Fabrizio Pirelli - Funzionario della Direzione provinciale del lavoro di Modena (*)
Appalto genuino e indici rivelatori
Xxxxxxxx Xxxxxxx - Funzionario della Direzione provinciale del lavoro di Modena (*)
La disciplina del contratto di appalto, d’opera o di ser- vizi, richiede una preventiva analisi dei precedenti nor- mativi che hanno contribuito alla definizione delle at- tuali regole giuridiche applicabili in materia. Il nostro ordinamento prevedeva il divieto di intermediazione e di interposizione di manodopera espressamente disci- plinato dalla legge n. 1369/1960, tentando, per tale via, di reprimere quei fenomeni in cui lavoratori assunti da un datore-intermediario prestavano concretamente la loro attivita` in favore di un altro imprenditore commit- tente. L’art. 1 della predetta legge disciplinava in parti- colare il divieto di appalto di manodopera proprio per scongiurare il rischio che l’imprenditore-utilizzatore, impiegando lavoratori assunti da parte di altro soggetto per lo svolgimento della propria attivita` d’impresa, po- tesse non solo profittare di agevolati regimi normativi, connessi alle ridotte dimensioni aziendali, ma anche sopportare un basso e contenuto costo del lavoro. Se la finalita` sottesa alla legge n. 1369/1960 risiedeva nel- l’indagine volta a verificare le effettive capacita` im- prenditoriali ed organizzative dell’appaltatore, tale logi- ca, nonche´ la disciplina ad essa connessa, comincio`, col passare degli anni, a divenire sempre piu` inadeguata al contesto produttivo in continua evoluzione, ormai ca- ratterizzato da fenomeni di destrutturazione ed esterna- lizzazione dell’impresa (1). I tradizionali vincoli e limi- ti imposti dal legislatore del ’60 all’interposizione ed all’appalto di prestazioni di manodopera vennero miti- gati, e non formalmente abrogati, dall’introduzione del- la disciplina del lavoro interinale o temporaneo, previ- sta dalla legge n. 196/1997. La cd. Legge Treu consen- tiva alle imprese di fornitura di avviare delle prestazioni di lavoro presso altre imprese che fossero in cerca di personale in grado di far fronte alle proprie esigenze produttive dal carattere meramente temporaneo. Tutta- via, come detto, l’introduzione della nuova legge non porto` all’abrogazione dei precedenti divieti in tema di interposizione che, invece, venivano esplicitamente ri- chiamati in caso di illecita fornitura di lavoro tempora- neo. L’art. 1º della legge n. 196/1997 imponeva, infatti, il ricorso alle sanzioni della legge n. 1369/1960 nei ri-
guardi sia dell’impresa utilizzatrice che di quella forni- trice, ree di aver utilizzato lavoratori temporanei in vio- lazione della prescritta normativa al riguardo. Solo con la Riforma Xxxxx si assiste alla formale soppressione dell’originario divieto di appalto di mere prestazioni di lavoro, grazie all’art. 85 del D.Lgs. n. 276/2003, che, al comma 1, lett. c), dispone l’abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 e con essa del divieto generale di fornitura di manodopera a terzi, mantenen- do, tuttavia, un divieto generale riferibile alle ipotesi di somministrazione irregolare (art. 27) e fraudolenta (art. 28), da reprimere in quanto forme illecite poste in esse- re violando le norme a fondamento della somministra- zione regolare, di cui agli artt. 20 e ss. del testo norma- tivo del 2003.
Definizione e natura giuridica Prima di procedere alla disamina della disciplina giu- slavoristica inerente la normativa dell’appalto e conte-
nuta nell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, occorre preli- minarmente fornire una definizione del contratto de quo, facendo leva su profili prettamente civilistici desu- mibili dall’art. 1655 del codice civile, stante l’impre- scindibile interdipendenza delle due materie nella rego- lamentazione delle fattispecie giuridiche. Tale ultima norma definisce l’appalto come «il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi neces- sari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in da- naro». Si tratta di un contratto stipulato tra due soggetti, da un lato il committente, ossia colui che conferisce l’incarico relativo al compimento dell’opera o del servi-
Note:
(*) Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione pubblica di appartenenza.
(1) Xxx Xxxxxxx-Xxxxxxx-Xxxx, Diritto del lavoro, Edizioni giuridiche Xxxxxx, XXII Edizione, pp. 161 e ss.
zio e che rappresenta il soggetto in favore del quale si realizza il risultato finale; dall’altro l’appaltatore, ossia colui tenuto ad eseguire l’opera o il servizio a fronte del pagamento di un corrispettivo, agendo a proprio rischio
e con l’organizzazione dei propri mezzi. E` un contratto
essenzialmente obbligatorio, in quanto deriva a carico di entrambe le parti il dovere di adempiere ad una ob- bligazione di facere, che sara`, appunto, eseguire l’opera o il servizio per l’appaltatore, pagare il corrispettivo in denaro per il committente, elemento quest’ultimo che qualifica ulteriormente il rapporto in essere evidenzian- done il carattere dell’onerosita`. Parte della dottrina ci- vilistica lo definisce contratto commutativo (2), non in- dividuando l’elemento del rischio, dal momento che le prestazioni obbligatorie di entrambe le parti sono deter- minate o determinabili sulla base di criteri prestabiliti e non dovrebbero dipendere da eventi futuri ed incerti. Se, infatti, il sopraggiungere di eventi imprevedibili do- vesse comportare, ad esempio, una variazione del costo della manodopera, l’appaltatore potra` evitare ogni ri- schio chiedendo al committente, ai sensi dell’art. 1664 del c.c., la revisione del prezzo stabilito. In rela- zione ai singoli atti posti in essere dall’appaltatore, il contratto di appalto puo` essere definito ad esecuzione prolungata, in quanto, a differenza della categoria dei contratti di durata in cui ogni singola prestazione sod- disfa l’interesse dell’altra parte creditrice del servizio o dell’opera, nel contratto in esame la soddisfazione del committente avviene solo con l’atto finale di esecu- zione di compimento dell’opera o di prestazione del servizio (3). Per la sua validita`, il contratto di appalto non richiede una particolare forma, essendo normal- mente a forma libera, eccezion fatta per gli appalti re- lativi alla costruzione di navi o aeromobili, per gli ap- palti pubblici e per le autorizzazioni alle variazioni del progetto di cui all’art. 1659, comma 2, del c.c. Infine, si tratta di un contratto intuitu personae relativamente al- l’impresa (4): tale definizione media i due opposti orientamenti della dottrina, che, da un lato, prevede la necessaria autorizzazione del committente a concedere i lavori in subappalto, ai sensi dell’art. 1656 del c.c (5); dall’altro, la possibilita` che l’appalto continui nei con- fronti degli eredi dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 1674
del c.c. (6). E` preferibile, quindi, la definizione inter-
media in quanto l’infungibilita` e` da intendersi non rife- xxxx alla persona fisica dell’appaltatore, ma alla sua im- presa, con particolare riguardo all’organizzazione tecni- ca della stessa.
