LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E CONTRASTO AI DISCORSI D’ODIO
Handbook sulle tecniche di interazione giudiziale nell’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’UE
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E CONTRASTO AI DISCORSI D’ODIO
NELL’AMBITO DEL PROGETTO “E-LEARNING NATIONAL ACTIVE CHARTER TRAINING (E-NACT)”
FUNDED BY THE EUROPEAN COMMISSION FUNDAMENTAL RIGHTS&CITIZENSHIP PROGRAMME
Responsabile dell’Handbook :
Dr. Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Sommario
1. Cos'è la libertà di espressione? 3
1.1. Il concetto e le caratteristiche della libertà di espressione 3
1.2. Le norme giuridiche a livello europeo 5
1.3. Limitazioni alla libertà di espressione 9
2. Discorsi di odio 12
2.1. Quadro giuridico dell'UE 12
2.2. La giurisprudenza della Corte EDU 14
2.3. Quadro giuridico italiano 16
3. Il ruolo della Carta dell’UE nei casi di bilanciamento fra diritti fondamentali 18
3.1 Libertà dei media 18
3.2. Diffamazione 19
3.3. Conflitti tra libertà di espressione e protezione dei dati 23
3.4. Conflitti tra libertà di espressione e diritto d'autore 27
1. Cos'è la libertà di espressione?
1.1. Il concetto e le caratteristiche della libertà di espressione
La libertà di espressione di ogni cittadino e dei media svolge un ruolo fondamentale nella società è considerato uno dei pilastri di una società democratica e una condizione essenziale per garantire la protezione degli altri diritti umani degli individui. 1 Infatti, la libertà di ogni cittadino di esprimere liberamente le proprie idee alimenta un dialogo di cui beneficia non solo l'individuo, ma anche l'intera società. In molti paesi europei, la libertà di espressione è la pietra angolare del sistema democratico, il che significa che non è possibile parlare di democrazia in assenza di un efficace flusso di idee e di un confronto tra di esse. 2
Già prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona e dell'integrazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (di seguito Carta o CDF) nel diritto primario dell'UE, 3 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (nel prosieguo CGUE) considerava la libertà di espressione come uno dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico europeo. 4 Dopo il riconoscimento dello status giuridicamente vincolante della Carta, le istituzioni dell'UE sono tenute a rispettare questo diritto anche nell'esercizio dei loro poteri e delle loro competenze.
In quanto diritto fondamentale, la libertà di espressione permette a ciascuno di noi di esprimersi oralmente, o con qualsiasi mezzo disponibile, o al contrario, di rimanere in silenzio. Esso inoltre assicura che siamo informati su ciò che accade nel mondo.
La dottrina e la giurisprudenza hanno individuato i seguenti aspetti che rientrano nell'ambito della libertà di espressione, garantita dalla CEDU, dalla Carta dell'UE e dalle costituzioni nazionali:
- il diritto di esprimersi liberamente;
- il diritto di utilizzare ogni mezzo disponibile per esprimere il proprio pensiero;
- il diritto all'informazione;
- il diritto al silenzio.
Da ciascuno di essi possono derivare diritti e obblighi che hanno un impatto sulla scelta degli strumenti normativi in diversi ambiti giuridici, in particolare nel settore dei media. Ad esempio, il diritto di utilizzare qualsiasi mezzo disponibile per divulgare il proprio pensiero include messaggi
1 Corte EDU, Xxxxxxxxx c. Regno Unito, par. 48 – 50
2 Xxxxx, X. (2010), La tutela costituzionale dei diritti (Milano: Xxxxxx); Xxxxxxxx, M. (2010), Freedom of expression: in constitutional and international case law (Strasbourg: Council of Europe Publishing).
Lo stretto legame tra libertà di espressione e democrazia è stato più volte affermato dalle corti nazionali: in Italia la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato che una società democratica si basa su un'effettiva libertà di espressione (Corte Costituzionale, sentenza n. 105/1972; e successivamente le sentenze n. 826/1988, n. 348/1994 e n. 466/2002). Lo stesso principio è stato affermato dalla Corte federale tedesca, che ha dichiarato che la libertà di espressione e la libertà di informazione sono diritti umani sanciti dalla Costituzione, ed il loro esercizio è protetto dalle garanzie costituzionali. Si veda la sentenza del 16 Giugno 1981, no. 1 XxX 00/00, xx XXxxxXX 00, 000. Xx Xxxxxx, la Corte costituzionale ha sottolineato che la libertà di espressione e di informazione sono alla base della libertà e dell'indipendenza dei media, insieme al pluralismo e ad altri valori costituzionali. Si veda la sentenza n. 31/2010 del 28 giugno 2010 della Xxxxx Xxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx.
0 Xxxxxxxxxxx, R. (2010), ‘I diritti fondamentali dopo Lisbona tra conferme europee e malintesi nazionali’, Diritto pubblico comparato ed europeo, IV, xxi-xxv
4 Si veda CGUE, Caso C-***, Kabel Deutschland, 22 October 2009.
trasmessi a voce o su stampa, ma anche espressioni artistiche, tra cui musica, video, dipinti, sculture, fumetti e simili. Tutto questo ovviamente può essere trasmesso via Internet, che è oggi il mezzo di comunicazione più comune. In tutti questi casi, la regolamentazione applicabile a livello nazionale può essere diversa, ma la sostanza del diritto fondamentale della libertà di espressione non cambia, applicandosi equamente in tutti i media.
Da una prospettiva diversa, possiamo distinguere tra un aspetto attivo e uno passivo della libertà di espressione. L'aspetto attivo della libertà di espressione è il "diritto di informare", nel senso di fornire informazioni (come nel caso del giornalismo, ma non solo) attraverso qualsiasi mezzo di diffusione. Inoltre, in caso di conflitto tra il diritto all'informazione e altri diritti fondamentali, come la protezione dei dati e la reputazione, l'equilibrio può tener conto dell'importanza del diritto all'informazione come contributo al dibattito pubblico. A seguito dell'evoluzione della giurisprudenza e del suo impatto sulla legislazione, il diritto all'informazione è stato utilizzato come giustificazione per accordare un trattamento speciale ai media e ai giornalisti.5 In tal senso i giornalisti:
- possono essere "esonerati" dalla responsabilità per ingiuria o diffamazione,
- possono trattare i dati personali senza il consenso dell'interessato, e
- possono esercitare il diritto di accesso alle fonti nei confronti degli organismi pubblici, che hanno l'obbligo di fornire tali informazioni.
Tuttavia, come verrà descritto più dettagliatamente nel prosieguo, il quadro giuridico fornito a livello nazionale per quanto riguarda tali conflitti differisce a seconda dell'interpretazione della libertà di espressione in termini di garanzia costituzionale e del suo equilibrio con gli altri diritti fondamentali.
L'aspetto passivo della libertà di espressione è il diritto all'informazione. È chiaro che, quando esiste il diritto di comunicare informazioni, esiste un corrispondente diritto di ricevere informazioni. In tal modo, i cittadini possono esercitare il loro diritto ad essere informati da coloro che sono in possesso delle informazioni, come nel caso di accesso a documenti detenuti dalle amministrazioni. Inoltre, i cittadini possono esercitare il loro diritto ad essere informati da coloro che detengono i mezzi di informazione, la stampa e i media in generale.6 Le corti nazionali hanno dedotto diversi obblighi per i mezzi di trasmissione: la televisione è comunemente considerata un servizio pubblico generale e svolge un ruolo cruciale nella garanzia del pluralismo interno dello Stato, pertanto dovrebbe garantire un'informazione imparziale e accurata e una serie di opinioni e commenti, con obblighi più rigorosi per le emittenti pubbliche piuttosto che per quelle private. 7
5 Si veda tuttavia, Corte di Cassazione, sez. III civile, 7 giugno 2018 n. 14727, in cui la corte afferma che in tema di applicabilità delle esimenti in ordine all’esercizio del diritto di cronaca e del diritto di critica, la Corte di cassazione torna a esperire una precisa actio finium regundorum, relativa ad alcuni limiti, che consentono di bilanciare la libertà di informazione con altri beni costituzionalmente tutelati. Si tratta del pubblico interesse, della rispondenza del fatto a verità e della continenza, formale e sostanziale. Sul punto, si rileva l’unanimità di vedute della giurisprudenza della Cassazione, civile e penale. Il diritto di critica, in particolare, “non si concreta nella mera narrazione di fatti ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi (che ha, per sua natura, carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva e asettica), con la precisazione che, per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre tuttavia che il fatto presupposto e oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive”.
6 Si veda Corte Costituzionale, sentenze n. 153 del 1987 e n. 112 del 1993.
7 Si veda in particolare Corte Costituzionale, sentenza n. 155 del 2002.
1.2. Le norme giuridiche a livello europeo
Per il suo ruolo essenziale nella società democratica, la libertà di espressione è stata riconosciuta come un diritto fondamentale non solo a livello europeo e nazionale, ma anche a livello internazionale. 8
Unione europea
Diritto primario
Prima dell'entrata in vigore della Carta, la libertà di espressione non è stata proclamata né inclusa nel testo del diritto primario dell'UE. Infatti, né il trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE) né il trattato sull'Unione europea (TUE) garantivano esplicitamente un diritto soggettivo alla libertà di espressione. Il consolidamento dei trattati con le modifiche apportate nel 2007 dal trattato di Lisbona ha affermato l’espansione delle competenze dell'Unione sui diritti umani, come dimostra l'art. 2 del TUE. 9
Solo attraverso la riforma dell'art. 6 del TUE, con lo status giuridico conferito alla Carta, "il sistema di protezione dei diritti fondamentali in Europa dovrebbe raggiungere il più alto livello formale di protezione dei diritti individuali che sia mai esistito nelle Comunità europee".10 La libertà di espressione è ora esplicitamente riconosciuta e tutelata dalla Carta, che è giuridicamente vincolante per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell'Unione, nonché per gli Stati membri "quando attuano il diritto dell'Unione".11 Nei limiti del suo campo di applicazione, la Carta può essere fatta rispettare dinanzi all'Unione e alle corti nazionali. L'art. 52 (3) CDF stabilisce che, quando la Carta "contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata sono identici a quelli contenuti nella convenzione". In altre parole, la CEDU funge da livello minimo di protezione per quanto riguarda i diritti corrispondenti.
È interessante notare che nelle Spiegazioni alla Carta, che devono essere prese in debita considerazione nell'interpretazione delle sue disposizioni, 12 sottolineano che il significato e la portata dei diritti corrispondenti devono essere determinati anche tenendo conto della giurisprudenza della Corte EDU e che il dovere di interpretazione parallela di cui all'art. 52, paragrafo 3 CDF comprende anche le limitazioni previste dalla CEDU. Questo implica che, secondo norme di diritto primario, i diritti fondamentali inclusi nella CEDU devono essere applicati nell'UE. 13
L'art. 11 della Carta afferma il diritto alla libertà di espressione.
Art. 11 CDF
8 Per un analisi dettagliata delle fonti internazioni si veda il Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, 2016.
9 L’art. 2 TUE afferma “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”
10 A. B. Xxxxx, Xxxxx lost in space – searching for an effective enforcement of Fundamental Right under Lisbon Treaty, in Xxxxxxx, E., /Xxxxxxxxxxx X., Quo vadis Europo?, III, UKIE Warsaw 2009, p.449
11 Cfr. Art 1(1) CDF. Secondo la giurisprudenza più recente della CGUE (in particolare il Caso C-617/10 Xxxxxxxx Xxxxxxxx [2013]) questa norma dovrebbe essere interpretata come una codificazione della giurisprudeza della corte sullo scopo di applicazione dei diritti fondamentali come principi geneali dell’Unione. Ciò significa che la Carta dovrebbe applicarsi a tutte le norme nazionali in ricadono nello scopo di applicazione del diritto dell’Unione.
12 Cfr. Art. 6(1) TEU e Article 52(7) CDF.
13 Cfr. le spiegazioni relative all’Art. 52(3) CDF.
"(1) Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere e diffondere informazioni e idee senza interferenze da parte delle autorità pubbliche e a prescindere dalle frontiere.
(2) La libertà e il pluralismo dei media devono essere rispettati".
La formulazione del primo paragrafo è esattamente la stessa dell'art. 10 (1) CEDU, compreso il riferimento al diritto di "comunicare" e di "ricevere" idee e informazioni. Sebbene la Carta non faccia menzione della possibilità per lo Stato di richiedere una licenza, le disposizioni dell'art. 11 (2) CDF prevedono rigorosamente che la libertà e il pluralismo dei media siano rispettati.
