Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4059.
Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4059.
In caso di sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso, è esclusa l’esecutività provvisoria della condanna implicita del promittente venditore al rilascio dell’immobile, poiché il trasferimento della proprietà è condizionato al passaggio in giudicato della sentenza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida notificato il 21 febbraio 2006, la S.G.I. s.a.s. di Xxxxxxxxxx Xxxxxx & C. conveniva dinanzi al Tribunale di Isernia la MGL Fashion s.r.l. per sentir convalidare lo sfratto in relazione ad un contratto di locazione del (OMISSIS) riguardante un immobile ad uso commerciale sito in (OMISSIS), a causa del mancato pagamento dei canoni dal mese di settembre 2005, ed ottenere l'emissione di contestuale decreto ingiuntivo relativo alla somma dei canoni scaduti e da scadere, oltre accessori come per legge.
Radicatosi il contraddicono dinanzi alla predetta A.G., si costituiva in giudizio la società intimata la quale si opponeva alla convalida e contestava la fondatezza della domanda sul presupposto che la stessa non poteva più considerarsi conduttrice del suddetto immobile dal novembre 2005, avendolo liberato e ceduto alla sig.ra T. R. (come comunicato alla stessa società intimante), quale nuova proprietaria dello stesso immobile in forza di sentenza n. 357 del 2005 resa dal Tribunale di Isernia ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., in attuazione di un contratto preliminare di vendita stipulato il (OMISSIS) tra essa T. (quale promissaria acquirente) e la S.G.I. (quale promittente venditrice), la quale, perciò, non poteva nemmeno considerarsi più proprietaria-locatrice dell'immobile in questione tale da legittimare l'instaurazione del procedimento di sfratto (invece azionato).
Con sentenza n. 36 del 7 marzo 2008, l'adito Tribunale - premesso che la presunta risoluzione del contratto di locazione tra la M.G.L. e la sig.ra T., pretesa proprietaria dell'immobile, era inopponibile alla locatrice S.G.I. e che la sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. poteva considerarsi produttiva di effetti solo dal passaggio in giudicato, donde la persistente qualità di proprietaria e locatrice della S.G.I. e il suo conseguente diritto a percepire i canoni di locazione e a far valere l'inadempimento della conduttrice - dichiarava risolto il contratto di locazione con le conseguenti pronunce condannatorie in favore della locatrice-intimante.
A seguito di appello interposto dalla M.G.L. Fashion s.r.l. con ricorso del 30 aprile 2008, espletatesi la trattazione e la conseguente discussione, la Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 237 del 2 ottobre 2008, rigettava l'impugnazione proposta, condannando la società appellante alla refusione delle spese del grado. Osservava la corte di merito: che le pronunce costitutive ex art.
2932 c.c. dispiegano i loro effetti dal momento del loro passaggio in giudicato; che non era possibile consentire ad una norma processuale (l'art. 282 c.p.c. nella nuova formulazione ) di anticipare effetti che, per la natura stessa della sentenza ex art. 2932 c.c. neppure la definitività del giudicato potrebbe far retroagire ad una data anteriore a quella del giudicato medesimo; che pertanto T.R. non era ancora proprietaria dell'immobile in questione oggetto di locazione per cui tutte le sue pretese avanzate nei confronti della MGL erano infondate in quanto basate su errati presupposti di diritto; che, per converso, la SGI era proprietaria e locatrice del detto immobile ed il rapporto di locazione era in corso non essendo stato mai risolto nei confronti della SGI alla quale la MGL non aveva mai restituito il bene; che anche la sentenza 18512/2007 della Cassazione, invocata dalla appellante a sostegno della propria tesi, riguardava le sole statuizioni di condanna accessorie alla pronuncia ex art. 2932 c.c., il che non equivaleva ad affermare la produzione prima del giudicato del tipico effetto costitutivo (ossia il trasferimento di proprietà); che la sentenza impugnata aveva rigettato la domanda riconvenzionale della MGL diretta ad ottenere la restituzione della somma di Euro 15.000,00 a suo tempo versata alla SG a titolo di deposito cauzionale; che sul punto la sentenza appellata, pur se priva di motivazione, era corretta ed andava confermata posto che nella specie il rapporto di locazione non era cessato, la MGL non aveva rilasciato l'immobile locato alla SGI e non aveva versato i canoni di locazione dal settembre 2005, sicché non ricorrevano i presupposti della restituzione del deposito cauzionale; che, proprio con riguardo alla morosità del conduttore, il locatore aveva la possibilità di soddisfare il suo credito con il deposito cauzionale.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Campobasso è stata chiesta dalla s.r.l. MGL Fashion con ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria. La SGI s.a.s. di Xxxxxxxxxx Xxxxxx & C. ha resistito con controricorso.
Il ricorso, prospettando una questione di massima di particolare importanza, è stato assegnato dal Primo presidente alle Sezioni Unite ex art. 374 c.p.c., (comma 2, ultima alinea).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società MGL denuncia violazione degli artt. 282 e 474 c.p.c. e art. 2932 c.c. assumendo l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha considerato immediatamente esecutive le sentenze ex art. 2932 cod. civ. limitatamente alle statuizioni di condanna in esse contenute, dimenticando che integra il concetto di "condanna" anche quella implicitamente contenuta nell'accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. proposta dal promissario acquirente e diretta al trasferimento del bene in suo favore, sicché il promittente
venditore, per l'effetto della pronuncia del trasferimento, è "obbligato al rilascio del bene". In altri termini, la Corte di appello ha omesso di considerare che la statuizione di trasferimento del bene, contenuta nella sentenza costitutiva prevista dall'art. 2932 cod. civ., implica una vera e propria "condanna" del promittente venditore ad un "facere", alla stessa stregua della condanna del proprietario del fondo servente a consentire l'esercizio della servitù coattiva di passaggio (come statuito con la sentenza n. 1619 del 2005 della 3 sez. della Corte di cassazione): infatti, nel caso di condanna implicita, l'esigenza di esecuzione della sentenza deriva dalla stessa funzione che il titolo è destinato a svolgere.
Pertanto, in applicazione di tale principio, vertendosi in tema di sentenza costitutiva, la funzione della stessa è da intendersi caratterizzata da un'esigenza di esecuzione, che non avrebbe potuto trovare altra alternativa se non nel ritenere che la sentenza contenesse - per la struttura del diritto sostanziale azionato - una condanna implicita al rilascio del bene, previa, naturalmente, la pronuncia di trasferimento dell'immobile stesso. Evidenzia al riguardo la ricorrente che gli effetti consequenziali all'esecuzione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. si presentano assolutamente reversibili, ben potendosi, in caso di riforma di tale pronuncia, ripristinare la pregressa situazione, con la restituzione, anch'essa attuabile nelle forme dell'esecuzione forzata, dell'immobile oggetto del contratto preliminare, trasferito al promissario acquirente dopo l'emanazione sentenza di cui al citato art. 2932 cod. civ.. La società MGL censura l'impugnata pronuncia anche con riferimento al discutibile richiamo dei principi espressi con la sentenza della
S.C. n. 18512 del 2007 intervenuta sull'argomento con la quale non era stata operata alcuna distinzione tra il promittente venditore - cui età stata riconosciuta la possibilità di agire immediatamente per il recupero del prezzo della vendita (possibilità prevista anche nella sentenza oggetto di ricorso) - e il promissario acquirente, titolare del diritto di conseguire il rilascio dell'immobile compravenduto, quale diretta ed immediata conseguenza - pur se implicita - della pronuncia di trasferimento dell'immobile contenuta nella sentenza emessa ai sensi del più volte menzionato art. 2932 cod. civ.. Da ciò si sarebbe dovuto inferire che, in concreto, una volta ottenuta siffatta sentenza costitutiva, la tutela accordata al promissario acquirente sarebbe rimasta monca ove non fossero stati apprestati adeguati strumenti per consentirgli l'esercizio immediato dei diritto di proprietà e, tra questi strumenti, particolare rilievo avrebbe dovuto assumere l'istituto della provvisoria esecutività ex art. 282 cod. proc. civ., per la sua attitudine ad assicurare l'anticipazione dell'efficacia propria del giudicato, volta ad evitare che la durata del processo possa pregiudicare l'attore vittorioso in primo grado.
