Contratto collettivo e giusta retribuzione: criticità costituzionali e certezza del diritto
Numero 3 / 2024
Xxxxx XXXXXXXXXXX
Contratto collettivo e giusta retribuzione: criticità costituzionali e certezza del diritto
Contratto collettivo e giusta retribuzione: criticità costituzionali e certezza del diritto
Xxxxx XXXXXXXXXXX
Commercialista, dottore di ricerca in diritto del lavoro
SOMMARIO: 1. Note introduttive. — 2. La funzione corrispettivo e sociale della retribuzione costituzionale. — 3. Retribuzione legale e contrattuale: sindacato giudiziale di costituzionalità. —
4. Le logiche pubblicistiche del grado di rappresentatività sindacale. — 5. La scelta del contratto collettivo. — 6. Il lento declino della funzione economica della contrattazione collettiva. — 7. De iure condendo: il salario minimo, tra legge e contrattazione collettiva.
1 – Note introduttive
Nel diritto del lavoro privato1 la determinazione delle regole è rimessa, in primis, alla libera e volontaria determinazione delle parti del rapporto di lavoro subordinato, decretandone di fatto la sua costituzione2 e, in secundis, alla legge e al contratto collettivo3, ricoprendo le stesse fonti una funzione essenzialmente extra ordinem4, di supporto all’autonomia negoziale del lavoratore e in chiave protettiva, tenuto conto del favor lavoratoris che permea il nostro ordinamento giuslavoristico5.
Ciò determina, per relationem, in ragione del principio della gerarchia delle fonti e della tutela di diritti e valori meritevoli di protezione, l’affermazione del criterio dell’inderogabilità in peius delle previsioni sovraindividuali6, dal che la contrarietà delle disposizioni concordate tra datore di
1 Per quanto il processo di privatizzazione-contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico abbia comportato un’equiparazione della regolamentazione tra dipendenti pubblici e privati, lo stesso “rapporto di servizio” resta comunque parzialmente ancorato alle norme speciali contenute nel c.d. T.U. del pubblico impiego (v. art. 2, c. 2, dlgs 30 marzo 2001, n. 165). Per un esauriente approfondimento in dottrina, v. X. XXXXXXXX, Il diritto del lavoro nel pubblico impiego, Piccin, 2019, 8 ss.;
A. DE SALVIA, Le distinzioni fondamentali e il rapporto tra legge e contrattazione collettiva”, in P. XXXXXX, X. XX XXXXX, X. XXXXX (diretto da), Lavoro pubblico, Xxxxxxx Editore, 2018, 37 ss..
2 Sulla concezione contrattualistica del rapporto di lavoro, v. R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, Xxxxxxx Editore, 2015, 339; X.
XXXXXXXX, Diritto del lavoro, Xxxxxxx, 2008, 303 ss.
3 Il contratto collettivo, quale manifestazione negoziale delle contrapposte associazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, fondata sul mandato, rappresenta il principale strumento di tutela degli interessi dei lavoratori.
4 In dottrina, per un approccio problematico alla questione della collocazione del contratto collettivo nel sistema delle fonti
del diritto del lavoro, v. R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 325 ss.; X. XXXXXXX, Il contratto collettivo come «fonte»: teorie ed applicazioni, in XXXXXXXX-X. XXXXXXX (a cura di), Contratto collettivo e disciplina dei rapporti di lavoro, Xxxxxxxxxxxx, 2004, p. 3 ss.; A. PIZZORUSSO, Le fonti del diritto del lavoro, RIDL, 1990, I, 15 ss.. In giurisprudenza, cfr, ex plurimis, Cass 21 ottobre 2022, n. 31148.
5 Sul lavoratore, quale parte debole del rapporto di lavoro, v. X. XXXXXXXX, Il diritto del lavoro, un diritto universale, Il Lavoro nella giurisprudenza, 1999, n. 9, 815 ss..
6 Pur in presenza del principio generale della inderogabilità in peius della legge, si pensi alla previsione dell’art. 47, c. 4 bis e 5, della l. 29 dicembre 1990, che in un’ottica di salvaguardia dei livelli occupazionali, in presenza di una crisi aziendale, ovvero di uno stato di insolvenza, consente, per il tramite di accordi aziendali sottoscritti da agenti sindacali più rappresentativi, di derogare alle garanzie fissate dall’art. 2112 c.c. (Per un approfondimento del tema, v. G.P. XXXXXXXXXXX, Imprese in crisi o insolventi e tutela dei lavoratori, Xxxxxxx, 2014).
lavoro e lavoratore alla legge e al contratto collettivo di settore7 sono nulle e sostituite di fatto da quelle legali e contrattual-collettive8.
Siffatto meccanismo di garanzia, tale da comportare una conformazione in melius delle clausole contrattuali, di livello individuale, alla norma legale o alla contrattazione collettiva9, non si traduce nella circostanza che le stesse fonti eteronome definiscono la fattispecie, limitandosi eminentemente a fissarne il contenuto10.
Con specifico riferimento al contratto collettivo, rappresentata dunque la sua funzione etero- integrativa11, venuta meno la natura corporativa dei sindacati vigente nel periodo fascista e non avendo a oggi trovato attuazione la seconda parte dell’art. 39 Cost.12, possiamo certamente considerarlo soggetto alle prescrizioni codicistiche sul contratto in generale e alla rappresentanza negoziale delle organizzazioni sindacali, relegandolo così ad atto dell’autonomia privata13, con la diretta conseguenza della sua limitata e complessa, sul piano soggettivo e oggettivo, efficacia giuridica14.
Concreto è stato, pertanto, il problema di come far coincidere la natura privatistica del contratto collettivo con un’efficacia normativa che non è tipica degli atti di diritto privato.
La soluzione è stata individuata, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, in ragione del ruolo centrale
parapubblicistico sempre più assolto dal contratto collettivo di diritto comune, con un’inevitabile e
7 Sia la legge, quanto il CCNL, rispetto alla contrattazione di livello individuale, devono essere considerati fonti del diritt o aventi pari dignità trovando, la prima, tutela in quanto espressione della sovranità popolare manifestata dal Parlamento, la seconda, nell’art. 39, c. 1, Cost.. Resta, ovviamente, saldo il principio della legalità in ragione del quale, nel nostro ordinamento, vige il primato della legge sulle altri fonti del diritto, che ne risultano subordinate (v. art. 1, disp. prel.). Si tratta, quindi, essenzialmente di una parità funzionale, non tecnico-giuridica (v. I. XXXXXX, I rinvii legislativi al contratto collettivo. Tecniche e interazioni con la dinamica delle relazioni sindacali, Jovene, 2018, 2, 5 e 27; X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Fondamenti di diritto sindacale, Giappichelli, 2017, 151).
8 Sull’inderogabilità e sulla correlata imperatività della legge e del contratto collettivo, quali fonti etero-integrative dell’autonomia individuale, v. R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 339 ss.. Sulla sostituzione delle clausole individuali nulle, perché peggiorative per il lavoratore, ad opera delle norme eteronome inderogabili, in ragione del paradigma classico della nullità parziale ex art. 1419 c.c., v. ID., Diritto del lavoro, cit., 340; X. XXXXXXXX, Diritto del lavoro, cit., 302.
9 L’adeguamento avviene con riguardo alle sole clausole caratterizzanti la parte normativa del contratto collettivo, che vanno a regolamentare i rapporti individuali, e non a quelle obbligatorie, che diversamente vanno a disciplinare i rapporti tra gli attori sindacali stipulanti (c.d. relazioni industriali), creando obblighi e diritti esclusivamente per le stesse parti collettive e non per i singoli lavoratori. In giurisprudenza, rispetto al contenuto del contratto collettivo, cfr. Cass. 15 gennaio 2003, n. 530; Cass. 16 marzo 2001, n. 3813.
00 X. X. XXX XXXXX, Xxxxxxx xxx xxxxxx, cit., 337 ss..
11 Il contratto collettivo è considerato dal legislatore non come fonte negoziale in senso proprio (cd. fonte-atto), ma come evento sociale oggettivo cui ricollegare determinati effetti normativi (cd. fonte-fatto) (v. X. XXXXX, Questioni sulla contrattazione collettiva. Legittimazione, efficacia, dissenso, Xxxxxxx, 1994).
12 In particolare, affinché si realizzi l’efficacia obbligatoria del CCNL nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce, è ineluttabile la previa registrazione dei sindacati che, in forma unitaria, sottoscrivono gli stessi accordi collettivi di lavoro. In dottrina, v. G.F. XXXXXXX, Liberta sindacale e contratto collettivo “erga omnes”, RTPC, 570 e ss.
13 Per rendere meglio l’idea, non posso esimermi dal richiamare una celebre metafora in dottrina secondo cui il contratto collettivo è “un ibrido con il corpo del contratto e l’anima della legge” (v. X. XXXXXXXXXX, Teoria del regolamento collettivo dei rapporti di lavoro, Cedam, 108).
