Documento di consultazione
Documento di consultazione
Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato
Contributi pervenuti
Sommario
A) AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E SOCIETÀ PUBBLICHE 2
1. Agenzia del Demanio 2
2. Dipartimento per la Programmazione e il coordinamento della politica economica 2
3. Infrastrutture Lombarde s.p.a. 4
B) ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA E ORDINI PROFESSIONALI 7
4. Abi 7
5. Accredia 12
6. Aipark - Associazione Italiana tra gli Operatori nel Settore della Sosta e dei Parcheggi 13
7. Ance 14
8. Anci 19
9. Assilea - Associazione Italiana Leasing 21
10. Associazioni Acquanetwork - Xxxxxxxxxx.Xxx - European Acquatic Association 26
11. Assoimmobiliare 27
12. Conforma - Associazione Organismi Certificazione Ispezione Prova e Taratura 31
13. Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili 33
14. Oice 36
15. Renovate Italy 37
C) ALTRI 41
16. Conteco Check Srl 41
17. Xxx. Xxxx Xxxxx Xxxxx 43
18. Trigonella Gualtieri 44
19. Prof.ssa Xxxxxxxx Xxxxxx 44
A) AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE E SOCIETÀ PUBBLICHE
1. Agenzia del Demanio
2. L’attività di controllo delle amministrazioni aggiudicatrici.
Nell’ambito delle tematiche concernenti le attività del partenariato pubblico privato, si osserva che in relazione al project financing, l’art. 183 comma 9 del nuovo codice, ricalcando esattamente la precedente versione (art. 153 c. 9 del D.Lgs. 163/2006), prevede che le offerte debbano contenere un piano economico-finanziario “asseverato da un istituto di credito …. o da una società di revisione ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1966 del 1939”.
A tal proposito, si suggerisce di indicare nelle Linee Guida, da emanare ai sensi dell’art. 181 del D.Lgs. 50/2016, le società di revisione che in virtù dell’evoluzione normativa possano ritenersi legittimate all’attività di asseverazione dei PEF.
Una lettura restrittiva della norma comporterebbe di ricorrere esclusivamente all’elenco MISE; tuttavia, per prassi, anche le società di revisione iscritte nell’elenco del MEF asseverano PEF. In questo senso potrebbe essere utile chiarire in relazione alle attività di controllo delle Pubbliche amministrazioni l’ambito soggettivo degli asseveranti.
Analoga considerazione vale anche per la categoria delle società costituite da istituti di credito ed iscritte nell’elenco degli intermediari finanziari, ai sensi dell’art. 106 della legge 385/1993, laddove molte delle società iscritte nell’elenco dell’art. 106 della predetta legge svolgono attività di asseverazione di PEF.
Pertanto, considerato che anche altri soggetti dichiarano di svolgere in modo professionale e sistematico tale attività, si suggerisce di definire l’ambito soggettivo degli asseveranti che nella prassi sembra più ampio.
2. Dipartimento per la Programmazione e il coordinamento della politica economica
Introduzione
Con riferimento al Documento in consultazione relativo al “Monitoraggio delle amminsitrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato” (di seguito “Documento” o “Linee Guida”), pubblicato dall’Autorità nazionale anticorruzione sul proprio sito web istituzionale dal 10 al 27 giugno 2016, si riportano di seguito i commenti di questo Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della politica economica.
Si premette che l’art. 1 comma 589, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016), ha trasferito le competenze della soppressa Unità Tecnica Finanza di Progetto a questo Dipartimento il quale, nello svolgimento di tali funzioni, e in particolare nel supporto giuridico, tecnico ed economico finanziario - per operazioni di Partenariato Pubblico Privato (PPP) e Finanza di Progetto - alle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali, riscontra diverse assistenze attive che necessitano, tra l’altro, di una idonea impostazione delle Linee Guida oggetto di attuale consultazione pubblica.
1. L’analisi e l’allocazione dei rischi
Con riferimento al capitolo n. 3 (“Il trasferimento dei rischi all’operatore economico”), al capitolo n. 4 (“Strumenti per l’analisi e l’allocazione dei rischi”) e al capitolo n. 5 (“Strumenti per il monitoraggio dei rischi”) del Documento, si segnala che la ripartizione dei rischi tra soggetto pubblico e partner privato viene preliminarmente impostata nel bando per trovare il proprio compiuto assetto a valle dell'esperimento della fase di gara con la definizione dei documenti contrattuali, in particolare, con la definizione della convenzione a cui è allegato il piano economico
finanziario. La convenzione e il PEF definiscono la fisiologia del rapporto concessorio e, in tale contesto, la “Matrice dei rischi” si rivela, a ben vedere, come un utile elemento descrittivo di sintesi del rapporto giuridico e non, di per sé, come idoneo ad effettuare una corretta valutazione ed allocazione dei rischi.
Per tali motivi, si suggerisce di ponderare attentamente l’enfasi che il Documento riserva alla “Matrice dei rischi”, rispetto agli strumenti del contratto, del piano economico finanziario e, ove ritenuto opportuno, del Progetto di fattibilità. Premesso quanto sopra, si segnalano nel dettaglio i seguenti possibili elementi di approfondimento sul tema:
Rischio di costruzione
In tale categoria dovrebbero rientrare i rischi attinenti alla fase “Pre completion” associati al periodo di progettazione, realizzazione e completamento degli asset oggetto di un PPP, per questo motivo gli stessi dovrebbero essere allocati alla parte privata, come indicato dalle migliori prassi e linee guida nazionali ed internazionali sull’argomento.
Al proposito si segnala che il “Rischio amministrativo”, il “Rischio ambientale”, il “Rischio di commissionamento” - inseriti nel Documento sotto un’ampia definizione di “Rischio di costruzione“ - potrebbero essere trattati a parte all’interno della sezione “Altri rischi”. Questi, infatti, possono riguardare anche la fase gestionale del rapporto concessorio ovvero riferirsi a eventi non necessariamente ricadenti nell’esclusiva alea del soggetto privato.
Coerenza dell’allocazione dei rischi con le prescrizioni del Codice e con i criteri dettati da Eurostat Il comma 6 dell’articolo 180 del nuovo Codice, citato a pagina 7 del Documento, secondo il
quale “(…) In ogni caso, l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari” necessita - per la sua rilevanza - di un approfondimento.
Al proposito, si segnala che, ai fini di una opportuna interpretazione di quale sia la tipologia di contributo pubblico a cui si riferisce il “30 per cento”, le Linee Guida potrebbero considerare quanto già indicato dal Manuale sull’Indebitamento e sul Debito Pubblico (“MGDD”) di Eurostat (cfr. MGDD Part VI.4.3.3 punto 55). In tale prospettiva, il limite del 30 per cento citato è da considerarsi con esclusivo riferimento alle forme di contribuzione pubblica in conto investimenti. Si rappresenta, inoltre, che la definizione di “eventuali oneri finanziari” fornita dal Nuovo Codice è alquanto ampia e potrebbe indurre a dei comportamenti adattivi e distorsivi degli stakeholder che, per massimizzare la contribuzione pubblica, potrebbero considerare - in fase di stima del suddetto contributo - strutture finanziarie con leva finanziaria sovradimensionata nonché computare, per la definizione del limite del 30 per cento, gli oneri finanziari sull'intera durata del finanziamento. A tal proposito, si suggerisce, se possibile, di precisare che gli oneri finanziari da considerare sono da riferirsi esclusivamente al periodo di costruzione e/o di investimento iniziale, che generalmente coincide con il periodo di tiraggio del finanziamento senior, escludendo di conseguenza l’eventuale parte di oneri finanziari riguardanti la fase di gestione.
2. Sulla revisione del piano economico finanziario
Con riferimento alla procedura di riequilibrio del piano economico finanziario trattata nel paragrafo 4.3 del Documento si evidenzia quanto segue. Il D.Lgs. n. 50 del 2016 ha modificato la disciplina del riequilibrio del Piano economico finanziario (prima trattata dall’art. 143 commi 8 e 8 bis del D.Lgs. n. 163 del 2006), al comma 6 dell’art. 165 e al comma 3 dell’art. 182, espungendo il CIPE dalle procedure di riequilibrio e demandando NARS, ai fini della tutela della finanza pubblica strettamente connessa al mantenimento della corretta allocazione dei rischi nel contratto tra parte pubblica e parte privata, la valutazione della revisione dei Piani economico finanziari causata dal verificarsi di fatti non riconducibili all’operatore economico che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario. Da un lato, è previsto l’obbligo di subordinare le revisioni dei PEF di opere di interesse statale o comunque finanziate con contributo a carico dello Stato mentre, dall’altro lato, si individua la facoltà dell’amministrazione aggiudicatrice di sottoporre la revisione alla previa
valutazione del NARS. Appare, dunque, opportuno che le Linee Guida richiamino il ruolo del NARS previsto dal D.Lgs. n. 50 del 2016.
3. Infrastrutture Lombarde s.p.a.
Premessa
Scopo del presente documento è fornire una sintetica panoramica dei riscontri richiesti da ANAC in ordine agli strumenti di monitoraggio dei rischi individuati nel documento di consultazione sopracitato, derivante dalla pluriennale esperienza maturata da Infrastrutture Lombarde in materia di PPP: in particolare, la procedura utilizzata da XXXXX per l’affidamento delle Concessioni è stata quella prevista dall’ ex art. 143 e segg. del D.Lgs 163/2006, cd. Finanza di progetto, ad iniziativa pubblica ad eccezione, del progetto per la realizzazione della Nuova Città della Salute e della Ricerca dove si è seguito l’ex art. 153 del D.Lgs 163/2006.
1. Il trasferimento dei rischi all’operatore economico
Tutti i contratti di Concessione posti in essere in Regione Lombardia per tramite di Infrastrutture Lombarde trovano la loro impostazione nella Decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004 (“Long term contracts between government units and nongovernment partners, Public-Private Partnerships”, pubblicato il 25 ottobre 2004) che ha chiaramente circoscritto e definito i “rischi” che devono essere trasferiti al concessionario nella strutturazione delle concessioni per poter iscrivere un’opera (o asset) al di fuori del bilancio pubblico, con riferimento ai rischi connessi alla realizzazione e gestione del bene, oltre che al suo finanziamento.
L’ordinamento italiano ha recepito quanto previsto dalla Decisione Eurostat con il III Decreto correttivo al Codice dei Contratti, il quale al comma 15-ter dell’art. 3, dopo aver definito i contratti di partenariato pubblico-privato, ha previsto che “alle operazioni di partenariato pubblico privato si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”.
La Decisione Eurostat del 2004, nell’indicare le modalità di contabilizzazione nei bilanci pubblici dei contratti sottoscritti da soggetti pubblici nel quadro di partnership con i soggetti privati, individua tre categorie di rischi generali e le due condizioni che devono essere verificate nell’ambito delle partnership pubblico-private.
Tale condizione era stata inoltre esplicitamente richiamata nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del marzo 20091 dove si legge che il “sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata […] avviene nel caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti due condizioni:
1) il soggetto privato assume il rischio di costruzione;
2) il soggetto privato assume almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda”.
In altri termini, la permanenza in capo al privato del rischio economico connesso alla gestione è assicurata dall’assunzione, da parte di quest’ultimo, sia dei rischi inerenti le attività di costruzione, sia di quelli connessi alla gestione ed all’uso abituale dell’opera realizzata da parte del concedente. Ciò quand’anche il diritto di gestire sia accompagnato da un prezzo e consenta al concessionario medesimo di percepire proventi sia dall’utente-concedente che dall’utente esterno – sotto forma di canoni e di tariffe – per un determinato periodo di tempo.
Il diritto di gestione deve perciò comportare, di fatto, il trasferimento della responsabilità della gestione e di tutti i rischi ad essa connessi (rischi inerenti non soltanto all’attività di costruzione strictu sensu intesa ma anche quelli relativi alla gestione e all’uso abituale degli impianti). Si deve quindi trattare di una responsabilità che investe tutti gli aspetti tecnici, finanziari e gestionali dell’opera con la conseguenza che incomberanno al concessionario, tra gli altri, anche i compiti di
1 “Circolare con la quale di definiscono i criteri per la comunicazione di informazioni relative al partenariato pubblico- privato ai sensi dell’art. 44, comma 1-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1 della legge 28 febbraio 2008, n. 31”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 2009. dove si legge che il “sostanziale trasferimento di rischio dalla
effettuare tutti gli investimenti necessari affinché l’opera possa utilmente essere messa a disposizione degli utenti e a sopportarne l’onere di ammortamento.
Ciò premesso, in relazione al documento ANAC ed in particolare in ordine alla elencazione dei rischi di cui al cap.3
- per ciò che concerne il Rischio di Costruzione, la scrivente condivide l’analisi ed esplicitazione delle principali fattispecie concernenti tale rischio effettuata da ANAC, così come il cenno, tra gli “Altri rischi” ai rischi normativo-politico-regolamentare e finanziario;
- per ciò che concerne il Rischio di disponibilità ed il Rischio di domanda”, XXXXX ritiene che essi debbano essere opportunamente differenziati tra opere cosiddette “fredde” (nelle quali è la pubblica amministrazione ad essere l’acquirente principale dei servizi) ed opere “calde” (nelle quali l’acquirente è il mercato nella sua interezza) dal momento che l’allocazione di tali rischi tra parte pubblica e parte privata differisce in misura sostanziale nell’uno e nell’altro caso; con ciò determinando una differenza sostanziale nei contratti e negli obblighi connessi e conseguenti in capo alle parti.
In particolare, per quanto concerne la strutturazione specifica delle Concessioni Ospedaliere, con la già citata Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del marzo 2009 erano stati definiti gli adempimenti necessari al fine di verificare l’imputazione delle operazioni di PPP sul bilancio pubblico, a cura dell’Unità Tecnica Finanza di Progetto e dell’ISTAT; in tale contesto, si era chiarito che “i PPP regolamentati dalla decisione Eurostat sono caratterizzati dai seguenti elementi: […] la pubblica amministrazione deve essere l’acquirente principale dei servizi, sia quando la domanda sia generata dalla stessa pubblica amministrazione (a titolo di esempio: carceri, uffici giudiziari e altri uffici pubblici) sia che provenga da terzi utilizzatori (a titolo di esempio: ospedali, trasporto pubblico locale)”. Ed era stato precisato inoltre che “Qualora siano previsti pagamenti da parte degli utenti finali per i servizi collegati ad attività secondarie associate con l’infrastruttura, questi devono rappresentare una parte minoritaria dei ricavi complessivi del soggetto privato (a titolo di esempio, si consideri un ospedale in cui l’amministrazione in luogo degli utenti finali paga un canone per la disponibilità della struttura e per i servizi, mentre l’eventuale fruizione del parcheggio è pagata direttamente dagli utenti stessi al gestore privato)”.
E’ evidente che i rischi di disponibilità e di domanda non possono essere trattati allo stesso modo nei due casi, sia in termini di identificazione, che in termini di valutazione ed allocazione.
Quanto alla modalità di strutturazione del modello concessorio con la previsione di corrispettivi (di disponibilità e servizi) per le opere di edilizia ospedaliera, secondo le modalità utilizzate nei progetti lombardi, essa è riconducibile allo Schema di contratto di concessione elaborato dall’Unità tecnica per la Finanza di Progetto per le Opere di Edilizia Sanitaria (cfr. “Partenariato Pubblico-Privato per la realizzazione di strutture ospedaliere – Un modello di convenzione di concessione di lavori”, Marzo 2008).
In sintesi, a parere della scrivente il modello di concessione su opere di tal guisa, qualificate come “fredde”, deve necessariamente contemplare, sotto un profilo economico-finanziario, la corresponsione da parte della parte pubblica, durante la fase gestionale, di un corrispettivo per i servizi e le prestazioni effettuate dal privato a favore della controparte contrattuale, ovvero la stessa Pubblica Amministrazione.
Considerato, infatti, che essa costituisce l’utilizzatore esclusivo delle strutture ospedaliere nonché l’acquirente/utente finale delle prestazioni medesime, ben si comprende come una tale strutturazione non comporti, in alcun modo, il venir meno dell’alea gestionale in capo al privato anche se il diritto di gestire viene ad essere “accompagnato da un prezzo”, come previsto dalla stessa normativa nazionale e comunitaria (cfr. art. 1, lett. d, della direttiva lavori 93/37/CEE).
Alla luce della esperienza maturata in questi anni, nei quali ILSPA, fatti salvi i principi di cui sopra, ha proceduto anche ad implementare via via l’articolazione di procedure e relativi contratti al fine di allinearli sempre più alle norme e prassi più avanzate, si può affermare che il “corpus” legislativo e regolamentare così strutturato avesse raggiunto un grado di articolazione e stabilità tali da consentire buone prassi, sia in termini di efficienza, che di efficacia del procedimento ed, in definitiva, di costi per la collettività.
Pertanto, anche alla luce di quanto si dirà al paragrafo successivo, si esprime qui forte preoccupazione che il mercato non sarà in grado di recepire novità regolamentari che prevedessero meccanismi di analisi ed allocazione dei rischi decontestualizzati rispetto alla natura delle differenti iniziative di PPP.
A livello operativo, un’ultima menzione in relazione agli ulteriori rischi che possono considerarsi:
- la necessità di tenere conto del rischio inflazione in relazione al particolare contesto macro- economico nazionale ed internazionale;
- la criticità derivante dal dover tenere conto, tra i rischi di adeguamento normativo, di meccanismi di “soft law” in un “sistema paese”, quale quello italiano, che non li prevede né da un punto di vista strutturale (rif. Costituzione), né in termini di relazioni tra gli organi e le amministrazioni dello Stato, che a tale struttura fanno riferimento, ed il mondo imprenditoriale e degli operatori economici; ciò è suscettibile di generare incertezza ed “alea” che gli operatori economici potrebbero ragionevolmente non essere in grado di valutare e, conseguentemente, “prezzare” nelle fasi di predisposizione dell’offerta, prima, e gestione dell’iniziativa di PPP poi.
2. Strumenti per l’analisi e allocazione dei rischi.
La scrivente condivide l’impostazione secondo la quale la corretta strutturazione e l’ottimale allocazione dei rischi avvenga attraverso la costruzione della matrice dei rischi.
Alla luce di quanto su esposto, tuttavia, non può non evidenziarsi che nell’ambito delle concessioni ospedaliere, non essendo possibile configurare, per la fase gestionale, un rischio di domanda se non limitatamente alla gestione di casi specifici (ad es. la gestione di aree commerciali all’interno di ospedali di nuova realizzazione), sia necessario riconoscere al Concessionario corrispettivi:
- per la disponibilità, cioè i corrispettivi per la messa in disponibilità dell’opera alla pubblica amministrazione;
- per i servizi no-core, cioè i corrispettivi per la gestione dei servizi affidati in concessione,
Ciò, si precisa, avendo riguardo che la previsione dei pagamenti non sia stabilita contrattualmente in misura costante e indipendentemente dal volume e dalla qualità di servizi erogati, in altri termini, senza prevedere pagamenti non connessi direttamente alla disponibilità dell’opera o alla prestazioni dei servizi; e con un sistema di penali con applicazione automatica, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi dell’operatore economico, e prevedendo il sistema per ridurlo o annullarlo nei periodi di ridotta o nulla disponibilità dell’opera, nonché ridotta o mancata prestazione dei servizi.
In tal senso, gli schemi concessori adottati negli anni scorsi in Regione Lombardia garantiscono il rispetto della seguente matrice dei rischi:
FIGURA 1 - MATRICE DEI RISCHI
RISCHIO | Pubblico | Privato | |
1 | Amministrativo | X | |
2 | Progettazione | X | |
3 | Costruzione | X | |
4 | Finanziamento | X | |
5 | Mercato | X | |
6 | Gestione | X | |
7 | Forza maggiore | X | X |
A prescindere da quanto sopra, XXXXX evidenzia la necessità che, anche se la valutazione ed allocazione dei rischi, definitiva e calibrata sulla singola iniziativa, venisse lasciata ai singoli operatori (stazioni appaltanti) in funzione delle caratteristiche specifiche dell’opera da realizzare, l’autorità centrale debba provvedere ad identificare le previsioni di allocazione dei rischi principali in misura sufficientemente chiara e vincolante e non demandare a meccanismi di applicazione di soft-law dei cui profili di criticità si è più sopra accennato.
La necessità di identificare “ex ante” la matrice dei rischi a livello di autorità centrale trova giustificazione anche nella necessità di mantenere la necessaria chiarezza, come si diceva, in ordine alla netta distinzione sopra richiamata tra iniziative di PPP per opere “fredde” e per “opere calde”. Ciò soprattutto in relazione alle nuove previsioni di cui all’art. 180 comma 6) del D.Lgs 50/16 che limitano nel “30% del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari” il valore massimo del contributo pubblico (prezzo) “sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione”.
A parere della scrivente, infatti, tale previsione costituirà un forte fattore di rischio in relazione alla bancabilità dei progetti, in quanto i relativi debiti non saranno ammortizzabili se non a fronte di un aumento dei corrispettivi di disponibilità (scontati al WACC), determinando di conseguenza un costo finale sulla collettività maggiore di quanto non sarebbe stato con un maggior contributo pubblico iniziale.