Requisiti normativi dell’appalto ‘‘genuino’’
Organizzazione dei mezzi necessari ed esercizio del potere direttivo
e organizzativo
La sentenza della Cassazione civile, sez. lavoro, del 23 novembre 2009 n. 24625 (vedi pag. XI), oggetto del presente commento, offre lo spunto per definire ulte- riormente i caratteri identificativi del contratto di appal- to ‘‘genuino’’. La normativa contenuta nell’art. 29, comma primo, del D.Lgs. n. 276/2003, prevede che
«(...) il contratto di appalto, stipulato e regolamentato
ai sensi dell’art. 1655 del codice civile, si distingue dal- la somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che puo` an- che risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del pote- re organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonche´ per l’assunzione, da par- te del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa». In prima battuta occorre evidenziare come la norma in esame sia indirizzata a differenziare l’appalto, discipli- nato dall’art. 1655 del c.c., dalla somministrazione di lavoro sulla base dei due elementi distintivi dell’orga- nizzazione dei mezzi necessari e dell’assunzione del ri- schio d’impresa da parte dell’appaltatore.
In merito al primo elemento caratterizzante un appalto ‘‘genuino’’, si puo` affermare che e` stato normativizzato l’orientamento comune di una serie di pronunce giuri- sprudenziali recenti, secondo cui non sarebbe necessaria la componente materiale nella gestione dell’appalto, so- prattutto in quegli appalti di servizi a ‘‘bassa intensita` organizzativa’’, in cui e` predominante la mera organiz- zazione dei propri dipendenti ad opera dell’appaltatore. Basti pensare ai servizi di natura informatica, struttural- mente privi di materiali forniti dall’appaltatore, per i quali, inoltre, e` spesso difficoltoso individuare non solo l’organizzazione dei mezzi necessari, stante l’immate- rialita` del servizio fornito, ma anche l’esercizio del po- tere direttivo ed organizzativo, in virtu` della natura della prestazione dedotta in contratto. Nella realta` fattuale, pertanto, occorrera` un’indagine analitica volta alla con- creta individuazione dei mezzi necessari riferibili all’ap- paltatore e del soggetto di volta in volta titolare del po- tere direttivo (7). Sulla scia di quanto appena affermato, anche la Direzione generale per l’attivita` ispettiva del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche socia- li (ora Ministero del lavoro e delle politiche sociali) nel- l’interpello n. 77 del 22 ottobre 2009 affermava che
«(...) (8) potra` ritenersi compatibile con un appalto ge- nuino anche un’ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, purche´ la re- sponsabilita` del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all’appaltatore e purche´ attraverso la fornitura di tali
Note:
(2) Xxxxxx, voce Appalto, in Enc.dir., 1958.
(3) Xxxxxx, Xxxxxxx, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1973.
(4) M. D’Auria, Dei singoli contratti, vol.2, Manuale e applicazioni pratiche dalle lezioni di Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx`, 2002, p. 7.
(5) Xxxxxxxxxxxx, L’appalto, Milano, 1967, pp. 54 e ss.
(6) Mirabelli, Dei singoli contratti, in Comm. Utet, Torino 1960, pp. 400 e ss.
(7) X. Xxxxxxxx, L’appalto di servizi, in La Riforma del mercato del lavoro, Commento al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Artt. 1-32), a cura di Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, 2004, pp. 323 e ss.
(8) Interpello, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 22 ottobre 2009 n. 77: «(...) Da quanto sopra argomentato deriva che il solo utilizzo di strumenti di proprieta` del committente ovvero dell’appaltatore da parte dei dipendenti del subap- paltatore non costituisce di per se´ elemento decisivo per la qualificazione del rapporto in termini di appalto non genuino, attesa la necessita` di verificare tutte le circostanze con- crete dell’appalto e segnatamente la natura e le caratteristiche dell’opera o del servizio dedotti nel contratto di modo che, nel caso concreto, (...)», in Dir. prat. lav., 2009, 44, 2559 con nota di X. Xxxxxxx.
mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull’appaltatore stesso».
Il primo comma dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 po- ne l’accento, altres`ı, su una specificazione del requisito dell’organizzazione dei mezzi necessari la quale, in pre- senza di particolari «esigenze dell’opera o del servizio», puo` essere individuata anche nell’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori uti- lizzati nel contratto di appalto. L’esercizio concreto ed effettivo di tali poteri da parte dell’appaltatore e` indice della «genuinita`» dell’appalto, ossia della sua legittima corrispondenza ai parametri normativi. Non e` sempre facile, pero`, appurare con certezza il riconoscimento dell’esercizio di tali poteri in capo all’appaltatore, stante la frequente ingerenza dell’appaltante nello svolgimento dell’attivita`, in relazione alla natura del servizio o del- l’opera da realizzare. Proprio in riferimento al concetto di «servizio» dedotto in contratto, e` opportuno precisare che esso puo` coincidere con qualsiasi fase del ciclo pro- duttivo del committente, in quanto l’affermata autono- mia, sostenuta dalla prevalente giurisprudenza in mate- ria, non e` sinonimo di totale indipendenza dal ciclo pro- duttivo dell’appaltante, ma si riferisce ad una mera dif- ferenziazione rispetto alle fasi del ciclo produttivo prin- cipale del committente (9). Tale argomentazione trova riscontro in una recente sentenza della Cassazione del 23 giugno 2008 n. 17049, secondo cui negli appalti «en- doaziendali», caratterizzati dall’affidamento ad un ap- paltatore esterno di attivita` profondamente inerenti al complessivo ciclo produttivo del committente, vale a di- re i citati appalti di servizi informatici, gioca un ruolo fondamentale, nella determinazione o meno della liceita` dell’appalto, il riconoscimento del soggetto effettivo ti- tolare del potere direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, con necessaria assunzione del re- lativo rischio, non essendo sufficiente la semplice ge- stione amministrativa del personale. A ben vedere tale recente pronunciamento giurisprudenziale non fa altro che anticipare quanto statuito dalla sentenza n. 24625 del 23 novembre 2009 in commento, secondo cui
«non e` lecito l’appalto il cui oggetto consista nel mette-
re a disposizione del committente una prestazione lavo- rativa, lasciando all’appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (retri- buizione, assegnazione delle ferie, assicurazione della continuita` della prestazione mediante le opportune sosti- tuzioni), ma senza una reale organizzazione della presta- zione stessa finalizzata ad un risultato produttivo auto- nomo» (10). Quest’ultimo inciso sottolinea l’importan- za dell’esistenza di una vera organizzazione d’impresa, intesa anche in termini di forza lavorativa ed orientata alla realizzazione di un risultato autonomo, che rimane tale anche se il servizio e` reso sotto una forma di coor- dinamento funzionale e fisiologico tra le due imprese coinvolte nell’appalto, purche´ non si arrivi ad un perma- nente inserimento del personale dell’appaltatore nella compagine aziendale del committente (11).
Pertanto, con riferimento all’esercizio del potere diret- tivo ed organizzativo nei confronti dei lavoratori - qua- le specificazione del requisito dell’organizzazione dei mezzi necessari in presenza di particolari esigenze del- l’opera o del servizio - occorre fornire alcuni criteri pra- tici volti ad accertare l’effettiva gestione del personale,
in relazione a: 1) modalita` operative di lavoro, 2) tempi di lavorazione.
In merito al primo criterio, si potra` parlare di appalto
«genuino» nelle ipotesi in cui sia lo stesso appaltatore a scegliere il numero dei dipendenti necessario ad ese- guire l’opera od il servizio dedotti in contratto, in virtu` delle sue competenze tecnico-professionali che gli con- sentono di stimare le unita` lavorative presumibilmente richieste per adempiere adeguatamente all’incarico as- sunto. Il medesimo ragionamento potra` essere esteso anche alle ipotesi di lavoratori assenti, la cui sostituzio- ne dovra` essere ugualmente appannaggio dell’appalta-
tore. E` quest’ultimo, infatti, il soggetto in grado di va-
lutare la professionalita` del ‘‘suo’’ dipendente assenta- tosi e decidere se, nell’ottica del raggiungimento del ri- sultato produttivo finale, sostituirlo con un altro dipen- dente, appartenente pur sempre alla propria compagine aziendale, in possesso delle medesime o differenti pro- fessionalita`, oppure continuare l’esecuzione dell’opera o del servizio con quel deficit prestazionale venutosi a creare proprio perche´ magari si versa gia` in una fase terminale dell’appalto in cui non e` indispensabile piu` l’apporto lavorativo di quel particolare dipendente.
