fue nombrado vicerrector del seminario de San Abundio.
El ideal misionero tenía una intensa circulación en el seminario teológico de Como; Scalabrini tuvo que hablar de esto con su amigo más joven y Gua- nella quedó intrigado y luego fascinado, hasta que resolvió pedir permiso para
7 Ivi.
8 Para todo el episodio, cfr. P. PELLEGRINI, Luigi Guanella..., cit., p. 293.
9 Cfr. ivi, p. 344, donde se refieren las tareas de los clérigos prefectos por un Reglamento del Colegio Gallio de 1856.
10 Cfr. M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini..., cit., pp. 56-59.
incorporarse al instituto de Milán. No se conoce la solicitud que él, como es de praxis, tuvo que enviar antes de la ordenación (26 de mayo de 1866) a la curia de Como, pero en 1870 escribió al vicario capitular Ottavio Calcaterra:
«Usted recordará seguramente el deseo y las instancias con las cuales en los últimos años el suscrito se dirigía a usted para obtener su bendición para las Misiones Extranjeras» 11. Aún en la búsqueda de su misión de caridad en la vo- cación sacerdotal, Guanella de nuevo se había confiado a Scalabrini, cuya ge- nerosa y lúcida disponibilidad le proveyó razones convincentes para intentar una opción ardua y exaltante; pero también para él los acontecimientos toma- ron luego, providencialmente, una dirección diferente.
La viva memoria de aquellos años regresó gratamente incluso después de un largo tiempo; la ocasión era insigne, los festejos por el jubileo episcopal, pero el documento, un simple telegrama, es sucinto y esencial: «Milán, 16 de junio de 1901. Sacerdote Guanella Casas Providencia auguran fiestas jubilares Su Excelencia recordando años felices Colegio Gallio seminario Como reve- rentes imploran todos bendición» 12.
Es una experiencia común que puede bastar una mención para evocar una consonancia profunda, para reconocerse unidos desde el origen al destino. Ahora que el «sacerdote Guanella» había realizado lo que en los «años felices» presentía y anhelaba, podía presentar su obra y pedir una bendición al compa- ñero convertido en obispo y fundador; quizá no le faltó una satisfecha gratitud al haber sido entre los primeros en experimentar la iluminada ‘vigilancia’ sca- labriniana, que luego la Iglesia reconocería y llamaría al servicio episcopal.
El Ensayo de Guanella y la sabiduría de Scalabrini
Los dos se reencontraron durante el período de servicio pastoral en la dió- cesis: el más joven como ecónomo espiritual en la remota aldea alpina de Sa- vogno, cerca de Chiavenna, con 400 almas emplazadas a casi mil metros de al- titud 13; el otro en la parroquia comasca de San Bartolomé, 6000 almas en la zona ciertamente nada fácil de los primeros suburbios.
11 L. Guanella a O. Calcaterra, Savogno, 24 de abril de 1870, Epistolario guanelliano on- line (= E) 3037. A tal propósito, en P. PELLEGRINI, Luigi Guanella..., cit., pp. 388-389, se recuer- dan también otras dos referencias a la solicitud enviada a su tiempo a la autoridad diocesana: una carta de octubre de 1881 al obispo de Como Pietro Carsana (E 903) y un pro memoria del 21 de julio de 1882 para la Congregación de Obispos y Regulares (E 2914).
12 L. Guanella a G. B. Scalabrini, Milán, 16 de junio de 1901, E 2406.
13 Luis Guanella permaneció en Savogno del 17 de junio de 1867 al 24 de enero de 1875; cfr. M. L. OLIVA, Luigi Guanella: gli anni di Savogno 1867-1875, Roma, Nuove Frontiere, 1991, Saggi storici, 3, pp. 42, 49.
Un breve pasaje de la autobiografía guanelliana evoca el núcleo de su vínculo durante esta época, no frecuente pero sincero:
Don Luis Guanella más de una vez había solicitado a Scalabrini, pá- rroco de San Bartolomé en Como, para que le procurara un lugarcito para hacer un poco de bien en la ciudad. Y le respondía el Scalabrini bromeando: «Eres demasiado revolucionario» 14.
