COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) MAIMERI Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXX DI TORREPADULA Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(NA) GUIZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 03/06/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della nullità di un contratto di fideiussione. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento.
La società attuale ricorrente stipulava con un terzo, in qualità di appaltatrice, un contratto avente ad oggetto la “progettazione direzione ed esecuzione dei lavori di ristrutturazione del locale commerciale … nonché della fornitura di elettrodomestici ed arredamento interno”. Considerato che il committente chiedeva di pagare ratealmente, il contratto prevedeva la stipula di una polizza fideiussoria - assicurativa o bancaria - a garanzia dei pagamenti.
La garanzia veniva prestata dall’odierno resistente, in data 14 luglio 2014, sotto forma di fideiussione dell’importo di € 40.000,00, caratterizzata dalla previsione della clausola “a prima richiesta”, e con rinuncia da parte del fideiussore al beneficio di preventiva escussione del debitore principale. In data 18 luglio 2014, “facendo affidamento sull’efficacia e validità di tale garanzia”, la società ricorrente sottoscriveva quindi il contratto d’appalto.
Il debitore principale, emetteva, altresì, assegni bancari “ad ulteriore garanzia dei pagamenti a farsi”. Tuttavia, il primo assegno, con data 20 agosto 2014, risultava
impagato per mancanza di provvista “e così pure altri assegni”. La ricorrente informava, pertanto, immediatamente il resistente “di tale grave inadempimento” e richiedeva all’intermediario, appunto nella qualità di garante, il pagamento delle somme come previsto nell’atto di fideiussione. Tuttavia l’intermediario “per sottrarsi all’obbligo di adempiere la garanzia”, invocava la clausola di cui all’art. 5 del contratto “eccependo che il socio contraente … non aveva prestato la garanzia ipotecaria ivi prevista”.
Ritenendo tale eccezione infondata, il 14 novembre 2014, la società ricorrente, tramite il proprio legale, ha presentato formale reclamo all’intermediario. La società deduce, innanzitutto, che la clausola invocata dalla resistente «non è in realtà qualificabile come una condizione ai sensi degli art. 1353 ss. c.c., in quanto essa non sospende gli effetti giuridici del contratto che è stato stipulato tra le parti; infatti all’art. 2 delle condizioni generali è espressamente previsto che il premio relativo al seguente contratto è, comunque, incamerato dalla Società e non potrà in alcun caso esserne richiesta la restituzione…». Secondo la società tale clausola «introduce a carico dell’altro contraente (e conseguentemente del terzo garantito) un onere che limita l’esercizio del suo diritto contrattuale in modo tale da snaturare causalmente il negozio giuridico di garanzia, facendo venir meno la naturale solidarietà tra il debito del fideiussore e quello del debitore principale, la quale è peraltro dichiaratamente voluta dalle parti contraenti».
Sulla base di tali premesse la società concludeva chiedendo all’intermediario di
«riconsiderare la richiesta di escussione della polizza, riscontrandola con esito positivo». Non soddisfatta del riscontro ricevuto, la società si è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario, sostenendo - sulla scorta di alcuni orientamenti della Cassazione e dello stesso Xxxxxxx – che «una clausola condizionale che snaturi il tipo di contratto al quale è apposta, alterando la causa che lo caratterizza peculiarmente è inficiata da nullità». La società ha quindi chiesto al Collegio di dichiarare la nullità della clausola dettata dall’art. 5, e, quindi, per l’effetto, di dichiarare l’intermediario tenuto ad adempiere gli obblighi nascenti dalla garanzia.
L’intermediario ha resistito depositando controdeduzioni con cui chiede il rigetto del ricorso.
Il resistente espone in fatto di avere rilasciato, in data 14 luglio 2014, un atto di fideiussione a favore della società ricorrente, con il quale si prestava garanzia fino alla concorrenza di € 40.000,00. La fideiussione, infatti, veniva rilasciata «a garanzia del corretto e puntuale pagamento di € 40.000,00 (euro quarantamila/00) per la progettazione, la direzione e l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione svolti nel locale commerciale sito in Napoli …, nonché della fornitura di elettrodomestici ed arredamento interno». Prosegue quindi osservando che sebbene l’art. 5 delle condizioni generali di fideiussione prevedesse che «il Contraente si obbliga a prestare garanzie ipotecarie a favore della Società fideiubente su beni, anche di terzi, del valore per lo meno equivalente alla garanzia prestata che non spiega alcun effetto giuridico fino all’avverarsi di tale condizione», tali garanzie di natura reale non venivano mai fornite.
Dopo aver sottolineato che la clausola sospensiva di cui all’art. 5 non atteneva al rapporto obbligatorio garantito, ma rappresentava una condizione idonea a incidere sull’efficacia dell’atto di fideiussione stesso, sicché «l’eccezione è opponibile anche al creditore garantito», il resistente insiste nell’affermare che «tale condizione sospensiva, il cui verificarsi non dipende dall’arbitrio del fideiussore, ma è ricollegabile ad un fatto volontario del contraente, non può essere considerata vessatoria» perché «non attiene ad una limitazione di responsabilità del fideiussore, ma all’insorgere stesso dell’obbligazione fideiussoria, con tutto ciò che ne consegue anche in ordine alla doppia sottoscrizione».