Per quanto concerne, invece, il criterio inerente i tempi di lavoro, sul presupposto del citato coordinamento fi- siologico-funzionale tra stazione appaltante ed appalta- tore, il committente potrebbe individuare e determinare le fasce orarie di esecuzione dell’appalto, ma, ai fini di una qualificazione in termini di «genuinita`» del contrat- to di appalto, dovra` essere sempre l’impresa appaltatri- ce a fissare il turn over lavorativo (12), selezionando i dipendenti da adibire effettivamente ad ogni turno (13). Pertanto, argomentando a contrario rispetto alle indica- zioni finora suggerite in tema di gestione del personale, allo scopo di attribuire al contratto di appalto il sigillo di
«genuinita`», se ne deduce che i dipendenti dell’appalta-
tore non devono essere soggetti al potere direttivo ed or- ganizzativo dell’appaltante. Tuttavia una parte della dot- trina riconosce che tale assunto vada mitigato, stante il richiamo letterale che lo stesso art. 29 del D.Lgs. n. 276/ 2003 in esame fa alla normativa codicistica, con quanto previsto dall’art. 1662 del c.c., che disciplina il diritto di verifica e di controllo riconosciuto in capo all’appaltan- te nel corso di esecuzione dell’opera (14). Si corre il ri-
Note:
(9) Tuttavia, il concetto di autonomia dell’appaltatore rispetto al committente trova una sua ulteriore definizione anche in un’altra pronuncia giurisprudenziale del Tar Piemonte del 27 giugno 2006 n. 2711, nel senso che «l’organizzazione materiale dei fattori produt- tivi da parte dell’appaltatore deve sottrarsi all’ingerenza del committente», commento di Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Appalto, somministrazione e distacco: interventi della giurisprudenza e del Ministero, in Guida al Lavoro, Il Sole 24 Ore, n. 31 del 28 luglio 2006, pp. 14 e 15.
(10) Sentenza della Cassazione civile, sez. lavoro, del 23 novembre 2009 n. 24625, ripor- tata per intero in calce.
(11) Xxxxxxx, La fornitura di lavoro altrui, in Il Codice Civile - Commentario, diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx`, Milano, 2000, p. 89.
(12) Xxx Xxxxx, Problemi attuali e prospettive in tema di interposizione di manodopera, in
Arg. Dir. Lav., 2002, p. 297.
(13) Sentenza Tar Piemonte del 27 giugno 2006 n. 2711.
(14) Rubino-Iudica, Appalto, in X. Xxxxxxx (a cura di), Commentario del codice civile Scialoja Branca, III Ed., Zanichelli - Il Xxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx-Xxxx, 0000, p. 280.
INSERTO DI DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 7/2010 V
schio, tuttavia, che un pregnante controllo dell’appaltan- te, a fronte di un inconsistente potere direttivo esercitato dall’appaltatore, possa portare alla subordinazione dei lavoratori occupati nell’appalto direttamente nei con- fronti della stazione appaltante.
Assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore
Il contratto di appalto si distingue, altres`ı, dalla sommi- nistrazione di lavoro «(...) per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa», secondo quanto disciplinato dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, primo comma, ultimo periodo. Tale disposizione si di- scosta dalla corrispondente normativa contenuta nella disciplina codicistica, in quanto nel testo della Riforma Xxxxx si presuppone la qualifica di imprenditore per il soggetto appaltatore, diversamente da quanto previsto dall’art. 1655 del c.c. Occorre, innanzitutto, chiarire il concetto di «rischio», elemento costituivo del contratto di appalto ed assorbito nella causa del medesimo. Il «ri- schio» si identificherebbe concretamente nella possibi- lita` di non riuscire a coprire tutti i costi dei macchinari, dei materiali e della manodopera impiegata nell’esecu- zione del contratto in relazione al corrispettivo pattuito, in considerazione del sopraggiungere di eventi in grado di far aumentare le spese da sostenere. Proprio su tale punto, la sentenza della Cassazione civile n. 3754 del 1979 precisava che il concetto di rischio in questione non e` il rischio tecnico-giuridico relativo ai casi fortuiti, bens`ı quello economico, frutto dell’impossibilita` di sta- bilire a priori i costi connessi all’esecuzione del contrat- to d’appalto, con la conseguenza legittima, come si di- ceva, che il soggetto appaltatore potra` incorrere in una perdita in caso di costi superiori al corrispettivo concor- dato. Inoltre, il concetto di rischio riguarderebbe anche la possibilita` di non raggiungere il risultato connesso alla stipulazione del contratto di appalto: in questo sen- so, l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria da par- te dell’appaltante dovra` essere subordinato al raggiun- gimento del risultato produttivo ad opera dell’appalta- tore, e non alla semplice messa a disposizione di presta-
tori di lavoro. E` questo, infatti, un criterio distintivo tra
appalto genuino ed appalto di manodopera: nella prima ipotesi, il committente effettuera` il pagamento del cor- rispettivo pattuito solo a seguito della realizzazione del- l’opera o del servizio dedotti in contratto; nella seconda ipotesi, invece, il corrispettivo verra` comunque ricono- sciuto all’appaltatore per il solo motivo di aver fornito la manodopera, a prescindere dal conseguimento di un risultato.
Quadro complessivo degli indici rivelatori della ‘‘genuinita` ’’ dell’appalto
L’assunto contenuto nella sentenza in commento, se- condo cui l’appalto e` illecito quando l’oggetto del con- tratto consiste nel mettere a disposizione del commit- tente una mera prestazione lavorativa, lasciando all’ap- paltatore solo la gestione amministrativa del rapporto, senza un’effettiva organizzazione della prestazione vol- ta ad un risultato produttivo autonomo, offre lo spunto
per enunciare, oltre a quelli gia` esaminati in preceden- za, una serie di ulteriori indici rivelatori per appurare la genuinita` o meno dell’appalto, indici, anch’essi, frutto dei piu` consolidati orientamenti giurisprudenziali e dot- trinali, finalizzati a perseguire e sanzionare gli appalti illeciti di manodopera. Pertanto, dalla valutazione di ta- li indicazioni, se ne potra` dedurre la conformita` o meno del contratto d’appalto alle norme di legge.