Pasaron cerca de cuarenta años entre la respuesta del futuro obispo, en broma pero no demasiado, y el momento en el que Guanella la consignó en la autobiografía como un querido recuerdo por largo tiempo custodiado. De he- cho, se puede plantear la hipótesis de que el memorable intercambio ocurrió en el curso de los dos años 1873-1874. Guanella, de hecho, llegó a Turín el 29 de enero de 1875, inicio de su período salesiano concluido en setiembre de 1878 15; ya hacia fines de 1872 habría querido hacerse religioso junto a don Juan Bosco, quizás para regresar a la diócesis en un nuevo colegio salesiano 16. Debido a la escasez de clero la curia de Como no pudo secundar la solicitud, por lo que el 20 de noviembre le hizo saber a través del vicario foráneo que
«en Savogno como en otro lugar cualquiera de la diócesis, podrá ser útil a la diócesis dedicándose en la institución y educación de los jóvenes [...] sin ne- cesidad de que para ello se dirija a Turín» 17.
En este punto Guanella debió de inmediato pensar en Scalabrini para una ayuda para establecerse no en un «lugar cualquiera de la diócesis» sino justa- mente en la capital, quizá iniciando por algún local en el territorio parroquial de San Bartolomé, vasto y en fase de rápida urbanización.
Es quizá la primera vez que Guanella confía en poder establecer en Como la obra que deseaba iniciar, pero lo logrará solo en 1886, después de más de una década no exenta de dificultades y contradicciones. De todas maneras, la respuesta de Scalabrini, ya autorizado exponente del clero ciudadano, aquel
14 L. GUANELLA, Le vie della Provvidenza [Los caminos de la Providencia], cit., p. 805.
15 Cfr. M. CARROZZINO, Don Guanella e Don Bosco. Storia di un incontro e di un confron- to, Roma, Nuove Frontiere, 2010, 2.a ed., Saggi storici, 1, pp. 43, 97.
16 «Yo no puedo más de ganas de correr a abrazarme a los Institutos de don Bosco. Mi inclinación me impulsa allí con tal vehemencia de afecto, que parece que jamás me ha quedado sombra de duda. Sé que sentí desde los más tiernos años una especial predilección por eses gé- nero de institución y espero que esta inspiración venga del Señor. [...] Pero si don Bosco viene entre nosotros se alegrará de esto el ordinario, será para muchos una verdadera bendición y yo también de mi parte prometería que, como parece probable, si yo puedo de aquí a algunos años regresar para trabajar en la diócesis, lo haré con ese natural afecto que siento por los de mi pue- blo», L. Guanella a L. Del Curto, Savogno, 17 de noviembre de 1872, E 3061; cfr. M. CARROZ- ZINO, Don Guanella e Don Bosco, cit., p. 38.
17 O. Calcaterra a L. Del Curto, Como, 20 de noviembre de 1872, ivi, p. 39.
sintético e inequívoco epíteto de «revolucionario», permite hipotetizar algunas interesantes implicaciones de su relación.
Después de las conferencias sobre el Concilio Vaticano realizadas en la catedral en 1872, el nombre Scalabrini comienza a ser conocido más allá de la curia episcopal de Como gracias al éxito de la que fue su primera publicación, impresa el año siguiente 18. Pero sobre la meta editorial el ilustre párroco había sido precedido por el ecónomo espiritual de Savogno.Dedicado al recién elegi- do obispo de Como, monseñor Pietro Carsana, «que ornado de las virtudes / de los Félix / y de los Abundio 19 / viene a sentarse / en sede episcopal de es- tos», había sido publicado a principios de 1872 el Ensayo de advertencias fa-
miliares, impreso en Turín en la Tipografía del Oratorio de san. Francisco de Sales 20. Guanella no era una persona para quedar confinado en una aldea de montaña: ya pocos meses después de su ordenación, incluso antes de ser des- tinado a Savogno, «comenzó su primer viaje a Turín, que luego fue seguido por dos o tres viajes más cada año» 21; acompañaba a algún discapacitado a los institutos del Cottolengo y a algunas jóvenes a hacerse religiosas con las sale- sianas. En el paso obligado por Como, habrá permanecido algún tiempo en la ciudad para encuentros y otros asuntos; a pesar de la falta de testimonios do- cumentales, no es difícil imaginarlo en la catedral escuchando a Scalabrini, «su palabra calma y reflexiva, su razonamiento libre de cualquier exageración, [que] le atrajeron primero la intensa atención de los fieles, luego la simpatía
general» 22.
