LINEE GUIDA
LE NOVITÀ 2019
APPALTO
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
LINEE GUIDA
PER LA CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI
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LE NOVITÀ
aggiornato al 20 maggio 2019
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO 12
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO 28
APPALTO
ASPETTI GENERALI
L’istituto della certificazione può essere utilizzato anche con riferimento alla distinzione tra il contratto di appalto e quello di somministrazione di lavoro.
In particolare – poiché la somministrazione di lavoro è sottoposta ad una disciplina giuridica più vincolante rispetto all’appalto – l’interesse delle parti del contratto sarà, di regola, quello di certificare la sussistenza dei requisiti del contratto di appalto, escludendo così la configurabilità della somministrazione illecita di mano d’opera ed in particolare della somministrazione fraudolenta di cui all’art. 38 bis d.lgs. 81/2015, introdotto con l’art. 2, comma 1-bis, del d.l. n. 87/2018, convertito dalla legge n. 96/2018, a decorrere dal 12 agosto 2018. In base all’art. 38 bis citato, ferme restando le sanzioni di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l'utilizzatore sono puniti con la pena dell'ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Al fine, di ulteriormente distinguere il contratto di appalto dalla somministrazione, va tenuto in considerazione quanto segue.
Attraverso il contratto di somministrazione si realizza un rapporto trilaterale in virtù del quale il soggetto che riceve la prestazione lavorativa richiesta nell’ambito della instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato esercita le proprie prerogative datoriali sui dipendenti, senza però assumere le responsabilità tipiche del datore di lavoro1.
Il lavoratore, nell’assetto così determinatosi, è formalmente dipendente dell’agenzia di somministrazione di lavoro, che lo mette a disposizione del terzo soggetto, l’impresa utilizzatrice, che di fatto beneficia della prestazione lavorativa ed esercita sullo stesso i poteri direttivi e di controllo tipici del datore di lavoro che, sulla carta rimane, come premesso l’agenzia di somministrazione.
Ciò che rileva, ai fini che interessano, è la distinzione tra appalto e somministrazione. Al riguardo, il Ministero del lavoro2 afferma che l’appalto e la somministrazione si differenziano per il diverso oggetto, che nell’appalto sarebbe individuato in un “fare”, mentre nella somministrazione si realizzerebbe in un “dare”. Il somministratore fornisce manodopera all’utilizzatore, affinché quest’ultimo la utilizzi secondo le proprie esigenze in rapporto alla propria struttura organizzativa. In base al disposto del D.lgs n. 276/2003, la prestazione di fornitura di manodopera da parte di un soggetto che non organizza il lavoro e non assume il rischio d'impresa non riguarda l’appalto, ma la somministrazione, che diventa illecita se attuata da soggetti non autorizzati.
È opportuno ricordare che in virtù di quanto previsto dal d.lgs. 8/2016 la somministrazione abusiva, di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. 276/2003, non rappresenta più una ipotesi di reato, rimanendo unicamente la previsione di una sanzione amministrativa. L’esercizio della somministrazione senza le previste autorizzazioni è punita con la sanzione amministrativa di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione, con un minimo di euro 6.000, ed un massimo di euro 60.000. L’utilizzatore viene punito con le medesime sanzioni.
La certificazione dell’appalto si può basare non soltanto sul contratto iniziale, ma anche sul successivo svolgimento del rapporto negoziale. Tuttavia, anche con riferimento alla attuazione del programma negoziale, la Commissione di Certificazione fonda la propria valutazione sulle
1 Cfr. Somministrazione illecita: necessarie maggiori sanzioni, Approfondimento Fondazione Studi del 20.10.2016.
2 Cfr. circolare n. 5 del 2011
dichiarazioni delle parti e sulla documentazione da esse prodotta, non avendo poteri istruttori per verificare le modalità in concreto del rapporto né disponendo comunque di un tempo ragionevolmente sufficiente ad eseguire le necessarie verifiche (in base all’art. 78, comma 2, lett. b) del decreto, il procedimento si deve infatti concludere entro 30 giorni dal ricevimento della istanza).
LE LINEE GUIDA PER LA CERTIFICAZIONE
La Commissione deve verificare che l’appaltatore esegua l’opera o il servizio con “organizzazione dei mezzi necessari” e con “gestione a proprio rischio”, a favore di altro soggetto, verso il corrispettivo in denaro.
L’appaltatore, ai fini della genuinità del contratto, non può rappresentare un semplice intermediario nella esecuzione dell’opera, ma deve essere dotato di una propria struttura imprenditoriale effettivamente utilizzata per l’esecuzione dell’appalto in questione, possibilmente con una collocazione riconoscibile nel mercato di riferimento e con rapporti commerciali verso una pluralità di committenti.
L’art. 29, comma 1, del d.lgs. 10.9.2003, n. 276 indica espressamente quali sono gli elementi cui si deve fare riferimento per qualificare il contratto; ossia: il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione all’opera o al servizio commissionati, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per l’assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.
Il raggiungimento di un risultato deve essere previsto nel contratto, in quanto realizzazione di un’opera (es. costruzione di un bene, manutenzione di un macchinario ecc.)
L’ esecuzione di un servizio deve pure essere previsto nel contratto e può riguardare attività continuative o periodiche (es. pulizie, mensa ecc.).
Da quanto sopra si evince che i richiamati profili di differenziazione si compendiano nel fatto che attraverso il contratto di appalto una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro secondo lo schema dell’obbligazione di risultato; nel contratto di somministrazione, al contrario, l’agenzia invia in missione dei lavoratori, che svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi. Inoltre, si può affermare che nel contratto di appalto i lavoratori restano nella disponibilità della società appaltatrice, la quale ne cura la direzione ed il controllo; nella somministrazione è invece l’utilizzatore che dispone dei lavoratori, impartendo loro le direttive da eseguire3.
In via esemplificativa si possono elencare i seguenti indici rivelatori di un appalto irregolare4:
1. mancanza in capo all’appaltatore della qualifica di imprenditore, o meglio di un’organizzazione (tecnica ed economica) di tipo imprenditoriale e del rischio d’impresa;
2. mancanza dell’effettivo esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore;
3. impiego di capitali, macchine e attrezzature fornite dall’appaltante;
4. la natura delle prestazioni svolte esula da quelle dell’appalto, afferendo a mansioni tipiche dei dipendenti del committente;
5. corrispettivo pattuito in base alle ore effettive di lavoro e non riguardo all’opera compiuta o al servizio eseguito, ovvero corresponsione della retribuzione direttamente da parte del committente.
3 Consiglio di Stato sentenza 1571/2018
4 Cass. civ., sez. lav., 7 febbraio 2017, n. 3178
1. Mancanza in capo all’appaltatore della qualifica di imprenditore, o meglio di un’organizzazione (tecnica ed economica) di tipo imprenditoriale e del rischio d’impresa.
La mancanza di un’organizzazione (tecnica ed economica) di tipo imprenditoriale da parte dell’appaltatore realizzerebbe una ipotesi di appalto non genuino, in quanto la volontà del committente sarebbe sostanzialmente indirizzata ad integrare il proprio personale interno, dimostratosi insufficiente, con altro personale esterno, in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività. Come è stato sottolineato dal Consiglio di Stato5, un simile scenario sfugge alla logica tipica dell’appalto di servizi – ove l’appaltante affidi all’appaltatore lo svolgimento di prestazioni connesse ad un preciso risultato, finalizzate alla realizzazione di un opus dotato di consistenza autonoma - e manifesta affinità, piuttosto, con lo schema tipico della “somministrazione di lavoro” a tempo determinato, che si caratterizza per la ricerca di lavoratori da utilizzare per i generici scopi del committente, in chiave d’integrazione del personale già presente in organico.