1) Mancanza della qualifica di imprenditore del sog- getto appaltatore: indispensabile ai fini della sussisten- za di un vero e proprio contratto di appalto e` che l’og- getto dedotto in contratto sia posto in essere da un sog- getto che abbia la forma e la sostanza di un’impresa, sia dal punto di vista tecnico, che economico ed organizza- tivo. A ben vedere, anche dopo l’abrogazione della leg- ge n. 1369/1960, esiste un divieto inerente la fattispecie oggettiva dell’interposizione di manodopera e non la qualificazione soggettiva di chi pone in essere tale con- dotta, violando le norme in materia. A tal proposito, in- fatti, sia l’assunto, prima richiamato, della sentenza in commento, sia altre pronunce giurisprudenziali recenti hanno confermato che si e` in presenza di interposizione di manodopera anche nelle ipotesi in cui l’appaltatore e` dotato di una vera e propria organizzazione d’impresa, ma si limita a fornire solo la manodopera, non assu- mendo il benche´ minimo rischio economico in merito alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotti in contratto. (15) Inoltre, per verificare la presenza di un’impresa fittizia, ossia priva di un’autonoma organiz- zazione, e quindi della non genuinita` dell’appalto, soc- corrono ulteriori indici, anch’essi frutto dell’elaborazio- ne giurisprudenziale, e relativi alla deficitaria esperien- za professionale dell’appaltatore nel settore di riferi- mento dell’appalto; la diversita` dell’attivita` svolta dal- l’appaltatore rispetto a quella che il suo dipendente avrebbe dovuto eseguire presso il committente; ed infi- ne, l’inesistenza, nella compagine aziendale dell’appal- tatore, di personale qualificato ed idoneo a svolgere le mansioni connesse alle attivita` appaltate (16).
2) Esercizio del potere direttivo del committente: come si e` gia` detto nelle considerazioni esposte in preceden- za, cui si rinvia, la riscontrata titolarita` in capo al com- mittente del potere direttivo, tipico dell’effettivo datore di lavoro, esercitato sulla materiale esecuzione delle la- vorazioni affidate allo pseudo-appaltatore, e` indice ri- velatore della non genuinita` dell’appalto. Al fine di ren- dere concretamente individuabile tale indice, si segna- lano alcune applicazioni pratiche desunte da numerosi pronunciamenti giurisprudenziali (17) e riscontrabili nella prassi quotidiana, tra cui: la similitudine dell’ora- rio di lavoro tra dipendenti dell’appaltatore e quelli del committente; il pagamento delle retribuzioni dei dipen- denti dell’appaltatore ad opera del committente; la pre-
Note:
(15) Cass. civ., sez. lavoro, 12 marzo 1996 n. 2014, in Dir. prat. lav., 1996, 34, 2460; Cass. civ., sez. lavoro, 2 aprile 1997 n. 3063, in Dir. prat. lav., 1997, 17, 1262.
(16) In dottrina: X. Xxxxxxxxx, Diritto del Lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2000, pp. 134 e ss.; in giurisprudenza: Cass. civ., sez. lavoro, 5 maggio 1979 n. 2580, in Or. giur. lav., 1979, p. 1324.
(17) Tra tanti vedi: Cass. civ., sez. lavoro 23 aprile 1999 n. 4046, in Giust. civ. mass., 1999,
p. 92; Pret. Milano 29 dicembre 1998, in Riv. it. dir. lav.,1999, II, p. 499.
VI INSERTO DI DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO n. 7/2010
senza di un controllo diretto sui dipendenti dell’appal- tatore da parte di preposti del committente; la richiesta di ferie o permessi presentata dai dipendenti dell’appal- tatore direttamente al committente che decide sulla loro concessione, spingendosi anche a disporre un loro eventuale licenziamento; la valutazione degli aumenti retributivi rimessa al committente anche nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore; la scelta del numero dei dipendenti da utilizzare rimessa al soggetto appal- tante; il controllo fiscale e contabile degli adempimenti dell’appaltatore ad opera del committente; l’appaltante cura le relazioni sindacali dei dipendenti dell’appaltato- re; eventuale ridimensionamento dell’organico azienda- le dell’appaltante nell’ottica di inserire stabilmente la manodopera fornita dall’appaltatore.
3) Xxxxx e strumenti del committente: in merito a tale indice, e` opportuno sottolineare e ribadire, sulla scorta di quanto piu` sopra affermato, che non si riscontra un’i- potesi di interposizione di manodopera tutte le volte in cui il committente effettui un conferimento strumentale e di capitali minimo, necessitando, invece, che tale ap- porto debba essere tale da rendere totalmente irrilevante
il contributo organizzativo fornito dall’appaltatore (18). E` una valutazione questa che la giurisprudenza ha piu` volte ribadito con riferimento, in particolare, al settore
del terziario avanzato, in cui gli appalti, specie di servi- zi, si realizzano con l’utilizzo specifico e doveroso di mezzi e strutture di alto valore economico di proprieta` del committente. Non ricorrera`, pertanto, un’ipotesi di interposizione di manodopera nel caso in cui l’appalta- tore, pur essendo fornito di appositi macchinari per l’e- sercizio della propria attivita` autonoma, si avvale degli strumenti dell’appaltante, dal momento che quel parti- colare lavoro richiede l’uso di una specifica macchina o perche´ si richiede l’impiego di capitali e personale. Non vi sara` interposizione illecita nemmeno nel caso in cui il committente fornisca le materie prime a garan- zia della qualita` del prodotto da realizzare o perche´ de- vono essere trasformate dall’appaltatore. O ancora, nel caso dei contratti di appalto di servizi informatici, gia` trattati in precedenza, in cui l’appaltatore esegue l’atti- vita` dedotta in contratto sulle attrezzature fornite dal- l’appaltante (hardware) utilizzando beni immateriali (know how). In tutti questi casi, l’indagine dovra` indi- rizzarsi a verificare l’effettiva consistenza e la non mar- ginalita` dell’apporto organizzativo dell’appaltatore.
4) Qualificazione dell’attivita` lavorativa: fondamenta-
le, ai fini dell’indagine in questione, determinare la na- tura dell’attivita` lavorativa resa. Pertanto, emergera` il carattere della «genuinita`» dell’appalto quando l’attivi- ta` posta in essere rientra tra quelle normalmente fornite dall’appaltatore, rientranti cioe` nel suo tipico oggetto sociale (19). La conformita` del contratto di appalto alle norme in esame si deduce, inoltre, dalla temporaneita` e dalla contingenza dell’opera, ed anche dall’impiego di lavoratori non inseriti stabilmente nella compagine aziendale-organizzativa dell’appaltante. L’appalto sara` genuino, altres`ı, nel caso in cui i lavoratori dell’appal- tatore, impiegati nell’esecuzione dell’appalto, svolgano mansioni differenti da quelle dei dipendenti del com- mittente e nelle ipotesi in cui ci sia un’effettiva distin- zione nella collocazione logistica tra le due compagini lavorative, tale da scongiurare il rischio di una commi-
stione ed interferenza di attivita`. Ed infine, non si potra` considerare illecito un contratto di appalto quando la prestazione lavorativa dei dipendenti impiegati nell’e- secuzione dell’attivita` appaltata non rientra, in maniera esclusiva, negli obiettivi socio-aziendali del commit- tente.
5) Quantificazione ed attribuzione del corrispettivo: il criterio della corresponsione della retribuzione dovuta e` strettamente connesso all’assunzione del rischio d’im- presa da parte dell’appaltatore. Se, infatti, il contributo dell’appaltatore e` «marginale ed insignificante» (20), rivolto cioe` solo a coprire il costo della manodopera utilizzata senza essere suffragato dal necessario potere direttivo sui dipendenti impiegati nell’appalto, questo sara` piuttosto inquadrabile nella fattispecie dell’inter- posizione illecita. La connessione col rischio d’impresa si riferisce ad un corrispettivo parametrato sul costo della manodopera sostenuto dallo pseudo appaltatore, e non stabilito preventivamente in maniera fissa sul ri- sultato da raggiungere, eliminando all’origine, cos`ı, ogni possibile alea casualmente connessa alla natura del contratto. Di sicuro non e` sinonimo di genuinita` dell’appalto il caso in cui e` il committente in prima per- sona a retribuire i dipendenti dell’appaltatore, o presun- ti tali, tenendo conto, altres`ı, nella valutazione dell’im- porto da corrispondere, anche degli oneri previdenziali ed assicurativi connessi alle prestazioni rese. Fatte sal- ve alcune esigenze e caratteristiche specifiche relative all’opera o al servizio dedotti in contratto, qualora il committente determinasse il corrispettivo in base alle ore o alle giornate effettivamente lavorate dai dipen- denti dello pseudo-appaltatore, porrebbe in essere un’i- potesi di appalto illecito, dal momento che la retribu- zione corrisposta secondo tale modalita`, utilizzando il piu` delle volte come base di calcolo l’importo della re- tribuzione oraria dei propri dipendenti, violerebbe il si- nallagma contrattuale che sottende al rapporto obbliga- torio in termini di «compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro», ai sensi del- l’art. 1655 c.c.
