B u n d e s s t r a f g e r i c h t
B u n d e s s t r a f g e r i c h t
T r i b u n a l p é n a l f é d é r a l
T r i b u n a l e p e n a l e f e d e r a l e T r i b u n a l p e n a l f e d e r a l
Numero dell’incarto: RR.2016.296
Sentenza del 6 aprile 2017 Corte dei reclami penali | |
Composizione | Giudici penali federali Xxxxxxx Xxxxxxxx, presidente, Xxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxx-Xxxxxx, Cancelliera Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxx |
Parti | |
A. SA IN LIQUIDAZIONE, rappresentata dall'avv. Gio- vanni Molo, Ricorrente | |
contro | |
MINISTERO PUBBLICO DEL CANTONE TICINO, Controparte | |
Oggetto | Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia Consegna di mezzi di prova (art. 74 AIMP) |
Fatti:
A. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ancona ha presentato, in data 7 settembre 2016, una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale nell'ambito di un procedimento penale avviato a carico di B. e
C. per titolo di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 comma 1 del decreto legislativo 74/2000), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 del decreto legislativo 74/2000) e riciclaggio (art. 648bis CP/I). In particolare, X. avrebbe trasferito in Svizzera averi per complessivi EUR 609'489.49, suddividendoli sul conto cifrato n. 1 e sui conti correnti n. 2 presso la banca D. e n. 3 presso la banca E., Bellinzona, tutti intestati alla so- cietà A. SA, ora in liquidazione a lui riconducibile. Ciò al fine, da un lato, di evadere le imposte sui redditi per gli anni di imposta 2011 (redditi non dichiarati per EUR 402'904.34; imposta evasa EUR 172'793.12) e 2013 (redditi non di- chiarati per EUR 81'585.15; imposta evasa EUR 33'688.36), e, dall’altro, di sot- trarsi al pagamento di debiti tributari ammontanti ad EUR 762'327.11. Tali di- sponibilità sarebbero dunque state sottratte con modalità fraudolente al fisco italiano, in particolare tramite l’interposizione fittizia di C. quale rappresentante di A. SA, che avrebbe rivestito il ruolo di riciclatore (act. 1.1 pag. 1 e 2; incarto RR.2016.274, doc MP-TI n. 1).
Mediante la domanda precitata, l'autorità italiana ha chiesto di accertare l’esi- stenza di ogni tipo di rapporto bancario, finanziario, fiduciario ed assicurativo intrattenuto da B., C. o da A. SA a partire dal 1° gennaio 2011 presso la banca
D. e la banca E., di comunicare natura, estremi ed altre informazioni in merito a tali rapporti, nonché di trasmettere la relativa documentazione e di fornire infor- mazioni in merito ad A. SA ed ai rapporti tra la medesima, B. e C. (act. 1.1. pag. 3; incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 1).
B. Con decisione del 19 settembre 2016 il Ministero pubblico del Cantone Ticino (di seguito: “MP-TI”) è entrato in materia sulla rogatoria summenzionata ed ha dato seguito alla richiesta, ordinando segnatamente alla banca D. ed alla banca
E. l’identificazione delle relazioni bancarie intestate o riconducibili a B., il seque- stro della relativa documentazione e la sua trasmissione entro 10 giorni. Con- testualmente, il MP-TI ha altresì richiesto all’Ufficio del Registro di Commercio di Biasca l’edizione di tutta la documentazione relativa ad A. SA (act. 1 pag. 3, act. 1.1 pag. 6; incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 2).
C. Il 22 settembre 2016 l’Ufficio federale di giustizia (di seguito: “UFG”) ha infor- mato il MP-TI dell’esistenza di una simile rogatoria della Procura di Ancona da- tata 11 gennaio 2016, inviata direttamente all’UFG il 28 aprile 2016, come pure
del relativo parere allestito dall’Amministrazione federale delle contribuzioni, Servizio per lo scambio d’informazioni in materia fiscale (SEI) del 23 ago- sto 2016, secondo cui i fatti esposti nella rogatoria non permetterebbero di af- fermare che il comportamento di B. possa costituire truffa fiscale ai sensi dell’art. 14 cpv. 2 DPA né permetterebbe l’applicazione della CAS (act. 9 pag. 2, act. 9.2, act. 9.3, act. 9.5).