Del resto proprio in considerazione di questa esigenza pratica, sottesa al richiamato istituto dell'esecuzione provvisoria disciplinata dal citato art. 282 cod. proc. civ., si era ritenuto da parte
della più avveduta dottrina, di poterne estendere l'applicazione anche al di fuori dei tradizionali confini della tutela condannatoria, con la conseguenza che anche le sentenze costitutive potrebbero beneficiare della indicata provvisoria esecutorietà.
La corte di appello ha in definitiva errato nel ritenere che la pubblicazione della sentenza n. 357 del 2005 adottata in primo grado dal Tribunale di Isernia non avesse esplicato effetti giuridici tra la
S.G.I. e la T.. Diversamente opinando, invece, al cospetto della immediata e completa esecutività della sentenza di primo grado emessa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., il giudice del gravame avrebbe dovuto ritenere il contratto di locazione stipulato dalla S.G.I., oramai non più proprietaria, risolto di diritto, con rutti i derivanti effetti del caso, anche in ordine al pagamento dei canoni, non più dovuti alla S.G.I., bensì alla riconosciuta proprietaria T.R., sin dalla data in cui era stata pubblicata la predetta sentenza del Tribunale di Isernia con la quale era stato trasferito l'immobile oggetto del contratto di locazione in questione.
Con riguardo al primo complesso motivo la ricorrente ha formulato i seguenti quesiti di diritto:
- "se sia conforme all'ordinamento l'affermata non esecutività ex art. 282 cod. proc. civ. del capo di trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza resa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene sia stata proposta dal promissario acquirente";
- "se sia conforme all'ordinamento la non ravvisata condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, immediatamente eseguibile nelle forme dell'espropriazione forzata, nella sentenza resa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ. nella parte che dispone il trasferimento dell'immobile, ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene sia stata proposta dal promissario acquirente".
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione del principio di ragionevolezza e/o di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all'art. 3 Cost. e/o del principio della parità delle parti nel processo di cui all'art. 111 Cost., comma 2 e/o del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 111 Cost. e/o del principio dell'azionabilità dei propri diritti e dell'effettività delle garanzie processuali di cui all'art. 24 Cost.. Deduce la ricorrente che, ragionando nel solco tracciato dall'impugnata sentenza e nella piena consapevolezza dell'assenza di tutela immediata per il promissario acquirente, un soggetto può stipulare un preliminare di compravendita e sottrarsi alla stipula del definitivo per, poi, ritardare quanto più a lungo possibile la consegna del bene, attraverso la proposizione dei rimedi impugnatori esperibili avverso la sentenza che decide sull'azione ex art. 2932 cod. civ., intrapresa dal promissario acquirente dopo la mancata stipula del contratto definitivo di vendita: e tutto ciò nonostante che egli possa, ancor prima del passaggio in giudicato di tale sentenza, aver ottenuto (o aver agito per ottenere) l'intero prezzo della
vendita. Di qui l'innegabile esigenza di riconoscere, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., contrariamente a quanto operato dalla Corte di appello (che non si è posta affatto la problematica degli effetti devastanti derivanti dall'applicazione del criterio del "doppio binario di tutela"), una sollecita tutela al promissario acquirente, sottoposto al più che concreto rischio di dover attendere lunghissimi anni per conseguire l'immobile, malgrado abbia potuto corrispondere interamente il residuo del prezzo. senza che possa fungere da ostacolo, al riconoscimento in discorso, la questione della reversibilità (comunque sicura) degli effetti in caso di caducazione della sentenza di primo o secondo grado. Si deve pertanto escludere che alla sentenza decisa ex art. 2932 cod. civ. si possa attribuire (come l'impugnata sentenza ha stabilito), sul piano del diritto sostanziale, un'efficacia limitata ai soli profili obbligatori, senza estendersi a quello reale. Ne consegue che deve essere necessario, sotto ogni angolazione, giuridica e sociale, consentire, a ciascuna parte, di potersi avvalere della generale regola della immediata esecutività delle sentenze di primo grado di cui all'art. 282 cod. proc. civ., pur se pronunciate ex art. 2932 cod. civ., sin dal loro deposito, in aderenza al diritto vigente, necessariamente condizionata, ma per entrambe le parti, dall'accettazione del rischio dell'attendibilità della prima o della seconda pronuncia.
Con riguardo al secondo proposto motivo, quindi, è stato formulato il seguente quesito di diritto:
"se sia conforme al principio di ragionevolezza e/o di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all'art. 3 Cost. e/o del principio della parità delle parti nel processo di cui all'art. 111 Cost., comma 2 e/o del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 111 Cost. e/o del principio dell'azionabilità dei propri diritti e dell'effettività delle garanzie processuali di cui all'art.
24 Cost., in tema di sentenza pronunciata ex art. 2932 cod. civ., la riconosciuta immediata esecutività ex art. 282 c.p.c. al diritto del promittente venditore di esigere il prezzo della vendita e l'affermato differimento, al momento del passaggio in giudicato di tale sentenza, del trasferimento del diritto di proprietà del promissario acquirente e dell'esercizio delle facoltà a questi spettanti".
Le dette numerose censure possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte, quale più quale meno, sia pur sotto aspetti e profili diversi, le stesse collegate questioni - ritenute di particolare importanza e per il cui esame il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite - che possono essere così sintetizzate:
dicano le Sezioni unite se sia riconoscibile l'esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., del capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell'art. 2932 c.c. e, inoltre, se possa ravvisarsi, tenendo conto anche dei principi di ragionevole e di tutela del diritto di anione, previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 24 Cost., l'esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza mila parte in cui dispone il trasferimento
dell'immobile, ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta all'ottenimento di una statuizione produttiva degli effetti del contratto definitivo di compravendita non concluso sia stata proposta dal promissario acquirente.
Ai detti quesiti va data risposta negativa così come ritenuto dalla sentenza impugnata dalla MGL per cui i primi due motivi di ricorso devono essere rigettati.
Occorre osservare che - con riferimento alla peculiarità dell'azione personale e non reale prevista dall'art. 2932 c.c. e della sua correlata sentenza - questa Corte ha ripetutamente affermato che la detta sentenza ha natura costitutiva e spiega la sua efficacia solo con decorrenza "ex nunc" al momento del suo passaggio in giudicato, con conseguente necessità della sussistenza delle condizioni dell'azione al momento dell'intervento della pronuncia.
In particolare questa Corte in proposito ha avuto modo di affermare i seguenti principi:
- nell'ipotesi in cui la sentenza emessa ai sensi dell'art. 2932 c.c. imponga all'acquirente di versare il prezzo della compravendita, l'obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del termine ulteriore da essa eventualmente stabilito (sentenza 16/1/2006 n. 690);
- la pronuncia ex art. 2932 c.c. produce gli effetti del contratto di compravendita non concluso soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato (sentenza 2/12/2005 n. 26233);
- ai fini della sospensione necessaria del giudizio di cui all'art. 295 c.p.c., è indispensabile la esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica che ricorre nel solo caso in cui la definizione di una controversia costituisca, rispetto all'altra, un indispensabile antecedente logico - giuridico. Non ricorre il detto rapporto di pregiudizialità necessaria nel caso di una controversia relativa ad uno sfratto per morosità e quella attinente all'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita stipulato tra locatore e conduttore. Infatti, attesa la natura costitutiva della sentenza che dispone il trasferimento coattivo, destinata a produrre effetti solo alla data del passaggio in giudicato della relativa pronuncia, permanendo nelle more l'obbligo di corrispondere il canone al locatore, gli esiti del giudizio instaurato con la domanda di adempimento del contratto preliminare non possono interferire con quelli del procedimento di sfratto per morosità (ordinanza 3/8/2005 n. 16216);
- poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l'effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, comma 2, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto
preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all'emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522);
- la sentenza che dispone l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento de passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l'effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l'obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell'irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale (sentenza 6/4/2009 n. 8250);
- in tema di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l'art. 2932 c.c. consente l'emanazione di una sentenza che abbia gli effetti del contratto non concluso soltanto "qualora sia possibile", situazione che non si verifica se, prima che la pronuncia abbia acquistato piena efficacia esecutiva, il promittente venditore perde la proprietà del bene (sentenza 10/3/2006 n. 5162);
- la domanda di reintegra nel possesso di un bene è proponibile anche nei confronti del promissario acquirente di questo che abbia ottenuto la sentenza di cui all'art. 2932 c.c., purché non passata in giudicato. Invero tale sentenza essendo costitutiva ed avendo efficacia ex nunc, solo con il passaggio in giudicato produce gli effetti del contratto preliminare e trasferisce la proprietà del bene, sicché sino a tale data il promittente venditore è proprietario e possessore (sentenza 10/3/1999 n. 2522);
- poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l'effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, comma 2, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all'emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522).