Como había hecho con otros amigos sacerdotes, en una de estas ocasiones Guanella no habrá dejado de regalar también a Scalabrini su primera publica- ción, que sin embargo había tenido una recepción más bien contradictoria. Él mismo lo relata, entre serio y burlón, en una carta a un compañero de semina- rio que todavía no le había mandado un juicio sobre su primera obra:
18 G. B. SCALABRINI, Il Concilio Vaticano. Conferenze tenute nella cattedrale di Como, Como, Carlo Franchi, 1873, p. 308; cfr. M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini..., cit., pp. 80-89.
19 Los santos Félix e Abundio, de hecho, fueron dos obispos (el primero y el cuarto, res- pectivamente) de la diócesis de Como. San Abundio es, además, el patrono de dicha diócesis [NdT].
20 L. GUANELLA, Saggio di ammonimenti famigliari per tutti ma più particolarmente per il popolo di campagna, [Ensayo de advertencias familiares para todos pero especialmente para el pueblo del campo] (1872), in Scritti morali e catechistici, Roma, Centro Studi Guanelliani - Nuove Frontiere, 1999, Opere edite e inedite di Luigi Guanella, III, pp. 1-95; la dedicatoria se encuentra en la página 2.
21 L. GUANELLA, Le vie della Provvidenza [Los caminos de la Providencia], cit., p. 730.
22 G. GRABINSKI, Monsignor Scalabrini, Pistoia, Ed. Sinibuldiana G. Flori, 1905, p. 5; to- mado de M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini..., cit., p. 81.
Te envié una copia de una obrita mía. Me podías escribir que la re- cibiste. O no te habrás unido también tú en conjura con ciertos cu- ras de la Valtellina, que fueron tan miserables de dejar salir de su boca esto: «Al autor de este libro lo mandaríamos nosotros a la cár- cel si fuéramos carabineros». Menos mal que ellos no manejan el revólver sino la estola. Se ve que condenan el espíritu allí donde sa- cerdotes y obispos mucho más que ellos lo alabaron tanto en aque- lla zona. Ves que soy burlón. Estoy muy lejos de sospechar de ti tanto mal humor 23.
¿Pero qué había escrito Guanella en aquel Ensayo de advertencias fami- liares «que por veinte años le trajo aparejadas adversidades continuas en el or- den civil y eclesiástico»? 24 A poco más de un año de la toma de Roma, Gua- nella demuestra su posición fuertemente antagonista al laicismo triunfante, que había pisoteado los derechos de la Iglesia en la persona de Pío IX y procuraba erradicar las tradiciones de fe del pueblo. En el microcosmos de Savogno ha- bía experimentado la hostilidad de la autoridad civil contra sus iniciativas pro- movidas junto a buena parte de los parroquianos, como el arreglo de algunas obras públicas, la salvaguarda de los derechos de la comunidad contra confis- caciones indebidas, la puesta en marcha de una escuela primaria.
En la primera parte de la obra, donde más patente es la vis polémica, está el reflejo de esta situación, que desde la remota aldea alpina se ampliaba hasta llegar a los recientes acontecimientos italianos y europeos, con la denuncia de la ideología que los alimentaba y sus objetivos:
Esto que yo te presento es una obrita dictada para alertar a quien sea, pero particularmente a la gente de campo, para que se percaten de ponerse en guardia y defenderse contra las artes malignas con las cuales los sectarios masónicos, unidos a los liberales del día, ambi- cionan arruinar en su alma sobre todo y luego también en el cuerpo a cualquier persona de bien que aún quede 25.
La acusación es contra las artes solapadas con las que los adversarios de la Iglesia (definidos como «revolucionarios», «mazzinianos», «librepensado- res», «internacionalistas», «socialistas», «comunistas») tratan de conquistar a la gente:
23 L. Guanella a G. B. De Donati, Savogno, 28 de junio de 1872, E 1033.
24 L. GUANELLA, Le vie della Provvidenza..., cit., p. 732. A una evaluación global del En- sayo está dedicado el cap. 9 de M. L. OLIVA, Luigi Guanella..., cit., pp. 215-252; cfr. además la introducción de P. Pellegrini a L. GUANELLA, Scritti morali e catechistici [Escritos morales y ca- tequísticos], cit., pp. X-XVI.