Di tale parere era precedentemente stato informato anche il Ministero della giu- stizia italiano, con missiva dell’UFG del 26 agosto 2016 (act. 9 pag. 2, act. 9.4).
D. Con missiva del 26 settembre 2016, l’Ufficio del Registro di Commercio di Bia- sca ha inviato al MP-TI la documentazione concernente la A. SA (act. 1.1 pag. 7).
E. Con scritti del 29 e del 30 settembre 2016 la banca D. e la banca E. hanno anch’esse trasmesso al MP-TI la documentazione di cui è stata ordinata l’edi- zione (act. 1.1 pag. 6 e 7; incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 9 e 10, con relativi classificatori).
F. In data 3 ottobre 2016, il MP-TI ha emanato una decisione di chiusura parziale relativa alla relazione n. 1, accogliendo la richiesta rogatoriale estera (act. 1.1 pag. 7).
X. Xxx invio del 26 ottobre 2016 l’avv. X., patrocinatrice di X., ha informato il MP- TI che il suo assistito aveva rassegnato le dimissioni da liquidatore di A. SA e che non avrebbe pertanto formulato osservazioni alla richiesta rogatoriale con- cernente documenti riferibili alla società, non essendone più il rappresentante (act. 1.1 pag. 7 e 8).
H. Il 28 ottobre 2016, il MP-TI ha emanato la propria decisione di chiusura, ordi- nando la trasmissione all'autorità rogante dei documenti e dei mezzi di prova acquisiti presso la banca E. relativi alla relazione n. 3 intestata ad A. SA presso la banca D. relativi alla relazione bancaria n. 2 intestata ad A. SA, nonché della documentazione ricevuta dall’Ufficio del Registro di Commercio (act. 1.1 pag. 12 e 13).
I. Con ricorso del 30 novembre 2016, A. SA è insorta contro la summenzionata decisione di chiusura dinanzi alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale
federale. Essa ha postulato, in via principale, che la decisione impugnata venga annullata e che la domanda di assistenza giudiziaria del 7 settembre 2016 venga respinta; in via subordinata, che la decisione impugnata venga annullata e che venga ordinato lo stralcio, dalla trasmissione dei dati, delle informazioni relative a G. e a H., parti terze (act. 1).
L. Con osservazioni del 4 gennaio 2017, il MP-TI ha chiesto a questa Corte di respingere integralmente il ricorso e di confermare la decisione di chiusura del 28 ottobre 2016 (act. 7).
M. Con osservazioni del 20 gennaio 2017, l'UFG ha proposto, sulla base del parere del SEI del 23 agosto 2016, di rinviare l’incarto al MP-TI affinché chiarisca la provenienza illecita dei fondi e la sussistenza di una frode fiscale così come prevista dalla legge e dalla giurisprudenza svizzera (act. 9, act. 9.2).
N. Con replica del 16 febbraio 2017, trasmessa al MP-TI e all’UFG per cono- scenza, la ricorrente si è in sostanza riconfermata nelle proprie argomentazioni (act. 12 e 13).
O. Le argomentazioni delle parti verranno riprese, nella misura del necessario, nei successivi considerandi in diritto.
Diritto:
1.
1.1 In virtù dell'art. 37 cpv. 2 lett. a della legge federale del 19 marzo 2010 sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione (LOAP; RS 173.71), la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale giudica i gravami in materia di assistenza giudiziaria internazionale.
