CIRCOLARE 30 DEL 04 11 2019
d o t t C a s t a g n e t t i I v a n
REDDITO DI IMPRESA –SINTESI DI ALCUNE CASISTICHE SUL PRINCIPIO DI DERIVAZIONE RAFFORZATA
- Premi dipendenti e/o rinnovi contrattuali
- Perdita su crediti e fallimento del debitore all’inizio dell’esercizio successivo
- Contributi su locali affittati
- Transazioni legali all’inizio dell’esercizio successivo
- Lodi arbitrali – contenzioso legale
- Commissioni di intermediazione con causa sospensiva o risolutiva
- Diritto di superficie
- Fatti avvenuti dopo chiusura esercizio
- Indennità suppletiva agenti
- Perdite su crediti
- Eliminazione di attività inesistenti
- Rent to buy
- Operazioni in valuta
- Tfm amministratori
- Lavori in corso ultrannuali
PRINCIPIO DI DERIVAZIONE RAFFORZATA
AMBITO DI APPLICAZIONE
Il principio di derivazione rafforzata si applica:
- ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali, già a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in xxxxx xx 00.00.0000, 2008 per i soggetti "solari" (art. 1 co. 61 della L. 244/2007; art. 15 co. 1 del DL 185/2008, conv. L. 2/2009);
- ai soggetti che redigono il bilancio in base alle disposizioni del codice civile diversi dalle micro imprese, con riguardo ai componenti reddituali e patrimoniali rilevati in bilancio a decorrere dall'esercizio successivo a quello in xxxxx xx 00.00.0000, 2016 per i soggetti "solari" (art. 13-bis co. 5 del DL 244/2016 convertito
REGOLA GENERALE : Con il principio di derivazione rafforzata i costi ed i proventi imputati a conto economico nel rispetto di corretti principi contabili rispondenti a
a) criteri di qualificazione,
b) classificazione e
c) imputazione temporale,
assumono rilevanza fiscale anche in deroga a previsioni diverse del Tuir.
Al contrario, quando parliamo di criteri valutativi, gli elementi imputati a conto economico assumono rilevanza fiscale solo nel rispetto delle norme del Tuir, non potendosi, in tal caso, invocare l’applicazione della derivazione rafforzata.
Pertanto, al fine di evitare errori nella formazione dell’imponibile, è importante distinguere ciò che risponde a criteri di qualificazione ed imputazione temporale da ciò che si presenta come mero criterio valutativo Assonime 14/2017 ha evidenziato che i principi contabili nazionali "con riferimento ai criteri di imputazione temporale non sono cambiati e continuano a fare riferimento a parametri conformi a quelli già previsti dal TUIR e, cioè, alla maturazione, per quanto riguarda i servizi di durata, e all'ultimazione della prestazione per quanto attiene ai servizi di risultato.
L'applicazione di tale ultimo principio consente di ridurre le discordanze tra utile di bilancio e reddito d'impresa, evitando la gestione di un doppio binario civilistico-fiscale, ma, tuttavia, esse non risultano completamente eliminate dal momento che restano escluse dal principio di derivazione rafforzata le disposizioni che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi, la loro esclusione dalla formazione del reddito imponibile o la ripartizione in più periodi d'imposta, l'esenzione o l'esclusione, parziale o totale, dalla formazione del reddito imponibile di componenti positivi, la ripartizione in più periodi d'imposta, nonché la rilevanza di componenti positivi o negativi nell'esercizio della loro percezione o del loro pagamento.
Vi è, invece, una necessaria disapplicazione delle regole previste dall'articolo 109, commi 1 e 2, del Dpr 917/1986 che fanno riferimento ai requisiti di certezza e determinabilità dei componenti reddituali e alle risultanze negoziali e, in particolare, all'acquisizione o passaggio della proprietà o altro diritto reale sui beni.
Ai fini dell'applicazione pratica del principio in commento, appare determinante definire le nozioni di qualificazione, classificazione e imputazione temporale, richiamate dall'articolo 83 del Tuir.
Sul punto l'agenzia delle Entrate, con la circolare n. 7/E/2011, ha previsto che
- per qualificazione si intende l'esatta individuazione dell'operazione aziendale posta in essere, degli effetti che da essa derivano sul piano economico-patrimoniale e di quelli strettamente giuridici. Si tratta di identificare lo schema giuridico- contrattuale cui ricondurre la specifica operazione.
- La classificazione comporta, invece, l'individuazione della specifica tipologia o classe di onere o provento derivante da ciascuna operazione così come qualificata in bilancio,
- l'imputazione temporale riguarda la corretta individuazione del periodo d'imposta nel quale i componenti di reddito devono concorrere a determinare la base imponibile.
I fenomeni di valutazione o quantificazione dei componenti di reddito risultano estranei al principio di derivazione rafforzata Per effetto della richiamata disposizione, ai fini della determinazione del reddito imponibile, assumono rilevanza gli elementi
reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al principio di prevalenza della sostanza sulla forma, così come declinato dai principi contabili (art. 2 co. 1 del DM 1.4.2009 n. 48; art. 2 co. 1 lett. a) n. 1 del DM 3.8.2017).
Conseguentemente, devono intendersi non applicabili a tali soggetti:
- le regole di competenza fiscale di cui all'art. 109 co. 1 e 2 del TUIR, che, nell'assunzione dei costi e dei ricavi, pongono prevalentemente riferimento alle condizioni di certezza e oggettiva determinabilità dei componenti reddituali e alle risultanze giuridico-formali (risultanze negoziali e acquisizione/passaggio della proprietà o di altri diritti reali sui beni);
- nonché ogni altra disposizione di determinazione del reddito che assuma i componenti reddituali e patrimoniali in base a regole di rappresentazione non conformi all'anzidetto criterio.
SINDACATO DELL'AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
La rilevanza fiscale dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione adottati in bilancio presuppone che i principi contabili di riferimento siano stati correttamente applicati.
Limitazioni al principio di derivazione rafforzata
Anche ai soggetti che applicano il principio di derivazione rafforzata si applicano le disposizioni che prevedono (art. 2 co. 2 del DM 1.4.2009 n. 48; art. 2 co. 1 lett. a) n. 1 del DM 3.8.2017):
• limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione dalla formazione del reddito imponibile o la ripartizione in più periodi d'imposta;
• l'esenzione o l'esclusione, parziale o totale, dalla formazione del reddito imponibile di componenti positivi o la ripartizione in più periodi d'imposta;
• la rilevanza di componenti positivi o negativi nell'esercizio della loro percezione o del loro pagamento.
In sostanza, anche per i soggetti che applicano il principio di derivazione rafforzata valgono, in quanto estranee alla nozione di qualificazione, imputazione temporale e classificazione (Relazione illustrativa al DM 1.4.2009 n. 48 le disposizioni che:
• limitano il riconoscimento fiscale di ammortamenti, valutazioni e accantonamenti;
• per motivi di carattere prettamente fiscale, derogano al bilancio (redatto in base ai principi contabili nazionali o in base agli IAS/IFRS).
Si tratta, in particolare, delle disposizioni che prevedono l'imputazione di componenti positivi e negativi per cassa anziché per competenza (es. interessi di mora, compensi degli amministratori, dividendi, ecc.), che non consentono o limitano la deduzione di costi in quanto non inerenti o che prevedono la tassazione di componenti positivi frazionata nel tempo per motivi di opportunità fiscale (es. imposizione ripartita pro quota di talune plusvalenze).
In tali fattispecie, indipendentemente dalla rappresentazione di bilancio, le regole fiscali prevalgono sulle valutazioni di bilancio e generano delle divergenze di trattamento con conseguente doppio binario fra valori civili e fiscali (in riferimento ai soggetti IAS, circ. Agenzia delle Entrate 7/2011, § 3.4).
Nella seguente tabella sono riportate, in riferimento ai soggetti che redigono il bilancio in base alle disposizioni del codice civile diversi dalle micro imprese, le principali disposizioni fiscali che si applicano a prescindere dai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione adottati in bilancio (e che, quindi, prevalgono sul principio di derivazione rafforzata).
Riferimento normativo | Componenti di reddito | Modalità di tassazione |
Art. 43 del TUIR | Componenti di reddito relativi a immobili | Restano fermi i requisiti di strumentalità previsti dalla norma fiscale (indipendentemente dalla classificazione in bilancio) |
Artt. 86 e 87 del TUIR | Plusvalenze patrimoniali e plusvalenze esenti | Si applicano le norme fiscali relative al frazionamento della tassazione e all'eventuale esenzione |
Art. 88 co. 3 lett. b) del TUIR | Contributi in conto capitale | Si applica il principio di cassa e la ripartizione temporale in 5 esercizi |
Art. 88 co. 4- bis del TUIR | Rinuncia dei soci ai crediti | Si applica la disposizione che esclude dalla formazione del reddito (fino a concorrenza del valore fiscale del credito) i componenti derivanti dalla rinuncia dei soci ai crediti |
Art. 89 del TUIR | Dividendi | Si applica il principio di cassa |
Art. 90 del TUIR | Componenti di reddito relativi a immobili patrimoniali | Si applicano le disposizioni fiscali (indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi al bene) |
Art. 92 del TUIR | Rimanenze | Si applicano le disposizioni fiscali |
Art. 93 del TUIR | Commesse ultrannuali | Si applicano le disposizioni fiscali |
Art. 95 co. 5 del TUIR | Compensi spettanti agli amministratori | Si applica il principio di cassa |
Art. 96 del TUIR | Interessi passivi | Si applicano i limiti fiscali |
Art. 99 del TUIR | Oneri fiscali e contributivi | Si applica il principio di cassa |
Art. 100 del TUIR | Oneri di utilità sociale | Si applicano le limitazioni alla deducibilità previsti dalla norma |
Art. 101 co. 1 del TUIR | Minusvalenze patrimoniali | Si possono di dedurre le sole minusvalenze realizzate |
Art. 101 co. 5 del TUIR | Perdite su crediti | Ai fini della deducibilità, si applicano i requisiti richiesti dalla norma |
Artt. 102 e 102- bis del TUIR | Ammortamento dei beni materiali | Resta ferma la deducibilità delle quote di ammortamento nella misura prevista dal legislatore fiscale Le quote di ammortamento deducibili sono esclusivamente quelle riferite a beni strumentali Si applica il criterio forfetario previsto per lo scorporo del valore dei terreni su cui insistono fabbricati |
Art. 102 co. 6 del TUIR | Spese di manutenzione | Restano fermi i limiti alla deducibilità previsti dalla norma fiscale |
Art. 102 co. 7 del TUIR | Leasing | Si applica la disciplina fiscale relativa ai contratti di leasing |
Art. 102 co. 9 del TUIR | Componenti di reddito relativi ad impianti di telefonia | Si applicano i limiti alla deducibilità previsti dalla norma fiscale |
Art. 103 del TUIR | Ammortamento dei beni immateriali | Resta ferma la deducibilità delle quote di ammortamento nella misura prevista dal legislatore fiscale |
Art. 105 del TUIR | Accantonamenti di quiescenza e previdenza | Si applicano le disposizioni previste dalla norma fiscale |
Art. 106 del TUIR | Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti | Si applicano i limiti previsti dal legislatore fiscale |
Art. 107 co. 1- 3 del TUIR | Accantonamenti per: lavori ciclici di manutenzione e revisione di navi e aeromobili ripristino/sostituzione e manutenzione di beni gratuitamente devolvibili operazioni e concorsi a premio | Si applicano i limiti previsti dal legislatore fiscale |
Art. 107 co. 4 del TUIR | Altri accantonamenti | Si applica il divieto di deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente individuati dalle norme del TUIR |
Art. 108 del TUIR | Spese relative a più esercizi | Si applicano le disposizioni fiscali, che determinano un allineamento rispetto al trattamento contabile, ad eccezione: dei contributi corrisposti a fronte di costi per studi e ricerche delle imprese di nuova costituzione |
Art. 108 co. 2 del TUIR | Spese di rappresentanza | Si applicano i limiti alla deducibilità previsti dalla norma fiscale |
Art. 109 co. 5 del TUIR | Spese alberghiere e di ristorazione | Si applicano i limiti alla deducibilità previsti dalla norma fiscale |
Art. 109 co. 5 del TUIR | Principio di inerenza | Si applicano il principio di inerenza e le disposizioni che non consentono o limitano la deduzione delle spese generali |
Art. 109 co. 7 del TUIR | Interessi di mora | Si applica il principio di cassa |
Art. 110 co. 7 del TUIR | Prezzi di trasferimento | Si applicano le disposizioni in materia di prezzi di trasferimento |
Art. 164 del TUIR | Componenti di reddito relativi ad autoveicoli | Si applicano i limiti alla deducibilità previsti dalla norma fiscale |
ALCUNE CASISTICHE PRATICHE TRATTE DA RISPOSTE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
DIRITTO DI SUPERFICIE È ricavo il provento della costituzione a tempo determinato Il provento derivante dalla costituzione a tempo determinato del diritto di superficie viene contabilmente qualificato come ricavo (a maturazione annuale come da contratto) e non come plusvalenza, in analogia alla locazione. Allo stesso modo, tale provento concorrerà alla formazione del reddito imponibile di periodo. Risoluzione 37/E/2018
LEASE BACK L’imputazione civilistica vale anche ai fini fiscali Dal 2016, per le società che applicano i nuovi Oic ad eccezione delle micro-imprese, la stessa imputazione temporale prevista in ambito civilistico per l’operazione di sale and lease back rileva anche ai fini fiscali. In caso di plusvalenza, essa concorre alla formazione del reddito in modo ripartito, a partire dal momento in cui inizia a decorrere il contratto di locazione finanziaria e in base alla sua durata. Risoluzione 77/E/2017
ONERI EX DIPENDENTE – XXXXXXX CONTRATTI In dichiarazione gli oneri all’ex dipendente e i rinnovi contrattuali In presenza di contenzioso con un ex dipendente in corso al 31 dicembre 2017, l’onere definito a seguito di sentenza o transazione a marzo 2018, e iscritto nei fondi del bilancio 2017, è deducibile nel periodo di imposta 2018 tramite le variazioni in dichiarazione. Lo stesso comportamento vale nel caso di rinnovo di contratti collettivi, chiusi a inizio 2018, che prevedono un’integrazione delle retribuzioni del 2017. Videoforum Sole 24 Ore del 24 maggio 2018
ERRORE SU CREDITI Sì all’integrativa a favore dopo l’errore contabile poi corretto L’errore contabile rilevante dovuto alla mancata contabilizzazione per competenza di una perdita su crediti, corretta con imputazione diretta a patrimonio netto e senza passaggio dal conto economico (in base all’Oic 29), consente la presentazione di una dichiarazione integrativa a favore per il recupero delle imposte relative al maggior costo mai dedotto. Risposta a interpello 12/2018
CONTRIBUTO SU LOCALI AFFITTATI Il contributo per allestire i locali affittati «deriva» ai fini Ires e Irap Riferendosi alla disciplina Ias/Ifrs, il contributo per l’allestimento dei locali da locare è stato ripartito in quote costanti lungo la durata del contratto di comodato (in essere nel periodo di allestimento) e di locazione, quale «incentivo per la conduzione dell'immobile» (prevalenza della sostanza sulla forma). L’agenzia delle Entrate concorda sulla derivazione di tale trattamento ai fini Ires e Irap. Risposta a interpello 100/2018.quindi La competenza fiscale dei proventi per contributi riconosciuti dal proprietario al conduttore, a fronte di lavori che quest’ultimo ha eseguito per l’adattamento dell’immobile, segue il periodo di durata dell’affitto.