25 L. GUANELLA, Saggio di ammonimenti... [Ensayo...], cit., p. 4.
Por lo cual, mi gente querida, ustedes ya se percatan de si es tiempo de abrir los ojos para divisar los horrendos monstruos que nos rode- an a todos, y cuidarnos de ellos. Más aún, hemos de estar alertas con tanta mayor atención en cuanto los carbonarios, por su propio siste- ma, se muestran falsamente con maneras tan gentiles y discursos tan persuasivos, que ustedes sin más se ven como forzados a pensar que son grandes hombres y amigos 26.
Aunque sin fisuras reaccionarias, Guanella ve un designio único que va de la Revolución Francesa a la toma de Roma, dirigido a la perfecta aniquila- ción del Cristianismo y de la misma idea cristiana» 27.
Los tonos no son, ciertamente, conciliadores, pero Guanella no tiene nin- gún temor de hacer públicas sus ideas con ocasión de la entrada a la diócesis del obispo el 6 de enero de 1872. No debían serle desconocidas las posiciones de Pietro Carsana 28, si no duda en presentarse de manera tan explícita, logran- do incluso obtener su elogio. En sus memorias, recordará que el obispo acogió favorablemente su obra, como también el uso instrumental contra ambos que se hizo luego de la publicación y de la dedicatoria:
El pobre don Guanella había dicho la verdad y le dedicó al ingreso de monseñor Carsana su librito Advertencias y por eso Carsana le escribió al autor una carta de felicitaciones, pero las voces que cir- culaban era que don Guanella por ese libro había sido causa de sus- pensión por varios años del «placet» gubernamental al obispo 29.
El suceso se tornó en poco tiempo de dominio público y Guanella sufrió un efecto contrario a sus lícitas intenciones de quedar bien con el obispo, con el fin de obtener permisos y facilitaciones para instalar alguna institución de caridad. En este punto se podría colocar el «Eres demasiado revolucionario» de Sca- labrini, que no es un reproche sino un consejo. En el plano de la lícita suposi- ción, se puede considerar que estaba al corriente de los conflictos en Savogno y que también había leído el mal afamado Ensayo, asistiendo luego a las conse- cuencias de la publicación. El temple más reflexivo y las diversas experiencias ya maduradas en el ambiente ciudadano no podían sino inducirlo a frenar las in-
26 Ivi, p. 12.
27 Ivi, p. 8.
28 «Carsana fue de hecho el típico obispo intransigente, radicalmente hostil a la cultura y al estado liberal, obstinadamente ligado a las directivas de la Santa Sede, apasionadamente de- dicado al renacimiento espiritual y religioso de la diócesis a él confiada»., G. VECCHIO, Il clima politico, sociale e religioso nella città e diocesi di Como 1866-1886, ne I tempi e la vita di Don Guanella. Ricerche biografiche, Roma, Nuove Frontiere, 1990, Saggi storici, 2, p. 129.
29 L. GUANELLA, Le vie della Provvidenza [Los caminos de la Providencia], cit., p. 743.
tenciones de Guanella, dado que sus ideas y el espíritu emprendedor a veces casi febril desplegado en Savogno resultarían inadecuados y contraproducentes en Como. Además, una vez más lo guiaba: con una reprensión benévola, lo inducía a adoptar un método de acción diverso, más diplomático, medido y paciente, no ansioso de realizar su proyecto aunque fuera bueno, sino listo para percibir los indicios de una llamada de lo alto, quizá no antes de que un tiempo de prueba hubiera templado el generoso fervor de su corazón sacerdotal aún joven.
El Ensayo permite una última incursión en el campo de lo plausible, di- rigida hacia las visitas a Turín de Guanella.
Puede ser significativo que Las glorias del papa en el Concilio Vaticano, segunda edición parcial de las Conferencias de Scalabrini, fue impresa en Tu- rín en 1874 por la misma imprenta salesiana 30 que dos años antes había im- preso el Ensayo de Guanella. En una carta a Pío IX, del 2 de octubre de 1874, Juan Bosco escribe: «Me tomo el atrevimiento en esta misma ocasión de pre- sentar a Su Santidad dos libros que el dedicado Sac. Scalabrini acaba de pu- blicar con buen éxito. Ruego a Su Santidad que los sepa apreciar e imparta al autor la santa bendición apostólica» 31. Se podría por tanto hipotetizar que Gua- nella en algún viaje a Turín habría llevado a Juan Bosco las Conferencias su- giriendo su impresión, y habría utilizado a continuación los canales privilegia- dos salesianos para hacer llegar al papa las dos ediciones de la obra y obtener una bendición para el autor 32.
