PRINCIPALI REGOLE E NOZIONI PER LA CORRETTA GESTIONE DELLE RELAZIONI SINDACALI A LIVELLO DECENTRATO
PRINCIPALI REGOLE E NOZIONI PER LA CORRETTA GESTIONE DELLE RELAZIONI SINDACALI A LIVELLO DECENTRATO
nell’ambito del Ministero della Difesa
a cura di PERSOCIV - IV Divisione
RELAZIONI SINDACALI - PREMESSA 4
PROCEDURA DI CONTRATTAZIONE 6
CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA 6
I soggetti 9
Modalità riunioni. 12
PARTECIPAZIONE 17
Informazione 17
Concertazione. 23
Consultazione 24
Organismi Paritetici 25
Interpretazione autentica dei contratti 26
RAPPRESENTATIVITÀ 28
TITOLARITÀ DEI PERMESSI E DELLE PREROGATIVE SINDACALI 30
APPLICATIVO GEDAP 32
TIPOLOGIA DELLE PREROGATIVE SINDACALI 38
Diritto di assemblea 38
Diritto di affissione e uso dei locali 39
Distacchi sindacali 40
Aspettativa sindacale. 41
Permessi sindacali 41
Permessi sindacali per il personale con qualifica dirigenziale Area I. 42
Permessi ex art. 11 del CCNQ 7/8/98 e s.m.i. 43
Permessi sindacali non retribuiti 44
ADEMPIMENTI IN CASO DI SCIOPERO 45
RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE (RSU) 46
IL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA 55
PRIVACY TUTELA DELLE PERSONE E DI ALTRI SOGGETTI RISPETTO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI 58
RELAZIONI SINDACALI - PREMESSA
Possiamo definire come relazioni sindacali tutti i rapporti che intercorrono tra il datore di lavoro – nel nostro caso, l’Amministrazione Difesa – e le Organizzazioni sindacali.
Il sistema delle relazioni sindacali, nel rispetto delle distinzioni delle rispettive responsabilità, è ordinato in modo coerente con l’obiettivo di contemperare l’interesse dei dipendenti al miglioramento delle condizioni di lavoro ed alla crescita professionale con l’esigenza dell’Amministrazione di incrementare e mantenere elevate l’efficacia e l’efficienza dei servizi erogati.
Le regole che sostengono le relazioni sindacali trovano la propria fonte più significativa nel Decreto Legislativo n. 165/2001, segnatamente nel Titolo III.
Per comprenderne compiutamente la valenza, non va trascurato che si tratta della normazione d’approdo di un decennio di corposi interventi sulla disciplina dell’organizzazione pubblica che ha preso le mosse dalla Legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo e che si è affermato soprattutto attraverso il Decreto Legislativo n. 29/1993 che, introducendo norme per la razionalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni e per la revisione del rapporto di pubblico impiego, introduce il concetto di privatizzazione. La disciplina del rapporto di lavoro si costituisce cioè in ambito contrattuale e i contratti collettivi, conclusi a livello di singolo comparto, devono poi essere declinati ed attuati all’interno dei singoli luoghi di lavoro tramite la contrattazione decentrata e gli altri istituti propri delle relazioni sindacali. Infatti,l’articolo 2 del D.lgs. 165/2001, dopo aver richiamato le disposizioni del Codice civile sui rapporti di lavoro subordinato nelle imprese, rinvia alla contrattazione collettiva il potere di regolare, anche derogando norme precedenti, i rapporti di lavoro individuali, sia sotto il profilo normativo che economico. Il principio è ulteriormente ribadito ed esplicitato dall’articolo 40 D.Lgs. 165/2001: ”la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali”. Per poter giungere alla stipula di accordi, occorre che le parti operino su un piano di parità, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli. Il primo comma dell’art.11 del CCNL 1998- 2001 precisa pertanto che il sistema delle relazioni sindacali deve essere improntato ai principi di correttezza, buona fede e trasparenza dei comportamenti e orientato alla prevenzione di eventuali conflitti.
Fra le parti contraenti,quindi, le relazioni devono essere basate non sulla contrapposizione, ma sulla collaborazione e sulla reciproca responsabilizzazione (Clausole di raffreddamento art. 11 CCNL 16.2.1999). Questi sono i principi informatori dell’intero sistema, perché da tali premesse derivano tutta una serie di conseguenze tecniche di grande rilievo che incidono in maniera non trascurabile sui modelli relazionali previsti dai contratti collettivi nazionali.
La contrattazione ha un ruolo primario in questo sistema ed è all’interno dei contratti che vengono delineati modalità e livelli delle relazioni sindacali, con ambiti e materie distinti che si articolano:
• a livello di contrattazione nazionale quadro e di comparto e/o area, mediante la stipula dei contratti collettivi nazionali che regolano in via generale istituti comuni a più amministrazioni o a più settori di amministrazione;
• a livello di singola Amministrazione con la stipula di contratti integrativi sulle materie e nei limiti posti dai contratti collettivi nazionali e tra i soggetti e con le procedure negoziali previste .
L’articolo 4 del CCNL 1998/2001 dispone a sua volta che la contrattazione integrativa possa svolgersi sia a livello di singola Amministrazione sia presso ogni sede centrale o sede distaccata di amministrazione centrale e ufficio periferico individuato come sede di contrattazione a seguito delle elezione delle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie).
Esistono pertanto due distinti livelli di relazioni sindacali all’interno delle Amministrazioni, uno centrale, destinato ad espandere i suoi effetti sull’intero personale e su tutte le sedi di lavoro, uno periferico con specifica rilevanza territoriale. E’ a questo livello di relazioni che si presentano le maggiori diversità di situazioni, la maggiore frequenza di rapporti tra le parti e la maggiore immediatezza di effetti che tali rapporti sortiscono sulla vita quotidiana degli enti e dei lavoratori. Da qui discende la necessità di coordinare i differenti livelli di contrattazione al fine di evitare l’insorgere di potenziali situazioni di conflitto e di assicurare il trattamento omogeneo dei dipendenti. Il sistema delle relazioni sindacali a livello periferico si articola secondo i modelli relazionali della contrattazione collettiva integrativa, della partecipazione – che comprende a sua volta gli istituti dell’informazione, consultazione e concertazione – e dell’interpretazione autentica dei contratti (art. 6 CCNL 16.2.1999 e art. 4 CCNL 2006-2009).
PROCEDURA DI CONTRATTAZIONE
Il procedimento di contrattazione è delineato dall’art. 47 del D.Lgs. 165/2001.
L’avvio delle trattative è, necessariamente, preceduto dall’atto di indirizzo dell’Organismo di coordinamento e del relativo Comitato di settore che individuano le linee guida cui dovrà uniformarsi l’Aran.
Al fine di consentire la verifica del rispetto delle direttive impartite, l’Agenzia deve informare ‘costantemente’ i Comitati di settore ed il Governo dell’andamento delle trattative.
Raggiunta l’intesa con le OO. SS. viene sottoscritta una ipotesi di accordo previa necessaria verifica ai sensi dell’art. 43, co. 3, che le sigle stipulanti rappresentino nel complesso il 51% come media tra dato elettorale e dato associativo nel comparto o nell’area interessata o almeno il 60% del dato elettorale.
L’ipotesi di accordo viene dunque trasmessa all’Organismo di coordinamento per gli accordi quadro o al Comitato di settore negli altri casi e, successivamente, al Governo per acquisirne il parere favorevole.
All’esito, l’Aran trasmette alla Corte dei Conti la quantificazione dei costi contrattuali affinché ne sia accertata la compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio.
In caso di esito positivo, l’Aran sottoscrive, unitamene alle confederazioni ed organizzazioni sindacali interessante, il contratto che diviene immediatamente efficace.
Successivamente il contratto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Ove invece la Corte dei Conti formuli dei rilievi, l’Aran riapre le trattative.
CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA
È il principale strumento delle relazioni sindacali ed è volto alla stipula di accordi vincolanti per le parti e applicabili a tutti i lavoratori della sede. Le materie demandate alla contrattazione decentrata sono specificamente indicate dai contratti nazionali di comparto per cui le norme e i limiti posti da questi contratti rappresentano anche il limite di libertà negoziale entro il quale la contrattazione decentrata può esercitarsi. Infatti, ai sensi dell’articolo 40, comma 3^ D.lgs. 165/2001 sono nulle tutte le clausole di accordi in contrasto con vincoli posti dai contratti collettivi nazionali che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale dell’Amministrazione o che disciplinino materie non demandate alla contrattazione decentrata.
Nota ARAN del 4/12/2000:
“Non v’è dubbio che le materie oggetto di contrattazione integrativa siano solo quelle indicate tassativamente dai CCNL”.
Le materie su cui la contrattazione decentrata interviene sono indicate nell’art. 4 del CCNL 1998/2001; in pratica, lo scopo principale della contrattazione decentrata è quello di fissare criteri generali e linee di indirizzo su aspetti particolarmente strategici del governo del personale per evitare ogni sorta di disparità di trattamento lesiva della dignità individuale di ogni lavoratore.
Si possono suddividere in via generale le materie di contrattazione tra quelle che richiedono il perseguimento ed il raggiungimento di un accordo tra le parti, quali quelle relative ai criteri di ripartizione del fondo per la progressione economica e per la produttività individuale e collettiva, ai sistemi di incentivazione del personale, ai criteri di ripartizione delle risorse disponibili per il lavoro straordinario, ed altre di natura più propriamente sociale, come ad esempio l’articolazione dell’orario di lavoro, la prevenzione, il miglioramento dell’ambiente di lavoro e la tutela dei dipendenti disabili, per le quali la contrattazione non è tenuta a sfociare necessariamente in un accordo. Premesso che lo scopo della contrattazione non è tenuta a sfociare necessariamente in un accordo. Premesso che lo scopo della contrattazione è il perseguimento di un accordo comune, che deve sempre essere prioritariamente ricercato con tutti i mezzi a disposizione, in queste materie è possibile, pur in mancanza di accordo, che l’Amministrazione adotti legittimamente delle determinazioni (art. 4, co. 5, CCNL 16.2.1999).
Nel settore pubblico, a differenza del privato, i soggetti pubblici non sono liberi nella scelta dei contraenti, ma hanno l’obbligo di assicurare parità di condizioni ai soggetti interessati a partecipare alla contrattazione. Questo è tanto più vero quando la disciplina posta con tale contrattazione, in ragione dell’obbligo per le amministrazioni dell’uniformità di trattamento, trova applicazione anche nei confronti di lavoratori non rappresentati nella contrattazione, in quanto non aderenti alle organizzazioni stipulanti.
Di qui la necessità di poche regole, chiare e pratiche, che consentano all’interlocutore pubblico l’individuazione delle organizzazioni sindacali con le quali trattare, regole che si sostanziano nel criterio della “rappresentatività” che sarà oggetto di specifica trattazione.
La contrattazione decentrata, sia nelle sedi centrali che periferiche, coincidenti con le sedi di elezione di RSU, si svolge tra i rappresentanti dell’Amministrazione per la parte pubblica ed i soggetti di parte sindacale che sono:
- i componenti accreditati dalle OO. SS. firmatarie del CCNL in vigore
- e l’organo di rappresentanza unitaria del personale (RSU).
A seguito delle stipulazione definitiva del CCNL relativo al quadriennio normativo 2006- 2009 e primo biennio economico 2006-2007, avvenuta il giorno 14 settembre 2007, sono state individuate le sigle maggiormente rappresentative al momento quali quelle firmatarie dello stesso e chiaramente desumibili dal suo frontespizio. Si ricorda che la sigla RdB CUB ha sottoscritto successivamente il CCNL (2006-2009) in data 24.1.2008.
In data 31 ottobre 2007 è stato poi stipulato il CCNQ di distribuzione delle prerogative sindacali del biennio 2006-2007 in cui sono indicate le organizzazioni sindacali rappresentative che ne beneficiano.
L’art. 7 del predetto CCNQ disciplina la fruizione delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro in caso di cambiamento dei soggetti sindacali rappresentativi a seguito dei periodici accertamenti della rappresentatività;
l’art. 9 comma 1, lett. b) del CCNL del comparto Ministeri del 16 febbraio 1999 come modificato dal CCNL del 10 febbraio 2004, tuttora vigente, individua i soggetti sindacali titolari dei permessi e delle altre prerogative sindacali nei luoghi di lavoro nelle persone dei dirigenti delle organizzazioni sindacali rappresentative ammesse alla contrattazione nazionale.
Dalla normativa contrattuale sopra riportata si evince che le prerogative sindacali di luogo di lavoro sono in capo ai nuovi sindacati rappresentativi dalla data di stipulazione del CCNL di comparto (14 settembre 2007), anche se non firmatari del CCNL, fermo restando quanto previsto
dall’art. 8 del CCNL del 16 febbraio 1999 che individua i soggetti sindacali titolari della contrattazione collettiva integrativa (cfr. parere richiesto e reso dall’Aran in data 6 novembre 2007).
I soggetti
I soggetti sindacali titolari della contrattazione integrativa di amministrazione di cui all’art. 4, comma 3, lett. A) sono le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL di comparto.
I soggetti sindacali titolari della contrattazione integrativa di cui all’art. 4, comma 3, lett. B) sono:
- le RSU
- le organizzazioni sindacali di categoria territoriali firmatarie del CCNL (art. 8 CCNL 1998/2001.
L’art. 10, co. 1 p. II del CCNL 1998/2001 dispone che, nelle sedi centrali e negli uffici periferici sede di contrattazione integrativa decentrata, le delegazioni trattanti siano composte:
- per la parte pubblica, dal titolare del potere di rappresentanza dell’Amministrazione – vale a dire il titolare dell’ente sede di RSU o da un suo delegato, e da una rappresentanza dei titolari degli uffici destinatari o tenuti all’applicazione del contratto. Eventuali problematiche legate ai diversi gradi gerarchici dei titolari di più enti accorpati possono essere risolte tramite la designazione di delegati che, rappresentando le posizioni di questi enti, possono affiancare il titolare della contrattazione. Ugualmente può esserci delega da parte del titolare della contrattazione per svolgere trattative presso gli enti accorpati in ragione della loro specificità, della particolarità delle materie da trattare o di altre ragioni di opportunità.
In merito alla figura del titolare di rappresentanza si sottolinea che il protocollo per la definizione del calendario delle votazioni per il rinnovo delle RSU, all’art. 3 prevede la definizione delle sedi di contrattazione integrativa, cosa questa recepita dall’Amministrazione Difesa con protocollo di intesa sottoscritto in data 26/9/2007 con le OO. SS. nazionali.
Come già rappresentato dall’esame della normativa emanata, disciplinante la contrattazione, emerge sempre la figura del dirigente responsabile dell’Ufficio quale titolare della negoziazione, il quale può avvalersi della assistenza del personale del proprio o di altri uffici dell’Amministrazione. Pertanto, sulla titolarità della negoziazione si rimanda al contenuto del
Protocollo di Intesa sulle rappresentanze sindacali per il Comparto Ministeri sottoscritto in data
12 maggio 1994 presso l’ARAN, ove tra i criteri generali di distribuzione delle RSU nel Comparto Ministeri, prevede: “…in particolare, per il Ministero della Difesa va considerato equivalente al dirigente il colonnello con funzioni di comando”.