Inoltre, la libertà di espressione così come formulata nella Carta non comprende alcun paragrafo sulle restrizioni alla libertà elencate. Tuttavia, come anticipato, le spiegazioni della Carta chiariscono che l'art. 11 CDF corrisponde all'art. 10 CEDU, con la conseguenza che il significato e la portata di questo diritto sono quelli garantiti dalla Convenzione.14
Diritto secondario
In molti casi, il legislatore europeo ha inserito un riferimento esplicito alla libertà di espressione nelle norme di diritto derivato attraverso direttive, decisioni del Consiglio e risoluzioni su questioni specifiche, quali ad esempio come la regolazione della radiodiffusione e dei media, la concessione di licenze, la protezione dei dati personali, la protezione dei diritti delle vittime di reati, e la regolazione della rete Internet. I seguenti esempi di legislazione europea saranno poi analizzati nel prosieguo.
La recente direttiva 2018/1808 sui servizi di media audiovisivi regolamenta la radiodiffusione televisiva, ricordando la "crescente importanza" dei media audiovisivi per le società democratiche, anche per quanto riguarda l'istruzione e la società. I paragrafi 51 e 60 ricordano, ad esempio, la conformità della direttiva alla libertà di espressione sancita dall'art. 11 CDF.
Analogamente nel Regolamento generale sulla protezione dei dati n. 2016/679, nel considerando 153 afferma che la conciliazione tra il quadro normativo sulla protezione dei dati, definito dal Regolamento, e la norma a tutela della libertà di espressione è un compito degli Stati membri, che consente deroghe specifiche per quanto riguarda il trattamento dei dati personali esclusivamente a fini giornalistici o di espressione accademica, artistica o letteraria. 15
Convenzione europea dei diritti dell'uomo
La libertà di espressione è sancita dall'art. 10 CEDU e la Corte EDU ha sviluppato un'ampia tutela nella sua giurisprudenza. La CEDU conferisce il diritto di esprimere le proprie opinioni, idee e informazioni senza subire l'ingerenza delle autorità statali. Inoltre, conferisce anche al pubblico il diritto di ricevere tali idee.
Art. 10 CEDU
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere e diffondere informazioni e idee senza interferenze da parte dell'autorità pubblica e a prescindere dalle frontiere. Il presente articolo non impedisce agli Stati di esigere la concessione di licenze a imprese di radiodiffusione, televisive o cinematografiche.
14 Cfr. Par. 1.3 in merito alle legittime limitazioni della libertà di espressione.
15 Si veda l’art. 85 del Regolamento, e più dettagliatamente nel par. 3.3.
2. L'esercizio di tali libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere soggetto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni prescritte dalla legge e necessarie in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale, dell'integrità territoriale o della sicurezza pubblica, per la prevenzione di disordini o reati, per la tutela della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni ricevute in via confidenziale, o per mantenere l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.
L'art. 10 (1) CEDU conferisce un'ampia protezione alla libertà di espressione e si estende alla protezione delle espressioni commerciali, artistiche e politiche. Questa differenza di protezione tende ad essere più favorevole a discorsi o dichiarazioni politiche quando sono in conflitto con altre libertà o diritti. Da un lato, gli Stati hanno l'obbligo negativo di astenersi dall'interferire nell'esercizio della libertà di espressione; dall'altro, possono esservi obblighi positivi per proteggere tale diritto, anche contro l'ingerenza di privati. 16
La tutela offerta dall'art. 10 CEDU è ampia, in costante evoluzione grazie alla prolifica giurisprudenza della Corte EDU. Quando vi è un'interferenza con la libertà di espressione, la Corte si basa su un test in tre fasi, in base al quale la limitazione per essere legittima deve sottostare alle seguenti condizioni:
l'interferenza deve essere prescritta per legge;
deve perseguire uno scopo legittimo indicato nell'art. 10;
deve essere necessaria in una società democratica, il che implica verificare se l'intervento nazionale corrisponde ad un “urgente bisogno sociale”.17
Una volta superata questa prima valutazione, l'ingerenza deve sottostare ad un test di proporzionalità, che nel campo della libertà di espressione comporta alcune particolarità. Il test di proporzionalità deve considerare l'adeguatezza della misura per raggiungere il suo scopo dichiarato,18 e la possibilità di adottare misure meno invadenti da parte di uno Stato.19 Tuttavia, la giurisprudenza della Corte EDU non mostra una perfetta coerenza per quanto riguarda la valutazione della proporzionalità, che potrebbe portare a risultati diversi a seconda del contesto e della valutazione ad esso adeguata.20
La limitazione può anche essere il risultato dell'interferenza di un diritto fondamentale ugualmente protetto. In questo caso l'analisi della Corte EDU consiste nel trovare il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e le altre libertà in conflitto. L'ingerenza può essere legittima quando è giustificata da un'esigenza imperativa di interesse generale21 o da una finalità legittima come la tutela dei diritti altrui. 22
La libertà di espressione è quindi spesso bilanciata con altri diritti. Questo è, in primo luogo, una conseguenza del fatto che non si tratta di un “diritto assoluto”. In secondo luogo, le libertà in conflitto sono equilibrate perché nella CEDU non esiste una gerarchia tra diritti “relativi”. Inoltre, l'art. 10 (2) CEDU consente agli Stati di limitare la portata della libertà in circostanze specifiche.
16 Si veda Corte EDU, Research report - Positive obligations on Member States under Article 10 to protect journalists and prevent impunity, 2011.
17 Corte EDU, Xxxxxxxxx c UK, cit., para. 48
18 Corte EDU, Lingens v Austria¸ cit.
19 Corte EDU, Xxxxxx v. France (2006).
20 X. Xxxxx, ‘Freedom of Expression in the European Union’, European Public Law, Volume 12, Issue 3, Kluwer Law International, 2006, p. 376; X. Xxxx, Teoria e pratica del bilanciamento: tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela dell’identità personale, Xxxxx e Responsabilità, n. 6/2003, 577.
21 Si veda la decisione sull’ammissibilità del ricorso, app. no. 40485/02, Nordisk Film & TV A/S v. Denmark (2005).
22 Corte EDU, Hachette Filipacchi Associés (Paris-Match) v. France (2007).
Oltre al test di proporzionalità, la Corte EDU ha sviluppato il concetto di “margine di discrezionalità”: la Corte si riserva la posizione di arbitro finale, ma applica anche un margine di discrezionalità agli Stati per quanto riguarda la valutazione di una restrizione alla libertà tale da giustificare una eventuale differenza fra i livelli di tutela dei diritti fondamentali tra gli Stati firmatari della CEDU.
Tale margine è più ampio in settori che comportano scelte morali, 23 e più ristretto in altri, come il discorso politico o la critica al potere giudiziario. 24 Questo è un fattore che porta a differenze per quanto riguarda la protezione fornita ai tre livelli di cui sopra. Inoltre, conferma anche l'esistenza di uno spazio di equilibrio tra l'attività e la discrezionalità legislativa e/o giudiziaria nella valutazione della libertà di espressione.
Quadro giuridico italiano
Il principio della libertà di espressione è il primo e principale riferimento che a livello nazionale definisce le strategie di regolamentazione del settore dei media. La libertà di espressione, seppur con una struttura diversa in ogni paese, è giuridicamente protetta in quasi tutti i paesi europei. 25
In Italia, l’art 21 della Costituzione prevede la garanzia della libertà di espressione di tutti i cittadini, sia come libertà di esprimere le proprie opinioni in assenza di interferenze dello Stato e dagli altri soggetti, sia some capacità di partecipare alla vita democratica del paese attraverso ogni mezzo di comunicazione. Ciò si rispecchia anche nella distinzione fra la disciplina normativa relativa all’aspetto sostanziale del diritto alla libertà di espressione che è inteso in maniera estensiva e comprende ogni contenuto di giudizio e opinione personale, e la disciplina normative relativa alla funzione strumentale dei mezzi di comunicazione che permettono appunto tale espressione.
Nel dibattito attuale appare poi necessario comprendere in che modo il mezzo Internet possa essere qualificato nel quadro dell’art 21 Cost. Se da un lato è ovvio che la Costituzione non poteva presagire tale sviluppo tecnologico, tuttavia il riferimento ad “ogni altro mezzo di diffusione” consente di introdurre tale mezzo fra quelli per la diffusione dell’informazione. Dunque, laddove l’utente intenda comunicare con un numero indeterminato di persone con l’obiettivo di esprimere il proprio pensiero è tutelato dall’art. 21 Cost. Tale affermazione, tuttavia, non elimina le questioni problematiche che l’uso di Internet come mezzo di informazione comporta, soprattutto per quanto concerne le garanzie costituzionali relative al divieto di censura, e alla possibilità di estensione in via analogica della disciplina penale per la stampa o per la radio e la televisione.
Sotto questi profili, il ruolo della Corte di Cassazione è stato essenziale nell’interpretazione evolutiva della norma costituzionale: le Sezioni Unite, infatti, sia in sede civile che in sede penale, hanno stabilito che l’art. 21 (3) e (4) Cost. sono applicabili anche ai siti Internet che svolgano attività di informazione in modo professionale, anche se la norma costituzionale prevede testualmente il riferimento agli stampati. La definizione di informazione professionale opera laddove siano confermati i seguenti criteri: la periodicità dell’informazione, l’esistenza di una testata e di un direttore responsabile.26 Una simile interpretazione è stata resa possibile dall’introduzione di una
23 Corte EDU, Xxxxxx and others v. Switzerland (1988).
00 Xxxxx XXX, Xxxxx v Italy (2003).
25 Si veda Centre for Media Pluralism and Media Freedom, Media Pluralism Monitor, 2016, 14.
26 Si vedano Cass. civ., sez. un., 18 novembre 2016, n. 23469, in Foro it., 1, 2016, 3753 ss. e Cass. pen., Sez. un., 29 gennaio 2015, n. 31022, Xxxxx e altro, in Quad. cost., 2015, 1013 ss.
inedita nozione di “stampa” non più tratta dall’art. 1 della l. 47/1948, bensì da una interpretazione evolutiva della stampa.27
1.3. Limitazioni alla libertà di espressione
Come già accennato, la libertà di espressione non è un diritto assoluto, ma può essere limitata in caso di interessi contrastanti. Tuttavia, i suoi limiti devono basarsi su criteri specifici individuati dalle disposizioni e dalla giurisprudenza europea.
Unione europea
La Carta contiene una clausola generale sulla possibilità di limitare i diritti e le libertà in caso di conflitto.
Art. 52 Carta
1. Qualsiasi limitazione dell'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta deve essere prevista dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di tali diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo se sono necessarie e rispondono effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall'Unione o alla necessità di proteggere i diritti e le libertà altrui. […]
L'art. 52 è una clausola generale applicabile a tutti i diritti fondamentali inclusi nella Carta, quindi anche all'art. 11. Esiste una correlazione specifica tra la clausola generale della Carta e l'art. 10 (2) CEDU per quanto riguarda le legittime limitazioni al principio della libertà di espressione.
Pertanto, qualsiasi limitazione alla libertà di espressione dovrebbe soddisfare i seguenti criteri:
- hanno una finalità legittima, vale a dire sono finalizzate all'interesse generale riconosciuto dall'Unione o alla necessità di proteggere i diritti e le libertà altrui;
- essere necessario per il conseguimento dell'obiettivo perseguito;
- essere proporzionata all'obiettivo perseguito.
La necessità delle misure è valutata caso per caso e tiene conto della pertinenza dei motivi addotti dalle autorità nazionali per giustificare le misure restrittive. È importante notare che in questo caso la CGUE (seguendo la giurisprudenza della Corte EDU) offre alle autorità nazionali un margine di valutazione relativamente ampio in termini di esistenza del cosiddetto "urgente bisogno sociale". 28
La proporzionalità è valutata dalla CGUE in termini di corrispondenza tra i mezzi e i fini, sempre tenendo conto del margine di discrezionalità degli Stati membri - anche se in questo caso la giurisprudenza della CGUE non è sempre coerente. 29
Convenzione europea dei diritti dell'uomo
La formulazione dell'art. 10 (2) CEDU fornisce un chiaro esempio in cui la tutela di un diritto fondamentale si accompagna al riconoscimento della necessità di bilanciarlo con diritti confliggenti, tali da limitarne la portata.
27 Si veda recentemente la conferma anche in sede amministrativa di tale interpretazione in Tar Lazio, sez. III, 20 settembre 2017, n. 9841.