Pertanto, secondo il riportato orientamento giurisprudenziale, le sentenze emesse ex art. 2932 c.c. non possono conoscere un'efficacia esecutiva anticipata rispetto al momento della formazione del giudicato perché l'effetto traslativo della compravendita è condizionato dall'irretrattabilità della pronuncia con la quale viene determinato l'effetto sostitutivo del contratto definitivo non stipulato. Un mutamento di indirizzo si è però avuto con la sentenza 3/9/2007 n. 18512 (più volte richiamata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi) con la quale è stato affermato il principio secondo cui
nel caso di pronuncia della sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., le statuizioni di condanna consequenziali, dispositive dell'adempimento delle prestazioni a carico delle parti tra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto, sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell'art. 282 c.p.c., di modo che qualora l'azione ai sensi dell'art. 2932 c.c. sia stata proposta dal promittente venditore, la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo è da considerare immediatamente esecutiva.
In particolare nella citata sentenza si afferma testualmente che "in relazione alla sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 2932 c.c., la legge non prevede alcunché che possa giustificare l'esclusione della immediata esecutività delle statuizioni condannatorie consequenziali alla statuizione di accertamento del modo di essere dell'ordinamento in relazione alla vicenda dedotta nel senso della sussistenza delle condizioni che avrebbero dovuto giustificare la conclusione del contratto in adempimento del contratto preliminare con la prestazione dei relativi consensi, e, quindi, all'ulteriore statuizione, in via consequenziale, degli effetti costitutivi del vincolo contrattuale, che di tale consenso tengono luogo. Ciò, sia per quanto attiene all'ipotesi che si tratti di statuizioni a favore del promissario acquirente, sia - come nella specie - quando si tratti di statuizioni a favore del promissario venditore." La detta innovativa sentenza - rispetto al riportato costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte - è stata variamente commentata in dottrina. Alcuni autori hanno analizzato le implicazioni della menzionata sentenza sotto il profilo del diritto sostanziale sottolineandone gli aspetti discutibili in rapporto alla specifica tematica del preliminare di compravendita inadempiuto rilevando che la parziale anticipazione degli effetti obbligatori ricollegabili alla pronuncia giudiziale determina l'alterazione del sinallagma contrattuale e concludendo che rispetto alla sentenza ex art. 2932 c.c. - in tema di contratto preliminare di compravendita - non vi è spazio per ipotizzare un'immediata efficacia delle statuizioni propriamente costitutive con conseguente impossibilità di un'esecuzione coattiva anticipata delle obbligazioni derivanti da dette statuizioni. Secondo questo orientamento dottrinale critico, aderendo alla decisione in questione al regolamento di interessi in cui l'obbligo di pagare il prezzo è contestuale al trasferimento di proprietà ed al conseguente passaggio dei rischi, se ne sostituirebbe un altro in cui l'effetto reale viene differito fino al passaggio in giudicato della sentenza mentre l'attuazione immediata degli obblighi di pagamento del prezzo e di consegna del bene assegnerebbe all'esecuzione provvisoria una funzione anche cautelare che non le sarebbe propria.
Peraltro il problema non consiste nello stabilire se l'accertamento della pretesa azionata per addivenire alla modificazione della realtà giuridica abbia un rilievo a qualche effetto per l'ordinamento prima del giudicato, quanto nell'accertare se quella rilevanza porti in sé anche quella capacità di innovare la realtà giuridica nelle relazioni interprivate in cui l'efficacia costitutiva si
concreta. La rilevanza giuridica, sul terreno sostanziale, della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. ancora assoggettabile ad impugnazione può valere solo a radicare in capo all'attore un'aspettativa in ordine alla modificazione della realtà giuridica verificabile esclusivamente con il passaggio in giudicato della sentenza. Non è poi pertinente il richiamo operato nella sentenza alla pronunce con le quali è stata riconosciuta l'esecutività del capo concernente le spese della sentenza costitutiva posto che la pronuncia sulle spese costituisce una statuizione a sè stante e non autenticamente accessoria. Altri autori, invece, si solo allineati alla sentenza in esame rilevando che l'art. 282 c.p.c. va interpretato nel senso che, venga esercitata un'azione di condanna o esperita un'azione costitutiva, è possibile utilizzare la sentenza come titolo esecutivo se all'accoglimento della domanda si accompagni, come complemento della protezione sostanziale richiesta, una statuizione condannatoria, fatte salve le disposizioni ostative previste dalla legge. Pertanto è consentita l'immediata esecutività delle statuizioni condannatorie consequenziali alla statuizione di accertamento del diritto alla conclusione del contratto definitivo non sussistendo alcuna norma che escluda tale esecutività con riferimento alla sentenza pronunciata ex art. 2932 c.c..
Altra parte della dottrina - dopo aver posto in evidenza che le relazioni che si pongono reciprocamente tra capi di condanna e capi costitutivi non sono omogenee nelle diverse fattispecie - rileva che nell'ipotesi di azione ex art. 2932 c.c. non ci si trova in presenza di reciproche pronunce di condanna in quanto l'attore deve offrire la prestazione alla quale è tenuto per cui questa non viene fatta oggetto di una pronuncia di condanna, ma viene dedotta quale condizione dell'effetto traslativo della proprietà: ne consegue che si fa luogo solo alla condanna alla consegna o al rilascio del bene o al pagamento del prezzo e, in ogni caso, rimane l'impossibilità della produzione immediata dell'effetto traslativo della proprietà sino al passaggio in giudicato della sentenza. Può quindi verificarsi un'alterazione del sinallagma contrattuale o, comunque, della reciprocità delle attribuzioni che conseguono alla decisione.
Proprio il caso esaminato nella sentenza di questa Corte n. 18512/2007 costituisce un esempio di questa alterazione della corrispettività delle obbligazioni ove agisca il promittente venditore e si abbia condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo senza che questi possa contare sul contemporaneo trasferimento della proprietà a suo favore.
Tanto rilevato, con riferimento agli orientamenti dottrinali successivi alla più volte richiamata sentenza 18512/2007, va evidenziato che i principi affermati nella detta sentenza non hanno trovato successiva conferma nella giurisprudenza di legittimità la quale è rimasta nel complesso ferma nel propendere per la soluzione negativa in ordine all'ammissibilità della provvisoria esecutività delle sentenze costitutive ex art. 2932 c.c..
In particolare, con la pronuncia 6/4/2009 n. 8250, questa Corte ha ribadito e confermato che la sentenza che dispone l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l'effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l'obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell'irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale.
Queste Sezioni Unite, tenuto conto del descritto complesso quadro dottrinale e giurisprudenziale, ritengono di dover dare continuità al prevalente orientamento ravvisabile nella giurisprudenza di legittimità e di condividere sostanzialmente molti degli argomenti sviluppati dalla dottrina maggioritaria, sopra riportati, a sostegno della tesi secondo cui, nel caso di preliminare di compravendita e di pronuncia ex art. 2932 c.c. l'effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l'irretroattività della sentenza che determina l'effetto sostitutivo del contratto definitivo. La sentenza di primo grado di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non può pertanto produrre, prima del passaggio in giudicato, proprio quegli effetti del contratto definitivo che è destinato a surrogare:
non è possibile dare esecuzione ad obblighi che sul piano sostanziale non sono ancora sorti.