Nota ARAN 27/5/2004:
“I titolari della contrattazione possono avvalersi della assistenza del personale del proprio o di altri uffici dell’Amministrazione … se la complessità della materia lo richiede nulla vieta all’Amministrazione di avvalersi di consulenti ed esperti esterni, che tuttavia non si possono sostituire alla delegazione di parte pubblica trattante il negoziato”.
- Per la parte sindacale, la delegazione è costituita sia dagli eletti nelle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) che dalle organizzazioni di categoria firmatarie del CCNL.
È importante considerare che la rappresentanza sindacale RSU, a differenza di quella di categoria, non è scomponibile e deve necessariamente esprimere, all’occorrenza a maggioranza, una posizione unitaria. Gli eventuali dissidi che si siano creati all’interno della RSU quindi non hanno alcuna rilevanza per l’Amministrazione né deve risultarne traccia nei verbali di accordo, dovendo trovare la loro composizione in altri luoghi e circostanze, comunque al di fuori del tavolo negoziale.
Nota ARAN 27/5/2004:
“La delegazione di parte sindacale è composta dalle RSU e dai dirigenti accreditati dalle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL che si sta applicando, soggetti diversi di pari dignità negoziale ed entrambi necessari”.
Al fine di identificare con semplicità, chiarezza e certezza quali siano i soggetti di parte sindacale aventi diritto a partecipare alla contrattazione in sede locale, basta fare riferimento alle sigle firmatarie di CCNL, cioè quelle identificabili dal frontespizio del medesimo CCNL.
Nota ARAN 6/11/2006:
“I CCNL hanno disciplinato la composizione delle delegazioni trattanti di parte pubblica e di parte sindacale. Per quest’ultima, per quanto riguarda le organizzazioni sindacali, tutti i CCNL prevedono che alla contrattazione integrativa partecipino i dirigenti sindacali accreditati dalle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto che si sta applicando……Ne deriva l’impossibilità di ammettere una organizzazione sindacale alla contrattazione integrativa per l’applicazione del CCNL quadriennale o biennale da lei non sottoscritto”.
Rappresentanti di ulteriori organizzazioni sindacali non rappresentative non hanno titolo a partecipare agli incontri e pertanto, ove eventualmente presenti, qualora vi fosse opposizione da parte anche solo di una delle OO. SS. rappresentative, devono essere invitati ad abbandonare il tavolo negoziale.
Nota ARAN 6/11/2006:
“Non esiste alcuna norma che preveda l’ammissione con riserva o come uditore alla contrattazione integrativa di una organizzazione non firmataria del contratto nazionale. L’ammissione con riserva può essere solo conseguenza di ottemperanza di un provvedimento giudiziale”.
Le OO. SS. aventi titolo intervengono alle riunioni a mezzo dei propri rappresentanti che a tale fine debbono essere previamente accreditati (CCNQ 7.8.98 art. 10 co. 2).
L’accredito è una dichiarazione scritta nella quale sono indicati i nominativi dei soggetti, liberamente scelti dalle OO. SS., dotati di potere di rappresentanza e, dunque, in grado di impegnare l’organizzazione in modo valido con la propria manifestazione di volontà.
Nota ARAN 27/5/2004:
“L’accredito del dirigente sindacale deve avvenire da parte di tutte le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL che si sta applicando anche se nell’Amministrazione una di esse non ha iscritti, rilevando a tal fine la circostanza della firma del CCNL e non la presenza degli iscritti in quel luogo di lavoro”.
L’accredito può essere consegnato anche il giorno stesso della riunione prima del suo inizio. Non è necessario che l’accredito sia comunicato in occasione di ciascun incontro, ma è sufficiente l’invio di una sola comunicazione valida sino alla sua successiva revoca.
Ferma restando la necessità della partecipazione alle riunioni di almeno un dirigente accreditato, la delegazione di ciascuna O. S. può essere costituita anche da altri soggetti purché in numero limitato sì da non pregiudicare l’andamento delle riunioni.
Modalità riunioni
Sul numero dei rappresentanti che partecipano alla trattativa l’ARAN si è espressa in tal modo:
Nota ARAN 13/3/2001:
“Sul numero dei rappresentanti il contratto non individua, e non poteva individuare, una regola di comportamento rivolta a predefinire l’entità dei soggetti presenti. Di norma, peraltro, avviene che il presidente della delegazione di parte pubblica, in sede di avvio delle trattative, ricerca, con la controparte sindacale, un punto di incontro sul numero massimo dei partecipanti per ogni sigla, al fine di rendere più produttivi i lavori e consentire, così, una sollecita e positiva conclusione del negoziato”.
Pertanto sarebbe opportuno stabilire un limite al numero di partecipanti, così da consentire una migliore gestione delle riunioni. Altrettanto apprezzabile sarebbe l’individuazione di un portavoce per ogni delegazione sindacale e per la stessa RSU, così da consentire uno svolgimento più ordinato e chiaro della discussione. Per la parte pubblica il titolare della contrattazione ha facoltà di condurre personalmente la discussione oppure di avvalersi di un suo rappresentante, cedendo eventualmente la parola ai collaboratori che avrà ritenuto opportuno convocare in riunione.
Gli incontri con le OO. SS. e le RSU avvengono previa convocazione da parte dell’Amministrazione.
Le riunioni, al pari delle altre forme di relazioni sindacali, come previsto dall’art. 10 co. 7 del CCNQ del 7/8/98, devono svolgersi, di norma, fuori dell’orario di lavoro. Ove ciò non sia possibile, dovrà comunque essere assicurata la presenza dei rappresentanti sindacali interessati.
Nota ARAN 27/5/2004:
“L’art. 10, comma 7 del CCNQ, prevede che le riunioni con le organizzazioni sindacali nelle materie previste dai CCNL vigenti avvengano – normalmente – al di fuori dell’orario di lavoro. È pertanto, necessario che le Amministrazioni ne assicurino la più scrupolosa attuazione onde evitare, come indicato dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 Ottobre 2002, aggravi di spese nonché la ulteriore conseguenza di far dipendere dalla loro azione tempi e modalità della contrattazione collettiva integrativa”.
La convocazione va mandata a tutti i membri della RSU a meno che non siano stati indicati uno o più referenti.
Nota ARAN 27/5/2004:
“Poiché l’adozione da parte della RSU di un proprio regolamento di organizzazione è atto volontario, nel caso in cui non venga adottato, tutti componenti della RSU hanno diritto di partecipare alle trattative”.
In caso di decadenza di uno o più membri o dell’intera RSU a seguito di dimissioni e/o decadenza della maggioranza dei membri e nell’impossibilità di sostituirli con ulteriori candidati della stessa lista a cui appartengono i dimissionari, il CCNQ del 13/2/2001 ha sancito che, in attesa della sostituzione o dell’espletamento delle procedure elettorali per rieleggere la Rappresentanza, le relazioni sindacali, contrattazione compresa, proseguono con gli eventuali componenti rimasti in carica, unici destinatari delle nuove convocazioni.
Nota ARAN 8/4/2004:
“In tutti i casi di decadenza,nel corso del triennio dalla loro elezione, occorre fare riferimento a quanto stabilito nell’Accordo di interpretazione autentica del 13 febbraio 2001 che prevede:
a) la rielezione della RSU entro i cinquanta giorni immediatamente successivi alla decadenza…
b) nell’attesa la prosecuzione delle relazioni sindacali con le organizzazioni di categoria firmatarie del CCNL e con gli eventuali componenti della RSU rimasti in carica;
c) la possibilità che, nel periodo di cui al punto precedente, si possa pervenire alla sottoscrizione dei contratti integrativi con i componenti della RSU rimasti in carica e le organizzazioni sindacali di categoria sopraccitate”.
Nel caso in cui una o più sigle comunichino, dopo aver ricevuto la convocazione, l’impossibilità a partecipare e chiedano lo spostamento della riunione, spetta all’Amministrazione valutare l’opportunità di un rinvio, ferma restando la validità della stessa anche nel caso l’O.S. richiedente non sia presente.
Riguardo alle concrete modalità di svolgimento delle trattative, ci può essere la richiesta di tavoli separati, generalmente originata da dissidi tra le componenti sindacali.
Il tavolo negoziale unitario resta la sede più opportuna per la discussione e l’esame delle posizioni. La richiesta di tavoli separata può essere accolta solo nel caso in cui le OO. SS. insistano nelle loro posizioni, nonostante i tentativi dell’Amministrazione di comporre la divergenza. Sarà necessario allora convocare le OO. SS. ad orari diversi con identico ordine del giorno, garantendo pari dignità e prestigio ai diversi tavoli A tutti i tavoli, in ogni caso, dovrà essere convocata la RSU nella sua interezza quale soggetto rappresentativo unitario dei lavoratori, la cui presenza è indispensabile nella contrattazione decentrata .
Nota ARAN del 16/5/2001:
“Nella sede decentrata la delegazione trattante di parte sindacale è costituita da due distinti soggetti entrambi necessari, le RSU e le organizzazioni sindacali di categoria, il che porterebbe ad escludere la possibilità che le trattative si svolgano a tavoli separati tra queste due componenti”.
Per quanto attiene la verbalizzazione delle riunioni – seppure, come chiarito dall’ARAN, essa non sia prevista se non all’atto del raggiungimento dell’accordo in occasione della procedura di concertazione, è opportuno che l’Amministrazione vi provveda in ogni caso, stilando in forma sintetica un resoconto dell’incontro.
Note ARAN del 15/2/2002 e 27/5/2004:
“Si precisa che non esiste alcun obbligo di redigere verbali, fatta eccezione di quello finale della sottoscrizione dell’accordo integrativo. Si precisa, inoltre, che la redazione del verbale è richiesta solo nel caso della concertazione”.
Nella contrattazione integrativa al fine della conclusione degli accordi vige il principio del raggiungimento del maggiore consenso possibile.
Nota ARAN del 15/2/2002:
“In sede locale vale il principio del raggiungimento del maggior consenso possibile la cui valutazione rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione non solo in relazione al grado di rappresentatività locale delle sigle ammesse alle trattative ma anche al fatto che acconsentano alla stipulazione dell’accordo il maggior numero possibile delle stesse”.
Pertanto, il consenso va valutato non solo tenendo conto della rappresentatività delle sigle firmatarie all’interno dell’Ente ma anche in base al numero delle stesse.
Come già evidenziato in precedenza, la volontà della RSU è validamente espressa con il parere favorevole della maggioranza dei suoi membri.
Nota ARAN del 27/5/2004
“La RSU assume le proprie decisioni a maggioranza e la posizione del singolo componente rileva solo all’interno della stessa, ma non all’esterno ove la RSU opera, appunto, come soggetto unitario”.
Nel caso in cui la RSU abbia adottato un proprio regolamento e designato uno o più membri quali portavoce della maggioranza autorizzati a sottoscrivere gli accordi, sarà sufficiente la loro firma per impegnare l’intera RSU.
Nel caso non si pervenga ad un accordo o che ci siano difficoltà di sottoscrizione di accordi nella contrattazione decentrata, si deve far riferimento alla seguente nota:
Nota ARAN 4/12/2000:
“In presenza di una effettiva difficoltà di portare a conclusione la trattativa decentrata non esistono, in materia, strumenti alternativi a disposizione……
Il determinarsi di una situazione di stallo nella trattativa, tuttavia, dovrà essere valutato nella logica propria della contrattazione privatistica, che si svolge sulla base della reciproca convenienza delle parti alla stipula del contratto. Ove non si pervenga alla stipulazione di quest’ultimo, conseguentemente, ciascuna delle parti ne sopporta le conseguenze e se ne assume le responsabilità”.
PARTECIPAZIONE
I CCNL, oltre alla contrattazione integrativa, individuano ulteriori forme di partecipazione per consentire alle OO. SS. un coinvolgimento sulle modalità di gestione del personale da parte delle Amministrazioni
La partecipazione si articola negli istituti:
Informazione preventiva e/o successiva, Concertazione;
Consultazione che può avere come strumento applicativo la costituzione di apposite Commissioni;
Organismi paritetici.
Informazione
L’informazione è uno strumento con cui l’Amministrazione rende formalmente note alla compagine sindacale le proprie decisioni in materia di ambiente di lavoro e di gestione del rapporto di lavoro. L’informazione può essere preventiva e successiva.
Il modello relazionale dell’informazione preventiva è stato potenziato attraverso l’introduzione della concertazione.
L’informazione preventiva è necessaria sulle materie indicate nell’art. 6 del CCNL 16/2/1999, come integrato e modificato dall’art. 4, commi 1 e 2 CCNL 14/9/2007, cioè a grandi linee, in tutte quelle materie caratterizzate da una grossa carica conflittuale se demandate all’unilaterale gestione dell’Amministrazione; si pensi alla determinazione dei carichi di lavoro alle riorganizzazioni delle Amministrazioni e dei Dipartimenti, all’organizzazione degli uffici, alla introduzione di nuove tecnologie con riflessi sull’organizzazione del lavoro,ai programmi di formazione del personale, alle misure in materia di igiene e sicurezza, ai programmi relativi ai processi di esternalizzazione e reinternalizzazione.
Il Contratto Collettivo Integrativo della Difesa specifica che l’informazione dovrebbe essere data per iscritto una settimana prima dell’emanazione dell’atto o della sua definizione formale (Titolo II, capo 3°).
In particolare si segnalano le seguenti precisazioni rese dall’Aran:
Nota ARAN 5/2/2003:
“Per l’adozione di singoli atti relativi a trasferimento, in particolare se temporanei, non è prevista alcuna forma di relazione sindacale, né, tanto meno, gli stessi possono essere ricompresi nelle materie oggetto di informazione preventiva di cui all’art. 6, comma 2 lettera A del citato CCNL, relativa all’organizzazione del lavoro, alla verifica dei carichi di lavoro o alla produttività. Non sembra, del resto, applicabile alla vicenda in argomento neanche la previsione di cui all’art. 6 lettera C) comma 1, punto 2 del medesimo CCNL che dispone l’obbligo di consultazione preventiva per gli atti adottati in materia di organizzazione e disciplina dell’ufficio, nonché per quelli concernenti la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche, in quanto tale istituto dovrebbe, in ogni caso, riguardare la definizione dei criteri generali di riferimento e non casi individuali.
Occorre al riguardo precisare che il trasferimento temporaneo all’interno dell’ufficio non sembra rientrare nelle fattispecie suesposte, in quanto si configura piuttosto come una misura, anche urgente, di gestione delle risorse umane, adottato allo scopo di garantire la migliore utilizzazione delle stesse in relazione ad esigenze funzionali determinate da situazioni particolare e contingenti. Sotto tale profilo, pertanto, l’atto in questione non incide sulle soluzioni di carattere generale adottate dal dirigente in relazione all’organizzazione dell’ufficio (articolazione interna, obiettivo o attività), che costituiscono l’oggetto delle citate modalità di relazione sindacali”.