28 Si veda CGUE, Xxxxxxx Xxxxxx Industrie-Auktionen GmbH v Troostwijk GmbH, C-71/02. .
29 X. Xxxxx, Article 11, in X. Xxxxx et al., Commentary to the EU Charter, 2014, 329.
L’affermazione di tale necessità di bilanciamento è contenuta nella sentenza Chassagnou x. Xxxxxxx:
"Nella fattispecie, l'unico scopo invocato dal governo per giustificare l'ingerenza denunciata era "la tutela dei diritti e delle libertà altrui". Laddove questi "diritti e libertà" sono essi stessi tra quelli garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli, si deve ammettere che la necessità di proteggerli può indurre gli Stati a limitare altri diritti o libertà così come previsto dalla Convenzione. È proprio questa costante ricerca di un equilibrio tra i diritti fondamentali di ogni individuo che costituisce il fondamento di una "società democratica". L'equilibrio degli interessi individuali che possono benissimo essere contraddittori è una questione difficile, e gli Stati contraenti devono avere un ampio margine di valutazione al riguardo, poiché le autorità nazionali sono in linea di principio in una posizione migliore della Corte europea per valutare se vi sia o meno un "bisogno sociale urgente" in grado di giustificare un'ingerenza in uno dei diritti garantiti dalla Convenzione". 30
Diverso è il caso in cui vengano imposte restrizioni ad un diritto o ad una libertà garantita dalla Convenzione per proteggere "diritti e libertà" che non sono, in quanto tali, ivi enunciati. In tal caso, solo motivi imperativi incontestabili possono giustificare l'interferenza con il godimento di un diritto sancito dalla Convenzione.
Oltre al “rispetto della reputazione e dei diritti altrui”, l'art. 10(2) CEDU elenca un ampio numero di circostanze eccezionali che possono giustificare limitazioni all'esercizio della libertà di espressione, vale a dire interessi di sicurezza nazionale, integrità territoriale, sicurezza pubblica, prevenzione dei disordini, prevenzione del crimine, protezione della salute, protezione della morale, prevenzione della divulgazione di informazioni ricevute in via confidenziale, mantenimento dell'imparzialità del potere giudiziario. Le circostanze elencate possono essere qualificate come motivi legittimi per una eventuale limitazione, purché siano prescritti dalla legge e siano necessari in una società democratica. Pertanto, la limitazione deve essere ragionevolmente prevedibile nelle sue conseguenze e deve corrispondere ad un “urgente bisogno sociale”.
In questo caso la dottrina del margine di discrezionalità adottata dalla CEDU mostra che esiste un diverso livello di discrezionalità concesso agli Stati, a seconda della natura dell'espressione soggetta a limitazioni. Nel caso di espressione politica, gli Stati godono di un ristretto margine di discrezionalità; nel caso di morale pubblica, decenza e religione, gli Stati godono di un più ampio margine di discrezionalità. Queste differenze si basano sul fatto che non esiste un consenso sull'opportunità e sulle modalità di regolamentazione di alcune questioni.
Oltre ai doveri e alle responsabilità per i quali la Convenzione prevede disposizioni esplicite, vi sono anche doveri sviluppati dalla giurisprudenza, come l'obbligo del giornalista di agire in buona fede e di fornire informazioni accurate e affidabili in conformità con l'etica del giornalismo.
Va notato che il diritto alla libertà di espressione può anche essere limitato sulla base dell'art. 17 della CEDU, che può essere considerato un meccanismo di sicurezza, volto ad evitare abusi o abusi della CEDU. 31 Ad esempio, la Corte EDU ha applicato questo articolo per negare la protezione ai sensi dell'art. 10 della CEDU ai discorsi razzisti, xenofobi o antisemiti, nonché alle dichiarazioni che negano, contestano, contestano, minimizzano o giustificano l'Olocausto o altre idee (neo-)naziste. 32
30 Ibid. para. 113
31 Si veda sotto al par. 2.2.
00 Xxxxx XXX, Xxxxxxx v the United Kingdom (2004).
Quadro giuridico italiano
L’unico limite espressamente previsto in costituzione alla libertà di manifestazione del pensiero tramite i diversi mezzi possibili è quello del buon costume, che la Costituzione riferisce alla stampa, agli spettacoli e alle «altre manifestazioni» e che quindi riguarda, ad esempio, anche il mezzo radiotelevisivo. Il limite, secondo la giurisprudenza, si riferisce all’esigenza di proteggere il pudore sessuale, con particolare riferimento alla situazione in cui si trovano i minori.
Oltre al limite esplicito del buon costume esistono altri limiti desumibili dalla legge che sono finalizzati alla protezione di interessi costituzionalmente rilevanti e che quindi possono prevalere sulle esigenze di tutela della libertà di manifestazione del pensiero, quali diritto alla riservatezza, alla onorabilità, alla dignità della persona.33
Costituiscono limite anche le esigenze di giustizia, la tutela del prestigio del governo, dell’ordine giudiziario e delle forze armate. La tutela del prestigio delle istituzioni pubbliche è operata in sede penale tramite la previsione del reato di vilipendio: è discusso se vi sia un confine tra critica della istituzione (accettabile) e vilipendio (inaccettabile). Non costituiscono limiti, invece, la salvaguardia del sentimento nazionale e la conservazione della pace sociale a parere di una discutibile giurisprudenza. La sicurezza dello stato legittima il divieto di diffondere notizie che potrebbero pregiudicarla (segreto di stato di cui agli artt. 261 e 262 c.p. e alla l. 3 agosto 2007, n. 124).
33 Si veda sotto par. 3.
2. Discorsi di odio
2.1. Quadro giuridico dell'UE
Sebbene la libertà di espressione goda di un'ampia tutela, non tutte le forme di espressione sono protette. Come già menzionato in precedenza, le limitazioni e vincoli possono essere applicati nel caso di “espressioni che diffondono incitano, promuovono o giustificano l'odio basato sull'intolleranza”. 34 In tali casi, l'espressione dell'individuo può rientrare nella categoria dei c.d. discorsi di odio.
Diversi atti legislativi affrontano il concetto di discorso di odio, ma non esiste una definizione condivisa in tutta Europa.35 Di fatto, le definizioni dei discorsi di odio fornite a livello internazionale e nazionale, si concentrano su diversi aspetti di questo concetto, guardando al contenuto e al modo di parlare, ma anche all'effetto e alle conseguenze del discorso.
Inoltre, la regolamentazione dei discorsi di odio non si limita ad un unico settore, ma è collegata a diversi ambiti giuridici, come la regolamentazione dei media, la responsabilità e la non discriminazione.
Nel contesto giuridico dell'Unione europea, le disposizioni più pertinenti in materia di discorsi di odio sono quelle contenute nella decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale. Come emerge dal titolo, l'obiettivo principale della decisione è il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda alcuni reati di xenofobia e razzismo, mentre non contiene alcun riferimento ad altri tipi di motivazione, come il genere o l'orientamento sessuale.
L'art. 1 (1) decisione quadro 2008/913/GAI
“Reati di razzismo e xenofobia
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano punibili le seguenti condotte intenzionali:
a) istigare pubblicamente alla violenza o all'odio contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica;
b) la commissione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante diffusione o distribuzione pubblica di tratti, immagini o altro materiale;
c) l'apologia pubblica, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, rivolti contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito in riferimento a razza, colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quando la condotta è attuata in modo tale da incitare alla violenza o all'odio contro tale gruppo o un membro di tale gruppo;
d) l'apologia pubblica, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all'art. 6 della Carta del Tribunale militare internazionale allegata all'accordo di Londra dell'8 agosto 1945, nei confronti di un gruppo di persone o di un membro di tale gruppo definito in riferimento a razza,
34 Corte EDU, Erbakan v Turkey, par. 56
35 A livello di Consiglio d’Europa, la prima qualificazione è offerta dalla Raccomandazione del Comitato dei Ministri n. 20 del 1997 in cui per discorso d’odio si intende “l’insieme di tutte le forme di espressione che si diffondono, incitano, sviluppano o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo ed altre forme di odio basate sull’intolleranza e che comprendono l’intolleranza espressa attraverso un aggressivo nazionalismo ed etnocentrismo, la discriminazione l’ostilità contro le minoranze, i migranti ed i popoli che traggono origine dai flussi migratori”.
colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quando il comportamento è tenuto in modo tale da incitare alla violenza o all'odio contro tale gruppo o membro di tale gruppo.
La decisione quadro 2008/913/GAI avrebbe dovuto essere attuata dagli Stati membri entro novembre 2010; tuttavia, non tutti gli Stati membri hanno adattato il loro quadro giuridico alle disposizioni europee, come confermato anche dallo studio del Parlamento europeo sul quadro giuridico relativo all'odio, alla blasfemia e alla sua interazione con la libertà di espressione. Inoltre, nei paesi in cui si è verificata l'attuazione, l'intervento legislativo ha seguito approcci diversi a seconda degli approcci nazionali all'espressione dell'odio: o attraverso l'inclusione del reato nel codice penale, o attraverso l'adozione di una legislazione speciale in materia. La scelta non è priva di effetti, in quanto le disposizioni procedurali applicabili alla legislazione speciale possono essere diverse da quelle applicabili ai reati previsti dal codice penale. 36
Altri strumenti giuridici comunitari affrontano la questione dei discorsi di odio in settori specifici, come la direttiva sui servizi di media audiovisivi e la direttiva sul commercio elettronico. A differenza della decisione quadro, in queste due direttive il divieto di incitamento all'odio è più generale, includendo come motivo di protezione anche il sesso.
Art. 6 direttiva 2018/1808
"Gli Stati membri assicurano con mezzi appropriati che i servizi di media audiovisivi forniti da fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all'odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità.
Art. 3 (2) e (4) direttiva sul commercio elettronico
"2. Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nel settore coordinato, limitare la libera prestazione di servizi della società dell'informazione provenienti da un altro Stato membro.
…
4. Gli Stati membri possono adottare misure di deroga al paragrafo 2 per quanto riguarda un determinato servizio della società dell'informazione se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) le misure sono:
i) necessarie per una delle seguenti ragioni:
- l'ordine pubblico, in particolare la prevenzione, le indagini, l'accertamento e il perseguimento dei reati, compresa la tutela dei minori e la lotta contro qualsiasi incitamento all'odio per motivi di razza, sesso, religione o nazionalità, e le violazioni della dignità umana nei confronti delle persone,
- la tutela della salute pubblica,
- la sicurezza pubblica, compresa la salvaguardia della sicurezza nazionale e della difesa,
- la tutela dei consumatori, compresi gli investitori;
ii) nei confronti di un determinato servizio della società dell'informazione che pregiudica gli obiettivi di cui al punto i) o che presenta un rischio grave e grave di pregiudizio a tali obiettivi;
iii) proporzionati a tali obiettivi;
Xxxxxx, la CGUE ha affrontato la definizione di discorso d'odio in relazione alle trasmissioni in tutti gli Stati membri dell'UE solo con le decisioni Mesopotamia Broadcast e Roj TV, cause riunite C-
36 Parlamento europeo, Legal framework on hate speech, blasphemy and its interaction with freedom of expression, France country report, p. 230
244/10 e C-245/10. Mentre nessuna decisione riguardava la dimensione dei discorsi di odio di cui all'art. 3 (4) direttiva sul commercio elettronico.
Sebbene in molte occasioni le corti nazionali abbiano affrontato la questione dei discorsi di odio nel contesto dei media e in linea, le argomentazioni delle parti e delle corti hanno fatto più frequentemente riferimento alla giurisprudenza della Corte EDU (cfr. infra) o alla legislazione nazionale. Ciò è dovuto, da un lato, alla giurisprudenza più sviluppata, anche se non uniforme, di tale Corte in materia di discorsi di odio nel contesto dei media e, dall'altro, al fatto che la dimensione del mercato interno delle due disposizioni che non forniscono orientamenti specifici per quanto riguarda l'equilibrio tra libertà di espressione e tutela della dignità umana.
Solo di recente due rinvii pregiudiziali hanno affrontato la dimensione dei discorsi di odio nella diffusione di informazioni online, vale a dire il riferimento preliminare del tribunale amministrativo di Vilnius sulla conformità tra la legislazione nazionale e l'art. 6 direttiva AVMS e la domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte Suprema austriaca sui rimedi in caso di discorsi di odio su un social network.
Più di recente, tuttavia, l'approccio delle istituzioni dell'UE per quanto riguarda i discorsi di odio (e più in generale anche i contenuti illegali) si è indirizzato verso forme di co-regolamentazione in cui la Commissione negozia un insieme di regole con le società private, nell'ipotesi che queste ultime abbiano maggiori incentivi a rispettare le regole concordate.
2.2. La giurisprudenza della Corte EDU
Data la frammentazione del quadro giuridico europeo, i giudici nazionali potrebbero trovare indicazioni più dettagliate nella giurisprudenza della Corte EDU in materia.