COSTO DIPENDENTE SOMME ACCERTATE SU VERBALI Deducibilità maggiori dei contributi e premi su anni pregressi Si tratta di somme accertate con verbali, impugnati ma esecutivi (salvo sospensione provvisoria). I consulenti ritengono probabile l’annullamento del 50% delle somme richieste, per cui la società propone di portare in deduzione, nell’anno di consegna dei verbali,
il 50% dei contributi (senza sanzioni e interessi). L’Agenzia condivide: se fosse imputato contabilmente l’altro 50% non sarebbe deducibile, trattandosi di accantonamento. Risposta a interpello 102/2018
TRANSAZIONE ’indennizzo negativo va imputato quando sorge l’obbligazione Un componente negativo di reddito derivante da una transazione conclusa nel 2018 conseguente alla risoluzione di diritto, per inadempimento, di un contratto di leasing, definita da una sentenza della Corte di cassazione del 2017, va imputato a bilancio (ed è deducibile fiscalmente) quando si considera giuridicamente sorta l'obbligazione al pagamento, vale a dire, nel caso di specie, nel 2017. Risposta a interpello 108/2018
LODO ARBITRALE COMPONENTE POSITIVO Componente positivo è iscrivibile quando viene reso noto alle parti Essendo il lodo, nel caso di specie, definitivo e inoppugnabile, la competenza coincide con il momento in cui viene reso noto alle parti, indipendentemente dall’effettivo incasso delle somme previste. Credito e componente positivo sono iscrivibili in dipendenza della sussistenza di un “titolo” (il lodo) che obbliga giuridicamente la controparte. Risposta interpello 119/2018. La risposta interpello Agenzia delle Entrate 19.12.2018 n. 119 conferma l'impostazione secondo cui il provento spettante a seguito di un lodo arbitrale si iscrive nel bilancio dell'esercizio in cui l'Organo arbitrale si pronuncia. Nel caso di specie, nonostante il lodo arbitrale fosse vincolante e immediatamente esecutivo, la controparte non ne aveva dato immediata esecuzione e, pertanto, era stata richiesta l'esecuzione del lodo, al fine di procedere, poi, con l'esecuzione forzata, al sequestro di tutti i beni necessari a soddisfare le somme richieste.
In tale contesto si ritiene applicabile il principio di derivazione rafforzata e si richiama il documento OIC 31, il quale, pur non consentendo l'iscrizione in bilancio degli utili e delle attività potenziali, precisa che, quando il realizzo dell'utile è certo e l'ammontare può essere determinato con un considerevole grado di accuratezza, tale utile non costituisce una potenzialità ed è pertanto rilevato in bilancio
BONUS DIPENDENTI Bonus dipendenti: bivio tra parte variabile e parte fissa Gli importi con mera natura di accantonamenti (Oic 29 e Oic 31) sono indeducibili (articolo 107, Tuir). Se, invece, si tratta di importi che alla chiusura dell’esercizio possono già essere giuridicamente e contabilmente qualificati come debito, l’applicazione del principio di derivazione rafforzata porterebbe alla deducibilità già nell’esercizio in chiusura. Risposta interpello 1/2019
VENDITA AZIONI IN VALUTA Plusvalenze da realizzo dalla vendita in valuta di azioni pex Le differenze di cambio emergenti dalla cessione di partecipazioni in valuta non danno luogo a una autonoma e separata rilevazione, ma concorrono a formare le relative plusvalenze e minusvalenze da realizzo (eventualmente in regime pex), in quanto attività non monetarie. Risposta interpello 5/2019
INDENNIZZO SU CONTRATTO DI LOCAZIONE Istantaneo l’indennizzo anticipato sul contratto di locazione Il componente negativo rappresentato dall’indennizzo deve essere considerato fiscalmente deducibile, ai fini Ires e ai fini Irap, nel periodo d’imposta in cui sorge l’obbligazione della società al pagamento verso la controparte, trattandosi di un’obbligazione “istantanea” e non “di durata”. Risposta interpello 16/2019
CONTENZIOSO LEGALE In merito alla questione esaminata, richiamando le conclusioni dell’Oic, l’Agenzia osserva come un onere divenuto “certo” successivamente alla chiusura dell’esercizio “x” deve essere portato in deduzione dal reddito dell’esercizio “x+1”.
Se il contenzioso legale viene a soluzione nel marzo 2018, la stima deve essere aggiornata nel bilancio in chiusura del periodo precedente, ma occorre considerare la passività come fondo.
Pertanto, non sarà possibile computare alcuna deduzione nel 2017. Solo nel 2018, manifestatosi l’evento, sarà possibile
• riallocare la passività dal gruppo dei fondi a quello dei debiti (essendo divenuto l’accantonamento un costo certo),
• computare una variazione in diminuzione per l’onere di cui si acquisisce certezza a seguito dell’esito del contenzioso. Vengono portati all’attenzione dell’Agenzia due casi concreti:
• contenzioso con un ex dipendente in corso al 31 dicembre 2017, il cui onere che viene definito a seguito di sentenza o transazione nel mese di marzo 2018, e conseguentemente iscritto nei fondi del bilancio 2017 per l’esatto importo pagato (Oic 29),
• accantonamento per il rinnovo di contratti collettivi di lavoro, chiusi nei primi mesi del 2018, che prevedono un’integrazione delle
retribuzioni del 2017 e che vengono iscritti, per l’esatto ammontare pagato, nei fondi del bilancio 2017.
Il dubbio avanzato riguardava la possibilità di ammettere in deduzione già nel 2017 i maggiori oneri rilevatinel bilancio in chiusura, ma la cui conoscibilità si ha a seguito di fatti intervenuti nell’anno successivo.
L’Agenzia ha precisato che sia l’onere derivante dalla sentenza o transazione con l’ex dipendente intervenuta a marzo 2018, sia l’onere per l’integrazione delle retribuzioni chiuse nei primi mesi del 2018 sono deducibili nel periodo di imposta 2018.
L’ovvia conseguenza operativa è che nel modello redditi 2018, relativo al periodo di imposta 2017, sarà necessario operare le opportune variazioni in aumento per sterilizzare l’importo degli accantonamenti imputati a conto economico.
La deduzione è quindi rinviata all’anno nel quale viene acquisita la certezza dell’onere
LA FISCALITÀ DELLE IMPRESE OIC ADOPTER
E’ stata PUBBLICATA LA quarta versione del documento «La fiscalità delle imprese Oic Adopter» dal Consiglio e dalla Fondazione nazionale dei commercialisti DEL 9/8/2019 per risolvere i principali dubbi sorti tra i professionisti e gli operatori sulla disciplina.
Il documento, dopo una sintesi delle novità in ambito civilistico, analizza le casistiche che possono manifestarsi con maggiore frequenza e i relativi riflessi fiscali.
Il documento commenta poi alcune situazioni relative all'applicazione della derivazione rafforzata, rammentando che l'agenzia delle Entrate, già nella circolare 7/E/2019 destinata ai soggetti Ias/Ifrs ma ora applicabile anche ai soggetti Oic adopter, ha ribadito che la rilevanza fiscale dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione adottati dall'impresa presuppone che i principi contabili di riferimento siano correttamente applicati. Inoltre, se i principi contabili consentono di effettuare scelte meramente discrezionali senza prevedere un criterio direttivo, l'amministrazione finanziaria potrà sindacare le opzioni adottate che, sulla base di specifici fatti e circostanze, risultino finalizzate al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali.
Il documento tratta in modo sintetico il principio contabile oic 11 entrato in vigore nel 2018
Fatti avvenuti dopo chiusura esercizio
Interessanti del documento «La fiscalità delle imprese Oic Adopter» sono i paragrafi a commento dei fatti intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio che contengono l'illustrazione delle principali casistiche relative a commissioni per intermediazioni, premi del personale, fatture da ricevere e cause legali.
In proposito, con riferimento agli aspetti fiscali, il documento cita alcune risposte a interpelli: per esempio, la risposta 1/2019 che riguarda la deducibilità dei bonus a dipendenti con l'avvertimento che, in base alla risposta stessa, si tratta di situazione che potrebbe prestarsi a differenti qualificazioni contabili e, conseguentemente, fiscali.
L’Assonine evidenzia preliminarmente che l’OIC 29, nella sua versione aggiornata, contempla due distinte fattispecie:
a) i fatti successivi che devono essere recepiti nei valori di bilancio in quanto rivelano l’esistenza di condizioni già presenti alla data
di chiusura dell’esercizio ma che si manifestano solo dopo tale data.
Alcuni esempi riconducibili a tale fattispecie possono essere: la definizione di una causa legale - a seguito di sentenza o transazione
- per importo diverso rispetto a quello prevedibile alla data di chiusura del bilancio; l’emersione di nuovi elementi a supporto della valutazione sull’esigibilità di un credito, quale l’intervenuta dichiarazione di fallimento del debitore; la vendita di prodotti a prezzi inferiori al costo che confermi l’esistenza di un minor valore di mercato delle rimanenze già al termine dell’esercizio; la determinazione di premi da corrispondere a dipendenti o commissioni da corrispondere ad agenti a seguito di condizioni realizzate nell’esercizio successivo, e così via;
b) i fatti che non devono essere recepiti in bilancio in quanto di competenza dell’esercizio successivo.
In questo ambito l’OIC 29 colloca, ad esempio, le riduzioni di valore degli strumenti finanziari dovute a condizioni di mercato venutesi a modificare dopo la chiusura dell’esercizio, la distruzione di impianti a causa di calamità verificatasi successivamente alla chiusura dell’esercizio, la perdita dovuta all’evoluzione negativa registratasi nei tassi di cambio rispetto alla situazione esistente a fine esercizio.
Va subito precisato che solo quei “fatti successivi” indicati sub a) - ovvero che evidenziano condizioni già esistenti alla data di riferimento del bilancio, ma che si manifestano dopo la chiusura dell’esercizio - richiedono modifiche ai valori delle attività e passività iscritte in bilancio e devono essere rilevati nello stesso. Si tratta, in particolare, di quei fatti sopravvenuti rispetto all’esercizio già chiuso che consentono di avere una più precisa conoscenza della consistenza di attività o passività già iscritte in bilancio e risalenti ad altri fatti gestionali intervenuti nello stesso esercizio cui si riferisce il bilancio ovvero in esercizi precedenti.
Il termine ultimo entro il quale i “fatti successivi” comportano la necessità di modificare i valori di bilancio va individuato, nella generalità dei casi, nella data di redazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori
In particolare, il principio contabile non chiarisce se, per effetto degli accadimenti successivi alla chiusura dell’esercizio, le svalutazioni debbano essere riclassificate come perdite o se i fondi rischi assumano la natura di debiti
La questione , in un’ottica contabile, è stata chiarita grazie all’intervento diretto dell’Organismo Italiano di Contabilità, che ha preso posizione sulla tecnica contabile con cui dare rilievo ai fatti successivi alla chiusura dell’esercizio in una risposta pubblicata nella newsletter di febbraio 2018, pubblicata in data 19 marzo CHE SI E’ OCCUPATO DI UNA CAUSA LEGALE DEFINITA DOPO LA CHIUSURA DELL’ESERCIZIO
CAUSA LEGALE DEFINITA DOPO CHIUSURA ESERCIZIO MA PRIMA APPROVAZIONE DEL BILANCIO – SI ADEGUA IL FONDO RISCHI SUL BILANCIO – SI HA DEBITO E COSTO NELL’ANNO DELLA DEFINIZIONE
un’impresa chiedeva quali dovessero essere le conseguenze, dal punto di vista contabile, della definizione di una causa legale
sopravvenuta dopo la chiusura dell’esercizio ma prima dell’approvazione del bilancio.
In proposito l’Organismo ha affermato che l’OIC 29 si limita a prendere in considerazione le modifiche da apportare ai valori dell’attività e passività di bilancio per i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio. In un caso del genere, dunque, l’OIC 29 determina la necessità di aggiornare la stima del fondo rischi già iscritto nel bilancio dell’esercizio chiuso per adeguare il relativo importo al quantum dovuto a seguito della definizione della causa, ma non consente di riclassificare il fondo rischi come debito. In pratica, i fatti sopravvenuti di cui occorre tener conto in base all’OIC 29 servono a quantificare meglio le poste che attengono economicamente al bilancio dell’esercizio già chiuso - e che sono state specificate da tali fatti - senza tuttavia cambiarne la natura. Ne consegue che, a prescindere dalla valorizzazione delle componenti - che deve tener conto anche di eventi successivi alla chiusura dell’esercizio - la natura e la classificazione delle stesse (quale fondo rischi o debito) devono discendere dalle condizioni esistenti alla data di chiusura dell’esercizio oggetto di bilancio.
Il chiarimento reso dall’Organismo Italiano di Contabilità, evidentemente, esplica i propri effetti anche ai fini fiscali, alla luce del principio di derivazione rafforzata
Infatti, in conformità quanto previsto dal Decreto OIC del 3 agosto 2017 - in base al quale la disciplina fiscale degli accantonamenti si applica a tutti i componenti iscritti in contropartita di passività di scadenza o ammontare incerti, che presentano i requisiti indicati dall’OIC 31 - l’adeguamento degli stanziamenti imputati a fondo rischi per effetto dei fatti emersi successivamente alla chiusura dell’esercizio non modifica in alcun modo il loro regime fiscale, che resta quello previsto dall’art. 107 del T.U.I.R. per gli accantonamenti.
Tale conclusione, peraltro, è stata definitivamente confermata dall’Agenzia delle entrate, nell’ambito di un evento di stampa specialistica tenutosi il 24 maggio 2018. In tale contesto l’Agenzia ha osservato che, “Come evidenziato dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) nella newsletter di febbraio 2018, sulla base delle indicazioni fornite con l’OIC 29, un fatto successivo non porta all’iscrizione in bilancio di un credito o di un debito che giuridicamente è sorto nell’esercizio successivo, ma unicamente a un aggiornamento delle stime del valore delle attività e passività già esistenti alla chiusura dell’esercizio tenuto conto delle condizioni in essere alla data di chiusura del bilancio. Sulla base di tale ricostruzione a livello contabile, pertanto, un onere divenuto ‘certo’ successivamente alla chiusura dell’esercizio x può essere portato in deduzione dal reddito dell’esercizio x+1”.
Sulla base di tale impostazione, in risposta ad una domanda specifica, l’Agenzia ha confermato che un onere derivante da una sentenza (o transazione) intervenuta nei mesi intercorrenti tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di formazione del bilancio debba considerarsi deducibile solo nell’esercizio in cui l’onere è divenuto “certo”. La certezza, peraltro, dovrebbe essere necessariamente intesa, non in senso giuridico (stante la disattivazione dell’art. 109, commi 1 e 2 del T.U.I.R.), ma piuttosto in senso contabile, quale evento che legittima l’iscrizione in bilancio di un credito o di un debito.
Infatti, il fondo iscritto al termine dell’esercizio, che accoglie oneri nel frattempo divenuti certi, rientra nel disposto dell’art. 9 del Decreto IAS dell’8 giugno 2011 - applicabile anche ai soggetti OIC in virtù del richiamo operato dal Decreto OIC del 3 agosto 2017 - e, quindi, coerentemente, la deducibilità dell’onere deve essere rinviata all’esercizio seguente, senza alcuna possibilità di deduzione anticipata
ESEMPI TRATTI DALLA DOTTRINA (FATTI SUCCESSIVI ALLA CHIUSURA D’ESERCIZIO TRA REGOLE DI CONTABILIZZAZIONE E PRINCIPIO DI DERIVAZIONE RAFFORZATA
Dichiarazione di fallimento del debitore – perdita su crediti
Un primo esempio riguarda il caso in cui nei mesi successivi alla chiusura dell’esercizio, e prima dell’approvazione del relativo bilancio, venga dichiarato il fallimento di un debitore e l’impresa creditrice, in conformità all’OIC 29, sia tenuta ad anticipare la rilevazione della svalutazione/perdita del credito già nel bilancio relativo all’esercizio precedente.