In tutte le materie oggetto di informazione, tanto preventiva quanto successiva ai sensi dell’art. 6, comma 3 CCNL 16/02/1999, nel quadro del complesso coordinamento fra gli artt. 22 e ss. della Legge 241 del 1990 con la Legge 675 del 1996 la giurisprudenza, sempre che non si discuta di “dati sensibili” ai sensi dell’art. 22 della Legge 675 del 1996, ritiene il diritto di accesso prevalente sulla riservatezza in quanto posto a garanzia della trasparenza dell’azione amministrativa; si ritiene, inoltre, che l’esercizio del diritto di accesso sia una prerogativa strumentale alle difese delle libertà sindacali e non può tradursi in nessun caso in una sorta di controllo sull’azione amministrativa. In particolare circa la distribuzione delle ore di lavoro straordinario e relative prestazioni, si ricorda che il principio dell’informazione va sempre contemperato con quello della riservatezza. Spesso, infatti, le sigle tendono a richiedere elenchi nominativi dei dipendenti che hanno beneficiato di straordinario con indicazione delle ore
prestate e dei compensi percepiti. Tali richieste non possono essere accolte, poiché non necessarie per l’esercizio delle prerogative delle OO. SS.
Nota ARAN 5/2/2003
“…l’amministrazione deve comunicare alle OO. SS. aventi titolo tutti gli elementi conoscitivi in relazione all’effettuazione del lavoro straordinario, come ad esempio le ore autorizzate e quelle effettuate considerate complessivamente distinte per ufficio, il numero dei dipendenti che effettua straordinario, valutato in totale o per singolo ufficio, le risorse stanziate ecc. In tale contesto , però, non sembra che la conoscenza esplicita dei nominativi del personale dipendente che ha effettuato la prestazione possa, in qualche modo, interessare le OO. SS. … In altri termini, la mancata comunicazione dei nominativi dei singoli dipendenti che hanno svolto straordinario non impedisce alle OO. SS. di svolgere il loro ruolo nell’ambito dell’informazione successiva”.
Peraltro, il Garante della Privacy, nelle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico” con provvedimento del 14/6/2007 ha espressamente disposto al punto 5.2:
“ad esclusione dei casi in cui il contratto collettivo preveda espressamente che l’informazione sindacale abbia ad oggetto anche dati nominativi del personale per verificare la corretta attuazione di taluni atti organizzativi, l’amministrazione può fornire alle organizzazioni sindacali dati numerici o aggregati e non anche quelli riferibili ad uno o più lavoratori individuabili. E’ il caso, ad esempio,delle informazioni inerenti ai sistemi di valutazione dell’attività dei dirigenti, alla ripartizione delle ore di straordinario e alle relative prestazioni, nonché all’erogazione dei trattamenti accessori.
Resta disponibile per l’organizzazione sindacale anche la possibilità di presentare istanze di accesso a dati personali attinenti uno o più lavoratori su delega o procura (art. 9,comma 2, del Codice sull’accesso),come pure la facoltà di esercitare il diritto di accesso a documenti amministrativi in materia di gestione del personale, nel rispetto delle condizioni, dei limiti e delle modalità previsti dalle norme vigenti e per salvaguardare un interesse giuridicamente rilevante di cui sia portatore il medesimo sindacato” (artt. 59 e 60 del Codice).
La violazione dell’obbligo di informazione costituisce condotta antisindacale sanzionabile all’interno di un procedimento giurisdizionale di tipo cautelare disciplinato dall’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.
L’informazione oltre che preventiva può essere successiva; quest’ultima è prevista per tutte quelle attività amministrative sulle quali risulta doveroso un controllo a consuntivo; si ha riguardo non solo a tutte quelle materie oggetto di informazione preventiva, ma anche a tutti quegli argomenti di natura statistica che vanno dall’argomento generale della mobilità del personale, alla formazione, alla distribuzione dell’orario di lavoro.
L’attività oggetto d’informazione successiva, è, comunque, accessibile ai sensi degli artt. 22 e successivi della Legge 241/1990, restando ininfluente in proposito l’avvenuta privatizzazione del pubblico impiego.
OGGETTO: i provvedimenti attinenti ad atti individuali di trasferimento sono oggetto di informazione preventiva o successiva oppure di consultazione?
Risposta ARAN:
“I trasferimenti all’interno della medesima amministrazione, intesi come modifica della sede di lavoro dei dipendenti, costituiscono una manifestazione del potere direttivo del datore di lavoro pubblico, il quale nella attività di gestione volta ad assicurare la funzionalità degli uffici assegnati alla sua responsabilità, gode della piena autonomia decisionale che gli viene espressamente riconosciuta dall’art. 5 del D.Lgs n. 165 del 2001.
Per l’adozione di singoli atti relativi a trasferimenti in particolare se temporanei, non è previsto alcuna modalità di relazione sindacale, né tanto meno, gli stesi possono essere ricompresi nelle materie oggetto di informazione preventiva di cui al citato art. 6, comma 2, lett. A), punto2), del CCNL del 16.2.1999, relative all’organizzazione del lavoro alla verifica dei carichi di lavoro o alla produttività. Non sembra, del resto, applicabile alla vicenda in argomento neanche la previsione di cui all’art. 6, lett. C), comma 1, punto 2 del medesimo CCNL, che dispone l’obbligo di consultazione preventiva per gli atti adottati in materia di organizzazione e disciplina dell’ufficio, nonché per quelli concernenti la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche, in quanto tale istituto dovrebbe, in ogni caso riguardare la definizione dei criteri generali di riferimento e non casi individuali.
Occorre al riguardo, precisare che il trasferimento temporaneo all’interno dell’ufficio non sembra rientrare nelle fattispecie suesposte, in quanto si configura piuttosto come una misura, anche urgente, di gestione delle risorse umane, adottata allo scopo di garantire la migliore utilizzazione delle stesse in relazione ad esigenze funzionali determinate da situazioni particolari e contingenti. Sotto tale profilo, pertanto, l’atto in questione non incide sulle soluzioni di carattere generale adottate dal dirigente in relazione alla organizzazione dell’ufficio (articolazione interna, obiettivi o attività) che costituiscono l’oggetto delle citate modalità di relazioni sindacali”.
OGGETTO: nell’ambito della informazione successiva, le OO. SS. possono avere la documentazione relativa ai nominativi dei dipendenti che hanno svolto prestazioni di lavoro straordinario, con l’indicazione delle relative ore effettuate?
Risposta ARAN:
“Al riguardo per quanto di competenza, occorre considerare che nel sistema di relazioni sindacali delineato dal D. Lgs. 165/200, l’informazione si configura come una modalità relazionale volta a far conoscere alle Organizzazioni Sindacali, nel quadro di un trasparente e costruttivo confronto tra le partii, l’attività gestionale svolta dall’Amministrazione nell’esercizio del proprio potere di organizzazione.
Al fine di attuare tale confronto, pertanto, l’Amministrazione fornisce, preventivamente o anche successivamente, la documentazione circa le misure adottate nelle materie indicate dal CCNL di riferimento, mentre le Organizzazioni Sindacali procedono alla conseguente verifica degli atti oggetto della informazione.
Nel caso che qui interessa, l’applicazione ella clausola contrattuale comporta che l’Amministrazione debba comunicare alle OO. SS. aventi titolo tutti gli elementi conoscitivi in relazione alla effettuazione del lavoro straordinario, come ad esempio le ore autorizzate e quelle effettuate considerate complessivamente oppure distinti per ufficio, il numero dei dipendenti che effettua lo straordinario, valutato in totale o per ogni singolo ufficio, le risorse stanziate, etc.
In tale contesto, però, non sembra che la conoscenza esplicita dei nominativi del personale dipendente che ha effettuato la relativa prestazione lavorativa, possa, in qualche modo interessare le Organizzazioni Sindacali, in quanto l’intento della norma è quello di consentire di valutare la distribuzione delle ore di straordinario e di verificare le modalità di utilizzazione del
relativo plafond sotto il profilo delle effettiva utilità dello stesso per lo svolgimento della attività istituzionale della Amministrazione oppure ai fini del miglioramento della efficienza e della qualità dei servizi. Tali aspetti rientrano nelle finalità generali delle attività delle Amministrazioni nel loro complesso, non rapportabili in alcun modo alla conoscenza del nominativo del singolo dipendente.
In altri termini, la mancata comunicazione dei nominativi dei singoli dipendenti che hanno svolto il loro straordinario non impedisce alle Organizzazioni Sindacali di svolgere il loro ruolo nel quadro della informazione successiva.
Del resto, l’eventuale indicazione dei su indicati dati implicherebbe il coinvolgimento di aspetti personali, la cui conoscenza, sotto il profilo dalla applicazione della norma in questione, non sembra rientrare nelle competenze delle Organizzazioni sindacali”.
OGGETTO: nell’ambito del diritto alla informazione successiva sulla distribuzione complessiva del FUA (FUS) i rappresentanti delle organizzazioni sindacali territoriali aventi titolo o i rappresentanti della RSU possono richiedere un elenco nominativo recante compensi corrisposti ai dipendenti?
Risposta ARAN:
“… al riguardo, per quanto di competenza, occorre considerare che, nel sistema di relazioni sindacali, l’informazione si configura come una modalità relazionale volta a far conoscere alle organizzazioni sindacali, nel quadro di un trasparente e costruttivo confronto tra le parti, l’attività gestionale svolta dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere di organizzazione.
Al fine di attuare il confronto, pertanto, l’amministrazione fornisce, preventivamente o successivamente, la documentazione circa le misure adottate nelle materie indicate dal CCNL di riferimento, mentre le organizzazioni sindacali procedono alla conseguenza verifica degli atti oggetto dell’informazione.
Nel caso che qui interessa l’applicazione dell’art. 6, lett. A, comma 3 del CCNL sottoscritto il 16 febbraio 1999 comporta che l’amministrazione debba comunicare alle organizzazioni sindacali, soltanto a titolo di informazione successiva, tutti gli elementi conoscitivi in ordine alla distribuzione delle risorse del FUA come, ad esempio, la tipologia degli incentivi individuali e collettivi, la quantificazione dei relativi importi, il numero di unità che hanno percepito i
compensi in ciascuno ufficio, la suddivisione delle unità per centro di responsabilità, il numero di ore di lavoro straordinario complessivamente svolto dal singolo ufficio e simili.
L’informazione successiva è, pertanto, finalizzata a consentire di accertare che nella fase applicativa siano state attuate tutte le previsioni stabilite nella contrattazione integrativa e cioè che le risorse, complessivamente stanziate, siano state effettivamente utilizzate secondo i criteri prestabiliti e sulla base delle quantità previste.
In tale contesto, però, non sembra che la mancata comunicazione dei nominativi dei singoli dipendenti e del relativo importo individuale percepito dagli stessi impedisca alle organizzazioni sindacali di svolgere il loro ruolo nel quadro della informazione successiva.
Del resto, l’eventuale indicazione dei su indicati dati implicherebbe il coinvolgimento di aspetti personali, la cui conoscenza, sotto il profilo della applicazione delle norme in questione non sembra rientrare nelle competenze delle organizzazioni sindacali” (cfr. § Privacy tutela della riservatezza pag. 51) .
Concertazione
Solo su alcune materie oggetto d’informazione preventiva è prevista la possibilità di attivare, mediante richiesta scritta, la concertazione.
La concertazione è un nuovo modello di relazioni sindacali che consente un confronto più approfondito su alcuni temi ed obiettivi particolarmente significativi, al fine di pervenire ad accordi sulle materie di comune interesse quali
- l’attribuzione e revoca degli incarichi di posizione organizzativa;
- la graduazione delle posizioni organizzative ai fini dell’attribuzione della relativa indennità;
- la verifica periodica della produttività dell’ufficio, criteri e procedure di valutazione periodica delle attività svolte dai dipendenti interessati.
- le implicazioni dei processi generali di riorganizzazione delle Amministrazioni, nonché quelle relative ai processi di riorganizzazione interna dei Dipartimenti e delle innovazioni tecnologiche ed organizzative.
Il necessario legame tra l’informazione e la concertazione successiva rende questa forma di relazione sindacale del tutto diversa ed insostituibile con altre.
In buona sostanza la concertazione costituisce un istituto generale che instaura una cultura del confronto continuo tra le parti sui temi e sugli obiettivi particolarmente significativi nella evoluzione dell’organizzazione del lavoro, nonché per la positiva attuazione del processo di riordino e di razionalizzazione degli uffici.
La concertazione costituisce dunque uno strumento essenziale di partecipazione e di coinvolgimento del personale, per il tramite dei propri rappresentanti sindacali, nei processi organizzativi, contribuendo al loro sviluppo nel più ampio contesto di riforma della Pubblica Amministrazione.
Nota ARAN 4/12/2000:
“… trattandosi di procedura non negoziale la concertazione non può in nessun caso tradursi in un contratto decentrato”.
La procedura di concertazione può essere richiesta dalle RSU o da una sigla sindacale entro tre giorni dal ricevimento dell’informazione. Si svolge in apposite riunioni cui devono partecipare sia le RSU sia le OO. SS. rappresentative firmatarie secondo le modalità già illustrate per la contrattazione. Il procedimento deve prendere avvio entro quarantotto ore dalla richiesta, con almeno la convocazione della prima riunione. La procedura si conclude nel termine di trenta giorni dalla data della relativa richiesta. All’esito della stessa è redatto specifico verbale. Gli impegni concertati hanno effetto vincolante per le parti.
Durante lo svolgersi della procedura di concertazione, le parti si astengono dall’assumere iniziative unilaterali sulle materie oggetto della stessa per non violare i principi di correttezza e buona fede in senso soggettivo.
In caso di mancato accordo, quindi con indicazione a verbale delle posizioni delle parti, ognuna riacquista la propria libertà di iniziativa.
Consultazione
La consultazione prevede l’acquisizione di un parere preventivo che l’Amministrazione acquisisce da parte dei soggetti sindacali prima di adottare atti interni di organizzazione aventi riflessi sull’organizzazione del lavoro.
È generalmente facoltativa ma, a livello territoriale è obbligatoria in materia di organizzazione e disciplina dell’ufficio.
Anche per la consultazione è necessario convocare specifici incontri cui partecipano le RSU e le OO.SS. territoriali rappresentative che possono formulare pareri e proposte non vincolanti per l’Amministrazione. L’atto adottato successivamente alla procedura di consultazione deve contenere la formula “sentite le OO. SS.” anche se le loro posizioni non sono state recepite, al fine di rendere conto dell’avvenuta consultazione.
Organismi Paritetici
I vari CCNL prevedono anche la costituzione di organismi paritetici, costituiti cioè da un numero di membri nominati in misura paritaria dall’Amministrazione e dalle OO. SS. rappresentative, per l’esame congiunto di specifiche problematiche di particolare rilevanza nel rapporto di lavoro.
Tra di essi rivestono una particolare importanza i Comitati pari opportunità ed i Comitati mobbing.
L’attività dei Comitati, presieduti da un rappresentante dell’Amministrazione, consiste, principalmente, in attività di studio, proposta e di relazione con riferimento alle problematiche sottoposte al loro esame.
In particolare l’attività del Comitato pari opportunità è stato rafforzato ed articolato dal CCNL 14.9.2007 all’art. 4, co. 7 che introduce un co. 1 bis all’art. 7 del CCNL 16.2.1999 in merito alla raccolta dei dati ed alla formulazione di proposte. In tale contesto si è tenuto altresì conto del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna ai sensi del D. Lgs 11.4.2006, n. 198.