Le decisioni della Corte possono essere distinte in base all'approccio adottato: un approccio “più ampio” e un approccio “più ristretto”. L'approccio più ampio analizza i fatti del caso attraverso la lente dell'art. 17 CEDU, che vieta l'abuso di diritti; mentre l'approccio più ristretto analizza i fatti del caso attraverso la lente dell'art. 10 (2) CEDU valutando le restrizioni imposte alla tutela della libertà di espressione, il che implica un equilibrio tra la libertà di espressione e gli obiettivi legittimi che portano alla limitazione della libertà in questione.
Secondo l'approccio ristretto, la giurisprudenza della Corte ha stabilito una serie di criteri di identificazione che qualificano i discorsi di odio, compresi il contesto e l'intenzione del discorso, lo status dell'autore, la forma e l'impatto del discorso, mostrando in ogni decisione la difficoltà di tracciare il confine tra un'espressione che può "offendere, scioccare o disturbare", che è protetta dall'art. 10 CEDU, e i discorsi di odio.
Tra i casi più rilevanti c'è Féret c. Belgium (2009), dove la Corte si è occupata del caso di un membro del Parlamento belga e presidente del partito politico Front National, che durante la campagna elettorale aveva distribuito opuscoli che, secondo le corti belga, potevano costituire un incitamento alla discriminazione razziale. La Corte non ha riscontrato alcuna violazione dell'art. 10 CEDU in quanto le limitazioni imposte dalla legge belga erano giustificate dall'interesse a prevenire i disordini, dato che la risonanza degli slogan politici durante il contesto elettorale è maggiore.
Analogamente, nella causa Xxxxxxx c. Denmark (1994), la Corte ha valutato la limitazione alla libertà di espressione in caso di attività giornalistica che includeva osservazioni razziste. In questo caso, un giornalista era stato condannato per un documentario comprendente un filmato dedicato ad un gruppo razzista attivo in Danimarca. Tale condanna, secondo la Corte, era tuttavia in violazione dell'art. 10
CEDU, in quanto il comportamento del giornalista non poteva essere qualificato come volto a diffondere opinioni e idee razziste, quanto piuttosto ad informare il pubblico su una questione sociale. In quanto tali, le leggi nazionali avevano ostacolato “seriamente il contributo della stampa alla discussione di questioni di interesse pubblico e non dovrebbero essere previste a meno che non vi siano motivi particolarmente forti per farlo”.
Perinçek c. Switzerland (2015) rappresenta tuttavia un passo verso un diverso equilibrio tra la libertà di espressione e i suoi limiti. In questo caso, la Grande Camera della Corte ha deciso il caso riguardante la condanna penale di un politico turco che aveva affermato che le deportazioni di massa e i massacri subiti dagli armeni nell'impero ottomano nel 1915 e negli anni successivi non avevano rappresentato un genocidio. Secondo la Xxxxx, xx xxxxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxxxxx avevano violato l'art. 10 CEDU: la Corte si è occupata in primo luogo dell'equilibrio tra il diritto alla libertà di espressione e il diritto al rispetto della vita privata degli armeni, tutelato dall'art. 8 CEDU, e in secondo luogo della proporzionalità tra i mezzi utilizzati per proteggere tali diritti. La Corte ha quindi affermato che non era necessario, in una società democratica, sottoporre il richiedente a una sanzione penale per tutelare i diritti della comunità armena in questione.
L'approccio restrittivo è anche riconosciuto e applicato nei loro ragionamenti dalle corti nazionali, come le schede relative alla decisione del Tribunale Milano e le decisioni della Corte Costituzionale Belga.
L'approccio più ampio viene applicato nella recente giurisprudenza per affermare l'inammissibilità delle domande qualora l'attore non abbia diritto alla tutela dell'art. 10 CEDU in quanto le sue espressioni si muovono chiaramente contro i valori di fondo della Convenzione.
Ad esempio, in M’Bala M’Bala c. France (2015) la Corte ha analizzato il procedimento contro Xxxxxxxxx X'Xxxx X'Xxxx per il suo spettacolo a Parigi, che aveva portato alla condanna per insulti pubblici rivolti a una persona o gruppo di persone a causa della loro origine o dell'appartenenza a una determinata comunità etnica, nazione, razza o religione, in particolare in questo caso persone di origine o fede ebraica. La Corte ha affermato che le circostanze di fatto non possono permettere di qualificare lo spettacolo né come satirico o provocatorio, ma piuttosto “una dimostrazione di odio e antisemitismo e di sostegno alla negazione dell'Olocausto”. In base a ciò, la Corte EDU ha concluso che il richiedente aveva cercato di distogliere l'art. 10 dal suo vero scopo utilizzando il suo diritto alla libertà di espressione per fini incompatibili con la lettera e lo spirito della Convenzione, pertanto la sua richiesta è considerata inammissibile ai sensi dell'art. 17 CEDU.
Analogamente, nella causa Belkacem c. Belgium (2017), la Corte ha affrontato il caso della condanna del leader dell'organizzazione "Sharia4Belgio" per incitamento alla discriminazione, all'odio e alla violenza a causa delle osservazioni da lui formulate nei video di YouTube riguardanti gruppi non musulmani e la Sharia. La Corte ha dichiarato il ricorso irricevibile, affermando che il contenuto dei video disponibili online aveva un contenuto marcatamente odioso e che il ricorrente cercava di suscitare odio, discriminazione e violenza nei confronti di tutti i non musulmani. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che, conformemente all'art. 17, il ricorrente non poteva far valere la tutela dell'art. 10.
Sebbene la giurisprudenza della Corte sia ricca e dettagliata, il giudice nazionale può avere ancora problemi di interpretazione e applicazione al quadro nazionale, come dimostra la decisione della Corte Costituzionale spagnola.
2.3. Quadro giuridico italiano
Nel quadro italiano non esiste una unitaria qualificazione del discorso d’odio, riscontrandosi piuttosto un sistema di stratificazione di norme applicabili che in periodi diversi hanno modificato il primo nucleo legislativo adottato in ratifica della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966.
Il primo riferimento alle ipotesi di discorsi d’odio nel sistema giuridico italiano è infatti costituito dalla legge n. 654/1975 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del 1966, in cui l’art. 3 punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, o nazionali. Nel 1989, con legge n. 101/1989, il legislatore italiano ha poi esteso l’ambito di applicazione dell’art 3 L. 654/75 alle manifestazioni di intolleranza e pregiudizio religioso. Grazie alla cd Legge Xxxxxxx, L. n. 205/1993, il legislatore è poi intervenuto modificando la L 654/1975 distinguendo il reato di propaganda di idee razziste e di istigazione a commettere atti discriminatori con motivazioni “razziali”, dal reato di istigazione ovvero di commissione di atti violenti e/o provocatori determinati da motivi “razziali” e/o discriminatori.37 Alla L 654/1975 si è poi aggiunto un art. 3 bis, con la legge n.115/2016, che prevede la c.d. “aggravante negazionista”, applicabile a tutti quei casi in cui la propaganda, l’incitamento ovvero l’istigazione all’odio si fondi sulla diffusione di idee e/o messaggi che negano la vicenda storica dell’Olocausto ovvero, più in generale, fatti storici concernenti reati contro l’umanità e di guerra.
Parallelamente, troviamo la Legge Scelba, n. 645/1952, che provvede all’attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, e dunque vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista. Tale legge, modificata dalla Legge Mancino, include all’art. 4 il reato di apologia del fascismo, definito come esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure delle sue finalità antidemocratiche.
Da ultimo va citato il decreto legislativo 1 marzo 2018 n.21, che ha introdotto gli arti. 604 bis e 604 ter c.p. L’art. 604 bis punisce qualsiasi condotta di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, nonché l’istigazione a commettere (o la diretta commissione di) atti di violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Si sancisce inoltre il divieto di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. In tali casi, chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.
La giurisprudenza sul tema dei discorsi d’odio dimostra la complessità per i giudici di riconoscere il pregiudizio alla base del discorso d’odio e le modalità con cui tali espressioni possano essere qualificate come “incitamento” all’odio e dunque tali da rappresentare un pericolo. Infatti, sorge una difficoltà nell’anticipare quali conseguenze può causare la diffusione di idee o l'incitamento ad atti di
37 L’art 2 punisce chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; la stessa norma punisce anche l'accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con gli stessi emblemi o simboli.
discriminazione. Di fronte a questa difficoltà, i giudici verificano la reale offesa di qualsiasi atto perché non ogni manifestazione di idee, anche se il contenuto è considerato razzista, può essere un crimine. Nella sentenza della Corte di Cassazione n. 41819/2009 offre utili indicazioni, poiché afferma che l'interesse giuridico tutelato dalla legge è la violazione della coesistenza pacifica di vari gruppi etnici, della dignità e della dignità e della libertà di espressione. Dunque, l’offesa alla pari dignità deve essere sanzionata in ogni caso, indipendentemente dal fatto che l'istigazione o la provocazione sia percepita dalle persone.
3. Il ruolo della Carta dell’UE nei casi di bilanciamento fra diritti fondamentali
3.1 Libertà dei media
Una delle caratteristiche più distintive del quadro giuridico dell'UE in materia di libertà di espressione è il fatto che l'art. 11 (2) CDF prevede espressamente il riferimento specifico alla libertà dei media e la tutela del pluralismo dei media.
Secondo le Spiegazioni della Carta, la disposizione si basava sulla giurisprudenza della CGUE in materia di televisione, sul protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri allegato al trattato CE e sulla direttiva 89/552/CE. In realtà, fino al 2007 il quadro giuridico dell'UE in materia di media riguardava principalmente la legislazione in materia di radiodiffusione, e in particolare l'interazione tra la libertà dei media e la libertà di fornire servizi (audiovisivi). Tuttavia, la giurisprudenza della CGUE, anche prima dell'entrata in vigore della Carta, collegava l'importanza della libertà dei media al rafforzamento del pluralismo dei media come base della democrazia nell'UE. In questo senso, la decisione nella causa C-260/89 ERT deve essere interpretata come uno dei primi tentativi in cui la CGUE ha interpretato le norme dell'UE alla luce dei diritti fondamentali.
In realtà, la libertà di stampa e la libertà dei media hanno un duplice obiettivo: da un lato, la garanzia dell’attualità, continenza e pluralità dei contenuti forniti dalla stampa; dall'altro, la garanzia di accesso all'esercizio delle attività di stampa e dei media (ad esempio, in merito ai requisiti in materia di licenze, accesso alle informazioni, ecc.)
Sotto il primo profilo, la libertà di stampa e dei media conferisce ai giornalisti e ai media il diritto di informare e di esprimere opinioni in quanto il ruolo dei giornalisti e dei media è fondamentale per il processo democratico: essi devono fornire informazioni e idee su questioni e temi di pubblico interesse. 38 Ciò non significa, tuttavia, che la libertà di stampa prevale automaticamente su altri interessi in conflitto, che possono essere la protezione dei dati, il diritto alla privacy, la reputazione, la giustizia penale o altri. Piuttosto, qualsiasi interesse in conflitto deve essere equilibrato, consentendo lo sviluppo, per quanto possibile, sia della libertà di stampa che di altri diritti e interessi legittimi in conflitto, pur tenendo conto dell'importanza della libertà di espressione e della libertà di stampa per la democrazia.39
Nella seconda prospettiva, la decisione del Centro Europa 7 prevede un caso interessante in cui sia la CGUE che la Corte EDU hanno affermato il nesso tra libertà dei media, pluralismo dei media e libertà di espressione. La causa è iniziata nel 2000 quando Xxxxxx Xxxxxx 0, una piccola società di radiodiffusione, pur avendo vinto la gara d'appalto per le concessioni televisive nazionali, non ha ricevuto una frequenza operativa. Nel 2008, su rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato, la CGUE
38 Il ruolo della stampa come "public watchdog" è stato sottolineato per la prima volta dalla Corte EDU nella causa Lingens c. Austria. Si noti che le corti nazionali e la Corte EDU garantiscono una maggiore tutela della libertà di stampa quando vengono discusse pubblicamente questioni di interesse pubblico diverse dalle questioni politiche.
39 Si veda per esempio la sentenza Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxx. X xxxxxx, 0 novembre 2017, n. 50187 in cui la Suprema Corte valutando le affermazioni di un giornalista, afferma che il requisito della continenza, ai fi ni dell’esclusione dell’imputazione per diffamazione, richiede che le espressioni utilizzate non travalichino i limiti posti dall’art. 2 Cost. a tutela della dignità umana. Sono quindi obiettivamente lesive dell’onore le espressioni con le quali si “disumanizza” la vittima, assimilandola a cose, animali o concetti comunemente ritenuti ripugnanti, osceni, disgustosi, quali appunto un escremento. Tali espressioni fi niscono per violare in modo insuperabile il nucleo fondamentale della dignità che il nostro ordinamento riconosce a qualunque essere umano, anche a chi appartiene ad una associazione malavitosa sanguinaria e nefasta, in quanto il fondamento costituzionale del nostro sistema penale postula la “rieducabilità” anche del peggior criminale (art. 27, c. 3, Cost.) e, pertanto, non può tollerare, neanche come artifizio retorico, la sua reificazione.
ha affermato che il sistema di concessione delle licenze dovrebbe basarsi su criteri oggettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.