Responsabilita` solidale del committente
Ai sensi dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, comma se- condo, «in caso di appalto di opere e di servizi il com- mittente imprenditore o datore di lavoro e` obbligato in solido con l’appaltatore, nonche´ con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovu- ti». La norma in esame, oggetto di modifiche redazio- nali succedutesi nel tempo, si discosta dal contenuto
Note:
(18) Cass. civ., sez. lavoro 31 dicembre 1993 n. 13015, in Dir. prat. lav., 1994, p. 813.
(19) Nel caso concreto, qualora un contratto di appalto sia lecitamente sprovvisto di for- ma scritta, si potra` verificare velocemente la congruita` delle attivita` svolte dall’appaltatore con quelle dedotte in contratto attraverso una visura camerale per controllare l’oggetto sociale dell’impresa.
(20) Cass. civ., sez. lavoro 11 maggio 1994 n. 4585, in Dir. prat. lav., 1994, p. 2698.
piu` ampio previsto nell’abrogata legge n. 1369/1960 che sanciva la parita` di trattamento, retributiva e nor- mativa, per i dipendenti dell’appaltatore in misura non inferiore a quella stabilita per i lavoratori del com- mittente. Si discosta pure dalla parallela disciplina co- dicistica dell’art. 1676 c.c., in cui e` prevista un’azione diretta dei dipendenti dell’appaltatore nei confronti del committente al fine di «conseguire quanto e` loro dovu- to, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda», azione che evidenzia, tuttavia, una tutela di grado inferiore rispetto alla normativa contenuta nel- la Riforma Biagi. In essa, infatti, con la previsione del- l’obbligazione solidale, viene a delinearsi una tutela estesa a tutti i debiti dell’appaltatore, siano essi di natu- ra retributiva che contributiva. Il committente, infatti, xxxx` considerato responsabile non solo per le retribuzio- ni ordinarie e dirette, ma anche per quelle maturate du- rante l’esecuzione del rapporto di lavoro: quindi, tutti i crediti connessi alla normale attivita` lavorativa ed allo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie o ac- cessorie (21).
Gli interventi legislativi successivi all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 276/2003 hanno comportato un’estensio- ne ulteriore della responsabilita` dell’appaltante; difatti, l’art. 35, comma 34, del D.L. n. 223/2006, c.d. «decre- to Bersani», ha previsto il riconoscimento della respon- sabilita` solidale del committente con l’appaltatore an- che per «l’effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente», ossia dei di- pendenti dell’appaltatore utilizzati nell’esecuzione del contratto di appalto.
L’ultima modifica apportata all’art. 29, comma 2º, del D.Lgs. n. 276/2003 e` stata realizzata ad opera della leg- ge n. 296/2006 in virtu` della quale si e` esteso il venta- glio dei soggetti coinvolti nella responsabilita` solidale, comprendendo ora tutti i partecipi alla catena dei su- bappalti. In pratica, l’appaltante e` tenuto in solido sia con l’appaltatore originario, verso i dipendenti di que- sto, che verso i subappaltatori, per i dipendenti di co- storo; a loro volta, appaltatore e subappaltatore, se di- vengono subappaltanti nel contratto di subappalto, sa- ranno tenuti in via solidale con i successivi subappalta- tori per i dipendenti di questi ultimi. Dal canto suo, il lavoratore potra` trovare soddisfazione dei suoi crediti rivolgendosi non solo al suo datore di lavoro, ma a tutti i soggetti coinvolti nella moltiplicazione esponenziale dei subappalti, fino all’originario appaltante. La ratio sottesa a tale sistema di responsabilita` solidale a catena risiede nella volonta` di responsabilizzare ogni soggetto che promuove un fenomeno di decentramento dell’atti- vita`, andando a selezionare parti contrattuali in grado di adempiere correttamente alle obbligazioni scaturenti dai successivi rapporti di lavoro, rimanendo, in caso contrario, direttamente coinvolti in un vincolo di re- sponsabilita` dovuto alle scelte effettuate, che potrebbe ricordare una culpa in eligendo di civilistica memoria. Tuttavia, e` opportuno segnalare anche un orientamento dottrinario secondo cui la norma in esame porrebbe so- lo in capo al committente principale, e non anche in ca- po a ciascun subcommittente nell’ambito della catena dei subappalti, la responsabilita` solidale per gli adempi-
menti relativi alle spettanze retributive e contributive dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appal- to (22).
La responsabilita` solidale ha un limite temporale di due anni dalla cessazione dell’appalto, sulla scia di quanto
previsto nell’art. 4 della legge n. 1369/1960, che, tutta- via, prevedeva un arco temporale inferiore pari ad un anno. Anche sulla scorta di tale rinvio normativo, e` or- mai opinione consolidata che il limite temporale di cui parla la norma e` un vero e proprio termine di decaden- za. Basandosi solo sull’interpretazione letterale della norma, il termine decadenziale varrebbe non solo per i trattamenti retributivi, ma anche per i contributi previ- denziali dovuti ai lavoratori (pur se con una poco cor- retta indicazione redazionale, in quanto i contributi non vanno corrisposti direttamente ai lavoratori ma pagati agli istituti previdenziali). Tuttavia, la sentenza della Corte di Cassazione del 17 gennaio 2007 n. 996, pur se incentrata su una problematica connessa all’abrogata legge n. 1369/1960, detta un principio generale secon- do cui «l’art. 4 della legge 23 ottobre 1960 n. 1369, che pone il termine di decadenza di un anno dalla cessazio- ne dell’appalto per l’esercizio dei diritti dei prestatori di lavoro, dipendenti da imprese appaltatrici di opere e servizi nei confronti degli imprenditori appaltanti - pur facendo riferimento, oltre che ai diritti al trattamen- to economico e normativo, anche al diritto di pretende- re l’adempimento degli obblighi derivanti dalle leggi previdenziali - limita l’ambito di efficacia del suddetto termine ai diritti suscettibili di essere fatti valere diret- tamente dal lavoratore, non potendosi invece estendersi l’efficacia della disposizione legislativa ad un soggetto terzo, quale l’ente previdenziale, i cui diritti scaturenti dal rapporto di lavoro disciplinato dalla legge si sot- traggono, pertanto, al termine annuale decadenziale». Quindi volendo accogliere, in via analogica, quanto statuito dalla Corte di Cassazione in tema di contributi previdenziali, se pur con riferimento, si ripete, all’abro- gata legge n. 1369/1960, il termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell’appalto varrebbe solo per i crediti retributivi, rimanendo sottoposto all’ordinario termine prescrizionale la riscossione dei crediti previ- denziali ed assistenziali connessi alla prestazione lavo- rativa.