«Ir a América no es bueno»
En el Ensayo guanelliano Scalabrini no encontró solo las vehementes de- nuncias contra «cuatro sectarios sin pudor, que hacen alboroto por muchos de
30 G. B. SCALABRINI, Le glorie del papa nel Concilio Vaticano. Pensieri e riflessioni sulla Costituzione prima intorno alla Chiesa spiegata al popolo nella cattedrale di Como dal sacer- dote Gio[vanni] Battista Scalabrini parroco priore di S. Bartolomeo [Las glorias del papa en el Concilio Vaticano. Pensamientos y reflexiones sobre la Constitución primera sobre la Iglesia ex- plicada al pueblo en la catedral de Como por el Sacerdote Giovanni Battista Scalabrini párroco de S. Bartolomé], Turín, Tipografia dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, 1874, 210 p.; están comprendidos el Prefacio y las cuatro Conferencias de la II parte.
31 G. Bosco a Pio IX, Turín, 2 de octubre de 1874, en G. BOSCO, Epistolario, a cura di F. Motto, IV (1873-1875), Roma, LAS, 2003, p. 327.
32 En abril de 1876 Guanella obtuvo una bendición apostólica para sí, la madre y los fa- miliares luego de haber escrito a Pío IX por indicación de Juan Bosco, que hizo llegar personal- mente la solicitud; cfr. L. Guanella a Pío IX, Turín, 1º de abril de 1876, E 2181. La bendición fue luego comunicada a través de una circular impresa que Guanella envió a los familiares desde Turín después del 16 de abril de 1876, fecha del autógrafo pontificio al pie de la precedente; se conserva un ejemplar en el Archivo del Centro de Estudios Guanellianos.
ellos y promueven leyes contrarias a la religión» 33, sino también las expresio- nes de una primordial preocupación relacionada con la emigración.
Ni siquiera la familia Guanella había escapado a la dura necesidad de de- jar su tierra y él conservó siempre la memoria de una dolorosa separación:
«Recuerdo como si fuera ayer, cuando, alrededor de 1850, la familia de mi tía materna María Úrsula Guanella viuda de Levi partía rumbo a los Estados Uni- dos entre las lágrimas de los familiares y del que esto escribe» 34. Otros parien- tes y gente del valle fueron luego obligados a partir y Guanella trató siempre de mantener el vínculo con ellos; en 1868 a través de Juan Bosco hizo llegar un sacerdote italiano a una colonia de gente de Campodolcino en Illinois 35.
En la época del Ensayo, es decir, mucho antes de 1876, cuando empezaron los relevamientos oficiales del fenómeno, la percepción que Guanella podía tener de la emigración era inevitablemente imprecisa y parcial. Él creía que sobre todo en el campo las partidas se podían aún contener, en una perspectiva paternalista orientada a conservar las antiguas costumbres. Carecía obviamente de los conoci- mientos, instrumentos interpretativos y experiencias tales para hacerle comprender que estaba asistiendo solo al inicio de una inexorable dinámica epocal, cuyos des- arrollos han determinado muchas condiciones socioeconómicas durante décadas. Reafirmando con fuerza las virtudes de una sociedad arcaica ligada a la tierra y defendiendo dicha concepción existencial de una transformación que
avanzaba, el Ensayo toma nota de la emigración mientras procura evitarla.
Luego de haber descrito las ventajas de la simple vida de campo, la fru- galidad y la templanza que distraen de los engañosos deseos de bienes mate- riales, la sana autosuficiencia de la sociedad rural y la alegría de esperar los frutos del propio trabajo, Guanella concluye el capítulo El campesino en gene- ral no debe tratar de elevarse por encima de su estado porque él ya es el más feliz de todos con una reflexión y una advertencia:
Por ello, estén aún agradecidos conmigo. Porque habiéndoles señalado como cómoda la fortuna de ustedes en sus casas y sus campos, no de- ben engañarse al ir a buscarla en otra parte. Mucho menos en la tierra hoy en día tan ensalzada como la americana, porque ciertamente co- meterían una falta aún peor. Si quieren incluso las razones más deta- lladas, estoy feliz de trascribirlas aquí en dos breves artículos 36.