Ogni Comitato, una volta costituito, diventa un organo terzo rispetto all’Amministrazione e redige un proprio regolamento interno con il quale disciplina in piena autonomia il proprio funzionamento ivi compreso il calendario delle riunioni.
I Comitati vengono costituiti, salvo che le norme contrattuali dispongano altrimenti, presso la sede centrale dell’Amministrazione.
Ciò non esclude, peraltro, che anche presso le sedi periferiche possano essere concordate con le OO. SS. e la RSU diverse forme di analisi congiunta di problematiche rilevanti nella struttura interessata, attraverso, per esempio, la previsione di un calendario di incontri su temi
specifici ovvero l’elaborazione di studi e/o approfondimenti sempre che tali relazioni si svolgano, naturalmente senza oneri per l’Amministrazione.
Interpretazione autentica dei contratti
Ultimo modello relazionale è l’interpretazione autentica dei contratti. Si tratta di un procedimento utilizzabile laddove sorga una controversia sul significato di una determinata clausola contrattuale.
Vede per attori le parti che hanno sottoscritto il contratto e si svolge con le medesime procedure e, pertanto, alla contrattazione decentrata è rimessa la possibilità di interpretare solo i contratti conclusi a questo livello.
Nota ARAN del 5/2/2003
“Le organizzazioni territoriali e le RSU non possono chiedere l’interpretazione delle disposizioni contrattuali contenute nei contratti collettivi”
Benché si tratti di una procedura contrattuale ci sono due specificità importanti:
1. l’iniziativa può essere presa solo da una delle parti stipulanti con esclusione di tutte le OO.SS .che non hanno sottoscritto l’accordo o non abbiano aderito successivamente;
2. solo le OO.SS. che hanno stipulato l’accordo originale hanno diritto a partecipare alla negoziazione e solo quelle vanno convocate
Nota ARAN del 27/5/2004
“Le organizzazioni sindacali che hanno titolo a partecipare al negoziato (di interpretazione autentica) sono quelle originariamente firmatarie del contratto integrativo a cui la clausola da interpretare si riferisce”.
Quindi il maggior consenso possibile va ricercato tra le OO.SS. aventi titolo a contrattare e l’efficacia del contratto determina la sostituzione della clausola controversa sin dall’inizio della vigenza del contratto. Pertanto questo tipo di accordi deve limitarsi a chiarire l’applicazione delle clausole controverse con esclusione di qualunque integrazione o modifica del contratto in precedenza sottoscritto.
Tutto quello che esula dalla semplice interpretazione rientra nella disciplina della contrattazione, con conseguente necessaria partecipazione alla trattativa delle RSU e delle OO. SS. rappresentative secondo il contratto in vigore.
RAPPRESENTATIVITÀ
Il criterio della rappresentatività nel settore pubblico è stato introdotto per individuare i soggetti titolari di contrattazione e si sostanzia in un meccanismo utile a pesare la “forza”, la consistenza a livello nazionale del sindacato. Attualmente è disciplinato dagli artt. 42 e 43 del Decreto legislativo 165/2001, come già accennato in precedenza. Tale meccanismo si basa sulla media tra due dati:
- il dato associativo rappresentato dalla percentuale delle deleghe rilasciate dai lavoratori alla Amministrazione di appartenenza per la riscossione dei contributi sindacali;
- il dato elettorale rappresentato dalla percentuale dei voti riportati da ciascuna sigla sindacale nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale.
Il dato associativo è indicativo nel numero degli iscritti; il dato elettorale è rivelatore del consenso di cui il sindacato gode, indipendentemente dalla sua consistenza associativa, tra i lavoratori interessati alla contrattazione collettiva.
Sono ammesse alla contrattazione collettiva le organizzazioni che abbiano, nell’ambito di riferimento, una rappresentatività non inferiore al 5% calcolata considerando la media tra gli anzidetti due dati; sono altresì ammesse alla contrattazione le confederazioni che abbiano organizzazioni sindacali affiliate in almeno due comparti. Quella delle confederazioni è, quindi, una rappresentatività derivata.
La disciplina della rappresentatività è di fatto vigente per il comparto Ministeri dal 1998, dalle prime elezioni RSU, sulla base della procedura di certificazione dei dati associativi da parte dell’apposito comitato paritetico presso l’ARAN.
Alle organizzazioni sindacali rappresentative sono attribuite una serie di prerogative (permessi, aspettative, distacchi) in proporzione al loro grado di rappresentatività.
L’accertamento della rappresentatività ha cadenza biennale.
Al fine di assicurare stabilità alla delegazione sindacale trattante, qualora ci siano mutamenti rappresentativi, o mutamenti associativi intervenuti dopo l’accertamento, compreso il cambio di denominazione, questi producono effetti solo dalla stipula del successivo CCNL di comparto o area (CCNQ del 9 agosto 2000 ora art. 6, co. 7 CCNQ 24.9.2007).
Per maggior completezza si riportano qui di seguito le precisazioni richieste nel merito e rese dall’Aran con parere del 6.11.2007 n. prot. 9626:
“In ordine al quesito posto sulla attribuzione delle prerogative sindacali alle organizzazioni rappresentative nel Comparto Ministeri a seguito della stipulazione definitiva del CCNL relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e primo biennio economico 2006-2007, avvenuta il giorno 14 settembre 2007, si forniscono le seguenti precisazioni:
- dal frontespizio del CCNL di comparto del 14 settembre 2007 sono chiaramente desumibili le organizzazioni sindacali rappresentative e firmatarie dello stesso (è ricompresa anche ala RDB PI);
- in data 31 ottobre 2007 è stato stipulato il CCNQ di distribuzione delle prerogative sindacali del biennio 2006-2007 in cui sono indicate le organizzazioni sindacali rappresentative;
- l’art. 2 del predetto CCNQ disciplina la fruizione delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro in caso di cambiamento dei soggetti sindacali rappresentativi a seguito dei periodici accertamenti della rappresentatività;
- l’art. 9, comma 1, lett. b) del CCNL del comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, come modificato dal CCNL del 10 febbraio 2004 tuttora vigente, indica i soggetti sindacali titolari dei permessi e delle altre prerogative sindacali nei luoghi di lavoro nelle persone dei dirigenti sindacali delle organizzazioni sindacali rappresentative ammesse alla contrattazione nazionale.
Dalla normativa contrattuale sopra riportata si evince che le prerogative sindacali di luogo di lavoro sono in capo ai nuovi sindacati rappresentativi dalla data di stipulazione del CCNL di comparto (14.9.2007), anche se non firmatari del CCNL, fermo restando quanto previsto dall’art. 8 del CCNL del 16 febbraio 1999.
Per quanto riguarda la composizione delle delegazione trattante si confermano i contenuti delle note di chiarimento Aran pubblicate in materia”.
TITOLARITÀ DEI PERMESSI E DELLE PREROGATIVE SINDACALI
La titolarità dei permessi sindacali nei luoghi di lavoro e delle altre prerogative sindacali compete
- ai componenti delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) elette ai sensi dell’accordo quadro per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie per il personale dei comparti delle pubbliche amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale, stipulato il 7/8/1998;
- alle organizzazioni sindacali firmatarie aventi titolo a partecipare alla contrattazione nazionale;
- ai componenti degli organismi statutari delle proprie confederazioni ed organizzazioni sindacali di categoria non collocati in distacco o aspettativa, qualora non coincidenti con i soggetti suindicati;
- ai dirigenti sindacali dei terminali di tipo associativo delle associazioni sindacali rappresentative che dopo l’elezione delle RSU siano rimasti operativi nei luoghi di lavoro.
Le prerogative sindacali spettano ai rappresentanti sindacali delle OO. SS. rappresentative indipendentemente dalla sottoscrizione del CCNL in applicazione, rilevando tale circostanza soltanto ai fini del diritto o meno a partecipare al tavolo negoziale (CCNL 10.2.2004 che ha modificato l’art. 9, comma 1, lett. b, secondo alinea CCNL 1998/2001).
Una limitata titolarità spetta anche alle OO. SS. che, a seguito dell’accertamento biennale dell’ARAN, abbiano perso la rappresentatività dopo la stipula del CCNL in applicazione. Infatti, l’art. 7 CCNQ per la ripartizione dei distacchi e permessi del 31.10.2007 ha stabilito che la fruizione dei permessi di luogo di lavoro (monte ore di amministrazione) rimane in capo ai precedenti soggetti fino al subentro dei nuovi, che avviene con la data di stipulazione del nuovo CCNL relativo a ciascun biennio economico. L’utilizzo, nel periodo intercorrente sino al subentro dei nuovi soggetti, avviene pro rata da parte delle associazioni temporaneamente abilitate in quanto ammesse alla precedente trattativa nazionale. Ciò determina l’obbligo di restituire i permessi utilizzati in maniera superiore a quella spettante sotto forma di corrispettivo economico.
La richiesta di utilizzo delle prerogative sindacali deve essere fatta dall’organizzazione sindacale di appartenenza e non dal dirigente sindacale a nome proprio. Perché il dirigente sindacale possa essere riconosciuto come tale occorre che sia stato accreditato dalle OO. SS aventi titolo (ex art. 10, comma 2 CCNQ 7.8.1998 e s.m.i.).
APPLICATIVO GEDAP
(www. gedapfunzionepubblica.it)
Ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs 165/01 l’Amministrazione Difesa ha l’obbligo di comunicare annualmente il numero complessivo e i nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali, distacchi e aspettative sindacali nonché aspettative e permessi per funzioni pubbliche elettive.
In considerazione delle nuove modalità di immissione degli istituti sindacali introdotte dalla circolare (Gedap) diramata dal Dipartimento della Funzione Pubblica in data 27.3.2007, delle confacenti ed importanti implementazioni apportate nell’anno 2008 sempre del predetto Dipartimento sull’approntato sistema Gedap, tenuto altresì conto dell’obbligo di ottemperare alle specifiche norme di riferimento in materia di riduzione dei costi della P.A., si è ravvisata l’opportunità dell’utilizzo ‘condiviso’ della infrastruttura di rete Gedap, acquisendo i dati inseriti a tale titolo dagli Enti dell’A.D. in grado di procedere autonomamente all’immissione dei dati on line.
Peraltro, la puntuale organizzazione logistica delle risorse umane e strumentali ai fini degli adempimenti dell’A.D. è stata resa possibile anche alla luce del parere richiesto in materia il 28 marzo 2008 e reso nel merito dal citato Dipartimento della Funzione Pubblica con nota del 21 aprile 2008 che ha confermato la possibilità di poter creare la figura dell’“Utente semplice”, presso ciascuna sede periferica, in grado di procedere autonomamente all’immissione dei dati on line.
In ordine a quanto sopra riportato è stato stabilito di assegnare a ciascun Ente dell’Amministrazione Difesa un nome utente e una password per accedere direttamente al sito del Gedap, in grado di effettuare autonomamente l’adempimento on-line tramite l’inserimento dei dati di propria pertinenza. Gli Enti, creati Utenti semplici dell’applicativo Gedap, vengono registrati con nome (corrispondente alla denominazione dell’Ente) e cognome (sede dell’Ente), recapito telefonico linea Telecom e indirizzo di posta elettronica. In tal modo è possibile risalire a chi ha materialmente inserito i dati nel predetto applicativo, si ribadisce, nella sua ultima formulazione. A ciò aggiungasi che il lavoro di censimento degli Enti è iniziato nell’anno 2006 e si è in seguito sviluppato in modo capillare. Alla data del 30 novembre 2008 oltre l’80% degli Enti dell’Amministrazione Difesa erano già dotati di nome utente e password e, pertanto, in grado di gestire in autonomia l’immissione dei dati spettanti on-line.
Grazie ad una ampia funzionalità di controllo degli inserimenti e di reportistica, nonché un alto grado di sicurezza rispetto all’integrità dei dati gestiti, offerto dall’applicativo Gedap, nella sua ultima formulazione, gli adempimenti on line hanno sostituito integralmente la procedura precedentemente adottata e basata sull’invio dei fax e di altre comunicazioni cartacee inerenti ai permessi sindacali per espletamento mandato. A decorrere dal 1 settembre 2008 il monitoraggio in ‘itinere’ di detti istituti sindacali ex artt. 8, 9 e 10 CCNQ 7.8.1998 e s.m.i. nonché il controllo dei distacchi e aspettative sindacali, aspettative per funzioni pubbliche elettive etc. è stato completamente informatizzato
Tutte le indicazioni operative impartite nel merito sono state diramate dalla Direzione Generale del Personale Civile – IV^ Divisione – III^ Sezione con circolare esplicativa prot. nr. 52517 del 14 luglio 21008, reperibile sul sito della Direzione stessa (http://www.difesa.it/Segretario-SGD-DNA/DG/PERSOCIV/circolari-doc-
dettaglio.htm?DetailID=8827).
Per facilitare le operazioni di visualizzazione, immissione etc. si esplicitano le funzionalità di seguito riportate:
a) ACCESSO AL SISTEMA GEDAP:
1) Digitare nel browser l’indirizzo web www.gedapfunzionepubblica.it
2) Inserire “Nome Utente” e “Password” forniti dalla Direzione Generale Persociv. IV^ Divisione- III^ Sezione;
b) DATI DA INSERIRE CORRELATI AI RISPETTIVI ISTITUTI :
Gli Enti dell’A.D. (utenti semplici) dovranno inserire tempestivamente nel citato applicativo GEDAP quanto segue:
ISTITUTI SINDACALI (cfr. Circ. Persociv 14.7.2008 n. prot. C4/ 52517)
• Distacchi Sindacali Retribuiti (ex artt. 5, 6 e 7 CCNQ 7.8.1998 e s.m.i.);
• Permessi Cumulati Sotto forma di Distacchi (art. 8 bis e 20 CCNFQ 7.8.1998 e s.m.i.);
• Permessi Sindacali Retribuiti per le Riunioni di Organismi Direttivi Statutari (ex art.
• 11 CCNQ 7.8.1998 e s.m.i.);
• Aspettative Sindacali Non Retribuite (ex art. 12 co. 1 CCNQ 7.8.1998 e s.m.i.);
• Permessi Sindacali Retribuiti per l’Espletamento del Mandato (ex artt. 8, 9 e 10 CCNQ
• 7.8.1998 e s.m.i.);
• Permessi Sindacali non Retribuiti (art. 12 co. 2 CCNQ 7.8.1998 e s.m.i.).
ISTITUTI PER FUNZIONI PUBBLICHE ELETTIVE
• Aspettative per Funzioni Pubbliche Elettive;
• Permessi per Funzioni Pubbliche Elettive.
Per completezza di informazione si raccomanda di acquisire agli atti idonea documentazione tesa a giustificare le richieste di aspettativa e di permessi per funzioni pubbliche elettive.
c) PROCEDURA DA ADOTTARE PER L’INSERIMENTO DI PERMESSI PER ORGANISMI DIRETTIVI STATUTARI (ex art. 11) E ESPLETAMENTO DEL MANDATO (ex artt. 8, 9 e 10).
Per inserire gli istituti in argomento, sulla colonna a sinistra dello schermo cliccare la voce “Inserimento” sotto “Gestione Istituto”.