In sintesi, gli operatori (stazioni appaltanti), stante le limitazioni di cui all’art. 180 comma 6) in relazione alla sostenibilità economica delle operazioni ed in mancanza di chiarezza in ordine a criteri di allocazione dei rischi che non tenessero in debita considerazione le specificità delle opere (opere “fredde” vs. opere “calde”), si troveranno di fronte all’unica alternativa possibile e cioè quella di non procedere con iniziative di opere “fredde” in PPP per non incorrere nel rischio di errate allocazioni e conseguenti profili di “illegittimità” dei contratti di affidamento; con ciò determinando, di fatto, la paralisi di determinati settori di OO.PP con tali modalità di realizzazione. Per contro, il rischio è quello di spingere le stazioni appaltanti ad adottare le ordinarie procedure di appalto che, anche laddove compatibili con i vincoli di bilancio e anche laddove venissero valutate con il principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non trasferiscono all’operatore privato in misura idonea quei rischi il cui trasferimento, al contrario, nelle iniziative di PPP costituisce, di fatto e come l’esperienza di ILSPA insegna, proprio il principale fattore affinché l’opera pubblica venga consegnata nei tempi previsti e con limitato livello di contenzioso; e ciò, evidentemente, a tutto vantaggio della collettività.
3. Altri temi
In ordine ai punti:
- “La corretta definizione delle clausole contrattuali”;
- “La revisione del Piano economico-finanziario”
- “Strumenti per il monitoraggio dei rischi”
ILSPA non ha particolari osservazioni nel senso che quanto al documento ANAC è già in linea con la prassi fin qui adottata nelle proprie procedure e contratti e che ad oggi non hanno presentato particolari criticità.
B) ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA E ORDINI PROFESSIONALI
4. Abi
Le seguenti osservazioni sono state condivise tra ABI, Ance, AIPARK e Legance nell’ambito del gruppo di lavoro sulla standardizzazione dei contratti del Partenariato Pubblico Privato.
L’analisi del documento di consultazione deve essere preceduto da alcune considerazioni preliminari.
In primo luogo appare opportuno evidenziare che la bozza di linee guida non offre spunti interpretativi per qualificare il rischio operativo nel contratto PPP e per distinguere il contratto PPP dalla concessione (atteso che l’art. 180, comma 8 include tra i contratti PPP anche le concessioni).
Poiché la disciplina di cui al DLgs 50/2016 può dare adito a dubbi interpretativi, appare opportuno che l’Anac, attraverso le linee guida, confermi l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità
per i contratti di PPP e, quindi, anche per le concessioni senza particolari limiti legati alle caratteristiche dell’opera, soprattutto in termini di capacità di generare flussi di cassa.
Infine, il riferimento ai principi contabili Eurostat per la contabilizzazione nel perimetro del debito pubblico dei contratti di PPP, viene assunto dalla bozza di Linee guida in commento come parametro ai fini della natura contrattuale del PPP. Sebbene tale impostazione derivi dall’applicazione della norma primaria, si esprime preoccupazione per la commistione di criteri statistici e dunque in divenire, con i principi giuridici che regolano il contratto PPP.
Inoltre, sembrerebbe che un’imperfetta allocazione del rischio in capo all’operatore economico possa determinare l’impossibilità di dare corso a contratti di partenariato.
Ambito di applicazione - L’attività di controllo delle amministrazioni aggiudicatrici
L’intento dichiarato dal legislatore sembra essere quello di ridurre “a monte” il rischio di possibili riclassificazioni ex post di un operazione di PPP da off a on balance sheet alla luce del Regolamento 549/2013 e del Manuale SEC 2010. Si ritiene che tale approccio, che risponde a criteri meramente contabili, non sia adeguato per definire una corretta ripartizione dei rischi tra le parti coinvolte e, soprattutto, di garantire la realizzabilità delle stesse opere.
Inoltre, appare opportuno evidenziare che la bozza di Linee guida non chiarisce le conseguenze di una non corretta allocazione del rischio operativo in capo all’operatore economico, sia nella fase di definizione del contratto, sia nei monitoraggi successivi volti a verificare la permanenza della corretta allocazione dei rischi.
Il trasferimento dei rischi all’operatore economico
In linea di principio, l’allocazione dei rischi deve seguire la logica secondo cui il rischio va affidato alla parte che è maggiormente in grado di controllarlo, pertanto si ritiene opportuno correggere il titolo del paragrafo 3 con il seguente: “Allocazione dei rischi tra operatore economico e concedente”.
Sulla base di tale principio, una corretta allocazione deve orientare le responsabilità dei soggetti coinvolti ad una maggiore efficienza, in modo che i comportamenti siano finalizzati alla gestione dei rischi (risk management) ed alla loro minimizzazione, già nella fase iniziale del procedimento.
Sulla base di tali premesse, appare – ad esempio – maggiormente coerente che la PA si assuma i rischi di natura regolatoria e amministrativa che possano avere effetti negativi sulla profittabilità del progetto; gli operatori economici, d’altro canto, sono maggiormente in grado di gestire (e prevenire) i rischi tecnici legati alla fase realizzativa dell’opera. In altri casi l’allocazione dei rischi è meno immediata: in generale (si pensi, ad esempio, ai rischi di mercato), la PA dovrebbe farsi carico dei rischi di ordine più macro, mentre i privati di quelli più legati ai comportamenti microeconomici della società di progetto (che costituiscono l’unica categoria di rischi effettivamente controllabili e prevenibili da parte dell’operatore economico).
Il trasferimento dei rischi sul concessionario, quindi, dovrà essere coerente con la capacità di gestione del rischio da parte di quest’ultimo. In caso contrario, il premio per il rischio “in eccesso” determinerebbe un costo finanziario dell’iniziativa troppo elevato che comporterà la non attuazione dello strumento del PPP.
Al contempo, il concessionario dovrà assumere tutti i rischi che è in grado di controllare, poiché questo incide positivamente sul controllo di tali rischi, migliorando la performance contrattuale.
Coerentemente con tale impostazione, nel documento, al paragrafo 3, si asserisce che “ciò che caratterizza un contratto di PPP, differenziandolo dal contratto d’appalto, è la ripartizione del rischio tra amministrazione e operatore economico”, formulazione che attribuisce alla singola amministrazione un ruolo non secondario nella gestione del rischio.
Il Rischio di costruzione
Riguardo al rischio di costruzione, si ritiene che i rischi specifici allocabili sul soggetto privato possano essere esclusivamente quelli da 5 a 9 dell’elenco di cui al paragrafo 3.1 della Bozza di Linee Guida. I rischi di cui ai punti 1-4 sfuggono, in larga parte, al controllo dell’operatore economico.
Pertanto, laddove il ricorrere dell’evento rilevante non dipenda da un inadempimento del privato agli obblighi previsti in convenzione (si pensi non corretta presentazione delle richieste per permessi e autorizzazioni) tali circostanze dovrebbero comunque dare luogo ad un riequilibrio a favore del soggetto privato. Si segnala, a tale proposito, che una diversa allocazione dei rischi potrebbe pregiudicare la possibilità di finanziare l’opera.
Rischio di commissionamento
Tale rischio non appare, in alcun modo, gestibile dalla controparte privata.
Premesso che il consenso sulla realizzazione dell’opera pubblica deve essere acquisito dal soggetto concedente prima dell’avvio dell’iniziativa, nel caso in cui la contrarietà della popolazione dovesse bloccare o rallentare l’operazione, il rischio xxxxxxxx xxxx’altro allocato in capo all’ente concedente.
Rischio amministrativo
Il mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni, si configura come una tipica causa non imputabile al concessionario (salvo il caso in cui il mancato rilascio dipenda da un inadempimento del concessionario nella fase di presentazione dell’istanza di rilascio/ottenimento del relativo permesso o autorizzazione).
In linea generale, tale rischio dovrebbe essere allocato sul soggetto concedente, l’unico in grado di gestirlo, anche in considerazione del complesso iter di approvazione dei progetti infrastrutturali nel quale l’operatore economico un ruolo residuale e prodromico di predisposizione della progettazione/documentazione necessaria a fini autorizzativi.
Ovviamente l’operatore economico dovrà compiere tutti gli atti necessari per il perfezionamento delle procedure per la richiesta di autorizzazione, secondo i tempi e le modalità previste dalla normativa vigente. Solo in caso contrario sarà possibile attribuire una responsabilità in capo al soggetto privato.
In ogni caso non deve mai essere attribuito al concessionario il rischio legato all’esito delle procedure amministrative.
Rischio espropri
La compartecipazione al rischio da parte dei privati in tale categoria di rischio, è immaginabile solo per la parte relativa all’attivazione delle procedure di esproprio, se poste in capo al concessionario, mai con il loro esito.
Qualora l’esercizio dei poteri espropriativi sia delegato all’operatore economico, infatti, in capo a questi resterà allocato il rischio della buona esecuzione, nel rispetto delle modalità e tempistiche di legge, delle procedure di esproprio, mai del loro esito, che dovrebbe restare a carico del soggetto concedente.
Deve peraltro precisarsi che, anche in caso di delega dei poteri espropriativi da parte del Concedente, l’adozione di diversi atti della procedura espropriativa resta sovente in capo al Concedente, residuando in capo al Concessionario l’attività prodromica al raggiungimento di accordi bonari con i proprietari delle aree necessarie alla realizzazione dell’opera. Tale circostanza corrobora l’esigenza che eventuali ritardi e/o extra-costi rivenienti dalla procedura espropriativa, ove correttamente espletata dal concessionario per quanto di propria competenza, non possano essere assunti dalla parte privata.
Rischio ambientale/o archeologico
Se rinvenuti successivamente all’approvazione della progettazione definitiva, e successivamente al rilascio delle autorizzazioni degli enti preposti, eventuali maggiori costi di bonifica o di adeguamento idrogeologico, oppure relativi a ritrovamenti archeologici costituiscono eventi di forza maggiore e, come tali, non possono essere attribuiti alla responsabilità del concessionario ma dovrebbero dare avvio ad una revisione del PEF.
Rischio di progettazione - Rischio di esecuzione dell’opera difforme dal progetto, collegato al mancato rispetto degli standard di progetto - Rischio di aumento del costo dei fattori produttivi o di inadeguatezza o indisponibilità di quelli previsti nel progetto;
E’ possibile immaginare una compartecipazione al rischio in presenza di eventi eccezionali di carattere economico che impongano shock significativi al costo di alcuni materiali o alla loro scarsa disponibilità sul mercato senza che sia possibile una loro sostituzione con fattori produttivi analoghi.
Si ritiene, quindi, che il rischio debba essere condiviso tra privato e soggetto pubblico qualora l’aumento dei costi vada oltre la normale prevedibilità e ricada nell’ipotesi di impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta.
Con riferimento alla fase di costruzione, appare opportuno aggiungere all’elenco riportato il seguente:
- rischio gestione delle interferenze per sovra servizi e sotto servizi. Tale rischio, dipendendo da terzi (i gestori interferiti) non potrà essere a carico del soggetto privato.
Il Rischio di domanda
In generale, la ricognizioni del rischio di domanda appare corretta, fermo restando la corretta allocazione di tale rischio tra soggetto pubblico e soggetto privato.
Vale la pena considerare, però, che per una significativa pluralità di opere, la previsione di un rischio di domanda totale o eccessivamente elevato a carico del soggetto privato rende estremamente difficoltoso e, in alcuni casi impossibile, reperire le risorse finanziarie di debito (finanziamento o debt capital market). Per questo il mercato finanziario, per tali opere, predilige, di regola, una strutturazione di progetti PPP sulla base di un canone di disponibilità. Le linee guida potrebbero offrire un chiarimento univoco circa l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità per i contratti PPP e, quindi, anche per le concessioni, senza particolari limiti legati alle caratteristiche dell’opera.
Con riferimento ai rischi elencati, dovrebbe essere inserito il concetto di forza maggiore, riguardante fatti comunque imprevedibili che abbiano effetti negativi sull’equilibrio.
Inoltre, appare opportuno prevedere i rischi derivanti da decisioni dell’ente concedente che influiscano direttamente sul livello di domanda dell’opera realizzata in PPP. Si pensi, ad esempio, al caso di un parcheggio, in cui l’ente concedente non provveda al controllo della sosta nelle aree limitrofe o modifichi gli accessi all’infrastruttura. In questi casi, gli eventuali aggravi in termini di costi e tempi dovranno essere a carico del soggetto concedente.
In proposito, giova ricordare che secondo lo stesso Manuale SEC 2010, laddove le variazioni della domanda conseguano a condotte del settore pubblico (per tale intendendosi non solo il concedente), come mutamenti politici o sviluppo di infrastrutture concorrenti con quella oggetto del contratto realizzate su mandato del settore pubblico, un adeguamento nei pagamenti periodici del partner pubblico o pagamenti in compensazione al privato non comporterebbero una riclassificazione dell’asset sul bilancio dell’amministrazione.
Inoltre, in coerenza con i principi dettati dalla Direttiva 24/2014/EU e dal Manuale SEC 2010:
(i) non dovrebbe essere allocato sul concessionario il rischio derivante da crisi finanziarie sistemiche, vale a dire depressioni critiche dei cicli economici a fronte delle quali l’operatore privato, per l’entità e la forza d’urto, nulla potrebbe. Tale principio dovrebbe indurre a prevedere meccanismi contrattuali di bilanciamento nell’allocazione del rischio finanziario, a fronte di eventi il cui verificarsi non è controllabile da parte del concessionario;
(ii) variazioni della domanda dipendenti da eventi eccezionali di forza maggiore, espressamente indicati nell’impianto contrattuale con esclusione dei rischi macro-economici di regola sopportati dagli operatori privati, potrebbero essere allocate sul concedente senza determinare una riclassificazione on balance degli assets.
Il Rischio di disponibilità
L’allocazione sul privato di un rischio di manutenzione straordinaria non programmata, derivante da fatti imprevedibili (quali forza maggiore, sopravvenute esigenze tecniche etc) dovrebbe dare in ogni caso diritto al riequilibrio del progetto
Rischio di obsolescenza tecnica.
Appare opportuno chiarire che il rischio di obsolescenza tecnica, non deve essere confuso con il processo di miglioramento tecnologico che può rendere desiderabile un aggiornamento degli impianti. Si tratterebbe, infatti, di un rischio imprevedibile, che non può ricadere sull’operatore economico la cui attività di gestione deve riferirsi alla tecnologia disponibile al momento della sottoscrizione del contratto e in esso prevista. Eventuali miglioramenti tecnologici devono essere concordati tra le parti e dare luogo ad una procedura di riequilibrio del Piano Economico – Finanziario.
Altri rischi
Le alterazioni dell’equilibrio economico-finanziario della concessione, causate da sopravvenute disposizioni legislative, anche fiscali, dovrebbero determinare la revisione del Piano, al fine di sterilizzare per il concessionario gli effetti, positivi o negativi, sull’equilibrio economico finanziario della concessione direttamente riconducibili a tali modifiche.
Rischio finanziario
In presenza di situazioni eccezionali che impediscano l’accesso ai mercati finanziari a condizioni “normali” sarebbe opportuno prevedere una compartecipazione al rischio da parte del soggetto concedente. Aumenti dei tassi di interesse a livelli oggettivamente “straordinari”, o l’impossibilità di reperire sufficienti finanziamenti necessari per problemi di carattere generale, dovrebbero prevedere una distribuzione degli effetti del rischio sulle parti coinvolte, prevedendo una revisione delle condizioni di equilibrio del Piano Economico Finanziario.
La bozza di linee guida segnala correttamente che tale rischio può derivare da fatti esogeni non controllabili dal soggetto aggiudicatario di un contratto PPP. Al riguardo, si segnala che, proprio riconoscendo tale elemento di fatto, la previsione di una risoluzione automatica del contratto appare un rimedio non adeguato anche in una prospettiva di economicità. Sarebbe invece opportuno, nelle ipotesi eccezionali sopra ricordate; ammettere, de jure condendo, la possibilità per l’amministrazione, a valle di un adeguato sounding di mercato, di accordare un aggiornamento del piano economico finanziario per riflettere le condizioni di finanziamento riconosciute dal mercato.
Rischio delle relazioni industriali
Sarebbe opportuno specificare che eventuali agitazioni legate a fattori esogeni possano essere considerati come “eventi di forza maggiore”, e dar luogo al riequilibrio del piano economico finanziario o, nei casi più gravi di forza maggiore prolungata, alla risoluzione della concessione.
Rischio di valore residuale
L’eventualità che la gara per la ricerca del concessionario subentrante vada deserta, e che quindi il concessionario uscente non riceva tale corrispettivo, dovrebbe essere mitigato in via contrattuale. In ogni caso, tale rischio dovrebbe essere attribuito all’Amministrazione concedente, che assumerà l’obbligo di versare al concessionario uscente il valore del corrispettivo di retrocessione, riconoscendo allo stesso, fino alla data di pagamento del valore di subentro, la facoltà di proseguire nella gestione dell’opera sino al completo ammortamento, compatibilmente con la normativa di settore e con quanto stabilito nella convenzione.
Con riferimento agli altri rischi, appare opportuno aggiungere all’elenco riportato il seguente:
- Rischio eventi imprevedibili di eccezionale portata: la convenzione dovrebbe sempre stabilire che gli eventi straordinari, non preventivabili e non riconducibili alla responsabilità dell’operatore economico, in grado di influenzare la realizzazione e/o la gestione dell’opera e di ripercuotersi
negativamente (eventi destabilizzanti) o positivamente (eventi favorevoli) sull’equilibrio del piano economico-finanziario, determinino un processo di revisione del PEF.
La matrice dei rischi
Se la matrice dei rischi è indubbiamente utile sotto il profilo della gestione contrattuale e della chiarezza interpretativa, è necessario, tuttavia, precisare che questa non può essere sostitutiva del regolamento contrattuale che, in caso di conflitto, dovrà comunque prevalere. Si ritiene necessario dare atto di tale principio in un’ottica di certezza contrattuale.
La matrice dei rischi, potrà costituire un valido strumento sistematico-interpretativo per la gestione del contratto e potrà essere condivisa tra le parti.
E’ evidente tuttavia che alcuni aspetti della matrice proposta scontano una valutazione soggettiva forse non rilevante ai fini della condivisione tra le parti [es colonna delle probabilità dei rischi e colonna dei maggiori costi derivanti]. Si ritiene pertanto opportuno eliminare le prime due colonne della matrice soprariportata.
La corretta definizione delle clausole contrattuali
Con riferimento alla lettera c) “l’obbligo per l’operatore economico di acquisire tutte le approvazioni necessarie oltre quelle già ottenute in sede di approvazione del progetto”, come detto in precedenza, il mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni, si configura come una tipica causa non imputabile al concessionario.
In linea generale, tale rischio dovrebbe essere allocato sul soggetto concedente,
Appare opportuno prevedere alla lettera r) “il corrispettivo per il valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine del rapporto contrattuale” anche le modalità e le tempistiche di pagamento del valore residuo.
Il flusso informativo per il monitoraggio sui rischi
Nell’ambito del flusso informativo per il monitoraggio sui rischi, sarebbe opportuno favorire la trasparenza delle informazioni nei confronti degli utenti finali del servizio, prevedendo la pubblicazione online almeno di parte delle informazioni relative alla realizzazione e alla gestione del progetto (nel rispetto della normativa a tutela della privacy e delle privative intellettuali).
5. Accredia
Il documento ANAC sul monitoraggio dei contratti di partenariato pubblico-privato, costituisce uno strumento per guidare la Pubblica Amministrazione alla valutazione e corretta allocazione dei rischi associati alla realizzazione di opere in partenariato con Soggetti privati.
Tra i rischi individuati che necessitano di valutazione e gestione, il rischio finanziario coinvolge, insieme alla Pubblica Amministrazione Committente e al Costruttore, anche le Banche e le Assicurazioni che possono essere chiamate rispettivamente a finanziare e assicurare i crediti concessi per avviare e sviluppare le opere.
A questo proposito, si ritiene opportuno che il documento ANAC prenda in considerazione uno strumento messo a disposizione dall’UNI, Ente di Normazione italiano, nato dall’esigenza di garantire Banche ed Assicurazioni circa una gestione corretta ed efficace degli strumenti finanziari, in stretto collegamento con lo sviluppo delle opere edili: la specifica tecnica UNI/TS 11453 - Linea Guida per l’iter di finanziamento delle costruzioni.
La UNI/TS 11453 infatti, si applica al settore delle costruzioni italiane ed è rivolta a tutti gli Operatori del settore: Enti pubblici e Imprese di costruzione/developer, per iniziative private o di Partenariato Pubblico Privato per:
• interventi edilizi;
• opere di urbanizzazione primaria;
• infrastrutture (come ponti, strade, ferrovie, scuole, ospedali, carceri).
La UNI/TS 11453 non è un documento di riferimento per ottenere una certificazione, ma definisce una metodologia di lavoro che conduce chi la adotta alla raccolta e all’organizzazione, all’interno di un archivio unico, delle molte informazioni di tipo tecnico-progettuale-finanziario e specialistico che mettono in relazione le esigenze produttive e quelle finanziarie, a partire dalle fasi progettuali.
Il metodo favorisce pertanto una profonda cognizione della fattibilità economica e finanziaria dell’opera, in prima battuta, e una idonea gestione delle esigenze finanziarie in seguito all’inizio dei lavori.
La Linea Guida UNI/TS 11453 dà, inoltre, un supporto specifico anche nella fase di contrattazione, inquadrando la documentazione necessaria a fornire all’Istituto di credito quanto necessario alla deliberazione, semplificando e accelerando l’iter di concessione.
La disponibilità di informazioni pertinenti e organizzate e le garanzie sulla gestione dell’aspetto finanziario permettono al Soggetto pubblico promotore l’attribuzione meno aleatoria di un rating di rischiosità, per l’aspetto finanziario, che riteniamo potrà essere significativamente più basso rispetto a quello attribuibile a Operatori che non adottano la norma. Tanto più se si tratta di piccole e medie imprese, che non hanno funzioni sufficientemente professionali dedicate alla gestione finanziaria.