L’appaltatore deve sopportare il c.d. rischio d’impresa; a tal fine, in via preliminare dovrà accertarsi se:
- sussista l’esercizio abituale di un’attività imprenditoriale;
- sia presente lo svolgimento di una comprovata attività produttiva;
- esista la pluricommittenza;
- sussista l’esercizio dei poteri di eterodirezione sui lavoratori da parte dell’appaltatore;
- sia presente un comprovato livello di specializzazione e conoscenza del settore6.
Inoltre, sempre al fine di verificare la sussistenza del rischio d’impresa in capo all’appaltatore, la Commissione deve accertare che dal contratto risulti che l’appaltatore stesso sia esposto all’eventuale risultato negativo dell’attività, qualora l’opera o il servizio non siano portati a compimento ovvero si manifesti un rapporto negativo tra i costi e i benefici dell’attività stessa.
Ne consegue, ad esempio, che se il compenso pattuito con il committente è commisurato (in tutto o in parte) al tempo di lavoro impiegato dai lavoratori per eseguire l’opera o il servizio, la Commissione deve verificare con particolare rigore la sussistenza degli altri requisiti dell’appalto genuino.
2. Mancanza dell’effettivo esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore.
Il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore deve essere esercitato (esclusivamente) dall’appaltatore o dai dirigenti o preposti dell’appaltatore, mentre ai fini del coordinamento il committente si deve relazionare con l’appaltatore o con un referente indicato da questo.
Secondo il Ministero del lavoro, l’interposizione illecita di manodopera sussiste tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una mera prestazione lavorativa, riservandosi i compiti di gestione amministrativa del rapporto di lavoro, ma senza un effettivo esercizio dei poteri direttivi nei confronti dei lavoratori e senza una concreta organizzazione della prestazione lavorativa che risulti finalizzata ad un risultato produttivo autonomo» (Cfr. Ministero del Lavoro, nota 22 ottobre 2009, n. 77).
Si ha, dunque, un fittizio contratto di appalto (cd. "appalto di manodopera"), che maschera una interposizione illecita di manodopera, quando lo pseudo-appaltatore si limita a mettere a disposizione dello pseudo-committente le mere prestazioni lavorative dei propri dipendenti, che finiscono per essere alle dipendenze effettive di quest'ultimo, il quale detta loro le direttive sul
5 Vedi nota 1
6 Cfr art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 81/2008: il committente verifica l’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto
lavoro, esercitando su di essi i tipici poteri datoriali. Legittima, invece, sarebbe la fattispecie in cui il personale dell’ appaltatore fosse munito di un know-how specifico, ovvero di un patrimonio di conoscenze e di pratiche di uso non comune, quindi di un quid pluris rispetto alla mera capacità professionale dei lavoratori già impiegati presso il committente, tale da far emergere un apporto qualitativo specifico riconducibile all’appalto di servizio7.
Si può, pertanto, asserire che la differenza tra un appalto di servizi genuino e una somministrazione di manodopera illecita sia determinata dal fatto che l’organizzazione e le direttive del lavoro provengano e/ o siano riconducibili al personale della società appaltante, essendo in tale caso integrata la fattispecie dell’illecita interposizione nella prestazione lavorativa.
Giova, ulteriormente, precisare che non è sufficiente a far configurare un appalto fraudolento la circostanza che il personale dell’appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore, dovendosi, piuttosto, verificare se tali direttive siano inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative oppure si riferiscano solo al risultato di tali prestazioni, che in sé, può formare genuino oggetto del contratto di appalto (Cass., pen., 27 gennaio 2015, n. 18667).
3. Impiego di capitali, macchine e attrezzature fornite dall’appaltante.
Il solo utilizzo di strumenti di proprietà del committente, ovvero dell’appaltatore da parte dei dipendenti del subappaltatore, non costituisce di per sé elemento decisivo per la qualificazione della fattispecie in termini di appalto non genuino, attesa la necessità di verificare tutte le circostanze concrete dell’appalto e segnatamente la natura e le caratteristiche dell’opera o del servizio dedotti nel contratto, di modo che, nel caso concreto, potrà ritenersi compatibile con un appalto genuino anche un’ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all’appaltatore e purché attraverso la fornitura di tali mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull’appaltatore stesso (cfr. Ministero del Lavoro, circolare 11 febbraio 2011, n. 5)8.
4. La natura delle prestazioni svolte esula da quelle dell’appalto, afferendo a mansioni tipiche dei dipendenti del committente.
Negli appalti in cui non rileva l’utilizzo di attrezzature e macchinari, ma il know-how aziendale e/o l’organizzazione del lavoro da parte dell’appaltatore, la Commissione deve attribuire particolare importanza all’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore e all’elemento della coerenza tra le mansioni esercitate dai lavoratori e l’opera o il servizio dedotto nel contratto d’appalto.
Inoltre, le mansioni che vengono svolte dai dipendenti dell’appaltatore devono essere funzionali esclusivamente alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotti nel contratto di appalto. Ad esempio, se l’appalto di pulizie si riferisce ad un solo immobile ubicato in un sito aziendale, i lavoratori di quell’appaltatore non devono dedicarsi alle pulizie di altro immobile del soggetto appaltante, o addirittura a mansioni diverse da quelle di pulizia.
7 Vedi nota 1
8 Ciò può avvenire nei dei c.d. appalti labour intensive, laddove può mancare l’apporto di mezzi e dotazioni strumentali da parte dell’appaltatore (es. sviluppo software aziendale, costituzione di archivio informatico, pulizie condominiali, ecc.); ebbene in questi casi «elemento sufficiente perché possa configurarsi un appalto genuino è, insieme all’assunzione del rischio d’impresa, l’organizzazione dei mezzi da parte dell’appaltatore, la quale, in relazione agli appalti labour intensive, è suscettibile di concretarsi nel solo esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti del lavoratori. Ne consegue che, l’utilizzo di strumenti di proprietà del committente, non costituisce, di per sé, elemento decisivo per la qualificazione del rapporto in termini di appalto o interposizione vietata» (Trib. Milano 5 maggio 2010). In base all’art. 50 D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 i servizi ad alta intensità di manodopera (c.d. labour intensive) sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto.
La sussistenza di questi due elementi deve permanere per tutta la durata dell’appalto. Di conseguenza, se risulta dalle dichiarazioni delle parti o dalla documentazione prodotta che in un momento successivo all’inizio del lavoro il committente ha assunto il potere direttivo e/o di controllo sui dipendenti dell’appaltatore, ovvero che questi iniziano a svolgere mansioni non funzionali alla realizzazione dell’opera o del servizio, l’appalto si trasforma da quel momento in una somministrazione irregolare di mano d’opera (cfr. Cass. S.U., 21 marzo 1997, n. 2517) e, quindi non può essere certificata la sussistenza di un appalto genuino.
5. Corrispettivo pattuito in base alle ore effettive di lavoro e non riguardo all’opera compiuta o al servizio eseguito, ovvero corresponsione della retribuzione direttamente da parte del committente.
La Commissione deve accertare le modalità del corrispettivo pattuito ovvero, in particolare, se questo è commisurato al raggiungimento del servizio o dell’opera oggetto del contratto di appalto e se, i lavoratori cui sono addetti, fossero retribuiti dall’appaltante. In tal caso si realizzerebbe una palese interposizione illecita di manodopera.