Da ciò la conseguente impossibilità di scissione, nelle sentenze ex art. 2932 c.c. in tema di contratto preliminare di compravendita, tra capi costitutivi principali e capi condannatori consequenziali, con riferimento specifico a quelli cc.dd. sinallagmatici le cui relative statuizioni fanno parte integrante della pronuncia costitutiva nel suo complesso.
Va precisato che la possibilità di anticipare l'esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta in concreto volta a volta a seconda del tipo di rapporto tra l'effetto accessivo condannatorio da anticipare e l'effetto costitutivo producibile solo con il giudicato. A tal fine occorre differenziare le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dal detto effetto costitutivo, dalle statuizioni che invece sono a tale effetto legate da un vero e proprio nesso sinallagmatico ponendosi come parte - talvolta "corrispettiva" del nuovo rapporto oggetto della domanda costitutiva.
Così, ad esempio, nel caso di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo della vendita, non è possibile riconoscere effetti esecutivi a tale condanna altrimenti si verrebbe a spezzare il nesso tra il trasferimento della proprietà derivante in virtù della pronuncia costitutiva ed il pagamento del prezzo della vendita.
L'effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l'irretrattabilità della sentenza per cui è da escludere che prima del passaggio in giudicato della sentenza sia configurabile un'efficacia
anticipata dell'obbligo di pagare il prezzo: si verificherebbe un'alterazione del sinallagma. Ritenere diversamente consentirebbe alla parte promittente venditrice - ancora titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del preliminare - di incassare il prezzo prima ancora del verificarsi dell'effetto, verificabile solo con il giudicato, del trasferimento di proprietà.
Possono quindi ritenersi anticipabili i soli effetti esecutivi dei capi che sono compatibili con la produzione dell'effetto costitutivo in un momento temporale successivo, ossia all'atto del passaggio in giudicato del capo di sentenza propriamente costitutivo. Così la condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza che accoglie la domanda. La provvisoria esecutività non può invece riguardare quei capi condannatori che si collocano in un rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alla modificazione giuridica sostanziale.
La soluzione adottata - che non è riferita al tipo di sentenza costitutiva, ma alla sentenza pronunziata su contratto preliminare di compravendita -non si pone in contrasto con "i parametri della ragionevole durata del processo - di cui all'art. 111 Cost., comma 2, e art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo - e del principio della azionabilità dei diritti di cui all'art. 24 Cost." posto che, come precisato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza 232 del 2004, "il preteso incentivo a proporre appelli dilatori e la possibilità di subire opposizioni all'esecuzione in caso di esercizio dell'azione esecutiva costituiscono, a tutto concedere alla loro plausibilità, inconvenienti di mero fatto e non certamente indici della violazione delle invocate norme costituzionali".
Da quanto precede deriva che correttamente la corte di appello, nella decisione impugnata, ha escluso la ravvisabilità di effetti traslativi immediati alla sentenza del tribunale di Isernia 28/5/2005
n. 357 - di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. proposta da T.R. nei confronti della società SGI - potendosi produrre tali effetti solo dopo il passaggio in giudicato di detta sentenza.
Le ragioni per escludere che la situazione di fatto debba poter essere adeguata a quella di diritto, accertata da sentenza non passata in giudicato, affondano nella stessa scelta delle parti di differire ad un accordo successivo il trasferimento della proprietà, accordo successivo che può essere surrogato dalla sentenza che deve però avere i caratteri della irretrattabilità.
Ha quindi errato la conduttrice società MGL ad accogliere (prima del passaggio in giudicato della citata sentenza del tribunale di Isernia 357/2005) le richieste avanzate nei suoi confronti dalla T. volte ad ottenere il pagamento dei canoni di locazione, la risoluzione del rapporto di locazione e il rilascio dell'immobile locato e ciò perché al momento di tali richieste - come al momento della notifica dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado nonchè alla data della sentenza impugnata
- il rapporto di locazione tra la locatrice SGI e la conduttrice MGL era ancora in corso permanendo in capo alla SGI il diritto di proprietà ed il possesso dell'immobile oggetto del contratto di locazione in questione.
In definitiva i motivi di ricorso in esame devono essere rigettati in quanto - al contrario di quanto sostenuto dalla società ricorrente - la sentenza impugnata è conforme al seguente principio di diritto:
non è riconoscibile l'esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., del capo decisorio relativo al trasferimento dell'immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell'art. 2932 c.c, nè è ravvisabile l'esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell'immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza nella parte in cui dispone il trasferimento dell'immobile producendosi l'effetto traslativo della proprietà del bene solo dal momento del passaggio in giudicato di detta sentenza con la contemporanea acquisizione al patrimonio del soggetto destinatario della pronuncia.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c. deducendo che essa società, in primo grado, aveva proposto domanda riconvenzionale al fine di ottenere la condanna alla restituzione, in favore di M.G.L., dell'importo versato a titolo di deposito cauzionale e di quello dovuto per la perdita dell'indennità di avviamento commerciale, oltre al risarcimento di tutti i danni patiti, con interessi e rivalutazione, senza che, con riferimento alla suo rigetto, il tribunale di Isernia avesse adottato un'apposita motivazione. Senonché, a fronte del gravame interposto dalla M.G.L., la Corte di appello, pur attestando sul punto che il giudice di primo grado aveva omesso di adottare la prescritta motivazione, ha operato un malgoverno delle disposizioni di legge applicabili in materia, fornendo una propria motivazione rispetto all'omesso "decisum" del primo giudice, così mancando di rilevare la nullità della decisione impugnata malgrado fosse stata dedotta con l'atto di appello. La ricorrente ha formulato, in ordine a tale motivo, il seguente quesito di diritto: "se sia conforme all'ordinamento, in relazione all'obbligo del giudice di pronunciare su tutta la domanda ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., l'aver il giudice di secondo grado omesso di esaminare la dedotta nullità della sentenza di prime cure per essere la stessa priva di motivazione in ordine al rigetto delle proposte domande riconvenzionali".
Con il connesso quarto ed ultimo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost. formulando il seguente quesito di diritto: "se sia conforme all'ordinamento, in relazione all'obbligo del giudice di motivare i provvedimenti giurisdizionali ai sensi dell'art. 132 c.p.c., n. 4, e dell'art. 111 Cost., il comportamento del giudice di seconde cure che ha sopperito alla mancanza assoluta di motivazione della sentenza di prime cure di rigetto delle proposte domande riconvenzionali, attraverso la predisposizione di un'autonoma motivazione, suppletiva di quella mancante".
La Corte rileva la manifesta infondatezza dei detti motivi - da esaminare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione logica - che si pongono in netto ed insanabile contrasto con il principio più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, in virtù del principio generale, deducibile dall'art. 354 c.p.c., dell'effetto cosiddetto devolutivo dell'impugnazione, stante la tassatività delle ipotesi di rimessione del processo al giudice di primo grado, previste dalla citata disposizione, le eventuali invalidità di carattere processuale, verificatesi nel corso del giudizio di primo grado, xxxxxxx ritenersi irrilevanti, nel senso che spetta al giudice dell'appello il potere- dovere di pronunciarsi sull'intera causa. In particolare il vizio di omessa pronunzia non rientra fra quelli che determinano la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente, ma comporta la necessità, per il giudice d'appello che rilevi il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito - nei limiti dell'oggetto delineato dalle effettive domande delle parti
- senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 12/6/2007 n. 13705; 30/8/2006 n. 18824; 8/6/2005 n. 13892; 20/7/2004 n. 13426).