I dati da inserire nell’ordine sono:
✓ nominativo del dipendente che ha usufruito dell’istituto, da ricercare per codice fiscale o per dati anagrafici ovvero cognome;
✓ area di appartenenza;
✓ tipo di istituto utilizzato dal dipendente;
✓ la data e le ore (inclusi i minuti) in cui e di cui il dipendente ha usufruito;
✓ la sigla sindacale rappresentativa (art. 42 D. Lgs. 165/01) o la confederazione avente
✓ titolo.
d) PROCEDURA DA ADOTTARE PER L’INSERIMENTO DI PERMESSI PER RSU (Artt. 8, 9 e
10)
I dati da inserire nell’ordine sono:
✓ nominativo del dipendente che ha usufruito del permesso per l’espletamento del mandato per la RSU, da ricercare per codice fiscale o per dati anagrafici ovvero cognome;
✓ area di appartenenza;
✓ tipo di istituto (ovvero selezionare Permessi per l’espletamento del mandato) di cui il dipendente usufruisce;
✓ dall’elenco delle sigle sindacali, selezionare RSU.
Per maggior celerità negli inserimenti, si consiglia di effettuare la ricerca per cognome, poiché il dipendente che in passato ha usufruito di istituti sindacali e/o funzioni pubbliche elettive risulta già esistente nella base dati del GEDAP. In tal modo risulta pertanto agevolato l’inserimento dei dati in parola per gli anni successivi di riferimento.
Poiché il database del GEDAP si è ‘stratificato’ nel corso degli anni, si sono rilevati casi di dipendenti presenti nella base dati con più di un codice fiscale. In alcuni casi di tratta di omonimia, in altri di meri errori materiali. Si raccomanda, pertanto, all’atto dell’inserimento dei dati, di porre sempre molta attenzione a digitare e selezionare il nominativo con il codice fiscale corretto.
Qualora si dovesse riscontrare che lo stesso dipendente esiste nella base dati Gedap con più codici fiscali o con un codice fiscale errato, l’anomalia dovrà essere segnalata con e-mail alla IV^ Divisione – III^ Sezione della Direzione Generale di Persociv che provvederà a chiedere la rettifica al Dipartimento Funzione Pubblica.
e) SEGNALAZIONE NEGATIVA
La IV^ Divisione – III^ Sezione di Persociv avrà cura di richiedere a tempo debito (inizio dell’anno successivo a quello solare di riferimento) e acquisire le “segnalazioni negative” da parte degli Enti dell’A. D che non hanno alcun dato da inserire e pertanto non hanno utilizzato l’applicativo Gedap nel corso dell’anno solare e di quelli di volta in volta di riferimento.
Si ribadisce che la ‘segnalazione negativa’ è a consuntivo: si riferisce cioè all’anno solare trascorso. Ad esempio, la ‘segnalazione negativa’ richiesta inizio anno 2009 e prodotta dagli Enti interessati farà riferimento al periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2008.
Con l’occasione si sottolinea la differenza sostanziale tra la predetta ‘segnalazione negativa’ e la ‘dichiarazione negativa’ (e la speculare dichiarazione positiva) menzionata nella Guida in Linea GEDAP. La prima è di pertinenza degli Utenti semplici (esempio Enti abilitati); la seconda rientra negli incombenti del Direttore della IV Divisione – Direzione Generale.
Poiché gli Utenti semplici non possono inserire direttamente ‘segnalazione negativa’ nel sistema GEDAP, la relativa comunicazione dovrà essere inviata via e-mail e non attraverso l’applicativo in oggetto.
f) VARIAZIONE PASSWORD
Pur essendo facoltà degli Enti quella di modificare la password di accesso al GEDAP, si raccomanda di non usufruire di questa funzione in quanto in questo modo la scrivente Direzione non può procedere al recupero della password in caso di smarrimento da parte degli utenti. Nel caso in cui comunque si ritenga opportuno variare la password si prega di dare comunicazione, via e-mail, alla IV^ Divisione – III^ Sezione di Persociv.
g) INDIRIZZO DI POSTA ELETTRONICA
La Direzione Generale del Personale Civile ha richiesto a ciascun Ente di fornire un indirizzo di posta elettronica non solo perché si tratta di un dato necessario per la registrazione al sito del Gedap, ma anche al fine di stabilire un contatto diretto ed immediato per ciò che attiene alla diramazione tempestiva di circolari, comunicazioni, formazione, rubrica etc.
Si raccomanda vivamente di comunicare eventuali variazioni di detto indirizzo di posta elettronica istituzionale e di leggere assiduamente la posta elettronica.
Allo stesso modo, si prega di comunicare, in modo tempestivo e preferibilmente mediante comunicazione per posta elettronica, tutte le variazioni di denominazione, sede, recapito telefonico degli Enti.
Si ricorda agli Enti, in caso di comunicazione per via informatica, di specificare con chiarezza l’Ente di appartenenza.
h) INVIO DELLA DICHIARAZIONE DI CUI AL PUNTO 3 DELLA GUIDA IN LINEA GEDAP
L’invio della dichiarazione cui fanno riferimento le istruzioni della Funzione Pubblica è di pertinenza di questa Divisione, che cura l’unificazione dei dati pervenuti e il successivo inoltro al Dipartimento della Funzione Pubblica.
Pertanto, gli utenti semplici non hanno accesso, attraverso la maschera, ad alcun comando di invio dichiarazione.
i) ASSISTENZA
Per la risoluzione di problemi inerenti alla funzionalità GEDAP, gli Enti sono pregati di contattare non il Dipartimento della Funzione Pubblica ma la Divisione IV – III Sezione ai recapiti telefonici e/o e-mail seguenti: 0649862425- 2326 r2d4s3@persociv.difesa.it
l) GESTIONE DATI
All’esito dell’inserimento, è possibile stampare il Report dei dati inseriti. Non occorre inviare nulla a questa Divisione né comunicare l’avvenuto inserimento dei dati. I dati inseriti infatti sono immediatamente visibili dalla Direzione Generale del Personale Civile.
A seguito dei quesiti che sono stati posti alla Direzione Generale in merito alle modalità di imputazione dei permessi, si raccomanda attenersi strettamente a quanto richiesto dalla sigla sindacale avente titolo.
In merito alle sopra riportate tipologie di prerogative sindacali, tenuto conto delle disposizioni vigenti in materia, gli Enti dell’A.D. dovranno conservare, agli atti dei propri Uffici, il cartaceo relativo ai dati inseriti, che potrà essere richiesto da questa Divisione in caso di contestazioni (cfr. circolare Persociv del 14.7.2008 n. prot. 52517 pag. 5, 2° cpv).
A decorrere dal 1° gennaio 2009 il contingente dei permessi, distacchi e aspettative sindacali sarà ridotto del 15% in ottemperanza a quanto previsto dal decreto del Dipartimento della Funzione Pubblica 16 ottobre 2008. Una volta ultimata la registrazione da parte della Corte dei Conti di detto decreto, sarà cura della Direzione Generale – IV^ Divisione – III^ Sezione procedere a quanto di competenza e, come di consueto, rendere edotti nel merito gli Enti dell’Amministrazione Difesa con apposita circolare esplicativa che perverrà via e-mail .
TIPOLOGIA DELLE PREROGATIVE SINDACALI
❖ Diritto di assemblea
❖ Diritto di affissione e di uso dei locali
❖ Diritto ai distacchi ed ai permessi retribuiti
❖ Diritto alle aspettative ed ai permessi non retribuiti
Diritto di assemblea
In base all’art. 2 del CCNL 16/5/2001, i dipendenti del comparto Ministeri hanno diritto a partecipare ad assemblee sindacali, durante l’orario di lavoro, in idonei locali concordati con le amministrazioni per 12 ore annue pro capite senza decurtazione della retribuzione.
Convocazione: l’assemblea può essere indetta dalla RSU unitariamente intesa, dalle OO.SS. rappresentative e dalla RSA della dirigenza. L’indizione può avvenire singolarmente su iniziativa di ogni soggetto che ne ha titolarità, come la RSU o una sola organizzazione, oppure congiuntamente da parte di più soggetti.
Partecipazione: alle riunioni ‘che possono interessare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi’ hanno diritto di partecipare tutti i lavoratori interessati, siano o meno iscritti ad un sindacato.
Oggetto: l’ordine del giorno delle assemblee deve riguardare materie di ‘interesse sindacale e del lavoro’ rientrando in detto inciso un contenuto molto ampio e difficilmente interpretabile. Più propriamente si precisa che le materie all’ordine del giorno dell’assemblea non devono necessariamente interessare problemi sindacali della singola amministrazione o dell’insieme dei lavoratori della stessa, ma possono essere tutti quelli che il sindacato assume come materia propria in rapporto ai propri obiettivi. Inoltre i termini di ‘interesse sindacale e del lavoro’ riconducono a problemi di carattere più generale relativi a tutto ciò che concerne direttamente o indirettamente la condizione di lavoro.
OGGETTO: le ore per l’assemblea spettano anche ai dipendenti che sono componenti RSU?
Risposta ARAN:
“le ore annue pro capite per dipendente costituiscono un monte ore distinto da quello dei permessi sindacali (monte ore di amministrazione), in quanto sono destinate alla partecipazione alle assemblee sindacali e spettano a tutti i lavoratori, compresi gli eletti della RSU”
OGGETTO: l’organizzazione sindacale presente nel luogo di lavoro ma non rappresentativa nel comparto o nell’area può convocare l’assemblea ?
Risposta ARAN:
“ il diritto di assemblea rimane regolamentato dal CCNQ del 7 agosto 1998 e dai CCNL di comparto o di area. Non hanno pertanto titolo ad indire la assemblea le Organizzazioni Sindacali non rappresentative, ancorché presenti nell’Amministrazione”.
OGGETTO: le confederazioni sindacali possono indire le assemblee sindacali nei luoghi di lavoro?
Risposta ARAN:
“in riferimento all’oggetto si precisa che, relativamente al diritto di indizione delle assemblee sindacali i soggetti titolari sono chiaramente indicati dal CCNQ del 7 agosto 1998 e dai CCNL di comparto o di area, che escludono le confederazioni. Nel quadro normativo generale vigente i diritti sindacali nei luoghi di lavoro sono riconosciuti, oltre che alla RSU, solo alle Organizzazioni di categoria rappresentative”.
Diritto di affissione e uso dei locali
Il diritto di affissione e di uso dei locali sono diritti a sostegno dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro, la cui titolarità è in capo alla RSU e alle OO. SS. rappresentative. Sono disciplinati dal CCNQ del 7/8/1998.
Nota ARAN 27 maggio 2004:
“Nel caso in cui la RSU e i sindacati rappresentativi richiedano la disponibilità di strumentazioni aggiuntive a quelle previste, nulla vieta di concordarne l’utilizzo secondo i livelli
di contrattazione integrativa dell’Amministrazione, ma ciò non può comportare un aggravio di spesa e costi aggiuntivi per l’Amministrazione”.
Parere ARAN 19.4.2006
“L’art. 3 del CCNQ 7 agosto 1998 ha riconosciuto in capo alla RSU e ai dirigenti sindacali appartenenti alle organizzazioni sindacali rappresentative il diritto di affissione anche mediante l’utilizzo – ove disponibile – dell’eventuale attrezzatura informatica. Naturalmente il dovere di collaborazione a carico della amministrazione non deve comportare ulteriori adempimenti che costituiscano aggravio di spesa o disagi organizzativi per la stessa. Le modalità di utilizzo delle attrezzature vanno, pertanto, concordate nella sede di lavoro nel rispetto del suddetto principio”.
Distacchi sindacali
La materia dei distacchi sindacali è definita legislativamente, per cui le Amministrazioni non hanno alcuna competenza sulla loro determinazione e distribuzione.
Le organizzazioni sindacali rappresentative e le confederazioni cui aderiscono sono esclusivamente quelle indicate nei vigenti CCNQ. Per quanto concerne le procedure da rispettare per la concessione dei distacchi si fa riferimento al CCNQ 7/8/1998 e s.m.i.
I dipendenti con rapporto di lavoro a tempo pieno o parziale a tempo indeterminato possono essere posti in distacco sindacale. Fermo rimanendo il loro numero complessivo, i distacchi sindacali – di norma sino al limite massimo del 50% – possono essere fruiti dai dirigenti sindacali di cui all’art. 5, comma 1, anche frazionatamene per periodi non inferiori a tre mesi ciascuno. La prestazione lavorativa dei dirigenti sindacali può anche essere superiore al 50% sino ad un massimo del 75%. In ogni caso, i limiti minimi della prestazione lavorativa sono quelli fissati per il part-time dalla disciplina generale prevista nei relativi CCNL (art. 2 CCNQ integrativo del 24.9.2007 che ha sostituito all’art. 7 CCNQ 7.8.1998 i commi 1 e 7). La tipologia del distacco parziale può prevedere una articolazione della prestazione lavorativa a completamento dell’obbligo di orario frazionata su tutti i giorni lavorativi o solo su alcuni giorni della settimana, del mese o su alcuni periodi dell’anno, previo accordo con l’Ente di servizio circa le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.
Aspettativa sindacale
I dirigenti sindacali che ricoprono cariche in seno agli organismi direttivi statutari delle proprie confederazioni e organizzazioni sindacali rappresentative, possono fruire di aspettative sindacali non retribuite per tutta la durata del loro mandato.
La titolarità a richiederle resta in capo alle sole organizzazioni sindacali rappresentative. A ciò aggiungasi che l’aspettativa consente al dirigente sindacale, facente parte di organismi direttivi statutari, di svolgere attività nell’ambito del sindacato stesso sino al termine del mandato, mantenendo il diritto alla conservazione del posto senza retribuzione. Anche per tale fattispecie è possibile l’applicazione delle flessibilità previste dall’art. 7 del CCNQ sopra richiamato modificato dall’art. 2 CCNQ integrativo medesimo, in misura che può essere superiore al 50% sino ad un massimo del 75% (art. 2 CCNQ integrativo del 24.9.2007).
Peraltro il combinato disposto dell’art. 12 e art. 7 del CCNQ 7.8.1998 esclude la possibilità di fruizione di periodi di aspettativa sindacale non retribuita per periodi inferiori a tre mesi (parere Aran del 19.4.2006).
Permessi sindacali
Disciplina contenuta negli artt. 7 e 11 del CCNQ del 7/8/1998 e s.m.i. (Capo II – artt. 3 e 5 CCNQ 26.9.2008 )
Le tipologie di permesso sindacale sono esclusivamente quelle statuite dai Contratti Collettivi ovvero la disciplina dei permessi sindacali è contemplata negli artt. 7-11 del CCNQ 7 agosto 1998 e s.m.i.. Pertanto, hanno diritto ad usufruire di tale tipologia di permessi i dirigenti sindacali delle OO. SS. rappresentative e i rappresentanti delle RSU (art. 10 del citato CCNQ del 1998).
Il già menzionato CCNQ 7.8.1998 distingue tra permessi orari retribuiti finalizzati alla attività sindacale per la partecipazione a trattative, convegni, congressi o altro (art. 10) e quelli per la partecipazione a riunioni di organismi direttivi statutari nazionali, regionali, provinciali e territoriali dell’O.S. di cui si è componenti (art 11 v. istituto seguente).