In un caso del genere, in ossequio ai principi affermati dall’OIC e confermati dalle Entrate, si può affermare che il fatto sopravvenuto (dichiarazione di fallimento) non modifica la natura del componente da rilevare nel bilancio dell’esercizio già chiuso - che è e rimane una perdita di natura valutativa - ma può concorrere esclusivamente a definirne meglio il quantum.
Ciò significa che la perdita del credito assume rilevanza fiscale solo dal momento in cui siano verificati i requisiti di deducibilità delle perdite previsti dall’art. 101, comma 5, del T.U.I.R. (procedure concorsuali o accordi di ristrutturazione del debito, crediti di modesto importo scaduti da oltre sei mesi, prescrizione, cancellazione del credito in applicazione dei principi contabili).
Pertanto, nel caso di fallimento dichiarato dopo la chiusura dell’esercizio, poiché la svalutazione/perdita rilevata in bilancio non è ancora divenuta certa e definitiva alla chiusura dell’esercizio, la stessa sarà deducibile solo nell’esercizio in cui si verifica la dichiarazione di fallimento, perché solo a partire da tale momento si renderà operante la presunzione di esistenza dei requisiti prevista dall’art. 101, comma 5, del T.U.I.R. Lo stesso, evidentemente, vale per le altre procedure concorsuali o per la prescrizione del credito.
In pratica, la dichiarazione di fallimento è semplicemente un presupposto di natura fiscale che consente di dare rilevanza alla
valutazione nel frattempo operata e legittimare la deduzione della perdita nell’anno in cui il presupposto stesso si verifica.
Peraltro, tali conclusioni restano valide a prescindere dalla circostanza che il fallimento del debitore intervenuto dopo la chiusura dell’esercizio venga riflesso contabilmente in una svalutazione o una perdita del credito. Infatti, ai sensi del D.M. n. 48 del 1° aprile 2009, la rettifica di un credito a seguito di elementi valutativi non rientra tra le fattispecie per le quali opera il principio di derivazione rafforzata. Ciò in quanto la valutazione del credito è, appunto, un fenomeno di carattere valutativo che non rientra nei concetti di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale di cui all’art. 83 del T.U.I.R.
Definizione di una causa legale
Ulteriore fattispecie ricorrente riguarda la definizione di una causa legale - a seguito di sentenza o transazione - successivamente alla chiusura dell’esercizio (ma prima dell’approvazione del progetto di bilancio), rispetto alla quale era stato effettuato un accantonamento.
Anche in tale ipotesi, peraltro espressamente affrontata dall’Agenzia delle entrate nel corso dell’evento del 24 maggio 2018, l’intervenuta certezza dell’onere a carico dell’impresa (sia nell’an che nel quantum) non trasforma l’accantonamento in un debito e il relativo costo sarà pertanto deducibile solo nell’esercizio in cui si verifica la definitività dell’evento (emissione della sentenza o transazione).
Commissioni per intermediazione
Ulteriore casistica è quella delle commissioni per intermediazione, sottoposte a condizione – sospensiva o risolutiva -, che si realizza successivamente alla chiusura dell’esercizio, ma prima dell’approvazione del progetto di bilancio.
Con riferimento alle commissioni sottoposte a condizione sospensiva, va preliminarmente rilevato che, in base all’OIC 19, “i debiti soggetti a condizione sospensiva, non essendo ancora certi fino all’avverarsi della condizione, sono iscritti tra i fondi rischi se ricorrono le condizioni per la loro rilevazione”.
Anche in tale ipotesi, sotto il profilo contabile, l’avveramento della condizione sospensiva successivamente alla fine dell’esercizio ma prima della data di approvazione del bilancio influenza solo il valore dell’accantonamento, secondo quanto previsto dall’OIC 29, e non anche la natura dello stesso, che resterà tale senza potersi “riqualificare”, alla chiusura dell’esercizio, come costo avente come contropartita un debito.
Anche sotto il profilo fiscale, pertanto, tali costi per commissioni soddisfano i requisiti per la deducibilità nel momento in cui la condizione si è avverata, cioè nel momento in cui il costo è rilevabile a fronte di un debito e non di un semplice fondo rischi (a prescindere dal fatto che le commissioni, in sede di bilancio, siano imputate alla voce B7 del conto economico secondo le indicazioni fornite dall’OIC 12)
Diverso è invece il caso in cui i contratti prevedano delle condizioni risolutive. In tali ipotesi è invece corretto che la rilevazione del costo possa aver luogo fin dal perfezionarsi dell’evento che dà diritto alla commissione, salvo il suo venir meno ex tunc al verificarsi della condizione risolutiva. Sul piano fiscale, in tali casi pare dunque corretto dedurre tali commissioni nei periodi di imposta in cui sono imputate a conto economico.
Il documento OIC 19 (§ 78) stabilisce che "i debiti soggetti a condizione sospensiva sono rilevati come tali in bilancio all'avverarsi della condizione. Fino a quando la condizione non si sia avverata sono iscritti tra fondi rischi se ricorrono le condizioni per la loro rilevazione".
Analogo principio (rilevazione all'avverarsi della condizione) dovrebbe applicarsi in riferimento ai crediti soggetti a condizione sospensiva, in contropartita ai quali viene rilevato un componente positivo di reddito, posto che il principio di prudenza (art. 2423-bis co. 1 n. 1, 2 e 4 c.c. ) vieta di contabilizzare utili non realizzati (documento OIC 11, § 19).
In tal senso si veda Cass. 4207/98, secondo cui la clausola di retroattività di cui all'art. 1360 c.c. non incide sul relativo trattamento contabile.
Avuto riguardo alla condizione risolutiva, in mancanza di indicazioni specifiche da parte dei principi contabili, si ritiene che il contratto debba essere rilevato contabilmente nell'esercizio in cui si verificano le condizioni richieste dai documenti OIC 19 e OIC 15, posto che gli effetti giuridici del contratto si producono per effetto della conclusione.
Laddove, poi, la condizione risolutiva si avveri (e quindi i relativi effetti giuridici vengano meno), occorre rilevare contabilmente gli effetti dell'eventuale risoluzione del contratto.
Premi per il personale
Per quanto riguarda i premi del personale, la rilevanza fiscale degli eventi successivi investe tipicamente quei premi che costituiscono una remunerazione variabile cui hanno diritto i dipendenti sulla base di un accordo aziendale che ne stabilisce le relative regole di determinazione al raggiungimento di determinati obiettivi (individuali/aziendali). Alla chiusura di ciascun esercizio viene effettuato un calcolo delle somme da corrispondere e le medesime sono stanziate in bilancio come fondo (o, in alcuni casi, come debito). Nel corso dei primi mesi dell’anno successivo, e prima dell’approvazione del bilancio, si procede ad una consuntivazione delle somme dovute e alla conseguente erogazione dei premi ai dipendenti ancora presenti in azienda.
Per quanto concerne gli aspetti contabili (rilevazione di costo o debito), va rilevato che l’OIC 19 qualifica i debiti come “passività di natura determinata ed esistenza certa”, che rappresentano obbligazioni a pagare “ammontari fissi o determinabili”, mentre i fondi per rischi ed oneri si caratterizzano per essere destinati a coprire “perdite o debiti aventi natura determinata, esistenza certa o probabile” e il cui ammontare o data di sopravvenienza sono indeterminati alla chiusura dell’esercizio.
Ciò posto, qualora alla chiusura dell’esercizio l’impresa sia in possesso di tutti gli elementi per la quantificazione del premio (es. criteri di determinazione e/o dati delle performance individuali), appare corretto rilevare in bilancio i relativi oneri in contropartita di un debito. Tale conclusione resta valida anche nel caso in cui la definizione/accertamento degli importi effettivamente dovuti avvenga in concreto soltanto successivamente alla chiusura dell’esercizio.
Viceversa, in tutti quei casi in cui la determinazione degli importi effettivamente dovuti può avvenire solo successivamente alla chiusura dell’esercizio (ad esempio perché subordinati ad un confronto aziendale o sindacale), l’importo contabilizzato sembra rappresentare un mero accantonamento, la cui natura non dovrebbe mutare neppure per effetto della successiva definizione - ed erogazione - delle somme dovute antecedentemente all’approvazione del bilancio.
Sotto il profilo fiscale, nel primo caso - qualora l’impresa disponga di tutti gli elementi conoscitivi per rilevare i premi in bilancio a fronte di un debito in applicazione dei principi contabili correttamente adottati - i premi dovrebbero ritenersi deducibili nel medesimo periodo d’imposta di imputazione.
Viceversa, nel secondo caso - in assenza dei criteri di determinazione ovvero laddove l’insorgere del diritto alla remunerazione sia condizionato al verificarsi di ulteriori eventi - sul piano fiscale gli stanziamenti ricadrebbero nella disciplina degli accantonamenti.
Tale conclusione resterebbe valida a prescindere dalla qualificazione contabile fornita in bilancio, perché ciò che assume rilevanza
agli effetti fiscali è il “corretto” trattamento contabile.
Insussistenze di magazzino
L’ultima casistica attiene alle ipotesi in cui nel corso dell’esercizio si sia verificato un evento di cui l’impresa venga a conoscenza solo dopo la sua chiusura e prima dell’approvazione del bilancio (es. insussistenza di magazzino per un furto). In questi casi, la fattispecie è diversa dalle precedenti, trattandosi di un sopravvenuto accertamento di un fatto che si era già verificato, con la conseguenza che il fatto in questione va rilevato nel bilancio di competenza tenendo conto, non soltanto degli ammontari risultanti dagli elementi conoscitivi emersi successivamente, ma anche della sua natura. In queste ipotesi, gli eventi sopravvenuti consentono semplicemente la corretta quantificazione di un fatto che già al momento in cui è stato rilevato (quindi alla chiusura dell’esercizio) costituiva un ricavo o un costo di esercizio, sicché il recepimento contabile degli elementi successivi assume una rilevanza anche ai fini fiscali
Fatture da ricevere
Le medesime conclusioni, del resto, sono applicabili anche nel caso di fattispecie molto diffuse, quali le fatture da ricevere rilevate a fine esercizio a fronte di fatture effettivamente pervenute dai fornitori nei primi mesi dell’esercizio successivo, prima dell’approvazione del bilancio.
Principio di derivazione rafforzata ed ammortamenti
Entrata in funzione del bene
Il primo aspetto attiene alla decorrenza della procedura di ammortamento di un bene strumentale. Al riguardo si registra una possibile discrasia temporale tra le regole enunciate dal documento Oic 16 e quelle previste dal Tuir.
Infatti il paragrafo 61 del documento prevede che l’ammortamento decorre dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso. La decorrenza è legata quindi al momento di possibile utilizzo del bene e non di effettivo utilizzo del bene, e ciò si differenzia da quanto previsto dall’articolo 102 del Tuir secondo il quale la deducibilità delle quote di ammortamento decorre dal momento di entrata in funzione del bene.
È vero che la Corte di cassazione ha interpretato in senso «estensivo» il concetto di entrata in funzione ammettendo la deducibilità di quote di ammortamento relativi a cespiti non effettivamente utilizzati in quanto acquisiti con l’obiettivo di sostituire, in caso di emergenza, i cespiti effettivamente utilizzati (Cassazione, 4 giugno 2014, n. 12502 ), ma nel caso del cespite consegnato e non ancora entrato in funzione ci troviamo di fronte ad un diverso momento di rilevanza temporale in relazione al quale la differenza tra previsione Oic e Tuir è palese.
Soprattutto per gli impianti complessi, potrebbe accadere non raramente che il bene sia consegnato, e quindi atto all’uso verso la fine dell’esercizio e che invece esso entri materialmente in funzione nell’esercizio successivo. Nella fase di redazione del bilancio verrà stanziata la quota d’ammortamento (benché rapportata ai giorni di utilizzo) a decorrere dall’esercizio di consegna, ma qui occorre valutare se essa sia deducibile o meno. Sul punto sembra corretto affermare che ci troviamo di fronte a un criterio di imputazione temporale per il quale si ha una sorta di decorrenza civilistica anticipata del processo di ammortamento.
In quanto criterio di imputazione temporale esso prevale sulla diversa previsione dell’articolo 102 del Tuir, quindi è corretto ritenere che per le società che applicano la derivazione rafforzata la quota di ammortamento stanziata nell’anno di consegna sia deducibile, mentre non lo sia per i soggetti, microimprese, che non applicano la derivazione rafforzata.
Ricordiamo, al riguardo, che in una risposta di Telefisco 2018, l’agenzia delle Entrate ha affermato che le società che avendo lo status di microimprese adottano comunque le regole del bilancio ordinario, non per questo mutano il loro status di micro impresa ai fini dell’applicazione del principio di derivazione rafforzata.
Dal punto di vista dichiarativo, ipotizzando la consegna del bene nel 2017 e l’entrata in funzione nel 2018, la microimpresa (ad
esempio Srl di minime dimensioni) dovrà rilevare una variazione in aumento al rigo RF 21, colonna 1.
Acquisto nell’anno
Altro caso delicato è rappresentato dall’acquisto del bene strumentale in corso di anno. Dal punto di vista civilistico sempre il paragrafo 61 del documento Oic 16 stabilisce che è ammissibile la forfettizzazione al 50% della aliquota di ammortamento, salvo che ciò non comporti distorsioni rilevanti rispetto all’effettivo utilizzo del bene.
È evidente che il cespite acquisito all’inizio dell’esercizio non può essere ammortizzato applicando la regola della forfettizzazione della aliquota al 50% così come previsto dall’articolo 102, comma 2, del Tuir , poiché ciò si tradurrebbe nella omissione della rilevazione di componenti negativi, salvo il caso di cifre di ammontare trascurabile . Trattandosi di criteri valutativi e non di criterio di imputazione temporale, si ritiene che la diversa e maggiore quota di ammortamento imputata a conto economico, non possa essere dedotta invocando il principio di derivazione rafforzata.
Spese legali - Individuazione dell'esercizio di competenza (Cass. 26.9.2019 n. 24003)
La Corte di Cassazione, con la sentenza 26.9.2019 n. 24003, ha affermato che il corrispettivo della prestazione del professionista legale e la relativa spesa si considerano, rispettivamente, conseguiti e sostenuti quando la prestazione è condotta a termine per
effetto dell'esaurimento o della cessazione dell'incarico professionale. In particolare, secondo la Suprema Corte, i costi relativi a prestazioni di servizio sono – ai sensi dell’articolo 109, comma 2, lett. b), Tuir, – di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate, senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o effettuato il pagamento (vedi anche Cassazione, sentenza n. 27296/2014), con l’unica eccezione per i contratti di locazione, mutuo, assicurazione o altri contratti da cui derivino corrispettivi periodici, in relazione ai quali le spese per i corrispettivi sono imputabili all’esercizio di maturazione degli stessi (vedi anche Cassazione sentenza n. 9096/2012).
I componenti negativi che concorrono a formare il reddito possono, peraltro, essere imputati all’anno di esercizio in cui ne diviene certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell’esercizio di competenza (vedi anche Cassazione sentenza n. 3368/2013).