La Guida UNI/TS 11453, infine, potrebbe essere utilizzata anche dalla Pubblica Amministrazione come supporto per identificare gli aspetti determinanti della gestione finanziaria ai fini dell’attribuzione di un indice di rischiosità all’Operatore privato coinvolto nel Partenariato Pubblico Privato.
Si segnala che le attività di verifica e controllo relative ai contratti di partenariato pubblico-privato potrebbero essere condotte da Organismi di ispezione che operano in conformità alla norma UNI XXX XX XXX/XXX 00000. Tali Organismi sono accreditabili ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008, e garantiscono professionalità, terzietà e indipendenza delle proprie valutazioni.
6. Aipark - Associazione Italiana tra gli Operatori nel Settore della Sosta e dei Parcheggi
AIPARK è l’Associazione Italiana tra gli Operatori nel Settore della Sosta e dei Parcheggi e dal 2014 partecipa al gruppo di lavoro sul PPP promosso e coordinato dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE).
Pertanto AIPARK ha condiviso le osservazioni al documento in consultazione trasmesso da ANCE i cui elementi più significativi per il settore che rappresenta AIPARK sono di seguito riportati.
In relazione al rischio di domanda vale la pena considerare che per una significativa pluralità di opere la previsione di un rischio di domanda totale o eccessivamente elevato a carico del soggetto privato rende estremamente difficoltoso, e in alcuni casi impossibile, reperire le risorse finanziarie di debito. Inoltre, appare opportuno prevedere i rischi derivanti da decisioni dell’ente concedente (o da altri enti pubblici) che influiscano direttamente sul livello di domanda dell’opera realizzata in PPP. Si pensi, ad esempio, al caso di un parcheggio, in cui l’ente concedente non provveda al controllo della sosta nelle aree limitrofe o modifichi gli accessi all’infrastruttura. In questi casi, gli eventuali aggravi in termini di costi e tempi o di minori ricavi dovranno essere a carico del soggetto concedente.
Di conseguenza tutto questo dovrebbe prevedere nei rischi specifici della categoria relativa al Par.
3.2 “Il Rischio di domanda” e nel Par. 4.1 “Matrice di Xxxxxx” una casistica in cui se la contrazione della domanda è determinata da una non corretta adozione e attuazione degli strumenti pianificatori da parte del Concedente (o da altri enti pubblici), tale rischio non può che ricadere in capo al Concedente medesimo in quanto soggetto responsabile che ha maggiori capacità di gestirlo.
In relazione agli altri rischi le alterazioni dell’equilibrio economico-finanziario della concessione, causate da sopravvenute disposizioni legislative, anche fiscali (in particolare le imposte locali, quali IMU, TASi, TARSU/TARI, hanno subito negli ultimi anni incrementi significativi a carico dei Concessionari), dovrebbero determinare la revisione del Piano, al fine di sterilizzare per il
concessionario gli effetti, positivi o negativi, sull’equilibrio economico finanziario della concessione direttamente riconducibili a tali modifiche.
Si ritiene, infine, che l’utilizzo del partenariato pubblico privato possa avvenire solo sulla base di un’adeguata istruttoria nell’ambito della fase di programmazione antecedentemente all’affidamento del contratto. Pertanto è di fondamentale importanza che le amministrazioni pubbliche concedenti adottino e attuino un quadro programmatico corretto, certo e coerente con le esigenze pubbliche che si intendono soddisfare. Sotto questo profilo si invitano le amministrazioni a cogliere l’opportunità di avviare procedure di consultazione preliminare, il c.d. dibattito pubblico previsto dall’art. 22 del Codice, anche con associazioni di categoria in grado di mettere a disposizione le loro best practice e la loro esperienza specifica di settore, con la finalità di individuare e risolvere in anticipo gran parte delle potenziali criticità.
7. Ance
In linea generale, si esprimere apprezzamento per la tempestività con la quale l’ANAC ha affrontato il tema dell’allocazione dei rischi nelle operazioni di partenariato pubblico privato.
Tuttavia, appare necessario evidenziare che l’allocazione dei rischi proposta nella bozza di Linee Guida, e la relativa matrice, non sembrano garantire una corretta allocazione, tale da preservare gli interventi dalle conseguenze di una traslazione sull’operatore economico di rischi che questi non ha alcuna possibilità di gestire.
Il trasferimento dei rischi sull’operatore economico dovrà essere coerente con la capacità di gestione del rischio da parte di quest’ultimo. In caso contrario, il premio per il rischio “in eccesso” determinerebbe un costo finanziario dell’iniziativa troppo elevato che comporterà la non attuazione dell’operazione di Partenariato Pubblico Privato.
L’analisi del presente documento di consultazione deve essere preceduto da alcune considerazioni preliminari .
In primo luogo appare opportuno evidenziare che la bozza di linee guida non offre spunti interpretativi per qualificare il rischio operativo nel contratto PPP e per distinguere il contratto PPP dalla concessione (atteso che l’art. 180, comma 8 include tra i contratti PPP anche le concessioni).
Poiché la disciplina di cui al DLgs 50/2016 può dare adito a dubbi interpretativi, appare opportuno che l’Anac, attraverso le linee guida, confermi l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità per i contratti di PPP e, quindi, anche per le concessioni senza particolari limiti legati alle caratteristiche dell’opera, soprattutto in termini di capacità di generare flussi di cassa.
Infine, il riferimento ai principi contabili Eurostat per la contabilizzazione nel perimetro del debito pubblico dei contratti di PPP, viene assunto dalla bozza di Linee guida in commento come parametro ai fini della natura contrattuale del PPP. Sebbene tale impostazione derivi dall’applicazione della norma primaria, si esprime preoccupazione per la commistione di criteri statistici e dunque in divenire, con i principi giuridici che regolano il contratto PPP.
Inoltre, sembrerebbe che un’imperfetta allocazione del rischio in capo all’operatore economico possa determinare l’impossibilità di dare corso a contratti di partenariato.
2. L’attività di controllo delle amministrazioni aggiudicatrici
L’intento dichiarato dal legislatore sembra essere quello di ridurre “a monte” il rischio di possibili riclassificazioni ex post di un operazione di PPP da off a on balance sheet alla luce del Regolamento 549/2013 e del Manuale SEC 2010. Si ritiene che tale approccio, che risponde a criteri meramente contabili, non sia adeguato per definire una corretta ripartizione dei rischi tra le parti coinvolte e, soprattutto, di garantire la realizzabilità delle stesse opere.
Inoltre, appare opportuno evidenziare che la bozza di Linee guida non chiarisce le conseguenze di una non corretta allocazione del rischio operativo in capo all’operatore economico, sia nella fase di
definizione del contratto, sia nei monitoraggi successivi volti a verificare la permanenza delle corretta allocazione dei rischi.
3. Il trasferimento dei rischi all’operatore economico
In linea di principio, l’allocazione dei rischi deve seguire la logica secondo cui il rischio va affidato alla parte che è maggiormente in grado di controllarlo, pertanto si ritiene opportuno correggere il titolo del paragrafo 3 con il seguente: “Allocazione dei rischi tra operatore economico e concedente”.
Sulla base di tale principio, una corretta allocazione deve orientare le responsabilità dei soggetti coinvolti ad una maggiore efficienza, in modo che i comportamenti siano finalizzati alla gestione dei rischi (risk management) ed alla loro minimizzazione, già nella fase iniziale del procedimento.
Sulla base di tali premesse, appare – ad esempio – maggiormente coerente che la PA si assuma i rischi di natura regolatoria e amministrativa che possano avere effetti negativi sulla profittabilità del progetto; gli operatori economici, d’altro canto, sono maggiormente in grado di gestire (e prevenire) i rischi tecnici legati alla fase realizzativa dell’opera. In altri casi l’allocazione dei rischi è meno immediata: in generale (si pensi, ad esempio, ai rischi di mercato), la PA dovrebbe farsi carico dei rischi di ordine più macro, mentre i privati di quelli più legati ai comportamenti microeconomici della società di progetto (che costituiscono l’unica categoria di rischi effettivamente controllabili e prevenibili da parte dell’operatore economico).
Il trasferimento dei rischi sul concessionario, quindi, dovrà essere coerente con la capacità di gestione del rischio da parte di quest’ultimo. In caso contrario, il premio per il rischio “in eccesso” determinerebbe un costo finanziario dell’iniziativa troppo elevato che comporterà la non attuazione dello strumento del PPP.
Al contempo, il concessionario dovrà assumere tutti i rischi che è in grado di controllare, poiché questo incide positivamente sul controllo di tali rischi, migliorando la performance contrattuale.
Coerentemente con tale impostazione, nel documento, al paragrafo 3, si asserisce che “ciò che caratterizza un contratto di PPP, differenziandolo dal contratto d’appalto, è la ripartizione del rischio tra amministrazione e operatore economico”, formulazione che attribuisce alla singola amministrazione un ruolo non secondario nella gestione del rischio.
3.1 Il Rischio di costruzione
Riguardo al rischio di costruzione, si ritiene che i rischi specifici allocabili sul soggetto privato possano essere esclusivamente quelli da 5 a 9 dell’elenco di cui al paragrafo 3.1 della Bozza di Linee Guida. I rischi di cui ai punti 1-4 sfuggono, in larga parte, al controllo dell’operatore economico. Pertanto, laddove il ricorrere dell’evento rilevante non dipenda da un inadempimento del privato agli obblighi previsti in convenzione (si pensi non corretta presentazione delle richieste per permessi e autorizzazioni) tali circostanze dovrebbero comunque dare luogo ad un riequilibrio a favore del soggetto privato. Si segnala, a tale proposito, che una diversa allocazione dei rischi potrebbe pregiudicare la possibilità di finanziare l’opera.
1.rischio di commissionamento
Non appare, in alcun modo, gestibile dalla controparte privata.
Premesso che il consenso sulla realizzazione dell’opera pubblica deve essere acquisito dal soggetto concedente prima dell’avvio dell’iniziativa, nel caso in cui la contrarietà della popolazione dovesse bloccare o rallentare l’operazione, il rischio xxxxxxxx xxxx’altro allocato in capo all’ente concedente.
2. rischio amministrativo
Il mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni, si configura come una tipica causa non imputabile al concessionario (salvo il caso in cui il mancato rilascio dipenda da un inadempimento del concessionario nella fase di presentazione dell’istanza di rilascio/ottenimento del relativo permesso o autorizzazione).
In linea generale, tale rischio dovrebbe essere allocato sul soggetto concedente, l’unico in grado di gestirlo, anche in considerazione del complesso iter di approvazione dei progetti infrastrutturali nel quale l’operatore economico un ruolo residuale e prodromico di predisposizione della progettazione/documentazione necessaria a fini autorizzativi.
Ovviamente l’operatore economico dovrà compiere tutti gli atti necessari per il perfezionamento delle procedure per la richiesta di autorizzazione, secondo i tempi e le modalità previste dalla normativa vigente. Solo in caso contrario sarà possibile attribuire una responsabilità in capo al soggetto privato.
In ogni caso non deve mai essere attribuito al concessionario il rischio legato all’esito delle procedure amministrative.
3. rischio espropri
La compartecipazione al rischio da parte dei privati in tale categoria di rischio, è immaginabile solo per la parte relativa all’attivazione delle procedure di esproprio, se poste in capo al concessionario, mai con il loro esito.
Qualora l’esercizio dei poteri espropriativi sia delegato all’operatore economico, infatti, in capo a questi resterà allocato il rischio della buona esecuzione, nel rispetto delle modalità e tempistiche di legge, delle procedure di esproprio, mai del loro esito, che dovrebbe restare a carico del soggetto concedente.
Deve peraltro precisarsi che, anche in caso di delega dei poteri espropriativi da parte del Concedente, l’adozione di diversi atti della procedura espropriativa resta sovente in capo al Concedente, residuando in capo al Concessionario l’attività prodromica al raggiungimento di accordi bonari con i proprietari delle aree necessarie alla realizzazione dell’opera. Tale circostanza corrobora l’esigenza che eventuali ritardi e/o extra-costi rivenienti dalla procedura espropriativa, ove correttamente espletata dal concessionario per quanto di propria competenza, non possano essere assunti dalla parte privata.
4. rischio ambientale/o archeologico
Se rinvenuti successivamente all’approvazione della progettazione definitiva, e successivamente al rilascio delle autorizzazioni degli enti preposti, eventuali maggiori costi di bonifica o di adeguamento idrogeologico, oppure relativi a ritrovamenti archeologici costituiscono eventi di forza maggiore e, come tali, non possono essere attribuiti alla responsabilità del concessionario ma dovrebbero dare avvio ad una revisione del PEF.
7. rischio di aumento del costo dei fattori produttivi o di inadeguatezza o indisponibilità di quelli previsti nel progetto;
E’ possibile immaginare una compartecipazione al rischio in presenza di eventi eccezionali di carattere economico che impongano shock significativi al costo di alcuni materiali o alla loro scarsa disponibilità sul mercato senza che sia possibile una loro sostituzione con fattori produttivi analoghi.
Si ritiene, quindi, che il rischio debba essere condiviso tra privato e soggetto pubblico qualora l’aumento dei costi vada oltre la normale prevedibilità e ricada nell’ipotesi di impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta.
8. rischio di errata valutazione dei costi e tempi di costruzione, anche conseguenti alle varianti richieste dal concedente;
9. rischio di inadempimenti contrattuali di fornitori e subappaltatori.
Con riferimento alla fase di costruzione, appare opportuno aggiungere all’elenco riportato il seguente:
• rischio gestione delle interferenze per sovra servizi e sotto servizi. Tale rischio, dipendendo da terzi (i gestori interferiti) non potrà essere a carico del soggetto privato.
3.2 Il Rischio di domanda
In generale, la ricognizioni del rischio di domanda appare corretta, fermo restando la corretta allocazione di tale rischio tra soggetto pubblico e soggetto privato.
Vale la pena considerare, però, che per una significativa pluralità di opere, la previsione di un rischio di domanda totale o eccessivamente elevato a carico del soggetto privato rende estremamente difficoltoso e, in alcuni casi impossibile, reperire le risorse finanziarie di debito (finanziamento o debt capital market). Per questo il mercato finanziario, per tali opere, predilige, di regola, una strutturazione di progetti PPP sulla base di un canone di disponibilità. Le linee guida potrebbero offrire un chiarimento univoco circa l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità per i contratti PPP e, quindi, anche per le concessioni, senza particolari limiti legati alle caratteristiche dell’opera.
Con riferimento ai rischi elencati, dovrebbe essere inserito il concetto di forza maggiore, riguardante fatti comunque imprevedibili che abbiano effetti negativi sull’equilibrio.
Inoltre, appare opportuno prevedere i rischi derivanti da decisioni dell’ente concedente che influiscano direttamente sul livello di domanda dell’opera realizzata in PPP. Si pensi, ad esempio, al caso di un parcheggio, in cui l’ente concedente non provveda al controllo della sosta nelle aree limitrofe o modifichi gli accessi all’infrastruttura. In questi casi, gli eventuali aggravi in termini di costi e tempi dovranno essere a carico del soggetto concedente.
In proposito, giova ricordare che secondo lo stesso Manuale SEC 2010, laddove le variazioni della domanda conseguano a condotte del settore pubblico (per tale intendendosi non solo il concedente), come mutamenti politici o sviluppo di infrastrutture concorrenti con quella oggetto del contratto realizzate su mandato del settore pubblico, un adeguamento nei pagamenti periodici del partner pubblico o pagamenti in compensazione al privato non comporterebbero una riclassificazione dell’asset sul bilancio dell’amministrazione.
Inoltre, in coerenza con i principi dettati dalla Direttiva 24/2014/EU e dal Manuale SEC 2010:
(i) non dovrebbe essere allocato sul concessionario il rischio derivante da crisi finanziarie sistemiche, vale a dire depressioni critiche dei cicli economici a fronte delle quali l’operatore privato, per l’entità e la forza d’urto, nulla potrebbe. Tale principio dovrebbe indurre a prevedere meccanismi contrattuali di bilanciamento nell’allocazione del rischio finanziario, a fronte di eventi il cui verificarsi non è controllabile da parte del concessionario;
(ii) variazioni della domanda dipendenti da eventi eccezionali di forza maggiore, espressamente indicati nell’impianto contrattuale con esclusione dei rischi macro-economici di regola sopportati dagli operatori privati, potrebbero essere allocate sul concedente senza determinare un riclassificazione on balance degli assets.
3.3 Il Rischio di disponibilità
L’allocazione sul privato di un rischio di manutenzione straordinaria non programmata, derivante da fatti imprevedibili (quali forza maggiore, sopravvenute esigenze tecniche etc) dovrebbe dare in ogni caso diritto al riequilibrio del progetto
3. rischio di obsolescenza tecnica
Appare opportuno chiarire che il rischio di obsolescenza tecnica, non deve essere confuso con il processo di miglioramento tecnologico che può rendere desiderabile una aggiornamento degli impianti. Si tratterebbe, infatti, di un rischio imprevedibile, che non può ricadere sull’operatore economico la cui attività di gestione deve riferirsi alla tecnologia disponibile al momento della sottoscrizione del contratto e in esso prevista. Eventuali miglioramenti tecnologici devono essere concordati tra le parti e dare luogo ad una procedura di riequilibrio del Piano Economico – Finanziario.
3.4 Altri rischi
1. rischio normativo-politico-regolamentare
Le alterazioni dell’equilibrio economico-finanziario della concessione, causate da sopravvenute disposizioni legislative, anche fiscali, dovrebbero determinare la revisione del Piano, al fine di sterilizzare per il concessionario gli effetti, positivi o negativi, sull’equilibrio economico finanziario della concessione direttamente riconducibili a tali modifiche.
2. rischio finanziario
In presenza di situazioni eccezionali che impediscano l’accesso ai mercati finanziari a condizioni “normali” sarebbe opportuno prevedere una compartecipazione al rischio da parte del soggetto concedente. Aumenti dei tassi di interesse a livelli oggettivamente “straordinari”, o l’impossibilità di reperire sufficienti finanziamenti necessari per problemi di carattere generale, dovrebbero prevedere una distribuzione degli effetti del rischio sulle parti coinvolte, prevedendo una revisione delle condizioni di equilibrio del Piano Economico Finanziario.
La bozza di linee guida segnala correttamente che tale rischio può derivare da fatti esogeni non controllabili dal soggetto aggiudicatario di un contratto PPP. Al riguardo, si segnala che, proprio riconoscendo tale elemento di fatto, la previsione di un risoluzione automatica del contratto appare un rimedio non adeguato anche in una prospettiva di economicità. Sarebbe invece opportuno, nelle ipotesi eccezionali sopra ricordate; ammettere, de jure condendo, la possibilità per l’amministrazione, a valle di un adeguato sounding di mercato, di accordare un aggiornamento del piano economico finanziario per riflettere le condizioni di finanziamento riconosciute dal mercato.
3. rischio delle relazioni industriali
Sarebbe opportuno specificare che eventuali agitazioni legate a fattori esogeni possano essere considerati come “eventi di forza maggiore”, e dar luogo al riequilibrio del piano economico finanziario o, nei casi più gravi di forza maggiore prolungata, alla risoluzione della concessione.
4. rischio di valore residuale
L’eventualità che la gara per la ricerca del concessionario subentrante vada deserta, e che quindi il concessionario uscente non riceva tale corrispettivo, dovrebbe essere mitigato in via contrattuale. In ogni caso, tale rischio dovrebbe essere attribuito all’Amministrazione concedente, che assumerà l’obbligo di versare al concessionario uscente il valore del corrispettivo di retrocessione, riconoscendo allo stesso, fino alla data di pagamento del valore di subentro, la facoltà di proseguire nella gestione dell’opera sino al completo ammortamento, compatibilmente con la normativa di settore e con quanto stabilito nella convenzione.
Con riferimento agli altri rischi,, appare opportuno aggiungere all’elenco riportato il seguente:
• Rischio eventi imprevedibili di eccezionale portata: la convenzione dovrebbe sempre stabilire che gli eventi straordinari, non preventivabili e non riconducibili alla responsabilità dell’operatore economico, in grado di influenzare la realizzazione e/o la gestione dell’opera e di ripercuotersi negativamente (eventi destabilizzanti) o positivamente (eventi favorevoli) sull’equilibrio del piano economico-finanziario, determinino un processo di revisione del PEF.
4. Strumenti per l’analisi e allocazione dei rischi.
4.1 La matrice dei rischi
Se la matrice dei rischi è indubbiamente utile sotto il profilo della gestione contrattuale e della chiarezza interpretativa, è necessario, tuttavia, precisare che questa non può essere sostitutiva del regolamento contrattuale che, in caso di conflitto, dovrà comunque prevalere. Si ritiene necessario dare atto di tale principio in un’ottica di certezza contrattuale.
La matrice dei rischi, potrà costituire un valido strumento sistematico-interpretativo per la gestione del contratto e potrà essere condivisa tra le parti.
E’ evidente tuttavia che alcuni aspetti della matrice proposta scontano una valutazione soggettiva forse non rilevante ai fini della condivisione tra le parti [es colonna delle probabilità dei rischi e
colonna dei maggiori costi derivanti]. Si ritiene pertanto opportuno eliminare le prime due colonne della matrice soprariportata.
4.2 La corretta definizione delle clausole contrattuali
Come detto in precedenza, il mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni, si configura come una tipica causa non imputabile al concessionario.
In linea generale, tale rischio dovrebbe essere allocato sul soggetto concedente,
Appare opportuno prevedere alla lettera r) anche le modalità e le tempistiche di pagamento del valore residuo.