Quindi, al fine di verificare la genuinità di un appalto occorre accertare:
- quale sia l’attività concretamente svolta dai dipendenti dell’appaltatore presso il committente;
- se tale attività sia svolta ed organizzata dal committente medesimo;
- se il committente sia proprietario delle attrezzature necessarie per l’effettuazione del servizio o dell’opera;
- se il committente nella dinamica contrattuale si limiti a richiedere all’appaltatore solo un certo numero di ore lavoro mensili, in base alle specifiche esigenze di ogni periodo, con indicazione dei turni orari, limitandosi l’appaltatrice ad abbinare le persone a tali ruoli;
- se il personale dell’appaltatore svolga le stesse identiche mansioni svolte dai dipendenti del committente, inserito stabilmente a tutti gli effetti nel ciclo produttivo di quest’ultimo.
Da ultimo, corre l’obbligo di sottolineare che, ai sensi dell’art. 26, comma 1, D.lgs 81/2008, il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo:
a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
La solidarietà negli appalti
L’ordinamento prevede, al riguardo, due norme distinte.
1) Secondo l’articolo 1676 cod. civ. “coloro che alle dipendenze dell’appaltatore hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il
committente per conseguire quanto loro è dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono a domanda.” L’azione è esercitabile da qualsiasi lavoratore dipendente dell’appaltatore, ma non dai lavoratori autonomi o da coloro che abbiano collaborato comunque nella veste di lavoratori autonomi.
La tutela codicistica trovava e trova, tuttavia, un importante limite nell’applicazione del regime di responsabilità solidale gravante sul committente e consistente nella necessità, ai fini di applicabilità della norma, di una effettiva esistenza e concorrenza del debito (ancora presente al momento della domanda) tra il committente e l’appaltatore.
Va, inoltre, segnalato che l’articolo 1676 c.c. riguarda esclusivamente il debito retributivo, nell’ammontare del debito tra lo stesso committente e l’appaltatore – datore di lavoro, e non già altri debiti, quali a titolo esemplificativo gli eventuali debiti contributivi.
Xxxxx, infine, osservare che l’art. 1676 c.c., a differenza delle norme di più recente previsione, si applica, indistintamente, agli appalti privati e pubblici e mira a costituire un regime di solidarietà tra il committente ed i prestatori di lavoro dell’appaltatore riguardanti sia rapporti di appalto c.d. diretto, sia rapporti di subappalto. In particolare, in tal senso, la giurisprudenza è chiara nel prevedere una estensione della solidarietà anche nei confronti di lavoratori assunti da (eventuali) subappaltatori interessati nella catena del subappalto.
2) Secondo l’art. 29, comma 2, D.Lgs, 276 del 2003, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di xxxxxxx, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento9.
Secondo il Tribunale di Roma, sent. del 11.3.2014, solo il deposito del ricorso giudiziario è atto idoneo ad impedire il compimento della decadenza, mentre sarebbero irrilevanti le richieste di pagamento stragiudiziali rivolte al committente.
A parere del Ministero del lavoro (cfr. circ. n. 5/2011 e n. 35/2013) la disciplina in questione:
- trova applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale e assicurativa nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo (cfr. dall’art. 9, comma 1, del D.L. n. 76/2013);
- non trova applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle PP.AA. di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, rispetto alle quali continuano tuttavia ad applicarsi sia la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 163/2006 che nell’art. 1676 c.c..
Sul punto, il Ministero del Lavoro, con la circ. n. 35/2013 ha precisato che la disposizione è volta a tutelare i lavoratori verso i quali gli obblighi previdenziali e assicurativi sono prevalentemente assolti dal datore di lavoro/committente, lasciando intendere che il riferimento ai “lavoratori con contratto di lavoro autonomo” sia limitato sostanzialmente ai collaboratori coordinati e continuativi e non anche a quei lavoratori autonomi che sono tenuti in via esclusiva all’assolvimento dei relativi oneri.
9 Con d.l. 17 marzo 2017, n. 25 è stata prevista la soppressione del 2°, 3° e 4° periodo dell'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 – inerenti al beneficio della preventiva escussione, introdotto dal d.l. n. 5 del 2012, conv. l. n. 35 del 2012 e, successivamente, modificato dall'art. 4, comma 31, lett. a) e b) l. n. 92 del 2012 – che, sino all'entrata in vigore del
d.l. 17 marzo 2017, n. 25 stesso, così disponeva: "Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori".
Una diversa interpretazione porterebbe sostanzialmente ad una coincidenza tra trasgressore e soggetto tutelato dalla solidarietà, ampliando ingiustificatamente le effettive responsabilità del committente, con evidenti distonie sul piano delle finalità proprie dell’istituto.
Una particolare attenzione sotto il profilo della solidarietà in materia di salute e sicurezza dovrà essere data anche alle disposizioni dell’art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008 e, tra gli altri, al comma 5, il quale precisa che nei singoli contratti di subappalto e di appalto devono essere specificamente indicati, a pena di nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c., i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. La Commissione dovrà pertanto riscontrare, nel contratto di appalto, l’adempimento alla disposizione richiamata.
Si ricorda che il d.l. 17 marzo 2017, n. 25 ha, escluso la possibilità per i contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative di prevedere metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, alternativi rispetto alla previsione di una responsabilità solidale del committente.
Per ogni ulteriore approfondimento in materia di appalto si rinvia alla circolare n. 5/2011 del Ministero del Lavoro.
Appalti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti
Un particolare rilievo dovrà essere dato dalla Commissione di Certificazione agli “appalti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti” la cui materia è regolamentata dal DPR n. 177/2011.
Ai sensi dell’art. 2, comma 1, del DPR n. 177/2011, qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti:
a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi;
c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto;
d) avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento;
e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli artt. 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del D.Lgs. n. 81/2008;
f) avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente all’ applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli artt. 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del D.Lgs. n. 81/2008;
g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarità contributiva;
h) integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In via ulteriore si osserva che, per quanto previsto dall’art. 2, comma 2, del DPR n. 177/2011, in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003.
Le disposizioni del DPR n. 177/2011 si applicano anche nei confronti delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.
D’interesse in materia, si riscontra la nota del Ministero del Lavoro, 27 giugno 2013, prot. n. 37/11649.
INDICAZIONI OPERATIVE
In xxx xxxxxxxxxxx xx ricorda che” le procedure di certificazione di cui al capo primo possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di appalto di cui all'articolo 1655 del codice civile sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini della distinzione concreta tra somministrazione di lavoro e appalto ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo III del presente decreto legislativo” (art. 84 d.lgs. 276/03).