La richiesta di permesso deve pervenire su carta intestata della O.S., recare la sottoscrizione del responsabile sindacale autorizzato dalla stessa sigla sindacale a richiedere permessi e specificare la durata oraria e tipologia. Il dirigente dell’Ufficio che riceve la richiesta di
permesso deve accertare la regolarità formale della stessa e verificare che il dipendente rispetti la durata oraria ivi prevista (cfr. circ. Aran prot. n. 49611 del 23.7.2003 e circolare Persociv 14.7.2008 n. prot. 52517).
L’amministrazione non può prevedere controlli sull’utilizzo dei permessi sindacali fruiti. L’art. 10, comma 6 CCNQ 7.8.1998 prevede che la verifica dell’effettiva utilizzazione dei permessi sindacali da parte del dirigente sindacale rientri nella responsabilità della associazione sindacale di appartenenza dello stesso. Nell’utilizzo dei permessi deve comunque essere garantita la funzionalità dell’attività lavorativa della struttura o unità di appartenenza del dipendente. “A tale scopo, della fruizione del permesso sindacale deve essere avvertito preventivamente il dirigente responsabile della struttura”. Del resto che non occorra una vera e propria autorizzazione si rileva dal termine utilizzato, ‘avvertire‘, riferito al dirigente della struttura.
Nota ARAN 27.5.2004 n. 4260
“La richiesta dell’utilizzo delle prerogative deve essere sempre preventiva nel rispetto dei tempi e delle modalità previste in generale dal CCNQ, nello specifico dai CCNL e dagli eventuali accordi locali. E’, pertanto, da escludere che l’Organizzazione intervenga a posteriori per sanare l’assenza del proprio dirigente sindacale in quanto, nell’utilizzo dei permessi, deve essere sempre garantita la funzionalità dell’attività lavorativa dell’ufficio in cui il dipendente, accreditato quale dirigente sindacale, lavora.
L’Amministrazione deve, pertanto, esercitare le proprie forme di controllo nei confronti di dipendenti che si assentano dal servizio per mandato sindacale di cui non risulta alcuna comunicazione ufficiale, né richiesta da parte dell’Organizzazione sindacale”.
Permessi sindacali per il personale con qualifica dirigenziale Area I
Ai sensi dell’art. 1, comma 3 del CCNQ 25.11.1998 integrato dal CCNQ del 27.1.1999, al personale con qualifica dirigenziale si applicano le disposizioni di cui agli artt. 8, comma 2 e 9 del CCNQ del 7 agosto 1998 e s.m.i. sulle modalità di utilizzo dei distacchi aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali. Per il contingente dei permessi sindacali Area 1 si rinvia all’art. 3, comma 3 del CCNQ 3.10.2005.
Permessi ex art. 11 del CCNQ 7/8/98 e s.m.i.
La titolarità e quantificazione (limite massimo) dei permessi ex art. 11 del CCNQ del 7.8.1998 e s.m.i. (oggi art. 5 del CCNQ 26.9.2008) è fissata a livello nazionale e non vi è alcun tetto per il loro utilizzo nell’Amministrazione.
Il rispetto del monte ore complessivo è a carico del sindacato che ne è titolare, per cui l’unico obbligo per l’Amministrazione è l’adempimento dell’art. 11, comma 7 del CCNQ del 7.8.1998 e s.m.i ossia .la comunicazione annuale tramite Gedap.
La loro fruizione è esclusivamente riservata ai dipendenti/dirigenti sindacali in servizio.
Le Confederazioni possono utilizzare i permessi dell’art. 11 CCNQ medesimo per le proprie organizzazioni di categoria anche nei comparti ove queste non sono rappresentative.
Va osservato che, nel caso di specie, la qualità di dirigente sindacale deriva dall’appartenenza all’organismo statutario a prescindere da ogni altra carica sindacale. Non rientra, pertanto, tra le causali dell’art. 11 la partecipazione al tavolo di contrattazione integrativa.
È responsabilità dell’organizzazione e della Confederazione sindacale di appartenenza del dirigente sindacale il corretto utilizzo dei permessi e l’indicazione della precisa causale per cui se ne chiede la fruizione.
Si tratta di permessi retribuiti, orari o giornalieri, attribuiti per la partecipazione alle riunioni di organismi direttivi statuari nazionali, regionali, provinciali e territoriali. Hanno diritto ad usufruire di tale tipologia di permesso i dirigenti sindacali delle Confederazioni e Organizzazioni sindacali rappresentative che siano componenti dei sopracitati organismi direttivi statutari, non collocati in aspettativa o distacco a tempo pieno. In questo caso, la qualità di dirigente sindacale deriva dalla sola appartenenza all’organismo statutario, a prescindere da altre cariche sindacali eventualmente ricoperte. Si evidenzia che la RSU non è titolare dei suddetti permessi.
La richiesta deve essere prodotta su carta intestata dell’associazione sindacale, recare la firma del responsabile sindacale preventivamente comunicato all’amministrazione, riportare il giorno, la durata oraria e specificarne la tipologia. Si applicano le disposizioni dell’art. 10 co. 6 del CCNQ 7.8.1998.
Il monte ore spettante è stabilito dall’ARAN per ciascun Comparto, le cui relative tabelle sono riportate in Gazzetta Ufficiale. La gestione di questo monte ore compete esclusivamente al
Dipartimento della Funzione Pubblica. Non è pertanto possibile l’attività di avvertimento, prevista per il monte ore dei permessi per l’espletamento del mandato, da parte dell’Amministrazione Difesa.
Permessi sindacali non retribuiti
L’art. 12 del CCNQ 7/8/98 stabilisce che i dirigenti sindacali delle OO.SS. rappresentative o gli eletti nelle RSU hanno diritto, per la partecipazione a trattativa sindacale o a congressi e convegni di natura sindacale, ad appositi permessi non retribuiti.
Anche per questo tipo di permessi si applica l’art. 10 comma 6 CCNQ medesimo
I permessi non retribuiti consentono di assentarsi dal posto di lavoro per partecipare alle trattative sindacali o a congressi e convegni della stessa natura in misura non inferiore a otto giorni l’anno, cumulabili anche trimestralmente. Titolari della prerogativa sono rispettivamente, le OO.SS. rappresentative che la esercitano mediante i propri dirigenti non in distacco o aspettativa sindacale e la RSU unitariamente intesa che la esercita attraverso i suoi componenti. Per le OO.SS. la richiesta di permessi non retribuiti deve essere prodotta su carta intestata della organizzazione sindacale, recare la firma del responsabile sindacale preventivamente comunicato all’amministrazione (di regola tre giorni prima e, in caso eccezionale 24 ore prima), riportare il giorno, la durata oraria e specificarne la tipologia (ex art. 12). Per la RSU, la richiesta deve essere presentata dal dirigente sindacale (di regola tre giorni prima e, in caso eccezionale almeno 24 ore prima) in nome e per conto dell’organismo di rappresentanza unitaria in forma scritta, al dirigente della struttura specificando orario e tipologia del permesso, secondo le modalità previste per i permessi retribuiti.
(normativa di riferimento degli istituti sindacali sopra riportati: cfr. N. B. ultima pagina della circolare n. prot. 5257 del 14.7.2008 di Persociv).
Personale non dirigenziale – Comparto Ministeri
CCNQ 7.8.1998, CCNQ 27.1.1999, CCNQ 9.8.2000, CCNQ 19.6.2002, CCNQ 18.12.2002,
CCNQ 3.8.2004, CCNQ 23.9.2004. CCNQ 3.10.2005, CCNQ integrativo 24.9.2007, CCNQ
31.10.2007 e inoltre CCNQ 26.9.2008;
Personale dirigenziale – Area 1
CCNQ 7.8.1998, CCNQ 25.11.1998, CCNQ 27.1.1999, CCNQ 27.2.2001, CCNQ 21.3.2001,
CCNQ 23.9.2004, CCNQ 3.10.2005.
ADEMPIMENTI IN CASO DI SCIOPERO
Fermo restando la specifica normativa di riferimento, brevemente si reputa utile rammentare che in occasione di proclamazioni di sciopero sia gli Uffici Centrale che gli Uffici territoriali del Ministero della Difesa devono ottemperare in ordine alla rilevazione delle adesioni, in quanto rientrano negli incombenti delle Amministrazioni produrre i dati in questione al Dipartimento della Funzione Pubblica, alla Commissione di Garanzia ed alle OO. SS.
Si sottolinea che in virtù dell’art. 5 della legge 146/90 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha stabilito che le Amministrazioni sono tenute, tra l’altro, a comunicare alla Commissione di Garanzia ed al medesimo Dipartimento della Funzione Pubblica, entro le ore 13,00 della stessa giornata dello sciopero o della giornata immediatamente successiva per i casi di turnazione o di durata dello sciopero superiore alle 24 ore, le adesioni allo sciopero nonché l’ammontare delle riduzioni delle retribuzioni in corrispondenza della durata della astensione dal servizio etc.
Pertanto i singoli Enti provvederanno a far affluire i dati relativi alla partecipazione allo sciopero secondo le modalità previste da ciascuna Forza Armata.
Si sottolinea che qualora le OO. SS. richiedano i dati inerenti alla adesione allo sciopero questi ultimi devono essere forniti ad eccezione dei nominativi dei dipendenti aderenti allo sciopero (cfr. Linee Guida Garante Privacy p. 5.2 III cpv dati numerici o aggregati).
Nota Aran 15.4.2003
“L’art. 29 del CCNL integrativo del 15 maggio 2001 stabilisce che in occasione di scioperi di durata inferiore alla giornata lavorativa, la relativa riduzione della retribuzione è commisurata alla durata effettiva dell’astensione dal lavoro e comunque in misura non inferiore all’ora.
Pertanto, per effetto di tale previsione contrattuale, anche nel caso in cui l’astensione dal lavoro abbia avuto una durata inferiore ad un’ora, o frazione superiore, la trattenuta, comunque non potrà scendere al di sotto della misura minima di un’ora di retribuzione o all’arrotondamento all’ora successiva”.
RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE (RSU)
Le RSU sono state già in parte affrontate in relazione ad altri argomenti. Tuttavia, si ritiene opportuno dare qui un quadro complessivo della disciplina giuridica relativa a questo delicato organo di rappresentanza.
La materia è regolata dall’art. 9 dell’Accordo Quadro per la costituzione delle RSU del 7/8/98.
La RSU partecipa alle trattative nella sua veste di soggetto unitario di natura elettiva che rappresenta i lavoratori. È da escludere qualsiasi riferimento ai singoli componenti della stessa o alle OO.SS. nelle cui liste sono stati eletti.
La RSU assume le proprie decisioni a maggioranza e la posizione del singolo componente è rilevante solo all’interno della stessa, ma non all’esterno, ove la RSU opera come soggetto unitario.
L’Amministrazione non può attuare alcun intervento sul processo che porta la RSU a esprimere le proprie posizioni né può esprimere pareri sulle stesse in caso di divergenze interne, trattandosi di atti endosindacali di stretta pertinenza della RSU nel complesso.
Qualora la RSU non adotti un proprio regolamento di organizzazione, che è un atto volontario, tutti i componenti della RSU hanno diritto a partecipare alle trattative.
Per maggior completezza di trattazione si rappresenta quanto segue:
A) FONTI NORMATIVE:
Nel settore del Pubblico Impiego le regole relative alle RSU risalgono al 1993 in forma di Protocollo di intesa, recepite ed integrate con successivo Accordo tra le OO.SS. e l’ARAN in data 24.4.1994.
In data 7.8.1998 viene sottoscritto tra le OO. SS. e l’ARAN l’Accordo collettivo quadro per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie per il personale dei comparti delle Pubbliche Amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale. Per il personale del comparto Ministeri è stato poi sottoscritto l’Accordo integrativo del 3.11.1998, che modifica ed integra l’A.C.Q. con indicazioni relative sia alle modalità di costituzione e funzionamento delle RSU, sia il regolamento per la disciplina delle elezioni.
Il Ministero della Difesa predispone, in occasione di ogni tornata elettorale e in accordo con le OO. SS. rappresentative, un protocollo di intesa sulle sedi elettorali, propedeutico alle elezioni, che coincidono quindi con le future sedi di contrattazione collettiva integrativa di posto di lavoro, definendo inoltre gli accorpamenti di Enti aventi un numero di dipendenti inferiori alle 16 unità.
B) NATURA DELLA RSU
- gode degli stessi diritti sindacali che in precedenza erano riconosciuti alle RSA;
- è legittimata a negoziare sulle materie rinviate a livello di sede di lavoro;
- sostituisce in tutto e per tutto una eventuale preesistente RSA;
- è presente nei posti di lavoro ove vengono impiegati più di 15 dipendenti;
- dura in carica tre anni con decadenza automatica.
C) COSTITUZIONE DELLE RSU
Le RSU possono essere costituite su iniziativa:
1) delle associazioni sindacali di categoria rappresentative indicate nelle tavole allegate al CCNQ di distribuzione delle prerogative sindacali in corso di vigenza al momento delle elezioni;
2) tutte le organizzazioni sindacali, rappresentative e non, aderenti alle Confederazioni sottoscrittici del Protocollo per la definizione del calendario delle votazioni per il rinnovo delle rappresentanze unitarie del personale dei comparti – tempistica delle procedure elettorali (in genere viene sottoscritto con congruo anticipo in quanto contiene l’annuncio delle elezioni) che viene pubblicato sulla G.U. e alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo quadro del 7 agosto 1998. Nel caso in cui si tratti di organizzazioni sindacali non rappresentative, le Confederazioni devono attestarne l’adesione tramite dichiarazione da allegare alla lista elettorale;
3) le organizzazioni sindacali di categoria che vi abbiano già provveduto in occasione di precedenti riunioni.
L’appartenenza ad una delle fattispecie innanzi elencate ai punti 1, 2 e 3, esime dall’obbligo di presentazione dello statuto e dell’atto costitutivo del sindacato, nonché dalla dichiarazione di adesione all’Accordo Quadro del 7 agosto 1998 per la costituzione delle RSU e dalla dichiarazione di adesione alla applicazione delle norme sui servizi essenziali di cui alla legge 146/1990 e s.m.i.
Dovranno ottemperare a tali obblighi tutte le altre organizzazioni sindacali di categoria non rientranti nelle fattispecie 1, 2 e 3 che dovranno consegnare tali documenti e dichiarazioni direttamente alle commissioni elettorali congiuntamente alla presentazione della lista.
D) DIRITTO DI VOTO
Hanno diritto a votare tutti i lavoratori in servizio, anche in part-time, a tempo indeterminato, presso le sedi di servizio definite con apposito protocollo come sedi di contrattazione integrativa più quello in servizio presso eventuali Enti (personale inferiore alle 16 unità) ad essa accorpati (elettorato attivo). Gli stessi possono essere eletti, purché la loro candidatura risulti dalla lista elettorale (elettorato passivo).