Indennità supplettiva agenti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20946, depositata il 6 agosto 2019 ha affermato che la deduzione dal reddito è imputabile al periodo di competenza. Preliminarmente viene dato atto di un datato orientamento giurisprudenziale in base al quale l’indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti non sarebbe stata accantonabile fiscalmente e, quindi, non deducibile dal reddito d’impresa, trattandosi di costo meramente eventuale sia nell’an che nel quantum: in sintesi la qualifica di componente negativo deducibile si manifesterebbe solo nell’esercizio in cui venga concretamente corrisposta. Successivamente l’orientamento è mutato arrivando a conclusioni diametralmente opposto, non potendosi escludere la deducibilità dell’accantonamento in virtù dell’aleatorietà dell’indennità in questione. Peraltro le norme che hanno ad oggetto i fondi di previdenza del personale ed altri accantonamenti per rischi (artt. 70 e segg. Dpr 917/1986), che contemplano spese di carattere aleatorio, sono comunque ritenute deducibili.
La deducibilità degli accantonamenti al fondo per indennità di cessazione del rapporto di agenzia è stata oggetto di pronunce di segno discordante da parte della prassi e della giurisprudenza. Ferma restando la deducibilità per competenza delle somme accantonate dotate del requisito della certezza (essenzialmente il FIRR), il problema ha storicamente riguardato la componente per indennità suppletiva di clientela e per indennità meritocratica.
In un primo tempo, seguendo l'impostazione della sentenza della Corte di Cassazione 27.6.2003 n. 10221, la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate 9.4.2004 n. 59 aveva sposato la tesi della deducibilità per competenza: avendo tali accantonamenti la funzione tipica degli accantonamenti di quiescenza e previdenza (art. 105 del TUIR), essi sono deducibili per l'importo stanziato in bilancio, ed eventuali differenze che si registrano all'atto dell'effettiva erogazione all'agente cessato hanno natura di sopravvenienze attive imponibili o di sopravvenienze passive deducibili.
In conseguenza di più sentenze di Cassazione che avevano, invece, sancito la natura aleatoria della componente per indennità suppletiva e per indennità meritocratica (Cass. 16.5.2003 n. 7690; Cass. 18.11.2005 n. 24443; Cass. 24.11.2006 n. 24973; Cass. 30.1.2007 n. 1910), la successiva risoluzione 6.7.2007 n. 42 aveva ritenuto deducibili per competenza le sole somme aventi il requisito della certezza; le indennità suppletiva e meritocratica avrebbero, quindi, potuto essere dedotte solo e unicamente all'atto della loro effettiva corresponsione all'agente.
L'Agenzia delle Entrate è poi nuovamente tornata ad affermare la deducibilità per competenza di tutto l'accantonamento unitariamente considerato con la circolare 8.11.2013 n. 33, che sembra avere definitivamente chiuso la questione, sulla scorta di altre sentenze di Cassazione che hanno affermato il medesimo principio (Cass. 11.6.2009 n. 13506; Cass. 11.4.2011 n. 8134; Cass. 4.4.2013 n. 8288; Cass. 17.12.2014 n. 26534; Cass. 16.11.2018 n. 29529).
PERDITE SU CREDITI
PERIODO DI COMPETENZA PROCEDURE
Ai fini della determinazione del reddito d’impresa dei soggetti diversi da banche, altre società finanziarie e imprese di assicurazione, il trattamento fiscale degli oneri derivanti dalla inesigibilità dei crediti divenuta “definitiva”(c.d. perdite su crediti) risulta disciplinato dall’articolo 101, comma 5, Tuir, secondo cui le perdite su crediti sono deducibili dal reddito d’impresa (senza limiti e con meccanismo analitico) qualora risultino da elementi certi e precisi.
La sussistenza dei citati elementi certi e precisi – che deve essere generalmente dimostrata dal contribuente – è comunque presunta in casi tassativamente previsti dalla legge, quali:
• l’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali (perdite da crediti esistenti, ma da valutarsi come inesigibili a causa dello stato giuridico del debitore);
• il credito è di modesta entità e siano decorsi almeno sei mesi dal termine previsto per il pagamento dello stesso (perdite da crediti esistenti, ma da valutarsi come inesigibili a causa delle caratteristiche intrinseche del credito);
• la prescrizione o cancellazione dal bilancio del credito in applicazione dei principi contabili (perdite “di natura realizzativa”, in quanto connesse ad eventi che fanno venire meno l’esistenza del credito).
Con la risposta all’interpello n. 12 del 21.09.2018 è stato esaminato il caso di una società esercente attività d’impresa in contabilità ordinaria che, nel periodo d’imposta 2017, individuava e correggeva un errore contabile relativo all’imputazione di una perdita su crediti per la fornitura di beni merce (effettuata nel biennio 2007-2008), mediante la chiusura della voce “credito verso Cliente”
e imputazione della posta negativa di patrimonio netto, in conformità al principio contabile Oic 29.
Posto che il debitore era stato ammesso alla procedura di concordato preventivo nel 2008, con dichiarazione esecutiva resa
dal Giudice Delegato nel 2013, la società istante chiedeva se poteva comunque presentare una dichiarazione integrativa per dedurre dal reddito d’impresa del 2013 la perdita sul credito, ritenendo che gli elementi di certezza e precisione, posti a presidio della possibile deduzione fiscale di tale componente reddituale, si sarebbero concretizzati nel 2013, anno in cui il Giudice Delegato
aveva autorizzato il pagamento finale dei debiti.
In buona sostanza, i dubbi della società istante erano due:
• il primo, relativo all’individuazione del corretto periodo di competenza fiscale della perdita su crediti;
• il secondo, riguardante la possibilità di “sanare” l’errore derivante dalla mancata deduzione del componente negativo nel corretto periodo d’imposta, attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa “a favore”, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, D.P.R. 322/1998.
Focalizzando l’attenzione solo sul primo aspetto, nella risposta resa all’istanza di interpello n. 12/2018, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che la competenza fiscale della perdita su crediti decorre dalla data di apertura della procedura e sino al momento in cui il credito deve essere cancellato dal bilancio.
In particolare, è stato affermato che, nel caso oggetto di interpello, il corretto periodo temporale di competenza della perdita su crediti è compreso tra la data di apertura della procedura di concordato preventivo (avvenuta nel 2008) e l’esercizio in cui sarebbe dovuta avvenire la cancellazione in bilancio del credito medesimo che, coerentemente con quanto indicato dal contribuente istante, sarebbe coinciso con l’esercizio 2013, ovvero con l’anno in cui il Giudice Delegato della procedura ha autorizzato i pagamenti finali dei debiti, dando atto che il residuo attivo non consentiva ulteriori riparti.
Perdite su crediti - Deducibilità - Inerenza all'attività d'impresa - Necessità (Cass. 8.4.2019 n. 9784)
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 8.4.2019 n. 9784, ha affermato che, anche ai fini della deducibilità delle perdite su crediti vantati verso debitori assoggettati a procedure concorsuali, occorre provare che i crediti, sui quali si è verificata la perdita, siano relativi all'attività svolta dall'impresa nell'ambito dell'oggetto sociale. Di fronte alla contestazione specifica del requisito dell'inerenza da parte dell'Amministrazione Finanziaria, è onere dei contribuenti dare piena dimostrazione della riferibilità dei crediti (e delle conseguenti perdite sugli stessi) all'attività imprenditoriale svolta dalla società.
Nello stesso senso si era espressa la C.T. Prov. di Reggio Xxxxxx, con la sentenza n. 351/3/15.
IL CREDITO PRESCRITTO È DEDUCIBILE SOLO SE IL CREDITORE SI È PRODIGATO NEL RECUPERO
La prescrizione del credito costituisce elemento certo e preciso legittimante la deduzione della perdita su crediti, sempreché l’inattività del creditore nel suo recupero non abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale, la quale va desunta dai fatti e dalle circostanze del caso concreto. È questo l’indirizzo espresso l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’istanza di interpello n.
197/E/2019.
L’intervento chiarificatore dell’Amministrazione finanziaria si è reso necessario a seguito dell’istanza con cui una società chiedeva se fosse possibile dedurre le perdite relative a crediti vantati nei confronti di imprese estereinadempienti e oramai prescritti. In particolare, l’istante vantava crediti nei confronti di imprese residenti in un Paese extra-UE, interessato da crisi economica, e risultanti cessate.
Al fine di conoscere la concreta possibilità di recuperare il proprio credito, essa si rivolgeva a dei legali, i quali evidenziavano come, secondo le regole poste dal diritto internazionale privato, la normativa applicabile fosse quella del Paese estero e secondo la quale i crediti erano da considerarsi prescritti.
Ciò, in quanto, nelle more del termine prescrizionale, la società non aveva posto in essere alcun atto interruttivo, limitandosi
a gestire informalmente le pratiche di recupero del credito, in ossequio alle prassi commerciali vigenti nel Paese di residenza dei debitori, in cui si attribuisce particolare valore al rapporto fiduciario tra le parti.
Da ultimo, essa riportava di non essersi mai accorta di anomalie e difficoltà finanziarie dei debitori e di non aver sottoscritto una polizza assicurativa a copertura del rischio di credito, proprio in ragione dell’asserita solvibilità delle società debitrici.
L’Agenzia delle Entrate, ripercorrendo il disposto normativo dell’articolo 110 Tuir, ha respinto il diritto alla deduzione dei crediti prescritti.
Nella specie, essendo i debiti localizzati in un Paese extraeuropeo, l’Amministrazione finanziaria, riprendendo un precedente documento di prassi, ha sostanzialmente affermato che occorre valutare attentamente gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma e, pertanto, è d’uopo dotarsi della dichiarazione di insolvenza dei debitori stranieri emessa dalla Sace (Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero), ovvero, in secondo luogo, dimostrare la definitiva perdita del credito, secondo le regole previste nello Stato del debitore(cfr. circolare AdE 39/E/2002).
Inoltre, secondo quanto riportato nelle circolari AdE 26/E/2013 e 10/E/2014, «la prescrizione del diritto di esecuzione
del credito iscritto nel bilancio del creditore ha come effetto quello di cristallizzare la perditaemersa e di renderla definitiva. […] Resta salvo il potere dell’Amministrazione di contestare che l’inattivitàdel creditore abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale».
Da ciò ne deriva che la prescrizione rappresenta un elemento certo e preciso ai fini della deduzione della perdita, allorché si provi
che l’inattività del creditore non sia dipesa da una propria volontà di privilegiare il debitore.
Orbene, nel caso di specie, dai documenti allegati dall’istante si è evinto che nessun atto interruttivo è stato posto in essere e che la gestione informale delle pratiche di recupero del credito, ha effettivamente avvantaggiato le imprese debitrici.
In definitiva, dalla condotta inerte dell’istante nella riscossione dei crediti scaduti è derivata l’indeducibilità delle perdite su crediti.
In ultima analisi, soggiunge l’Agenzia delle Entrate, a differenti conclusioni si perverrebbe se la società istante acquisisse degli elementi probatori tesi a dimostrare lo stato di effettiva insolvenza dei debitori e la conseguente inesistenza di qualsivoglia intento liberale derivante dall’inerzia nel recupero dei credit
Profili critici
La posizione dell'Agenzia delle Entrate desta alcune perplessità.
Innanzitutto, la maturazione dei termini di prescrizione può essere impedita da sospensioni (artt. 2941 e 2942 c.c.) o interruzioni (artt. 2943 - 2945 c.c.). Mentre la sospensione comporta che il termine di legge riprenda a decorrere cessata la relativa causa, l'interruzione determina l'inizio di un nuovo periodo di prescrizione, senza tener conto di quello maturato prima dell'atto interruttivo.
Ma, allora, stando così le cose, se secondo l'Agenzia il creditore deve porre in essere atti o comportamenti interruttivi della prescrizione onde evitare che la sua inattività possa celare una volontà liberale, la perdita su un credito prescritto rischia di non essere mai deducibile in via automatica (cfr. Gavelli, cit.).
Si ricorda, inoltre, che, secondo la Corte di Cassazione (sentenze 23.12.2014 n. 27296 e 24.10.2012 n. 18237), la prova della sussistenza della definitività della perdita non impone né la dimostrazione che il creditore si sia attivato per esigere il suo credito, né che sia intervenuta la sentenza di fallimento del debitore.
Infine, anche volendo aderire all'impostazione dell'Agenzia delle Entrate, potrebbe giungersi ad ammettere per altra xxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxx, qualora, decorsi i termini di prescrizione senza che siano stati posti in essere atti interruttivi della medesima, il credito fosse cancellato dal bilancio. Infatti, ai sensi dell'art. 101 co. 5 del TUIR, gli elementi certi e precisi, atti a fondare il diritto alla deducibilità della perdita in ipotesi diverse dalle procedure concorsuali, sussistono altresì in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.
A tal fine, secondo la citata circ. Agenzia delle Entrate n. 14/2014 (§ 1.1), rilevano le ipotesi di cancellazione contemplate dall'OIC 15. In base a tale principio contabile (§ 71), la società cancella il credito dal bilancio quando, in alternativa:
- i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono;
- la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito.
Atteso che, sia Assonime (circ. 30.5.2014 n. 18), sia l'OIC 15 (§ 72) riconducono la prescrizione tra gli eventi che comportano l'estinzione di tutti i flussi finanziari relativi al credito, la cancellazione del credito dal bilancio per intervenuta prescrizione dovrebbe consentire ex lege la deducibilità della perdita, superando ogni questione attinente eventuali intenti liberali conseguenti alla mancata attivazione di procedure di recupero
Il Principio contabile Oic 15, ai par. 71 e 72, dispone che la società cancella il credito dal bilancio quando, in prima ipotesi,
i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono; una delle cause di estinzione dei diritti contrattuali può essere la prescrizione del credito, fattispecie che si presenta tutt’altro che infrequentemente, in particolare modo nei rapporti con soggetti esteri relativi a contratti che, secondo il diritto internazionale, sono regolati dalle leggi locali, le quali possono disporre termini di prescrizione assai più brevi di quelli di norma previsti dal nostro ordinamento.
La posizione assunta al riguardo dall’Amministrazione Finanziaria è tuttavia sempre stata assai più restrittiva; in particolare, nella circolare 26/E/2013 è stato affermato che la prescrizione del diritto alla esazione del credito ha sì come effetto quello di “cristallizzare la perdita e di renderla definitiva” ma ciò non farebbe comunque venire meno il potere dell’Amministrazione di “contestare che l’inattività del creditore abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale”.
Questi principi sono stati ribaditi nella risposta all’istanza di interpello n. 197 del 2019, in cui il creditore vantava crediti verso imprese estere i quali, dopo la manifestazione dell’incaglio, erano stati oggetto solamente di iniziative commerciali
informali, senza l’affidamento al recupero legale e senza l’intervento di atti formali che potessero interrompere la decorrenza del termine di prescrizione del relativo diritto alla esazione, peraltro soggetto, nell’ordinamento locale, applicabile al caso di specie, ad un periodo assai più breve di quello di norma applicabile secondo la legge italiana.
La società istante aveva motivato tale comportamento in ragione del fatto che si volevano preservare buone relazioni con la controparte, tenuto conto della sua rilevanza, e così si era deciso di evitare l’attivazione di formalità scritte.
La conclusione a cui è giunta l’Amministrazione nel caso di specie è stata quella di negare il riconoscimento della deducibilità della perdita su crediti rilevata nel bilancio d’esercizio, eccependo che il comportamento inerte della società rispetto alla riscossione dei crediti sarebbe stato espressivo di una “volontà liberale”, sancendo così la non deducibilità fiscale del componente negativo ai sensi dell’articolo 101, comma 5, Tuir.