14 E’ ben noto il principio nomofilattico secondo cui il contratto collettivo di diritto comune, in quanto soggetto alle regole privatistiche ex art. 1321 e ss. cc., è applicabile esclusivamente ai soggetti iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti (cfr., ex plurimis, Cass. 13 gennaio 1992, n. 289), ovvero che, in mancanza di tale condizione, vi aderiscono implicitamente o esplicitamente. In particolare, l’adesione sarà esplicita in caso di rinvio espresso alle norme contrattuali nel contratto individuale, sarà invece considerata implicita in caso di comportamento concludente, caratterizzato dalla costante e uniforme applicazione del contenuto del CCNL (v., R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 239 ss.; P. A. VARESI, Pluralismo e rappresentatività sindacale 50 anni dopo lo Statuto dei lavoratori, Giornate di studio AIDLASS 5 e 6 maggio 2020; cfr. Cass. 31 dicembre 2021, n. 42097; Cass. 22 novembre 2010, n. 23618; Cass. 8 maggio 2009, n. 10632).
correlata efficacia reale15, cosicché la sua selezione - quale attività propedeutica alla gestione funzionale dei rapporti individuali di lavoro – è un’opera particolarmente ed estremamente delicata; il tutto soprattutto se si tiene in considerazione la circostanza che il legislatore in diverse occasioni, rispetto alla ricorrenza di particolari caratteristiche oggettive dei soggetti stipulanti, decreta non solo la loro legittimazione a operare interventi integrativi o derogatori a norme di legge16, diversamente non azionabili17, ovvero il riconoscimento di particolari benefici economici e contributivi18, ma anche la ricorrenza di specifiche fattispecie criminose19.
L’indicazione legislativa di un criterio stringente di selezione dell’agente negoziale palesa sempre più la volontà incessante di abdicare parte della propria attività normativa, di un cambio di paradigma autorizzatorio, attribuendo così precipue funzioni regolatorie non a tutto il sistema della contrattazione collettiva, come avviene con le norme di rinvio di prima generazione20, bensì solo a determinati accordi collettivi.
Si pensi, uno fra tutti, all’art. 51 del T.U. dei contratti di lavoro21 che riconosce, quale fonte collettiva delegata, i soli “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”.
Giustappunto, la funzione normativa delegata22 non è riconosciuta a qualunque fonte negoziale, tant’è
che rispetto a determinate materie giuslavoristiche, che il legislatore ritiene particolarmente
15 La regola dell’inderogabilità in peius dei contratti collettivi, tale da determinare la sostituzione automatica delle clausole individuali peggiorative (c.d. efficacia reale o normativa), è oggi desumibile dall’art. 2113 c.c., il quale sancisce l’invalidità delle rinunzie e delle transazioni che abbiano “per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi” (v. R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 341; X. XXXXX, Il contratto collettivo, in P. XXXXXX, X. XX XXXXX, X. XXXXX (diretto da), Fonti e tipologie dei contratti di lavoro, Xxxxxxx Editore, 2018, 75).
16 Il riferimento è, ad esempio, alla normativa sui contratti a termine, laddove il legislatore attribuisce ai contratti collettivi una funzione regolatoria significativamente rilevante sul versante della flessibilità contrattuale (art. 19, c. 1, lett. a), dlgs. 15 giugno 2015, n. 81), ovvero a quella in materia di orario di lavoro (art. 1, c. 2, lett. m), dlgs. 8 aprile 2003, n. 66), nonché alla disciplina sulla contrattazione collettiva di prossimità (art. 8 d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla l. 14 settembre 2011, n. 148). Nella prassi amministrativa, v. circ. INL 25 gennaio 2018, n. 3.
17 Quale eccezione alla regola, va tuttavia segnalata la circostanza esegetica, rispetto alla percorribilità della durata del contratto a termine oltre i dodici mesi acausali, ma in ogni caso non eccedente i 24 mesi, secondo cui in assenza di regolamentazione da parte dei sindacati comparativamente più rappresentativi, e dunque in chiave suppletiva, sono legittime le eventuali ipotesi fissate dai contratti collettivi applicati in azienda anche se non “rappresentativi” (così X. XXXXXXXX, Xxxxxxx anche con contratti non rappresentativi, in xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxx00xxx.xxx/xxx/xxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxxx-xxx-xxxxxxxxxxxxxxx-XXxxxXxX, 30 giugno 2023).
18 V. art. 1, c. 1175, l. 27 dicembre 2006, n. 296 secondo cui “a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Va, peraltro evidenziato, che il rispetto della contrattazione collettiva si perfeziona in riferimento alla sola parte economico-normativa del CCNL leader del settore, anche per quei datori di lavoro che applicano accordi collettivi c.d. minori (cfr. circ. INL 28 luglio 2020, n. 2).
19 Si pensi al reato di sfruttamento del lavoro, ex art. 603 bis c.p.. In particolare, quale indice sintomatico dello sfruttamento, rileva “la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato”. Nella prassi amministrativa, v. circ. INL 28 febbraio 2019, n. 9.
20 Sono considerate tali, le norme del codice civile che rinviano genericamente ai contratti collettivi, sic et simpliciter.
21 V. dlgs. 15 giugno 2015, n. 81.
22 La contrattazione collettiva può essere spontanea e, quindi, realizzarsi nell’ambito delle regole che si danno gli attori sindacali nell’ambito del sistema contrattuale (privato), ovvero delegata, ossia esercitabile – comunque sempre in una condizione di libertà – sulle materie oggetto di rinvio legislativo (V. R. DEL PUNTA, cit., 224 ss.).
“delicate” e degne di peculiare tutela, penso alla sicurezza sociale, alla flessibilità contrattuale o agli incentivi all’occupazione, solo l’applicazione di precipui accordi collettivi legittima la condotta del datore di lavoro, tenendolo al riparo da potenziali azioni amministrative ovvero giudiziarie.
Centralità normativa del contratto collettivo23 che invero, producendo effetti reali che trascendono la sfera giuridica delle parti sottoscrittrici, rileva recentemente dalla conversione in legge del decreto Lavoro, laddove il legislatore condiziona la conservazione di specifiche misure di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale alla circostanza che la retribuzione garantita al percettore non rispetti, rectius sia inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/201524.
Meccanismi legali di rinvio alla parte economica degli accordi collettivi qualificati che presentano, comunque, precipue criticità, come avrò modo di esaminare più compiutamente infra, tant’è che tutti gli accordi collettivi, in linea di principio generale, assurgono a parametro esterno di commisurazione per l’identificazione del giusto salario25, purché sottoscritti da attori sindacali del settore di operatività del datore di lavoro o, in mancanza, di settori analoghi, affermandone mediatamente l’atipica efficacia erga omnes26.
Possiamo, quindi, ritenere che rispetto alla loro portata eminentemente economica, tutti i CCNL hanno pari dignità27 ma, è bene precisarlo, non senza incontrare limiti, ben potendo il lavoratore fornire in giudizio la prova contraria che il trattamento economico garantito dagli stessi non soddisfa i canoni costituzionali della proporzionalità e della sufficienza28, unici baluardi inviolabili e non negoziabili.
La scelta discrezionale del CCNL, da parte del datore di lavoro, diventa così, ineluttabilmente, un passaggio sostanziale di fondamentale importanza, con riflessi significativamente rilevanti pure
23 A fortiori della valenza di fonte normativa del CCNL rileva l’art. 360, c. 1, c.p.c. che dispone che il ricorso per Cassazione può essere proposto, oltre che per violazione di legge, anche per violazione “dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”, così parificando tali contratti, per tale aspetto, alla legge. Sulle differenti funzioni del contratto collettivo, x. XXXXXXXX-
X. XXXXXXX (a cura di), Contratto collettivo e disciplina dei rapporti di lavoro, cit.; X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx collettivi e rapporto individuale di lavoro, Xxxxxx Xxxxxx, 1985.
24 Il riferimento è all’assegno di inclusione, che dal 1 gennaio 2024 sostituirà il reddito di cittadinanza, per la cui conservazione
è necessario che l’offerta di lavoro al percettore non sia congrua, rilevando a tal fine anche la circostanza che il trattamento retributivo garantito all’assumendo è inferiore a quello previsto dai contratti collettivi contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (cfr. art. 9, d.l. 4 maggio 2023, n. 48, conv. dalla l. 3 luglio 2023, n. 85).
25 Nel caso del socio lavoratore, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, non possono ricevere dalle società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria, un trattamento economico complessivo inferiore a quello previsto dal CCNL comparativamente più rappresentativo del settore (v. art. 7, c. 4, d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, conv. dalla l. 28 febbraio 2008, n. 31). Si tratta di una norma che ha superato positivamente la questione di illegittimità costituzionale, in rapporto all’art. 39 Cost., per effetto della sentenza della Corte cost. 26 marzo 2015, n. 51, che ha evidenziato come la disposizione speciale di fatto non recepisce i CCNL, al pari della c.d . xxxxx Xxxxxxxxx (art. 2, l. 14 luglio 1959, n. 741), bensì si limita a rinviare ai minimi complessivi contrattuali quali parametro esterno di commisurazione della congrua retribuzione, ex art. 36 Cost.. In dottrina, v. X. XXXXXXXX, La giusta retribuzione del socio di cooperativa: un’altra occasione per la Corte costituzionale per difendere i diritti dei lavoratori ai tempi della crisi, ADL, 2015, n. 4-5, 928 ss.;
M. SALVATO, Quantificazione della retribuzione del socio-lavoratore di società cooperativa, Quot. Giur., 31 marzo 2015.
26 Il paradigma giurisprudenziale più ragionevole per garantire la precettività dell’art. 36 Cost., utilizzando i minimi tariffari dei CCNL, si rinviene nel collegamento della stessa norma costituzionale con l’art. 2099 c.c. (Cass. 20 settembre 2007, n. 19467). 27 Sulla pari dignità anche circa l’aspetto contributivo, v. X. XXXXXXXXXXX, Anatomia della contrattazione collettiva pirata. Spunti di riflessione da una ricerca sui contratti Cisal e Xxxxxxx, DRI, 2021, 3, 712.