5. Strumenti per il monitoraggio dei rischi
5.2 Il flusso informativo per il monitoraggio sui rischi
Nell’ambito del flusso informativo per il monitoraggio sui rischi, sarebbe opportuno favorire la trasparenza delle informazioni nei confronti degli utenti finali del servizio, prevedendo la pubblicazione online almeno di parte delle informazioni relative alla realizzazione e alla gestione del progetto (nel rispetto della normativa a tutela della privacy e delle privative intellettuali).
8. Anci
Con la presente nota si inviano alcune osservazioni ANCI in merito alle linee guida dell’ANAC poste in consultazione in materia di partenariato pubblico privato.
L’allocazione dei rischi
In linea di principio, l’allocazione dei rischi deve seguire la logica secondo cui il rischio va affidato alla parte che è maggiormente in grado di controllarlo.
Sulla base di tale principio, una corretta allocazione deve orientare le responsabilità dei soggetti coinvolti ad una maggiore efficienza, in modo che i comportamenti siano finalizzati alla gestione dei rischi (risk management) ed alla loro minimizzazione, già nella fase iniziale del procedimento.
Il trasferimento dei rischi sul concessionario, quindi, dovrà essere coerente con la capacità di gestione del rischio da parte di quest’ultimo. In caso contrario, il premio per il rischio “in eccesso” determinerebbe un costo finanziario dell’iniziativa troppo elevato e, conseguentemente, non competitivo.
Al contempo, il concessionario deve assumere tutti i rischi che è in grado di controllare, poiché questo incide positivamente sul controllo di tali rischi, migliorando la performnce contrattuale.
Coerentemente con tale impostazione, nel documento, al paragrafo 3, si asserisce che “ciò che caratterizza un contratto di PPP, differenziandolo dal contratto d’appalto, è la ripartizione del rischio tra amministrazione e operatore economico”, formulazione che attribuisce alla singola amministrazione un ruolo non secondario nella gestione del rischio.
In tal senso, e vista la rilevanza data al “rischio operativo” da parte della Direttiva UE e considerato che tale rischio, rappresenta di per sé, un MACRO rischio attinente la gestione del contratto tout court si propone di colmare la lacuna contenuta nella parte relativa al PPP (dove, a differenza della concessione, non viene espressamente citato il rischio operativo). Pertanto si propone di inserire la seguente dicitura:
“L’allocazione dei rischi in capo all’operatore economico” si sostanzia, in altri termini, nel trasferimento del rischio operativo, quale rischio «legato alla gestione dei lavori o dei servizi….(omissis) nel caso in cui, in condizioni operative nomali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi» oggetto del contratto. (art. 3, comma 1, lettera zz)).
La corretta definizione delle clausole contrattuali
Rispetto ai contenuti minimi dell’offerta di gara per una corretta identificazione, allocazione e monitoraggio dei rischi si ritiene opportuno inserire anche la seguente dicitura:
a) Eventuali garanzie a favore della stazione appaltante a copertura dei rischi generati dal trasferimento da parte di quest’ultima di utilità economiche all’affidatario del contratto, a fronte della disponibilità dell'opera o della domanda di servizi;
b) Tempi di esecuzione della progettazione; Motivazione:
a. L’art. 180, comma 5, del Codice stabilisce che “L'amministrazione aggiudicatrice sceglie altresì che a fronte della disponibilità dell'opera o della domanda di servizi, venga corrisposta una diversa utilità economica comunque pattuita ex ante, ovvero rimette la remunerazione del servizio allo sfruttamento diretto della stessa da parte dell'operatore economico, che pertanto si assume il rischio delle fluttuazioni negative di mercato della domanda del servizio medesimo”.
Dal tenore del comma si presume la diversa utilità di natura economica possa anche essere la corresponsione di un bene immobile, un diritto edificatorio, e in generale anche utilità trasferite una tantum nella disponibilità del concessionario. Per queste motivazioni si ritiene molto utile per l’ente concedente richiedere una garanzia a copertura di una eventuale inadempienza contrattuale da parte dell’affidatario del contratto durante l’esecuzione dello stesso nella erogazione dei servizi.
b. La progettazione riveste un ruolo specifico e fondamentale nei contratti di PPP, soprattutto riguardo ai closing finanziari e ai tempi di ottenimento delle autorizzazioni amministrative. Si ritiene opportuno inserire tale integrazione al fine di rendere maggiormente trasparente la tempistica ma soprattutto privilegiare imprese che in sede di gara offrano condizioni migliori anche riguardo ai temi di progettazione.
Rispetto ai contenuti minimi del contratto di gara per una corretta identificazione, allocazione e monitoraggio dei rischi si ritiene opportuno inserire anche la seguente dicitura:
a) effetti in capo alle parti a seguito di recesso contrattuale e risoluzione contrattuale per fatto del concessionario;
Motivazione:
a. Il Codice dei contratti disciplina le conseguenze per le parti in caso di recesso mediante gli art. 109 (appalto), art. 165 (concessione in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano), art. 182 (contratti PPP in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano). In particolare il codice è silente riguardo le conseguenze del recesso contrattuale da parte di una delle parti per cause non imputabili al mancato accordo sul riequilibrio del piano. In quest’ultimo caso se trovasse, per analogia, applicazione l’art. 109 riguardante l’appalto le conseguenze per la stazione appaltante sarebbero pesanti.
Ma in ogni caso non trova disciplina da parte del Codice il recesso contrattuale per fatto dell’affidatario per cause non imputabili al mancato accordo sul riequilibrio del piano. In questo caso sarebbe giusto e opportuno che gli effetti sulle parti del recesso contrattuale trovassero una specifica disciplina nel contratto al fine di evitare applicazioni analogiche che potrebbero distorcere il sinallagma contrattuale originario e soprattutto i rischi ad esso connessi.
In caso di risoluzione contrattuale per causa dell’affidatario trova applicazione l’art. 176, comma 7, il quale rimanda all’art. 1453 del Codice civile. Questo comporta che la stazione appaltante potrà chiedere l’adempimento della clausola contrattuale violata ovvero la risoluzione del contratto per fatto del concessionario e il risarcimento dell’eventuale danno cagionato. Riguardo alle conseguenze della risoluzione contrattuale il concedente può: chiedere l’intervento del giudice per lo scioglimento del contratto, chiedendo di essere esonerato dall’onere della sua prestazione in quanto è venuta meno la fonte della sua obbligazione. In questo caso sarà il giudice, caso per caso, ha
stabilire se l’opera realizzata necessita di un indennizzo oppure di nessuna somma in quanto la prestazione per il concedente consisteva in un diritto legato ad un rischio (rischio di costruzione).
Per queste ragioni si ritiene di importanza primaria che invece le parti possano accordarsi, in sede di redazione del contratto di concessione, circa le conseguenze della risoluzione per fatto del concessionario mediante l’integrazione di una specifica norma che tuteli maggiormente la pubblica amministrazione in quanto svincolata dagli obblighi previsti dalla rischiosa disposizione sui contratti di appalto.
Il Trasferimento dei rischi
Rischio amministrativo: Il mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni, si configura come una tipica causa non imputabile al concessionario, salvo il caso in cui il mancato rilascio costituisca inadempimento del concedente alla convenzione (se connesso alla qualità della documentazione necessaria al rilascio, ed alla tempestività della richiesta);
Rischio di aumento del costo dei fattori produttivi o di inadeguatezza o indisponibilità di quelli previsti nel progetto: E’ possibile immaginare una compartecipazione al rischio in presenza di eventi eccezionali di carattere economico che impongano shock significativi al costo di alcuni materiali o alla loro scarsa disponibilità sul mercato senza che sia possibile una loro sostituzione con fattori produttivi analoghi;
In merito al rischio di change in law, le alterazioni dell’equilibrio economico-finanziario della concessione, causate da sopravvenute disposizioni legislative, anche fiscali, dovrebbero determinare la revisione del Piano, al fine di sterilizzare per il concessionario gli effetti, positivi o negativi, sull’equilibrio economico finanziario della concessione direttamente riconducibili a tali modifiche.
9. Assilea - Associazione Italiana Leasing
Osservazioni e commenti dell’Associazione italiana leasing-ASSILEA in relazione al documento di consultazione pubblica sul monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull'attività dell'operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato.
Desideriamo prima di tutto ringraziare l’Autorità per il cortese invito alla fase di consultazione sull’argomento in oggetto, auspicando una fattiva collaborazione propedeutica alla condivisione di ulteriore documentazione (ad esempio, i “bandi di gara tipo”) che ci auguriamo possa essere un utile strumento di indirizzo per gli operatori e, soprattutto, per la Pubblica Amministrazione.
PREMESSA
La locazione finanziaria è un contratto di natura finanziaria riconducibile tra le attività di concessione di finanziamento che la legge (art. 106 del D.lgs. 385/1993-Testo Unico Bancario) riserva alle banche e agli intermediari finanziari iscritti nell’Albo Unico tenuto dalla Banca d’Italia; ciò fa delle società di leasing dei soggetti molto particolari ai quali si applicano non solo le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici ma anche, e soprattutto, la normativa primaria e secondaria che regola il settore bancario e finanziario (Testo Unico Bancario, Istruzioni di Vigilanza, d.lgs. 231/2007 in materia di Antiriciclaggio, Istruzioni in materia di Usura, disposizioni di trasparenza etc.).
Ciò comporta alcune importanti limitazioni poste all’operato delle società di leasing che, ad esempio, in virtù del principio di esclusività sancito dal TUB, possono assumere solo ed esclusivamente rischi di natura finanziaria, per cui devono necessariamente poter ribaltare su terzi i rischi di natura diversa o essere manlevate da opportune coperture assicurative.
LA LOCAZIONE FINANZIARIA NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
Il Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo Codice dei Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito Codice) contiene alcuni articoli che dettano – seppur in modo non esaustivo – la disciplina della locazione finanziaria nei contratti pubblici.
Una prima definizione rilevante viene data dall’art. 3, in cui la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità è il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l'esecuzione di lavori.
La locazione finanziaria rientra a pieno titolo tra i contratti di partenariato pubblico privato a cui, peraltro, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat relative al trattamento contabile dei contratti sottoscritti dalla Pubblica Amministrazione e all’impatto degli stessi sul bilancio e sul debito pubblico.
L’art. 187 del Codice prevede la possibilità di ricorrere al contratto di locazione finanziaria per la realizzazione, l’acquisizione e il completamento di opere pubbliche; lo stesso contratto costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all'oggetto principale del contratto medesimo”.
Il secondo comma rimette al bando di gara “la determinazione dei requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell’opera, i costi, i tempi e le garanzie dell’operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Il terzo comma del medesimo articolo stabilisce che l'offerente può essere anche una associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale. In caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l'associazione temporanea di imprese, l'altro può sostituirlo, con l'assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche.
Il Codice prevede inoltre la possibilità dei soggetti privati di presentare proposte relative alla realizzazione di opere pubbliche non inserite negli strumenti di programmazione predisposti dalle PP.AA. anche attraverso la locazione finanziaria in luogo della concessione di lavori pubblici. La partecipazione del finanziatore sin dalle prime fasi rappresenta la maggiore garanzia sulla “bancabilità” del futuro bando di gara.
Quanto alla rilevanza off-bilance delle operazioni di PPP, con particolare riferimento al leasing pubblico, si suggerisce di introdurre un inciso teso a chiarire definitivamente che le previsioni concernenti le modalità di contabilizzazione da parte degli enti locali del leasing immobiliare in costruendo alla stregua di un leasing finanziario (e quindi, sempre, come on-balance) attiene alle operazioni di leasing pubblico privo dei requisiti di classificazione come PPP. Viceversa, laddove sussista l’allocazione del rischio secondo le previsioni del d.lgs. 50/2016 e le indicazioni Eurostat, al pari degli altri strumenti di PPP, anche il leasing pubblico potrà essere classificato come off- balance e, quindi, contabilizzato come leasing operativo.
MATRICE DEI RISCHI
Non c’è alcun dubbio sull’importanza che riveste l’allocazione dei rischi insiti nel processo di realizzazione e nell’utilizzo di un’opera pubblica nell’ambito di una operazione di PPP e che quanto più questa è fatta razionalmente tanto maggiori sono i benefici che la pubblica amministrazione ne riceve.
Inoltre affinché i beni oggetto di operazioni di partenariato pubblico privato non vengano registrati nei conti delle pubbliche amministrazioni, ai fini del calcolo dell'indebitamento netto e del debito, deve esserci un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata. Ciò avviene nel caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti due condizioni:
• il soggetto privato assume il rischio di costruzione;
• il soggetto privato assume almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda.
Ci sembra doveroso però puntualizzare che l’allocazione, ovvero la distribuzione dei rischi tra le parti, deve essere condotta con attenta valutazione del risultato economico che essa determina: l’obiettivo non è massimizzare il trasferimento dei rischi al privato, ma l’ottimale loro distribuzione finalizzata alla minimizzazione dei costi complessivi di rischio. Perché ciò accada ogni rischio andrebbe allocato sulla parte che è nelle migliori condizioni di gestirlo e, quindi, rendere minimo il costo ad esso associato. Una allocazione corretta, in base alle capacità di gestione del rischio, comporta invece una mitigazione del costo attraverso un utilizzo al meglio delle rispettive capacità delle parti.
Si rappresenta infine la significativa differenza, pur nell’ambito del PPP, tra strumenti come il project e il leasing pubblico. Quest’ultimo, infatti, al di là della diversa configurazione dell’allocazione dei rischi (connessa alla fatto di trovare applicazione, nel primo caso, a opere calde o tiepide e, nel secondo caso, a opere tipicamente fredde), integrando una forma di collaborazione che vede come partner dell’amministrazione soggetti sottoposti ad una specifica vigilanza da parte della Banca d’Italia, richiede un’attenta ed autonoma valutazione al fine di garantire un allineamento tra la regolamentazione bancaria e gli standard contrattuali e le linee guida che saranno predisposte da ANAC.
Quanto al PEF non pare condivisibile ritenere che le varianti richieste dall’amministrazione possano far titolo a una revisione laddove comportino un’alterazione dell’equilibrio economico- finanziario. In tali casi, infatti, l’amministrazione dovrà corrispondere all’appaltatore il costo della variante richiesta e, tutt’al più, prevedere un riequilibrio solo laddove la variante implichi effetti sulla gestione tali da generare uno squilibrio economico-finanziario.
Riportiamo a seguire le nostre osservazioni in merito ad alcune tipologie di rischi. Rischio di commissionamento
Il rischio che l’opera non riceva, nei tempi previsti o del tutto da parte di altri soggetti pubblici o privati, la necessaria approvazione per procedere alla sua realizzazione è un rischio allocabile sull’impresa di costruzione e progettista solo per eventuali ritardi od omissioni nell’approntamento della documentazione progettuale necessaria per richiedere le autorizzazioni (il progetto definitivo infatti è a carico dell’aggiudicatario), non per la mancata o ritardata approvazione. Nel bando è opportuno prevedere penali per il ritardato approntamento del progetto definitivo a carico dell’aggiudicatario costruttore e progettista rispetto ai tempi che saranno fissati nel bando, mentre nulla potrà ad essi essere richiesto nel caso in cui, rispettati i tempi di consegna della documentazione, si verifichi un ritardo o un diniego nel rilascio delle autorizzazioni.
Rischio di costruzione
Il rischio che l’opera non venga realizzata nei tempi ed ai costi previsti sarà a carico del soggetto costruttore, così come quel che riguarda le incombenze relative al rispetto delle disposizioni del D.lgs. 81/2008 e per tutti gli obblighi derivanti da inadeguato sopralluogo, da mancato reperimento dei materiali e della manodopera, dal rispetto dei contratti di lavoro e delle norme antinquinamento, da difformità dalle specifiche tecnico-qualitative contenute nel progetto approvato dalla stazione appaltante e da tutto ciò che non riguarda gli aspetti finanziari di competenza esclusiva della società di leasing, nel rispetto della disgiunta responsabilità vigente nell’ATI verticale sancita dal Codice.
E’ inteso che lo sforamento nei costi e nei tempi potrà essere accettato solo se derivante da richieste di varianti della stazione appaltante oppure dettato da cause di forza maggiore.
Con riferimento al rischio di costruzione, si ritiene di dover segnalare una possibile criticità concernente la permanenza dell’allocazione di tale rischio a fronte della prassi di iscrivere riserve anche nell’ambito di contratto di PPP, alla stregua di quanto avviene diffusamente – innescando spesso perversi meccanismi distorsivi volti a recuperare i ribassi offerti in gara –negli appalti di lavori. Ci si chiede, pertanto, se ed entro quali limiti nell’ambito dei contratti di PPP tali strumenti di risoluzione stragiudiziale del possibile contenzioso possano trovare applicazione senza modificare l’allocazione dei rischi. Un simile approfondimento potrebbe risultale particolarmente
utile per una corretta valutazione del rischio di costruzione. Sempre con riferimento al rischio di costruzione pare non condivisibile ricomprendere il rischio amministrativo, legato al ritardo o diniego di autorizzazioni (permessi, pareri, nulla osta, ecc...) da parte di soggetti pubblici, anche laddove essi possano generare ritardi nella realizzazione. Ciò alla luce del fatto che è l’amministrazione parte del contratto di PPP il soggetto che meglio del privato, in virtù degli strumenti previsti dall’ordinamento (accordo di programma, conferenza di servizi, ecc...), può gestire tale rischio. L’attuale previsione, pertanto, rischierebbe di avere un impatto particolarmente negativo sul mercato e, inoltre, esporrebbe nelle operazioni di leasing pubblico le banche e la società di leasing all’assunzione di rischi di cui tali soggetti non possono farsi carico in virtù dell’ordinamento bancario.
Rischio controllo
Il controllo deve essere condotto con gli strumenti previsti dal Codice, attraverso la nomina di una direzione lavori che affianchi il responsabile unico del procedimento (RUP) nella verifica e nella certificazione degli stati di avanzamento lavori (SAL) da trasmettere eventualmente al soggetto finanziatore per il pagamento. Anche se siamo in presenza di un PPP, è comunque opportuno che la stazione appaltante effettui attente verifiche sulla qualità, quantità delle opere realizzate e del rispetto della tempistica prevista, per almeno quattro motivi:
1. trattasi di opera pubblica (TAR Brescia 1675/2010);
2. il committente è l’amministrazione e l’opera viene realizzata in base ad esigenze evidenti di soddisfacimento di un interesse della collettività;
3. la realizzazione avviene su un terreno di proprietà dell’ente;
4. è interesse della stazione appaltante che eventuali difformità da progetto, scarsa qualità delle opere, mancato rispetto dei preventivi di spesa e sforamento nei tempi vengano riscontrati tempestivamente per evitare possibili contenziosi.
Un insufficiente controllo nella fase di realizzazione dell’opera può contribuire ad evitare i costi derivanti da situazioni di contenzioso che una precisa impostazione contrattuale può contenere ma non eliminare del tutto.
Rischio di progettazione
Per una precisa attribuzione degli oneri di progettazione, la stazione appaltante sceglie di mettere a gara un progetto preliminare, lasciando al progettista dell’aggiudicatario la stesura della versione definitiva e esecutiva. Se così non fosse, non si potrebbero individuare in maniera netta le responsabilità da inadeguata progettazione. Solo se il partner privato ha un ruolo decisivo nella progettazione i costi legati al rischio devono essere sostenuti da quest’ultimo con modalità simili a quanto stabilito a proposito del rischio di costruzione.
Compito del progettista, ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. 207/2010, è la redazione di un piano di manutenzione come elaborato obbligatorio del progetto esecutivo, secondo le specifiche evidenziate dalla stazione appaltante nel bando di gara. Nell’art. 38 dello stesso provvedimento si afferma, tra l’altro, che il piano di manutenzione deve essere redatto tenendo conto dell’opera effettivamente realizzata allo scopo di garantire nel tempo il mantenimento delle caratteristiche di qualità e di efficienza; affinché tali caratteristiche possano essere stimate e garantite, la normativa richiede che vengano individuati i requisiti e le prestazioni del manufatto in corso di progettazione. Al progettista dovranno essere richieste le coperture assicurative previste dal CCP per quel che riguarda i costi:
• per riprogettare l’opera;
• necessari per eseguire le varianti;
• derivanti dal maggior tempo occorrente per la realizzazione nonché qualsiasi altro documento economico conseguente alla variante.
Il rischio di progettazione deve essere posto a carico del progettista ovvero del costruttore ove la progettazione sia eseguita da un professionista interno all’impresa.
Se invece le modifiche sono richieste dall’amministrazione i costi maggiori, sia di realizzazione che finanziari, devono rimanere invece in capo ad essa.
Rischio finanziario
Il rischio finanziario può derivare da una inadeguata struttura finanziaria dell’operazione o da variazioni del mercato dei capitali.
Il canone di leasing viene determinato sulla base delle spese effettivamente sostenute dal finanziatore e dal tasso risultante dall’applicazione dello spread sul parametro di riferimento scelto dalla stazione appaltante (IRS per il fisso o Euribor per il variabile).
Il parametro di riferimento da utilizzare assume particolare importanza per il soggetto finanziatore soprattutto in caso di scelta di tasso fisso.
Il rischio finanziario, intendendo la responsabilità di reperimento dei capitali necessari a copertura dei costi, deve essere posto a carico del soggetto finanziatore per definizione.
Il rischio di variazione del tasso di riferimento viene invece trattenuto dalla stazione appaltante perché ritenuta soluzione idonea per evitare di assumere già in partenza un consistente onere finanziario aggiuntivo.