1.2 I rapporti di assistenza giudiziaria in materia penale fra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera sono anzitutto retti dalla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, entrata in vigore il
12 giugno 1962 per l’Italia ed il 20 marzo 1967 per la Svizzera (CEAG; RS 0.351.1), dall'Accordo italo-svizzero del 10 settembre 1998 che completa e agevola l'applicazione della CEAG (RS 0.351.945.41), entrato in vigore me- diante scambio di note il 1° giugno 2003 (di seguito: l'Accordo italo-svizzero), nonché, a partire dal 12 dicembre 2008 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea,
L 327/15-17, del 5 dicembre 2008), dagli art. 48 e segg. della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Xxxxxxxx xxx 00 xxxxxx 0000 (XXX; testo non pubblicato nella RS ma ora consultabile nel fascicolo "Assistenza e Estradi- zione" edito dalla Cancelleria federale, Berna 2014). Di rilievo nella fattispecie è anche la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, conclusa a Strasburgo l’8 novembre 1990, entrata in vigore il 1° settembre 1993 per la Svizzera ed il 1° maggio 1994 per l’Italia (CRic; RS 0.311.53). Alle questioni che il prevalente diritto internazionale contenuto in detti trattati non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza rispetto a quello convenzionale (cosiddetto principio di favore), si applicano la legge federale sull'assistenza in- ternazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1), unita- mente alla relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11; v. art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I
n. 2 Accordo italo-svizzero; DTF 140 IV 123 consid. 2; 137 IV 33 consid. 2.2.2;
1.3 La procedura di ricorso è retta dalla legge federale sulla procedura amministra- tiva del 20 dicembre 1968 (PA; RS 172.021) e dalle disposizioni dei pertinenti atti normativi in materia di assistenza giudiziaria (art. 39 cpv. 2 lett. b LOAP e 12 cpv. 1 AIMP; v. DANGUBIC/KESHELAVA, Xxxxxx Kommentar, Internationales Strafrecht, Basilea 2015, n. 1 e segg. ad art. 12 AIMP), di cui al precedente considerando.
1.4 In quanto titolare delle relazioni bancarie e delle informazioni presso il Registro di commercio di Biasca di cui è stata decisa la trasmissione della documenta- zione mediante la decisione impugnata, A. SA è legittimata a ricorrere (v. art. 80h lett. b AIMP, art. 9a lett. a OAIMP.
1.5 Il termine di ricorso contro la decisione finale è di trenta giorni o, se si tratta di una decisione incidentale, di dieci giorni dalla comunicazione per scritto della decisione (art. 80k AIMP). Nella fattispecie il ricorso, interposto nel termine di 30 giorni, è tempestivo e ricevibile sotto il profilo degli art. 25 cpv. 1, 80e cpv. 1 e 80k AIMP.
2.
2.1 L’insorgente si duole innanzitutto di una violazione del proprio diritto di essere sentita. Con comunicazione del 26 ottobre 2016 infatti, l’avv. X. avrebbe infor- mato il MP-TI che il suo cliente, X., aveva rassegnato le dimissioni dall’incarico
di liquidatore della società e che pertanto non avrebbe formulato osservazioni alla richiesta rogatoriale. Solo due giorni dopo, il 28 ottobre 2016, il MP-TI ha emanato la propria decisione di chiusura, impendendo così di fatto alla società di esprimersi, non avendo essa avuto il tempo di dotarsi di nuovi organi.