28 V. art. 2099 c.c. secondo cui “In mancanza di norme corporative o di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal
giudice, tenuto conto, ove occorra, del parere delle associazioni professionali”.
sul piano previdenziale29, che non va sottovalutato e liquidato semplicisticamente in funzione della tenuta del principio della libertà sindacale30 potendo generare, una sua impropria individuazione, inevitabili e plausibili riverberi negativi, il cui impatto è difficilmente preventivabile, sia sul piano della competitività delle imprese che della parità di trattamento tra i lavoratori e della certezza del diritto31; invero, quale conseguenza dell’assenza nel nostro ordinamento del salario minimo, si lascia al giudice, in caso di contenzioso, ovvero limitatamente all’amministrazione pubblica, in sede ispettiva32, significativo potere decisionale nell’identificazione della giusta retribuzione33.
Giustappunto con l’analisi che segue, presentando l’assunto non poche criticità applicative, attraverso una ricostruzione letterale, sistematica e teleologica che tenga pure conto dei recenti e significativi orientamenti giurisprudenziali, proverò a fornire all’operatore del diritto del lavoro tutta una serie di elementi utili a giustificare ed evocare, rappresentandone il fondamento, la definizione legale di un minimale retributivo.
2 – La funzione corrispettivo e sociale della retribuzione costituzionale
Sono, dunque, due i principi cardine sottesi alla retribuzione costituzionale, che si integrano a vicenda tali da affermare la finalità mista sottesa alla norma, pure di natura sociologica35, ossia quella di assicurare al prestatore di lavoro, da un lato, in forza di un’obbligazione corrispettiva, il salario correlato alla quantità e alla qualità della prestazione lavorativa eseguita (c.d. criterio positivo), dall’altro, in ragione di un’obbligazione sociale, il mezzo funzionale non inferiore agli standard minimi necessari alla realizzazione sua e della famiglia nelle relazioni sociali (c.d. limite negativo)36.
Come infatti ha avuto modo di rappresentare il Giudice delle leggi, lo stipendio costituzionale assume più la portata di compenso che di mero corrispettivo dell’attività lavorativa, non potendosi risolvere il sinallagma contrattuale in una mera relazione biunivoca tra prestazione
29 V. art. 1, c. 1, d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, conv. dalla l. 7 dicembre 1989, n. 389.
31 Certezza del diritto che in Italia si basa sul principio di legalità e cioè sul primato della legge sulle altri fonti del dir itto, v. X. XXXXXXXX, Certezza del diritto, in Il lavoro nella giurisprudenza, 1995, n. 10, 897 ss..
32 In altri termini, il fatto che sia permesso al personale ispettivo di vigilare sulla corretta applicazione dei contratti e accordi
collettivi di lavoro, significa che gli stessi non potranno certamente indicare il CCNL applicabile, bensì verificare il rispetto dell’accordo collettivo in concreto applicato per “volontà delle parti” del rapporto di lavoro, “risultante, oltre che da espressa pattuizione, anche implicitamente dalla protratta e non contestata applicazione di un contratto collettivo” (cfr . Trib. Varese 31 maggio 2017, n. 12).
33 Va tuttavia precisato che la scelta del CCNL, in assenza dii un salario minimo per legge, non è sindacabile nel merito in sede giurisdizionale, salvo l’ipotesi di “Contratti collettivi contenenti previsioni contrarie alla legge oppure riferibili a categorie del tutto disomogenee con quelle in cui l’impresa opera” (v. TAR Lombardia 4 settembre 2023, n. 2046).
34 Così la disposizione costituzionale: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo
35 Sulla connessione tra il diritto del lavoro e la sociologia, v. R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 117 ss..
36 Cfr. Cass. 30 novembre 2016, n. 24449.
E’ evidente, dunque, che la sufficienza del salario, nell’esulare da valutazioni strettamente connesse a logiche negoziali ed enfatizzando la dimensione personale, è considerata il nucleo duro della retribuzione a presidio del non eccessivo scostamento tra minimi retributivi e costo della vita38, e assegna al fattore lavoro un rilevante compito antropologico, di progresso sociale della persona umana, quale cardine del funzionamento della nostra Repubblica39.
Ecco che, in una logica di ponderazione dei caratteri costituzionali in materia, aspetto particolarmente dibattuto in dottrina41, sino ad oggi è stato dato per acquisito il paradigma secondo cui la proporzionalità, garantita dalle tabelle salariali dei contratti collettivi e, in melius, da plausibili accordi individuali, assume una posizione di predominanza, cosicché la sufficienza ricopre un ruolo sussidiario e correttivo42.
Su un piano eminentemente applicativo, e come avrò modo di declinare più compiutamente infra, la norma costituzionale, pur considerandone l’originaria valenza programmatica43, ha trovato funzione precettiva attraverso l’applicazione erga omnes delle clausole retributive contenute, di norma, nei CCNL, in ragione dei notevoli interventi del giudice costituzionale e di legittimità, nonché della dottrina, supplendo così alla mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost..
Con tale escamotage ermeneutico, tecnico-giuridico, che di fatto ha valorizzato uno stretto collegamento tra l’art. 36 e l’art. 39 Cost.44, sono stati individuati mediatamente i minimali retributivi confacenti ai principi costituzionali della proporzionalità e della sufficienza per
37 Cfr. Corte cost. 18 dicembre 1987, n. 559.
38 V. L. ZOPPOLI, La retribuzione, in P. XXXXXX, X. XX XXXXX, X. XXXXX (diretto da), Xxxxxx, Xxxxxxx, 2018, 356.
39 Nell’ordinamento repubblicano, il lavoro rappresenta un “tramite necessario per l’affermazione della personalità” (v. C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Cedam, 1969, 147 ss.).
40 V. L. XXXXXXX, La retribuzione, ivi, 340.
41 Per un analisi esauriente, v. X. XXXXXXX, La retribuzione, ivi, 341; X. XXXXXXXX, Diritto del lavoro, cit., 561.
42 V., in tal senso, X. XXXXXXX, La retribuzione, cit., 367 ss.; X. XXXXXXXXX, La persona del prestatore di lavoro, Xxxxxxx, 1967, 273;
X. XXXXXXXXXXXX, Il lavoro nella Costituzione italiana, in X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Il lavoro nella giurisprudenza costituzionale, Xxxxxx Xxxxxx, 1978, 79-80, 78 ss.; M. DELL’OLIO, Retribuzione, quantità e qualità del lavoro, qualità di vita, Arg. Dir. Lav., 1996, 1 ss., spec. 9; X. XXXXXX, Retribuzione [voce], in Enc. Dir., Xxxxxxx, 1989, XL, 42, 45; X. XXXXXXX, Retribuzione sufficiente ed autonomia collettiva, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 68. Cfr. Cass. 5 giugno 1992, n. 6931.
43 Quale norma “in bianco”, in quanto la “giusta retribuzione” è fissata non in una norma precisa, ma in base a criteri variabili
nel tempo, il cui contenuto è individuato dai giudici desumendolo dal comune sentire, dalla coscienza sociale, v. X. XXXXXXXX,
La certezza del diritto, cit., 898.
44 Il nesso che intercorre tra l’art. 36 e l’art. 39 Cost. rappresenta l’espressa volontà del Costituente di riconoscere una funzione di tutela dei lavoratori non solo alla sfera politica, ma anche in quella sociale, per il tramite dell’azione sindacale (v. X. XXXXXXX, La partecipazione del sindacato al potere politico dello Stato, Riv. Soc., 1971, I, 1 ss.).
ciascuna categoria merceologica, garantendo al lavoratore - in linea di principio generale - il soddisfacimento di un diritto soggettivo alla giusta retribuzione.
Le prerogative costituzionali assumono pur sempre una posizione fondamentale di riferimento, necessarie e inviolabili, immanenti al salario congruo, cosicché le tariffe retributive di base contenute nei contratti collettivi, pur se dotate di ogni crisma di rappresentatività, hanno valore di mero parametro esterno di congruità, ben potendo essere oggetto di contestazione da parte del lavoratore in quanto considerate non conformi alle prescrizioni costituzionali de quibus.
3 – Retribuzione legale e contrattuale: sindacato giudiziale di costituzionalità
Le considerazioni che precedono ci portano a sostenere che sostanzialmente il CCNL rappresenta lo strumento tecnico-operativo, ovvero la fonte primaria per formalizzare il perfezionamento del requisito della proporzionalità del salario, in funzione della definizione della retribuzione giornaliera/oraria e mensile, e della sufficienza, assumendo le clausole economiche, rectius la retribuzione base, il parametro orientativo di riferimento per il soddisfacimento del trattamento economico minimo garantito45.
Il tutto quale diretta conseguenza di un sistema ordinamentale ad oggi ancora incompiuto, riconducibile alla mancata attuazione dei precetti costituzionali contenuti nella seconda parte dell’art. 39 Cost.46, cosicché è per intercessione della magistratura che, dovendo porre dei correttivi ermeneutici necessari all’efficace funzionamento del sistema lavoristico e alla tutela dei lavoratori, anche per motivi di opportunità sociale, ha affermato il ruolo strategico e di parametro di riferimento dei contratti collettivi di settore, o di categoria affine, qualificando così l’art. 36 Cost. xxxxx immediatamente precettiva in quanto direttamente invocabile dal lavoratore nelle sedi giudiziarie per inadeguatezza della retribuzione47.