Rischio di domanda
In considerazione del fatto che la gestione dell’opera pubblica verrà effettuata dalla stazione appaltante che si assume in toto il risultato economico riteniamo che il rischio di domanda non possa essere allocato sul soggetto privato.
Rischio di disponibilità
L’allocazione del rischio di disponibilità si articola in tre elementi caratterizzanti:
1. consegna “chiavi in mano”;
2. effettiva disponibilità e possibilità incondizionata di utilizzo;
3. servizi post collaudo.
Nel primo caso l’opera deve essere consegnata alla amministrazione completa in ogni sua parte, agibile, funzionante, comprensiva di tutti gli impianti e potenziali allacciamenti, inclusi permessi ed autorizzazioni, certificazioni impiantistiche e quant’altro occorra perché possa essere utilizzata senza limitazione alcuna.
Nel bando di gara vanno elencati tutti i requisiti di una realizzazione “chiavi in mano”: l’amministrazione comincerà a pagare il canone di locazione dopo la consegna e solo quando tutte le prescrizioni saranno rispettate. Superato il termine temporale concesso per il completamento e l’ottenimento di tutte le autorizzazioni, non saranno riconosciuti oneri di prelocazione e saranno comminate significative penali al soggetto realizzatore (a valere sull’importo del saldo riconosciuto a collaudo tecnico-amministrativo) in misura anche più che proporzionale al ritardo.
Il rischio di disponibilità, inteso come ritardo nella consegna dell’opera “chiavi in mano” verrà allocato sul soggetto realizzatore in quanto direttamente responsabile.
La società di leasing si impegnerà a concedere il pieno uso e godimento del bene all’amministrazione utilizzatrice per tutta la durata contrattuale. La disponibilità dello stesso è tuttavia condizionata da eventi che ne possono condizionare e limitare l’entità e che vanno pertanto individuati, valutati ed allocati.
L'esecutore (e non l’ATI ) sarà obbligato a stipulare, con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione, una polizza indennitaria decennale, nonché una polizza per responsabilità civile verso terzi, della medesima durata, a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell'opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi (art. 129 CCP). Sulla stessa polizza dovrà essere posto un vincolo a favore della società di leasing in quanto proprietaria del bene.
Il rischio di disponibilità legato a difetti costruttivi verrà quindi allocato, con l’ausilio di una copertura assicurativa, unicamente sul soggetto realizzatore, essendo il soggetto finanziatore beneficiario della polizza, proprietario dell’opera, al pari della stazione appaltante.
La casistica di servizi inerenti l’opera realizzata dopo la consegna e collaudo è piuttosto nutrita. Obiettivo dell’amministrazione è tuttavia quello di individuare quali interventi sia necessario richiedere all’aggiudicatario, sia esso costruttore o solo manutentore/gestore, per ottenere una
costante e piena funzionalità dell’opera ma, nello stesso tempo, evitare sovrapposizioni con altre convenzioni in essere oppure non affidare a terzi quanto è possibile effettuare in economia risparmiando nei costi di gestione.
La scelta verrà operata tra le seguenti macro categorie di prestazioni inerenti la gestione e mantenimento in efficienza e funzionalità dell’immobile:
a) Manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impiantistica innovativa ove facente parte del progetto definitivo accettato (produzione di energia rinnovabile, impianti solari, riscaldamento e raffrescamento da geotermia, eco edilizia, ecc..).
b) Servizi funzionali quali pulizia dei locali, gestione impianti di calore tradizionali, manutenzione verde pubblico, guardiania, smaltimento rifiuti speciali, ecc..
c) Manutenzione ordinaria: interventi che riguardano opere di riparazione e sostituzione delle finiture dell’edificio esistenti purché siano conservati i caratteri originari (tinteggiatura e rifacimento intonaco e rivestimenti delle superfici interne ed esterne, riparazione e sostituzione di parti di infissi, apparecchi sanitari, impianti elettrici, manto di copertura del tetto, ecc..).
d) Manutenzione straordinaria: le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali dell’immobile, nonché i servizi igienico-sanitari e tecnologici, senza alterazioni dei volumi e delle superfici e senza modifiche nelle destinazioni d’uso.
Quanto al rischio di disponibilità, in relazione alla manutenzione straordinaria, sarebbe opportuno, al fine di una corretta allocazione dei rischi, chiarire meglio le implicazioni legate alla manutenzione programmata, visto il rischio di impatti particolarmente negativi sul mercato e di esporre le società di leasing all’assunzione di rischi di cui tali soggetti non possono farsi carico in virtù dell’ordinamento bancario.
10. Associazioni Acquanetwork - Xxxxxxxxxx.Xxx - European Acquatic Association
Nei contratti di concessione (di costruzione e gestione o di soli servizi), il rischio operativo deve essere posto a carico del concessionario come stabilito, tra le altre norme, dall’art. 165 del Codice. L’art. 165 precisa anche che il presupposto per la corretta allocazione dei rischio operativo è l’equilibrio economico-finanziario definito all’art. 3, c. 1, lett. fff), come “contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economico e sostenibilità finanziaria” dove, “per convenienza economica si intende la capacità del progetto di creare valore nell’arco dell'efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito” e “per sostenibilità finanziaria si intende la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento”.
Ancora, l’art. 165 prevede che per il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario come sopra definito possa essere stabilito un “prezzo” consistente in un contributo pubblico, fermo restando che “l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di oneri finanziari”.
Ci si chiede come vada interpretata la locuzione “investimento complessivo” nella norma da ultimo riportata.
Nell’ipotesi di una concessione di servizi, non sussistendo – di regola - un investimento in termini di costruzione, l’investimento dovrebbe essere costituito dai costi operativi del servizio.
Infatti, la garanzia di un integrale recupero dei costi operativi del servizio mediante un contributo pubblico escluderebbe il rischio operativo in capo al concessionario; ma se tale contributo è limitato al 30% (la Direttiva Comunitaria stabiliva il 50%) dei costi operativi del servizio il rischio operativo rimane in capo al concessionario che non ha garanzia di recuperare tali costi: questa parrebbe l’interpretazione corretta.
Nell’ipotesi di una concessione di lavori, nella quale sussistono investimenti anche per lavori oltre, ovviamente, investimenti in termini di costi operativi per il servizio, si presume che occorre sommare tali investimenti per individuare l’ammontare massimo della contribuzione pubblica, limitato al 30% degli investimenti stessi.
Del resto, l’art. 167 del Codice indica espressamente che “il fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto” costituisce “corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione”, cosicché gli investimenti da equilibrare attraverso i flussi di cassa ed un’adeguata redditività (definizione di equilibrio economico-finanziario ex art. 3, c. 1, lett. fff) al fine del riconoscimento di un equo corrispettivo non possono che essere quelli relativi ai lavori oltre che quelli relativi ai servizi.
La suddetta interpretazione della norma in questione - riproposta anche nel PPP all’art. 180, c. 6 del Codice - pare logica e coerente ma, soprattutto, è l’unica interpretazione capace di consentire la realizzazione o la ristrutturazione di impianti sportivi mediante concessione.
Il PPP ha avuto grande diffusione nell’ambito dell’impiantistica sportiva ed è rimasto l’unico strumento con il quale, di fatto, si è potuto negli ultimi anni rinnovare un patrimonio risultato obsoleto ancorché fondamentale sotto il profilo dello sviluppo economico, anche in termini di contenimento della spesa pubblica sanitaria, e sotto il profilo della valenza sociale.
Trattandosi di strutture e di servizi peculiari, ampiamente destinati a finalità sociali e, quindi, non del tutto rispondenti a logiche imprenditoriali (basti pensare che i gestori, ordinariamente, sono società sportive senza scopo di lucro), gli istituti di credito non hanno mai manifestato una grande propensione al finanziamento delle relative opere se non sulla base di forti garanzie pubbliche (art.
207 TUEL che, in via eccezionale, riconoscendo evidentemente la peculiarità delle opere a destinazione sportiva, ammette che gli Enti Locali concedano fideiussioni a favore di terzi, appunto, per opere pubbliche destinate a tale finalità). Inoltre, il relativo equilibrio ha sempre avuto come presupposto una contribuzione pubblica in conto costruzione e/o in conto gestione. Limitare le suddette contribuzioni (anche in termini di garanzie, come previsto dalla norma) al 30% dei soli investimenti riferiti ai lavori – che, peraltro, spesso non sono contemplati nei contratti di concessione per impianti sportivi, quando si tratta di concessioni di servizi – non consentirebbe di fatto uno sviluppo del settore che, invece, subirebbe una ineludibile battuta di arresto.
Inoltre, una tale limitazione apparirebbe contraria alle logiche espresse dalle norme sopra richiamate alla luce di quanto sopra esposto.
Si confida che con le Linee Guida sia fornito un chiarimento interpretativo delle disposizioni normative di cui all’art. 165, c. 3, e di cui all’art. 180, c. 6, riscontrando, allo stato attuale, una preoccupante “ingessatura” del settore dell’impiantistica sportiva con rischio di gravi pregiudizi per il settore stesso e per i fruitori dell’importante servizio pubblico nel suo ambito erogato.
11. Assoimmobiliare
Premessa
I temi trattati nel nuovo codice appalti e le sue linee guida da parte dell'Anac segnano elementi di grande innovazione e si chiude l’era delle aggiudicazioni solo al prezzo più basso e dei ribassi anomali. La scelta di limitare il massimo ribasso è una grande opportunità per rilanciare la ricerca e l’investimento delle Aziende al fine di poter proporre soluzioni vantaggiose e migliorative.
Ulteriore elemento di novità che amplia la possibilità di partecipazione è la reintroduzione dell’anticipazione del 20% del prezzo nei confronti delle imprese.
Vi un altro aspetto certamente positivo, che non tarderà a mostrare i suoi benefici, ovvero quello della qualificazione sia delle stazioni appaltanti, sia degli operatori economici.
Questi alcuni degli elementi qualificanti e Assoimmobiliare vuole dare un contributo allo sviluppo ed nell’affinamento di queste importanti nuove regole.
Avvertiamo chiaramente infatti, che vi è necessità di fare squadra con tutte le componenti istituzionali, e fra queste l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che si occupano direttamente ed
indirettamente dell' industria immobiliare e con i soggetti pubblici che hanno un ruolo attivo come Demanio, Consip e Cdp in particolare, oltre agli Enti Locali (sistema ANCI) alimentando un dibattito proficuo e stimolante per applicare regole certe e chiare che rispondano alle esigenze di un mercato globale.
Assoimmobiliare apprezza l’opportunità offerta dall’avvio della pubblica consultazione relativa allo schema di Linee guida sui sistemi di monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato (di seguito, le “Linee Guida”), attuative dell’articolo 181 del D. Lgs. n. 50/2016, recante il nuovo Codice degli appalti pubblici e concessioni di lavori, servizi e forniture (Codice).
Prima di illustrare le osservazioni relative alle specifiche tematiche indicate nelle Linee Guida, la scrivente Associazione intende sottolineare le obiettive difficoltà nella quali si viene a trovare l’industria della finanza immobiliare italiana a causa della variabilità degli approcci delle PP.AA. in merito alle modalità e alle procedure di selezione delle società di gestione del risparmio (SGR) deputate all’istituzione e gestione di fondi immobiliari (di seguito, anche il “Fondo” o i “Fondi”) che hanno assunto, negli ultimi anni, un ruolo determinante per l’attuazione delle politiche di bilancio e abitative del Paese. Vale la pena ricordare che i Fondi garantiscono, a fronte dei tipici strumenti societari, elevati livelli di trasparenza, professionalità e di gestione di portafogli immobiliari omogenei, tali da suscitare l’interesse di investitori istituzionali nazionali ed esteri.
Preliminarmente, appare opportuno inquadrare da un punto di vista giuridico il Fondo che, ai sensi dell’articolo 36, comma 4, del D. Lgs. n. 58/1998 (TUF), come modificato dal D.Lgs. n. 44/2014 attuativo della direttiva 2011/61/UE (AIFMD), costituisce un patrimonio autonomo, distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della SGR e da quello di ciascun partecipante, nonché da ogni altro patrimonio gestito dalla medesima società. Delle obbligazioni contratte per conto del Fondo, la SGR risponde esclusivamente con il patrimonio del fondo medesimo. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori della SGR o nell’interesse della stessa, né quelle dei creditori del depositario o del sub depositario o nell’interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto sulle quote di partecipazione dei medesimi. La SGR non può in alcun caso utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, i beni di pertinenza dei Fondi gestiti. Da ciò deriva una separazione patrimoniale del Fondo dalle pretese dei creditori:
i) della SGR;
ii) degli altri Fondi gestiti dalla medesima SGR;
iii) della banca depositaria;
iv) dei singoli partecipanti.
Tale separazione patrimoniale è stata ulteriormente confermata dalla giurisprudenza consolidata della Cassazione (Cass. n. 16605/2010), nonché dalla Banca d’Italia la quale nel Regolamento 19 gennaio 2015 sulla gestione collettiva del risparmio prevede che il riparto dei proventi derivanti dalla liquidazione del Fondo è effettuato unicamente tra i partecipanti al Fondo medesimo e neppure in caso di mancata riscossione delle somme da parte degli aventi diritto si verifica alcuna attribuzione in capo alla SGR che ha istituito il Fondo.
Occorre precisare che l’impossibilità per gli investitori di poter influenzare la gestione del Fondo deriva dalle seguenti circostanze:
1. il servizio di gestione collettiva del risparmio spetta in via esclusiva e autonoma alla SGR;
2. i certificati rappresentativi delle quote garantiscono, al pari delle obbligazioni, solo diritti patrimoniali, non anche diritti amministrativi tipici degli strumenti di partecipazione al capitale delle società;
3. l’Assemblea dei partecipanti, che ha peraltro limitatissimi poteri, e il Comitato Consultivo non possono deliberare sulle scelte di investimento del Fondo che sono ad esclusivo appannaggio del CdA della SGR. Tale autonomia decisionale è garantita, inoltre, dai componenti indipendenti del Comitato Consultivo, dagli amministratori indipendenti della SGR, nonché dalla Banca depositaria. Dalla complessa disciplina normativa primaria e secondaria è desumibile come il Fondo si caratterizzi per il fatto che i quotisti non sono interessati alla gestione diretta degli assets
(immobiliari e/o mobiliari) affidati a un soggetto specializzato (la SGR) a sua volta libero di individuare le modalità più efficaci secondo le quali operare. Ed invero, l’articolo 36, comma 3, del TUF, prevede che la SGR che ha istituito il Fondo o la SGR che è subentrata nella gestione agisce in modo indipendente e nell’interesse dei partecipanti al Fondo, assumendo verso questi ultimi gli obblighi e le responsabilità del mandatario.
A fronte della prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio alla SGR è riconosciuto un compenso (i.e. management fee, development fee, success fee, ecc.) a carico del Fondo che ritrae gli utili da distribuire ai partecipanti attraverso i canoni di locazione, ovvero la cessione di immobili sviluppati a spese del Fondo che può all’occorrenza accedere a mutui ipotecari; in sostanza, il rischio operativo è in capo alla SGR.
Una volta inquadrato il Fondo da un punto di vista strettamente giuridico appare utile descrivere le diverse finalità che le PP.AA. perseguono attraverso tale strumento finanziario:
• Dismissione tramite conferimento/cessione di asset immobiliari. È ormai uso delle Pubbliche amministrazioni utilizzare il Fondo per attuare processi di dismissione di asset immobiliari (non più utilizzabili per finalità istituzionali) i cui proventi sono utilizzati per: a) ridurre il debito pubblico; b) spese di investimento; c) rigenerare il territorio; d) ridurre la spesa corrente e/o di investimento. Tali operazioni di vendita rimangono per gli Enti un modo alternativo alle classiche procedure di alienazione per pubblico incanto secondo le leggi di contabilità di Stato (Legge 783/1908 e X.X. 000/0000; R.D.2440/1923 e R.D.827/1924).
• Operazioni di finanziamento tramite lo schema negoziale del sale and leaseback. Nel caso di specie la pubblica amministrazione ricorre al Fondo per ottenere in tempi brevi finanziamenti con modalità diverse dai classici strumenti quali: mutui, emissione di obbligazioni e ricorso, nei casi previsti dalla legge, a Cassa Depositi e Prestiti. A differenza delle operazioni di dismissione con la liquidazione del Fondo l’Ente ritorna in possesso dei beni condotti in locazione passiva durante la vita del Fondo. In sostanza, l’operazione immobiliare di sale and leaseback ha natura finanziaria.
• Operazioni di social housing. Le operazioni di housing sociale promosse dagli Enti pubblici hanno l’esclusivo scopo di creare una maggiore offerta di alloggi sociali come definiti dal D.M. 22 aprile 2008 tramite l’utilizzo del sistema integrato dei fondi immobiliari (SIF) di cui al D.P.C.M. 16 luglio 2009 che ha assunto un ruolo chiave per incrementare il servizio di interesse economico generale (SIEG) anche per il tramite del Fondo di Investimenti per l’Abitare (FIA) gestito da CDP Investimenti SGR. Con riguardo a quest’ultima tipologia di operazione il Consiglio di Stato nell’Adunanza Plenaria n. 7 del 31 gennaio 2014 ritiene che, rispetto alla procedura competitiva indetta da Roma Capitale per la realizzazione del programma di housing sociale, è stata posta in essere una iniziativa di Partenariato Pubblico Privato (PPP) per la gestione di un servizio pubblico locale di rilievo economico e a domanda individuale, mediante lo strumento della concessione di servizio pubblico ex articolo 30 dell’abrogato D. Lgs. n. 163/2006.
• Operazioni miste di permuta, dismissione nonché valorizzazione. In fine, i Fondi sono stati utilizzati per l’acquisto di nuove sedi istituzionali attraverso i corrispettivi derivanti dalla dismissione di immobili non più utilizzati dalle Amministrazioni locali;
• mera sottoscrizione di quote di partecipazione a fondi immobiliari mediante versamenti in denaro e di natura mista, in considerazione dell’oggetto degli investimenti e della politica di gestione dello stesso FIA immobiliare coerente con le finalità istituzionali dell’ente pubblico, territoriale e non. Indipendentemente dalle diverse finalità sottese alle operazioni immobiliari (vendita, finanziamento, SIEG, valorizzazione e permuta), anche in base alle pronunzie (parere del 4 agosto 2009 Prot. 47208/09/5566 e della deliberazione n. 81 del 7 ottobre 2009) dell’ANAC (già AVCP), le PP.AA. ricorrono all’appalto di servizi, ovvero alla concessione di servizi per la selezione delle SGR deputate all’istituzione dei fondi immobiliari, ovvero alla qualificazione di contratto escluso dal Codice.
Pertanto, a parere di chi scrive sarebbe opportuno una rivisitazione sistematica delle varie fattispecie trattate, anche con l’eventuale individuazione di linee di indirizzo per consentire a tutte
le Pubbliche Amministrazioni di semplificare le procedure amministrative da porre in essere per l’utilizzo dello strumento Fondo.
La scrivente Associazione, in ordine alla identificazione e descrizione dei rischi che devono essere tenuti in considerazione per una corretta impostazione di un’operazione contrattuale di PPP attraverso i Fondi, suggerisce di integrare i rischi indicati nelle Linee Guida con i seguenti:
i) con riguardo al rischio di mercato sarebbe opportuno che l’Autorità tenga conto che il valore degli immobili si può ridurre, in modo anche significativo, nel caso di andamento negativo dei settori immobiliari e delle piazze di riferimento o di altri fattori esogeni (livello di offerta immobiliare, posizionamento, destinazione d’uso, varianti urbanistiche, etc.);
ii) rischio di concentrazione derivante da una esposizione eccessiva in singole iniziative immobiliari, verso singole controparti, verso soggetti appartenenti allo stesso settore economico o alla stessa area geografica;
iii) il rischio di credito che deriva dall’eventuale indebitamento finanziario, dal rischio di ritardi o inadempienze nei richiami di capitale da parte dei sottoscrittori oltre al rischio connesso alla capacità da parte dei conduttori degli immobili di far fronte al pagamento dei canoni di locazione e delle altre spese connesse al contratto di locazione;
iv) il rischio di controparte che si sostanzia nel rischio che la controparte con la quale si è conclusa un’operazione o una negoziazione, non adempia nei modi e nei tempi stabiliti dagli obblighi contrattuali;
v) il rischio di liquidità relativo al tempo necessario per la messa a reddito, la valorizzazione e la liquidazione degli investimenti in portafoglio. In particolare, la cessione dei beni immobili detenuti dal Fondo può subire ritardi o variazioni rispetto alle previsioni iniziali anche in funzione della destinazione d’uso e delle condizioni di mercato;
vi) il rischio di incorrere in perdite patrimoniali o mancati guadagni per il Fondo in relazione a disfunzioni di processi operativi e informatici, errori umani, comportamenti fraudolenti o eventi esogeni.
Siffatta integrazione consente alle PP.AA. di elaborare correttamente la “matrice dei rischi”, che permette di definire se l’ottimale allocazione del rischio specifico debba essere in capo al soggetto pubblico o privato. Una volta completata la matrice dei rischi si può verificare se l’allocazione dei rischi ivi individuata è coerente con le prescrizioni del Codice per la qualificazione giuridica del contratto nonché con i criteri dettati dall’Eurostat per l’inserimento off balance dell’intervento.
Si segnala, inoltre, che le Linee Guida non offrono alcuno spunto interpretativo per qualificare il rischio operativo nel contratto PPP e per distinguere il contratto PPP dalla concessione atteso che l’art. 180, comma 8, del Codice, include tra i contratti PPP anche le concessioni.