SCHEMA RIEPILOGATIVO E LINEE GUIDA APPALTO | |
Appalto: organizzazione dei mezzi necessari | La commissione deve verificare che l’appaltatore sia dotato di propria struttura imprenditoriale effettivamente utilizzata per l’esecuzione dell’appalto in questione, possibilmente con una collocazione riconoscibile nel mercato di riferimento e con rapporti commerciali verso una pluralità di committenti. L’utilizzo di capitali, attrezzature o macchine del committente non determina automaticamente la qualificazione del rapporto come somministrazione. Il potere organizzativo e direttivo deve essere esercitato dall’appaltatore, ai fini del coordinamento il committente si deve relazionare con appaltatore o suo referente. Le mansioni svolte dai dipendenti dell’appaltatore devono essere funzionali esclusivamente alla realizzazione dell’opera o del servizio dedotto in contratto. A tale fine occorre verificare: • quale sia l’attività concretamente svolta dai dipendenti dell’appaltatore presso il committente; • se tale attività sia svolta ed organizzata dal committente medesimo; • se il committente sia proprietario delle attrezzature necessarie per l’effettuazione del servizio o dell’opera; |
SCHEMA RIEPILOGATIVO E LINEE GUIDA APPALTO | |
• se il committente nella dinamica contrattuale si limiti a richiedere all’appaltatore solo un certo numero di ore lavoro mensili, in base alle specifiche esigenze di ogni periodo, con indicazione dei turni orari, limitandosi l’appaltatrice ad abbinare le persone a tali ruoli (indice di non genuinità); • se il personale dell’appaltatore svolga le stesse identiche mansioni svolte dai dipendenti del committente, inserito stabilmente a tutti gli effetti nel ciclo produttivo di quest’ultimo (indice di non genuinità). • potrà ritenersi compatibile con un appalto genuino anche un’ipotesi in cui i mezzi materiali siano forniti dal soggetto che riceve il servizio, purché la responsabilità del loro utilizzo rimanga totalmente in capo all’appaltatore e purché attraverso la fornitura di tali mezzi non sia invertito il rischio di impresa, che deve in ogni caso gravare sull’appaltatore stesso. • Nell’indagine la Commissione potrà anche sentire i lavoratori utilizzati nell’appalto. | |
Appalto: gestione a proprio rischio | La Commissione deve accertare che dal contratto risulti che l’appaltatore è esposto ad eventuale risultato negativo dell’attività qualora l’opera o il servizio non siano portati a compimento. Occorre verificare se: sussista l’esercizio abituale di un’attività imprenditoriale; sia presente lo svolgimento di una comprovata attività produttiva; esista la pluricommittenza; sussista l’esercizio dei poteri di eterodirezione sui lavoratori da parte dell’appaltatore; sia presente un comprovato livello di specializzazione e conoscenza del settore Nell’indagine la Commissione potrà anche sentire i lavoratori utilizzati nell’appalto. |
Appalto: indicazione nel contratto dei dati richiesti dal comma 5, art. 26 del D.Lgs. 81/2015 . | La Commissione deve accertare se nel contratto (di appalto o subappalto) siano indicati, a pena di nullità ex art. 1418 CC, i costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. |
Solidarietà negli appalti | In caso di opere o servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore nonché con ciascuno dei subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione del contratto di appalto a corrispondere le quote retributive (compreso TFR), compensi lavoro autonomo nonché contributi previdenziali e premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto. |
SCHEMA RIEPILOGATIVO E LINEE GUIDA APPALTO | |
Si ricorda che il d.l. 17 marzo 2017, n. 25 ha, escluso la possibilità per i contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative di prevedere metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, alternativi rispetto alla previsione di una responsabilità solidale del committente. | |
Appalti in ambienti confinati | In caso di appalti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati la Commissione ricorderà che qualsiasi attività può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione dei requisiti previsti da art. 2 c, 1 DPR 177/2011. Si ricorda che, per quanto previsto dall’art. 2, comma 2, del DPR n. 177/2011, in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003. Le disposizioni del DPR n. 177/2011 si applicano anche nei confronti delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate. |
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
Introduzione
Il Capo III del D. Lgs. n. 81/2015 - con le modifiche apportate all’art. 19, comma 1 dal Decreto-legge
n. 87/2018 convertito con la Legge n. 96/2018 - disciplina il contratto a tempo determinato con gli articoli da 19 a 29.
1. Apposizione del termine e durata massima
Il contratto di lavoro subordinato a termine senza causale ha una durata massima di dodici mesi. L’apposizione di un termine superiore è possibile, ma non oltre i ventiquattro mesi, purché vi sia la presenza di specifiche condizioni, quali:
• condizioni imprevedibili legate ad esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività quali, ad esempio, cause di forza maggiore (calamità naturali, etc.);
• esigenze di sostituzione di altri lavoratori (si tratta di una casistica indefinita che potrebbe includere esigenze di sostituzione sia prevedibili quali, ad esempio, assenze per ferie, che
imprevedibili quali, ad esempio, maternità, infortunio, malattia, etc.);
• esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria quale, ad esempio, una commessa di lavoro una tantum, urgente e non realizzabile con il normale organico aziendale;
• Si evidenzia come le tipologie di causali introdotte denotino una notevole rigidità che va ben oltre le causali generiche previste dalle norme ante “Jobs Act””, che contemplavano ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. Nel merito, corre altresì l’obbligo di
sottolineare l’assoluta indeterminatezza delle esigenze e condizioni testé riportate, che, al di là di quelle di carattere sostitutivo, sembrano di difficile individuazione prestandosi facilmente, pertanto, al rischio di contenzioso.
Deve inoltre evidenziarsi che le modifiche apportate dal DL 87/18 stabiliscono che in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni, di cui al comma 1 del citato art. 19, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi.
Pertanto, preso atto di quanto sopra, si sottolinea l’obbligo di cui all’art. 19, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 di inserire nell’atto scritto una specificazione dettagliata delle esigenze giustificatrici dell’apposizione di un termine al contratto nei seguenti casi:
- in caso di stipulazione di un contratto a termine superiore a 12 mesi;
- in caso di rinnovo del contratto;
- in caso di proroga dello stesso rapporto quando il termine complessivo eccede i dodici mesi.
Al riguardo si ricorda che il Legislatore, al primo periodo del citato art. 19, comma 4, afferma che l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, con la sola eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni.
È pertanto fondamentale dimostrare, preferibilmente per tabulas con documenti e scritti a fini probatori, il carattere oggettivo delle causali da parte del datore di lavoro, sul quale, infatti, grava il relativo onere della prova.
Il comma 2 dell’art. 19 prevede una riduzione della durata massima dei contratti a termine che passa da trentasei a ventiquattro mesi relativamente ai rapporti di lavoro intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento
di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un
contratto e l'altro, compresi i periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Si sottolinea che il riferimento è sempre a “mansioni di pari livello e categoria legale” e non a “qualunque mansione” com’era nella disciplina previgente al Jobs Act.
Si ritiene, pertanto, che il limite di durata di 24 mesi non opera in caso di stipula con lo stesso lavoratore di un nuovo contratto a tempo determinato, in categorie legali differenti. A tale fine, occorrerà verificare l’inquadramento (livello e categoria) del lavoratore sia in eventuali rapporti in somministrazione intercorsi sia in precedenti contratti a tempo determinato, per determinare l’eventuale cumulabilità e verificare, quindi, il raggiungimento del limite massimo temporale.
Si ricorda che anche in tal caso il superamento del limite dei ventiquattro mesi per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti produce la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.
La già menzionata modifica relativa all’art. 19, comma 2, (applicabile anche al contratto di somministrazione) fa salve comunque le diverse disposizioni di cui ai contratti collettivi in merito alla possibilità di derogare alla durata massima dei ventiquattro mesi.
Resta confermata l’eccezione delle attività stagionali, intendendo per tali quelle individuate con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (attualmente trattasi del D.p.r. n. 1525/1963) nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi.
In merito alla definizione del concetto di “contratti collettivi” richiamati nel Decreto, si evidenzia che l’art. 51 D.Lgs. n. 81/2015 rubricato “Norme di rinvio ai contratti collettivi” dispone quanto segue: “Salvo diversa previsione, ai fini del presente Decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”.
Il Decreto-legge n. 87/2018, convertito con Legge n. 96/2018, non ha modificato il terzo comma dell’art. 19 del d.lgs. 81/2015, che riconosce la possibilità̀ di stipulare presso l’ITL competente per territorio un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi, che pertanto permane nell’attuale
impianto normativo.