ACCORDO TRANSATIVO
occorre distinguere il motivo della transazione: se non sono le difficoltà finanziarie del debitore ma altre cause, come una contestazione sulla fornitura, il relativo onere non costituisce perdita su crediti ma sopravvenienza passiva (circolare 26/E/2013), il che evita l’applicazione dell’articolo 101, comma 5, del Tuir e ha effetti ai fini Irap: le sopravvenienze passive correlate a componenti imponibili sono deducibili ai fini Irap (Cassazione 11217/2011).
Occorre poi interrogarsi sulla possibilità per l’accordo transattivo di rappresentare quegli «elementi certi e precisi» che rendono deducibile la perdita su crediti. Nella circolare 26/E/2013, l’Agenzia ha affermato che le condizioni di deducibilità si intendono verificate quando:
• creditore e debitore non appartengono allo stesso gruppo (ipotesi in cui l’Amministrazione ha individuato un incremento del costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, risoluzione 70/E/2008);
• le difficoltà finanziarie del debitore sono documentate (ad esempio, dall’istanza di ristrutturazione presentata o dalla
presenza di debiti insoluti anche verso terzi).
Secondo l’Agenzia, anche in caso di transazione, la perdita su crediti può essere giustificata sotto il profilo della convenienza economica, allo stesso modo e in presenza delle condizioni previste in caso di cessione a titolo definitivo (infruttuosi tentativi di recupero, lettere del legale ecc.). Ciò al di là delle ipotesi di assoggettamento a procedure concorsuali o simili e di crediti di modesto importo (articolo 101, comma 5, del Tuir).
Per la Cassazione la scelta di transigere con un proprio cliente non rende indeducibile la perdita conseguente perché il legislatore ha riguardo solo alla oggettività della perdita e non pone limitazioni a seconda della causa (ordinanza 10256/2013). Per cui, la deducibilità della perdita può basarsi su fatti oggettivi, che rendano ragionevole la scelta dell’imprenditore di transigere anche per importi inferiori al credito originario, invece di proseguire nell’azione giudiziale (ordinanza 10634/2018), non senza considerare che non è necessario che il creditore fornisca la prova di essersi attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore (sentenza 27296/2014), anche perché possono rientrare nella strategia di un’impresa operazioni antieconomiche, in vista di benefici su altri fronti (sentenza 23863/2007).
La considerazione forse più importante attiene al comma 5 dell’articolo 101 Tuir, laddove il legislatore riconosce la sussistenza degli elementi certi e precisi qualificanti la deducibilità della perdita «in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili». Infatti, secondo l’Oic15 la cancellazione contabile del credito va operata quando i relativi diritti contrattuali si estinguono. Una delle ipotesi in cui ciò avviene è la transazione che «fa venire meno il diritto ad esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti». Per cui, al di là di fattispecie di abuso da perseguire con gli ordinari strumenti di accertamento, una transazione motivata porta alla deducibilità della parte di credito non incassata come conseguenza dell’eliminazione contabile del relativo importo.
Perdite su crediti - Cancellazione del credito dal bilancio per intervenuta transazione - Deducibilità della perdita
Il documento OIC 15 (§ 71 e 72) stabilisce che l'impresa cancella il credito dal bilancio quando i diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente), cosa che avviene in caso di pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e ogni altro evento che fa venire meno il diritto a esigere determinati ammontari di disponibilità liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti.
La perdita rilevata in bilancio a fronte della cancellazione del credito è fiscalmente deducibile.
L'art. 101 co. 5 del TUIR stabilisce, infatti, che gli elementi certi e precisi, necessari ai fini della deducibilità delle perdite, sussistono in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.
ELIMINAZIONE DI ATTIVITA’ INESISTENTI
Con la risposta interpello n. 407, IL 10 ottobre 2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale applicabile in caso di eliminazione di attività rivelatesi inesistenti. La Correzione di errori contabili rilevante fiscalmente nel periodo di imposta in cui l’errore è emerso e corretto.
conformemente al paragrafo 48 del principio contabile 29 , la società ha provveduto a stornare le attività finanziarie inesistenti frutto degli altrettanti inesistenti proventi con contropartita la riserva di utili portati a nuovo, senza transitare a conto economico.
L’Agenzia dopo aver confermato, ai sensi del comma 4 dell’articolo 109 del Tuir, che si considerano comunque transitati a conto economico i componenti direttamente imputati a patrimonio netto per effetto dei principi contabili adottati dall’impresa, ritiene che la rettifica operata possa concorrere a formare il reddito relativo al 2018, mediante una variazione in diminuzione fino a concorrenza dei proventi inesistenti e che hanno concorso a formare il reddito nei precedenti esercizi.
La correzione in argomento sarebbe infatti legittimata «dalla sua inquadrabilità nell’ambito delle sopravvenienze passive», ex articolo 101, comma 4, del Tuir, e avverrebbe nell’esercizio di competenza (2018), ai sensi dell’articolo 109, comma 1 del medesimo Testo unico. L’Agenzia quindi conferma che qualora, come nel caso di specie, la correzione non riguardi un errore contabile derivante dalla mancata imputazione di componenti positivi o negativi nel corretto esercizio di competenza, la stessa assumerà rilevanza fiscale nell’esercizio di rilevazione. Le somme che la società riceve a titolo di risarcimento del danno costituiscono simmetricamente sopravvenienze attive imponibili.
Nella precedente circ. n. 31/2013, era stato chiarito che i componenti rilevati a seguito della correzione di errori contabili derivanti dalla mancata imputazione di componenti negativi e positivi di reddito nel corretto esercizio di competenza non possono assumere immediato rilievo fiscale, in quanto non presentano i presupposti legittimanti né per la deduzione delle sopravvenienze passive ai sensi dell’art. 101 del TUIR, né per l’assoggettamento a tassazione delle sopravvenienze attive di cui all’art. 88 del TUIR.
Leasing principi contabili internazionali
si applicano solo ai bilanci delle società che applicano i principi internazionali.
L'IFRS 16 è applicato per la prima volta generalmente nei bilanci relativi a esercizi che iniziano dall'1.1.2019. Sono previste diverse modalità di contabilizzazione:
- metodo retrospettivo, in base al quale l'attività per diritto di utilizzo (ROU) e la relativa passività sono iscritte come se il nuovo standard contabile fosse stato sempre applicato, rideterminando quindi i dati comparativi 2018 e attualizzando i flussi di pagamento al tasso determinato alla data di conclusione di ciascun contratto;
- metodo cumulativo, in base al quale la passività è determinata in misura pari al valore attuale dei restanti pagamenti, attualizzati utilizzando il tasso alla data della FTA, mentre il ROU può essere rilevato, alternativamente, in misura pari al valore contabile quantificato come se il principio fosse sempre stato applicato ma utilizzando il tasso alla data della FTA oppure in misura pari alla passività, al netto di risconti attivi/ratei passivi.
Dal punto di vista fiscale, la transizione è connotata dal generale principio di neutralità (art. 13 del DLgs.38/2005 e art. 15 del DL 185/2008).
È fatta comunque salva la facoltà di riallineamento ex DL 185/2008 secondo le due modalità ivi previste:
- in caso di riallineamento per singola fattispecie, il saldo positivo dà luogo al pagamento dell'imposta sostitutiva IRES, IRAP e relative addizionali del 16% e il saldo negativo non è deducibile;
- in caso di riallineamento per saldo globale, il saldo positivo dà luogo al pagamento della sostitutiva e il saldo negativo è deducibile in quote costanti in cinque esercizi.
Trasferimenti di proprietà, contratto estimatorio vendite salvo prova e rent to buy
Per i contratti estimatori, le vendite con clausola di gradimento e per il rent to buy, occhi puntati al passaggio sostanziale e non formale della proprietà e dunque al momento in cui avviene il trasferimento dei rischi e benefici, come previsto dai principi contabili. Il Dm 3 agosto 2017 ha disposto la disapplicazione delle regole contenute nell’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir. Per l’imputazione a periodo di proventi e oneri, si devono dunque utilizzare in sede fiscale le regole dei principi contabili adottati dall’impresa.
La disapplicazione del comma 2 (competenza temporale per costi e ricavi derivanti da cessioni e prestazioni) non pone in genere particolari problematiche in quanto, a parte casi del tutto particolari, le regole civilistiche tendono a coincidere con quelle del Testo unico. I documenti Oic 15 e 19 prevedono la rilevanza, per le cessioni, del trasferimento sostanziale della proprietà (passaggio di rischi e benefici), evento che viene fatto coincidere, tranne che in situazioni specifiche, con la consegna o spedizione, come già era previsto in ambito fiscale. Per le prestazioni rileva la data di effettuazione del servizio che dunque coincide con l’ultimazione prevista dal Tuir.
Contratto estimatorio – ai fini fiscali si ha ricavo quando i beni vengono venduti
Vi sono però talune operazioni particolari per le quali l’individuazione della data di competenza richiede una analisi più approfondita. Un primo caso è costituito dai rapporti riconducibili al contratto estimatorio di cui all’articolo 1556 del Codice civile. Si stabilisce che le merci vengono messe nella disponibilità del futuro acquirente, con rinvio del passaggio giuridico della proprietà fino al momento in cui esse sono rivendute o comunque prelevate dall’affidatario. È da ritenere che i ricavi e i costi si debbano iscrivere (assumendo conseguentemente rilevanza fiscale) non già alla data di consegna, ma solo via via che le merci vengono rivendute/prelevate (o non restituite) e sulla base della periodicità prevista dal contratto. In senso sostanzialmente conforme si esprimono anche i principi internazionali (Ifrs 15 B77).
Vendite salvo prova – si ha ricavi con collaudo
Un’altra problematica riguarda le vendite salvo prova. L’articolo 1521 del Codice civile stabilisce che la consegna non genera il trasferimento della proprietà, il quale avviene solo dopo aver verificato (con collaudo) che il bene abbia le caratteristiche pattuite. Il ricavo (o il costo) si rileverà, anche fiscalmente, solo a quest’ultima data poiché, in precedenza, non si ha alcun sostanziale trasferimento di rischi e benefici (in senso conforme, in ambito internazionale, si veda Ifrs 15 B86).
Rent to buy – ai fini fiscali è una cessione immediata
Dubbi sulla imputazione a periodo si hanno anche per le locazioni con patto di futura vendita vincolante per ambedue le parti. Per queste tipologie contrattuali le regole fiscali (articolo 2 del Dpr 633/1972 ai fini Iva e articolo 109, comma 2, lett. a), ultimo periodo, del Tuir, norma ora disapplicata dal principio di derivazione) impongono di tassare l’operazione alla stregua di una cessione immediata.
È da ritenere che il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, declinato dall’Oic 11 e applicato nello specifico dall’Oic 15 (vendite) e dall’Oic 19 (acquisti), induca a considerare rilevante (anche fiscalmente, per derivazione) la cessione o l’acquisto già al momento di stipula del contratto di locazione con accordo di vendita obbligatorio, in quanto è a quella data che si trasferiscono rischi e benefici all’acquirente e si considera avvenuto il trasferimento sostanziale e non formale del titolo di proprietà.
Operazioni in valuta – poste monetarie e poste non monetarie
La risoluzione 57/E/2019) chiarisce il trattamento fiscale di alcune operazioni in valuta. La società istante, Oic adopter, effettua
acquisti di valuta estera con contestuale apertura di conto mediante il quale acquista azioni anch’esse in valuta estera. Relativamente a tali azioni, inoltre, la società percepisce dividendi e può rilevare differenze di valore di sede di alienazione potendosi trovare alla fine dell’esercizio, nella condizione di dover valutare i titoli presenti in portafoglio - contabilizzati sia nell’attivo circolante sia tra le immobilizzazioni - e il saldo del conto in valuta estera.
Contabilmente, secondo il principio Oic 26 le poste monetarie in valuta sono convertite in bilancio al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio e i relativi utili e perdite su cambi sono imputati al conto economico dell’esercizio. Sono attività e passività monetarie quelle poste che comportano il diritto di incassare o l’obbligo di pagare, a date future, importi in denaro in valuta determinati o determinabili, quali ad esempio, i crediti e debiti e le disponibilità liquide. Le attività e le passività in valuta aventi natura
non monetaria, invece, sono iscritte nello stato patrimoniale al tasso di cambio al momento del loro acquisto. Sono «elementi non monetari», ad esempio, le immobilizzazioni materiali e immateriali e le partecipazioni.
Fiscalmente, il costo della valuta estera corrisponde alla conversione in euro al cambio del giorno (o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui è stata sostenuta) in cui l’operazione di acquisto è effettuata, con possibilità di applicare sia il tasso di cambio ufficiale sia uno alternativo, purché fornito da operatori internazionali indipendenti. Per quanto riguarda l’acquisto titoli azionari con prelievo dal conto, l’Agenzia evidenzia che il prelievo della disponibilità liquida dal conto espresso in valuta estera per acquistare i titoli azionari - a prescindere se iscritte tra le immobilizzazioni o nel circolante - determina il concorso alla formazione del reddito di periodo delle differenze di cambio, positive o negative, maturate fino a tale
momento, essendo realizzato il differenziale di valore maturato dalla valuta estera tra la sua data di acquisto e quella di utilizzo per
l’acquisto dei titoli.
Con riguardo all’incasso di dividendi, la conversione deve essere effettuata secondo il cambio ufficiale in vigore al momento della percezione di tale dividendo.
In merito all’operazione di smobilizzo dei titoli in portafoglio, l’Agenzia, in contrasto con la posizione dell’istante, afferma che le partecipazioni rientrano tra le attività non monetarie e, pertanto, anche ai fini del bilancio le differenze cambio positive o negative non danno luogo a un’autonoma e separata rilevazione, ma concorrono a formare le relative plusvalenze e minusvalenze da realizzo.
Con riferimento alle valutazioni di fine esercizio, l’Agenzia conclude per:
●la rilevanza fiscale delle differenze tra costo fiscalmente riconosciuto e il valore di cambio della valuta estera alla data di chiusura
dell’esercizio (in considerazione delle caratteristiche peculiari di liquidabilità di un deposito di conto corrente),
● la non emersione di differenze per i titoli partecipativi ancora in portafoglio alla chiusura dell’esercizio (in quanto non monetari)
●e per l’irrilevanza delle differenze relative a titoli cui si applica la disciplina delle obbligazioni.
La rilevazione delle operazioni con l'estero tramite conti non in euro non trova una disciplina espressa nei principi contabili. Rappresenta, tuttavia, prassi comune presso le imprese la contabilizzazione di tali operazioni al cambio del giorno dell'incasso o del pagamento. Gli effetti che derivano dall'applicazione di tale comportamento sono evidenti se si confrontano con i corrispondenti valori derivanti dalla gestione degli incassi e dei pagamenti su un conto in euro.. Vengono solitamente considerate fiscalmente rilevanti le differenze cambio che sorgono dalla valutazione della cassa e dalla conversione dei conti correnti in valuta secondo il cambio dell'ultimo giorno dell'esercizio. Si segnala, tuttavia, in senso contrario la sentenza della C.T. Reg. Milano 25.1.2011 n.