A seguito dell’Accordo Quadro di Integrazione dell’art. 3 della parte II dell’A.C.Q. 7.8.1998, l’elettorato attivo e passivo è stato esteso a tutto il personale a tempo determinato il cui rapporto di lavoro è, a seguito di atto formale dell’Amministrazione, prorogato ai sensi di legge e/o inserito nelle procedure di stabilizzazione alla data di inizio delle operazioni elettorali, vale a dire alla data dell’annuncio delle elezioni. I dipendenti che vengono stabilizzati tra la data dell’annuncio delle elezioni e l’effettivo svolgimento delle votazioni hanno diritto al solo elettorato attivo, senza altre conseguenze, quali il calcolo del numero dei componenti delle RSU, che resta invariato (cfr. A.Q.I. del 24.09.2007).
Il personale trasferito o comunque acquisito dall’Ente dopo l’inizio delle operazioni elettorali, vale a dire l’annuncio delle elezioni con fissazione del calendario, ha diritto a votare ma non entra nel computo della base elettorale al fine di determinare il numero dei membri della RSU.
E) LA RSU QUALE DELEGAZIONE TRATTANTE DI PARTE SINDACALE
La RSU partecipa alla trattativa nella sua veste di soggetto unitario di natura elettiva che rappresenta i lavoratori ed è, pertanto, da escludere qualsiasi riferimento ai singoli componenti della stessa o alle Organizzazioni sindacali nelle cui liste sono stati eletti:
- la RSU assume le proprie decisioni a maggioranza e la posizione del singolo componente rileva solo all’interno della stessa, ma non all’esterno ove la RSU opera, appunto, come soggetto unitario;
- è di esclusiva competenza della RSU definire le regole del proprio funzionamento, le modalità con le quali la maggioranza si esprime, la composizione della propria delegazione
trattante, i rapporti con le Organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL ammesse alla trattativa. Rispetto a ciò l’Amministrazione non è tenuta ad alcun intervento né ad esprimere pareri trattandosi, si ribadisce, di atti endosindacali di stretta pertinenza della RSU nel suo interesse;
- poiché l’adozione da parte della RSU di un proprio regolamento di organizzazione è atto volontario, nel caso in cui non venga adottato, tutti i componenti della RSU hanno diritto di partecipare alle trattative (cfr. anche Accordo di interpretazione autentica stipulato il 6.2.2004);
- non trovano legittimazione forme di coordinamento tra RSU diverse, in quanto, gli Accordi di comparto integrativi all’Accordo quadro 7.8.1998, che avrebbero potuto prevederne la costituzione, ove stipulati, non hanno deciso in tal senso (cfr. nota Aran prot. 4260 del 27.4.2004).
F) LA RSU TITOLARE DEL MONTE ORE DI AMMINISTRAZIONE
È di esclusiva competenza della RSU stabilire l’utilizzo al suo interno del monte ore di amministrazione. Le Amministrazioni pertanto non devono assegnare il monte ore ai singoli componenti della RSU ma alla RSU quale organismo sindacale unitario.
Il monte ore di amministrazione per la RSU si calcola moltiplicando 30 minuti per il numero di tutti i dipendenti in servizio presso l’Ente (compresi eventuali Enti accorpati) che hanno determinato la composizione dell’organismo.
G) LA RSU E LE SUE PREROGATIVE SINDACALI
La contrattazione collettiva vigente ha assegnato in favore delle RSU i seguenti diritti:
- diritto ai permessi retribuiti;
- diritto ai permessi non retribuiti di cui all’art. 12 del CCNQ del 7.8.1998;
- diritto di indire l’assemblea dei lavoratori;
- diritto ai locali e di affissione secondo le vigenti disposizioni.
Con l’occasione si ritiene opportuno e utile spendere qualche parola sui criteri di identificazione delle sedi di contrattazione collettiva integrativa di posto di lavoro.
Come già accennato tali sedi coincidono di massima con posti di lavoro ove sono impiegati più di 15 dipendenti civili e a tal proposito viene redatto un apposito accordo presso la Direzione Generale per il personale civile tra l’Amministrazione Difesa e le OO. SS. rappresentative.
Per poter pervenire all’accordo, la Direzione Generale per il Personale Civile acquisisce preventivamente le variazioni fornite dagli Stati Maggiori di Forza Armata e provvede successivamente alla verifica della mappatura esistente delle sedi di contrattazione integrativa decentrata cui sono stati accorpati Enti in difetto di entità numerica. Acquisiti questi elementi si procede al confronto con le Organizzazioni Sindacali, al fine di addivenire alla stesura di un elenco complessivo il più vicino possibile alla realtà locale che si sostanzia in un’ipotesi di accordo.
L’ipotesi viene pubblicizzata sul sito della Direzione Generale e ulteriormente diramata dagli SS. MM, al fine di permettere un ulteriore esame da parte degli Enti ubicati sul territorio, prima di procedere alla sua convalida definitiva con la sottoscrizione delle due parti Amministrazione Difesa e Organizzazioni Sindacali. In questa fase le esigenze non valutate o le problematiche particolari emerse durante il triennio precedente possono e debbono essere evidenziate alla Direzione Generale al fine di sottoporle ad un ulteriore esame con le parti firmatarie dell’accordo.
OGGETTO: la RSU può utilizzare, per le sue comunicazioni al personale, la carta intestata dell’amministrazione?
Risposta ARAN:
“la RSU deve utilizzare, per qualsiasi tipo di comunicazione, diretta e non ai dipendenti dell’Ente, carta intestata propria o anche con un semplice timbro che permetta ai dipendenti stessi di accertarne la provenienza, senza ingenerare dubbi ed equivoci. Essa è infatti controparte dell’amministrazione, insieme alle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL, nella stipula dei contratti integrativi”.
OGGETTO: i singoli componenti della RSU possono indire l’assemblea sindacale (rif. normativi art. 2 CCNQ 7 agosto 1998 chiarimenti Aran nota n. 4260 del 27 maggio 2004)
Risposta ARAN:
“relativamente al diritto di indire l’assemblea da parte del singolo componente, ovvero di una minoranza della RSU, questa Agenzia ritiene che, più in generale, non si possa prescindere dalla natura di detto organismo. Trattandosi infatti di un organo collegiale che assume le
proprie decisioni a maggioranza, la posizione del singolo componente o della minoranza non può che avere rilievo all’interno dell’organismo, appunto in sede di assunzione delle decisioni. Nei rapporti esterni opera la RSU nella sua espressione unitaria di organo collegiale”.
OGGETTO: Decadenza componenti RSU per passaggio a sindacato diverso da quello della lista di elezione.
Risposta ARAN:
“… il regolamento per la disciplina dell’elezione della RSU di cui all’Accordo del 7/8/98 non prevede nulla in merito alla decadenza di un dipendente eletto nella RSU, in rappresentanza di una organizzazione sindacale, per effetto della sua iscrizione ad altra organizzazione.
A tale proposito si significa, tuttavia, che può trovare sostegno la tesi che dalla condizio0ne di eletto, discendano diritti soggettivi, che consentono all’interessato di espletare il proprio mandato a prescindere dalla iscrizione ad un sindacato ovvero alla continuità di iscrizione al sindacato nelle cui liste il lavoratore è stato eletto. Resta ovviamente ferma la titolarità dei voti alla lista che ha proposto tale candidato che passa ad altra organizzazione”.
OGGETTO: Sostituzione componente RSU.
Risposta ARAN:
“… si fa presente che l’art. 7, comma 2, parte prima dell’Accordo Quadro 7/8/98 (G.U. 5/9/98) stabilisce che il componente della RSU dimissionario sia sostituito dal primo dei non eletti appartenente alla medesima lista che lo ha candidato.
Il dettato del comma citato non fa, invece, alcun riferimento ad un minimo di preferenze necessario perché il candidato non eletto in prima battuta possa legittimamente sostituire quello dimissionario”.
A ciò aggiungasi che “le dimissioni devono essere formulate per iscritto alla stessa RSU e di esse, contestualmente al nominativo del subentrante, va data comunicazione al servizio di gestione del personale dell’Ente dell’A.D. e ai lavoratori mediante la consueta affissione”.
Spetta alla RSU prendere atto delle dimissioni del suo membro e procedere alla nomina del sostituto. Nessun compito spetta in merito all’Amministrazione, che è semplice destinataria della comunicazione.
OGGETTO: RSU – personale comandato
Risposta ARAN:
“… si fa presente che ai sensi dell’art. 3 – parte seconda – dell’Accordo Quadro del 7/8/98 per la costituzione delle RSU, ha titolo ad essere eletto componente la RSU il dipendente a tempo indeterminato in forza nell’Amministrazione, qualità che, a parere di questa Agenzia, deve permanere anche dopo le elezioni. Nel caso di specie il dipendente pare non avere più la predetta condizione”.
Quindi, la fuoriuscita del dipendente dall’Ente in cui è stato eletto è causa di decadenza per difetto di legittimazione passiva.
OGGETTO: Può un’organizzazione sindacale territoriale o la RSU richiedere l’interpretazione autentica delle disposizioni contenute nei contratti collettivi nazionali?
Risposta ARAN:
“Le organizzazioni territoriali e la RSU non possono chiedere l’interpretazione delle disposizioni contrattuali contenute nei contratti collettivi nazionali.
Tale procedura, infatti, ai sensi dell’art. 12 del CCNL del 16/2/1999 che recepisce l’art. 49 del D.Lgs n. 165 del 2001, può essere attivata solo dai soggetti firmatari del CCNL in relazione all’emergere, nella fase di applicazione dei contratti collettivi, di problematiche interpretative. Tali problematiche, di carattere generale, non possono essere attinenti a singole vertenze locali, ma devono discendere da una contrastante valutazione, tra le parti, di specifiche disposizioni contrattuali, il cui significato viene così ad essere messo in discussione nell’intero comparto”.
OGGETTO: dimissioni di un componente RSU.
Risposta ARAN:
“In esito alla nota in oggetto questa Agenzia ritiene di non dover fornire alcun chiarimento ulteriore, poiché dal quesito sembrerebbe potersi dedurre che, nonostante le dimissioni di un
componente e l’impossibilità di sostituirlo, nell’ambito della RSU in questione sia comunque rimasto il numero legale che consente all’organismo di funzionare.
In caso diverso si dovrà procedere a nuove elezioni essendo le RSU uno dei soggetti necessari della delegazione trattante di parte sindacale”.
OGGETTO: decadenza RSU locale.
Risposta ARAN:
“In esito alla nota in oggetto si fa presente che il caso di decadenza della RSU previsto dall’art. 7, comma 3, dell’Accordo collettivo nazionale Quadro 7 agosto 1998 sulla costituzione delle RSU, si realizza solo nella eventualità che le dimissioni del 50% dei componenti della RSU stessa siano contestuali.
Al contrario, la fattispecie specifica sottoposta alla attenzione di questo ufficio, sembra piuttosto integrare il dettato del comma 2 dello stesso art. 7 citato, applicando il quale, i componenti dimissionari possono essere sostituiti dal primo dei non eletti, in un normale processo di rotazione.
Qualora non via siano ulteriori candidati e si debba, pertanto, procedere a nuove elezioni, si fa presente che l’iniziativa compete alle OO. SS. indicate nell’art. 2 dell’Accordo Quadro 8 agosto 1998 e le procedure da seguire sono quelle indicate nel Regolamento per la disciplina della elezione delle RSU, che costituisce la seconda parte del medesimo Accordo”.
OGGETTO: se la RSU decade chi può indire le nuove elezioni?
Risposta ARAN:
“nel caso in cui la RSU decade nel corso della vigenza triennale l’indizione per la elezione della nuova RSU spetta esclusivamente alle Organizzazioni Sindacali rappresentative del comparto che possono provvedervi congiuntamente o disgiuntamente. La nuova RSU eletta rimarrà in carica fino alle elezioni generali delle RSU del comparto”.
OGGETTO: come si distribuiscono i permessi per i componenti della RSU?
Risposta ARAN:
“l’art. 9 del CCNQ del 7 agosto 1998 stabilisce, al comma 2, che i permessi sono ripartiti tra le organizzazioni sindacali rappresentative e le RSU, specificando al comma 4, ultimo capoverso, che è compito delle RSU gestire autonomamente i permessi di loro spettanza. Ciò significa che nel proprio regolamento di funzionamento la RSU dovrà stabilire, tra le altre cose, anche la ripartizione, al suo interno, dei permessi complessivamente assegnati”.
OGGETTO: i candidati nelle elezioni delle RSU devono essere iscritti al sindacato nella cui lista si presentano?
Risposta ARAN:
“l’art. 3 comma 2 dell’Accordo quadro del 7 agosto 1998 non prevede alcun obbligo per il lavoratore candidato alle elezioni di essere iscritto o di iscriversi al sindacato nelle cui liste è presentato.
OGGETTO: nel caso in cui la RSU non si sia dotata di un regolamento per il proprio funzionamento, l’amministrazione come deve comportarsi?
Risposta ARAN:
“Si rinvia all’Accordo di interpretazione autentica del 6 aprile 2004 pubblicato alla voce CCNQ”, il quale stabilisce, tra l’altro, che “la circostanza che la RSU non si doti di un proprio regolamento non ne muta la natura, che rimane quella di soggetto sindacale unitario cui si applicano le regole generali proprie degli organismi unitari elettivi di natura collegiale… Con il presente contratto si conferma che la RSU, organismo unitario di rappresentanza dei lavoratori, assume le proprie decisioni a maggioranza dei componenti”.
IL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
Il D. Lgs 626/1994 ha introdotto nel sistema italiano una figura del tutto inedita: il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, definito come “la persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro”.
Il D. Lgs 626/1994 da un lato, garantisce ai rappresentanti dei lavoratori il diritto di informazione sulle problematiche relative alla tutela dei lavoratori e il diritto di accesso alla relativa documentazione aziendale, dall’altro, riconosce a tali soggetti il diritto a ricevere (a cura e spese del datore di lavoro) la formazione necessaria all’espletamento dei compiti di cui di cui sono investiti (D.M. 16.1.1979).
Il decreto demanda alla contrattazione collettiva la definizione di alcuni aspetti applicativi e perciò è stato stipulato il CCNQ del 10.7.1996 con il quale sono state disciplinate le modalità di elezione o designazione del RLS nell’ambito del Pubblico Impiego.
L’Aran con nota del 14 ottobre 2004 ha chiarito che le procedure elettorali previste per il rinnovo della RSU non avrebbero interessato il rinnovo dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in quanto “sono in corso trattative per una nuova completa regolamentazione della materia” (allo stato non ancora attuata), confermando dunque quanto già dalla medesima Agenzia in passato riferito sulla perdurante permanenza in carica, nelle more, dei rappresentanti a suo tempo designati.
Discende da quanto sopra riportato che, specie nelle unità lavorative con più di 15 dipendenti, nel rapporto tra RLS ed RSU, soggetti entrambi portatori di interessi dei lavoratori potenzialmente in conflitto con quelli espressi dalla parte datoriale, i primi devono essere individuati con decisione interna tra i componenti della RSU.
Peraltro, ulteriore conferma si rinviene nel richiamo, operato dall’art. 6 del CCNL 1998-2001, agli obblighi di informazione e consultazione a carico della amministrazione nei confronti del RLS collocati, non a caso, all’interno delle ‘ Relazioni sindacali ’ .
Considerato, pertanto, che tutte le sedi ‘decentrate’ del Ministero della Difesa hanno una propria RSU, ne discende che in nessun caso è possibile la individuazione del RLS mediante elezione diretta da parte del personale.