2. Divieti
Rimane invariata la previgente disciplina (cfr. art.20 d.lgs. 81/2015) riguardo ad una quadruplice serie di divieti all'apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato, così rafforzando il
peculiare disvalore che connota le assunzioni a termine effettuate in violazione degli specifici divieti stabiliti a protezione di interessi intensamente qualificati sul piano costituzionale e limitando l'autonomia negoziale delle parti nella stipulazione del contratto di lavoro a termine (cfr. Cassazione Civile, Sez. Lav., 02 aprile 2012, n. 5241 ).
Il disvalore legislativo, sancito con il divieto a contrarre viene, dunque, in considerazione con riferimento ai divieti all'apposizione del termine da parte delle imprese nei seguenti casi indicati nel sopra citato art. 20:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
d) da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. (Tenendo presente che secondo l’orientamento della Cassazione non ha effettuato la valutazione dei rischi anche chi non ha aggiornato il relativo documento).
In virtù del disposto di cui al comma 2 dell’art. 20, in caso di violazione dei divieti sopra indicati il contratto si trasforma a tempo indeterminato.
3. Proroghe e rinnovi
Il cosiddetto Decreto Dignità, oltre a prevedere che l’apposizione del termine del contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto (con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni), in tema di proroghe e rinnovi dispone che:
- il contratto possa essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015;
- il contratto possa essere prorogato nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.
Circa le condizioni previste dall’art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 si rinvia a quanto già esplicitato al precedente paragrafo 1.
Si ritiene opportuno porre nuovamente l’attenzione sulla differenza tra proroga e rinnovo di un contratto a tempo determinato; in particolare:
- per proroga si intende il protrarsi nel tempo del medesimo contratto attraverso il rinvio di un termine o di una scadenza;
- per rinnovo si intende la “rinegoziazione” con i medesimi soggetti delle condizioni contrattuali, fermo restando il mantenimento della stessa categoria legale e mansione.
Nella proroga il termine finale di durata può essere spostato in avanti per un massimo di quattro volte nel limite temporale di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti. La proroga è valida se le pattuizioni del contratto iniziale rimangano invariate con la sola eccezione dello spostamento del termine. Rimane ferma la necessità delle causali qualora la stessa si protrae oltre dodici mesi. È richiesto inoltre il consenso scritto del lavoratore.
Qualora il numero delle proroghe sia superiore a quattro, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
La proroga produce i suoi effetti solamente dallo spirare del termine previsto nel contratto iniziale (o successivamente prorogato). Ne deriva che l’interruzione di un contratto a termine durante il suo svolgimento, con successiva stipulazione di un altro contratto a termine (tra le medesime parti), richiede l’utilizzo della rinnovazione e dunque il ricorso alle causali dell’art. 19, comma 1, lett. a) o b).
Nel rinnovo, il cui termine finale non può superare anch’esso ventiquattro mesi, le causali di cui al comma 1 dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015 sono sempre obbligatorie.
Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del comma 2 dell’art. 21, D.Lgs. n. 81/2015, qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato (c.d. Stop & go).
Va, inoltre, precisato che il lavoro stagionale, nell’accezione già riportata al paragrafo 1, potrà essere prorogato o rinnovato anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1.
Il comma 3 dell’art. 21 prevede una deroga alla normativa vincolistica sopra descritta. Infatti, i limiti previsti non si applicano alle imprese start-up innovative di cui di cui all'articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012,
n. 221, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato
periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite. Trattasi di una previsione normativa agevolativa rispetto ad una flessibilità in entrata nelle nuove iniziative imprenditoriali.
Si segnala, in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, l’aumento di 0,5 punti percentuali del contributo addizionale pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali di cui all’art. 2, comma 28, Legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero). Al riguardo, con la Legge di conversione del Decreto Dignità, viene aggiunta la specifica che detto aumento non si applica ai contratti di lavoro domestico.
4. Continuazione del rapporto oltre la scadenza
L’art. 22 regolamenta l’istituto della continuazione del rapporto a tempo determinato dopo la scadenza anche in assenza di proroga o rinnovo, individuando termini di tolleranza. Trattasi, quindi, di una estensione temporale del rapporto anche prorogato, entro i limiti fissati dall’art. 19.
Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
Entro i suddetti limiti, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20 per cento fino al decimo giorno successivo ed al 40 per cento per ciascun giorno ulteriore.
5. Numero complessivo di contratti a termine
Salva diversa regolamentazione dei contratti collettivi (v. art. 51 D. Lgs. n. 81/2015) è previsto (art.23 D.Lgs. 81/2015) che i datori di lavoro non possono assumere lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5.
L’art. 31 del D.Lgs. n. 81/2015 - come modificato dal DL 87/2018 - relativo alla disciplina sulla somministrazione di lavoro a tempo determinato ha, nei fatti, modificato altresì la disciplina del contratto a termine nella parte relativa al numero complessivo dei contratti, di cui all’art. 23 del citato Decreto Legislativo. In particolare, il nuovo comma 2 del predetto art. 31 prevede che, salvo diverse previsioni dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore e fermo restando il limite del 20
per cento del predetto art. 23, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato
ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei predetti contratti.
Pertanto, preventivamente all’assunzione, proroga e/o rinnovo di un lavoratore con contratto a termine, è necessario verificare il rispetto di entrambi i limiti del 20 e del 30 per cento.
Va tenuto comunque presente che:
- i contratti collettivi, anche aziendali, possono modificare in aumento la già menzionata percentuale; in questo modo il legislatore supera le divergenze interpretative circa la superabilità o meno della percentuale medesima;
- in caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale del 20 per cento si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione;
- per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
I commi 2 e 3 dell’art. 23 in commento elencano in via tassativa le ipotesi di esclusione dal limite quantitativo del 20%, ovvero per i contratti a tempo determinato conclusi:
1. nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;
2. da imprese start-up innovative di cui all’articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite;
3. per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2 del D.Lgs. 81/2015;
4. per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;
5. per sostituzione di lavoratori assenti;
6. con lavoratori di età superiore a 50 anni;
7. tra università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, tra istituti della cultura di appartenenza statale ovvero enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilati dal Ministero dei
beni e delle attività culturali e del turismo, ad esclusione delle fondazioni di produzione
musicale di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e lavoratori impiegati per soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale. I contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.
La violazione del limite quantitativo del 20%, sopra illustrato, non determina la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, avendo il legislatore al comma 4 dell’art.
23 previsto, a tale scopo, l’applicazione di una sanzione amministrativa per ogni lavoratore interessato, nella seguente misura:
- al 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno;
- al 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.
Trattandosi di sanzione amministrativa verrà applicata agli autori materiali della violazione (es. colui o a coloro che abbiano la rappresentanza legale della società ed in caso di ditta individuale al titolare della stessa).
6. Diritti di precedenza
L’art. 24 D. Lgs. n. 81/2015 regola il diritto soggettivo di precedenza a favore dei lavoratori che abbiano già prestato attività lavorativa nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda per un periodo superiore a sei mesi.
Il diritto spetta nel caso di assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi dalla cessazione del rapporto o per rapporti a termine con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine medesimi. La norma, peraltro, precisa che sono salve diverse disposizioni di contratti collettivi.
L’art. 24 del D. Lgs. n. 81/2015 prevede, inoltre, a favore delle lavoratrici che:
1. il congedo di maternità di cui al Capo III del D. Lgs. n. 151/2001, usufruito nell'esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza;
2. viene riconosciuto il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.
Il comma 3 dell’art. 24 riconosce un diritto di precedenza a favore di lavoratori stagionali assunti a tempo determinato nel caso di nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.