Un’eccezione normativamente prevista nel D.Lgs. n. 276/2003 e` quella contenuta nel comma 3-ter dell’art. 29, secondo cui, salvo quanto previsto negli articoli re- lativi alle sanzioni (artt. 18 e 19), le disposizioni in te- ma di responsabilita` solidale del committente non si ap- plicano qualora quest’ultimo sia una «persona fisica che non esercita attivita` di impresa o professionale».
Profili sanzionatori
Qualora si dovesse accertare la non genuinita` del con- tratto di appalto, in quanto realizzato in violazione dei
Note:
(21) X. Xxxxxxxx, xx.xxx., x. 000.
(22) Tra gli altri: I. Xxxxxx, Il regime delle responsabilita` negli appalti, in Gdlri, 2007, p. 528 e ss.
requisiti previsti dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, si applicheranno le disposizioni in tema di somministra- zione irregolare e fraudolenta, configurandosi un’ipote- si di interposizione illecita di manodopera, ai sensi del- l’art. 84 del predetto decreto. In tal caso verrebbe rico- nosciuta al lavoratore impiegato nell’appalto la possibi- lita` di chiedere giudizialmente la costituzione del rap- porto di lavoro alle dipendenze del soggetto commit- tente, ossia del soggetto che ha esercitato nei suoi con- fronti i poteri tipici del datore di lavoro, utilizzandone effettivamente la prestazione, cos`ı come previsto dal comma 3-bis dell’art. 29, del decreto in esame, che ri- chiama in toto le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del- l’art. 27 in tema di somministrazione irregolare.
Pertanto, ai sensi dell’art. 18, comma 5-bis, del decreto del 2003, «nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, comma 1, (...), l’utilizzatore e il sommini- stratore sono puniti con la pena dell’ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione», prevedendo un importo sanzionatorio di carattere penale a carico di committente ed appalta- tore simile a quello prescritto nei commi 1 e 2 del me- desimo art. 18, in tema, appunto, di somministrazione irregolare. Il contratto di appalto non genuino evidenzia una corresponsabilita` delle parti che lo hanno stipulato, configurando un’ipotesi di reato plurisoggettivo pro- prio. Entrambe le parti, infatti, hanno posto in essere una condotta in violazione delle norme sancite dal de- creto n. 276/2003, e precisamente, il committente, uti- lizzando illecitamente una somministrazione di lavoro, l’appaltatore, fornendo manodopera senza la prescritta autorizzazione ministeriale: tale duplicita` di comporta- menti, confluente, tuttavia, nell’unita` del motus psico- logico di entrambe le parti alla realizzazione della fatti- specie illecita, giustifica l’applicazione per esse della medesima sanzione penale.
Certificazione del contratto di appalto
Oltre agli indici forniti dall’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, per verificare gli elementi distintivi tra appalto e somministrazione il legislatore del D.Lgs. n. 276/2003 fornisce uno strumento normativo finalizzato a tale scopo e previsto nell’art. 84, rubricato, infatti, «interposizione illecita e appalto genuino». La procedura di certificazione menzionata puo` essere uti- lizzata sia nella fase di formazione del contratto sia in quella di esecuzione ed attuazione del programma con- trattuale. A ben vedere, tale procedura tipizzata potreb- be dissipare i dubbi circa la legittimita` di un appalto re- lativo ad attivita` c.d. smaterializzate, si pensi ai citati servizi informatici, in cui e` opportuno individuare cor- rettamente il soggetto appaltatore che assume l’incarico di eseguire un’opera o un servizio connotati da elemen- ti prettamente personali. Infatti, quando l’attivita` viene svolta da soggetti autorizzati dal Ministero del lavoro in qualita` di Agenzie per il lavoro di somministrazione, nel rispetto dei limiti legali imposti dagli artt. 20 e 21 del predetto decreto, il contratto non avra` bisogno di al- cuna certificazione, dal momento che xxxx` proprio la procedura di autorizzazione ministeriale allo svolgi-
mento di tali attivita` a garantire le parti contraenti. Per converso, se l’attivita` fornita consiste sostanzial- mente ed esclusivamente nell’apporto personale e pro- fessionale dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del- l’appalto, e la legittimita` del contratto stipulato si puo` desumere da un’effettiva organizzazione della presta- zione lavorativa ad opera del soggetto appaltatore, allo- ra, in questi casi, la certificazione sara` utile al fine di garantire la certezza degli accordi tra le parti in ordine ai regolamenti ed ai programmi negoziali. La procedura di cui all’art. 84 non potra`, quindi, essere orientata alla tradizionale certificazione dei rapporti di lavoro, valu- tando, appurando ed appunto certificando la corrispon- denza tra quanto programmato tra le parti e quanto ese- guito nella realta` concreta, dovendo, piuttosto, concen- trarsi sulla validita` dell’accordo iniziale instaurato tra le parti per fornire un’adeguata qualificazione del sogget- to appaltatore, relativamente a quelle lavorazioni prima richiamate (23).
Occorre segnalare, inoltre, che la procedura di certifica- zione avente ad oggetto la liceita` di un contratto di ap- palto differisce notevolmente rispetto alle conseguenze tradizionali riscontrabili in relazione ad altri contratti. In particolare, se l’avvenuta certificazione di un rappor- to di lavoro, si pensi ad un contratto a progetto certifi- cato, impedisce l’applicazione delle sanzioni ammini- strative conseguenti ad un eventuale accertamento ispettivo, cio` non avverra` nelle ipotesi di un contratto di appalto certificato risultato poi illecito che, come detto, identificandosi in un’ipotesi di interposizione il- lecita di manodopera, fa scattare le relative sanzioni pe- nali. Orbene, stante il principio giuridico fondamentale dell’obbligatorieta` dell’azione penale, l’eventuale certi- ficazione intervenuta non potra` impedire agli organi ispettivi la trasmissione della doverosa notizia di reato al magistrato per l’apertura dell’opportuno procedimen- to penale.
Risvolti pratici
In conclusione, si propongono alcune riflessioni sulla possibilita` di eseguire le lavorazioni affidate in appalto a mezzo di lavoratori distaccati o tramite lavoratori a progetto.
In merito alla prima ipotesi, il Ministero del lavoro, con risposta ad interpello del 13 luglio 2006 (24), e` interve- nuto sulla questione relativa alla possibilita`, per un’im- presa aggiudicataria di un appalto pubblico, di avvaler-
Note:
(23) X. Xxxxxx, Il nuovo istituto della certificazione dei contratti di lavoro, in Mass. giur. lav., 2003, pp. 124 e ss.