In particolare, la Cassazione, nel considerare i livelli retributivi dei contratti collettivi idonei a realizzare, per naturale vocazione, le istanze sottese ai concetti costituzionali della proporzionalità e della sufficienza48, ha edulcorato, seppure parzialmente, l’anima privatistica del contratto collettivo, in una prospettiva pubblicistica, riconoscendone di fatto una velata, quanto impropria, efficacia soggettiva ultra partes.
Si tratta di un assioma applicabile a tutti i contratti collettivi, quali espressione dell’autonomia contrattuale, trovando la sua legittimazione normativa nell’art. 39 Cost., cosicché a ciascun agente sindacale è riconosciuto il ruolo di autorità salariale, in relazione sia all’esercizio della libertà e del pluralismo sindacale49, che al fatto che meglio di altri conoscono le dinamiche sempre più fluttuanti del mondo del lavoro.
45 Il contratto collettivo si compone di una parte cd. obbligatoria, che vincola a determinati comportamenti le associazioni dei datori di lavoro e lavoratori stipulanti, e di una parte cd. normativa, quale insieme di norme che producono effetti rispetto alle parti e al contenuto dei contratti individuali di lavoro (cfr. Cass. 5 maggio 2004, n. 8576).
46 Disposizione che non ha mai trovato una sua concreta attuazione evidentemente per il timore che l’acquisizione di personalità giuridica da parte delle associazioni sindacali possa determinare, per relationem, un’ingerenza dello Stato nella loro vita interna.
47 Cfr., ex plurimis, Cass. 18 dicembre 2014, n. 26742.
48 Cfr. Cass. 10 ottobre 2023, n. 28323.
49 Cfr. Cass. 30 maggio 1997, n. 4803; Cass. 18 marzo 1996, n. 2260; Cass. 18 gennaio 1996, n. 382; Cass. 9 luglio 1976, n. 2644; Cass. 8 febbraio 1975, n. 495; Trib. Bologna, n. 263/2007; Trib. Firenze n. 11728/2010.
Invero, in linea di principio, non esistendo nel nostro ordinamento del lavoro, nell’ambito dello stesso settore merceologico, la prevalenza – in termini di efficacia soggettiva - di un accordo collettivo rispetto ad un altro, il trattamento economico complessivo fissato dai CCNL comparativamente più rappresentativi50, pur assurgendo a parametro esterno di riferimento51, non ha valore assoluto ai fini del soddisfacimento della congruità della retribuzione52.
Diversamente, anche qualora fosse il legislatore a riconoscere ai fini retributivi efficacia obbligatoria solo a taluni contratti collettivi, in carenza di un’attuazione delle prescrizioni costituzionali ex art. 39 Cost., si verrebbe a palesare una indubbia situazione di illegittimità.
Possiamo, quindi, giungere a ritenere, con cognizione di causa, su un piano ermeneutico e applicativo, che la retribuzione definita nella parte normativa del CCNL di settore o, in difetto di questo, affine, rappresenta lo standard minimo da assicurare a ciascun lavoratore dipendente54, calibrato in ragione della sua attività lavorativa esercitata in concreto e, dunque, del suo correlato inquadramento contrattuale, purché il medesimo minimum, qualora riconducibile a contratti collettivi non leader, risulti almeno allineato alle clausole economiche di quelli dotati della maggiore rappresentatività comparata55.
Centralità del paradigma comparativo tra le diverse fonti collettive similari e per mansioni identiche che, pur assegnando la patente di affidabilità, ma non per questo attribuendone efficacia soggettiva generale, ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative, rileva una prima manifestazione di crisi e di perdita di appeal del grado di “rappresentatività”, elemento sì sufficiente, ma non necessario a garantire a determinati attori sindacali il ruolo di unica e sovrana autorità salariale per l’affermazione dei principi ex art. 36 Cost..
Attività pratica di raffronto non certamente semplice, stante tra l’altro l’assenza di una definizione
normativa della struttura della retribuzione che permetta, con un minimo di certezza, di
50 In dottrina è stato sostenuto che il filtro selettivo del sindacato maggiormente rappresentativo non è utile ex se per risolvere il conflitto tra contratti collettivi concorrenti (v. A. LASSANDARI, Pluralità di contratti collettivi nazionali per la medesima categoria, LD, 1997, n. 2, 283). In giurisprudenza, secondo cui il giudice individua una nozione di retribuzione applicabile a tutti i rapporti, non necessariamente riferita a uno specifico contratto collettivo, cfr. Cass. 14 dicembre 2005, n. 27591; Cass. 27 luglio 2001, n. 10260.
51 Diversamente da quanto si potrebbe immaginare circa il fatto che la giusta retribuzione ex art. 36 Cost. si identificherebbe sic et simpliciter con la retribuzione fissata dai CCNL comparativamente più rappresentativi, va osservato che la Corte di Cassazione, nonché la stessa giurisprudenza di merito, con una serie di pronunce conformi, ha stabilito che non c’è un parallelismo perfetto tra retribuzione del contratto collettivo e l’equa retribuzione ex art.36 Cost., nel senso che ad esempio non entra a far parte del c.d. “minimo costituzionale” né la quattordicesima mensilità, né gli scatti di anzianità e nemmeno le altre indennità di origine prettamente contrattuale (cfr., Cass. 09 giugno 2008, n. 15148; Cass. 07 luglio 2004, n. 12520; Cass. 13 maggio 2002 n. 6878; Trib. Napoli 17 gennaio 2006; Trib. Torino, 30 aprile 2002).
52 Così, C. Cost. n. 51/2015; Cass. 6 dicembre 2021, n. 38666; Cass. 4 agosto 2014, n. 17583.
53 Cfr. Cass. 20 febbraio 2019, n. 4951. Per un’analisi comparata del trattamento economico e normativo tra diversi sistemi contrattuali, v. X. XXXXXXXXXXX, Anatomia della contrattazione collettiva pirata. Spunti di riflessione da una ricerca sui contratti Cisal e Xxxxxxx, cit., 691 ss..
54 Cfr., ex multis, Xxxx. 9 marzo 2005, n. 5139.
55 Xxx. Xxxxx xxxx. x. 00/0000; Cass. 21 febbraio 2019, n. 5189. In dottrina, X. XXXXXXXXXXX, Il rapporto di lavoro nelle cooperative e nel terzo settore tra contrattazione collettiva e giurisprudenza, MGL, 2019, n. 3, 449 ss.
intercettare gli elementi contrattuali che concorrono a garantire e perfezionare la congruità della stessa.
E’ necessario, pertanto, ricorrere al concetto di “minimo costituzionale”, inteso non quale sommatoria di tutti gli elementi e istituti retributivi tabellati da un precipuo contratto collettivo, tali da caratterizzare il trattamento economico complessivo del lavoratore, ma considerando l’insieme delle sole componenti ordinarie non tipicamente contrattuali, al netto quindi dei compensi aggiuntivi56. Questa asimmetria ermeneutica consente di evitare una plausibile violazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., laddove si andrebbe a riconoscere, illegittimamente, efficacia obbligatoria ad un solo e determinato contratto collettivo57.
4. Le logiche pubblicistiche del grado di rappresentatività sindacale
Quello della maggiore rappresentatività, prima, e della rappresentatività comparata, dopo, rappresentano criteri selettivi che non hanno mai trovato, nel nostro ordinamento e in dottrina59, una loro precipua definizione, dando adito a diverse interpretazioni giurisprudenziali e amministrative che non hanno tuttavia agevolato il lavoro degli operatori del diritto del lavoro.
A partire dal 1996, si è assistito all’affermarsi di un new deal normativo battezzato dalla legge finanziaria60, ispirato da una significativa valorizzazione dell’effettivo consenso come metro di democrazia anche nell’ambito dei rapporti tra lavoratori e sindacato61, sempre più polarizzato sui sindacati (confederali e/o di categoria) “comparativamente più rappresentativi”, in luogo di quelli “maggiormente rappresentativi”62, palesando una voluntas legis orientata a circoscrivere ulteriormente il campo di azione della normativa a sostegno dell’azione sindacale.
56 Il “minimo costituzionale” comprende la retribuzione base o minimo tabellare, l’indennità di contingenza (conglobata), la tredicesima mensilità, escludendo la quattordicesima, gli scatti di anzianità e tutti gli elementi legati alle specifiche caratteristiche della prestazione o alla sua qualità, quali premi di produzione, maggiorazioni e indennità varie (cfr., ex multis, Cass. 27 gennaio 2021, n. 1756; Cass. 20 gennaio 2021, n. 944; Cass. 09 giugno 2008, n. 15148; Cass. 18 marzo 2004, n. 5519; Cass. 17 gennaio
00 X. X. XXXXXXX, Retribuzione dei dipendenti privati [voce], Noviss. Dig. It., App. VI, UTET, 1986, 658.
58 V., anche rispetto ai limiti di una tale differenziazione, che non può sfociare in una vera e propria discriminazione, ovvero condotta antisindacale, X. Xxxxx, Rappresentanza e rappresentatività sindacale, in P. XXXXXX, X. XX XXXXX, X. XXXXX (diretto da), Xxxxxx, Xxxxxxx, 2018, 12 ss..