Il comma 4 dell’art. 24 regolamenta la forma e le modalità di esercizio del diritto di precedenza, fissando i seguenti principi:
1. la menzione del diritto in questione deve essere in forma scritta e deve essere espressamente inserito nell’atto scritto originario nel quale viene stabilito il termine del rapporto;
2. il lavoratore deve manifestare la volontà di esercitare il diritto di precedenza nel termine di 6 mesi (3 mesi nel caso di lavoro stagionale) decorrenti dalla data di cessazione del rapporto stesso;
3. in ogni caso, manifestata la propria volontà di esercitarlo, il diritto di precedenza si estingue trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Si può, quindi, asserire che il primo termine (di 6 mesi o 3 mesi) abbia natura decadenziale, ponendosi, invece, il secondo termine dell’anno in un ambito essenzialmente prescrizionale.
7. Il principio di non discriminazione
L’art. 25, regola il principio della “non discriminazione.
Il legislatore fissa la regola secondo cui al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, cioè inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato.
Unico limite alla efficacia del principio viene individuato in quel trattamento che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato. Al riguardo, sembra di potersi ravvisare una certa genericità della norma, che darà probabilmente vita a dubbi applicativi.
La violazione del principio di non discriminazione comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa:
- da 25,82 euro a 154,94 euro se l’inosservanza si riferisce fino a cinque lavoratori;
- da euro 154,94 euro a 1.032,91 se l’inosservanza si riferisce a più di cinque lavoratori.
8. Criteri di computo
Il legislatore adotta un criterio generalizzato di computabilità dei lavoratori a tempo determinato (compresi i dirigenti), ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale, lasciando la possibilità che eventuali norme speciali o contrattuali dispongano diversamente.
Ai fini del computo si dovrà tenere conto:
- sia del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni;
- sia della effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
9. Decadenze e tutele
L’articolo 28 del D. Lgs. n. 81/2015 si occupata delle decadenze e tutele del lavoratore assunto a tempo determinato.
In particolare:
- il contratto a tempo determinato deve essere impugnato entro 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto. L’impugnazione dovrà avvenire con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota tale volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale (cfr. art. 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, applicabile per espresso rimando dell’art. 28);
- l'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso (cfr. art. 6, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, applicabile per espresso rimando dell’art. 26).
Il comma 2 dell’art. 28 stabilisce che nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla dimensione dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro ed al comportamento delle parti. La suddetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la
scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
In presenza di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell'indennità sopra menzionata è ridotto alla metà.
10. Esclusioni e specifiche discipline
Rimangono escluse dalla già menzionata normativa le seguenti fattispecie:
- le assunzioni di lavoratori a termine di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (cfr. dell’articolo 8, comma 2, della legge n. 223/1991);
- i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato (cfr. articolo 12, comma 2, del D. Lgs. n. 11 agosto 1993, n. 375);
- i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Infine, rimangono altresì esclusi:
- i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti (che non possono avere una durata superiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere ai sensi dell’articolo 2118 del Codice civile una volta trascorso un triennio);
- i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi, nonché quelli instaurati per la fornitura di lavoro portuale temporaneo di cui all’articolo 17 della legge 28 gennaio 1994,
n. 84, fermo l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;
- i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale;
- i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (personale accademico nelle università).
Per quanto riguarda il personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 19, commi da 1 a 3, e 21 del D. Lgs. n. 81/2015.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO A TERMINE | |
Forma | Il termine deve risultare da atto scritto, salvo per i rapporti di lavoro non superiori a 12 giorni. |
Divieti | • Sostituzione di lavoratori in sciopero; • presso unità produttive interessate, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di lavoratori con le stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine, a meno che il contratto non sia stato concluso per sostituire lavoratori assenti, oppure sia stato stipulato con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; • assunzioni presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento d’integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; • assunzioni da parte delle imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008. |
Esclusioni (cioè non si applicano le norme sul contratto a termine) | • Lavoratori in mobilità art.8, co.2 L.223/1991 (si applicano comunque art.25 e 27 D.Lgs.n.81/2015); • rapporti, tra datori agricoli e operai tempo determinato del settore agricolo definiti dall’art.12, co.2, D. Lgs. n. 375/1993; • richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale VV.FF.; • dirigenti (durata massima 5 anni); • assunzione lavoratori nei settori turismo e pubblici esercizi per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, determinata dai contratti collettivi di cui all’art.51 D. Lgs. n. 81/2015; • personale docente e ATA per il conferimento delle supplenze; • personale sanitario, anche dirigente, del S.S.N.; • stipulati ai sensi della legge n.240/2010 recante norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento. |
Limiti quantitativi | • Verificare i limiti previsti dal contratto applicabile come individuato dall’art.51 D. Lgs. n. 81/2015; • in caso contrario, tenere conto dei limiti legali previsti in misura pari al 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5 (nel caso di inizio di attività nel corso dell’anno il limite si calcola tenendo conto dei lavoratori |
della tipologia sopra individuate, in forza alla data di dell’assunzione); • il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei già menzionati contratti; pertanto, preventivamente all’assunzione, proroga e/o rinnovo di un lavoratore con contratto a termine, è necessario verificare il rispetto di entrambi i limiti del 20 e del 30 per cento. • Nel caso di datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare almeno un contratto a tempo determinato. | |
Esclusioni dall’applicazione dei limiti numerici | • Fase di avvio di nuove attività (controllare eventuali disposizioni specifiche del contratto collettivo art. 51 D.Lgs. n.81/2015); • assunzioni in sostituzione di altri lavoratori assenti; • start up innovative art.25 co. 2 e 3 L.221/2012, per l’arco temporale ivi previsto; • attività stagionali previste dal decreto (attualmente D.P.R. n1525/1963) ovvero dai contratti collettivi art. 51 D.Lgs. n.81/2015; • specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive; • rapporti instaurati con chi ha più di 50 anni; • ipotesi previste alll’art.23 co.3 D.Lgs. n.81/2015 (v. par. 5 p.7). |
Durata | Non superiore a 24 mesi Ai fini della determinazione della durata massima di occupazione con contratto a tempo determinato, occorre tenere conto di quelli conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale (art.2095 c.c.). |
Scadenza | Chiaramente indicata anche indirettamente con l’evento; nei casi di sostituzione può essere legata al rientro del lavoratore sostituito |
Proroghe e rinnovi | Possibile proroga nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni ex art.19 comma 1 d.lgs. 81/2015 (v. par. 1) e comunque per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi a prescindere dal numero di contratti. In caso di xxxxxxx (anche nei primi dodici mesi), il cui termine finale non può superare anch’esso ventiquattro mesi, le causali |