6/32/11, secondo cui gli utili e le perdite derivanti dalla conversione dei conti correnti bancari in valuta sarebbero invece irrilevanti ai fini fiscali
RINUNCIA CREDITI SOCI A FAVORE DELLA SOCIETA’
In deroga alla disciplina generale (presente al comma 4 dell'articolo 88) secondo cui i versamenti in denaro o in natura a fondo perduto o in conto capitale effettuati dai soci alle proprie partecipate non costituiscono, fiscalmente, sopravvenienze attive, il successivo comma 4-bis stabilisce, in sintesi, che:
in caso di rinuncia dei soci ai crediti, la quota di sopravvenienza attiva fiscalmente irrilevante per quest'ultima è limitata al costo fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio rinunciante;
a tale scopo, detto costo fiscalmente riconosciuto è comunicato dal socio alla partecipata con dichiarazione sostitutiva di atto notorio; in assenza della comunicazione il valore fiscale del credito è assunto pari a zero;
nei limiti del valore fiscale del credito rinunciato, il socio aumenta il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (articoli 94, comma 6, e 101, comma 7, Tuir).
I limiti della procedura
Per quanto, secondo l'agenzia delle Entrate (risoluzione 124/E/2017), la disposizione non si applichi ai soci persone fisiche, la dottrina prevalente è di opinione contraria.
TFM AMMINISTRATORI
Il tema ha suscitato un notevole dibattito poiché la deducibilità poggia sul combinato disposto di due norme (articolo 105 e articolo 17 del Tuir ) che è stato variamente interpretato nel corso di questi anni. Da una parte l’articolo 105 Tuir sancisce la possibilità di dedurre le quote maturate nell’esercizio di indennità di cui all’articolo 17, comma 1, lettera. c) del Tuir) e, cioè, appunto, le quote Tfm per amministratori di società. Il dibattito verte su un punto fondamentale: il richiamo all’articolo 17 lett c) del Tuir serve solo per individuare il tipo di indennità la cui imputazione è deducibile, oppure occorre applicare tutta la normativa inserita in quell’articolo 17? Se si applicasse la seconda ipotesi sarebbe necessario dimostrare che il diritto all’indennità deriva da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto amministrativo. La dottrina e in parte la giurisprudenza di merito (parere Cndcec del 9 gennaio 2009, norma Adc 180/2011, Ctp Brescia, sentenza 90/1/12) ha sostenuto, con un condivisibile ragionamento, la prima tesi e cioè che il diritto alla deduzione deriva semplicemente dalla imputazione a conto economico della quota maturata, poiché il richiamo all’articolo 17 serve solo per qualificare il tipo di indennità deducibile, mentre l’agenzia delle Entrate (risoluzione 211/2008) e alcune pronunce della Cassazione (sentenze 18752/2014 e 10959/2007) hanno sostenuto la tesi contraria e cioè che la deduzione è subordinata al rispetto delle condizioni previste nell’articolo 17 del Tuir, quindi sussistenza di atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.
In modo particolare, il quesito ( risposta di consulenza giuridica (n.901-4/2018)) verte sul caso frequente in cui il diritto alla indennità derivi da previsione statutaria e l’amministratore sia nominato già con l’atto costitutivo. Si sostiene da parte dell’interpellante che la norma parla di anteriorità del diritto al Tfm, non di anteriorità con riferimento alla quantificazione dell’entità del Tfm. Pertanto in linea
con questo approccio si propone quale corretto comportamento quantificare il Tfm con delibera assembleare a cui conferire data certa, in un momento successivo alla nomina, posto che l’anteriorità del diritto al Tfm alla nomina dell’amministratore è certificata dalla previsione statutaria.
Questa tesi, però convince solo parzialmente l’Agenzia che per un verso afferma che l’articolo 17, comma 1, lettera c) del Tuir prevede quale presupposto l’accantonamento al fondo l’esistenza di un titolo avente data anteriore all’inizio del rapporto, e già sul punto si potrebbe facilmente obiettare che l’articolo 17 non ha affatto come oggetto la deducibilità della quota Tfm ma si limita a stabilire le condizioni che permettono di beneficiare della tassazione separata in capo al percipiente amministratore.
Per altro verso ritiene che in presenza di previsione statutaria che attesta al diritto alla percezione del Tfm e nomina dell’amministratore avvenuta in sede costitutiva, la delibera di quantificazione possa avvenire entro la fine del medesimo esercizio di costituzione, aggiungendo però che ai fini di dedurre la quota anche negli esercizi successivi sarà necessario quantificare l’importo ogni singolo anno con atto di data certa anteriore all’inizio di ciascun esercizio.
La tesi sembra ALLA DOTTRINA eccessivamente rigorosa, poiché al di là del fatto che già in sé è opinabile che la deducibilità sia condizionata da atto di data certa, la pretesa poi di generare un atto anteriore a ogni singolo esercizio appare priva di copertura normativa, specie nei casi in cui la quota Tfm sia uguale ogni anno o sia prevista quale percentuale stabile del compenso annuo.
Sopravvenienza passiva indennizzo giudiziale
In caso di indennizzo determinato in via giudiziale, il componente negativo di reddito va inserito nel bilancio relativo all’esercizio in cui è emessa la sentenza. Fiscalmente, in forza del principio di derivazione rafforzata, la deduzione segue l’imputazione temporale civile.
Facendo presente che il principio di derivazione rafforzata, stabilito dall’articolo 83 del Tuir, non è quello che si può definire un principio cristallino, è questa la conclusione a cui si può arrivare alla luce di quanto affermato dall’agenzia delle Entrate con l’interpello n. 108 del 13 dicembre 2018, attraverso il quale è stata risolta una questione riguardante l’allocazione temporale di una sopravvenienza originata da una transazione conclusa nel 2018, ma derivante, sostanzialmente, da una sentenza della corte di Cassazione emessa già nel 2017.
L’agenzia delle Entrate facendo dapprima presente che con propria risoluzione n. 77/E del 2017, è stato già chiarito che per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del codice civile, le modifiche normative apportate dal Dl 244/2016 hanno introdotto «regole di determinazione del reddito coerenti con le nuove modalità di rappresentazione contabile, estendendo, ove compatibili, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti IAS/IFRS adopter», evidenzia che la rilevanza fiscale dei dati di bilancio presuppone che siano stati correttamente applicati i principi contabili.
Partendo, dunque, da questo importante assunto, per individuare la corretta imputazione temporale del componente negativo di reddito oggetto dell’interpello, e derivante da una transazione, occorre fare riferimento al momento di effettiva insorgenza del debito da un punto di vista civilistico. Il principio contabile nazionale, OIC 19, dopo aver «stabilito» che i debiti sono definiti come «passività di natura determinata ed esistenza certa, che rappresentano obbligazioni a pagare ammontari fissi o determinabili di disponibilità liquide, o di beni e servizi aventi un valore equivalente, di solito a una data stabilita», al paragrafo 38 evidenzia che i debiti di finanziamento e quelli che si originano per ragioni diverse dallo scambio di beni e di servizi «sono iscrivibili in bilancio quando sorge l’obbligazione della società al pagamento verso la controparte, da individuarsi sulla base delle norme legali e contrattuali».
Xxxxxxxx, dunque, alla questione oggetto di interpello visto che la sentenza della Suprema Corte, che ha confermato l’ordine di confisca dell’immobile, da cui è insorto, poi, il componente negativo di reddito, è stata emessa nel 2017, l’Agenzia evidenzia che deve ritenersi quello il momento in cui, sostanzialmente, sorge l’obbligazione della società al pagamento verso la controparte. Anche ai fini fiscali, proprio in virtù del menzionato principio di derivazione rafforzata, il componente negativo in oggetto, rappresentato da un indennizzo dovuto conseguentemente alla risoluzione del contratto, può quindi essere riconosciuto nel periodo
d’imposta 2017. Sottolinea, però, l’Agenzia, che ove fosse stanziato un eventuale accantonamento operato sempre nel 2017 a fronte di eventuali ulteriori oneri collegati all’indennizzo e alla conseguente sopravvenienza, esso non risulta essere fiscalmente deducibile visto che il quarto comma dell’articolo 107 del Tuir stabilisce, letteralmente, che «Non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del presente capo».
Irap, non imponibili solo i contributi correlati a costi indeducibili
Ai fini Irap, è possibile escludere un contributo dalla base imponibile nella sola ipotesi in cui sia stata prevista dalla legge una specifica ed inequivocabile correlazione tra il contributo stesso e la sua destinazione alla copertura di componenti negativi non deducibili. Questa è la conclusione che emerge dall'Ordinanza della Cassazione 12 aprile 2019 n. 10292 .
La risoluzione 330/E ha, inoltre, precisato che concorrono, invece, alla formazione della base imponibile Irap i contributi la cui quantificazione viene meramente parametrata a determinati elementi negativi, ancorché non deducibili.
l’articolo 11, comma 3, del Dlgs 446/1997, all’epoca vigente, disponeva che concorrono alla formazione della base imponibile Irap i
«contributi erogati a norma di legge con esclusione di quelli correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione». Tale disposto normativo, oggi sostanzialmente replicato dal vigente articolo 5, comma 3, del Dlgs 446/1997, è volto a stabilire una generale imponibilità dei contributi, con esclusione di quelli per cui:
•sia prevista un’esclusione dalla base imponibile del tributo regionale dalla legge istitutiva del singolo contributo;
•oppure, risulti esservi una correlazione con costi indeducibili ai fini Irap.
Circa la portata della suddetta correlazione richiesta dalla norma, l’Amministrazione finanziaria si era in passato pronunciata con la risoluzione 21 ottobre 2002, n. 330/E e con la risoluzione 5 febbraio 2008, n. 34/E. In tali risoluzioni, viene affermato che la correlazione richiesta dalla norma deve essere diretta e tale da individuare e vincolare in modo preciso ed inequivocabile la destinazione del contributo erogato. In altri termini, deve sussistere un «rapporto – nesso logico - reso esplicito dalla legge istitutiva tra la somma erogata a titolo di contributo e il corrispondente componente negativo». La risoluzione 330/E ha, inoltre, precisato che concorrono, invece, alla formazione della base imponibile Irap i contributi la cui quantificazione viene meramente parametrata a determinati elementi negativi, ancorché non deducibili.
Deducibilità dei bonus ai dipendenti
Una questione molto comune riguarda la corretta individuazione del periodo di imposta in cui si rendono deducibili i costi relativi ai bonus variabili liquidati ai lavoratori dipendenti.
Al fine di individuare una possibile soluzione alla fattispecie prospettata può essere utile richiamare un chiarimento fornito
dall’Agenzia delle entrate con la risposta all’istanza di interpello n. 1 del 2019.
Il caso analizzato riguardava un’impresa che corrispondeva ai suoi dipendenti una retribuzione in parte variabile, soggetta ad una procedura che coinvolgeva anche il gruppo di appartenenza, e che si concludeva in un momento successivo alla data di chiusura dell’esercizio; inoltre, il bonus variabile era corrisposto, come di consueto, in una o più tranches, anch’esse in parte liquidate dopo la suddetta data.
in questo scenario, il comportamento contabile dell’impresa istante consisteva nell’imputare il costo relativo ai bonus variabili ed ai relativi contributi previdenziali nell’esercizio di riferimento, ossia nel periodo d’imposta in cui il lavoratore aveva prestato i propri servizi e quindi maturato il bonus; la contropartita del costo consisteva nella rilevazione di un rateo passivo (soluzione civilisticamente opinabile quanto si tratta di un debito).
Al momento del pagamento, veniva poi semplicemente chiuso il rateo con movimento di mero numerario.
Ciò che è rilevante sottolineare della Risposta in commento, al di là del caso specifico, è proprio l’affermazione della rilevanza, nel
caso di specie, della “derivazione rafforzata”.
Ossia, la deduzione del costo in oggetto segue la sua qualificazione e classificazione economica e patrimoniale così come esposta nel bilancio d’esercizio redatto secondo i relativi Principi contabili di riferimento (nel caso di specie, si tratta di impresa OIC Adopter).
Quindi:
• se la componente di costo ha natura patrimoniale di “debito” ai fini del bilancio d’esercizio, secondo la corretta applicazione dei principi contabili di riferimento (Oic 19), allora essa è deducibile nell’esercizio stesso della sua imputazione; viceversa
• se la componente di costo ha natura di “accantonamento” ai fini del bilancio d’esercizio secondo le indicazioni dell’Oic 31, allora, la sua deduzione deve essere rinviata all’esercizio in cui il bonus assume definitività poiché, come noto, anche per i soggetti Oic vale la regola della indeducibilità degli accantonamenti diversi da quelli consentiti ai sensi delle disposizioni del Tuir.
Questa soluzione trova perciò corrispondenza con quanto era stato già in precedenza affermato dalla Fondazione Nazionale Commercialisti la quale, come si ricorderà, nel suo documento di disamina dei temi aperti riguardo alla derivazione rafforzata, aveva indicato due scenari.
Il primo scenario si realizza quando l’impresa, alla fine dell’esercizio, è in grado di calcolare la quota di remunerazione variabile e quindi, in linea con l’Oic 19, rileva un debito in contropartita del costo; in questa circostanza si ha una “passività di natura determinata ed esistenza certa” il cui ammontare è “fisso o determinabile”. Non è dirimente il fatto che la determinazione puntuale della remunerazione avverrà solo nell’esercizio seguente, poiché questa fase assumere una funzione solo ricognitiva. Dal punto di vista fiscale, quindi, il costo che ha come contropartita un debito è deducibile nello stesso esercizio della sua imputazione per competenza.
Il secondo scenario ipotizzato dalla FNC riguarda invece la situazione in cui, a causa dell’assenza di criteri predeterminati e/o della presenza di condizioni di incertezza, in contropartita del costo viene rilevato un fondo così che, ai sensi dell’articolo 107 Tuir, trattandosi di accantonamenti, la deduzione fiscale non è consentita nell’anno di imputazione, ma solamente nell’esercizio seguente in cui sarà perfezionata la definizione della remunerazione variabile.
Passività potenziali valutazione ed iscrizione in bilancio, del Cndcec e della Fondazione nazionale dei commercialisti,
Le voci di bilancio che hanno carattere
A) oggettivo derivano da atti di scambio, di natura certa e incontrovertibile,
B) i valori soggettivi sono il frutto di processi valutativi e, pertanto, di natura discrezionale
Per i valori oggettivi si parla di quantificazione-accertamento e per i valori soggettivi di quantificazione-determinazione.
Il documento di ricerca « illustra la collocazione di quelle che, non essendo considerate passività certe, vanno richiamate in bilancio nelle differenti gradazioni mediante l'appostazione di un fondo rischi, piuttosto che in nota integrativa.
Nel processo valutativo le poste soggettive si distinguono, a loro volta, in
A) stime La stima si ha quando la grandezza economica è difficilmente determinabile per carenza informativa, ovvero a causa dell'indeterminatezza delle condizioni alla base della configurazione. Le “stime” portano a un valore che si avvicina a quello reale: è il caso, per esempio, delle rimanenze di magazzino.
B) congetture. La congettura, invece, è una supposizione, una proposta, senza alcuna pretesa di realtà e si fonda sulla determinazione di un valore “congruo” mediato in modo indiretto rispetto ai prezzi di mercato di futura manifestazione: esempi sono ammortamenti, accantonamenti a fondi rischi, rivalutazioni o svalutazioni di beni aziendali. Nelle congetture aumenta il grado di discrezionalità valutativa e, pertanto, la possibilità di commettere “errori”.
Nel documento viene analizzata la differenza tra passività “probabile”, iscrivibile in un fondo rischi e passività “possibile” da richiamare in nota integrativa, o passività “remota”, che non richiede alcuna informativa di bilancio. Il documento si pone il fine di stabilire in quale circostanza il rischio, riconducibile anche ad una garanzia che è fatta valere, debba essere tradotto in una passività “probabile”, “possibile” o “remota”.