Pertanto correttamente, nonché nel pieno rispetto dei detti principi giurisprudenziali, la corte di appello ha escluso l'eccepita nullità della sentenza di primo grado "perché assolutamente priva di motivazione" in ordine al rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla società MGL volta "ad ottenere la restituzione della somma di Euro 15.500,00 a suo tempo versata alla SGI a titolo di deposito cauzionale". Al riguardo il giudice di appello ha ritenuto di dover confermare la pronuncia di rigetto di tale domanda fornendo sul punto ampia e esaustiva motivazione che peraltro non ha formato oggetto di specifiche censure da parte della ricorrente.
Ai quesiti di diritto formulati al termine dei due motivi di ricorso in esame va quindi data risposta in senso sfavorevole a quello auspicato dalla ricorrente.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
La stessa rilevanza della questione centrale prospettata con i primi due motivi di ricorso costituisce motivo di compensazione tra le parti di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2010
Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2009, n. 23825
In tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, nel caso in cui il promittente alienante, resosi inadempiente, si rifiuti di produrre i documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile ovvero di rendere la dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui all’art. 40 l. 28 febbraio 1985 n. 47, deve essere consentito al promissario acquirente di provvedere a tale produzione o di rendere detta dichiarazione al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., dovendo prevalere la tutela di quest’ultimo a fronte di un inesistente concreto interesse pubblico di lotta all’abusivismo, sussistendo di fatto la regolarità urbanistica dell’immobile oggetto del preliminare di compravendita.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
X.X. xxxxxxxxx in giudizio D.C. e D. A., quali eredi della sorella D.A., esponendo che il 18/1/1992 aveva stipulato con quest'ultima un contratto preliminare in virtù del quale la D. si era impegnata a vendergli un immobile sito in (OMISSIS) per il corrispettivo di L. 400.000.000 di cui 100 milioni versati in contanti al momento della stipulazione del preliminare, a titolo di acconto prezzo e di caparra confirmatoria, 100 milioni pagati mediante restituzione di effetti cambiari rilasciati a favore di esso C. da D.C. ed A., 40 milioni in contanti dopo un mese dal preliminare, 60 milioni alla stipula del definitivo e 100 milioni imputando al detto prezzo l'equivalente ammontare dovuto ad esso attore da D. M. a titolo di corrispettivo dell'appalto riguardante la sistemazione di altro immobile di proprietà di D.C..
Deduceva il C. di aver adempiuto alle proprie obbligazioni mentre la D., contrattualmente obbligata a trasmettergli il possesso dell'immobile, l'aveva locato a terzi e gli aveva dichiarato che il bene era libero e franco da pesi ed oneri mentre sullo stesso gravava un sequestro conservativo per 100 milioni.
Tanto D.M. che le convenute avevano ritardato il compimento dei lavori appaltati impedendogli di consegnare l'opera.
L'attore chiedeva quindi che gli fosse trasferito in proprietà, ex art. 2932 c.c., l'immobile oggetto del compromesso con disposizione di immissione in possesso e con la condanna delle convenute, tra l'altro, alla restituzione dei frutti relativi al detto bene.
Le D., costituitesi, chiedevano il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del C.
Con sentenza 9/3/2000 l'adito tribunale di Catania rigettava le domande di entrambe le parti. Avverso la detta sentenza proponevano appello principale il C. e incidentale le D..
Con sentenza 25/9/2003 la corte di appello di Catania rigettava l'appello incidentale e, in parziale accoglimento di quello principale, accoglieva la domanda proposta ex art. 2932 c.c., disponendo il trasferimento dell'immobile oggetto del preliminare.
Osservava la corte di merito: che il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda di trasferimento dell'immobile promesso in vendita perché non era stata acquisita la documentazione attestante la liceità della costruzione come richiesto dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, applicabile anche ai trasferimenti ex art. 2932 c.c.; che il C. nel giudizio di appello aveva prodotto una dichiarazione giurata da lui sottoscritta attestante l'avvenuta costruzione dell'immobile prima dell'1/9/1967 rimuovendo in tal modo l'ostacolo giuridico che aveva giustificato il rigetto della domanda proposta in primo grado; che l'appellante ben poteva produrre in sede di gravame nuovi mezzi di prova trattandosi nella specie di prove c.d. precostituite, cioè di documenti; che l'accoglimento della domanda del C. era condizionato alla valutazione delle domande proposte dalle appellate volle ad attribuire allo stesso la colpa dell'inadempimento contrattuale per non aver rispettato il termine essenziale di compiere i lavori in appalto entro il mese di settembre 1992 e per non averli mai portati a termine; che la tesi delle appellanti incidentali era infondata posto che nessun termine essenziale era stato esplicitamente pattuito e poteva desumersi dalla natura e dall'oggetto del contratto; che i punti di fatto stabiliti nella sentenza appellata e passati in giudicato riguardavano: a) la mancata liberazione del vincolo del sequestro per 100 milioni; b) l'intero pagamento della parte di prezzo che il C. si era obbligato a versare prima del contrailo definitivo; c) il valore di L. 68.392.000 delle opere compiute dall'appaltatore fino alla data del rifiuto di proseguire; d) la somma residua di L. 60 milioni ancora dovuta dal C. al momento della stipula del contratto definitivo; che il tribunale, nel prendere in esame il rifiuto del C. di proseguire i lavori commissionati dalla D., lo aveva riconosciuto riconducibile alla previsione di cui all'art. 1482 c.c., e, quindi, da giustificare in presenza dei vincoli derivanti dal sequestro non dichiarato dal venditore e dal compratore ignorato; che, secondo le appellanti incidentali, il C. era stato informato dell'esistenza del vincolo avendo D.M. durante il giudizio cautelare fatto presente pubblicamente al g.i. che il C. era a conoscenza del sequestro tanto che aveva offerto il proprio aiuto per svincolare l'immobile da tale sequestro ed aveva dichiarato di poter ottenere con le sue conoscenze l'eliminazione del vincolo; che però le D. non avevano specificato il procedimento logico idoneo a pervenire alla conclusione che a dire la verità innanzi al g.i. fosse stata la D.; che la clausola relativa al trasferimento dell'immobile libero da ipoteche andava interpretata come prevista in favore del
compratore ne senso di non trovare l'intralcio di liberare il bene da vincoli successivi alla stipulazione del preliminare per cui da tale clausola non poteva scaturire una sostanziale rinuncia al diritto previsto dagli articoli 1482 e 1460 c.c.; che la sospensione dei lavori da parte del C. era giustificata dal vincolo sull'immobile promesso in vendita; che il C. aveva quindi diritto di ottenere il trasferimento ex art. 2932 c.c., con l'obbligo di completare i lavori di. appalto e di pagare il residuo prezzo di L. 60 milioni nei termine di tre mesi dalla data di eliminazione della trascrizione pregiudizievole sul fabbricato in questione ad opera delle D. nel termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione della sentenza; che il C. aveva censurato la sentenza appellata per non aver disposto il rilascio in suo favore dell'immobile promesso in vendita e per non aver il tribunale condannato le D. al rilascio del possesso dell'immobile; che la censura era infondata posto che, rigettata la domanda principale, non vi era alcun titolo per pronunciare sul possesso dell'immobile; che del pari infondata era l'altra critica che il C. aveva mosso alla sentenza del tribunale riguardante la mancata condanna delle convenute a corrispondergli i frutti dell'immobile; che, secondo l'appellante, con la testimonianza del teste I. era stata raggiunta la prova che il bene promesso in vendita era stato dato in locazione; che la detta censura non era fondata posto che il primo giudice aveva correttamente e motivatamente escluso l'attendibilità del detto teste; che dagli atti non risultava l'impossibilità per il promissario acquirente di conseguire il possesso del bene promesso in vendita per fatto addebitabile alle appellate.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Catania e stata chiesta da D.C. e
D.A. con ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria.
C.A. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale.