Dopo un successivo procedimento nazionale, Centro Europa 7 presenta un ricorso dinanzi alla Corte EDU, dove la Corte ha constatato una violazione dell'art. 10 CEDU che stabilisce che il pluralismo è della massima importanza per la libertà di espressione. La Corte EDU, in particolare, ha riconosciuto che le misure legislative dello Stato non soddisfacevano l'obbligo di garantire un pluralismo effettivo: “Per assicurare un vero pluralismo nel settore audiovisivo in una società democratica, non è sufficiente prevedere l'esistenza di diversi canali o la possibilità teorica per i potenziali operatori di accedere al mercato audiovisivo. È inoltre necessario [...] garantire la diversità del contenuto globale del programma, che rispecchi il più possibile la varietà delle opinioni incontrate nella società cui i programmi sono destinati”. 40
3.2. Diffamazione
Tra i motivi legittimi delle limitazioni alla libertà di espressione, vi è la tutela dei diritti e delle libertà altrui. Uno di questi diritti individuali è il diritto al rispetto della vita privata e familiare, protetto anche da fonti giuridiche nazionali e sovranazionali, come l'art. 7 CDF e il corrispondente art. 8 CEDU. Analogamente, anche il diritto alla privacy e/o alla vita familiare può consentire limitazioni basate sulla protezione dei diritti altrui.
A causa dei loro diversi obiettivi, l'esercizio della libertà di espressione potrebbe essere in conflitto con il diritto alla privacy e/o alla vita familiare in diverse occasioni. La libertà di espressione consente la diffusione e la pubblicazione di informazioni e fatti relativi alla vita privata degli individui quando tali informazioni sono al servizio di un interesse e/o di un dibattito pubblico; tuttavia, può essere possibile che tale diffusione possa minare la reputazione di una persona, portando ad una azione per diffamazione.
Infatti, le disposizioni in materia di diffamazione hanno lo scopo di proteggere la reputazione delle persone dai danni causati dalla diffusione a terzi di informazioni o opinioni false e offensive su di esse. I procedimenti possono essere sia penali che civili e possono riguardare sia la diffamazione orale (calunnia) che scritta (diffamazione).
Data la competenza limitata dell'UE in questo campo, il punto di riferimento per quanto riguarda l'interpretazione e l'equilibrio tra libertà di espressione e diritto alla reputazione è la giurisprudenza della Corte EDU, che fornisce utili orientamenti.
Secondo la Corte EDU, la reputazione di un individuo è protetta dall'art. 8 CEDU. 41 Tuttavia, per far scattare l'applicazione delle garanzie dell'art. 8 CEDU, “l'attacco all'onore e alla reputazione personale deve raggiungere un certo livello di gravità e in modo tale da pregiudicare il godimento personale del diritto al rispetto della vita privata” (A c. Norvegia). 42 Pertanto, è possibile che l'esercizio dell'equilibrio tra libertà di espressione e diritto alla vita privata non si verifichi, se
40 Xxxxxx Xxxxxx 0 x Xxxxx, par. 130.
00 Xxxxx XXX, Xxxx Xxxxxxxx XX x. Xxxxxxx [XX], § 00; Xxxxxx x xxxxx x. Xxxxxx, § 00; Xxxxxxx x. Xxxxxxx, § 00; Xxxxxxx x. Xxxxxxx, § 00; Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Polanco c. Spain, § 40
42 Si veda par. 64. Si noti che in precedenza, nella causa Xxxxxxx c. Austria, la Corte EDU ha espresso un approccio diverso, affermando che "la reputazione di una persona, anche se questa persona è criticata nel contesto di un dibattito pubblico, fa parte della sua identità personale e della sua integrità psicologica e quindi rientra anche nell'ambito della sua "vita privata". Si applica quindi l'articolo 8 CEDU". (ibid. par. 35).
l'espressione non ha una natura così gravemente offensiva da far scattare l'applicazione dell'art. 8 CEDU.
Nel caso in cui si applichi l'art. 8 CEDU, l'equilibrio tra libertà di espressione e diritto al rispetto della vita privata dovrebbe godere dello stesso margine di discrezionalità. I criteri pertinenti definiti dalla giurisprudenza sono i seguenti:
- contributo ad un dibattito di interesse pubblico;
- il grado di notorietà della persona interessata;
- l'oggetto del notiziario;
- il comportamento preliminare dell'interessato;
- il contenuto, la forma e le conseguenze della pubblicazione, e,
- le circostanze in cui le fotografie sono state scattate (se del caso),
- la sanzione inflitta. 43
Ad esempio, nella causa Xxxxx Goucha c. Portogallo, il margine di discrezionalità adottato dalla Corte EDU era più ampio, in quanto il caso riguardava i discorsi diffamatori contro una nota celebrità dopo il suo annuncio pubblico sul suo orientamento sessuale. Sebbene le dichiarazioni diffamatorie siano state presentate come una parodia, la Corte EDU ha valutato il contesto in cui sono state espresse non ha tenuto conto come dibattito su una questione di interesse pubblico, superando così i limiti di ciò che è accettabile ai sensi dell'art. 10 CEDU. 44
Per quanto riguarda il regime di responsabilità, la Corte EDU ha esaminato in dettaglio la natura e la severità delle sanzioni imposte dalla legislazione nazionale al fine di valutare la proporzionalità dell'interferenza con la libertà di espressione. Nei casi di sanzioni penali e civili riguardanti i giornalisti, l'analisi comprende un'ulteriore fase, in cui si presta attenzione agli effetti delle sanzioni sul singolo richiedente e sull'attività giornalistica nel suo complesso. In particolare, dopo la decisione nella causa Cumpana e Mazare c. Romania, la Corte ha introdotto il cosiddetto chilling effect nell'analisi di proporzionalità della sanzione. Questo elemento affronta il timore di essere condannati a una pena detentiva per aver riferito su questioni di interesse pubblico, che innesca un effetto di auto- censura sulla libertà di espressione giornalistica.
Per quanto riguarda la responsabilità penale, nei casi inequivocabili di diffamazione (cioè i casi riguardanti osservazioni che non contengono discorsi di odio o incitamento alla violenza), la Corte ha sottolineato che il semplice fatto che una sanzione sia di natura penale comporta un effetto di auto- censura sproporzionato. 45
Una sanzione penale con restrizione della libertà è a fortiori una grave restrizione della libertà di espressione. Di conseguenza, la Corte non ha mai riconosciuto che l'imposizione di una pena detentiva possa essere fondata o accettabile nei xxxx xx xxxxxxxxxxxx. 00
00 Xxxx., §§ 00-00; Von Hannover c. Germany (no. 2) [GC], §§ 108-113; Xxxx Xxxxxxxx AG c. Germany [GC], §§ 89-95). Si veda Corte EDU, Guide on Article 8 of the European Convention on Human Rights - Right to respect for private and family life, 2017.
44 Para 51.
45 Si veda per esempio, Corte EDU, Cumpǎnǎ e Mazǎre c. Romania, e Xxxxxxx x. Portugal, entrambe citate. S vedano anche i risultati del progetto “Strengthening Journalists' Rights, Protections and Skills: Understanding Defamation Laws versus Press Freedom”, e il rapporto Out of balance - Defamation Law in the European Union: A Comparative Overview for Journalists, Civil Society and Policymakers, Gennaio 2015.
46 Si veda Corte EDU, Xxxxxxxx c. Azerbaijan (2008), e Xxxxxxxxxx x. Azerbaijan (2010). Analogamente, in Corte EDU; Xxxxxxxxx c. Ukraine (2009) l'imposizione di pene detentive (anche se sospese) nei confronti di non giornalisti è stata condannata comeviolazione dell'articolo 10.
Analogamente, la proporzionalità della sanzione dovrebbe essere affrontata anche in caso di risarcimento civile. In questo tipo di casi, la Corte EDU lascia un più ampio margine di discrezionalità ai giudici nazionali, affermando che essa “accetta che le leggi nazionali relative al calcolo del risarcimento del danno alla reputazione devono tener conto di una varietà ampia di situazioni di fatto. Un notevole grado di flessibilità può essere richiesto per consentire alle giurie di valutare i danni in base ai fatti del caso specifico”. In effetti, la Corte ha ritenuto che deve esistere un “ragionevole rapporto di proporzionalità”47 tra il risarcimento dei danni e il pregiudizio alla reputazione subito. Tuttavia, la giurisprudenza più recente mostra una convergenza tra l'analisi delle sanzioni penali (escluse le pene detentive) e le sanzioni civili. In entrambi i casi l'analisi di proporzionalità è stata ampliata attraverso l'individualizzazione delle ordinanze di risarcimento danni e spese: nel determinare la proporzionalità tra i danni concessi e il reato, la corte pondera il danno alla reputazione con l'impatto di tutte le sanzioni e le condizioni economiche dell'imputato. 48
Uno sviluppo importante è legato alla responsabilità della stampa (online) per i contenuti generati dagli utenti, in particolare in caso di commenti degli utenti. Sebbene non si debba operare una distinzione tra pubblicazione offline e online, la responsabilità per diffamazione nel contesto online deve essere valutata alla luce della diversa struttura organizzativa, e della natura professionale della pubblicazione. Da un lato, possono emergere diversi attori: l'autore del contenuto, che può essere inquadrato come blogger non professionista o come giornalista; la piattaforma online o fornitore di contenuti Internet; e il fornitore di servizi Internet (ISP). In questo caso, la giurisprudenza ha affrontato due aspetti. Da un lato, si presentano casi in cui l'autore della dichiarazione diffamatoria è un blogger oppure un anonimo utente, che pubblica la sua opinione attraverso piattaforme online o pubblicazioni telematiche. In questi casi, le corti sono in difficoltà nell’identificare se e come il blogger può essere ritenuto responsabile in termini di diffamazione a mezzo stampa ed in che modo posso valutarsi la responsabilità dell’editore della pubblicazione rispetto a tali contenuti.49 D'altro canto, le corti possono occuparsi del regime di responsabilità applicabile all'ISP. In quest'ultimo caso, le decisioni delle corti possono essere diverse a seconda del modo in cui l'ISP rientra o meno nelle eccezioni di responsabilità previste dalla direttiva europea 2000/31/CE sul commercio elettronico (articoli 12-14).
Secondo la giurisprudenza della CGUE, i fornitori di hosting godono di un'esenzione di responsabilità quando soddisfano le seguenti condizioni:
- la neutralità del ruolo svolto dal prestatore di servizi;
- il fatto che l'esistenza di un interesse economico nel contenuto in questione non preclude lo status di hosting;
47 Corte EDU, Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx c. United Kingdom (1995).
48 Si veda Corte EDU, Kasabova c. Bulgaria (2011). In particolare, si noti che le corti bulgare avevano già cercato di applicare una valutazione della proporzionalità delle sanzioni, applicando una “sanzione media, [in considerazione] dell'equilibrio tra fattori attenuanti e aggravanti”, compresa la mancanza di precedenti penali, l'intenzione e la gravità della diffamazione, irrogando una sola un'ammenda. Tuttavia, la Corte EDU ha affermato che la valutazione della proporzionalità della sanzione basata su una distinzione fra danni emergenti e costi imposti non è sufficiente, poiché non teneva conto della totalità della sanzione imposta.
49 Si veda Cassazione penale, sez. V, 14 luglio 2016, n. 54946 in cui la corte afferma che il legale rappresentante di una società che gestisce un sito Internet concorre nel reato di diffamazione con l’utente autore di un commento offensivo dell’altrui reputazione se ha consapevolmente mantenuto il commento sul sito dopo averne appreso l’esistenza, consentendo che lo stesso eserciti una efficacia diffamatoria. Più recentemente, Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxx. X, 00 dicembre 2017, n. 13398, in cui la Corte estende alle testate telematiche registrate non solo le garanzie costituzionali in tema di sequestro accordate agli stampati, ma anche le fattispecie incriminatrici previste per la carta stampata; sicché il direttore della testata online può essere chiamato a rispondere del reato previsto dall’art. 57 c.p.
- l'assenza di una specifica attività di monitoraggio o di facilitazione dell'attività della piattaforma di hosting nell'attività degli utenti del servizio. 50
Tuttavia, la CGUE non ha mai esteso l'analisi del ruolo del fornitore di hosting in caso di diffamazione.