2.2 Il diritto di essere sentito sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. contempla la facoltà per l'interessato, tra l'altro, di prendere conoscenza del fascicolo processuale, di esprimersi sugli elementi pertinenti prima che una decisione relativa alla sua situazione giuridica sia resa, di presentare prove pertinenti, di ottenere che sia dato seguito alle sue offerte di prove pertinenti, di partecipare all'assunzione delle prove essenziali o, perlomeno, di esprimersi sul loro risultato allorquando ciò può avere un influsso sulla decisione che verrà resa (DTF 124 II 132 con- sid. 2b e riferimenti citati). Secondo la giurisprudenza, l'autorità di esecuzione, dopo aver concesso al detentore della documentazione la possibilità di addurre i motivi che si opporrebbero alla trasmissione di determinati atti e la facoltà di partecipare alla necessaria cernita, ha l'obbligo di motivare accuratamente la decisione di chiusura (DTF 130 II 14 consid. 4.4 pag. 18). Essa non potrebbe infatti ordinare in modo acritico e indeterminato la trasmissione dei documenti, delegandone tout court la selezione agli inquirenti esteri (DTF 127 II 151 con- sid. 4c/aa pag. 155; 122 II 367 consid. 2c; 000 Xx 000 consid. 14a pag. 604). Questo compito spetta all'autorità svizzera d'esecuzione che, in assenza di un eventuale consenso all'esecuzione semplificata (art. 80c AIMP), prima di ema- nare una decisione di chiusura, deve impartire alle persone toccate giusta l'art. 80h lett. b AIMP e art. 9a OAIMP un termine per addurre riguardo ad ogni sin- golo documento gli argomenti che secondo loro si opporrebbero alla consegna. Questo affinché esse possano esercitare in maniera concreta ed effettiva il loro diritto di essere sentite (v. art. 30 cpv. 1 PA richiamato l'art. 39 cpv. 2 lett. b LOAP), secondo modalità di collaborazione comunque rispettose del principio della buona fede (art. 5 cpv. 3 Cost.; XXXXXXXXX/EMMENEGGER, Praxiskom- mentar VwVG, 2a ediz., Zurigo/Basilea/Ginevra 2016, n. 54 ad art. 12 PA). La cernita deve aver luogo anche qualora l'interessato rinunci ad esprimersi (DTF 130 II 14 consid. 4.3 e 4.4; 126 II 258 consid. 9b/aa pag. 262; cfr. anche DTF 127 II 151 consid. 4c/aa; XXXXXXXXXX, La coopération judiciaire interna- tionale en matière pénale, 4a ediz., Berna 2014, n. 484, 724-725; DE PREUX, L'entraide internationale en matière pénale et la lutte contre le blanchiment d'ar- gent, SJZ 104/2008, n. 2 pag. 34).
2.3 Il diritto di essere sentito viene concretizzato nell'ambito dell'assistenza giudi- ziaria internazionale agli art. 29 e segg. PA richiamato l'art. 12 cpv. 1 AIMP (XXXXXXXXXX, op. cit., n. 472). Esso è di natura formale (DTF 126 I 19 con- sid. 2d/bb pag. 24; 125 I 113 consid. 3; ALBERTINI, Der verfassungsmässige Anspruch auf rechtliches Gehör im Verwaltungsverfahren des modernen Staa- tes, tesi di laurea, Berna 2000, pag. 449 con rinvii). Una violazione di questo
diritto fondamentale da parte dell'autorità d'esecuzione non comporta comun- que automaticamente l'accoglimento del gravame e l'annullamento della deci- sione impugnata. Secondo la giurisprudenza e la dottrina una violazione del diritto di essere sentito può essere sanata, se la persona toccata ottiene la pos- sibilità di esprimersi in merito davanti ad una autorità di ricorso, la quale, come nella fattispecie la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, di- spone del medesimo potere d'esame dell'autorità d'esecuzione stessa (v. DTF 124 II 132 consid. 2d; sentenze del Tribunale federale 1C_525/2008 e 1C_526/2008 del 28 novembre 2008, consid. 1.3 nonché 1A.54/2004 del 30 aprile 2004; TPF 2008 172 consid. 2.3; XXXXXXXXXX, op. cit., n. 472). Anche in presenza di una violazione grave del diritto di essere sentito, il Tribunale fe- derale ha già ritenuto ammissibile prescindere da un rinvio all'autorità inferiore allorquando questo costituirebbe una mera formalità, provocando un ritardo inu- tile nella procedura, incompatibile con l'interesse della parte interessata ad un'e- vasione celere della sua causa (DTF 137 I 195 consid. 2.3.2; 133 I 201 con- sid. 2.2). La riparazione del vizio deve tuttavia, segnatamente in presenza di violazioni particolarmente gravi, rimanere l'eccezione, non fosse altro perché la concessione successiva del diritto di essere sentito costituisce sovente solo un surrogato imperfetto dell'omessa audizione preventiva. La possibilità della sa- natoria, che tiene conto della necessità di un'esecuzione celere della domanda rogatoriale giusta l'art. 17a AIMP e dell'economia procedurale, non deve inoltre essere interpretata dall'autorità d'esecuzione come un invito a violare i diritti processuali della persona toccata (sentenza del Tribunale federale 1C_560/2011 del 20 dicembre 2011, consid. 2.2). Una riparazione entra in linea di considerazione solo se la persona interessata non abbia a subire pregiudizio dalla concessione successiva del diritto di essere sentito, rispettivamente dalla sanatoria (DTF 129 I 129 consid. 2.2.3). In nessun caso, comunque, può essere ammesso che l'autorità pervenga attraverso una violazione del diritto di essere sentito ad un risultato che non avrebbe mai ottenuto procedendo in modo cor- retto (DTF 135 I 279 consid. 2.6.1).