In generale la ricognizioni di rischio di costruzione, rischio di domanda e rischio di disponibilità appare corretta fermo restando quanto indicato sotto in merito alla corretta allocazione di tali rischi tra soggetto pubblico e soggetto privato. Si segnala comunque che, in tutte le ipotesi dovrebbe essere inserito un concetto di forza maggiore riguardante fatti comunque imprevedibili che abbiano effetti negativi sull’equilibrio.
Riguardo al rischio di costruzione, si ritiene che i rischi allocabili sul soggetto privato siano quelli da 5 a 9 della lista di cui al paragrafo 3.1 delle Linee Guida. Riguardo al punto 7 (aumenti di costo dei fattori produttivi o indisponibilità) si ritiene che il rischio debba essere condiviso tra privato e soggetto pubblico qualora l’aumento dei costi vada oltre la normale prevedibilità e ricada nell’ipotesi di impossibilità o eccessiva onerosità sopravvenuta. I rischi di cui ai punti da 1 a 4 della lista sfuggono in larga parte al controllo del soggetto aggiudicatario di un contratto PPP. Pertanto, laddove il ricorrere dell’evento rilevante non dipenda da un inadempimento del privato agli obblighi previsti in convenzione (si pensi non corretta presentazione delle richieste per permessi e
autorizzazioni) tali circostanze dovrebbero comunque dare luogo ad un riequilibrio a favore del soggetto privato.
Riguardo al rischio di domanda deve considerarsi che la previsione di un rischio totale o eccessivamente elevato a carico del soggetto privato rende estremamente difficoltoso e, in alcuni casi non possibile, reperire le risorse finanziarie di debito (finanziamento o debt capital market). Per questo il mercato finanziario predilige di regola la strutturazione di progetti PPP sulla base di un canone di disponibilità. Anche tenendo conto di quanto previsto al paragrafo 2 delle Linee Guida, è auspicabile una conferma dell’ANAC circa l’utilizzabilità della struttura a canone di disponibilità per i contratti PPP e, quindi, anche per le concessioni.
Per quanto riguarda il rischio di disponibilità, l’allocazione sul privato di un rischio di manutenzione straordinaria non programmata, derivante da fatti imprevedibili (quali forza maggiore, sopravvenute esigenze tecniche etc.), dovrebbe dare in ogni caso diritto al riequilibrio del progetto.
Riguardo agli altri rischi, si richiama quanto previsto ai precedenti paragrafi riguardo al diritto al riequilibrio per fatti non prevedibili o controllabili dal soggetto privato.
Riguardo al rischio finanziario, le Linee Guida segnalano correttamente che tale rischio può derivare da fattori esogeni non controllabili dal soggetto aggiudicatario di un contratto PPP. Al riguardo, si segnala che, proprio riconoscendo tale circostanza, la previsione di un risoluzione automatica del contratto appare un rimedio non adeguato anche in una prospettiva di economicità. Sarebbe invece opportuno prevedere la possibilità per l’amministrazione, a valle di un adeguato sounding di mercato, di accordare un aggiornamento del piano economico finanziario per riflettere le condizioni di finanziamento riconosciute dal mercato.
Quanto alla matrice dei rischi, si conferma l’utilità dello strumento sotto il profilo della gestione contrattuale e della chiarezza interpretativa. Tuttavia, è necessario precisare che la matrice dei rischi non può essere sostitutiva del regolamento contrattuale che, in caso di conflitto, dovrà comunque prevalere. Si ritiene necessario dare atto di tale principio in un’ottica di certezza contrattuale. Quanto alla compilazione della matrice dei rischi, essa potrà costituire un valido strumento sistematico-interpretativo per la gestione del contratto e potrà essere condivisa tra le parti. E’ evidente tuttavia che alcuni aspetti della matrice proposta scontano una valutazione soggettiva forse non rilevante ai fini della condivisione tra le parti.
12. Conforma - Associazione Organismi Certificazione Ispezione Prova e Taratura
Conforma, Associazione degli Organismi di Certificazione, Ispezione, Prove e Taratura, annovera tra i propri associati alcuni tra i principali Organismi di Ispezione di tipo A accreditati ai sensi della norma UNI CEI EN ISO / IEC 17020 che nell’ultimo decennio hanno maturato significative esperienze nel settore delle verifiche e ritiene quindi di poter fornire elementi di interesse sulle consultazioni relative alle linee guida applicative del Dlgs 50/2016.
La normativa vigente dispone all’ art. 26 comma 1 del D.Lgs. 50/2016 la verifica preventiva della progettazione, stabilendo che essa si applichi ai contratti relativi a lavori, includendo ovviamente anche tutti i casi in cui i lavori rappresentano una componente del contratto, quali sono quelli previsti dall’art. 180 del nuovo codice.
Si ritiene opportuno schematizzare il processo di realizzazione di un’operazione in PPP, suddividendolo nelle seguenti macro-fasi, con riferimento agli articoli della norma e ai contenuti del documento di consultazione (tra parentesi la corrispondente fase del ciclo di vita del progetto di costruzione):
1. Bancabilità del progetto (progetto di fattibilità)
a. (rif. art. 181 c. 3): adeguata istruttoria con riferimento all’analisi della domanda e dell’offerta, della sostenibilità economico-finanziaria ed economico-sociale dell’operazione, alla natura e alla intensità dei diversi rischi presenti nell’operazione di partenariato → per verificare la convenienza del ricorso a forme di PPP
2. procedura di affidamento, variabile in funzione della tipologia di PPP adottato (progetto di fattibilità, progetto definitivo)
a. (rif. art. 181 c.2): salva l’ipotesi in cui l’affidamento abbia ad oggetto anche l’attività di progettazione, le amministrazioni aggiudicatrici provvedono all’affidamento dei contratti ponendo a base di gara il progetto definitivo e uno schema di contratto e di piano economico finanziario, che disciplinino l’allocazione dei rischi tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico
b. (rif. art. 183 c.2, specificatamente per la finanza di progetto) : le amministrazioni pongono a base di gara un progetto di fattibilità; sarà il concorrente a presentare progetto definitivo, bozza di convenzione e PEF.
3. Contrattualizzazione (progetto definitivo)
4. Gestione del contratto (progetto esecutivo, costruzione, collaudo, gestione)
a. (rif. art. 181 c. 4) l’amministrazione aggiudicatrice esercita il controllo sull’attività dell’operatore economico, attraverso la predisposizione ed applicazione di sistemi di monitoraggio. L’operatore economico è tenuto a collaborare ed alimentare attivamente tali sistemi.
Le prime due fasi, propedeutiche alla contrattualizzazione, sono contraddistinte dalla necessità in primis della certezza in ordine alla sostenibilità economico-finanziaria dell’operazione, e quindi di una chiara identificazione dei rischi connessi alla progettazione, costruzione e gestione dell’opera, con la loro conseguente allocazione. La terza e la quarta, successive alla contrattualizzazione, necessitano del controllo dell’esecuzione del contratto, ivi compreso il monitoraggio dei rischi e la loro gestione nel rispetto del contratto stesso.
Tutte le quattro fasi, sono tese al costante mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario, necessario ai fini della buona riuscita dell’operazione, anche attraverso il suo riequilibrio.
In questo scenario, rispetto alle tradizionali forme di appalto, alla “centralità” del progetto già rimarcata nella Legge Delega, si affiancano il piano economico-finanziario e la contrattualistica, intesa quest’ultima come strumento, prima per l’allocazione dei rischi precedentemente individuati, e poi per la loro gestione.
All’art. 182 si prevede il monitoraggio dei rischi entro il ciclo di vita del rapporto contrattuale con processo di verifica, che di fatto integra i contenuti già previsti all’art. 26 per la progettazione dei lavori con controlli specifici riferiti alla tipologia del contratto.
Gli strumenti di controllo individuati dal legislatore sul “progetto” (art. 26 del X.Xxx. 50/16), si estendono quindi :
• nelle prime due fasi sopra indicate, agli aspetti economico-finanziari e contrattualistici, questi ultimi anche attraverso il controllo delle corretta definizione delle matrice dei rischi e la sua coerenza con i disposti contrattuali.
• nella terza e nella quarta, all’attento monitoraggio dell’esecuzione del contratto che, attraverso opportuni controlli definiti dalle norme tecniche di settore, consentano di anticipare le potenziali criticità che potrebbero alterare l’equilibrio economico-finanziario del PEF, mettendo l’amministrazione nella condizione di poter individuare tempestivamente le opportune azioni correttive nel rispetto del contratto.
Ai fini di quanto sopra può costituire riferimento il mondo della normazione tecnica.
In particolare si segnala la norma UNI/TS 11453:2012 (Linee guida per l’iter di finanziamento per le costruzioni) , che definisce un percorso metodologico per la raccolta e la verifica della documentazione di natura contrattuale, tecnico-cantieristica, amministrativa-contabile-fiscale, di
controllo gestionale e finanziario (cash flow), dalla fase di fattibilità e fino al collaudo, condiviso anche con il settore bancario ed assicurativo.
Per tali attività di monitoraggio, in analogia con i controlli sul progetto, Accredia prevede per gli Organismi di Ispezione, uno specifico accreditamento ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17020, che ne garantisce l’indipendenza rispetto a tutti gli attori del processo, ciascuno portatore di propri specifici interessi ( si evidenzia che la legge delega stabilisce che sia da prevedersi idoneo supporto tecnico alle Stazioni Appaltanti, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti, ai fini dell’incentivazione all’utilizzo di forme di Partenariato Pubblico Privato).
13. Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
RISCHIO DI COSTRUZIONE
Per ciò che concerne il rischio di commissionamento, esso non appare gestibile dalla controparte privata. Si tratta di un tipico rischio a carico della parte pubblica, che è in grado di assumerli al meglio e gestirli minimizzando i costi della relativa copertura.
Inoltre, in tale fattispecie dovrebbero essere ricompresi i rischi derivanti da un non corretto adempimento della prestazione da parte dell’amministrazione concedente, dalla cui azione/inazione potrebbero derivare conseguenze sul livello della domanda di servizio (si pensi al caso di un parcheggio nei pressi del quale non sia sanzionata la sosta abusiva, di una nuova viabilità alternativa all’infrastruttura oggetto della convenzione, e, più in generale, di atti amministrativi/regolamentari che determinino un’alterazione delle condizioni di equilibrio del Piano economico finanziario).
Il rischio di commissionamento potrebbe riguardare addirittura aspetti di carattere politico e momenti di programmazione della realizzazione dell’opera da parte dell’amministrazione o fasi precedenti la stipula della concessione e la costruzione. Il punto merita una trattazione specifica che identifichi in particolare i precisi limiti in cui il soggetto privato può essere coinvolto in tali tipologie di rischio che in linea generale si ritiene debbano limitarsi a talune tipologie di rischio amministrativo.
La previsione dell'attribuzione di tale rischio a carico del privato, peraltro, è smentita dalla lettera dell’articolo 187, co. 2, del Codice con specifico riferimento al contratto di disponibilità, dove si prevede che “i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell'opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore”. Tale principio dovrebbe essere ritenuto valido in tutti i PPP e lo stesso vale per il rischio contenzioso da parte dei privati: non può essere attribuito al privato il rischio derivante dal contenzioso che non sia allo stesso imputabile.
Sulla stessa lunghezza d'onda, anche il rischio amministrativo (mancato/ritardato ottenimento di permessi/autorizzazioni), si configura come una tipica causa di modifica dello scenario base non imputabile al concessionario, salvo il caso in cui il mancato rilascio sia generato da inadempimento del concedente alla convenzione (ad esempio se connesso a lacune o scarsa qualità nella documentazione necessaria al rilascio, ed alla tempestività della richiesta).
Rischio ambientale/o archeologico: se nuovi elementi sono rinvenuti successivamente all’approvazione della progettazione definitiva, e successivamente al rilascio delle autorizzazioni degli enti preposti non possono essere attribuiti alla responsabilità del concessionario e dovrebbero dare avvio ad una revisione del PEF. Si ritiene che in molti casi tale rischio debba essere considerato alla stregua di un evento di forza maggiore.
Per quanto riguarda il “rischio di progettazione” attribuito al privato, sarebbe opportuno specificare che ciò vale solo nelle ipotesi in cui la progettazione sia rimessa al privato sin dalla fase preliminare e le omissioni o gli errori progettuali non siano stati compiuti dall’Amministrazione o da altro privato incaricato dalla stessa della sola progettazione.
L’aumento dei costi dipendente da varianti richieste dal Concedente non può essere un rischio attribuito al privato e deve essere causa di riequilibrio.
RISCHIO DI DOMANDA
In linea generale, un calo nella domanda o la insorgenza di una offerta competitiva alternativa da parte di altri operatori economici sono fattori di rischio assunti dal privato, laddove siano determinata da aspetti e fenomeni legati al mercato ed al suo naturale funzionamento e non da provvedimenti della parte pubblica (anche diversa dall’amministrazione concedente) che incidano direttamente sullo sfruttamento del bacino di utenza medio tempore intervenuti, non prefigurati nello studio di fattibilità o nel contratto di concessione. Il tema è indubbiamente complesso ed articolato e coinvolge aspetti legati anche alla attività di programmazione degli investimenti e dei servizi della Pubblica Amministrazione ed i rapporti tra enti pubblici, ma si ritiene che un chiarimento nel senso auspicato sia opportuno.
RISCHIO DI DISPONIBILITA'
In relazione alla necessità di interventi di manutenzione straordinaria non preventivati, se non attribuibili ad errori commessi dal concessionario, dovrebbero dare vita a ipotesi di riequilibrio del piano economico-finanziario.
Per ciò che concerne il rischio di performance, legato agli aspetti strutturali e/o di erogazione dei servizi, potrebbe essere opportuno fare riferimento in maniera più esplicita alla necessità di definire degli indicatori (key performance indicators - KPI) in base ai quali stabilire eventuali inadempimenti del privato e la verifica della fattispecie di cui all'art. 180, comma 4.
Merita approfondimento l’ obsolescenza tecnica, che rappresenta un concetto difficilmente definibile in maniera univoca. Si riferisce al progresso tecnico, al miglioramento del livello tecnologico, alla modernità ed attualità delle condizioni di resa del servizio o di fruizione dell’opera. L’assunzione da parte del concessionario di un rischio di obsolescenza di questo tipo (rispetto a standard prestazionali più moderni che siano divenuti lo stato dell’arte nello specifico servizio) deve essere espresso in modo assai chiaro nel bando, nella convenzione e nei disciplinari prestazionali, altrimenti diverrebbe poco gestibile nella formazione del Piano Economico Finanziario e nella comparabilità delle proposte. Se invece si fa riferimento all'obsolescenza incidente sui costi di manutenzione e si intende fare riferimento ad un deterioramento prestazionale e fisico dovuto ad usura precoce o minor vita utile fisica dell’impianto, è necessario una nota di chiarimento.
ALTRI RISCHI
Le ipotesi di cambiamento normativo (change in law), sopravvenute disposizioni legislative, anche fiscali, dovrebbero determinare la revisione del Piano, al fine di neutralizzare per il concessionario gli effetti, positivi o negativi, sull’equilibrio economico finanziario della concessione direttamente riconducibili a tali modifiche.
Il rischio finanziario dovrebbe configurare un'ipotesi di revisione del PEF, con una eventuale compartecipazione del soggetto concedente solo in presenza di situazioni eccezionali o sistemici che impediscano l’accesso ai mercati finanziari a condizioni “normali”. Aumenti dei tassi di interesse a livelli oggettivamente “straordinari”, o l’impossibilità di reperire sufficienti finanziamenti necessari per problemi di carattere generale.
Infine, in relazione al il rischio di valore residuale, il contratto dovrebbe innanzitutto prevedere che l'Amministrazione si attivi in maniera tempestiva per l'esperimento della procedura volta all'individuazione del nuovo concessionario. L’eventualità che la gara per la ricerca del concessionario subentrante vada deserta, e che quindi il concessionario uscente non riceva tale corrispettivo, dovrebbe essere mitigato in via contrattuale. Tale rischio dovrebbe essere verosimilmente attribuito all’Amministrazione concedente, che assumerà l’obbligo di versare al concessionario uscente il valore del corrispettivo di retrocessione, riconoscendo allo stesso, fino alla data di pagamento del valore di subentro, la facoltà di proseguire nella gestione dell’opera sino al completo ammortamento, compatibilmente con la normativa di settore e con quanto stabilito nella convenzione. In ogni caso, Se il progetto intende apprezzare e gestire questo rischio o farne
elemento di valutazione delle proposte, occorre definire i parametri rilevanti per tale valutazione ed indicare nel bando o nel disciplinare se e come quantificare e valutare nel Piano Economico e Finanziario del Concessionario il valore residuale.
MATRICE DEI RISCHI
L’identificazione e la matrice dei rischi devono fornire indicazioni più approfondite sull’allocazione dei vari rischi, non limitandosi a una mera identificazione e a un trattamento di tipo "binomiale" dei singoli fattori di rischio.
Oltre a un "inventario" dei rischi, soprattutto per i progetti più rilevanti, può essere opportuno anche attribuire un determinato livello di probabilità al verificarsi dell'evento patologico. In tal caso, il Piano Economico Finanziario dovrebbe dar conto della scelta da parte del concessionario di coprire quel determinato rischio (con la determinazione dei connessi costi di copertura) piuttosto che rimanerne esposto, scelta di rilievo non marginale nella valutazione della proposta da parte del Concedente.
Attraverso una simile valutazione, la stima dei flussi di cassa e dei rendimenti che il Piano esprime potrà essere considerata nel primo caso "risk adjusted" mentre nel secondo caso sarà evidente che i rendimenti espressi nel piano non considerano costi per la copertura dei rischi e dovranno pertanto essere tendenzialmente più elevati, in quanto maggiormente esposti e fattori di rischio.
Per l'importanza dell'allocazione dei rischi nelle operazioni di PPP, sarebbe opportuno che l'ANAC fornisse precise indicazioni sulla opportunità di richiedere la matrice dei rischi in sede di presentazione dell’offerta e, eventualmente, di attribuire alla stessa un determinato punteggio al momento della valutazione, suggerendo i criteri di valutazione.
Sempre a proposito di gestione e allocazione dei rischi, inoltre, si segnalano perplessità relative disposizione di cui all’art. 180, co. 6, che disciplina la misura massima del prezzo in relazione all’investimento: poiché tale limitazione non deriva in maniera esplicita dalla normativa comunitaria, potrebbe essere oggetto di variazione. Lasciando la norma invariata, si rischierebbe di rinunciare a un importante elemento di flessibilità, soprattutto per interventi riguardanti opere non particolarmente "calde" ma che con un'adeguata gestione dei rischi potrebbero comunque essere realizzate e gestite tutelando l'Amministrazione e consentendo al Concedente di raggiungere l'equilibrio economico-finanziario e la sostenibilità dell'operazione. In alcuni casi, una simile limitazione potrebbe avere l’effetto di non consentire la realizzazione dell’intervento.
In ultimo, pur essendo verosimile, non si ritiene automaticamente verificato il trasferimento del rischio in capo al soggetto pubblico al superamento di tale soglia.
Anche in una simile ipotesi, infatti, non è scontato il recupero dell’investimento sostenuto e il raggiungimento dei livelli di redditività richiesti dall’operatore privato: è tale elemento, più che l’intensità del prezzo, ad essere considerato come dirimente per la realizzazione di un contratto di concessione anche nell’ambito della Direttiva Europea 23/2014.
Tuttavia, tale profilo non può essere modificato dalla normativa secondaria, per cui sarebbe opportuno che l’ANAC segnalasse questo aspetto al legislatore per sollecitare una modifica normativa.
Nell’ambito della matrice può essere opportuno prevedere un’apposita analisi dei rischi derivanti dalle strutture statutarie dei soggetti concessionari in PPP, al fine di limitare il verificarsi di situazioni che possano incidere sulle concessioni stesse, ed esporre a rischio le amministrazioni concedenti, senza che esse possano in alcun modo intervenire per evitare il rischio o limitarne gli effetti negativi.
A tale proposito, all’interno dei contratti di concessione, si potrebbero individuare una serie di clausole statutarie delle società di progetto che danno luogo a un trasferimento del rischio, per la cui modifica sarebbe necessario prevedere l’informativa o, in alcuni casi, il parere preventivo da parte della stazione appaltante.
CLAUSOLE CONTRATTUALI
I contratti che regolano le operazioni di PPP dovrebbero indicare in maniera chiara i presupposti e le condizioni che sono alla base dell'equilibrio economico-finanziario. In relazione alla gestione dei rischi e alle ipotesi di revisione del PEF (infra), è necessario predisporre apposite clausole di benefit sharing e risk sharing, attraverso le quali bilanciare le condizioni del piano economico finanziario a favore del Concedente o del Concessionario.
REVISIONE DEL PEF
Al fine di evitare possibili contenziosi, nel caso in cui un evento non riconducibile alla volontà del Concessionario sia riconosciuto come potenzialmente destabilizzante dell'equilibrio economico- finanziario, è necessario effettuare un'analisi che sia quanto meno discrezionale possibile.
Il venir meno delle condizioni di equilibrio di cui all'art. 182, comma 3 deve essere verificato ricorrendo prevalentemente a valutazioni quantitative, in termini, ad esempio, di incremento (in valore assoluto o percentuale) del costo dell’investimento, piuttosto che di variazione del VAN o del TIR di progetto o dei mezzi propri, superiore a certe percentuali, variazioni dell’indice DSCR e LLCR, e così via. Naturalmente, come in precedenza sottolineato, tale valutazione deve essere effettuata in maniera "bidirezionale" (a vantaggio sia del Concessionario che del Concedente, a seconda dei casi), e, tendenzialmente, con riferimento a tutte le tipologie di rischi.