La seconda sezione civile di questa Corte, con ordinanza 25/11/2008 n. 28132, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle sezioni unite sulla questione di particolare importanza relativa all'individuazione, nell'ambito del giudizio di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita immobiliare ex art. 2932 c.c., del soggetto (solo promettente venditore o anche promissario acquirente) onerato della prova della situazione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, con riferimento all'ipotesi di costruzione iniziata prima dell'1/9/1967.
Il Primo Presidente ha quindi disposto l'assegnazione del ricorso alle sezioni unite. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale C. ed D. A. denunciano violazione della L. n. 47 del 1985, art. 17 e art. 40, commi 2 e 3, in relazione agli artt. 1418 e 2932 c.c. ed agli artt. 100, 112 e 345 c.p.c., nonchè vizi di motivazione.
Sostengono le ricorrenti principali che la dichiarazione giurata prodotta nel giudizio di xxxxxxx, in quanto proveniente da soggetto diverso dal "proprietario o altro avente titolo, è stata erroneamente considerata idonea a rimuovere l'impedimento alla trasmissione del bene immobile in questione.
La corte di appello è incorsa in un fraintendimento delle disposizioni di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 3 e 4, riferendosi genericamente al detto articolo laddove il C. nell'atto di appello aveva fatto riferimento al quarto comma e all'istituto della conferma successiva unilaterale dell'atto nullo incompatibile con il giudizio ex art. 2932 c.c..
La dichiarazione de qua, non attiene poi alla sfera "probatoria" del giudizio, ma costituisce un requisito essenziale dell'atto di trasferimento e quindi della sentenza ex art. 2932 c.c., sicché la sua produzione tardiva in appello, integrando un presupposto necessario esterno per la validità dell'atto, determina una inammissibile domanda nuova in appello, rispetto a quella proposta in primo grado senza tale documento e quindi diversa.
Il motivo non è fondato.
Innanzitutto va rilevata l'infondatezza delle asserite violazioni degli artt. 112 e 345 c.p.c., per aver la corte di appello accolto la domanda del C. per un motivo in diritto diverso da quello dedotto dall'appellante e per aver inoltre accolto una domanda nuova proposta per la prima volta in grado di appello.
In proposito va evidenziato che dalla lettura degli atti processuali - attività consentita in questa sede di legittimità attesa la natura in procedendo del vizio denunciato - e, in particolare, dell'atto di appello così come articolato dal C. risulta evidente che quest'ultimo con il detto atto di gravame non si limitò a chiedere la riforma della impugnata sentenza del tribunale facendo riferimento solo alla conferma successiva unilaterale dell'atto nullo e alla previsione normativa dettata "dalla L. n. 47 del 1985, art. 40" (non applicabile al giudizio promosso ex art. 2932 c.c.), ma espressamente dichiarò anche di produrre la documentazione relativa alla realizzazione dell'immobile oggetto di compravendita in data anteriore all'1/9/1967 in tal modo rimuovendo - indipendentemente da quanto disposto dal menzionato "della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 4" - "l'impedimento che, secondo la sentenza impugnata avrebbe impedito il trasferimento ai sensi dell'art. 2932 c.c.".
La corte di appello correttamente ha preso in esame la detta richiesta come formulata dal
C. e l'ha ritenuta fondata - per i motivi sopra riportati - in tal modo pronunciando su una domanda ritualmente proposta senza andare oltre i limiti di essa e senza quindi violare i principi di cui all'art. 112 c.p.c..
Patimenti destituita di fondamento è la tesi delle D. secondo cui "in dichiarazione de qua costituisce un requisito essenziale dell'atto di trasferimento e quindi della sentenza ex art. 2932 c.c., sicché la sua produzione tardiva in appello non vale a determinare una nuova prova (documentale) ma, integrando un presupposto necessario esterno per la validità dell'ano, determina una domanda nuova" rispetto a quella formulata in primo grado.
Al riguardo è sufficiente osservare che - come puntualmente segnalato dal C. nel controricorso - la sussistenza della dichiarazione in parola non costituisce un presupposto della domanda, ma una condizione non della domanda ma delibazione (che ben può intervenire, in quanto requisito di fondatezza della domanda, in corso di causa) per cui è necessario che il documento - da poter produrre anche in secondo grado - sia stato acquisito al momento della decisione della lite. La carenza di detto documento è rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con la conseguenza che sia l'allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono avvenire anche nel corso del giudizio d'appello (purchè prima della relativa decisione).
Con la prima parte del motivo del ricorso principale in esame le D. pongono la questione - ritenuta di particolare importanza dalla citata ordinanza delle secondo sezione civile di questa Corte
- se, nell'ambito del giudizio di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita di immobile ex art. 2932 c.c., la prova della sussistenza della situazione di cui alla
L. n. 47 del 1985, art. 40, con riferimento all'ipotesi di costruzione iniziata prima dell'1/9/1967 possa essere fornita anche dal promissario acquirente oltre che dal promettente venditore.
A detto quesito va data risposta positiva.
Il quadro normativo di riferimento è il seguente:
- L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 2 e 3:
Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno
degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui dell'art. 35, comma 6.
Per le opere iniziate anteriormente al 1^ settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti della L. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 4, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1^ settembre 1967.
Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo.
Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata.
Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente.
- L. n. 47 del 1985, art. 17:
Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l'entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell'art. 13. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.
Nel caso in cui sia prevista, ai sensi del presente art. 11, l'irrogazione di una sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio della concessione in sanatoria, agli atti di cui al comma 1 deve essere allegata la prova dell'integrale pagamento della sanzione medesima.
La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al comma 1 non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti.
Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza della concessione al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa.
Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivami da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L'aggiudicatario, qualora l'immobile si trovi nelle condizioni di cui all'art. 13 della presente legge, dovrà presentare domanda di concessione in sanatoria entro 120 giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria.
Ciò posto va osservato che nel caso in esame la domanda di adempimento in forma specifica proposta dal promissario acquirente C. è stata respinta dal tribunale per la mancata acquisizione della documentazione prescritta dalla L. 47 del 1985, art. 40.
La corte di appello ha invece accolto la domanda avendo il C. prodotto una propria dichiarazione giurata attestante che l'immobile in questione era stato costruito prima dell'1/9/1967.
Secondo le ricorrenti principali la dichiarazione giurata prodotta nel giudizio di appello, in quanto proveniente da soggetto diverso dal "proprietario o altro avente titolo", è inidonea a rimuovere l'impedimento alla trasmissione del bene immobile in questione.
L'ordinanza di rimessione pone in evidenza che nella giurisprudenza di legittimità e pacifico che la pronunzia della sentenza di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. è condizionata all'osservanza delle prescrizioni di cui si tratta e che il della cit. L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 3, - in base al quale è consentito ad una delle parti di confermare l'atto carente integrandolo con i documenti mancanti o con la dichiarazione omessa e con effetto sanante del vizio del negozio - non si applica nell'ipotesi di contratto preliminare il quale ha effetti solo obbligatori e non trasferisce diritti.
Va aggiunto che è del pari pacifico il principio giurisprudenziale secondo cui il contratto preliminare privo dei riferimenti circa la regolarità urbanistica dell'immobile o della dichiarazione della data di costruzione non è nullo, solo che non può dar luogo ad una pronuncia di sentenza costitutiva di trasferimento ex art. 2932 c.c., posto che la sentenza non può realizzare un effetto precluso alle parti: il giudice non può trasferire un immobile non commerciabile per omesso rispetto dei requisiti di cui alla L. n. 47 del 1985.
La sentenza ex art. 2932 c.c., avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può realizzare un effetto maggiore o diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti o un effetto che eluda la legge.
Se esistono però le condizioni richieste dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, è possibile la verifica circa la sussistenza di tali condizioni prima della pronuncia ex art. 2932 c.c..
Occorre però sia individuare il soggetto sul quale incombe l'onere di provare la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge in relazione alla necessaria produzione della documentazione occorrente a dimostrare la regolarità urbanistica dell'immobile, sia stabilire se, per gli immobili costruiti prima dell'1/9/1967, la relativa dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà prevista dalla legge possa essere resa anche dal promissorio acquirente oltre che dal promettente alienante. Nell'ordinanza di rimessione si afferma che nella giurisprudenza di legittimità non è stata espressamente e specificamente esaminata la questione se la prova di detti presupposti possa essere data in giudizio anche dal promissario acquirente nell'ipotesi di non collaborazione da parte del promettente venditore.