Nella causa Delfi AS c. l'Estonia, la Corte EDU si è occupata del regime di responsabilità per i commenti generati dagli utenti su un portale di notizie su Internet. Il portale di notizie è stato ritenuto responsabile per le dichiarazioni diffamatorie pubblicate dai suoi lettori/utenti nelle aree di commento sotto una notizia dedicata a una compagnia di traghetti, anche se il portale di notizie aveva rimosso i commenti (dopo sei settimane) dopo la notifica della compagnia di traghetti. La Corte EDU ha affermato che non vi è stata violazione dell'art. 10 CEDU, in quanto la limitazione alla libertà di espressione - prevista dal regime di responsabilità applicabile al portale di notizie - è giustificata dai diritti e dagli interessi degli altri e della società nel suo complesso. In particolare, la Corte EDU ha osservato che i tribunali nazionali avevano correttamente qualificato Delfi come "editore" dei commenti e non come ISP, poiché avrebbe dovuto aspettarsi che “l'articolo potesse causare reazioni negative”, e quindi “sarebbe stato in grado di adottare misure tecniche e manuali per evitare che il pubblico facesse commenti diffamatori”.
Sebbene il caso sembra implicare che gli operatori dei notiziari sono soggetti all'obbligo di impedire la pubblicazione di contenuti generati dagli utenti che violano i diritti di terzi, le successive decisioni nella causa Magyar Tartalomszolgáltatók Egyesülete e Xxxxx.xx Zrt c. Ungheria e nella causa Xxxx x. Xxxxxx offrono orientamenti più dettagliati per quanto riguarda gli elementi da prendere in considerazione per valutare la proporzionalità delle misure preventive che gli operatori dei notiziari devono adottare. In particolare, nella causa Xxxx x. Xxxxxx, la Corte EDU individua i seguenti elementi:
- il tipo di contenuti che si ritengono in violazione della legge (dall'offensivo al discorso d’odio);
- il tipo di editore (entità commerciale o organizzazione senza scopo di lucro);
- l'impatto potenziale della pubblicazione del commento (dimensioni del portale/blog delle notizie e ampiezza dei lettori);
50 Si veda CGUE, cause riunite da C-236/08 a C-238/08, Google France c. LVMS (23 Marzo 2010) and CGUE C-294/09, L’Oreal c. eBay (12 Luglio 2011). Si veda a livello nazionale la sentenza della Corte d'appello di Amburgo (Oberlandesgericht, 1 luglio 2015, 5 U 87/12), in cui la corte ha affermato che la piattaforma fornita da YouTube non può rientrare nella categoria dei fornitori di hosting in quanto prevede raccomandazioni agli utenti interessati e suggerimenti per ulteriori video (presumibilmente) interessanti.
Si veda in Italia, Tribunale di Torino, sez. I civile, 7 aprile 2017 n. 1928, in cui il tribunale afferma che un hosting provider può qualificarsi come attivo solo se manipola, altera o comunque incide sui contenuti che esso ospita. Le attività attinenti alla migliore utilizzazione, visualizzazione e sfruttamento anche commerciale dei contenuti ospitati non sono idonee a mutare la qualificazione di un hosting provider da passivo ad attivo. Tuttavia, il fornitore di servizi deve rimuovere completamente il contenuto illecito dai propri sistemi e attivarsi per rimuoverlo anche dai sistemi dei fornitori con cui ha accordi di memorizzazione e conservazione dei dati, non essendo sufficiente limitarsi a oscurare il contenuto dall’Italia. Più recentemente si veda Corte di Appello di Roma, sez. I civile, 19 febbraio 2018, n. 1065, in cui la Corte di Xxxxxxx afferma che la responsabilità dell’ISP deve ritenersi sussistente per le informazioni oggetto di hosting soltanto allorquando il provider sia effettivamente venuto a conoscenza del fatto che l’informazione è illecita e non si sia attivato per impedire l’ulteriore diffusione della stessa. In relazione a contenuti potenzialmente diffamatori è ipotizzabile un concorso nell’illecito commesso dagli utenti da parte del provider soltanto al cospetto di un ordine dell’autorità giudiziaria, ovvero dell’utilizzazione di espressioni univocamente lesive dei diritti della persona (ad esempio epiteti insultanti).
Si veda peraltro, Tribunale di Roma, sez. Diritti della persona, ord. 22 giugno 2018, in cui la corte di prime cure afferma che Il gestore di una piattaforma informatica non è gravato da alcun onere di monitoraggio preventivo dei contenuti ivi pubblicati, ma è tenuto ad effettuare un controllo successivo in caso di segnalazione di fatto illecito da parte di un destinatario del servizio stesso. Un obbligo di rimozione di contenuti – in mancanza o comunque prima che intervenga un eventuale provvedimento giudiziale – può però ritenersi sussistente solo ove via sia una evidente illiceità degli stessi.
- l'approccio della moderazione (prassi esplicita riguardo alle attività di monitoraggio esistenti o mancanti);
- la reazione rapida alla notifica del contenuto in violazione.
La Corte EDU ha sottolineato che "aspettarsi che l'associazione ritenga che alcuni commenti non filtrati possano costituire una violazione della legge equivarrebbe a richiedere un'eccessiva e impraticabile capacità di anticipazione in grado di minare il diritto di diffondere informazioni via Internet". Inoltre, la Corte ha perfezionato la giurisprudenza precedente per tener conto degli effetti negativi di un obbligo di monitoraggio ex ante, affermando che "la responsabilità per le osservazioni di terzi può avere conseguenze negative sull'ambiente di partenza di un portale Internet e quindi un effetto di autocensura sulla libertà di espressione via Internet. Questo effetto potrebbe essere particolarmente dannoso per un sito web non commerciale".
3.3. Conflitti tra libertà di espressione e protezione dei dati
Insieme alla libertà di espressione, anche la protezione dei dati è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta.
Art. 8 CDF
1. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano.
2. Tali dati devono essere trattati in modo equo per finalità specifiche e sulla base del consenso dell'interessato o di un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica.
3. Il rispetto di tali norme è soggetto al controllo di un'autorità indipendente
L'art. 8 CDF è stato invocato in diverse decisioni della CGUE per valutare la conformità del diritto nazionale con il diritto dell'UE, 51 nonché per valutare la conformità delle norme europee al principio fondamentale sancito dalla Carta. 52
Prima dell'entrata in vigore della Carta, tuttavia, il legislatore europeo aveva già previsto norme di diritto secondario a tutela dei dati personali, in particolare la direttiva 95/46/CE relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. Più recentemente, il Regolamento n. 2016/679 sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali è stato il risultato della riforma legislativa in questo settore. Sia nella direttiva 95/46 che nel Regolamento 2016/679 (di seguito GDPR), il potenziale conflitto tra protezione dei dati e libertà di espressione è stato riconosciuto e regolamentato.
In effetti, è molto facile trovare una sovrapposizione tra libertà di espressione e protezione dei dati. Ciò è dovuto al fatto che, ai sensi dell'art. 4 (1) GDPR (e precedentemente dell'art. 2 direttiva 95/46) i dati personali includono "qualsiasi informazione relativa a una persona fisica identificata o identificabile". Questa ampia definizione include nel suo ambito di applicazione qualsiasi attività di comunicazione che comporti la raccolta di dati personali.
In quanto tale protezione dei dati può risultare in un conflitto con la libertà di espressione:
51 Database: Satamedia.
52 Si veda, Cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digital rights Ireland e C-362/14, Xxxxxxx.
- nella dimensione attiva della libertà di espressione: dove i dati personali sono trattati al fine di diffondere, trasmettere e rendere disponibili tali dati; nonché
- nella dimensione passiva della libertà di espressione: dove il diritto del pubblico a ricevere informazioni è ostacolato dalla tutela dei dati personali.
Nella prospettiva attiva, la libertà di espressione garantisce che i media in generale possano svolgere il loro compito di riferire nel modo più completo possibile su eventi di pubblico interesse. Ciò implica che i giornalisti possono condurre ricerche per ottenere e successivamente pubblicare le informazioni necessarie per la loro segnalazione. Ciò può portare alla pubblicazione di dati completi e personalmente identificabili della persona oggetto dell'articolo. In questo caso, quando la persona interessata diventa oggetto di attività giornalistiche, lo scopo principale della legislazione sulla protezione dei dati è quindi quello di stabilire i limiti all'ammissibilità della segnalazione che identifica le persone.
Il GDPR affronta tale potenziale interazione che prevede un'esenzione in caso di trattamento di dati personali a fini giornalistici.
Art. 85 Trattamento e libertà di espressione e di informazione
1. Gli Stati membri conciliano per legge il diritto alla protezione dei dati personali ai sensi del presente regolamento con il diritto alla libertà di espressione e di informazione, compreso il trattamento a fini giornalistici e di espressione accademica, artistica o letteraria.
2. Per i trattamenti effettuati a fini giornalistici o di espressione artistica o letteraria accademica, gli Stati membri prevedono esenzioni o deroghe ai capi II (principi), III (diritti dell'interessato), IV (responsabile del trattamento e incaricato del trattamento), V (trasferimento di dati personali a paesi terzi o organizzazioni internazionali), VI (autorità di controllo indipendenti), VII (cooperazione e coerenza) e IX (situazioni specifiche di trattamento dei dati), qualora siano necessarie per conciliare il diritto alla protezione dei dati personali con la libertà di espressione e di informazione.
3. Ciascuno Stato membro notifica alla Commissione le disposizioni di legge da esso adottate a norma del paragrafo 2 e, senza indugio, qualsiasi successiva modifica o modificazione della legge che li riguarda.
Ai sensi dell'art. 85 (2) GDPR qualsiasi deroga adottata a livello nazionale deve essere il risultato di un equilibrio tra i diritti fondamentali della libertà di espressione e della protezione dei dati. Nella prassi giudiziaria, quindi, possono emergere due diverse questioni: (a) se l'esenzione o la deroga può applicarsi al caso specifico; (b) se nel caso specifico l'esercizio di bilanciamento ex ante previsto dal legislatore nazionale è corretto o date le circostanze specifiche del caso, occorre attribuire un peso diverso ai diritti fondamentali in questione.
Sotto il primo profilo, la definizione di attività giornalistica non è indicata (volontariamente) dal GDPR, che nel considerando 153 afferma che questo concetto dovrebbe essere interpretato in senso ampio. Ciò è giustificato dal fatto che i nuovi mezzi di comunicazione consentono agli utenti non solo di accedere alle informazioni, ma anche di contribuire direttamente al dibattito pubblico. Di conseguenza, i confini tradizionali dell'attività giornalistica si confondono e le versioni online dei giornali cartacei tradizionali e dei notiziari radiofonici e televisivi non sono più le uniche forme di comunicazione. Anche i "social media" (tra cui Twitter, Facebook e YouTube, ma anche blog personali e aggregati) possono essere qualificati come media outlets o redatti da giornalisti e possono pretendere di essere soggetti agli stessi privilegi, in quanto distribuiscono informazioni ed esprimono opinioni su una gamma illimitata di argomenti pubblici e privati. Di conseguenza, un'analisi caso per
caso delle attività svolte dai social media sarà della massima importanza affinché il tribunale possa decidere se applicare o meno l'esenzione.
Sotto il secondo profilo segnalato, è importante notare che l'art. 85 GDPR sostituisce l'art. 9 direttiva 95/46 sulla stessa questione, che è stata oggetto di una serie di decisioni che hanno coinvolto sia le corti nazionali sia la CGUE che la Corte EDU. La giurisprudenza, scaturita da una causa risalente al 2003, ha affrontato l'ampiezza dell'interpretazione da dare all'esenzione, mostrando il diverso equilibrio fornito dalla CGUE e dalla Corte EDU (cfr. Satamedia).
Nella prospettiva passiva sopra menzionata, il potenziale conflitto tra libertà di espressione e protezione dei dati può emergere come uno scontro tra il diritto all'informazione e il cosiddetto "diritto all'oblio". Questo conflitto emerge, ad esempio, quando gli articoli di stampa sono disponibili in ampi archivi di notizie su Internet o quando gli stessi articoli di stampa sono disponibili come primi risultati nei motori di ricerca. In questi casi, deve essere applicato un bilanciamento fra l'interesse pubblico ad essere informati, il diritto del giornalista alla libertà di espressione nei confronti dei dati trattati e il diritto all'oblio, attraverso il quale l'individuo può correggere e rielaborare la propria immagine alla società.