FLUSSI INFORMATIVI
Oltre previsione di una piattaforma informatica, per agevolare la verifica delle performance dell'investimento da parte dell'Amministrazione, le linee guida potrebbero prevedere, soprattutto per interventi al di sopra di una certa soglia, l'obbligo di creazione della società di progetto, che dovrà trasmettere una rendicontazione periodica al Concedente.
Tale previsione renderebbe verosimilmente più agevole anche la verifica in tema di Service level agreement.
14. Oice
Monitoraggio contratti PPP
Ci troviamo sostanzialmente d’accordo con l’elencazione. Più che la mera elencazione, però, sarà rilevante la trattazione delle misure di mitigazione dei rischi, onde evitare che normali momenti di riequilibrio del contratto possano essere considerati quali squilibri nell’allocazione dei rischi. Non va dimenticato che, anche in operazioni di PPP, siamo di fronte a opere pubbliche, con fini e utilità pubblici e per i quali una Pubblica Amministrazione ha deliberato, di fatto, la necessità della sua realizzazione. Il PPP è un mero strumento.
Con riferimento, ad esempio, al rischio di costruzione, rileva il rischio ambientale/archeologico. La sua mitigazione, quantomeno quando si agisce su aree di proprietà pubblica, dovrebbe essere onere “a monte” della pubblica amministrazione. Questo sovente non accade per mancanza di fondi (o impossibilità di spesa). In alcune situazioni abbiamo allora fatto inserire nella convenzione (si trattava di project financing) diversi livelli di coinvolgimento, a seconda degli oneri da sostenere, per i quali gli eventuali interventi erano a carico:
- del concessionario fino a una certa cifra;
- del concessionario ma con riequilibrio del PEF, per somme superiori; della P.A. sopra una certa somma con, in alternativa, possibilità al concessionario di recedere dal contratto.
- recedere dal contratto.
Sempre sui costi di costruzione, meriterebbe forse una considerazione in più il leasing. Se è vero infatti che viene data prevalenza alla natura di appalto di lavori, è vero anche che l’elemento del finanziamento è di fondamentale importanza e che si tratta di uno strumento particolarmente indicato nel caso di opere fredde (dove quindi il rischio di domanda non dovrebbe sussistere), è altrettanto vero che (in teoria) l’unica fonte di ritorno del finanziamento sono i canoni e pertanto
l’analisi e l’allocazione del rischio e il relativo monitoraggio e azioni conseguenti ne dovrà tenere in debita considerazione, pena l’inutilizzabilità di fatto dello strumento per mancanza di operatori interessati.
Sempre in tema di mitigazione del rischio, è opportuno che siano previsti a livello contrattuale anche standard minimi di azione da parte della pubblica amministrazione. Da leggersi sotto diversi aspetti: ad esempio temporali (un mese in più o in meno, per l’operatore privato può fare la differenza); come pure di contenuti, soprattutto laddove l’opera realizzata veda funzioni promiscue pubbliche e private, nel senso di fare in modo che le attività pubbliche non siano incompatibili con quelle private che generano il flusso finanziario utile a ripagarla. Anche partendo da quest’ultima considerazione, in tema di revisione del PEF, bisognerebbe prevedere una clausola di salvaguardia in tema di eventi non imputabili al concessionario. Una elencazione quale quella proposta (molto burocratica e di stampo, come dire, “assicurativo”) non copre tutte le eventualità che potrebbero accadere nel corso del contratto. Si dovrebbe potere aprire alla libera discussione tra le parti la possibilità di revisionare il PEF alla luce di eventi difficilmente inquadrabili ma che esercitano influssi determinanti sul PEF. Pur trattandosi di investimenti rispetto ai quali è giusto che il privato si assuma onori ed oneri, non si tratta di investimenti del tutto paragonabili a quelli meramente privati; misure di tutela maggiori rispetto a questi ultimi sono a nostro giudizio determinanti se si vuole evitare l’inutilizzo degli strumenti di PPP. In merito agli indicatori finanziari, nulla questio sulla loro individuazione. Il tema è semmai il loro valore: l’investitore privato, ad esempio, affronterà l’investimento solo a fronte di un TIR di un certo livello e non basta che esista una qualsiasi marginalità (come ci è capitato di sentire). Nessuna osservazione in merito agli strumenti di monitoraggio.
15. Renovate Italy
PPP e riqualificazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione
Gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici sono considerati con particolare attenzione dal legislatore comunitario e da quello nazionale (direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica e decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102) per via dei vantaggi che possono derivare - per i cittadini, l'economia e l'ambiente - da una loro vasta implementazione.
Le attività di questa natura condotte sugli edifici della pubblica amministrazione sono ritenute ulteriormente motivate dal ruolo esemplare che esse dovrebbero esercitare nei confronti della popolazione affinché essa sia maggiormente stimolata a intervenire anche sul patrimonio privato.
I contratti di PPP sono spesso indicati, nella dottrina così come nelle disposizioni legislative, come strumenti utili, se non insostituibili, per rendere possibile una vasta diffusione di interventi la cui realizzazione è condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi di riduzione dei consumi e delle emissioni climalteranti. Tali riduzioni sono oggetto di impegni internazionali che il nostro Paese ha assunto e che diverranno ancor più gravosi in seguito alla ratifica degli accordi assunti in sede di COP 21 e alla necessaria revisione dei piani strategici nazionali in tema di energia.
Non va poi dimenticato che, a livello locale, i piani di riduzione delle emissioni regionali e comunali, funzionali anche per la riduzione dell'inquinamento locale, si affidano sistematicamente a cospicue quantità di interventi di riqualificazione energetica del patrimonio costruito che, nel contesto e con le prassi attuali, non hanno alcuna realistica prospettiva di realizzazione.
E' dunque necessario, per la ricordata funzione esemplare e di stimolo che le è attribuita, che l'attività sul patrimonio pubblico sia adeguatamente sovvenzionata e dotata di strumenti che ne consentano una vasta e agevole applicazione.
Ai fini di una corretta comprensione delle tesi sostenute nel presente documento di osservazioni è necessario ricordare che con la locuzione “efficienza energetica” è possibile riferirsi a interventi di natura ed efficacia assai diversificate (dalle buone pratiche di gestione degli impianti, alla sostituzione di singole componenti tecnologiche, alla realizzazione di un complesso di interventi
coordinati sulle principali componenti del sistema edificio-impianto in grado di ridurre drasticamente e definitivamente i consumi di un edificio, fino a trasformarlo in un Near Zero Energy Building (NZEB).
La funzione esemplare assegnata all'amministrazione pubblica non può che fare riferimento agli interventi che presentano un’elevata efficacia nella riduzione dei consumi (deep renovation) ed è a questi che ci riferiremo nel seguito della trattazione, evidenziando altresì che gli interventi di questa natura consentono di perseguire finalità ulteriori rispetto a quella del risparmio di energia, come il miglioramento del comfort degli utenti degli edifici. Inoltre, spesso è opportuno che la loro realizzazione avvenga in coordinamento con altre attività manutentive comunque necessarie per garantire sufficienti livelli di sicurezza, salubrità, decoro, rispondenza a mutate esigenze funzionali, o semplicemente per affrontare condizioni di prolungata scarsa manutenzione.
Non va infine dimenticato che la nuova normativa sull'efficienza energetica degli edifici impone, quando si interviene su un edificio, di rispettare requisiti prestazionali particolarmente severi, soprattutto nel caso degli edifici pubblici, tanto che le recenti norme in materia di “requisiti minimi” mostrano un chiaro orientamento del legislatore verso la realizzazione e trasformazione degli edifici in NZEB.
Va da sé che interventi con queste caratteristiche, pur consentendo di ottenere i massimi livelli di risparmio di energia, richiedono di sostenere investimenti di intensità elevata che presentano un rapporto con i risparmi conseguibili molto inferiore rispetto a quelli tipici della prassi operativa in ambito di efficienza energetica, quasi sempre concentrata esclusivamente sugli impianti (di riscaldamento e in qualche caso di illuminazione) e sulla minimizzazione dei tempi di ritorno degli investimenti.
Occorre quindi domandarsi se la strumentazione contrattuale in tema di PPP offerta dalla nuova disciplina risponda adeguatamente alle importanti e ineludibili esigenze della riqualificazione energetica profonda degli edifici pubblici.
L'allocazione dei rischi e l'equilibrio economico e finanziario
Il documento in consultazione ricorda che ciò che caratterizza un contratto di PPP è la ripartizione del rischio tra amministrazione e operatore economico.
Nei contratti di PPP, al rischio proprio dell’appalto si aggiunge il rischio operativo legato alla gestione dei lavori o servizi, cioè la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per l’operazione e, quindi, di subire perdite derivanti da squilibri che si possono generare sia dal lato della domanda (ad esempio, una domanda di mercato inferiore a quella prevista), sia dal lato dell’offerta (la fornitura di servizi non in linea con la domanda di mercato). Nei contratti di PPP la parte del rischio trasferita all’operatore economico deve comportare, in altri termini, una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita subita dallo stesso non sia puramente nominale o trascurabile oppure all’incapacità di fornire, con continuità, l’opera alle condizioni previste nei documenti contrattuali, sopportando le perdite legate al mancato riconoscimento del canone.
E' altresì richiamato l’art. 180 del nuovo Codice che regola gli eventuali apporti finanziari della pubblica amministrazione nei contratti di partenariato pubblico privato, argomentando che:
• nei casi di apporto prevalentemente pubblico di capitale di rischio (equity) o di capitale di credito (finanziamenti bancari), il soggetto pubblico assume la maggioranza dei rischi, modificando la natura del contratto. Inoltre, l’incremento del livello di finanziamento, da minoritario a maggioritario, in corso d’opera può comportare la riclassificazione on balance dell’asset, ossia la sua imputazione sul bilancio del soggetto pubblico;
• anche la presenza di garanzie pubbliche può rappresentare un elemento idoneo a incidere sulla distribuzione dei rischi tra le parti, rilevando che le garanzie possono comportare l’iscrizione o la riclassificazione dell’asset on balance quando assicurano un’integrale copertura del debito o un rendimento certo del capitale investito dal soggetto privato.
Viene infine ricordato che il comma 6 dello stesso articolo dispone che, in ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari. Risulta abbastanza evidente, dai reiterati riferimenti alla domanda di mercato e alle sue possibili fluttuazioni, che l'attenzione del redattore delle Linee guida sia rivolta in particolare agli interventi finalizzati alla realizzazione di edifici o strutture caratterizzate dalla possibilità di essere sfruttate economicamente in cui la gestione, affidata alle capacità dell'operatore economico, sia in grado di sostenere, in tutto o in parte prevalente, gli investimenti necessari; e che la sua preoccupazione sia di assicurare che il rischio di domanda, dovuto alle sue fluttuazioni e motivato anche dalla qualità della gestione e dei servizi prestati dalla parte privata non finisca per rimanere, nei fatti, a carico della parte pubblica.
Occorre però osservare che non è questo il caso della maggior parte degli edifici esistenti di proprietà della pubblica amministrazione e destinati all'assolvimento di servizi pubblici, che non sono suscettibili di sfruttamento economico da parte dell'operatore privato: scuole, municipi, biblioteche pubbliche, ecc.
In questi casi l'intervento di miglioramento profondo dell'efficienza energetica, doveroso per via della funzione esemplare pubblica, può contribuire, attraverso la riduzione dei consumi, a sostenere gli investimenti. Tuttavia, l'esperienza mostra che l'entità del contributo che può essere fornito dal risparmio energetico al cash flow delle operazioni è piuttosto modesto, soprattutto nel caso frequente di contemporanea realizzazione di interventi manutentivi o correttivi complementari.
Risulta allora evidente che, se l'equilibrio economico e finanziario di attività di riqualificazione energetica su edifici di questa natura deve essere assicurato esclusivamente o in via prioritaria dal risparmio ottenuto, la scelta degli interventi sarà necessariamente limitata a quelli caratterizzati da minore intensità di investimento che però, tipicamente, sono quelli in grado di offrire le riduzioni dei consumi più modeste, in antitesi con i presupposti di esemplarietà dell'azione della pubblica amministrazione e anche con gli obblighi a cui essa è assoggettata.
Un altro aspetto che limita le opzioni che possono raccogliere l’interesse degli operatori economici per i contratti di PPP è il tempo di ritorno dell'investimento. Un payback time superiore a 3-5 anni non è di norma ritenuto interessante dalla maggior parte delle ESCo che operano in ambito industriale. Tempi di ritorno superiori ai dieci anni risultano insostenibili anche per gli operatori (e gli investitori) maggiormente orientati al settore civile.
Diviene quindi necessario, nella maggior parte delle iniziative di riqualificazione energetica profonda degli edifici, affiancare alle risorse economiche generabili attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica (risparmio) altre cospicue risorse che consentano di ricondurre la redditività e il tempo di ritorno degli investimenti privati a livelli di convenienza accettabili dal mercato.
Il legislatore, consapevole di questa esigenza, ha introdotto una misura di incentivazione dedicata alla pubblica amministrazione: il cosiddetto Conto termico. Il meccanismo è finalizzato a orientare le scelte verso attività in grado di trasformare profondamente la qualità energetica degli edifici. I livelli di contribuzione e i massimali previsti sono infatti connessi al livello di integrazione e profondità degli interventi. Il massimo livello di sostegno, pari al 65% dei costi eleggibili, corrisponde alla trasformazione degli edifici in NZEB.
La struttura di questo meccanismo di incentivazione si coniuga efficacemente, in linea teorica, con i contratti di PPP in virtù delle modalità di erogazione del contributo, che in parte prevalente avviene dopo il completamento degli interventi, e della sua integrazione con il risparmio generato, che si manifesta in un periodo pluriennale.
In presenza di esigenze manutentive ulteriori rispetto a quelle strettamente in grado di generare risparmio energetico può essere necessario, come si è detto, che l’amministrazione pubblica contribuisca al raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario attraverso il riconoscimento di un prezzo, avvalendosi di risorse proprie o di altri contributi statali o regionali, oggi compatibili e cumulabili con quelle previste dalla nuova versione del Conto termico.
La compatibilità con l'art. 180
Alla luce delle considerazioni esposte si impone la verifica della compatibilità dei modelli di finanziamento che facciano conto di risorse pubbliche che, come si è visto, appaiono difficilmente eludibili.
Sotto il profilo dell’allocazione dei rischi, occorre ricordare la natura e la destinazione degli edifici di cui si sta trattando che, raramente, sono suscettibili di sfruttamento economico nei confronti di terzi, potendo in genere tale sfruttamento – quand’anche possibile – assumere un carattere del tutto marginale. In questi casi, prevalenti, il “rischio di domanda” è inesistente o di entità trascurabile e la sua eventuale allocazione in capo al contraente privato, pur dovendo essere assicurata, non può considerarsi di grande rilevanza nella verifica della corretta suddivisione dei rischi.
Al contrario, negli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica il “rischio di disponibilità” assume un carattere rilevante, in quanto la motivazione dell’investimento risiede proprio nella capacità degli interventi realizzati di ridurre i consumi di energia e di emissioni dannose, di migliorare il comfort degli utenti e di esplicare la funzione esemplare della pubblica amministrazione nei confronti della popolazione. La corretta allocazione di questo rischio in capo all’operatore economico può e deve essere assicurata da idonee previsioni contrattuali.
Le conseguenze di una insufficiente prestazione energetica dell’intervento realizzato devono essere rilevanti e incidere sulla capacità, per l’operatore privato, di recuperare gli investimenti effettuati, ma anche commisurate allo svantaggio economico eventualmente subito dalla pubblica amministrazione a causa di consumi superiori a quelli prospettati.
Il rapporto tra l’eventuale svantaggio economico e gli investimenti sostenuti è tipicamente minimo, così come il rapporto tra il risparmio sui consumi di energia e gli investimenti necessari, soprattutto in presenza di rilevanti attività manutentive complementari.
La verifica delle condizioni fornite da Eurostat per la classificazione off balance degli asset oggetto dell’operazione di PPP non sembra dunque presentare particolari problemi, a prescindere dall’entità (più o meno prevalente) dell’investimento sostenuto dalla parte privata, potendosi comunque fornire una chiara dimostrazione dell’allocazione al privato del rischio di costruzione e del rischio di disponibilità.
Critica invece appare la verifica della compatibilità con il limite fissato dal comma 6 dell’art. 180 che, quasi sicuramente, risulterà superato nella generalità dei progetti di efficientamento profondo degli edifici pubblici, soprattutto nel caso in cui (e non si vede come potrebbe essere altrimenti) le risorse provenienti dal Conto termico saranno computate tra quelle a carico della pubblica amministrazione anche nel caso in cui essa adotterà la facoltà di avvalersi dell’intervento di una ESCo mediante la stipula di un contratto di prestazione energetica, ai sensi dell’art. 3, comma 2 del decreto interministeriale del 16 febbraio 2016.
Conclusioni
Il superamento dell’ostacolo posto dal comma 6 dell’art. 180 del nuovo Codice dei contratti nel caso degli interventi in PPP di riqualificazione energetica profonda degli edifici pubblici dovrà probabilmente passare attraverso una modifica della norma.
Gioverà a questo proposito domandarsi quale sia la motivazione prioritaria del ricorso ai contratti di PPP per la realizzazione di interventi di questa natura.
Posto che il corretto trasferimento dei rischi può essere assicurato a prescindere dal rapporto tra risorse pubbliche e private, la questione che sembra dirimente è la possibilità di rendere finanziariamente sostenibili le operazioni.
Mentre nel caso della costruzione di edifici o strutture destinate allo sfruttamento economico, in cui esista una domanda di servizi e prospettive di autonomo perseguimento dell’equilibrio economico e finanziario, il coinvolgimento prevalente della finanza privata ha un senso, nel caso degli interventi di riqualificazione energetica profonda degli edifici tali prospettive in genere non sussistono ed è necessario il rilevante e prevalente contributo di risorse pubbliche.
In questi casi i contratti di PPP, pur non consentendo di assicurare il recupero autonomo degli investimenti, ne rendono possibile la fattibilità, in attesa che le risorse pubbliche siano rese disponibili (anche in seguito alla dimostrazione della prestazione degli interventi realizzati) e che si manifesti, nel tempo, il risparmio energetico.
In tali contratti, comunque, gli operatori economici si accollano rischi superiori a quelli caratteristici degli appalti convenzionali, legati alla disponibilità dei servizi promessi e dei risparmi di energia prospettati.
C) ALTRI
16. Conteco Check Srl
CONTECO Check è primo Organismo di tipo A accreditato da ACCREDIA (ex Sincert) con esperienza ultraventennale nella verifica di progetti a fini della validazione e controlli di terza parte in corso d’opera. L’azienda è nata nel 1994, contestualmente alla introduzione della legge Merloni, con l’obiettivo principale di fornire servizi di verifica in ambito pubblico e nel corso della sua attività ha sottoposto a controllo più di 1.000 progetti, per oltre 40 miliardi di euro di importo lavori. Opera sia sul territorio nazionale, dove è primario interlocutore delle Stazioni Appaltanti, che, come “independent checker” a servizio di enti pubblici, in altri paesi europei ed extra europei. In considerazione di tale specifica competenza maturata “sul campo”, CONTECO Check ritiene di poter fornire elementi di interesse per la definizione delle elaborande linee guida attuative del Nuovo Codice degli Appalti in tema di Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato e in particolare nell’ambito degli strumenti per il monitoraggio dei rischi della finanza di progetto.
Il documento in consultazione sottolinea l’importanza dell’“attività di controllo delle amministrazioni aggiudicatrici” ai fini della buona riuscita dell’operazione di PPP, ed evidenzia come tale attività abbia ad oggetto tre “momenti” in cui può scomporsi il processo di PPP: quello di controllo sulla fase antecedente e collaterale al contratto (programmazione, definizione del progetto di fattibilità e adeguatezza del finanziamento); quello di controllo sulla corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali e quello del monitoraggio sulla permanenza in capo all’operatore economico dei rischi allo stesso trasferiti.
Il primo di tali momenti (programmazione, definizione del progetto di fattibilità e adeguatezza del finanziamento) costituisce la fase cruciale dell’intera iniziativa in quanto è in tale fase che si assumono le decisioni sul processo e si verifica la sussistenza di tutti i requisiti tipici delle operazioni di PPP (pubblica utilità, corretta allocazione dei rischi in capo all’operatore economico, verifica della adeguata remunerazione dell’operatore economico, etc…) al fine di garantire
l’effettivo e pieno soddisfacimento dei bisogni e degli interessi pubblici e la corretta contabilizzazione off balance degli asset relativi.
Paradossalmente l’esperienza dimostra però che fino ad oggi tale fase è stata fortemente trascurata con scarsa allocazione di risorse, rimettendo perlopiù i controlli, ancorché multidisciplinari e altamente specialistici, agli organi interni dell’amministrazione pur in assenza di specifiche competenze.
Un classico grafico rappresentativo della curva tempi/costi di una tipica opera pubblica in PPP [che il presente sistema non permette di caricare] evidenzia come al tempo zero (fase precontrattuale) in cui l’amministrazione si trova nel pieno del processo decisionale e dovrebbe dettare le linee guida dell’iniziativa che si riverbereranno nel corso di tutto il processo di realizzazione dell’opera, l’investimento è pressoché nullo, contrariamente a quanto dovrebbe accadere in un processo virtuoso, in cui proprio nelle fasi iniziali, dove l’esigenza di raccolta e corretta lettura ed elaborazione delle informazioni, dovrebbero concentrarsi le maggiori risorse per una adeguata valutazione e mitigazione dei rischi intrinseci.