Per la soluzione della questione è opportuno sottolineare che le dichiarazioni dei contraenti sul regime urbanistico dell'immobile oggetto del contratto si connettono ad una possibile illiceità del contratto e conseguente nullità del negozio, nullità che tutela l'acquirente inconsapevole dell'irregolarità urbanistica dell'immobile.
La funzione delle dichiarazioni in parola è anche "informativa" ed è volta altresì a contenere il fenomeno dell'abusivismo edilizio.
La finalità delle richieste formalità è sia di prevenzione, sia di protezione del soggetto che contratta con chi costruisce abusivamente. Tale seconda finalità non può essere sacrificata da un'applicazione rigorosa del rimedio invalidatorio. La legge stessa ammette che "se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza della concessione ai tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa" (citato L. n. 47 del 1985, art. 17 sopra riportato).
Non può ritenersi coerente e rispondente alla finalità della legge impedire al promissario acquirente - a fronte di un inesistente concreto interesse pubblico di lotta all'abusivismo sussistendo di fatto la regolarità urbanistica dell'immobile oggetto del contratto preliminare di compravendita - la possibilità di ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso fornendo in giudizio la prova della detta regolarità urbanistica nell'ipotesi in cui il promettente alienante, resosi inadempiente, si rifiuti di produrre i documenti e di rendere la dichiarazione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40.
In caso di non collaborazione da parte del promettente venditore, come è consentita a una delle parti di un contratto definitivo di confermare l'atto carente integrandolo con i documenti mancanti o con la dichiarazione omessa, al promissario acquirente deve essere consentito produrre i documenti circa la regolarità urbanistica dell'immobile o rendere la prevista dichiarazione circa la data di costruzione dell'immobile al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., che il giudice
potrà emettere dopo aver acquisito i detti documenti o la detta dichiarazione proveniente da una qualsiasi delle parti.
Pertanto vanno tutelate le ragioni del promissario acquirente e non va lasciata nelle sole mani del promettente venditore la possibilità di concludere il contratto definitivo o di emettere sentenza ex art. 2532 c.c..
Consegue che i documenti relativi alla regolarità urbanistica o la dichiarazione circa la data della costruzione possono essere prodotti in giudizio dal promissario acquirente con conseguente pronuncia ex art. 2932 ex. e produzione degli effetti che le parti avrebbero potuto conseguire con il definitivo.
Va peraltro segnalato che questa Corte - oltre ad affermare più volte che è possibile produrre in giudizio ex art. 2932 c.c., gli estremi della concessione edilizia in essenza della relativa dichiarazione contenuta nel preliminare (sentenze 22/5/2008 n. 13225;
20/3/2006 n. 6162; 4/1/2002 n. 59; 8/2/1997 n. 1199) - ha avuto modo di chiarire (implicitamente o indirettamente nella citata sentenza 1199/97 nella quale non viene operata alcuna distinzione tra una o altra parte contrattuale) che successivamente alla stipulazione del preliminare può intervenire "dichiarazione del promissario acquirente ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 3" con conseguente possibilità di emettere sentenza ex art. 2032 c.c., (sentenza 11/7/2005 n. 14489).
Nella sentenza 27/4/2006 n. 9647 è stato altresì precisato che la dichiarazione sostitutiva di notorietà e imposta dalla legge "la quale in materia non prevede alternativa alcuna".
Va infine evidenziato che altra questione è quella relativa alla valutazione da parte del giudice dei documenti prodotti e della dichiarazione del promissario acquirente e della veridicità del contenuto dei detti documenti e della detta dichiarazione con riferimento alla regolarità urbanistica dell'immobile oggetto del contratto preliminare di compravendita stipulato dalle parti. Tate questione non risulta essere stata prospettata nella controversia in esame, non essendo mai stata posta in discussione dalle parti e dai giudici del merito la sussistenza della detta veridicità.
In definitiva il primo motivo del ricorso principale deve essere rigettato.
Con il secondo motivo le ricorrenti principali denunciano viola/ione dell'art. 1362 c.c. e segg., artt. 1372, 1453, 1457, 1460 e 1482 c.c., nonchè vizi di motivazione, sostenendo che la corte di appello ha errato nel disporre il trasferimento coattivo del bene in questione anche perché le parti nel preliminare avevano espressamente pattuito che il trasferimento dell'immobile sarebbe dovuto avvenire, libero da pregiudizi, solo a seguito della realizzazione dei lavori di appalto sicché l'inadempimento è da attribuire al C. il quale - ben a conoscenza del sequestro
che gravava sull'immobile - non poteva sospendere l'esecuzione dei lavori che doveva invece portare a termine. Peraltro, secondo quanto pattuito dalle parli contrattuali, il momento in cui l'immobile avrebbe dovuto essere libero da vincoli o oneri era successivo al perfezionarsi del contratto di appalto che rappresentava condizione indispensabile per la stipula del definitivo.
L'inadempimento del C. - che ha non ha provveduto a completare le opere in appalto - ha reso impossibili gli adempimenti successivi previsti nel preliminare. Pertanto l'inadempimento contrattuale relativo allo svincolo dell'immobile dal sequestro non è imputabile ad esse ricorrenti. Di conseguenza non e ravvisabi-le alcuna causa idonea a giustificare la sospensione del pagamento da parte del C.: quest'ultimo avrebbe prima dovuto completare le opere e solo dopo si sarebbe potuto stipulare il definitivo con contestuale liberazione dell'immobile.
La sentenza impugnata ha quindi interpretato erroneamente le clausole contrattuali travisando la volontà dei contraenti in danno di esse D.
Con il terzo motivo del ricorso principale le D. denunciano violazione degli artt. 1385, 1453 e 1457 c.c., nonchè vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello, riconosciuto l'inadempimento colpevole del C. alle obbligazioni derivanti dal contratto preliminare per il mancato completamento delle opere appaltate nel termine essenziale convenuto, avrebbe dovuto pronunciare la risoluzione del contratto preliminare per colpa del promissario acquirente. Tale risoluzione non è stata pronunciata dalla corte di merito che ha errato nel non ravvisare nella specie alcun termine essenziale "dalla natura e dall'oggetto del contratto", termine che invece emerge con immediatezza dal collegamento negoziale tra appalto e promessa di vendita.
Con il quarto motivo le ricorrenti principali denunciano violazione degli artt. 2727 c.c. e segg., nonchè vizi di motivazione, lamentando l'errore commesso dalla corte di appello nel non aver ravvisato, nelle dichiarazioni rese da D.M. in sede di interrogatorio libero, una prova idonea a dimostrare la conoscenza da parte del C. del sequestro sull'immobile in questione.
La Corte rileva l'infondatezza delle dette numerose censure che - per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di motivazione e di trattazione - possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza risolvendosi tutte, quale più quale meno anche se sotto profili diversi e pur se titolate come violazione di legge e come vizi di motivazione, essenzialmente nella prospettazione di una diversa analisi del merito della causa, inammissibile in sede di legittimità, nonchè nella pretesa di contrastare il risultato dell'attività svolta dalla Corte di appello nell'esercizio dei compiti alla stessa istituzionalmente affidati e del suo potere discrezionale di apprezzamento dei fatti e delle risultanze istruttorie, con particolare riferimento alla interpretazione del contratto e delle sue clausole, all'indagine sul carattere essenziale o meno di un termine per l'adempimento, alla valutazione comparativa degli
opposti inadempimenti, alla sussistenza delle condizioni richieste per l'applicazione della norme di cui all'art. 1482 c.c., invocabile anche in caso di contratto preliminare, al collegamento tra due negozi giuridici, alla valutazione della congruenza ed attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte nell'interrogatorio libero.