di cui al comma 1 dell’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015 sono sempre obbligatorie. E ̀ pertanto fondamentale dimostrare, preferibilmente per tabulas con documenti e scritti a fini probatori, il carattere oggettivo delle causali di cui sopra da parte del datore di lavoro, sul quale, infatti, grava il relativo onere della prova. In caso di violazione delle suddette limitazioni, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga; parimenti si trasforma a tempo indeterminato in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al già menzionato art.19, comma 1. La stipula di un nuovo contratto a termine oltre i 24 mesi è possibile per ulteriori 12 mesi presso la DTL competente per territorio. Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato (c.d. Stop & go). Il lavoro stagionale, nell’accezione già riportata al paragrafo 1, potrà essere prorogato o rinnovato anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1. I limiti previsti per le proroghe e xxxxxxx non si applicano alle imprese start-up innovative di cui di cui all'articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società. | |
Successione di più contratti a termine | La Commissione deve verificare (in istruttoria) se il contratto da certificare segue altri contratti a termine e se la successione rispetta la norma (cfr. art. 19, v. Par. 1) verificando: Se la durata complessivamente supera i 24 mesi, relativamente ai rapporti di lavoro intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, compresi i periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato Il limite di durata di 24 mesi non opera in caso di stipula con lo stesso lavoratore di un nuovo contratto a tempo determinato, in categorie legali differenti. A tale fine, occorrerà verificare l’inquadramento (livello e categoria) del lavoratore sia in eventuali rapporti in somministrazione intercorsi sia in precedenti contratti a tempo determinato, per determinare |
l’eventuale cumulabilità e verificare, quindi, il raggiungimento del limite massimo temporale La già menzionata modifica relativa all’art. 19, comma 2, (applicabile anche al contratto di somministrazione) fa salve comunque le diverse disposizioni di cui ai contratti collettivi in merito alla possibilità di derogare alla durata massima dei ventiquattro mesi. Resta confermata quindi l’eccezione delle attività stagionali, intendendo per tali quelle individuate con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (attualmente trattasi del D.p.r. n. 1525/1963) nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. In merito alla definizione del concetto di “contratti collettivi” richiamati nel Decreto, si evidenzia che l’art. 51 D.Lgs. n. 81/2015 rubricato “Norme di rinvio ai contratti collettivi” dispone quanto segue: “Salvo diversa previsione, ai fini del presente Decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. Possibilità̀ di stipulare presso l’ITL competente per territorio un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi, che pertanto permane nell’attuale impianto normativo. | |
Principio di non discriminazione | • La Commissione deve verificare che al lavoratore sia garantito lo stesso trattamento economico e normativo previsto per i lavoratori a tempo indeterminato a lui assimilabili ai sensi dell’art.25 che in passato abbiano esercitato, ricorrendone i presupposti, il diritto di precedenza previsto dall’art.24 D.Lgs. n.81/2015. |
Lavoro a termine occasionale | • Non superiore a 12 giorni; • non superiore a 3 giorni (turismo e pubblici esercizi); • forma scritta non richiesta dalla legge; • benché non richiesto dalla norma, per rilasciare la certificazione la Commissione deve pretendere la stipula del contratto scritto. |
Diritto di precedenza | • Nel caso di contratti di natura stagionale, verificare se lavoratori già assunti per lo svolgimento di attività stagionali in passato abbiano esercitato, ricorrendone i presupposti, il diritto di precedenza previsto dall’art.24 D.Lgs. n.81/2015; • negli altri casi, verificare se lavoratrici in congedo di maternità già assunte a tempo determinato abbiano esercitato, ricorrendone i presupposti, il diritto di precedenza previsto dall’art.24 D.Lgs. n.81/2015. |
CONTRATTO DI LAVORO A TERMINE
SCHEDA INFORMATIVA
Ad integrazione dell’istanza di certificazione del contratto di lavoro a termine datata
, ed al fine di fornire alla Commissione di certificazione un quadro completo e circostanziato degli elementi contrattuali e dell’attività lavorativa dedotta nel contratto stesso, gli istanti rilasciano le sotto indicate dichiarazioni10.
Preliminarmente fanno presente di voler instaurare/aver instaurato un contratto di lavoro a termine ai sensi dell’art. 19 e ss. del D.lgs. 81/2015.
a) Tra le parti sono intercorsi precedenti contratti a termine o somministrazioni a tempo determinato per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale per un totale di mesi:………..
b) Eventuali precedenti rapporti di lavoro a tempo determinato si sono conclusi da gg………..
c) Sono rispettati le condizioni di divieto di cui all’art 20 del D.lgs. 81/2015
SI’ NO
d) Xxxxxxx trattasi di proroga di precedente contratto a termine, evidenziare il numero delle proroghe eventualmente già stipulate nell’arco dei ventiquattro mesi
e) Sono state rispettate le clausole di contingentamento previste dalla contrattazione collettiva o in sua assenza le clausole legali di cui agli art 23 e 31 comma 2 del D.lgs. 81/2015
Non applicabile in conseguenza della seguente esenzione:
SI’ (specificare ipotesi art 23 del D.lgs. 81/2015 o ipotesi contrattazione collettiva) NO
f) Si tratta di attività di lavoro stagionale individuata con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali o rientrante nelle ipotesi previste dai contratti collettivi
SI’ (specificare….) NO
g) Il contratto di lavoro a termine si riferisce ad una delle fattispecie previste dall’art. 29 del D.lgs. 81/2015:
SI’ (specificare….) NO
h) Indicare in maniera specifica la causale del contratto o della proroga laddove richiesto ai sensi degli articoli 19 e 21 del D.Lgs 81/2015:
i) Le parti sono informate dei diritti di precedenza di cui all’art. 24 D.Lgs.n. 81/2015 [SI/NO] scegli
j) Ulteriori informazioni:
Data e Firma leggibile
lì
Timbro e firma del datore di lavoro Firma del lavoratore
10 Art. 76, 1° co., D.P.R. n. 445/2000: “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”.
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Introduzione
Il Capo IV del D. Lgs. n. 81/2015 - con le modifiche apportate all’art. 19, comma 1 dal Decreto-legge
n. 87/2018 convertito con la Legge n. 96/2018 - disciplina il contratto di somministrazione anche per la parte relativa al tempo determinato di tale fattispecie contrattuale.
1. Rinvio alle norme relative al contratto di lavoro a tempo determinato.
Il comma 1 dell’art. 2 del Decreto-legge n. 87/2018, convertito con modificazioni in Legge n. 96/2018, che ha sostituito il primo periodo del comma 2 dell’art. 34 del D.Lgs. n. 81/2015, prevede che in caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con espressa esclusione delle disposizioni di cui agli articoli:
- 21, comma 2, X.Xxx. n. 81/2015, in materia di riassunzioni a tempo determinato con soluzioni di continuità rispetto al precedente rapporto (non si applicano i c.d. Stop & go);
- 23, D.Lgs. n. 81/2015 (numero complessivo dei contratti a termine);
- 24, D.Lgs. n. 81/2015 (diritto di precedenza).
È, pertanto, prevista la piena applicazione di quanto previsto dagli articoli 19, commi 1, 2 e 3, e 21, commi 01, 1 e 3 del richiamato D.Lgs. n. 81/2015, in materia di apposizione del termine, durata, proroghe, rinnovi e causalità dei contratti a termine.
Con riferimento alle causali previste dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, la Legge di conversione del Decreto Dignità, all’art. 2 comma 1-ter, dispone che nel caso di ricorso al contratto di somministrazione le stesse si applicano al solo utilizzatore.
Andremo pertanto ad esporre le sole diverse norme regolamentari dei contratti di lavoro somministrati a tempo determinato, divergenti da quelle dei contratti di lavoro a tempo determinato (capo III D.Lgs. 81/2015).
2. Limiti quantitativi.
Per quanto attiene ai nuovi limiti quantitativi introdotti nell’ambito della somministrazione, come precedentemente accennato, è stato interamente riscritto il comma 2 dell’art. 31 del D.Lgs. n. 81/2015 prevedendo che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall'art. 23 del richiamato D.Lgs. n. 81/2015 in materia di numero complessivo dei contratti a termine (limite del 20 per cento), il numero dei lavoratori assunti con
contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del suddetto contratto (con un arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5).
Dal 12.08.2018 i contratti di somministrazione a tempo determinato (cumulativamente ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, per i quali vige comunque il noto limite massimo del 20%) non potranno superare complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del contratto.