In conclusione, l’intermediario sostiene la piena validità della clausola, e dunque la legittimità del proprio rifiuto di adempiere gli obblighi derivanti dalla garanzia, sottolineando
che la clausola in parola risponderebbe ad un interesse pienamente meritevole di tutela – come riconosciuto dalla giurisprudenza – atteso che la funzione economica della clausola ipotecaria consiste nella possibilità che il garante possa esperire con successo l’eventuale azione di rivalsa nei confronti del debitore principale nel caso in cui, per l’inadempimento di quest’ultimo, il garante debba corrispondere il pagamento richiesto dal beneficiario.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Nel caso di specie si tratta di stabilire se la clausola dettata dall’art. 5 del contratto di fideiussione possa o meno considerarsi una condizione sospensiva meramente potestativa, il cui avveramento sia rimesso, cioè, alla mera volontà dell’obbligato sotto condizione. La risposta in senso affermativo a tale interrogativo comporterebbe, infatti, la nullità della clausola che dovrebbe considerarsi come non apposta.
Il carattere meramente potestativo è per vero escluso dall’intermediario – che è il soggetto che assume l’obbligo fideiussorio - sulla base della considerazione che l’avveramento dell’evento condizionante non dipenderebbe dal fatto proprio, bensì dal fatto di un terzo, qual è, rispetto alla fideiussione, il debitore garantito.
Tale rilievo, pur se formalmente esatto, non è però, a ben vedere, sufficiente per indirizzare la soluzione della controversia nel senso auspicato dal resistente. Gli è, infatti, che se è indubbio che l’avveramento della condizione di cui all’art. 5 non dipende formalmente solo da un comportamento del fideiussore, ossia del soggetto che assume l’obbligo con il contratto costituivo della garanzia, vero è anche che la condotta da cui dipende l’efficacia di quest’ultima è rimessa al mero arbitrio di colui che non solo (i) è l’obbligato al pagamento sulla base del contratto principale (nel caso l’appalto), che del rilascio della fideiussione rappresenta il presupposto, ma anche e soprattutto (ii) è il soggetto che – una volta che la garanzia dovesse essere escussa – sarebbe obbligato a rimborsare il garante.
Insomma, quel che si intende sottolineare è che se è vero, in astratto, che una clausola ipotecaria come quella prevista nell’articolo 5 ha una funzione meritevole di tutela (perché la previsione della controgaranzia ipotecaria per tutelare il credito di regresso serve a rafforzare la possibilità che il fideiussore, una volta adempiuto l’obbligo verso il beneficiario della garanzia, possa ottenere dall’obbligato principale quanto effettivamente pagato), vero è, tuttavia, che in concreto, per come è costruita, la clausola finisce per sterilizzare sine die l’efficacia della fideiussione. E ciò appunto perché mentre, da un lato, la costituzione della controgaranzia ipotecaria è rimessa al mero arbitrio dell’obbligato principale, dall’altro lato il fideiussore non ha comunque alcun interesse a stimolare il debitore principale a dare corso alle formalità necessarie a costituire l’ipoteca, in quanto comunque, fino a che le stesse non sono poste in essere, l’impegno fideiussorio è, a sua volta, sospeso.
Le considerazioni che precedono inducono, dunque, il Collegio a ritenere che la condizione sospensiva di cui all’art. 5, per com’è stata in concreto articolata, debba considerarsi nulla, perché integrante, nella sostanza seppure non nella forma, una condizione meramente potestativa il cui avveramento è rimesso alla mera volontà dell’obbligato, con conseguente piena efficacia della fideiussione.
D’altra parte, per scrupolo di completezza, preme aggiungere che al medesimo esito della piena efficacia della fideiussione si dovrebbe giungere, ad avviso del Collegio, anche nel caso in cui non si ritenesse di poter condividere la proposta qualificazione della condizione dell’art. 5 come meramente potestativa. Gli è, infatti, che - di là dalla questione se l’avveramento della condizione nel caso di specie sia rimesso o meno, nella sostanza
seppure non nella forma, alla mera volontà del fideiussore - un punto è certamente fuori discussione: ossia che il fideiussore non si è comunque in alcun modo attivato affinché il debitore principale costituisse la controgaranzia ipotecaria, nulla avendo fatto l’intermediario affinché il terzo si adoperasse per far avverare l’evento condizionante. Xxxx, a ben vedere, il fideiussore aveva un interesse contrario all’avveramento di tale evento, dal momento che esso avrebbe determinato l’inefficacia della stessa obbligazione fideiussoria.
Xxxxxx, se si tiene conto di ciò, ne discende che – se anche si volesse escludere la possibilità di sussumere la presente fattispecie nel paradigma disciplinato dall’art. 1355
c.c. – nel caso in esame si dovrebbe per lo meno ritenere applicabile la norma dettata dall’art. 1359 c.c., ai sensi della quale la condizione sospensiva si considera avverata qualora essa sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. Il che sembra appunto essere quanto si è verificato nella presente, nulla avendo in concreto fatto l’intermediario per procurarsi la controgaranzia ipotecaria, ovvero nulla avendo fatto per far si che si avverasse l’evento da cui dipendeva l’efficacia della fideiussione.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara non apposta la condizione sospensiva di efficacia della fideiussione nei sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1