Nell’OIC 31 con riferimento al concetto di “potenziale“ richiama le seguenti caratteristiche:
- la natura determinata ed “esistenza probabile” della passività relativamente al verificarsi di un evento futuro;
- la “potenzialità” che la passività sia connessa a situazioni esistenti alla data di bilancio;
- lo “stato di incertezza” che si verifichi l’evento futuro e che da tale evento possa scaturire una perdita per l’azienda.
La maggiore difficoltà, affinché si possa parlare di “passività potenziale”, è quindi quella di stabilire quando la “probabilità” è tale da tramutarsi in effettivo rischio, ovvero in un’incertezza misurabile.
I fondi per oneri, connessi a obbligazioni già assunte alla data del bilancio, sono “certi” nell'esistenza, ma incerti nell'importo o nella
data di accadimento, ambedue stimate.
Invece, i fondi rischi, sempre connessi a situazioni esistenti alla data del bilancio, rappresentano passività di natura determinata ed esistenza “probabile”, i cui valori sono stimati: sono caratterizzati da uno stato di incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro.
L'Oic 31 precisa che un evento è probabile quando il suo accadimento è ritenuto verosimile alla data di chiusura del bilancio: per esempio, il rischio legato a una garanzia ipotecaria o fideiussoria è difficile possa qualificarsi “verosimile” senza evidenti segnali di natura reddituale e finanziaria che attestino il rischio di escussione. Diverso il caso di un contenzioso tributario già avviato alla data del bilancio e per il quale vi è la “verosimile” possibilità di una conclusione negativa: qui la passività è probabile.
La natura della passività, come precisato nell'Oic 31, è alla base dell'iscrizione dei fondi per rischi e oneri: sono fondi rischi le passività i cui valori stimati presentano natura determinata ed esistenza probabile, relativamente a situazioni in essere alla data di chiusura del bilancio; invece, i fondi per oneri fanno riferimento a passività di natura determinata ed esistenza certa, seppure stimate nell'importo e nella data di sopravvenienza.
In conclusione, per le passività probabili, ma con importo non determinabile, e per le passività possibili occorre richiamare le condizioni d'incertezza mediante evidenza del rischio in nota integrativa (articolo 2427 n. 9, del Codice civile).
Negli altri casi, invece, necessita l'iscrizione di un fondo che sarà eventualmente adeguato/riveduto negli esercizi successivi, come prevede il principio contabile Oic 29.
Come si evince dalla definizione contenuta nel principio contabile Oic 31, i fondi per rischi e oneri consistono in poste di bilancio destinate a rappresentare “passività di natura determinata, certe o probabili, con data di sopravvenienza o ammontare indeterminati”. In particolare, i fondi per “rischi” accolgono passività di natura determinata ed esistenza probabile, ma i cui valori sono solo stimati; si tratta, quindi, di passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato d’incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro.
I fondi per “oneri”, invece, accolgono passività di natura determinata ed esistenza certa, stimate nell’importo o nella data di sopravvenienza, connesse a obbligazioni già assunte dall’impresa alla data di chiusura del bilancio, ma che avranno la loro manifestazione numeraria in un esercizio successivo.
Gli accantonamenti a fondi rischi e oneri in base all’OIC n. 31, §19, prima di essere allocati nelle voci B.12 e B.13 del conto economico, devono essere classificati nelle altre voci del conto economico avendo riguardo alla natura dell’onere che il fondo intende fronteggiare, privilegiando la classificazione per natura.
La deducibilità degli accantonamenti ai fini fiscali
In tema di accantonamenti, l’articolo 107, comma 4, Tuir prevede il principio fiscale di tassatività degli accantonamenti: “Non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del presente capo”.
Le situazioni in cui il Tuir ammette la deducibilità dell’accantonamento sono piuttosto limitate (es: TFM, svalutazione crediti), anche in considerazione del fatto che trattandosi di una posta dove è rilevante l’aspetto valutativo, lo stanziamento potrebbe non essere unicamente dettato da logiche civilistiche di prudenza, ma potrebbe essere viziato da intenti fiscali di elusione attuati tramite l’anticipazione della deduzione dell’onere.
Proprio per tale motivo, il Legislatore pone sotto attenzione gli accantonamenti, ammettendone la rilevanza fiscale solo in alcuni specifici casi (peraltro con precise limitazioni).
Ora, visto che i principi contabili impongono lo stanziamento dell’onere secondo la sua specifica natura, potrebbe sorgere il dubbio che, non essendo state alimentate le voci dedicate agli accantonamenti (B12e B13), detta rilevazione per competenza potrebbe in qualche modo sfuggire alla limitazione dell’articolo 107, guadagnando quindi il diritto alla deduzione.
L’articolo 2, comma 1, lettera b), n. 5 D.M. 03.08.2017 rende applicabili ai soggetti di cui all’articolo 83, comma 1 bis, Tuir (ossia i soggetti Oic diversi dalle micro imprese) le previsioni del D.M. 08.06.2011 con riferimento all’articolo 9, relativamente alle passività di cui all’Oic 31.
La relazione illustrativa evidenzia come tale disciplina renda applicabili le limitazioni dell’articolo 107 a tutti i componenti iscritti in contropartita di passività di scadenza o di ammontare incerti che presentino i requisiti indicati dall’Oic 31, ancorché si tratti di componenti negativi di reddito classificati sulla base della natura delle spese che generano le predette passività (e non a titolo di accantonamento).
In altre parole, un accantonamento è tale indipendentemente dalla voce di conto economico che viene utilizzata e, pertanto,
subisce le richiamate limitazione previste dall’articolo 107.
Costituzione del diritto di superficie a tempo determinato - Principio di derivazione rafforzata - Effetti (ris. Agenzia delle Entrate 15.5.2018 n. 37)
La ris. Agenzia delle Entrate 15.5.2018 n. 37 ha chiarito il trattamento fiscale applicabile in caso di costituzione di un diritto di superficie a tempo determinato in capo al concedente che eserciti attività d'impresa.
Il documento di prassi si riferisce, in particolare, ai soggetti che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile (diversi
dalle micro imprese) e che, quindi, applicano, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, il principio di derivazione rafforzata ex art. 83 co. 1 del TUIR (così come modificato dal DL 244/2016 convertito).
Nel caso di specie, il corrispettivo della concessione del diritto di superficie era costituito da un canone annuo, incassato in tranches trimestrali anticipate.
Precedente orientamento dell'Amministrazione finanziaria
L'art. 9 co. 5 del TUIR stabilisce, con presunzione assoluta, che "ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento". Pertanto, la costituzione del diritto di superficie è equiparata alla cessione a titolo oneroso del diritto di proprietà.
Nel caso in cui il percettore sia un'impresa, alle somme conseguite a seguito della cessione o costituzione del diritto di superficie sono applicabili i principi del reddito d'impresa di cui agli artt. 81 ss. del TUIR (ris. Agenzia delle Entrate 28.4.2009 n. 112).
Ne consegue che la cessione del diritto reale di godimento comporta la realizzazione di ricavi (art. 85 del TUIR) ovvero plusvalenze (art. 86 del TUIR), a seconda che il bene su cui grava il diritto reale sia produttivo di ricavi (cioè un bene alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa) ovvero sia un bene patrimoniale o strumentale (si veda, su tutti, norma di comportamento AIDC 1.3.2012 n. 183).
La ris. Agenzia delle Entrate 7.8.2002 n. 272 ha chiarito che, trattandosi della cessione di un bene e non di una prestazione di servizi, il periodo d'imposta di competenza del corrispettivo spettante a fronte della concessione del diritto di superficie è quello in cui viene stipulato il contratto di cessione del diritto, ai sensi dell'art. 109 co. 2 lett. a) del TUIR.
Peraltro, nel caso in cui il bene su cui grava il diritto reale sia un bene patrimoniale o strumentale, per effetto del combinato disposto degli artt. 9 co. 5 e 86 co. 4 del TUIR, la plusvalenza concorre a formare il reddito (ris. Agenzia delle Entrate 112/2009; norma di comportamento
AIDC 183/2012):
- per l'intero ammontare nell'esercizio in cui si è realizzata, vale a dire nell'esercizio in cui è stato stipulato l'atto di concessione del diritto ai sensi dell'art. 109 co. 2 lett. a) del TUIR;
- in quote costanti nell'esercizio di stipulazione dell'atto e nei successivi, ma non oltre il quarto, nel caso in cui i beni oggetto della concessione siano posseduti da non meno di 3 anni.
Per quanto riportato, in caso di diritto di superficie a tempo determinato, si determinava un disallineamento tra trattamento contabile (nel cui ambito il corrispettivo percepito è ripartito pro-quota sulla base della durata del diritto) e trattamento fiscale, con la conseguente necessità di operare apposite variazioni in aumento e in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi.
Secondo una parte della dottrina (si vedano, su tutti, Xxxxxxxx X., Xxxxxxx A. "Il trattamento del diritto di superficie ai fini delle imposte sui redditi segue il bilancio", Il fisco, 15, 2016, p. 1/1414 ss.), invece, l'art. 9 co. 5 del TUIR trova applicazione soltanto con riferimento all'ipotesi di diritto di superficie costituito a tempo indeterminato con pagamento del corrispettivo una tantum, in quanto lo stesso produce effetti economici equivalenti alla cessione a titolo oneroso. Per contro, in caso di diritto di superficie costituito a tempo determinato, il corrispettivo deve essere imputato a Conto economico e deve concorrere a formare il reddito imponibile ai fini fiscali pro rata temporis, in base al criterio di maturazione, in quanto la costituzione del diritto è assimilabile ad una prestazione di servizi "di durata".
Effetti del principio di derivazione rafforzata
Ai sensi dell'art. 83 co. 1 del TUIR, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli del TUIR, "i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili".
In sostanza, per effetto del principio di derivazione rafforzata, ai fini della determinazione del reddito imponibile, gli elementi reddituali e patrimoniali assumono rilevanza in base alle risultanze contabili.
Il DM 3.8.2017, nel rinviare alle disposizioni contenute nel DM 1.4.2009 n. 48, ha stabilito che, in riferimento ai soggetti che adottano il principio di derivazione rafforzata, devono intendersi non applicabili le regole di competenza fiscale di cui all'art. 109 co. 1 e 2 del TUIR, che, nell'assunzione dei costi e dei ricavi, pongono prevalentemente riferimento alle condizioni di certezza e oggettiva determinabilità dei componenti reddituali e alle risultanze giuridico-formali.
Trattamento contabile
In base al nuovo documento OIC 11, nei casi in cui i principi contabili nazionali non contengano una disciplina per fatti aziendali specifici (come nel caso della costituzione del diritto di superficie), la società include, tra le proprie politiche contabili, uno specifico trattamento contabile sviluppato facendo riferimento, in prima battuta e in via analogica, alle disposizioni contenute in principi contabili nazionali che trattano casi simili.
Nella specie, secondo la ris. 37/2018, risulta applicabile in via analogica la disciplina prevista in riferimento al superficiario dal documento OIC 12 (§ 65), secondo cui "i canoni periodici corrisposti a terzi per … la concessione del diritto di superficie su immobili" sono iscritti nella voce "B.8 - Costo per godimento di beni di terzi" del Conto economico.
Ciò induce a ritenere corretta, dal lato dei componenti positivi di reddito, la rilevazione (prospettata dall'istante) dei canoni periodici spettanti per la costituzione del diritto di superficie a tempo determinato come "ricavi" (e non come plusvalenze) in base alla maturazione contrattuale.
Conseguenze ai fini impositivi
Per effetto del principio di derivazione rafforzata, il corretto trattamento fiscale della fattispecie in esame discende dalla sua corretta contabilizzazione.
Pertanto, ad avviso della ris. 37/2018, il corrispettivo conseguito per la costituzione del diritto di superficie a tempo determinato concorre alla formazione del reddito d'impresa come ricavo (e non come plusvalenza), così come imputato in bilancio (cioè secondo la maturazione contrattuale)
Partecipazioni - Acquisto con pagamento differito - Rilevazione in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato - Principio di derivazione rafforzata - Effetti fiscali (norma di comportamento AIDC 203/2018)
Attualizzazione dei debiti relativi all'acquisto di partecipazioni
A seguito degli emendamenti recentemente apportati ai principi contabili nazionali, il documento OIC 21 (§ 21A) stabilisce che "nel caso in cui il pagamento sia differito a condizioni diverse rispetto a quelle normalmente praticate sul mercato, per operazioni similari o equiparabili, le partecipazioni sono iscritte in bilancio al valore corrispondente al debito determinato ai sensi dell'OIC 19".
In sostanza, per i bilanci in forma ordinaria, il debito correlato all'acquisto di partecipazioni deve, al ricorrere delle condizioni previste dal principio contabile e sempre che gli effetti siano rilevanti, essere attualizzato ex art. 2426 co. 1 n. 0 x.x., xx xxxxx xxx xxxxx "x crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale".
Per effetto dell'attualizzazione del debito, la corrispondente posta iscritta all'attivo dello Stato patrimoniale è rilevata in contabilità ad un valore inferiore rispetto al prezzo contrattualmente pattuito.
Più in particolare, l'applicazione dell'attualizzazione al costo di acquisto delle partecipazioni comporta che, sussistendone le condizioni, quota parte del prezzo pattuito per l'acquisto assuma natura di onere finanziario e sia rilevata a Conto economico lungo la durata del debito utilizzando il criterio del tasso di interesse effettivo.
Analogamente avviene, a contrariis, in caso di vendita di partecipazioni, in riferimento al relativo credito.
Effetti del principio di derivazione rafforzata
Ai sensi dell'art. 83 co. 1 del TUIR (così come modificato dal DL 244/2016 convertito, con riguardo ai componenti rilevati in bilancio a decorrere dall'esercizio successivo a quello in xxxxx xx 00.00.0000, 2016 per i soggetti "solari"), per i soggetti che redigono il bilancio in base alle disposizioni del codice civile diversi dalle micro imprese valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli del TUIR, "i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili" (principio di derivazione rafforzata).
Per effetto della richiamata disposizione, ai fini della determinazione del reddito imponibile, assumono rilevanza gli elementi reddituali e patrimoniali così come rappresentati in bilancio in base al principio di prevalenza della sostanza sulla forma (art. 2 co. 1 del DM 1.4.2009 n. 48 e art. 2 co. 1 lett. a) n. 1 del DM 3.8.2017).
In linea generale, quindi, il principio di derivazione rafforzata determina il riconoscimento fiscale delle rappresentazioni di bilancio fondate sul principio di prevalenza della sostanza sulla forma e delle altre disposizioni codicistiche, quali, ad esempio, il criterio del costo ammortizzato e l'attualizzazione.
Specificità delle operazioni su titoli partecipativi
Il DM 3.8.2017, nel disciplinare le regole da applicare qualora un'operazione sia realizzata tra soggetti che adottano principi contabili differenti, ha stabilito, rinviando alle disposizioni, dettate per i soggetti IAS, del DM 1.4.2009 n. 48, che ciascun soggetto che interviene nel medesimo rapporto contrattuale determina il reddito imponibile in base al proprio regime contabile (principio di non necessaria simmetria).
Fanno eccezione a tale regola generale alcuni istituti di carattere fiscale che, per le loro caratteristiche, impongono un identico trattamento per tutti i partecipanti, indipendentemente dai criteri contabili adottati, quali le operazioni su titoli partecipativi.
In particolare, ai sensi dell'art. 3 co. 3 del DM 48/2009, fermi restando i criteri di imputazione temporale previsti dai principi contabili applicati, quando oggetto delle operazioni siano i titoli di cui all'art. 85 co. 1 lett. c) e d) del TUIR, anche costituenti immobilizzazioni finanziarie, con esclusione delle azioni proprie e degli altri strumenti rappresentativi del patrimonio proprio, il regime fiscale è individuato sulla base della natura giuridica delle operazioni.