In proposito vanno richiamati e ribaditi i seguenti principi più volte e costantemente affermati nella giurisprudenza di legittimità:
- il giudice, ove venga proposta dalla parte l'eccezione "inadimplenti non est adimplendum", deve procedere a una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche allo loro proporzionalità rispetto alla funzione economico - sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull'equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parli e sugli interessi delle stesse. Tale valutazione rientra nei compiti del giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se assistita da motivazione sufficiente e non contraddittori a (sentenza 5/1/2007 n. 43);
- in tema di contratto preliminare di vendita, la sopravvenienza o la mancata cancellazione da parte del venditore di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull'immobile non osta a che il promissario acquirente possa chiedere l'esecuzione specifica ai sensi dell'art. 2932 c.c., ma consente a questi, ove di tale facoltà intenda avvalersi, di sospendere il pagamento e/o di non effettuare la formale offerta del prezzo, potendo, invece, chiedere al giudice che con la sentenza sostitutiva del contratto non concluso siano fissate condizioni e modalità di versamento idoneo ad assicurare l'acquisto del bene libero da vicoli e tali da garantirlo da eventuale evizione (sentenza 23/9/2004 n. 19135);
- in tema di contratto preliminare, la esistenza di un vincolo reale sul bene oggetto del futuro trasferimento, che non sia stata dichiarata dal promittente venditore e non sia conosciuta dal promittente compratore (ovvero risulti relativa ad un credito di importo maggiore di quello rispettivamente dichiarate o conosciuto), legittima il promissario acquirente, che voglia, comunque, dare esecuzione al contratto ed abbia, all'uopo, proposto domanda di esecuzione in forma specifica, ad astenersi dal pagamento del prezzo ancora dovuto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1482 e 2932 c.c., anche indipendentemente dalla esistenza di una clausola del preliminare che lo autorizzi in Tal senso, e ciò tanto nella ipotesi di garanzia preesistente al preliminare, quanto in di garanzie sorte nel tempo intercorrente tra la data del compromesso e quella prevista per la stipula del contratto definitivo (sentenza 24/11/1997, n. 11709);
- il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e
dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo (sentenza 6/12/2007 n. 25549);
- la sussistenza di un collegamento negoziale tra due negozi giuridici si desume dalla volontà delle parti, le quali possono anche concordare che uno soltanto dei contratti sia dipendente dall'altro, se il regolamento di interessi che l'uno è volto a disciplinare non dipende da quello dell'altro;
l'interprelazione di tale volontà negoziale costituisce quaestio facti insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e da violazione delle norme ermeneutiche di cui agli artt. 1362
c.c. e segg., (sentenza 8/10/2008 n. 24792).
- il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito di un'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo (sentenza 17/3/2005 n. 5797);
- l'indagine sul carattere essenziale o meno del termine pattuito ai sensi dell'art. 1457 c.c., è istituzionalmente riservata al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità allorquando sia stata condotta e adeguatamente argomentata tenendo conto della natura e dell'oggetto del contratto, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e delle espressioni adoperate dai contraenti, laddove l'espressione "entro e non oltre" si raffigura quale mera locuzione di stile, non indicativa di per sè della improrogabilità del termine cui si accompagna (sentenza 17/4/2002 n. 55089);
- le dichiarazioni rese dalla parte nell'interrogatorio libero di cui all'art. 117 c.p.c., pur non essendo un mezzo di prova, possono essere fonte, anche unica, del convincimento del giudice di merito, al quale è riservata la valutazione, non censurabile in sede di legittimità, se congruamente e ragionevolmente motivata, della loro concludenza ed attendibilità (sentenza 26/5/2000 n. 7002).
Alla luce dei menzionati principi deve ritenersi del tutto corretta la sentenza impugnata che si sottrae alle critiche che le sono state mosse con le censure in esame.
La corte di appello - come sopra ampiamente riportato nella parte narrativa che precede - ha ritenuto che:
- un termine essenziale di completamento dei lavori appaltati dal promissano acquirente non era stato esplicitamente pattuito dalle parti e non poteva desumersi dalla natura e dall'oggetto del contratto;
- il vincolo del sequestro per cento milioni gravante sull'immobile in questione non era stato liberato dalle D.;
- la somma residua ancora da sborsare dal promissario acquirente ammontava, a L. 60 milioni (sui 400 milioni previsti come prezzo);
- il rifiuto del C. di proseguire i lavori appaltati era giustificabile a norma dell'art. 1482 c.c., in presenza di vincoli gravanti sul bene non dichiarati dalla promettente alienante e ignorati dal promissario acquirente al momento della stipula del contratto preliminare: le dichiarazioni rese da D.M. in sede di interrogatorio libero non erano idonee a ritenere il contrario;
- la clausola contrattuale relativa alla necessità della libertà dell'immobile da vincoli ed oneri al momento della stipula del contratto definitivo andava interpretata come prevista a favore del compratore e non poteva costituire intralcio all'esercizio del diritto di cui agli artt. 1482 e 1460 c.c.
La corte di appello è pervenuta alle dette conclusioni (dalle ricorrenti principali criticate) attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici, nonchè frutto di un'indagine accurata e puntuale delle risultanze di causa riportate nella decisione impugnate e del contenuto del contratto preliminare e del contestuale contratto di appalto stipulati dalle parti.
Il giudice di appello ha dato conto delle proprie valutazioni, circa i riportati accertamenti in fatto e circa l'interpretazione dei detti;
contratti e delle clausole ivi contenute, esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni le ricorrenti contrappongono le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, ciò comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di cassazione.
Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che la Corte di merito, nel porre in evidenza gli elementi probatori favorevoli alle tesi del C., ha implicitamente espresso una valutazione negativa delle contrapposte tesi delle D..
Va aggiunto che le ricorrenti - con riferimento all'asserita errata interpretazione del contratto in esame e delle relative clausole - non hanno neanche rispettato l'onere sulle stesse incombenti di specificare i canoni ermeneutici ritenuti violali con la precisazione del modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato.
Sono pertanto insussistenti le dedotte violazioni di legge e gli asseriti vizi di motivazione denunciati con i motivi di ricorso in esame.
Con l'unico motivo del ricorso incidentale C.A. denuncia violazione dell'art. 2697 c.c., artt. 112, 115 e 360 c.p.c., nonchè vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello ha errato nel non accogliere la richiesta di condanna delle D. al rilascio dell'immobile ed al pagamento dei frutti dalla data del contratto preliminare che prevedeva l'immediato rilascio del possesso del bene in favore di esso promissario acquirente.
La censura non è meritevole di accoglimento.
In proposito va rilevato che le parti nel contratto preliminare in esame pattuirono che "il possesso del bene da trasferire" sarebbe stato dato nella stessa data della stipula del contratto.
Ciò posto va osservato che dalla lettura della sentenza impugnata non risulta - ne è stato espressamente dedotto dal ricorrente incidentale - che il C. abbia intimato alle D. la consegna dell'immobile o che abbia rivolto per iscritto tale richiesta o si sia concretamente attivato per ottenere il possesso immediato dell'immobile fornendo al riguardo la propria cooperazione al fine di rendere possibile l'immissione in possesso o che le D. - malgrado l'attiva e leale cooperazione del creditore idonea a consentire ad esse debitrici il puntuale adempimento della loro obbligazione - si siano rifiutate di consegnare il bene al promissario acquirente sottraendosi ad eseguire l'obbligazione assunta nei tempi e nei modi pattuiti.
E' quindi evidente la correttezza della ineccepibile decisione della corte di appello di rigetto - per difetto di inadempimento colpevole - dell'appello incidentale del C. volto ad ottenere la condanna delle D. al rilascio del possesso dell'immobile in questione ed al pagamento dei frutti del bene dalla data di stipula del contratto preliminare.
In definitiva il ricorso principale e quello incidentale devono essere rigettati.
Sussistono giusti motivi - in considerazione, tra l'altro, della natura della controversia e delle questioni trattate, oltre che della reciproca soccombenza - che inducono a compensare per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e il rigetta; compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009 Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2009