59 Per un’analisi esauriente, v. F. DI NOIA, Rappresentatività e contratto collettivo, Giappichelli Editore, 2022, 7 ss.; X. XXXXX, xxx, 17 ss.; R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 203.
60 X. xxx. 0, x. 00, x. 28 dicembre 1995, n. 549.
61 Cfr. Corte cost. 26 gennaio 1990, n. 30.
62 Prima dello Statuto dei lavoratori, l’unico riferimento normativo ai fini dell’individuazione dei sindacati maggiormente rappresentativi era rappresentato dall’art. 39 Cost., che individua come unico parametro la consistenza associativa.
Su un piano empirico, il cambio di paradigma selettivo ha assunto sempre più frequentemente una valenza in ragione degli effetti, nel senso o di selezionare gli atti per contrastare il dumping contrattuale, qualora si sia in presenza di più contratti collettivi che insistono nella stessa categoria e territorio, alcuni dei quali sottoscritti da soggetti sindacali di dubbia o non accertata rappresentatività, ovvero per individuare i sindacati legittimati a negoziare in via esclusiva63, tecnica legale di rinvio contenuta non solo nel d.lgs. n. 276/200364, ma ripresa pure dal d.lgs. n. 81/201565, avendo entrambe le norme - come comune denominatore spaziale - il “piano nazionale” quale livello geografico necessario per la misurazione della rappresentatività.
Meccanismo di investitura normativa pubblicistica di alcune sigle sindacali, a discapito di altre, uscito rafforzato eminentemente in funzione della metamorfosi selettiva di cui innanzi, che nasce anche con l’obiettivo di dotare il nostro modello lavoristico contrattuale di un sistema regolamentare “flessibile” di relazione tra la fonte legale e la fonte collettiva, in luogo dell’eteronomia normativa diretta, così da favorire la conformazione delle regole lavoristiche alle fluttuazioni spietate del mercato del lavoro, di carattere sociale, economico e tecnologico.
Ciò è avvenuto nel corso del tempo attraverso la tecnica legislativa della delega mirata di quote di potere pubblico alle parti sociali, sia con finalità ablativa che acquisitiva, in una dimensione di deregolazione controllata66.
Precipuo criterio di selezione degli attori sindacali che, tra l’altro, ha tenuto riguardo alla sua conformazione alla legge costituzionale, in ragione di diverse pronunce del Giudice delle leggi, laddove la norma ordinaria circoscrive specifici diritti e prerogative ai soli sindacati in possesso di una determinata soglia di rappresentatività67, posta al di fuori delle dinamiche di autotutela, anche in funzione di un’ulteriore declinazione della portata immediatamente precettiva dell’art. 39, c. 1, Cost.68.
Con specifico riferimento, poi, al tema in trattazione, ovvero alla rilevanza normativa della retribuzione contrattuale per effetto dell’applicazione mediata ultra partes dei contratti collettivi di categoria, non possiamo sottacere il fatto che già la Carta costituzionale, ex art. 39, c. 469, ha introdotto nel nostro ordinamento repubblicano il concetto di rappresentatività giustappunto per circoscriverne la portata degli effetti giuridici.
63 Il criterio della rappresentatività comparata ha come obiettivo più che l’individuazione di un’unica fonte collettiva per categoria, che porrebbe non pochi problemi di tenuta costituzionale rispetto alla libertà sindacale, ex art. 39, c. 1, Cost., l’identificazione del contratto collettivo che sia presumibilmente capace di realizzare “gli assetti degli interessi colletti vi più efficienti, ampi e stabili” (v. M. D’ANTONA, Il quarto comma dell’art. 39 della Costituzione, oggi, DLRI, 1998, n. 80, 674).
64 V. art. 86, co. 13, d.lgs. n. 276/2003.
65 V. art. 51, d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. In dottrina, v. X. XXXXXXXXXX, La nozione di sindacato comparativamente più rappresentativo nel decreto legislativo n. 81/2015, DRI, 2016, n. 2, 368.
66 Per un’analisi in dottrina dell’evoluzione storica del criterio selettivo, v. G.P. XXXXXXXXXXX, CCNL autonomi e rappresentatività:
quali limiti agli incentivi all’occupazione, RIDL, 2018, Parte terza, n. 1, 90 ss..
67 Rispetto all’identificazione giudiziale degli indici sintomatici della maggiore rappresentatività comparata delle sigle sindacali rilevano: 1) il numero complessivo dei lavoratori occupati; 2) il numero complessivo delle imprese associate; 3) la diffusione territoriale (numero di sedi presenti sul territorio e ambiti settoriali); 4) il numero dei contratti collettivi nazionali sottoscritti (cfr. interpello MLPS 15 dicembre 2015, n. 27).
68 (Cfr. C. cost. 26 gennaio 1990, n. 30; C. cost. 24 marzo 1988, n. 334; C. cost. 6 marzo 1974, n. 54; C. cost. 27 dicembre
1974, n. 290).
69 Così il comma 4: “I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.
Ma come è oramai noto a noi tutti, se non altro agli addetti ai lavori, creando non poche criticità funzionali, si tratta di un precetto che ad oggi – pur non formalizzando una riserva esclusiva a favore della contrattazione collettiva nondimeno ai fini del giusto salario minimo costituzionale
- non ha ancora trovato una sua piena e concreta applicazione per effetto di una legge ordinaria, evidentemente in considerazione di ragioni di carattere politico-tecnico, ovvero del timore da parte delle stesse associazioni sindacali di essere private di quella libertà e autonomia privatistica immanenti al tessuto costituzionale, che non ammette ingerenze statali.
5. La scelta del contratto collettivo
Considerate le analisi che precedono, e venendo così alla scelta del contratto collettivo applicabile in azienda, il datore di lavoro, non affiliandosi ad alcuna organizzazione sindacale firmataria di un dato accordo collettivo70, ovvero non aderendo allo stesso contratto esplicitamente o implicitamente71, è libero di adottare discrezionalmente qualsivoglia contrattazione collettiva72, in teoria anche inconferente rispetto al proprio settore di appartenenza73, pur palesandosi in tal guisa un inquadramento contrattuale del tutto innaturale74.
Tesi, quella dell’autodeterminazione della contrattazione collettiva, tale da poter comportare per il datore di lavoro il ricorso a un contratto collettivo anche di un settore produttivo diverso da quello in cui lo stesso opera, che risulta però mitigata pure dalla circostanza che il riferimento giurisprudenziale al salario contrattuale integra solo una presunzione iuris tantum di conformità alla Costituzione, suscettibile di accertamento contrario75.
70 L’individuazione del contratto collettivo da applicare in azienda è un passaggio che rientra nelle prerogative del datore di lavoro che, qualora non aderisca a una precipua associazione sindacale, è libero di sceglierne – in teoria - anche uno relativo a un settore non corrispondente a quello dell’attività svolta, non trovando applicazione l’art. 2070 c.c. (c.d. inquadramento innaturale). Per un approfondimento in dottrina, v. X. XXXXX, Il contratto collettivo tra libertà di scelta e standard minimi di trattamento, MGL, 2020, n. 4, 965-988; M. RUSCIANO, Contratto collettivo e autonomia sindacale, LD, 1990, n. 3, 355-406. In giurisprudenza, cfr. Cass. 29 luglio 0000, x. 00000; Cass., S.U., 26 marzo 1997, n. 2665). Rispetto alla circostanza che il lavoratore possa condizionare l’individuazione e l’applicazione del contratto collettivo, ovvero possa rifiutarsi di sottoscrivere un contratto individuale di lavoro condizionato dalle clausole di un contratto collettivo sottoscritto da un’organizzazione sindacale alla quale non aderisce, in ragione di un suo diritto al dissenso, v. X. XXXXXXX, Contratto aziendale e dissenso individuale, DRI, 2019, n. 2, 567-591; cfr. Trib. Bologna 12 gennaio 2023. Quale conseguenza di una comune scelta delle parti, v. A. VALLEBONA, Istituzioni di diritto del lavoro, vol. I, Il diritto sindacale, Cedam, 2019, 179; X. XXXXXXXX, Diritto sindacale, Cedam, 2016, 83-84; X. XXXXXX, Diritto sindacale, Xxxxxxx, 2006, 141.
71 Cfr., ex plurimis, Cass. n. 42097/2021.
72 Cfr. Cass. 10 giugno 2021, n. 16376 secondo cui: “nell'ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell'attività svolta dall'imprenditore, il lavoratore non può aspirare all'applicazione di un contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo eventualmente richiamare tale disciplina come termine di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato".
73 Non trova, infatti, applicazione nell’ordinamento giuslavoristico la norma corporativa di cui all’art. 2070 c.c. secondo la quale: ”l’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore” (cfr. Cass., S.U., 26 marzo 1997, n. 2665; Cass. 26 novembre 0000, x. 00000; Trib. Cosenza 14 settembre 2022). L’ambito categoriale di applicazione del CCNL, ovvero l’inquadramento collettivo della categoria, è delimitato dai sindacati firmatari, tramite previsioni contenute, di solito, nella parte iniziale dei CCNL (v. R. DEL PUNTA, Diritto del lavoro, cit., 231).