2.4 Nella fattispecie, il MP-TI ha comunicato la decisione di entrata in materia datata 19 settembre 2016 a C., rivestendo egli a quell’epoca la carica di liquidatore della società ricorrente (incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 5). Il 3 ottobre suc- cessivo il MP-TI ha quindi impartito all’avv. X., patrocinatrice di C., un termine scadente il 17 ottobre 2016 per prendere posizione sulla domanda estera. Il 13 ottobre 2016 la legale ha richiesto una proroga di detto termine sino all’11 novembre 2016, proroga che è stata concessa il 14 ottobre 2016. Con scritto del 26 ottobre 2016, come visto, l’avv. X. ha comunicato al MP-TI che il suo cliente aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di liquidatore di X. XX e che non avrebbe di conseguenza presentato alcuna osservazione. Il 28 ottobre 2016 il MP-TI ha dunque emesso la decisione impugnata (incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 11, 14, 20; act. 7 pag. 2 e 3).
2.5 Ne discende cha a torto la ricorrente lamenta di non avere avuto la possibilità di esprimersi. Inoltre, un'eventuale violazione del diritto di essere sentita della ricorrente, qui comunque non realizzata, sarebbe in ogni caso stata sanata dal presente procedimento di ricorso dinanzi ad un'autorità dotata di un pieno po- tere cognitivo in fatto e in diritto (v. DTF 124 II 132 consid. 2d).
Le censure della ricorrente in questo ambito vanno dunque respinte.
3.
3.1 La ricorrente si duole inoltre dell’intervenuta prescrizione dei reati ipotizzati dall’autorità estera.
3.2 Allorquando la Svizzera e lo Stato richiedente hanno concluso un trattato di collaborazione giudiziaria che non prevede l’esame della questione della pre- scrizione secondo il diritto svizzero, questa regolamentazione, più favorevole all’assistenza, prevale sull’XXXX (XXX 000 XX 0 consid. 6.3; 000 Xx 000; 117 Ib 61).
3.3 Nel caso concreto, la Confederazione Svizzera e l’Italia sono parti alla CEAG, convenzione che non menziona la prescrizione tra i motivi di esclu- sione della cooperazione. Ne deriva che, a ragione, le autorità elvetiche non hanno condizionato la concessione dell’assistenza all’esame dell’interve- nuta prescrizione del reato alla base della domanda estera, tanto meno, come erroneamente postulato dalla ricorrente, sotto il profilo del diritto ita- liano (v. art. 5 cpv. 1 lett. c AIMP e contrario nonché la giurisprudenza citata in FIOLKA, Xxxxxx Kommentar, op. cit., n. 79 ad art. 5 AIMP). Anche questa censura dell’insorgente va, pertanto, respinta.
4.