Esempio: ipotizziamo un’azienda utilizzatrice che abbia in forza al 1° gennaio 2018 dieci dipendenti a tempo indeterminato ed un limite massimo di assunzione di lavoratori a tempo determinato del 20%:
1. DIPENDENTI ATTUALMENTE ASSUNTI A TEMPO DETERMINATO: 2 - Utilizzo massimo lavoratori somministrati: 1
2. DIPENDENTI ATTUALMENTE ASSUNTI A TEMPO DETERMINATO: 1 - Utilizzo massimo lavoratori somministrati: 2
3. DIPENDENTI ATTUALMENTE ASSUNTI A TEMPO DETERMINATO: 0 - Utilizzo massimo lavoratori somministrati: 3
4. ATTUALE UTILIZZO DI LAVORATORI SOMMINISTRATI: 0 - Numero massimo assunzioni a tempo determinato: 2
5. ATTUALE UTILIZZO DI LAVORATORI SOMMINISTRATI: 1 - Numero massimo assunzioni a tempo determinato: 2
6. ATTUALE UTILIZZO DI LAVORATORI SOMMINISTRATI: 2 - Numero massimo assunzioni a tempo determinato: 1
7. ATTUALE UTILIZZO DI LAVORATORI SOMMINISTRATI: 3 - Numero massimo assunzioni a tempo determinato: 0
In caso di violazione dei nuovi limiti percentuali previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 31 del D.Lgs. n. 81/2015, all’utilizzatore si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 1.250 euro, prevista dall’articolo 40, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81/2015. Da non dimenticare che l’articolo 38, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 prevede che, qualora il lavoratore somministrato venga utilizzato al di fuori dei limiti previsti dall’art. 31, commi 1 e 2, lo stesso può chiedere nei confronti dell'utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a partire dal primo
giorno di utilizzo.
Per quanto riguarda le imprese di nuova costituzione, trattandosi di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto.
Dai suddetti limiti quantitativi rimangono escluse (come prima) le assunzioni a tempo determinato tramite lavoro somministrato, effettuate nei confronti di lavoratori in mobilità, di soggetti disoccupati che beneficiano da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati (di cui al regolamento CE n. 651/2014), come individuati con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
3. Precisazioni sulla durata massima.
La Legge n. 96/2018 non ha previsto alcun periodo transitorio per il lavoro somministrato. Pertanto, la durata massima del rapporto di un contratto di somministrazione a termine non potrà superare i dodici mesi (senza indicazione di causale) sulla base di un calcolo riferito all’impresa utilizzatrice. Il contratto potrà essere prorogato e, quindi, eccedere questa durata massima solamente in presenza di una delle causali previste dalla riforma relative ad esigenze temporanee estranee all’attività ordinaria, ragioni sostitutive e incrementi significativi e non programmabili. Le causali vanno riferite alle esigenze dell’impresa utilizzatrice con indicazione specifica delle stesse nel contratto stipulato tra l’agenzia di somministrazione ed il dipendente, preceduta “possibilmente” da una pattuizione scritta inserita nel contratto commerciale di somministrazione. Parimenti può dirsi per i rinnovi a prescindere dalla durata del rapporto precedente, indipendentemente dal fatto che siano stati superati o meno i 12 mesi.
Si sottolinea che il disposto dell’articolo 2 del Decreto-legge n. 87/2018, convertito con Legge n. 96/18, in materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato, non si applica ai contratti stipulati dalla Pubblica amministrazione e che l’incremento dello 0,5 per cento del contributo addizionale a carico del datore di lavoro si applica anche per ciascun rinnovo del contratto di somministrazione a tempo determinato (articolo 3, comma 2).
4. Somministrazione fraudolenta.
L’art. 2, comma 1-bis, del citato Decreto convertito ha aggiunto il nuovo articolo 38-bis al D.Lgs. n. 81/2015, introducendo la fattispecie della somministrazione fraudolenta e prevedendo che, ferme restando le sanzioni previste dalla normativa vigente in caso di violazione di norme in materia di somministrazione di lavoro (di cui all'articolo 18 del D.Lgs. n. 276/2003), quando la
somministrazione di lavoro è attuata con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.
SCHEMA RIEPILOGATIVO LINEE GUIDA CONTRATTO A TERMINE IN SOMMINISTRAZIONE | |
Forma | Vedi contratto a tempo determinato. |
Divieti | Vedi contratto a tempo determinato. |
Esclusioni (cioè non si applicano le norme sul contratto a termine) | Vedi contratto a tempo determinato. |
Limiti quantitativi | • Verificare i limiti previsti dal contratto applicabile dall’utilizzatore come individuato dall’art.51 D. Lgs. n. 81/2015; • fermo restando il limite disposto dall'art. 23 del richiamato D.Lgs. n. 81/2015 in materia di numero complessivo dei contratti a termine (limite del 20 per cento), il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del suddetto contratto (con un arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5). • i contratti di somministrazione a tempo determinato (cumulativamente ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, per i quali vige comunque il noto limite massimo del 20%) non potranno superare complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del contratto (v. par. 2). • Per le imprese di nuova costituzione, trattandosi di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto. |
Esclusioni dall’applicazione dei limiti numerici | • Dai suddetti limiti quantitativi rimangono escluse le assunzioni a tempo determinato tramite lavoro somministrato, effettuate nei confronti di lavoratori in mobilità, di soggetti disoccupati che beneficiano da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati (di cui al regolamento CE n. 651/2014), come individuati con Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. |
Durata | Vedi contratto a tempo determinato. |
Scadenza | Vedi contratto a tempo determinato. |
Proroghe e rinnovi | Vedi contratto a tempo determinato, ad eccezione del c.d. “stop & go” (art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015, in materia di riassunzioni a tempo determinato con soluzioni di continuità rispetto al precedente rapporto) espressamente escluso. |
Successione di più contratti a termine | Vedi contratto a tempo determinato. |
Principio di non discriminazione | Vedi contratto a tempo determinato. |
Diritto di precedenza | Non applicabile, per espressa esclusione normativa, al contratto di lavoro somministrato a tempo determinato. |
CONTRATTO DI LAVORO A TERMINE IN SOMMINISTRAZIONE
SCHEDA INFORMATIVA
Ad integrazione dell’istanza di certificazione del contratto di lavoro somministrato datata
, ed al fine di fornire alla Commissione di certificazione un quadro completo e circostanziato degli elementi contrattuali e dell’attività lavorativa dedotta nel contratto stesso, gli istanti rilasciano le sotto indicate dichiarazioni11.
Preliminarmente fanno presente di voler instaurare/aver instaurato un contratto di lavoro somministrato a tempo determinato ai sensi dell’art. 30 e ss. del D.lgs. 81/2015.
k) Tra le parti sono intercorsi precedenti contratti a termine o somministrazioni a tempo determinato per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale per un totale di mesi:………..
l) Sono rispettati le condizioni di divieto di cui all’art 32 del D.lgs. 81/2015
SI’ NO
m) Xxxxxxx trattasi di proroga di precedente contratto di lavoro somministrato a tempo determinato, evidenziare il numero delle proroghe eventualmente già stipulate nell’arco dei ventiquattro mesi
n) Sono state rispettate le clausole di contingentamento previste dalla contrattazione collettiva o in sua assenza le clausole legali di cui all’ art 31 comma 1 e 2 del D.lgs. 81/2015
Non applicabile in conseguenza della seguente esenzione:
o) Si tratta di attività di lavoro stagionale individuata con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali o rientrante nelle ipotesi previste dai contratti collettivi
SI’ (specificare….) NO
p) Indicare in maniera specifica la causale del contratto o della proroga laddove richiesto ai sensi dell’art 34 D.Lgs 81/2015 e della Legge 96/2018:
q) Ulteriori informazioni:
Data e Firma leggibile
lì
Timbro e firma del datore di lavoro Firma del lavoratore
11 Art. 76, 1° co., D.P.R. n. 445/2000: “Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”.