Va anche osservato che tale carenza allocativa è stata spesso il prodotto di una mancanza di competenze specialistiche da parte degli organi interni alle Amministrazioni e dell’assenza di un indirizzo normativo di riferimento dettagliato sul punto. Tutt’oggi le fasi di definizione e avvio dell’iniziativa e di aggiudicazione di un contratto di PPP risultano ancora quelle meno approfondite.
Il presente documento in consultazione, unitamente allo “standard informativo di riferimento” allo studio di Codesta Autorità con il MEF, può costituire l’occasione per fornire tale indirizzo, per riconoscere la necessità di mettere a disposizione dell’Amministrazione adeguate competenze e per individuare quel soggetto che possa assumersi questo ruolo di supporto tecnico, come anche auspicato al punto ss dalla Legge Delega (previsione di idoneo supporto tecnico alle Stazioni Appaltanti ai fini dell’incentivazione all’utilizzo di forme di Partenariato Pubblico Privato).
Affinché tale supporto possa essere effettivo, si crede debba essere fornito da soggetto con competenze specifiche, già esperto nel controllo e nell’attività di supporto al RUP, indipendente ed imparziale, che possa dunque esprimere valutazioni di adeguatezza e congruità dell’operazione scevre da qualsivoglia condizionamento.
All’interno del Codice degli Appalti, esiste un unico soggetto con tali caratteristiche, che peraltro risulta già coinvolto nel processo di PPP potendogli affidare la verifica del progetto ex art 26 DLgs 50/2016: si tratta degli Organismi di Controllo di Tipo A accreditati da ACCREDIA ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17020.
In questo scenario sarebbe dunque auspicabile l’adozione di un processo di verifica che integri i contenuti già previsti dall’art. 26 DLgs 50/2016 per la progettazione dei lavori con controlli specifici riferiti alla tipologia di contratto, che vengano estesi alla:
- Verifica e Asseverazione della fattibilità tecnico economica, della sostenibilità economico- finanziaria ed economico-sociale dell’operazione di PPP
- Supporto nella procedura di affidamento e contrattualizzazione
- Gestione e monitoraggio dei lavori (corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali) e del contratto (permanenza in capo all’operatore economico dei rischi allo stesso trasferiti).
Va inoltre osservato che gli Organismi di Controllo di Tipo A sono soggetti non solo benevisi ma frequentemente richiesti dal mondo bancario e assicurativo a garanzia delle operazioni di PPP, in quanto non portatori di interessi specifici. In tale prospettiva, considerato che gli istituti di credito e le compagnie assicurative sono attori di fatto imprescindibili per le operazioni di PPP o comunque sono fortemente orientativi del mercato, sarebbe dunque anche auspicabile che Codesta Autorità avviasse un tavolo di confronto con tali soggetti per la definizione delle regole e garanzie di verifica minime che quest’ultimi richiedono per la finanza di progetto.
La fallimentare esperienza del “performance bond”, che introdotto nel vecchio codice appalti non ha poi trovato pieno riscontro nel mercato assicurativo è significativa della necessità di confronto tra gli operatori che a vario titolo contribuiscono alla riuscita di una iniziativa di PPP.
17. Xxx. Xxxx Xxxxx Xxxxx
Paragrafo 3 – Il trasferimento dei rischi all’operatore economico
riga 6: la frase “si aggiunge il rischio operativo legato alla gestione dei lavori o servizi” potrebbe essere migliorata in: “si aggiungono i rischi operativi legati alla gestione dei lavori nonché all’esercizio delle opere e dei servizi, cioè ecc…”
riga 14: la frase “mancato riconoscimento” potrebbe essere cambiata in “mancato o ridotto riconoscimento”.
Para 3.1 Il Rischio di costruzione
Ai punti già in elenco si potrebbero aggiungere i seguenti:
- rischio di variate condizioni degli assunti del progetto di fattibilità, quali piani urbanistici e politiche amministrative
- rischio di esecuzione dell’opera nei termini di tempi e costi pianificati derivanti da cause di forza maggiore, sospensioni a causa di incidenti, contenziosi di terze parti.
- rischio di insolvenza o fallimento dei uno o più soggetti esecutori.
Circa i rischi ad es. dei punti 1 e 2 (rischio di commissionamento, rischio amministrativo) si dovrebbe raccomandare che tutte le parti comunque interessate (stakeholder) dovrebbero essere idoneamente coinvolte nelle fasi di programmazione e decisionali del progetto.
Punto 4. Si potrebbe integrare: “rischio di bonifica dovuta a ritrovamenti bellici, alla contaminazione ecc…”
Punto 5. Si potrebbe integrare: “…omissioni di progettazione o sottovalutazioni di altri fattori, tali da ecc…”
Para 3.2 ll Rischio di domanda
Punto 2. Si potrebbe integrare la fine dello stesso punto “… che eroda parte della domanda o costringa a rivedere i prezzi del servizio”.
Si potrebbe aggiungere un:
Punto 3. Rischio di contrazione dei prezzi di mercato dei servizi collegato all’insorgere di nuove politiche sociali, amministrative o tendenze commerciali.
Para 3.3 Il Rischio di disponibilità
Si potrebbe aggiungere il rischio di insolvenza o fallimento di uno o più soggetti gestori.
Para 4.1 La matrice dei rischi
Punto e). Si potrebbe specificare: “… individuazione dell’articolo che disciplina lo stesso (colonna 8) o dei rispettivi richiami ad altri punti della documentazione del contratto”.
Esempio di possibile matrice dei rischi
La possibile matrice dei rischi potrebbe includere altre informazioni (colonne) quali:
- modalità di monitoraggio
- indici di controllo dello stato di rischio.
Le colonne 6, 7 (Rischio a carico del pubblico e del privato) da un punto di vista puramente formale dovrebbero essere anticipate (ad es. quali colonne 2,3) a seguito del Tipo di rischio.
Nel testo dovrebbe essere maggiormente chiarito il punto di colonna 4 (Possibilità di mitigazione del rischio se trasferito al privato).
Ai punti in elenco dei contenuti dell’offerta (pag. 9) si potrebbe aggiungere:
k) le modalità di gestione dei rischi.
Considerazione generale sulla gestioni dei rischi
Nell’apprezzare in generale la metodologia di gestione dei rischi esposta nel documento di consultazione in oggetto, si dovrebbe rilevare che un approccio di risk management non sarebbe esclusivo dei contratti di partenariato pubblico privato, ma dovrebbe considerarsi ed applicarsi
come pratica di project management anche ai contratti di appalto, con le dovute specificazioni. L’operatore pubblico potrebbe in particolare valorizzare la stessa metodologia ove applicabile da parte dei soggetti di progettazione e/o esecuzione nonché alle relazioni gestionali con l’operatore pubblico committente. Inoltre quale benchmark con alcune esperienze riportate all’estero, ad es. in lavori di infrastrutture, si potrebbe considerare la inclusione di formule di gestione oggettiva dei rischi già a livello contrattuale, anche al fine di rendere più gestionalmente efficiente la successiva fase di esecuzione.
18. Trigonella Gualtieri
3. Rischio espropri, connesso a ritardi da espropri o a maggiori costi di esproprio per errata progettazione e/o stima
Il rischio espropri non è un “rischio” ma un dato di fatto statistico. La limitata disponibilità economica per il reperimento delle aree, residuale spesso ai costi di previsione dell’opera, impedisce nel 100% dei casi di opera pubblica sia il rispetto delle previsioni di costi di esproprio (ancora oggi richiesti a valori VAM camuffati dalla PA ai progettisti, spesso a progetto ovvero pagati solo in caso di finanziamento ovvero fattibilità dell’opera) sia soprattutto il rispetto temporale della consegna dell’opera che se terminata, in barba alle norme CEDU in materia in termini di equo e giusto procedimento penalizzano il privato cittadino con una impossibile defatigante azione giudiziaria, ai limiti dello spoglio, che spesso viene abbandonata per desistenza. Ovvero come per valutazioni richieste alla Corte di Appello (Catanzaro) è capitato che indipendentemente dall’importo richiamino al 2015, per eventi del 2007 ancora l’art. 5 bis, con aggravi di procedimenti amministrativi e giudiziari, ovvero con un cittadino leso nel giusto ed equo procedimento in nome di un bene patrio (la buona rodina di staliniana memoria) e non più proprietà privata, come sancito dalla Costituzione. Se a questo si aggiunge l’onere previsto nelle linee guida in capo al Direttore dei Lavori della “attestazione”, post validazione e prima della gara, sulla disponibilità delle aree, siamo veramente sulla luna. Voi non fate espropri. Voi non vedete Commissari per l’emergenza e il dissesto idrogeologico, consentire la notifica di decreti di occupazione di urgenza finalizzati all’espropriazioni 5 giorni prima dell’immissione in possesso (ultimo caso il 24 marzo 2016), voi non vedete la guerra dei privati cittadini che riuscendo a opporre nei termini osservazioni in merito e chiedono l’applicazione dell’art. 21 del DPR 327/2001 e smi ai fini di una corretta e dovuta valutazione dell’indennità, si sentono rispondere che il Commissario per l’emergenza è irraggiungibile e non possono comunicare e sono cose molte lunghe. Voi non siete il tecnico che riesce dopo una media di tre/quattro anni a concordare indennità moderatamente corrispondenti al valore di mercato, e che per tale motivo viene lottato e non pagato dalla Regione Calabria, perché visto come il nemico. Osservazione: progettate solo quando avete la proprietà non solo la disponibilità delle aree. Progettate solo su aree già in vostro possesso e pagate. Fate progetti a parte per gli espropri.
19. Prof.ssa Xxxxxxxx Xxxxxx
Sebbene ai fini contabili (Eurostat) tre siano i rischi rilevanti, a cui si aggiunge quello finanziario, è utile comprendere la natura e le caratteristiche dei rischi relativi a un contratto di PPP per capire come strutturare un contratto al fine di trasferire il rischio operativo. Inoltre, nonostante una certa assonanza tra il rischio operativo e i rischi previsti da Eurostat, sarebbe opportuno distinguere il rischio operativo in quanto il Manuale Eurostat si riferisce ai contratti di PPP in cui il principale pagatore è la PA o, in base alla novità introdotta nell’edizione di Marzo 2016, che prevedono una domanda rigida. Mentre il rischio operativo deve essere presente in tutte le concessioni, sia a tariffazione sulla PA che a tariffazione sull’utenza.
I rischi di un PPP in senso lato possono essere articolati in tre categorie (Vecchi e Leone 2016): rischi politici, regolatori e amministrativi; rischi macroeconomici e di mercato; rischi tecnici di progetto.
1. I rischi politici, regolatori e amministrativi di un PPP dipendono dall’azione della PA, specie come conseguenza dell’attività normative; tuttavia, essi possono riferirsi anche al comportamento della stazione di committenza stessa.
2. I rischi macroeconomici e di mercato sono relativi al cambiamento di talune condizioni nel contesto economico complessivo e di mercato specifico.
3. I rischi tecnici di progetto sono determinati dalle caratteristiche tecniche del progetto stesso e dal livello di know how degli operatori coinvolti.
E' importante selezionare adeguatamente i rischi che si trasferiscono all’operatore privato. Solo quelli su cui lo stesso ha un controllo diretto possono essere trasferiti in maniera efficiente. Trasferire rischi che dipendono da scelte pubbliche rende il PPP eccessivamente oneroso.
Secondo questo principio, in via generale, i rischi di natura politica, regolatoria e amministrativa dovrebbero essere trattenuti dall’amministrazione e i rischi tecnici di progetto trasferiti alla controparte privata. Più difficile da definire è l’allocazione dei rischi macroeconomici e di mercato: alcuni di questi sono pacificamente a carico dell’operatore privato, che ha modo di gestirli, ma altri sfuggono al controllo delle parti e rappresentano proprio quell’ostacolo all’attrazione dei capitali che si tenta di superare.
Pertanto attenzione ad annoverare tra i rischi di costruzione da trasferire quelli relativi ad autorizzazioni e commissionamento dell’opera, in quanto sono tipicamente rischi appartenenti alla sfera pubblica, specie il commissionamento se è inteso anche come accettazione sociale dell’opera. Tra i rischi di costruzione da affidare all’operatore economico dovrebbe essere considerato anche l’affidabilità e adeguatezza della tecnologia.
Nel rischio di domanda andrebbe considerato anche il rischio di inadeguatezza delle tariffe, rischio che va trasferito all’operatore economico quando le tariffe non sono regolate.
E’ evidente che la componente domanda abbia un peso maggiore sulla configurazione del rischio operativo. Qualora non fosse possibile trasferire una componente di rischio di domanda è importante collegare il rischio operativo alla dimensione dell’offerta del servizio core, che rimane di competenza dell’amministrazione, prestando molta attenzione al trasferimento del rischio di disponibilità e facendo in modo che tale rischio non sia un mero rischio di performance.
Ne consegue che il rischio operativo assume particolare rilevanza riguardo all’efficacia del servizio che la PA potrà erogare, in una logicobsola di outcome, grazie al miglioramento delle prestazioni, dovute all’apporto di know-how, da parte dell’operatore privato.
A tal fine un ruolo rilevante è giocato dalle penali, che non devono generare un effetto cosmetico, ma devono essere automatiche e determinate in modo da rispecchiare il danno prodotto all’amministrazione. Per esempio, nel caso una sala operatoria non sia disponibile la penale deve essere calcolata sulla base del DRG relativo alle prestazioni non effettuate. Nel caso in cui una piscina non sia disponibile è necessario equiparare la penale al ricavo cessante considerando anche il danno prodotto sull’utenza.
Inoltre, andrebbero considerati ai fini della definizione di rischio di disponibilità anche:
a. Rischio che il canone che l’amministrazione deve corrispondere al concessionario non sia sufficiente a far fronte a eventuali aggiornamenti tecnologici, che si rendessero necessari per garantire determinati livelli prestazionali.
b. Xxxxxxx che l’usura tecnica dell’investimento possa essere più veloce rispetto agli standard e che, pertanto, vi sia la necessità di sostenere maggiori costi operativi di manutenzione, o maggiori interventi di manutenzione straordinaria. Sarebbe opportuno, quando possibile (specie nel caso in cui oggetto del contratto siano tecnologie) che la durata della concessione fosse più lunga della vita utile del bene tecnologico (per esempio tra i 10 e i 15 anni, nel caso di tecnologie sanitarie). Questo ovviamente sottoporrebbe l’operatore privato al rischio di aggiornamento tecnologico nell’ambito di un determinato canone di disponibilità e in risposta a determinati requisiti tecnologici prestazionali (il c.d. banding).
In relazione al rischio finanziario, è importante che l’amministrazione verifichi che il PEF sia stato formulato con valori di costo del capitale allineati al mercato. Se il costo fosse sovrastimato, non solo per effetto della previsione di un tasso di interesse eccessivamente prudenziale, ma anche di costi sommersi relativi alla struttura finanziaria nel suo complesso, il rischio finanziario sarebbe solo teorico.
A livello pratico, per concretizzare il trasferimento del rischio operativo in un contratto di concessione, è fondamentale che all’atto dell’aggiudicazione della gara il PEF mostri una situazione di perfetto equilibrio economico e finanziario, condizione che si manifesta quando il Valore Attuale Netto dei flussi di cassa dell’azionista (FCFE) è uguale a zero e quando il Tasso Interno di Rendimento, sempre calcolato su FCFE, è uguale al costo atteso del capitale (equity/mezzi propri) investito.
Impostando le operazioni in tal modo, se il concessionario è in grado di gestire più efficientemente ed efficacemente il rischio operativo, la sua remunerazione sul capitale investito sarà maggiore di quella media di mercato, assunta a riferimento. Di converso, ove ciò non fosse, la remunerazione e la restituzione del suo capitale, ed eventualmente di quello di debito e la copertura dei costi di gestione, potrebbero essere compromessi. In altre parole, il perseguimento dell’interesse economico dovrebbe indurre l’operatore privato ad attuare un comportamento più virtuoso, in fase di strutturazione ed esecuzione del contratto di concessione, dal momento che solo in tal modo potrà ottenere il suo ritorno economico.
Spesso, invece, capita di vedere progetti con VAN molto positivi: questo significa che, se i valori sono stati stimati adeguatamente, in caso di manifestazione di un rischio la cui responsabilità è dell’operatore economico, il costo associato trova copertura nell’extra marginalità del progetto. Il premio al rischio non dovrebbe concretizzarsi in un VAN positivo, ma piuttosto dovrebbe portare a correggere i valori di input del PEF, quali per esempio: il rendimento atteso sul capitale investito, se per esempio si reputa che il progetto possa essere soggetto a un elevato rischio di domanda, oppure il costo dell’investimento, se si reputa che ci possano essere fatti durante la fase di costruzione che potrebbero portare, con elevata probabilità, a un incremento dei costi.
La condizione di equilibrio economico e finanziario è presupposto fondamentale anche per dimostrare che eventuali contributi pubblici non determinano aiuto di Stato.
In sintesi:
1) specificare che le PA devono capire quali sono i rischi che il mercato si può assumere. Oggi è assodato che il rischio di domanda non sempre può essere assunto dall’operatore economico, specie nei casi di investimenti xxxxxxxxxx, ma non per questo non può essere trasferito il rischio operativo.
2) specificare che il rischio operativo va dimostrato attraverso il PEF e pertanto la matrice dei rischi non solo deve essere collegata e allegata al contratto ma anche al PEF.
3) la stessa matrice die rischi utilizzata per dimostrate il rischio operativo va utilizzata anche nell’ambito dell’analisi di Value for Money (art. 181 comma 3).
4) il rischio operativo non va confuso con i rischi previsti da Eurostat ai fini della contabilizzazione off-balance sheet, sebbene siano molte le assonanze.
5) contributo pubblico – rispettare le indicazioni Eurostat (Manuale marzo 2016). Vedere approfondimento sotto.
Il nuovo Codice dei Contratti, all’art. 180 comma 6, introduce un elemento che può ostacolare in modo significativo lo sviluppo di nuovi investimenti in PPP, specie nel settore sanitario.
Esso, infatti, prevede che il valore massimo di contributo a fondo perduto non superi il 30% del valore dell’investimento comprensivo degli oneri di finanziamento [da interpretare come oneri finanziari capitalizzati?].
Si legge:
In ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al trenta per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari.
Innanzitutto, il codice opera una sovrapposizione fuorviante tra modalità contrattuali per la realizzazione di investimenti pubblici (il PPP) e norme di contabilità.
Certamente il PPP dovrebbe essere una modalità da utilizzare anche con l’obiettivo di realizzare investimenti senza incidere sul debito pubblico (beneficio macroeconomico). Tuttavia, sarebbe opportuno che in Italia si diffondesse maggiormente il ricorso al PPP anche per i suoi benefici microeconomici, ovvero la possibilità di realizzare investimenti secondo logiche di maggior efficienza ed efficacia. Anche perché si ricorda che la contabilizzazione off-balance non dipende solo dall’ammontare del contributo, ma anche e soprattutto dall’allocazione dei rischi alla controparte privata e principalmente di quello di costruzione e disponibilità, visto che sempre di più il rischio di domanda è difficilmente accettato dal mercato, non solo in Italia ma sempre di più anche a livello internazionale (Vecchi et al. 2015; Hellowell et al. 2015).
Peraltro, Ragioneria Generale dello Stato e Istat hanno elaborato un testo di convenzione standard per assicurare che le amministrazioni stipulino contratti di PPP secondo una adeguata allocazione dei rischi al fine di assicurarsi un trattamento off-balance.
Le operazioni di PPP quando il principale pagatore è la PA, come nel caso di investimenti sanitari in cui l’azienda sanitaria paga alla controparte privata un canone di disponibilità, sono disciplinate da un punto di vista contabile dal Manuale Eurostat sul Debito e Deficit Pubblico (8° edizione, Marzo 2016), che prevede che il contributo a fondo perduto massimo e altre forme di garanzia non superino il 50% del valore dell’investimento se si intende contabilizzare questi investimento off- balance, ovvero se si intende contabilizzare il canone di disponibilità come spesa corrente senza incidere sui livelli di debito pubblico.
Il manuale Eurostat prevede una diversa percentuale solo nei casi in cui la “garanzia” pubblica comporti un rischio maggiore per l’amministrazione. Il Manuale fa, infatti, riferimento ai casi in cui la garanzia assuma la forma di un credito, anche subordinato oppure, eventualmente, di una partecipazione al capitale sociale. In questo caso, infatti, l’assunzione di rischio è maggiore e potrebbe non essere limitata al solo importo nominale, come nel caso di contributo a fondo perduto.
Si legge al punto 57, pag 344 del Manuale Eurostat
When government would be taking part in the financing of the PPP project for less than 50 % of the total, as mentioned above, it would be important to examine the nature of the debt incurred by the partner vis-à-vis government (which would not necessarily be the same unit involved in the contract) [in italiano: la natura del debito del partner nei confronti del governo].
This is because financial instruments may involve different degrees of risks, in the sense that a debtor default would be imputed to creditors according to a given order of priority. In this context, in order to implement this rule, it is necessary to make the debt homogeneous in nature. It is however not possible in this respect to use some of the usual tools from financial analysis, such as the “Probability of Default” or the “Loss Given Default", etc., which normally would require significant samples. In this context, a simple method should be used under the form of a multiplier equal to 2.5 when government holds a higher risky instrument (junior or subordinated debt) than the other creditors. More complex cases (for instance, when there are a set of different classes of instruments and various levels of losses coverage) would nevertheless require a specific analysis.