74 Recentemente, cfr. Trib. Modena 4 ottobre 2022, n. 363. Aspetto confermato mediatamente dalla previsione ex art. 3, l. 3 aprile 2001, n. 142, rispetto al trattamento economico del socio lavoratore, che ha anche l’obiettivo di evitare l’applicazione di un contratto collettivo non coerente con il settore d’attività in cui opera l’impresa cooperativa (cfr. TAR Lombardia n. 2046/2023).
75 Cfr., ex multis, Xxxx. 10 ottobre 2023, n. 28320, secondo cui il lavoratore può invocare un contratto collettivo diverso da
quello di provenienza, non già per ottenerne l’applicazione, bensì come termine di riferimento per la determinazione della
Plausibile paradigma discratico, fondato sulla portata relativa della categoria merceologica, che trova un suo riconoscimento ordinamentale nel nuovo “Codice dei contratti pubblici”77 laddove, in ragione del rispetto del principio - tra i vari fissati dalla medesima legge speciale - della legalità78, la stazione appaltante pubblica ovvero gli enti concedenti possono “imporre”, rectius indicare il contratto collettivo che l’operatore economico è tenuto ad applicare riguardo all’oggetto dell’appalto79, e non invece all’attività economica esercitata dallo stesso80; ma ciò postula che lo stesso accordo garantisca ai lavoratori dipendenti un trattamento economico, in primis, e normativo, poi, in melius rispetto a quello differentemente applicato dall’appaltatore o subappaltatore81.
Emerge, così, su un piano eminentemente sostanziale, un criterio selettivo della fonte collettiva, tale da legittimare l’assegnazione dell’appalto, basato non segnatamente sul carattere soggettivo dell’agente sindacale della maggiore rappresentatività comparata, che resta sì parametro relativo di riferimento, quanto piuttosto su un parametro oggettivo consistente nell’“equivalenza” delle tutele economiche garantite attraverso l’eventuale e diverso CCNL applicato dalle imprese82, affermando in tal guisa il rispetto del principio costituzionale ex art. 39 Cost.83.
Portata dell’equivalenza, però, che risulta essere più ampia di quella richiesta ai fini dell’identificazione della giusta retribuzione di cui ai canoni ex art 36 Cost., dovendosi considerare non solo le clausole economiche, ma anche – in seconda battuta - quelle normative del contratto collettivo84.
giusta retribuzione, deducendo la non conformità costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto collettivo applicato al proprio rapporto di lavoro.
76 Cfr. Cass. 31 maggio 2022, n. 17698; Cass. n. 20216/2021.
77 V. d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36.
78 La norma fa infatti riferimento anche ai principi della trasparenza e della concorrenza (v. art. 1, c. 1, d.lgs. n. 36/2023).
79 Nel senso di poter applicare, l’impresa, un contratto collettivo inconferente rispetto all’attività esercitata, in ragione della circostanza che il bando di gara, per conseguire obiettivi di natura sociale, può assegnare punteggi premiali alle imprese che adottino un dato Ccnl più vantaggioso per i dipendenti, cfr. Cons. Stato 20 ottobre 2021, n. 7053.
80 X. xxx. 00, x. 0, x.xxx. x. 00/0000 secondo cui: “Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione, in conformità al comma 1”. Tra l’altro, con il nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore il 1° luglio 2023, c’è stato il cambio di paradigma rispetto alla scelta del CCNL applicabile, ossia si è passati dal parametro dell’attività prevalente esercitata dall’impresa alle prestazioni strettamente connesse all’oggetto dell’appalto da eseguire (cfr. nota illustrativa Anac 27 giugno 2023, n. 1, 9 ss.).
81 X. xxx. 00, x. 0, x.xxx. x. 00/0000 secondo cui “Gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente”. Questa peculiare norma consente la tenuta giuridica del comma 2, laddove l’obbligo di applicazione di un dato contratto collettivo è mitigato dallo stesso comma 3, in ragione del criterio dell’”equivalenza” delle tutele economiche.
82 Nella prassi, cfr. nota INL 19 aprile 2023, n. 687. Per la verifica dell’equivalenza, che risulta rispettata se lo scostamento si riferisce a non più di due parametri, cfr circ. nota illustrativa Anac n. 1/2023, 12.
83 La stazione appaltante non può imporre un CCNL, ma può legittimamente valutare – ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto
- l’importo della retribuzione in relazione all’art. 36 Cost. (cfr. TAR Lombardia 28 novembre 2023, n. 2830; TAR Campania
84 Precipuo criterio di equivalenza richiesto anche per legittimare il ricorso ai benefici normativi e contributivi (cfr. circ. INL n. 2/2020).
Ritornando al criterio guida giurisprudenziale, affermatosi sino ad oggi, di rinvio – relativo – alle tabelle retributive dei contratti collettivi per attuare il precetto del giusto salario85, va tuttavia segnalato un recentissimo e significativo orientamento ermeneutico, di cui dirò infra, che di fatto sta depotenziando non poco quel punto di equilibrio che era stato raggiunto nel 2015 anche grazie all’intervento del Giudice delle leggi.
Nel merito, la Corte Costituzionale nel porre un inevitabile e opportuno rimedio sostanziale al fenomeno del conflitto tra diversi contratti collettivi operanti nel medesimo settore, ha avuto modo di precisare che il criterio selettivo della rappresentatività comparata degli agenti sindacali comunque rileva – per la valutazione comparativa - per garantire il rispetto dei canoni costituzionali ex art. 36.
Comparazione che deve avvenire non solo sotto un profilo soggettivo, consistente nell’individuazione delle organizzazioni comparativamente più rappresentative, ma anche e – aggiungerei - in primis, sotto un profilo oggettivo, concretizzandosi nella perimetrazione del settore merceologico entro cui verificare la rappresentatività delle sigle medesime.
Si è trattato, in sintesi, di un paradigma giudiziario tale da garantire sul piano operativo, da un lato, il rispetto dei dettami costituzionali in materia di libertà e pluralismo sindacale, e stigmatizzare, dall’altro, il fenomeno del dumping salariale provocato dalla pletora dei cc.dd. contratti pirata87.
6. Il lento declino della funzione economica della contrattazione collettiva
Come abbiamo argomentato innanzi, il trattamento economico minimo fissato dai CCNL di categoria, e non solo, rappresenta unicamente un parametro esterno, indiretto ed orientativo, utile a consentire agli operatori del diritto - con non poche difficoltà - l’identificazione del salario congruo.
Non possiamo, quindi, oggi sostenere in assoluto che esista una coincidenza ovvero un parallelismo perfetto tra la retribuzione contrattuale e quella equa, tant’è che lo stesso valore convenzionale è soggetto ad una presunzione relativa di adeguatezza ai crismi costituzionali.
Per relationem, in caso di conflittualità promossa dal lavoratore che contesti l’insufficienza del suo salario88, la sua quantificazione sarà rimessa alla libera determinazione del giudice del merito, anche svincolandosi da un dato contratto collettivo e a prescindere dal grado di rappresentatività
86 Cfr. App. Torino 6 novembre 2022. Va comunque precisato che la sentenza si limita alla questione meramente contributiva.
87 Così, C. cost. n. 51/2015.
88 Al lavoratore “spetta soltanto l’onere di dimostrare l’oggetto sul quale tale valutazione deve avvenire, e cioè le prestazioni lavorative in concreto effettuate e l’allegazione di criteri di raffronto” (cfr Cass. 2 ottobre 2023, n. 27711; Cass. 4 giugno 2002, n. 8097).
dei soggetti stipulanti89, dovendo agire secondo equità90 e motivare opportunamente e puntualmente la propria decisione91.
Resta, quindi, sempre attuale e saldo il principio esegetico secondo cui i giudici, pur potendo ricorrere in xxx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxx xxxxxx retribuzione definiti nel CCNL92, in ossequio alla discrezionalità e alla riserva di competenza normalmente attribuita alle organizzazioni sindacali e datoriali quali autorità massime salariali, non esime gli stessi da un plausibile intervento correttivo a garanzia della precettività dell’art. 36 Cost.93; ciò a prescindere dall’esistenza o meno di una specifica contrattazione di categoria94.
Laddove l’esito del giudizio dovesse risultare poi negativo, il giudice di prime cure potrà disapplicare
- ex officio - i livelli retributivi con conseguente nullità delle precipue clausole economiche95, e ciò anche nel caso in cui sia una legge a richiamare i precipui valori contrattual-collettivi, come quella in materia di cooperative e in ogni altro settore96, evitando così il perfezionamento di un illegittimo rinvio in bianco alla contrattazione collettiva97.
Tali leggi, infatti, e non potrebbe essere diversamente configurandosi altrimenti un grave vulnus costituzionale, non fissano un salario legale, ma rinviano in via parametrica ai livelli retributivi fissati dai contratti collettivi nazionali di settore, o categoria affine, escludendo il rischio di un’interferenza eteronoma sull’azione sindacale e sulle dinamiche contrattuali, ma anzi con funzione di sostegno e riconoscimento di tale ruolo98.