(24) Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Risposta ad interpello 13 luglio 2006, prot. n. 25/I/0001565: «L’istituto del distacco, fermi restando i requisiti essenziali per farvi ricorso - cioe` la temporaneita` del distacco e l’interesse del distaccante, che puo` corri- spondere a qualsiasi interesse produttivo non coincidente con la mera somministrazione di lavoro - ha un campo di applicazione ampio e trasversale. In presenza dei citati requisiti, il lavoratore e` ammesso ad effettuare la propria prestazione lavorativa a beneficio di un soggetto che non e` il proprio datore di lavoro, il quale resta comunque obbligato al ri- spetto degli obblighi retributivi e contributivi. Non sembra giustificato il timore di una in- sufficiente tutela del lavoratore distaccato per la mancata applicazione di disposizioni in materia di appalto, fra cui, ad esempio, l’art. 18, comma 7, della legge n. 55/1990».
si di lavoratori distaccati da altra impresa per l’esecu- zione dell’appalto. Il quesito sollevava la problematica di un’eventuale violazione delle norme poste a tutela delle condizioni di lavoro negli appalti pubblici, ossia l’art. 8, comma 7, della legge n. 55/1990 (25), e l’art. 36 dello Statuto dei lavoratori (26). Il Ministero ha af- fermato che l’utilizzo dell’istituto del distacco nell’am- bito di un appalto pubblico non comporta un contrasto con le predette norme, in virtu` del previsto riconosci- mento di tutele simili a quelle contenute nelle norme oggetto di presunto contrasto. Prova ne sia che l’impre- sa distaccataria-utilizzatrice delle prestazioni di lavoro e` tenuta al rispetto dei medesimi obblighi di sicurezza e prevenzione previsti per i propri dipendenti. Nel cor- po dell’interpello il Ministero ha inoltre specificato che, nell’ipotesi di ricorso al distacco di manodopera, non si applica il regime autorizzatorio per il subappalto ne´ quello di comunicazione, entrambi previsti dall’art. 18, comma 12, della predetta legge n. 55/1990: tali adempimenti, infatti, riguardano, rispettivamente, le autorizzazioni relative agli esecutori di subappalti dota- ti di organizzazione propria dei mezzi e gestione a pro- prio rischio, laddove, invece, i lavoratori distaccati so- no inseriti nella compagine imprenditoriale dell’appal- tatore, anche sotto il profilo gerarchico; non si appli- chera` nemmeno il regime delle comunicazioni, previsto per tutti quei subcontratti diversi dall’appalto ma fun- zionalmente connessi ad esso. Resta inteso che si potra` procedere al ricorso al distacco solo previa valutazione della sussistenza dei requisiti cardine dell’istituto preso in considerazione, ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003, ossia la temporaneita` del distacco e l’interes- se del distaccante, in assenza dei quali si ipotizzerebbe la ricorrenza di un caso di somministrazione irregolare ai sensi del citato art. 27 (27).
Relativamente alla seconda ipotesi, ossia l’utilizzo esclusivo di lavoratori a progetto nell’esecuzione di un contratto di appalto, e` opportuno preliminarmente evidenziare il ruolo svolto da tali lavoratori all’interno di una compagine aziendale. Secondo alcuni orienta- menti giurisprudenziali, nell’ambito di un’impresa co- stituita prevalentemente da forza lavoro a progetto, oc- corre verificare se, sottratti idealmente tali lavoratori, residui un’effettiva organizzazione dei mezzi d’impresa in capo all’imprenditore in termini di unita` lavorative, tale da consentirgli di realizzare comunque le attivita` connesse alla sua qualifica. Se l’indagine dovesse dare esito negativo, non si potrebbe parlare piu` di imprendi- tore secondo la formulazione che ne da` il codice civile all’art. 2082, «chi esercita professionalmente un’attivita` economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi». Pertanto, il venir meno della qualifica di imprenditore impedirebbe al soggetto
«appaltatore» di stipulare e di partecipare a contratti di appalto genuini, sulla scorta di quanto previsto dall’art. 29 del decreto n. 276/2003 che annovera, come si e` vi- sto prima, tale qualifica tra gli indici rivelatori della li- ceita` del contratto. Alla luce di tali considerazioni, a pa- rere di chi scrive, non sarebbe ipotizzabile il ricorso esclusivo a lavoratori a progetto per eseguire delle la- vorazioni affidate in appalto, dal momento che man- cherebbe l’elemento dell’eterodirezione dei lavoratori, trattandosi, infatti, di lavoratori che, per previsione nor-
xxxxxx, dovrebbero godere di un’autonomia gestionale ed operativa nello svolgimento e nel raggiungimento del loro progetto, e che pertanto non potrebbero essere subordinati gerarchicamente ai poteri direttivi dell’ap- paltatore, facendo, cos`ı, venir meno l’elemento indi- spensabile dell’organizzazione dei mezzi necessari.
Note:
(25) «L’appaltatore di opere pubbliche e` tenuto ad osservare integralmente il trattamen- to economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si svolgono i lavori».
(26) In virtu` di tale articolo, si riconosce la concessione di benefici a favore di quegli im- prenditori che applichino ai loro dipendenti «condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona».
(27) X. Xxxxxxx, Appalto, somministrazione e distacco: interventi della giurisprudenza e del Ministero, in Guida al Lavoro, Il Sole 24 ore, 2006, n. 31/2006, pp. 15 e 16.
La sentenza
Cassazione civile, sez. lav., 23 novembre 2009, sentenza n. 24625
Fatto
Il Tribunale di Napoli, pronunciando sugli appelli - riuniti - di Ferrovie dello Stato Spa (poi Rete ferroviaria italiana Spa) e di Sogaf Srl, proposti contro la sentenza del Pretore della stessa sede in data 1 ottobre 1998, rigetta l’impugnazione dell’azienda ferroviaria e conferma la decisione di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato che tra la Sogaf Srl, di cui R.A. era formalmente dipendente, e le Ferrovie dello Stato Spa era intercorsa una illecita interposizione di manodopera e che dal 26 giugno 1995 si era costituito tra questo soggetto e le Ferrovie dello Stato un rapporto di lavoro subordinato con la qualifica professionale di ausiliario di stazione, con la condanna in via generica dell’azienda al pagamento delle differenze retributive;
in accoglimento dell’appello della Sogaf Srl, rigetta la domanda di condanna del soggetto interposto, in solido con l’azienda ferro- viaria, all’adempimento dei crediti rivendicati dal lavoratore.
Limitatamente alle questioni rilevanti nel giudizio di legittimita`, i giudici di appello pongono a base della decisione il rilevo che dalla emergenze istruttorie risultava che le prestazioni lavorative rese, in virtu` di un contratto di appalto stipulato tra la societa` Ferrovie dello Stato e la societa` Sogaf, dagli addetti, quale il R., ai passaggi a livello e formalmente dipendenti da quest’ultima societa`, erano dirette in via gerarchica esclusivamente da dipendenti delle ferrovie ed inserite nel ciclo produttivo dell’azienda ferroviaria, dopo apposita formazione condotta dalle Xx.Xx., mentre la Sogaf, coerentemente del resto con il proprio oggetto sociale, non aveva fornito alcun apporto di beni o comunque organizzativo volto alla gestione reale delle prestazioni lavorative.
Il ricorso di Rete ferroviaria italiana Spa si articola in unico, complesso, motivo. Resiste con controricorso R.A.
Sogaf Srl non svolge attivita` difensiva.
Diritto
Con l’unico motivo la societa` ricorrente richiama in xxx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxx, xx xxxxxxx di appalto ex legge n. 1369 del 1960, di un contrasto giurisprudenziale, e quindi la necessita` di un intervento delle Sezioni unite, segnato rispettivamente dalle sentenze nn. 12363/2003 e 12664/2003 «sembrando» la prima, a differenza della seconda, escludere che la organizzazione e la direzione dei la- voratori impiegati possa integrare il presupposto di legittimita` dell’appalto; deduce, quindi, violazione ed errata applicazione della legge n. 1369 del 1960, artt. 1 e 3, dell’art. 2094 c.c., e dell’art. 115 c.p.c. Richiama in proposito, a conforto della denuncia, di aver esposto precise argomentazioni in ordine rispettivamente al pagamento da parte di Xxxxx alle Ff Ss dei corrispettivi per visite sani- tarie;
alle penalita` previste per l’esecuzione dei contratti di appalto e alla cauzione a garanzia dell’esatto adempimento degli obblighi con-
trattuali.