Anche se questo concetto non era nuovo in alcuni quadri giuridici nazionali, la sentenza della CGUE C-131/12 Costeja c. Google Spagna ha inciso pesantemente sul modo in cui le corti nazionali hanno bilanciato gli interessi degli titolari dei dati nei confronti dei responsabili del trattamento e del pubblico in generale, tenendo conto del diverso impatto che può aversi a seconda del tipo di dati resi pubblici, del tipo di trattamento e della dimensione temporale.53
Il GDPR, a differenza della precedente direttiva sulla protezione dei dati, contiene una disposizione specifica sul diritto all'oblio. Tuttavia, criteri più specifici utili per equilibrare i diritti sono disponibili nel documento fornito dall'articolo 29 WP, vale a dire le Linee guida sull'attuazione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea "Google Spain and Inc. c. Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Xxxxx Costeja Xxxxxxxx".
Art. 17 Diritto alla cancellazione ("diritto all'oblio")
1. L'interessato ha il diritto di ottenere dal responsabile del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza indebito ritardo e il responsabile del trattamento ha l'obbligo di cancellare senza indebito ritardo i dati personali che lo riguardano qualora ricorra uno dei seguenti motivi:
a) i dati personali non sono più necessari in relazione alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
b) l'interessato ritira il consenso su cui si basa il trattamento ai sensi dell'art. 6, paragrafo 1, lettera a), o dell'art. 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussistono altri motivi giuridici per il trattamento;
c) l'interessato si oppone al trattamento ai sensi dell'art. 21, paragrafo 1, e non vi sono motivi legittimi e imperativi per il trattamento, o l'interessato si oppone al trattamento ai sensi dell'art. 21, paragrafo 2;
53 Si veda Corte di Cassazione, sez. I civile, 20 marzo 2018, n. 6919, in cui la Supreme Corte afferma che il diritto all’oblio può subire una compressione a favore del diritto di cronaca solo qualora quest’ultimo sia esercitato in presenza di specifici e determinati presupposti che vanno, così, ad aggiungersi, per il suo lecito esplicarsi, alle condizioni previste dal decalogo del giornalista: il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l’immagine; l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese.
d) i dati personali sono stati trattati illegalmente;
(e) i dati personali devono essere cancellati per ottemperare a un obbligo giuridico dell'Unione o dello Stato membro cui è soggetto il responsabile del trattamento;
f) i dati personali sono raccolti in relazione all'offerta dei servizi della società dell'informazione di cui all'art. 8, paragrafo 1.
2. Se il responsabile del trattamento ha reso pubblici i dati personali ed è tenuto, ai sensi del paragrafo 1, a cancellare i dati personali, il responsabile del trattamento, tenendo conto delle tecnologie disponibili e dei costi di attuazione, adotta misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i responsabili del trattamento dei dati personali che l'interessato ha chiesto la cancellazione da parte di tali responsabili del trattamento di qualsiasi collegamento, copia o riproduzione di tali dati personali.
3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento è necessario:
a) per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione;
(b) per il rispetto di un obbligo giuridico che richiede un trattamento da parte del diritto dell'Unione o di uno Stato membro cui è soggetto il responsabile del trattamento o per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o nell'esercizio dei pubblici poteri di cui è investito;
c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica a norma dell'art. 9, paragrafo 2, lettere h) e i), nonché dell'art. 9, paragrafo 3;
d) a fini di archiviazione nell'interesse pubblico, a fini di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all'art. 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 possa rendere impossibile o pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi del trattamento; oppure
e) per l'accertamento, l'esercizio o la difesa di diritti in giudizio.
La stessa questione è stata affrontata anche dalla Corte EDU54 nella causa Times Newspapers Ltd (nn. 1 e 2) contro Regno Unito, in cui la Corte ha dichiarato che la tenuta di archivi di notizie è di grande interesse per la società, ma è comunque un ruolo secondario della stampa. 55 In quanto tale, questo aspetto della libertà di stampa ha un peso minore nello svolgimento dell'attività di bilanciamento rispetto ai casi in cui è in gioco la sua più famosa funzione di guardiano. In tal modo, può essere possibile attribuire una responsabilità sugli archivi d'informazione per quanto riguarda l'esattezza degli articoli pubblicati, che richiedono un intervento attivo della stampa, senza violare l'art. 10 della CEDU. Più di recente, la decisione nelle cause Węgrzynowski e Xxxxxxxxxxx c. Polonia consente alla Corte EDU di confermare che la legislazione nazionale che impone un requisito di maggiore accuratezza può essere considerata un'interferenza proporzionata nella libertà di espressione in cui il diritto alla privacy deve essere salvaguardato. Anche nel caso, M.L. e W.W. c. Germania, infatti la Corte EDU operando un bilanciamento degli interessi fra il diritto alla libertà di
54 La CEDU non protegge esplicitamente i dati personali. Tuttavia, molti casi che riguardano dati personali sono coperti anche dal diritto alla privacy. Cfr. X. xx Xxxx e X. Xxxxxxxx, ‘Data Protection in the Case Law of Strasbourg and Luxemburg: Constitutionalisation in Action’ in X. Xxxxxxxx et al. (eds), Reinventing data protection? (Springer 2009).
55 Cfr. punto 45: "La Corte concorda in via preliminare con le osservazioni della ricorrente in merito al contributo sostanziale degli archivi Internet alla conservazione e alla messa a disposizione di notizie e informazioni. Tali archivi costituiscono una fonte importante per l'istruzione e la ricerca storica, in particolare perché sono facilmente accessibili al pubblico e sono generalmente gratuiti. La Corte ritiene pertanto che, sebbene la funzione primaria della stampa in una democrazia sia di agire come "public watchdog", essa ha un prezioso ruolo secondario nel mantenere e mettere a disposizione degli archivi pubblici contenenti notizie precedentemente riportate. Tuttavia, il margine di discrezionalità concesso agli Stati nel trovare un equilibrio tra i diritti concorrenti è probabilmente maggiore per quanto riguarda gli archivi di notizie di eventi passati, piuttosto che le notizie di attualità. In particolare, il dovere della stampa di agire secondo i principi del giornalismo responsabile, garantendo l'accuratezza delle informazioni storiche, piuttosto che deperibili, pubblicate, sarà probabilmente più rigoroso in assenza di urgenza nella pubblicazione del materiale".
espressione e quello alla formazione e conservazione della memoria collettiva, riconosce la prevalenza al primo qualora il contenuto archiviato online sia di interesse pubblico e a condizione che i media abbiano agito in conformità alla loro etica e deontologia professionale. In questi casi, operando un bilanciamento.
3.4. Conflitti tra libertà di espressione e diritto d'autore
La libertà di espressione ha sia una parte attiva, che significa impartire informazioni e idee di ogni tipo e su tutti i modi possibili di comunicazione, sia una parte passiva, che significa libertà di cercare, trovare e ricevere informazioni. Tradizionalmente, la stampa, i media e le case editrici sono stati i principali attori nella diffusione delle informazioni. I cittadini, invece, sono qualificati come destinatari di tali informazioni.
Con lo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione che hanno offuscato i confini della diffusione e della diffusione dell'informazione, è stato necessario trovare nuovi mezzi di protezione delle espressioni culturali. Il diritto d'autore, il diritto dei marchi e il diritto dei brevetti, noti come diritti di proprietà intellettuale, si sono stati utilizzati come strumenti giuridici per fornire protezione e migliorare la circolazione delle informazioni.
I diritti di proprietà intellettuale possono infatti sostenere lo sviluppo della parte attiva della libertà di espressione, individuando forme di proprietà e controllo dell'autore sulla diffusione delle sue opinioni e delle sue idee.
Permette di trovare un equilibrio tra tre diversi attori, vale a dire
- l'autore (che impiega tempo ed energie per produrre l'opera),
- l'intermediario (che investe nella duplicazione e distribuzione dell'opera), e
- il pubblico in generale (che riceve il beneficio sociale dalla distribuzione dell'opera).
Da un lato, il diritto d'autore protegge l'autore in relazione al suo atto creativo di produzione, attribuendogli diritti morali (ad es. il diritto di essere identificato come creatore di un'opera, il diritto di far conservare l'integrità di un'opera, ecc.)
D'altra parte, il diritto d'autore consente all'autore di ottenere un compenso per la sua opera. Ciò potrebbe anche fornire un incentivo ad un'ulteriore produzione. Finché l'autore è sufficientemente remunerato, l'intermediario può sfruttare l'opera, attraverso contratti di licenza, e il pubblico può beneficiare della sua disponibilità sul mercato.
Tuttavia, vi sono casi in cui le leggi sul diritto d'autore possono avere l'effetto di limitare l'aspetto passivo della libertà di espressione, ostacolando la possibilità per i cittadini di trovare e ricevere tali opinioni e idee. Ad esempio, nel caso della parodia, che si basa sulla "riformulazione" di un'opera tutelata dal diritto d'autore, la rigorosa applicazione della legge sul diritto d'autore potrebbe impedire la sua produzione limitando la possibilità di esercitare il diritto di criticare l'opera originale sotto l'ottica letteraria, sociale o politica.
Per superare questo problema, alcuni criteri basati sulla libertà di espressione sono stati incorporati nel diritto d'autore, vale a dire il concetto di originalità dell'opera, la distinzione tra idea e forma di espressione, i limiti posti ai diritti economici - come i diritti di riproduzione, adattamento, distribuzione e comunicazione al pubblico -, la durata predefinita della protezione del copyright, l'esistenza di diverse eccezioni. Infatti, le opere originali possono essere utilizzate, senza il consenso dell'autore, per scopi strettamente legati alle esigenze di libertà di espressione, quali limitazioni ed
eccezioni per citazioni, cronaca, archiviazione, usi scientifici, uso di biblioteche e musei, comunicazione di dibattiti pubblici e, in alcuni paesi, accesso pubblico a documenti provenienti da enti pubblici o informazioni governative. 56
Tuttavia, è importante notare che il fatto che la legge sul diritto d'autore incorpora un certo livello di protezione della libertà di espressione non deve indurre il tribunale a respingere qualsiasi conflitto tra i due. L'applicazione del diritto d'autore dovrebbe invece essere soggetta a controllo giurisdizionale e i tribunali dovrebbero esaminare se le eccezioni specifiche considerano pienamente la libertà di espressione.
Ciò è particolarmente rilevante in una delle ipotesi di base del diritto d'autore, ossia il fatto che il diritto d'autore si riferisce principalmente alla forma letteraria o artistica originale in cui appaiono le idee e/o le informazioni. Questa dicotomia, se interpretata in modo restrittivo, presenta un evidente difetto: in molti casi il confine tra la forma di espressione e l'idea di base non è sempre chiaro nella pratica, e in altri casi può essere necessario riprodurre la forma e il contenuto dell'espressione.
Ai sensi del diritto comunitario, il diritto secondario disciplina il diritto d'autore e i diritti connessi, fornendo un quadro giuridico ben dettagliato. Successivamente, con l'entrata in vigore della Carta, i casi sono stati affrontati anche alla luce dell'articolo 17 (2) CDF.
Art. 17 Diritto di proprietà
1. Ogni individuo ha il diritto di possedere, utilizzare, disporre e lasciare in eredità i beni legalmente acquisiti. Nessuno può essere privato dei suoi beni, se non nell'interesse pubblico e nei casi e alle condizioni previste dalla legge, a condizione che sia stato tempestivamente ed equamente indennizzato per la loro perdita. L'uso dei beni può essere disciplinato dalla legge nella misura in cui ciò sia necessario per l'interesse generale.
2. La proprietà intellettuale è protetta.
Secondo la CGUE nelle decisioni più note Scarlet Extended e Netlog"la protezione del diritto fondamentale alla proprietà, che comprende i diritti connessi alla proprietà intellettuale, deve essere equilibrata con la protezione di altri diritti fondamentali", compreso il diritto alla libertà di espressione e di informazione garantito dall'articolo 11 della Carta dell'UE.
La CGUE nella causa UPC Telekabel Wien ha fornito una serie di linee guida più dettagliate al fine di individuare il "giusto equilibrio" tra la libertà d'impresa dell'intermediario e altri diritti fondamentali come la libertà di espressione. La misura adottata da un intermediario per bloccare l'accesso ai contenuti che violano il diritto d'autore deve essere “strettamente mirata, nel senso che deve servire a porre fine alla violazione di un terzo, senza pregiudicare in tal modo gli utenti di Internet dall'accesso a informazioni legali”.
Al fine di garantire questo "giusto equilibrio", le misure adottate:
- non devono privare inutilmente gli utenti di Internet della possibilità di accedere legittimamente alle informazioni disponibili e
- devono avere l'effetto di impedire l'accesso non autorizzato al contenuto protetto o, quanto meno, di rendere difficile da raggiungere e di scoraggiare seriamente gli utenti di Internet
56 La direttiva Infosoc, 2001/29/EC, prevede l'elenco delle legittime eccezioni al diritto d'autore.
dall'accedere al contenuto messo a loro disposizione in violazione del diritto di proprietà intellettuale.