Di diverso avviso, recentemente, analizzando le ipotesi normative di indicazione dei parametri minimi di comparazione alla luce dell’assenza di un salario minimo per legge, è il magistrato amministrativo della Lombardia secondo cui, poiché l’individuazione del contratto collettivo è prerogativa del datore di lavoro, tranne il caso in cui lo stesso accordo collettivo contenga previsioni contrarie alla legge ovvero riferibili a categorie del tutto disomogenee con quelle in cui opera l’impresa, tale determinazione – quindi anche riguardo alle clausole economiche ivi fissate
89 Cfr., ex multis, Xxxx. 2 agosto 2017, n. 19284.
90 In particolare diverse sono state le situazioni in cui i giudici hanno tenuto conto, anziché dei parametri della contrattazione collettiva, delle dimensioni o della localizzazione dell’impresa, di specifiche situazioni locali o della qualità della prest azione offerta dal lavoratore (cfr. Cass. 13 novembre 2009, n. 24092; Cass. n. 27591/2005).
91 Cfr. Cass. Cass. 1° febbraio 2005, n. 2245.
92 Si tratta, infatti, di una facoltà più che di un obbligo per il giudice (cfr. Cass. n. 5519/2004).
93 Cfr. Cass. 23 giugno 0000, x 00000.
95 Cfr., ex plurimis, Cass. n. 27711/2023.
96 Rispetto alla legislazione speciale per i soci di cooperative, v. sub, nota 25. Rilevano, sulla stessa lunghezza d’onda, le previsioni gemelle relative al Terzo settore, quali l’art. 16 del dlgs 3 luglio 2017, n. 117 (Lavoro negli enti del Terzo settore) e l’art. 13, c. 1, dlgs. 3 luglio 2017, n. 112 (Lavoro nell’impresa sociale), secondo cui i precipui lavoratori “hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”. Va tuttavia precisato che, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi al cod.civ., la lex specialis è insuscettibile di applicazione analogica ad altre fattispecie.
97 Cfr. Cass. n. 38666/2021; Trib. Catania 21 luglio 2023; Trib. Torino 9 agosto 2019, n. 1128.
00 X. X. XXXXXXXX, Xx lavoro per un’esistenza libera e dignitosa: art. 36 Cost. e salario minimo legale, Quest. Giust., 2019, n. 4,21.
99 Cfr. Tar Lombardia 4 settembre 2023, n. 2046. Nel merito, l’intervento giudiziario si è reso necessario, con ciò legittimando l’azione della stessa giustizia amministrativa, in quanto dirimente rispetto all’impugnazione di un provvedimento di disposizione dell’ITL Como-Lecco, con il quale gli ispettori di vigilanza hanno imposto ad una cooperativa, operante nel settore della vigilanza privata, l’applicazione di un precipuo CCNL, i.e. quello Multiservizi, secondo parametri del tutto arbitrari e non sussistenti nella realtà.
Si tratta, in verità, di una decisione ragionevolmente poco sostenibile sul piano giuridico, certamente più conservatrice e conforme alla consuetudine esegetica passata, che va a rilegittimare sic et simpliciter il ruolo della contrattazione collettiva nell’inverare la norma costituzionale, considerato che l’identificazione del giusto salario non può ridursi a un’automatica e supina applicazione delle clausole economiche pattizie, attuando così un imperfetto rinvio in bianco agli stessi accordi; nulla impedisce, invero, che il trattamento retributivo contrattuale di fatto garantito possa risultare fisiologicamente lesivo dei precetti costituzionali.
E’ inevitabile e corretto, pertanto, ritenere la proporzionalità e la sufficienza concetti autonomi e ben distinti dalle intenzioni delle parti sociali, che si concretizzano nella contrattazione collettiva quale risultato delle dinamiche ed esigenze tipiche del settore di competenza.
La verifica spintanea dell’adeguatezza della retribuzione non può, quindi, esaurirsi certamente, per il giudice ordinario, in una mera presa d’atto del contenuto economico della volontà degli agenti sindacali, dovendo spingersi, in ragione dell’indubbia preminenza della Costituzione nella gerarchia delle fonti, in una valutazione sussuntiva più lata, anche in relazione alla stessa Carta costituzionale, così come della volontà del legislatore ordinario.
Non esiste, infatti, nel nostro ordinamento domestico, in funzione della determinazione del salario minimo, una riserva di legge né tantomeno a favore della contrattazione collettiva100. Il fatto di considerare il trattamento economico dei contratti collettivi un mero parametro esterno di orientamento, rispetto al quale il giudice possa discostarsi, anche ex officio, non determina neppure una violazione del principio di libertà e di autonomia sindacale, posto che la materia del contendere è la decretazione della giusta retribuzione, ossia un profilo prettamente individuale del rapporto di lavoro.
Sulla scorta di tali ragionamenti, è certamente condivisibile su un piano giuridico il principio ermeneutico sotteso alla più recente e cospicua posizione nomofilattica, con decisioni alquanto simili101 che, ridimensionando il ruolo costituzionale della contrattazione, enfatizza e declina significativamente il carattere ontologico della sufficienza della retribuzione.
Viene sovvertito l’ordine di priorità – così come avvalorata da giurisprudenza consolidata – dei principi costituzionali della proporzionalità, criterio oggettivo definito dalla parte economica dei contratti collettivi, e della sufficienza, per cui la decisione giudiziaria non potrà esaurirsi nella mera quantificazione della stessa proporzionalità della retribuzione, bensì dovrà tener conto parimenti della sua attitudine a garantire al lavoratore, e alla sua famiglia, una vita libera e dignitosa.
Nel merito, è stato affermato che compete ai giudici, in quanto interpellati dal lavoratore, sindacare la soglia minima del salario giusto costituzionale, anche servendosi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe, al di sotto della quale non può attestarsi la retribuzione contrattuale, data pure la sua immanente e significativa funzione sociale ed essendo gli stessi precetti della proporzionalità e della sufficienza gerarchicamente sovraordinati non solo alla contrattazione collettiva, ma anche alla legge ordinaria102.
100 Cfr. Corte cost. 19 dicembre 1962, n. 106.
101 Cfr. Cass. 10 ottobre 2023, nn. 28320, 28321 e 28323; Cass. 2 ottobre 2023, nn. 27711, 27713 e 27769.
102 Si tratta in definitiva di un orientamento prevalente (cfr, recentemente, Cass. 24 luglio 0000, x. 00000; App. Milano 13 giugno 2022, n. 580; Trib. Bari 13 ottobre 2023, n. 2720; Trib. Catania 21 luglio 2023).
Non solo. La stessa Suprema Corte ritiene utile per il giudice, onde identificare un importo idoneo a garantire un’esistenza libera e dignitosa, spingersi ben oltre gli stessi valori contrattuali e allargare l’indagine valutativa ricorrendo pure ad altri fattori esogeni equitativi quali la soglia di povertà, così come calcolata ogni anno dall’Istat, l’importo della Naspi o della Cig103, o il reddito di cittadinanza104.
In sintesi, tutti elementi e passaggi - contrattuali e non - che possono entrare in gioco per concorrere al raggiungimento degli obiettivi della dignità del lavoro, dell’inclusione sociale e del contrasto alla povertà, ma che, per altro verso, possono generare, sul piano sostanziale, una plausibile eccessiva discrezionalità dell’organo giudicante, un’evidenziazione del relativismo giudiziario, con effetti difficilmente e previamente stimabili, dovendo il giudice appurare che la retribuzione garantita corrisponda ad “una ricompensa complessiva che non ricada sotto il livello minimo, ritenuto, in un determinato momento storico e nelle concrete condizioni di vita esistenti, necessario ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”107.
E’ altrettanto vero, però, che lo stesso magistrato non può comunque spingersi oltre il mero arbitrio, dovendo approcciarsi, in primis, alla contrattazione collettiva con la massima prudenza e rispetto e, laddove se ne discosti, utilizzare un’adeguata motivazione “giacché difficilmente è in grado di apprezzare le esigenze economiche e politiche o sottese all'assetto degli interessi concordato dalle parti sociali”108.
Pur tuttavia, in questo solco, i Tribunali, nel rivendicare ed evocare con decisione un ruolo di garanti primari delle retribuzioni, collocano in seria crisi il meccanismo giurisprudenziale consolidato di adeguamento del salario ex art. 36 attraverso il ricorso agli standard minimi fissati dai contratti collettivi di categoria comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, decretando in tal modo la fine dell’egemonia salariale dei sindacati leader e, dunque, una crisi del sistema interconfederale, manifestando una palese sfiducia non solo nei loro confronti, ma anche per relationem del legislatore.
E’ certamente un intervento di supplenza giudiziaria, meno sensibile alle dinamiche e logiche della contrattazione collettiva, che potrebbe ragionevolmente esorbitare, rendendo evidente il rischio di un notevole soggettivismo giudiziario, andando ben oltre la mera denuncia dell’inerzia
103 Cfr., ex multis, Xxxx. n. 28320/2023.
104 Cfr. Cass. n. 27711/2023.
105 X. xxxxxxxxxxxx x. 00, Xxxxxxxxx UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022, secondo cui: “oltre alle necessità materiali quali cibo, vestiario e alloggio, si potrebbe tener conto anche della necessità di partecipare ad attività culturali, educative e sociali" (cfr. Cass. 2 ottobre 2023, n. 27713).
106 Cfr. Cass. n. 28320/2023.
107 Cfr. Cass. 30 novembre 2016, n. 24449.
108 Cfr. Cass. n. 28320/2023, Trib. Milano, sez. lavoro, 21 febbraio 2023.
Così facendo, la tutela della retribuzione costituzionale diviene di fatto un diritto incalcolabile ex ante, non cristallizzato in valori non negoziabili, con ragionevoli effetti di dilatazione dell’alea dei giudizi, di differenziazioni retributive e problemi operativi, come dimostrano pure i recenti interventi della procura milanese nel settore della vigilanza privata e servizi fiduciari110, che saranno ragionevolmente forieri di un processo inflazionistico del contenzioso, ponendo in evidenza criticità sistemiche sul piano della certezza del diritto e della parità di trattamento economico tra i diversi lavoratori e imprese operanti nella medesima categoria.