33 L. GUANELLA, Saggio di ammonimenti... [Ensayo], cit., p. 88.
34 L. GUANELLA, Dal porto di Napoli all’Asilo di Laureana in Calabria, LDP, junio de 1913, p. 93.
35 Cfr. F. FABRIZI, L’impulso missionario: le stazioni cattoliche nella Svizzera e la fonda- zione negli Stati Uniti [El impulso misionero: las estaciones católicas en Suiza y la fundación en los Estados Unidos], en I tempi e la vita di Don Guanella, cit., pp. 319-322; P. PELLEGRINI, Luigi Guanella..., cit., pp. 104-112.
36 L. GUANELLA, Saggio di ammonimenti... [Ensayo], cit., p. 82.
El primero de los dos capítulos siguientes, Una mirada a América, se ini- cia comparando el Nuevo mundo con la cima de una montaña reverdeciente a la distancia, pero que luego, al subir, se descubre que no es más que un terreno árido y rocoso con algunos matorrales dispersos. El propósito del autor es, por tanto, quitar la ilusión sobre las supuestas ventajas de la emigración:
Ahora, América está también lejanísima de nosotros, y sin embargo un grito universal se eleva en nuestros pueblos: «¡Viva América! ¡Vi- va América! Vamos a América» y parten como yendo al encuentro de una enorme abundancia. ¿La abrazan luego toda entera, o ven por el contrario un mundo nuevo en nada diferente del nuestro antiguo, o si bien diferente, solo por peligros y afanes mayores? Veámoslo que ya, permaneciendo incluso aquí, de América conocemos lo nece- sario para no pronunciar de ella un juicio imprudente 37.
Sigue luego un breve excursus histórico que, entre mítico y exótico, parte de la época precolombina y llega hasta la actualidad, cuando «la gente, más ávida de la fortuna de la tierra que del cielo» continúa a «dirigirse a tierra americana» 38.
La que es promocionada como una Tierra Prometida es en cambio una Babel rediviva, descrita con tonos fuertemente emotivos y descripciones que ponen el acento en la concupiscencia y la codicia, en la corrupción moral y fí- sica, en el abandono espiritual que lleva a la pérdida de la fe 39.
América no es tierra de libertad sino de libertinaje, no de trabajo sino de esfuerzo, no de justicia sino de violencia, por eso Ir a América no es bueno ni para el alma ni para el cuerpo, como reza el título del capítulo siguiente. Gua- nella trata de desenmascarar a los que hacen pasar por necesidad lo que es una apuesta temeraria:
De hecho, muchos hablan como los más perfectos: que en este mundo se está por poco tiempo... tanto que se salve el alma y luego a costa di alimentarse más de hierba que de pan duro, demuestran ser, a guisa de los santos, indiferentes a ser tanto ricos como pobres, enfermos como sanos, en este lugar más cómodo o en este más molesto, siempre que en gracia del Señor y en sus brazos se pueda salir de este mundo que es valle de lágrimas. [...] Pero luego agregan, con fingida piedad, que por todas partes del mundo hay peligros, y basta con cuidarse de ellos. Por lo demás, allí se gana y aquí se muere de hambre 40.
37 Ivi.
38 Ivi, p. 84.
39 Cfr. ivi, pp. 85-86.
40 Ivi, p. 87.
Según Guanella es la fe la que debe guiar también las opciones concretas de vida:
El refrán dime con quién andas y te diré quién eres es conocido tam- bién por ustedes, como son conocidos los dichos del Señor de esca- par de los grandes peligros para no perecer en ellos, y las mujeres también porque hacen apostatar incluso a los sabios, y similares. Ahora ustedes que se contentan con afirmar conmigo que América, en comparación con los pueblos de aquí sobre todo campesinos, es un peligro mucho mayor, si no logran cancelar las mencionadas pa- labras del Evangelio, estarán obligados a permanecer aquí 41.
El fin de esta perspectiva retrógrada es incluso el retorno de los emigra- dos, a ser recuperados en una trama de solidaridad que coincide con la comu- nidad cristiana del pueblo de origen:
Por lo tanto más que aconsejar a los demás de ir al Nuevo Mundo, que es el gran mundo de peligros, deberíamos llamar de allí a nues- tros queridos amigos o parientes quienes, como el pez y el anzuelo, son quizá retenidos de regresar solo por un temor vano o por interés aún más vano 42.
Incluso en la improbable aspiración hacia un retorno al pasado, Guanella intuyó las dinámicas y las implicaciones sociales, económicas, políticas, morales y religiosas que estaban atacando a las clases más humildes, orien- tándolas hacia novedades consideradas más cargadas de insidias que de opor- tunidades.