Queste linee guida sono quindi utili ai giudici per fornire una serie di parametri di equilibrio che possono aiutare a valutare i fatti e le circostanze di ogni causa.
Questo quadro è applicabile a qualsiasi tipo di contenuto, compresi i contenuti delle notizie. In questo caso specifico, la tutela del diritto d'autore consente ai giornalisti e ai media in generale di salvaguardare i loro investimenti nel processo di produzione, consentendo loro non solo di recuperare i costi di raccolta e trasmissione delle informazioni, ma anche di controllare l'eventuale riutilizzo di tali informazioni da parte di terzi. Gli sviluppi tecnologici richiedono una ridefinizione della protezione del diritto d'autore. Attualmente, diversi nuovi intermediari sono entrati nella catena di produzione, spostando sia i ricavi che il controllo sulla distribuzione dei contenuti dell'informazione, il che ostacola la redditività economica dei produttori tradizionali di contenuti informativi.
Ipotetiche
Ipotetica n.1 – I limiti alla libertà di espressione in caso di discorsi d’odio
Il caso
Il sig. Xxxxx è arrivato in Italia nel 2017 con altri rifugiati provenienti dalla Siria ed è stato portato in un campo profughi sulla costa meridionale dell'Italia. Poco dopo il suo arrivo un politico locale si è recato in visita al campo per verificare le condizioni locali.
Durante la visita, un giornalista e gli stessi rifugiati hanno scattato numerose fotografie, con i rispettivi smartphone. Anche il sig. Xxxxx aveva scattato un selfie con il politico locale. Il giornalista ha pubblicato le foto di questa visita, includendo anche quelle scattate dei profughi in un articolo disponibile sul giornale online per il quale lavora.
Livello I
Pochi giorni dopo la pubblicazione, un politico del partito opposto ha pronunciato un discorso davanti al campo profughi davanti a un gruppo di sostenitori dello stesso partito. Il politico durante il discorso ha tenuto una copia dell'articolo e ha indicato espressamente la foto del selfie di Antar e del politico locale.
Il discorso ha incluso dichiarazioni quali la seguente:
"Ogni giorno questi immigrati vengono qui per derubare e uccidere i nostri cittadini! Dobbiamo fermare tutto questo! Dobbiamo scacciarli immediatamente dal nostro paese!”
XXXXXX: PREMESSA DIVERSA AVREBBE PORTATO AD UNA VALUTAZIONE DIVERSA? OGNI SINGOLO ELEMENTO DELLA FS PORTA ALLA DIVERSA VALUTAZIONE
Il pubblico ministero ha quindi avviato un procedimento penale contro il politico per incitamento all'odio razziale.
Principio tassatività della norma penale + rischio di allocare al giudice un potere di individuare la fattispecie
PROVA + TASSATIVITA’ =
Questione di costituzionalità definita
DISCORSO D’ODIO è DIVERSO DA QUELLO DEL PASSATO, FORSE è SOLO NEL MODO DI DIFFUSIONE DELLA MANIFESTAZIONE ATTRAVERSO STRUMENTI DIVERSI
1. Il discorso del politico è protetto dalla libertà di espressione? A quali condizioni?
Art 3(b) 654/1975
Elemento di pubblica sicurezza e ordine pubblico
Interpretazione su casi sensibili – dato normativo è rilevante – legittimità su base di dato normativo
Art 604 a) bis – elementi derivanti dal contenuto (modo rozzo per parlare del rimpatrio)
Tutela civile? Azione risarcitorio per contestare la discriminazione – efficace e dissuasività in caso per es. azione di classe? Tutela risarcitoria può essere un’arma spuntata
2. In che modo le seguenti circostanze fattuali devono essere valutate alla luce del principio di libertà di espressione?
a. Il fatto che il discorso sia stato pronunciato da un politico
Xxxx xxxxxxxxxx
b. Il fatto che il discorso sia stato pronunciato in prossimità del campo profughi
i. In questo caso si può considerare il discorso come una minaccia concreta? “scacciare” diverso da respingere e rimpatriare
Concreta possibilità di azione dimostrativa
Modalità di espressione + art 604bis cp (politico locale non protetto da immunità) lett a Definizione di hate speech – obiettivi specifici e non generici
Art 604 bis – che tipo di discriminazione – nazionalità? Pericolo concreto – favorire la qualificazione della fattispecie Condanna?
Pericolo concreto –
Discorso xenofobo – art 1 decisione quadro Ideoneità della condotta + pericolo concreto +
3. Quali casi europei e nazionali potrebbero essere utilizzati per argomentare la decisione in questo caso?
3 decisioni di Xxxx. Definizione di odio (elemento di nazionalità più ampia rispetto a Decisione quadro)
36906/2015 elemento di contesto 42727/2015 Reato di pericolo
4. In che modo potrebbe distinguersi questo caso da quello deciso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Feret x. Xxxxxx?
Ricorrenza di periodo elettorale – posizione del discorso pubblico
Parlamentare e non politico locale in periodo elettorale
Diversa forma di manifestazione (forma scritta) – minaccia generale mentre nel caso concreto è specifico
Gruppo A
Livello I :
ruolo di parlamentare / politico locale - art 68 cost. si applica? è indiscriminata? Diritto di critica ammesso – ma non
Tutela a livello internazionale maggiore e rafforzata per Siriano Affermazione generica e non individualizzata
Contestualizzazione locale : la specificità porta a pericolo concreto
Livello II
Applicazione di notice and take down
Tempestività del take down (non interessa il notice)
Imporre obbligo di controllo non dal punto di vista tecnico - ma una specificità che consente di estendere la riproduzione dell’immagine
Delfi non applicabile – caso relativo ad un portale di notizie e non social network
Livello II
La foto del selfie pubblicata sul giornale è stata successivamente postata dagli utenti anonimi online, anche con alcune modifiche, in particolare con un taglia e incolla che presentava il sig. Antar come terrorista ricercato dalla polizia. Questa immagine è stata poi pubblicata su un social network innescando successive discussioni con commenti offensivi e minacce da parte degli utenti contro il signor Xxxxx.
Successivamente, il sig. Xxxxx ha chiesto al social network di cancellare tutti i messaggi, comprese le immagini false e i commenti contro di lui. Il social network ha rispettato l’iniziale richiesta, ma l'immagine è riapparsa nuovamente sul social network, pubblicata da utenti anonimi.
Il sig. Xxxxx ha presentato un ricorso dinanzi al tribunale locale chiedendo un'ingiunzione contro il social network obbligato a cercare attivamente e cancellare il contenuto del discorso di odio.
1. Quali sono i criteri rilevanti di cui tener conto per emettere l'ingiunzione contro la piattaforma sociale in questo caso?
2. È possibile imporre un obbligo generalizzato di controllo sui social network?
3. In quale modo i criteri stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Delfi c. Estonia sono applicabili nella fattispecie?
Ipotetica n. 2 – La libertà di espressione dei magistrati
Livello 1.a
Il caso presentato dai parenti degli operai deceduti a causa della loro esposizione all'amianto per diversi anni viene allocato al giudice Xxxxx Xxxxx. Durante le indagini, il giudice Xxxxx si trova a rilasciare una dichiarazione alla stampa riguardante i fatti del caso e le sue implicazioni legali.
Pubblico ministero o giudice investito della causa. Tipo di contenuto – riferimento al caso specifico Non esprimersi sarebbe preferibile Partecipazione a convegno
Stretta correlazione porta a inferire la presunzione di parzialità Commento a nuove norme per esempio non espone al pregiudizio
Sincronicità dell’evento e diacronicità del giudizio (al momento di deposito del giudizio)
Presenza di un ufficio al pubblico – in forma accessibile al pubblico e è possibile partecipare al dibattito pubblico – innovazione organizzativa
Alleggerire il peso del giudice
Utilizzo di informazione provvisorio – sentenze con dispositivi incomprensibili per le parti lese e per il pubblico – motivazioni dopo 90 gg con difficoltà di comprensione da parte del pubblico
Confronto con Francia – deposito e letta sentenza
Dovere di imparzialità del giudice penale si sviluppa nel processo stesso – regola endoprocessuale – scelta di temi di prova possono portare ad anticipare la rilevanza di determinati apsetti
In seguito al comunicato del giudice alla stampa, i media hanno pubblicato una serie di articoli che hanno portato ad una pubblicità pregiudizievole, utilizzando anche alcuni estratti dell'intervista del giudice.
Il principale sospettato il sig. Xxxxxxx (l'imprenditore e proprietario della fabbrica) è stato infatti qualificato dalla stampa come ideale responsabile della morte dei lavoratori, in quanto ritenuto a conoscenza dei rischi derivanti dall'uso dell'amianto e senza intervenire per minimizzare il rischio per la salute dei lavoratori, in base a valutazioni meramente economiche.
1. Può il giudice essere sottoposto a procedimento disciplinare per la lesione dell’immagine dei magistrati, e violazione dei doveri di indipendenza, correttezza e imparzialità?
x. Xxxxx criteri devono essere tenuti in considerazione per la condotta del magistrato?
2. Quali sono i criteri da prendere in considerazione per trovare un equilibrio tra la libertà di espressione dei giudici, il diritto dei media di fornire informazioni sui procedimenti giudiziari in corso e il diritto ad un equo processo?
Livello 1.b
L’imprenditore a seguito delle dichiarazioni, presenza istanza di ricusazione del giudice per violazione della presunzione di innocenza, citando le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa Rec
(2003)13 sui Principi relativi alle informazioni fornite attraverso i mezzi di comunicazione in rapporto a procedimenti penali. In particolare, il principio n. 2 che prevede “Il rispetto del principio della presunzione di innocenza costituisce parte integrante del diritto ad un giusto processo. Ne consegue che pareri e informazioni relativi a procedimenti penali in corso dovrebbero essere comunicati o diffusi dai mezzi di comunicazione soltanto se ciò non pregiudica la presunzione di innocenza della persona sospettata o imputata di un reato.”.
1. In che modo deve essere valutata l’imparzialità del giudice alla luce della richiesta della parte?
a. In che modo possono essere utili gli standard delineati dalla corte di Strasburgo in merito all’art 6 CEDU su criteri soggettivi e oggettivi di valutazione dell’imparzialità?57
2. Esiste una distinzione fra la manifestazione di un "convincimento" e l'espressione di un "parere"? 58
Livello 2
A seguito del verdetto di assoluzione dell'imprenditore, un magistrato il sig. Xxxxx, collega del sig. Xxxxx nella stessa corte, si esprime negativamente circa le dichiarazioni del giudice rilasciate alla stampa durante le indagini sul proprio blog personale. In particolare, il collega sollevava un dubbio circa la sentenza di assoluzione alla luce della precedente dichiarazione del giudice che lasciava l'impressione di essere, per motivi ideologici, contrario al proprietario della fabbrica.
Illecito disciplinare è possibile dipende dal contenuto Comportamento scorretto – motivi ideologici Diffamazione – dovere di riserbo
Lesione della fiducia della pubblica opinione : Autorità della magistratura viene contestata
È possibile fare diversa valutazione in caso di mezzi di comunicazione diversi (social media v chat via whatsup)
1. Può il giudice Xxxxx essere sottoposto a procedimento disciplinare per la lesione dell’immagine dei magistrati, in ragione di un comportamento che possa aver minato la fiducia dell'opinione pubblica nell'imparzialità dell'amministrazione della giustizia?
a. Esiste un diverso standard di tutela laddove la libertà di espressione sia esercitata da un giudice rispetto ad un privato cittadino?
b. La Corte di Strasburgo nel caso Di Xxxxxxxx x. Italia ha affermato che “si deve attendere che i magistrati si avvalgano della propria libertà d'espressione con discrezione ogni volta che l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario agli occhi del pubblico rischino di essere messe in discussione”, potrebbe tale criterio essere utile a giustificare un intervento disciplinare rispetto al caso?59
2. Come conciliare la libertà di espressione dei magistrati e l'interesse dello Stato a tutelare l'autorità e l'imparzialità della magistratura?
57 Rispettivamente: la presunzione d'imparzialità del giudice che determina la necessità di solidi ed univoci elementi, esterni rispetto alle mere affermazioni dell'imputato e verificabili, per poter essere superata e l’esistenza di fatti verificabili che legittimino l'insorgenza di dubbi oggettivamente giustificati quanto alla posizione del magistrato, cfr. Corte CEDU, Morice x. Xxxxxxx, 11 luglio 2013.
58 Si veda Cassazione, sez. II, n. 27813/2013.
59 Si veda anche Xxxx. Sez. Unite n. 24969/2017
In caso di
Tutela degli occhi del pubblico – dunque illecito disciplinare non