Pertanto, per il trasferimento di partecipazioni non rilevano i criteri di derecognition previsti dai principi contabili (che si basano sul passaggio di rischi e benefici), ma la nozione giuridica di realizzo (Relazione illustrativa al DM 48/2009).
La norma di comportamento AIDC 203 sottolinea come la previsione in esame trovi origine nella necessità che talune operazioni, che hanno una disciplina "trasversale", abbiano un'unica regolamentazione fiscale per tutti i soggetti coinvolti, a prescindere dal regime contabile adottato (in questo senso, si veda anche circ. Assonime 22.9.2008 n. 53, § 2.7).
In particolare, poiché il regime fiscale delle partecipazioni sociali è caratterizzato da regole di parziale detassazione dei relativi proventi, al fine di evitare fenomeni di doppia o nessuna deduzione di componenti negativi, ovvero di doppia o nessuna tassazione di componenti positivi causati dalla contemporanea applicazione di differenti regimi contabili, con riferimento a tale fattispecie non trova applicazione il principio di derivazione rafforzata (in questo senso, si veda anche Guida Assonime maggio 2011, p. 95).
Ne consegue che, per i soggetti che applicano il criterio del costo ammortizzato e l'attualizzazione:
- il costo fiscale di acquisto della partecipazione (così come il prezzo di vendita) è pari al corrispettivo contrattualmente pattuito, a prescindere dal fatto che, in applicazione di tale criterio, una parte del corrispettivo venga contabilmente rilevata come onere (o provento) finanziario;
- l'onere (o il provento) finanziario rilevato in contabilità lungo la durata della dilazione del debito (o del credito) non ha rilevanza
fiscale.
Si devono, quindi, operare le opportune variazioni in sede di dichiarazione dei redditi
Riserva di rivalutazione con utili del periodo di tassazione L’agenzia delle Entrate, con interpello 332 dell’8 agosto 2019
In presenza di una riserva di rivalutazione in sospensione d’imposta che non è stata affrancata, essa si considera fiscalmente una riserva di utili formata nel periodo d’imposta in cui la società, che la distribuisce in tutto o in parte, la assoggetta a tassazione.
La riserva di rivalutazione in sospensione d’imposta e non affrancata risulta essere, dunque, una riserva formata con utili per periodo d’imposta in cui subisce la tassazione, attraverso la predetta variazione in aumento, in capo alla società. Nel caso analizzato la riserva risulta essere formata con utili del 2018 (era stata distribuita nel 2018) e pertanto il singolo socio, persona fisica che non detiene la partecipazione in regime d’impresa, deve assoggettare l’utile a ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 26 per cento.
lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale
Lavori in corso con prevalenza delle norme dettate dal Testo unico sui criteri adottati in bilancio, almeno per quanto concerne i criteri di valutazione. Questa conclusione, confermata dall’agenzia delle Entrate per i soggetti Oic nel corso di Telefisco 2018, non è applicabile ai soggetti Ias, per i quali la rilevazione delle commesse è oggetto di derivazione rafforzata, come confermato dal Dm 10 gennaio 2018 di coordinamento tributario del nuovo principio Ifrs 15.
Per i soggetti Oic, gli articoli 92 e 93 del Tuir affrontano aspetti valutativi, che non sono interessati dalla derivazione rafforzata. Per cui, come chiarito nel corso di Telefisco, se in bilancio le commesse ultrannuali sono valutate con il metodo della commessa completata («al costo»), in quanto mancante dei requisiti ai paragrafi 43-46 dell’Oic 23, fiscalmente va operata una variazione dichiarativa per ricondurre il valore a quello ottenibile con il metodo della percentuale di completamento («a ricavo»). Si ritiene che valga anche il contrario (commessa infrannuale valutata in bilancio con il metodo della percentuale di completamento e ricondotta in dichiarazione al metodo della commessa completata), come del resto emerge dalla descrizione del rigo RF54 nel modello Redditi SC.
La Fondazione nazionale dei commercialisti ha diffuso in data 14 giugno 2018 un di ricerca “Lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale: profili contabili e fiscali alla luce della «nuova» derivazione rafforzata”, che analizza il trattamento contabile, e i
connessi riflessi fiscali, delle commesse pluriennali, sia per i soggetti IAS adopter, sia per i soggetti che applicano gli standard interni.
Per quanto concerne le imprese OIC-adopter in derivazione rafforzata, la Fondazione Nazionale Commercialisti si sofferma, tra l’altro, sulla ventilata possibilità di attribuire rilievo fiscale alla valutazione in bilancio delle opere di durata ultrannuale con il metodo della commessa completata.
Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 2426 comma 1 n. 11 c.c., “i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”.
Pertanto, contabilmente dette rimanenze possono essere valutate:
- sia con il criterio “generale” del costo previsto dall’art. 2426 comma 1 n. 9 c.c. (c.d. metodo della commessa completata); si ha quindi una valutazione al solo costo sostenuto e l ‘utile della commessa va solo al momento della consegna finale (si tratta del criterio applicato alle commesse infrannuali)
- sia sulla base del corrispettivo contrattuale maturato, ancorché superiore al costo (c.d. metodo della percentuale di completamento). Pertanto la valutazione delle rimanenze avviene imputando alle stesse una parte dell’utile della commessa.
Nella determinazione del reddito d’impresa, invece, la valutazione delle commesse di durata ultrannuale deve avvenire sulla base dei corrispettivi pattuiti (art. 93 comma 2 del TUIR). Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati avanzamento lavori (SAL) la valutazione avviene sulla base dei corrispettivi liquidati (e in questo caso si iscrivono ricavi e non rimanenze finali).
Infatti, con riferimento alle commesse la cui esecuzione ha avuto inizio dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 (2007, per i soggetti “solari”), non è più possibile, ai fini fiscali, valutare le opere di durata ultrannuale al costo e, conseguentemente, rinviare l’imputazione dei corrispettivi all’esercizio nel quale le opere sono consegnate e i servizi ultimati, con differimento dell’utile fino al completamento della commessa.
Ciò posto, in seguito all’introduzione del principio di derivazione rafforzata, era sorto il dubbio che, per i soggetti che lo adottano, la valutazione contabile con il criterio della commessa completata assumesse rilievo anche ai fini fiscali.
La Fondazione nazionale dei commercialisti esclude tale eventualità, allineandosi, sul punto, alle risposte rese dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito di Telefisco 2018 In sostanza, il principio di derivazione rafforzata non disattiva le regole fiscali stabilite dall’art. 93 del TUIR in relazione alle commesse ultrannuali, con la conseguente irrilevanza fiscale della valutazione contabile di tali commesse con il criterio della commessa completata.
È, inoltre, previsto dall art 93 che "i corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi e la valutazione tra le rimanenze, in caso di liquidazione parziale, è limitata alla parte non ancora liquidata" . In sostanza, per le opere o parti di esse
realizzate e consegnate al committente o per le forniture eseguite ovvero per i servizi resi che configurino prestazioni ultimate - e, in ogni caso, allorché i corrispettivi vengano liquidati in via definitiva dal committente - l'appaltatore consegue "ricavi"
Quindi se le imprese valutano le opere ultrannuali con il criterio della commessa completata (valutano le rimanenze in base ai soli costi) in sede di dichiarazione dei redditi occorre effettuare una variazione fiscale in aumento.
Margine economico determinato in base al trattamento contabile
Peraltro, osserva la FNC, l’introduzione della derivazione rafforzata per i soggetti OIC-adopter differenti dalle micro- imprese comporta il riconoscimento fiscale dell’eventuale adozione del combining/segmenting nella contabilizzazione delle
commesse, atto a influenzare la determinazione del margine economico attribuibile ad ogni attività svolta lungo la durata della commessa.
In pratica, al riconoscimento delle diverse “qualificazioni” di bilancio sancito dall’art. 83 del TUIR per i soggetti OIC (diversi dalle microimprese) consegue che la contabilizzazione della commessa con il metodo del combining e del segmenting diviene prodromica alla disciplina dell’art. 93 del TUIR, che “naturalmente” si applica alla commessa così come contabilizzata in bilancio in applicazione dell’OIC 23.
Art. 93 - Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale
1. | Le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio. A tal fine le rimanenze finali, che costituiscono esistenze iniziali dell'esercizio successivo, sono assunte per il valore complessivo determinato a norma delle disposizioni che seguono per la parte eseguita fin dall'inizio dell'esecuzione del contratto, salvo il disposto del comma 4. |
2. | La valutazione è fatta sulla base dei corrispettivi pattuiti. Delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento. Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati di avanzamento la valutazione è fatta in base ai corrispettivi liquidati. |
4. | I corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi e la valutazione tra le rimanenze, in caso di liquidazione parziale, è limitata alla parte non ancora liquidata. Ogni successiva variazione dei corrispettivi è imputata al reddito dell'esercizio in cui è stata definitivamente stabilita. |
LE COMMESSE ULTRANNUALI – LA VALUTAZIONE FISCALE
I beni in corso di produzione e i servizi in corso di esecuzione a fine esercizio sono valutati in base ai costi sostenuti (ex art. 92 co. 6 del TUIR). Tuttavia, se si tratta di opere, forniture o servizi pattuiti con oggetto unitario e con durata ultrannuale, la valutazione avviene a norma dell'art. 93 del TUIR.
Durata della commessa
Per durata della commessa deve intendersi il periodo di tempo che intercorre tra la data di inizio di esecuzione della fornitura e la data di consegna dei lavori o di ultimazione dei servizi.
Al fine del calcolo, bisogna avere riguardo alla durata prevista dal contratto, con la conseguenza che il verificarsi di eventi quali sospensioni dei lavori per eventi atmosferici, scioperi del personale, rinvenimento di reperti archeologici, ecc. non dovrebbe comportare, di regola, la modifica della durata valevole ai fini fiscali e, dunque, l'applicazione dell'art. 93 del TUIR (naturalmente in caso di superamento dei 12 mesi nell'esecuzione dei lavori).
L'ultrannualità deve essere valutata in relazione all'esecuzione dell'opera o della fornitura unitariamente intesa e non alla durata delle singole obbligazioni poste a carico del commissionario necessarie per l'esecuzione della fornitura.
Unitarietà della prestazione
Quanto all'unitarietà e all'inscindibilità della prestazione, la ris. Agenzia Entrate 31.10.2002 n. 342 ha precisato che soltanto con riferimento ai lavori "a corpo", in cui viene pattuito un corrispettivo unitario (sintomo del fatto che, sul piano contrattuale, assume esclusiva rilevanza l'opus perfectum), sorge la necessità per il commissionario di valorizzare in bilancio la quota dei lavori effettuati alla data della chiusura di ciascun esercizio.
Criteri di valutazione
Al ricorrere delle suddette condizioni, la parte delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale eseguita nel corso dell'esercizio viene valorizzata sulla base dei corrispettivi pattuiti:
• limitatamente alla parte non ancora liquidata;
• per la parte eseguita e non coperta da stati di avanzamento.
Si suppone che una società:
• stipuli un contratto di appalto della durata di 6 anni;
• stabilisca un corrispettivo di 1.000.000 di euro.
I costi presunti complessivi per la realizzazione dell'opera sono stimabili in 600.000 euro.
Al 31.12.X i lavori eseguiti hanno comportato costi effettivi di 120.000 euro, pari al 20% dei costi complessivi presunti (600.000
× 20% = 120.000). La percentuale del 20% applicata al corrispettivo totale fornisce il valore da attribuire alle rimanenze da imputare nell'esercizio X. Utilizzando questo metodo, pertanto, il valore da attribuire alle rimanenze è pari al 20% di 1.000.000, vale a dire
200.000 euro.
Maggiorazioni di prezzo
Le maggiorazioni di prezzo:
• rilevano in sede di valutazione delle rimanenze quando trovano il loro fondamento in disposizioni di legge (codice civile, regolamenti di appalti pubblici) oppure nelle clausole contrattuali (secondo le R.M. 30.12.77 n. 9/2214 e 23.10.75 n. 9/50032, le maggiorazioni di prezzo non richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali assumono rilevanza giuridica solo se accettate dal committente);
• sono computate in sede di valutazione delle rimanenze, in misura non inferiore al 50%, se non definitivamente approvate, oppure tra i ricavi per l'intero ammontare, se sono già state definitivamente accettate dal committente.
Le suddette maggiorazioni possono essere avanzate (C.M. 22.9.82 n. 36/9/1918):
• a titolo di revisione prezzi, di riserve, di maggiori corrispettivi per aumenti o variazioni delle opere ordinati durante l'esecuzione dei lavori;
• per aumento del costo della manodopera o dei materiali;
• per sopravvenuta difficoltà di esecuzione;
• per qualsiasi altro titolo che trovi il suo fondamento nella legge o nel contratto.
La liquidazione parziale delle maggiorazioni di prezzo, superiore al 50% dell'importo richiesto, può non essere sottoposta a verifica o riserva. In questo caso, la C.M. 22.9.82 n. 36/9/1918 e la R.M. 31.1.81 n. 9/2492 hanno precisato che detta liquidazione parziale costituisce "una implicita parziale accettazione della richiesta stessa" e gli importi pagati si considerano ricavi.
Stati di avanzamento lavori
Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati di avanzamento, la valutazione viene fatta sulla base dei corrispettivi liquidati, sia a titolo provvisorio che definitivo.
I corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi dell'appaltatore.
In pratica, i costi si considerano sostenuti dal committente e i ricavi si considerano conseguiti dall'appaltatore:
• alla data di accettazione, senza riserve, dell'opera compiuta;
• ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori (SAL), alla data di accettazione definitiva degli stessi.
Le successive variazioni dei corrispettivi sono imputate all'esercizio in cui vengono definitivamente stabilite.
Inammissibilità della valutazione al costo
Con riferimento alle opere, alle forniture e ai servizi di durata ultrannuale la cui esecuzione ha avuto inizio dal periodo d'imposta successivo a quello in xxxxx xx 00.00.0000 (2007, per i soggetti "solari"), non è più possibile, ai fini fiscali, valutare le opere di durata ultrannuale al costo e, conseguentemente, rinviare l'imputazione dei corrispettivi all'esercizio nel quale le opere sono consegnate e i servizi ultimati, con differimento dell'utile fino al completamento della commessa.
• l'ammontare fiscalmente rilevante (valutato in base ai corrispettivi pattuiti);
• quanto iscritto a Conto economico (nel caso in cui si utilizzi il metodo della commessa completata).
Anche per i soggetti che applicano il principio di derivazione rafforzata, ai fini IRES le commesse pluriennali devono essere valutate, in ogni caso, sulla base dei corrispettivi pattuiti, anche se contabilmente è applicato il criterio del costo. Infatti, tale principio non disattiva le regole fiscali stabilite dall'art. 93 del TUIR (risposte dell'Agenzia delle Entrate a Telefisco 2018).
Per le commesse avviate precedentemente, l'adozione del criterio del costo, ai fini fiscali, risulta ancora possibile alle condizioni elencate dalla citata ris. 129/2008, di seguito riepilogate:
• deve essere stata ottenuta apposita autorizzazione da parte dell'Agenzia delle Entrate, previa presentazione di apposita richiesta;
• il metodo in questione deve essere stato adottato, anche civilisticamente, per tutte le opere, forniture e servizi;
• la contabilizzazione in bilancio delle opere, delle forniture e dei servizi ultrannuali deve avvenire con il metodo del costo.