Su postura en contra de la emigración era inevitablemente ideológica, pe- ro estuvo entre las primeras voces públicas en plantear el problema: «La tesis de fondo [del Ensayo] era que en América ‘se pierde la fe’ y se encuentran pe- ligros de todo tipo. Es el inicio en Italia de una literatura alarmista, con direc- ción moralista imperante» 43.
Fue este el planteo recurrente en el ámbito eclesiástico al menos hasta 1887, cuando La emigración italiana en América de Scalabrini marcó un punto de inflexión, reconociendo la inadecuación de los intentos orientados a impedir un fenómeno que había asumido dimensiones impresionantes e inesperadas, y la necesidad impostergable de presencias e intervenciones en favor de la emi- gración, con la finalidad de «sostenerla, de iluminarla, de dirigirla con la obra
41 Ivi, p. 88.
42 Ivi, p. 90.
43 A. PEROTTI, Scalabrini e le migrazioni, vol. I, L’istituzione missionaria per gli emigran- ti. Primo periodo 1887-1890, Roma, Istituto Storico Scalabrini, pro manuscripto, 2004, p. 29.
y con el consejo, de modo tal de que sea de beneficio para los emigrantes y de decoro para nuestra Italia» 44.
Quince años después del Ensayo, la perspectiva es madura, documentada y ya completamente opuesta a aquella, aunque generosa, de Guanella, de cuyas argumentaciones sería vano buscar huellas en la sintética pero potente refle- xión scalabriniana, si no en alguna descripción de impresionantes miserias ma- teriales y espirituales de los emigrantes.
Justamente a los años del Ensayo se remontan los primeros contactos del futuro obispo con la nueva y dura realidad:
Scalabrini había comenzado a asistir al drama de la emigración cuan- do todavía estaba en Como. Joven sacerdote, había ejercido ocasio- nalmente el ministerio en la Valtellina, uno de las mayores fuentes de emigrantes. Párroco de San Bartolomé, se encontró frente a parro- quianos que, por las recurrentes crisis de la industria textil, no en- contraban otro camino de salida que la emigración 45.
Probablemente sus reacciones no fueron en ese momento diferentes que las de Guanella, si aún en febrero de 1887, al proponer su primer proyecto al cardenal Giovanni Simeoni, prefecto de Propaganda Fide, reconocía que los párrocos solo podían «intentar todos los caminos con el propósito de persuadir a sus parroquianos de no dejar la patria. Pero, lamentablemente en la mayor parte de los casos no se logra y la emigración es necesario padecerla como una dolorosa necesidad» 46.
Es sabido que un impulso decisivo para la obra en favor de los emigran- tes le llegó a Scalabrini en 1886 de parte de don Francesco Zaboglio, de Cam- podolcino y pariente de Guanella 47, otro potencial lector del Ensayo: las preo-
44 G. B. SCALABRINI, L’emigrazione italiana in America. Osservazioni, in Scalabrini e le migrazioni moderne. Scritti e carteggi, a cura di S. Tomasi e G. Rosoli, Turín, SEI, 1997, p. 12.
45 M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini..., cit., p. 932.
46 G. B. Scalabrini a G. Simeoni, Piacenza, 16 de febrero de 1887, ivi.
47 Francesco Zaboglio (Campodolcino SO, 15 de febrero de 1852 - Tremezzo CO, 3 de se- tiembre de 1911), ordenado por la diócesis de Como en 1876, luego de una década de actividad pastoral, en 1885 se unió a los somascos como externo. Una visita a los familiares en los Estados Unidos de América le reveló la miserable condición de los emigrantes. También por consejo de Luis Guanella, al que estaba ligado por parentesco, hacia 1886 se puso en contacto con Giovanni Battista Scalabrini, que estaba madurando la intención de dedicarse a este nuevo campo de apos- tolado. Convertido en uno de sus más estrechos colaboradores en la fundación de los Misioneros de San Carlos, en abril de 1888 emitió los votos en la nueva congregación, de la cual fue vicario y procurador general. Tras haber abierto la misión en los Estados Unidos de América, en 1891 es- tableció una presencia en el puerto de Génova; fue entonces párroco en New Haven y New York. Regresó definitivamente a Italia en 1900. Es M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Scalabrini..., cit., pp. 983-984, quien afirma que en el verano de 1886 llegó de Zaboglio el «impulso ocasional» a Scalabrini para pasar a la acción e iniciar la obra en favor de los emigrantes.