Ribadisce, poi, la genuinita` economico imprenditoriale dell’appaltatore ed il rischio assunto nell’esecuzione dell’appalto come con- fermato dal contratto di appalto; l’apporto di mezzi strumentali da parte dell’appaltatore e la insussistenza di una fornitura di capitali, macchine ed attrezzature da parte dell’appaltante come emerso dal libero interrogatorio delle parti e dalle prove testimoniali; l’au- tonomia organizzativa dell’impresa appaltatrice nei rapporti con i propri dipendenti secondo quanto documentato ed emerso nel corso del giudizio di primo grado con particolare riferimento alla circostanza che presso i passaggi a livello era presente un respon- sabile della ditta appaltatrice al quale i dipendenti della stessa societa` dovevano render conto e riferire di ogni vicenda relativa alla loro prestazione lavorativa (assenze, ferie, avvicendamenti, sostituzioni, ecc); la non omogeneita` tra le mansioni che il ricorrente assume di aver espletato e l’inquadramento rivendicato di ausiliario di stazione per il quale il Ccnl 90 - 92 prevede mansioni ben piu` ampie e complesse rispetto a quelle indicate da controparte.
Xxxxxx, quindi, la societa` ricorrente che il giudice di appello pur «riferendo di alcune emergenze istruttorie del primo grado, ne ha del tutto omesso un esame critico ed ha trascurato le analitiche considerazioni esposte nel ricorso di appello. Assume che la liceita`
dell’appalto va desunta dalla presenza di un effettivo rischio d’impresa a carico dell’appaltatore, di una reale organizzazione di que- st’ultimo e dalla sua titolarita` dei poteri direttivi e di coordinamento dei lavoratori. Occorre guardare, precisa, soltanto alla reale organizzazione del fattore lavoro da parte dell’appaltatore, organizzazione che si traduce nella predisposizione di turni di lavoro,
nella garanzia di presidio e di compimento di attivita` nella direzione controllo dell’attivita` del personale, nell’esercizio disciplinare. E` emerso nel giudizio di merito, secondo la societa`, che «FS era assolutamente estranea, non solo, come riduttivamente afferma la
Corte, al pagamento delle retribuzioni, alla predisposizione di turni di lavoro ed alla gestione dei permessi e ferie, ma anche ad aspet- ti del rapporto ben piu` significativi: scelta dei lavoratori da assumere, rapporto disciplinare che correva soltanto tra la Sogaf ed i lavoratori».
Il giudice dell’appello considera non rilevante tale ultimo aspetto, pur affermando che il potere disciplinare e` strettamente collegato a quello gerarchico direttivo, fraintendo altres`ı dati documentali acquisiti agli atti univocamente emergenti nell’istruttoria di primo grado.
Specifica, infine, che la direzione tecnica riguarda unicamente la regolarita` dell’esecuzione dell’appalto e non la singola prestazione lavorativa.
La Corte giudica non fondate le questioni poste dal ricorso, come del resto gia` ritenuto in numerose controversie analoghe, con-
cernenti tutte la stessa vicenda dell’appalto Sogaf (Cass. n. 6337/2009, n. 6215/2009, n. 5724/2009, n. 5648/2009, n. 3209/2008, n. 21010/2007, 17897/2007, n. 18281/2007, n. 18244/2007, n. 18282/2007, n. 11103/2007, n. 13363/2003). Nei richiamati precedenti, si esclude innanzitutto la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza, atteso che, comunque, la sentenza n. 12363/2003 si fonda proprio sul consolidato orientamento, secondo cui non e` lecito l’appalto il cui oggetto consista nel mettere a disposizione del com- mittente una prestazione lavorativa, lasciando all’appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (retribuzione, assegnazione delle ferie, assicurazione della continuita` della prestazione mediante le opportune sostituzioni), ma senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.
Sulle censure sollevate dalla ricorrente, i medesimi precedenti osservano che, in tema di appalto endoaziendale avente ad oggetto
(segue)
(continua)
prestazioni lavorative con particolare riferimento ai servizi affidati dalle Xx.Xx. ad imprese esterne, l’indirizzo che esprime la giuri- sprudenza di legittimita` e` nel senso che, in caso di impiego di manodopera negli appalti concessi dalle Ferrovie dello Stato succes- sivamente all’entrata in vigore della legge n. 210 del 1985, e` da escludere che l’operativita` del generale divieto previsto dalla legge n. 1369 del 1960, art. 1, sia stata limitata dalla disciplina speciale e posteriore introdotta dalla citata legge n. 210 del 1985, art. 2, lett. i), nella parte in cui ha conferito ampio rilievo alle finalita` di economicita`, ed efficienza dell’organizzazione delle Ferrovie dello Stato e alle conseguenti esigenze di elasticita` e flessibilita` nella dislocazione dei servizi e del personale.
In ordine alla precisazione dei limiti in cui opera il divieto di intermediazione, l’esame della elaborazione giudiziale di legittimita` for- matasi sul tema consente di cogliere, specie nella produzione piu` vicina, un elemento comune rappresentato sostanzialmente dal rilevo che l’appalto di cui si discute e` illecito tutte le volte in cui non e` l’appaltatore a gestire concretamente il rapporto di lavoro, bens`ı l’appaltante. La violazione del divieto, quindi, si configura nel caso in cui l’appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione di una prestazione lavorativa, attribuendo all’appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, senza una reale orga- nizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, ed ancora secondo il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro (legge 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1), in riferimento agli appalti ‘‘endoaziendali’’, carat- terizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attivita`, ancorche´ strettamente attinenti al complessivo ciclo produt- tivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, ri- manendo in capo all’appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, piani- ficazione delle ferie, assicurazione della continuita` della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. Neppure e` necessario, per aversi intermediazione vietata, che l’impresa appaltatrice sia una impresa fittizia, essendo invece sufficiente che la stessa non fornisca una propria organizzazione di mezzi in relazione al particolare servizio.
Invero, una volta accertata l’estraneita` dell’appaltatore all’organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell’esecuzione dell’ap- palto e` del tutto ultronea qualsiasi questione inerente il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo rimanendo, comunque, esclusa da parte dell’appaltatore, per la rilevata estraneita`, una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.
Correttamente, quindi, i giudici di appello, nella sentenza impugnata, hanno dato rilievo fondante, ai fini della verifica della liceita` o
meno dell’appalto dedotto in giudizio, alla concreta gestione del rapporto di lavoro instaurato dal lavoratore formalmente con la Sogaf e hanno accertato, in base alle risultanze istruttorie, con valutazione di merito assistita da motivazione sufficiente e non con- traddittoria e pertanto non censurabile con ricorso per Cassazione, che la prestazione del lavoratore intimato era nella disponibilita` della societa` ricorrente che la dirigeva e ne verificava il regolare espletamento. Pertanto in coerenza con tale accertamento di fatto i giudici di secondo grado hanno ritenuto integrata la fattispecie dell’illecita interposizione nella prestazione lavorativa, vietata dalla legge n. 1369 del 1960, art. 1, applicabile ratione temporis.
Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimita` seguono, per quanto riguarda la parte
intimata costituita, la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo con attribuzione al difensore del controricor- rente che ha dichiarato di averne fatto anticipo. Nulla deve disporsi con riferimento alla parte intimata non costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte costituita delle spese del giudizio di legittimita` liquidate in euro 25,00 oltre euro 2.000,00 per onorari, spese generali, Xxx e Cpa., con attribuzione all’avv. Xxxxxxxx Xxxxx. Nulla per le spese con riferimento alla parte intimata non costituita.