Ciò premesso e ferma restando la normativa di riferimento in calce al presente paragrafo, si reputa utile riportare qui di seguito il contenuto del parere richiesto e reso nel merito di detta materia dall’Aran con recente nota del 5 giugno 2008, prot. n. 5798/08:
“…con riferimento al quesito posto circa la individuazione dei rappresentanti per la sicurezza, si precisa che l’individuazione degli stessi è regolata dalla contrattazione collettiva di riferimento che, per le Amministrazioni pubbliche, è rappresentata dal CCNQ del 10 luglio 1996.
Nel citato CCNQ, nella fattispecie, la materia è regolata nell’art. 5, lett. b). Tale disciplina deve essere letta alla luce della circostanza che il contratto quadro del 1996 è stato stipulato prima dell’Accordo quadro per la costituzione delle RSU del 7 agosto 1998 che, all’art. 5, ha previsto che le RSU subentrino alle RSA acquisendone tutte le competenze contrattuali .
Le RSU sono state costituite nel comparto Ministeri per la prima volta nel 1998 ed, in presenza del terzo rinnovo delle stesse avvenuto in novembre 2007, i rappresentanti della sicurezza devono essere individuati nell’ambito delle RSU elette e cioè designati dai componenti della RSU al loro interno, salvo successiva ratifica da parte dell’assemblea dei lavoratori.
L’Aran ha più volte, in occasione delle elezioni delle RSU che si sono nel tempo succedute, precisato che non è prevista l’elezione diretta dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza contestuale o meno a quella delle RSU anche in ragione della mancanza del Regolamento elettorale.
Infatti, essendo i rappresentanti della sicurezza unici per tutto il personale, alla loro elezione dovranno partecipare tutti i dipendenti, compresi quelli a tempo determinato e i dirigenti, che sono invece esclusi dalle elezioni per il rinnovo delle RSU. Proprio per tale motivo i Rappresentanti dei Lavoratori per la sicurezza designati dalle RSU elette devono essere ratificati dall’assemblea dei lavoratori come sopra ricordato.
I lavoratori designati restano in carica per tre anni dalla data della designazione stessa, non essendo previsto nel CCNQ del 1996 la loro decadenza contestuale a quella delle RSU”.
Alla luce di quanto sopra riportato si conclude che non è possibile ricorrere alla elezione diretta da parte del personale del RLS , con conseguente invalidità delle eventuali consultazioni all’uopo indette.
OGGETTO: quale è la disciplina applicabile per la designazione del RLS a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 c.d. Testo Unico della Sicurezza?
Risposta MINISTERO DEL LAVORO (nota del 16.9..2008 n. prot. 0013746)
“… … sulla base delle vigenti disposizioni contrattuali, che sono tuttora in vigore fino a che non saranno modificate alla luce del decreto legislativo n. 81/2008, nelle pubbliche amministrazioni si
provvede alla elezione del solo RLS con le modalità individuate nel contratto collettivo nazionale del 10 luglio 1996 (circ. Aran n. prot. 1702/2002 lett. c).
… pertanto,considerato che il regime giuridico complessivo della rappresentanza dei lavoratori in azienda ai fini della sicurezza viene definito anche dalla contrattazione collettiva, questa può, come accade di solito, considerare necessario che la designazione dei rappresentanti della sicurezza debba avvenire nell’ambito delle RSU”.
Riferimenti normativi: D.Lgs 19.9.1994 n. 626, DPCM 5.6.1996, Accordo Quadro del 29.7.1996, art. 8 del CCQ del 7.8.1998, Nota Aran del 15.2.2002, prot. 1702, lett. C), Nota Aran del 27.5.2004, Prot. 4260, Nota Aran 14.10.2004, Prot. 7599.
PRIVACY TUTELA DELLE PERSONE E DI ALTRI SOGGETTI RISPETTO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
Il 1.1.2004 è entrato in vigore il D. Lgs. 30.6.2003 n.196, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” nel quale sono raccolte, in forma di testo unico, tutte le disposizioni in materia di tutela della persona rispetto al trattamento dei dati personali.
La disciplina del Codice si innesta in un contesto volto alla pubblicità dell’azione amministrativa, iniziato dalla legge n. 241/1990, ed offre al cittadino un articolato sistema di garanzie che, nell’individuare tutti gli strumenti idonei ad una piena realizzazione del diritto alla protezione dei dati personali, costituisce il presupposto per la fruizione di tutti gli altri diritti fondamentali dell’individuo che a quel diritto sono collegati. L’utilizzo delle informazioni concernenti la salute, vita sessuale, la sfera religiosa, politico-sindacale e filosofica, nonché l’origine razziale ed etnica è soggetta a rigorose cautele anche in base alla disciplina comunitaria, la quale vieta il loro trattamento a meno che ricorrano specifici motivi di interesse pubblico rilevante e siano altresì assicurate opportune garanzie (art. 8 Direttiva 46/95 CE).
Dal Codice deriva il diritto alla protezione dei dati personali quale prerogativa fondamentale della persona, in attuazione dell’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. del 7.12.2000, che deve considerarsi quale diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla riservatezza, sostanziandosi nel diritto del suo titolare di conoscere e controllare la circolazione delle informazioni che lo riguardano.
Un principio generale del sistema di garanzia approntato dal Codice è costituito dal principio di “necessità di trattamento dei dati personali”. Tale regola prescrive di predisporre sistemi informativi e programmi informatici in modo da utilizzare al minimo dati personali ed identificativi. Questo principio si contempera con quello di “legalità” che stabilisce che a tutti i soggetti pubblici, con la sola eccezione degli Enti Economici, è consentito trattare i dati personali esclusivamente per lo svolgimento delle funzioni istituzionali alle quali sono preposti, pur dovendo sempre attenersi alle prescrizioni codicistiche vigenti in materia e nei limiti imposti dalle leggi e dai regolamenti.
Si evidenzia che tra le garanzie individuate dal Codice figura il diritto dei cittadini di conoscere con quali modalità sono utilizzate le informazioni in parola che lo riguardano. A ciò aggiungasi che secondo l’art. 3 del Codice, a ciascun interessato del trattamento dei propri dati è poi riconosciuto il diritto alla informativa, ovvero il diritto ad essere previamente informato.
La Direttiva 11 febbraio 2005 (in G.U. n. 97 del 28.04.2005) della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Funzione Pubblica è dedicata alle misure finalizzate alla attuazione nelle Pubbliche Amministrazioni delle disposizioni contenute nel ‘Codice’, con particolare riguardo alla gestione delle risorse umane.
Con il provvedimento a carattere generale del 30 giugno 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 170 del 23 luglio 2005, il Garante ha inteso fornire alla Amministrazioni alcune prescrizioni di carattere generale per contribuire alla adozione di adeguate bozze di regolamento più attente ai profili sostanziali di tutela, più comprensibili da parte dei cittadini e non basate su approcci meramente formali alla tematica.
L’Amministrazione Difesa ha potuto legittimamente utilizzare i dati sensibili dei lavoratori (D.P.S. Documento Programmatico della Sicurezza) secondo i principi stabiliti annualmente dal Garante medesimo nella sua Autorizzazione al trattamento dei dati personali (cfr. Parere G. P. 30.6.2005), l’ultima delle quali è stata emessa il 14 giugno 2007. Infatti, condicio sine qua non per l’adozione dei Regolamenti è il parere del Garante: la tutela e la riservatezza può essere garantita senza venire meno al principio di trasparenza della Pubblica Amministrazione. Sono alcune delle misure e degli accorgimenti che il Garante ha individuato in un quadro unitario con l’adozione delle ‘Linee Guida in materia di trattamento dei dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico”, come si rileva dalle precisazioni richieste al citato Garante e rese con nota del 14 settembre 2007 n. prot. 60507.
In tale nota, resa a seguito di specifico quesito formulato dalla scrivente, il Garante ha precisato quanto segue: “…è stato formulato un quesito a questa Autorità in ordine alla possibilità di comunicare ad una Organizzazione Sindacale che ne ha fatto richiesta i dati nominativi del personale beneficiario di emolumenti accessori.
A tale riguardo, si rappresenta che il Garante, anche sulla base della richiesta di chiarimenti della Direzione Generale Ministero Difesa, è di recente intervenuto sul tema adottando il 14 giugno 2007 un provvedimento recante le ‘Linee Guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico’ (disponibile sul sito Internet www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1417809), con cui ha individuato un quadro di specifiche garanzie volto a fornire orientamenti utili alle amministrazioni interessate in ordine alle corrette modalità di trattamento dei dati personali relativi ai lavoratori alle loro dipendenze anche nell’ambito dei rapporti con le organizzazioni sindacali”.
Pertanto si invitano tutti gli Enti ad acquisire le Linee guida in questione prestando particolare attenzione a quanto indicato nel punto 5 delle stesse, che di seguito si riporta:
5. Comunicazione di dati personali
5.1. Comunicazione. Specifiche disposizioni legislative o regolamentari individuano i casi in cui l'amministrazione pubblica è legittimata a comunicare informazioni che riguardano i lavoratori a terzi, soggetti pubblici o privati (art. 19 del Codice).
Quando manca una tale previsione specifica non possono essere quindi comunicati dati personali del dipendente (ad esempio, quelli inerenti alla circostanza di un'avvenuta assunzione, allo status o alla qualifica ricoperta, all'irrogazione di sanzioni disciplinari, a trasferimenti del lavoratore come pure altre informazioni contenute nei contratti individuali di lavoro) a terzi quali associazioni (anche di categoria), conoscenti, familiari e parenti.
Devono ritenersi in linea generale lecite le comunicazioni a terzi di informazioni di carattere sensibile relative ad uno o più dipendenti, quando esse siano realmente indispensabili per perseguire le finalità di rilevante interesse pubblico connesse all’instaurazione e alla gestione di rapporti di lavoro da parte di soggetti pubblici di cui all'art. 112 del Codice. Tali comunicazioni possono avere ad oggetto dati individuati nei pertinenti atti regolamentari dell'amministrazione e che siano in concreto indispensabili, pertinenti e non eccedenti in rapporto ai compiti e agli adempimenti che incombono al soggetto pubblico in qualità di datore di lavoro in base alla normativa sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (artt. 20 e 22 del Codice).
La disciplina di protezione dei dati consente inoltre al datore di lavoro pubblico di rendere conoscibili a terzi dati personali del dipendente in attuazione delle disposizioni che definiscono presupposti, modalità e limiti per l'esercizio del diritto d'accesso a documenti amministrativi (contenenti dati personali) o che prevedono un determinato regime di conoscibilità per talune informazioni, ovvero in virtù di una delega conferita dall'interessato.
Oltre a designare i soggetti che possono venire lecitamente a conoscenza dei dati inerenti alla gestione del rapporto di lavoro, quali incaricati o responsabili del trattamento, il datore di lavoro deve adottare particolari cautele anche nelle trasmissioni di informazioni personali che possono intervenire tra i medesimi incaricati o responsabili nelle correnti attività di organizzazione e gestione del personale. In tali flussi di dati occorre evitare, in linea di principio, di fare superflui riferimenti puntuali a particolari condizioni personali riferite a singoli dipendenti, specie se riguardanti le condizioni di salute, selezionando le informazioni di volta in volta indispensabili, pertinenti e non eccedenti (artt. 11 e 22 del Codice).
A tal fine, può risultare utile esplicitare delicate situazioni di disagio personale solo sulla base di espressioni generiche e utilizzando, in casi appropriati, codici numerici, come pure riportare tali informazioni -quale presupposto degli atti adottati- solo nei provvedimenti messi a disposizione presso gli uffici per eventuali interessati e controinteressati (limitandosi quindi a richiamarli anche nelle comunicazioni interne e indicando gli estremi o un estratto del loro contenuto).
5.2 Rapporti con le organizzazioni sindacali. Le pubbliche amministrazioni possono comunicare a terzi in forma realmente anonima dati ricavati dalle informazioni relative a singoli o a gruppi di lavoratori: si pensi al numero complessivo di ore di lavoro straordinario prestate o di ore non lavorate nelle varie articolazioni organizzative, agli importi di trattamenti stipendiali o accessori individuati per fasce o qualifiche/livelli professionali, anche nell'ambito di singole funzioni o unità organizzative.
Sulla base delle disposizioni dei contratti collettivi, i criteri generali e le modalità inerenti a determinati profili in materia di gestione del rapporto di lavoro sono oggetto di specifici diritti di informazione sindacale preventiva o successiva.
Ad esclusione dei casi in cui il contratto collettivo applicabile preveda espressamente che l'informazione sindacale abbia ad oggetto anche dati nominativi del personale per verificare la corretta attuazione di taluni atti organizzativi, l'amministrazione può fornire alle organizzazioni sindacali dati numerici o aggregati e non anche quelli riferibili ad uno o più lavoratori individuabili. É il caso, ad esempio, delle informazioni inerenti ai sistemi di valutazione
dell'attività dei dirigenti, alla ripartizione delle ore di straordinario e alle relative prestazioni, nonché all'erogazione dei trattamenti accessori.
Resta disponibile per l’organizzazione sindacale anche la possibilità di presentare istanze di accesso a dati personali attinenti ad uno o più lavoratori su delega o procura (art. 9, comma 2, del Codice), come pure la facoltà di esercitare il diritto d'accesso a documenti amministrativi in materia di gestione del personale, nel rispetto delle condizioni, dei limiti e delle modalità previsti dalle norme vigenti e per salvaguardare un interesse giuridicamente rilevante di cui sia portatore il medesimo sindacato (artt. 59 e 60 del Codice). Il rifiuto, anche tacito, dell'accesso ai documenti amministrativi, è impugnabile presso il tribunale amministrativo regionale, la Commissione per l'accesso presso la Presidenza del Consiglio dei ministri o il difensore civico (artt. 25 e ss. l. 7 agosto 1990, n. 241; art. 6 d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184).
L'amministrazione può anche rendere note alle organizzazioni sindacali informazioni personali relative alle ritenute effettuate a carico dei relativi iscritti, in conformità alle pertinenti disposizioni del contratto applicabile e alle misure di sicurezza previste dal Codice (artt. 31-35).
5.3. Modalità di comunicazione. Fuori dei casi in cui forme e modalità di divulgazione di dati personali siano regolate specificamente da puntuali previsioni (cfr. art. 174, comma 12, del Codice), l'amministrazione deve utilizzare forme di comunicazione individualizzata con il lavoratore, adottando le misure più opportune per prevenire la conoscibilità ingiustificata di dati personali, in particolare se sensibili, da parte di soggetti diversi dal destinatario, ancorché incaricati di talune operazioni di trattamento (ad esempio, inoltrando le comunicazioni in plico chiuso o spillato; invitando l'interessato a ritirare personalmente la documentazione presso l'ufficio competente; ricorrendo a comunicazioni telematiche individuali).
L'utilizzo del telefax come mezzo di comunicazione è consentito sebbene, in taluni casi, specifiche disposizioni prevedano apposite modalità di inoltro delle comunicazioni, come, ad esempio, nell'ambito di procedimenti disciplinari. Anche per il telefax si devono comunque adottare opportune cautele che favoriscano la conoscenza dei documenti da parte delle sole persone a ciò legittimate.