7. De iure condendo: il salario minimo, tra legge e contrattazione collettiva
Criticità emersa soprattutto in ragione della crescente proliferazione, sovente nel medesimo settore merceologico, di contratti collettivi, talvolta con ambiti di operatività piuttosto lati, invadendo l’altrui sfera di applicazione, sottoscritti da agenti sindacali spesso improvvisati, privi o quantomeno dotati di un limitato grado di rappresentatività.
Una giungla contrattuale così variegata e contorta, la carenza di punti fermi normativi e, al tempo stesso, la recente affermazione di un indirizzo ermeneutico sempre più calibrato sul concetto sociale di salario costituzionale, pone il meccanismo di mediazione giudiziale sino a oggi utilizzato
- in ragione di una vacatio ordinamentale sul salario minimo - di rinvio alle tariffe economiche dei contratti collettivi, in una condizione di stallo.
Diventa ineluttabile, quindi, affrontare concretamente la spinosità attraverso un intervento del legislatore, auspicato altresì dal contesto ordinamentale sovranazionale, in funzione del conferimento al nostro sistema giuslavoristico di una maggiore certezza applicativa, tutelando al contempo anche la buona fede dei datori di lavoro rispetto alla scelta di un determinato contratto collettivo per regolamentare il rapporto di lavoro dei propri dipendenti.
Sul punto, aspetto pregiudiziale, non può che essere che nel nostro ordinamento del lavoro non esiste alcuna riserva di legge, né tantomeno una esclusiva a favore della contrattazione collettiva, dovendo inevitabilmente e ragionevolmente convenire, al netto di qualunque condizionamento partitico/ideologico, sul fatto che sono le parti sociali i soggetti privilegiati per la determinazione del minimale retributivo in quanto conoscitori puntuali delle specificità e delle dinamiche salariali dei diversi settori merceologici.
109 Circa quest’ultimo aspetto, cfr. Corte cost. n. 51/2015.
110 Per un’analisi del problema rispetto al precipuo CCNL, v. X. XXXXXXX, Servizi fiduciari: gli orientamenti della magistratura sui trattamenti retributivi minimi, Working Paper Adapt, 2023, 11.
111 Il riferimento è alla Cgil, Cisl e Uil.
Questo perché il nostro è un mercato del lavoro storicamente incentrato su un sistema di relazioni industriali e contrattazione collettiva, tant’è che lo stesso legislatore ha enfatizzato, e continua a farlo sempre in più circostanze, il ruolo pubblicistico della contrattazione collettiva, seppure qualificata.
Approccio filosofico della loro promozione che sposa i desiderata europei, contenuti nella recente Direttiva Ue 2022/2041 del 19 ottobre 2022 in materia di salari minimi adeguati nell’Unione europea, laddove si invitano “gli Stati membri a promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva in vista della determinazione dei salari”112, cosicché “la tutela garantita dal salario minimo mediante contratti collettivi è vantaggiosa per i lavoratori, i datori di lavoro e le imprese”113.
Pertanto, pur condividendo - sul piano etico114 - il principio generale contenuto nella recente proposta normativa delle forze politiche di opposizione in Parlamento115, non posso esimermi dal dissentire circa il metodo indicato, che nell’imporre per legge una tariffa minima (che siano 9 euro o altro, per il momento, poco importa), finisce per ingabbiare, rectius condizionare l’azione salariale degli agenti sindacali, prima ancora che dei singoli datori di lavoro.
Allo stesso tempo, la stessa iniziativa di parte politica, oltre a prestare il fianco a plausibili profili di incostituzionalità rispetto l’art. 39 Cost.116, ingenera non pochi problemi parimenti applicativi per via della complessa struttura della retribuzione in Italia - quali voci retributive comprendere nella tariffa minima legale? - e dei diversi parametri utilizzati, volta per volta, dai sistemi di contrattazione collettiva di ciascun settore.
Giova ricordare, tra l’altro, che la strada prospettata del salario minimo legale non trovò concordi neanche i Padri costituenti che, nel corso del dibattito in seno all’Assemblea costituente circa l’art. 36 Cost., in funzione di norma programmatica, non fu ritenuto opportuno fissare una riserva di legge117, palesando così una precisa volontà a non condizionare la modalità che garantisse la giusta retribuzione, se non mediatamente attraverso il meccanismo procedurale ex art. 39 Cost., ad oggi rimasto incompiuto118.
Non può che essere pertanto, la contrattazione collettiva, considerato l’elevatissimo grado di copertura nel nostro Paese, il giusto strumento per determinare il trattamento economico e – aggiungerei – normativo - dei lavoratori, in ragione di un limite oggettivo della legge di adeguarsi nel tempo, sollecitamente, alle inevitabili fluttuazioni del mercato e dei diversi settori merceologici.
Altro punto di forza a favore della contrattazione collettiva è che la stessa, per contrastare la perdita del potere di acquisto dei salari, potrebbe prevedere a livello nazionale elementi integrativi,
112 V. Dir. UE 2022/2041, considerando 6.
113 V. Dir. UE 2022/2041, considerando 23.
114 Anche Xxx Xxxxxxx x’Xxxxxx e la scolastica medievale condividevano la necessità di un salario per contrastare la povertà
(v. XXXX XXXXX XXXX, Rerum Novarum, Lettera Enciclica, par. 34 e 35).
115 V. proposta di legge n. 1275/2023 (leg.19.pdl.camera.1275.19PDL0043880.pdf).
116 X. XXXXXXXXXX, Salario minimo legale, questione salariale e ruolo della contrattazione collettiva, GLav, 2023, n. 32, 10 ss.
117 V. proposta del deputato Xxxxxxx Xxxxxxxxx, secondo cui il testo della disposizione era tale per cui: “Il salario minimo individuale e familiare omissis sono stabiliti dalla legge“ (xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/00x0/00x0/000/xxxxx.xxx?xxx000-000.xxx&0).
118 A onor del vero, non fu segnatamente concorde, nel senso di una riserva normativa assoluta in favore dei sindacati, la Consulta chiamata in causa per decidere in tema di tenuta costituzionale della legge 14 luglio 1959, n. 741, recante "norme transitorie per garantire minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori" (cfr. Corte cost. n. 106/1962).
con finalità perequativa, su base territoriale, affinché il lavoratore possa percepire una retribuzione che abbia pari potere d’acquisto a seconda del luogo in cui viene resa la prestazione.
Diventa necessario, pertanto, confermando così lo spirito sotteso sul tema al testo approvato dal CNEL119, attuare la seconda parte dell’art. 39 Cost., attraverso una legge sulla rappresentanza sindacale che, conferendo ai sindacati registrati il potere di stipulare accordi con un’efficacia pubblicistica, sappia riaffermare il ruolo di autorità salariale delle parti sociali e, per relationem, determinare l’efficacia ultra partes della contrattazione collettiva di categoria.
I contratti collettivi diventerebbero, in tal guisa, vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti al settore merceologico cui lo stesso contratto si riferisce, favorendo il contrasto alla frammentazione delle sigle sindacali e datoriali e alla connessa proliferazione dei contratti collettivi, nonché l'affermazione del principio della certezza del diritto sia per i lavoratori, quanto per i datori di lavoro.
L’efficacia generalizzata dei contratti collettivi consentirebbe così, da un lato, di apprestare un freno alla concorrenza sleale, incoraggiando la competitività delle imprese, dall’altro di affermare la parità di trattamento per i dipendenti anche riguardo alla regolamentazione di ulteriori aspetti inerenti al loro rapporto di lavoro, non solo quelli riconducibili alle clausole economiche, contenuta nella parte normativa degli stessi contratti.
Invero, rileva la circostanza, poco evidenziata nei dibattiti sul salario e dagli addetti ai lavori, che lo stesso accordo collettivo non è eminentemente finalizzato alla determinazione del prezzo del lavoro, in alternativa alla legge, ma in un’ottica sistemica assurge ad una funzione normativa più complessa, intervenendo pure sulla disciplina del rapporto individuale di lavoro, il che vuol dire, previdenza complementare e sanitaria integrativa, regolazione delle forme di lavoro flessibili, delle ferie, del lavoro straordinario o supplementare, del lavoro festivo, delle riduzioni di orario, dell’orario multiperiodale, e così via.
In sintesi, non possiamo non convincerci del fatto che solo attraverso la obbligatorietà dei contratti collettivi, così come evocato in ambito euro-unitario, si riuscirà concretamente a stigmatizzare la competitività dei singoli Paesi perseguita attraverso il dumping sociale, che favorisce anche le delocalizzazioni, con inevitabili impatti negativi sui livelli occupazionali e sulla spesa sociale di alcuni di essi.
119 V. xxxxx://xxx.xxxx.xx/Xxxxxxxxxxxxx-x-Xxxxxx/Xxxxxxx/XxxXXX/000/XxxxxxxXX/0000/XXXXXXX-XXXXXX- ASSEMBLEA-CNEL-APPROVA-DOCUMENTO-FINALE.