4.1 La ricorrente lamenta in seguito una violazione del principio ne bis in idem, nella misura in cui l’attività di illecita sottrazione di beni all’autorità fiscale sarebbe già stata oggetto di una precedente segnalazione di reato, dalla quale sarebbe sca- turito un diverso procedimento penale rispetto a quello alla base della presente rogatoria.
4.2 Secondo il principio ne bis in idem, nessuno può essere perseguito o punito per fatti per i quali è già stato assolto o condannato da una sentenza definitiva. In campo di assistenza, tale principio è retto dall’art. 66 AIMP, secondo cui l’as- sistenza può essere negata se la persona perseguita dimora in Svizzera e quivi è già in corso un procedimento penale per il fatto cui si riferisce la domanda (cpv. 1). L’assistenza giudiziaria può essere tuttavia concessa qualora il proce- dimento all’estero non sia diretto esclusivamente contro la persona perseguita
che dimora in Svizzera o qualora il disbrigo della domanda serva a sua discolpa (cpv. 2). A livello di diritto internazionale il principio si ritrova anche all’art. 54 CAS (v. a tale proposito XXXXXXXXXX, op. cit., n. 664 pag. 678), secondo cui una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte con- traente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita. Inoltre l'art. III paragrafo 1 Accordo italo-svizzero prevede che l'assi- stenza giudiziaria è rifiutata se la domanda concerne fatti sulla base dei quali la persona perseguita è stata definitivamente assolta nel merito o condannata nello Stato richiesto per un reato corrispondente per quanto riguarda l'essen- ziale, a condizione che la sanzione penale eventualmente pronunciata sia in corso di esecuzione o sia stata già eseguita. Giusta il paragrafo 2 della mede- sima disposizione, l'assistenza giudiziaria può tuttavia essere concessa: se i fatti oggetto della sentenza siano stati commessi nel territorio dello Stato richie- dente in tutto o in parte, salvo che, in quest'ultimo caso, gli stessi siano stati commessi in parte anche nel territorio dello Stato richiesto (lett. a); se i fatti oggetto della sentenza costituiscono un reato contro la sicurezza o contro altri interessi essenziali dello Stato richiedente (lett. b); se i fatti oggetto della sen- tenza sono stati commessi da un pubblico ufficiale dello Stato richiedente in violazione dei suoi doveri d'ufficio (lett. c). Il paragrafo 3 di tale norma prevede che comunque il paragrafo 1 non si applica se: il procedimento instaurato nello Stato richiedente non è diretto unicamente contro la persona indicata al para- grafo 1 (lett. a); o l'esecuzione della richiesta è tale da discolparla (lett. b).
4.3 Nella fattispecie si rileva come la ricorrente non abbia fornito alcun riscontro, né abbia asserito, dell’esistenza di un’eventuale sentenza definitiva sui reati impu- tati agli indagati, condizione imprescindibile, nel caso in oggetto, perché possa esservi una violazione del principio ne bis in idem (v. anche GOOD, Die Schen- gen-Assoziierung der Schweiz, tesi di laurea, San Gallo 2010, pag. 93 e riferi- menti).
Le censure in questo ambito vanno quindi a loro volta disattese.
5.
5.1 La ricorrente invoca poi l’assenza di motivi di sospetto sufficienti a far ritenere che una truffa in materia fiscale sia stata commessa. Il corredo documentale allegato alla domanda di assistenza risulterebbe insufficiente, se rapportato allo standard probatorio richiesto in materia di reati fiscali, volto a prevenire il rischio che lo Stato richiedente, sotto la copertura di una pretesa truffa in materia fi- scale, ottenga informazioni destinate a reprimere delitti fiscali ordinari, per i quali la Svizzera non accorda la propria cooperazione. Inoltre, A. SA avrebbe avuto
in Svizzera un’attività societaria operativa a tutti gli effetti, ciò che contraste- rebbe con l’ipotesi di una spoliazione di beni mediante la costituzione di attività societarie all’estero.
5.2 Aderendo alla CEAG, la Svizzera ha posto il principio della doppia punibilità quale condizione all'esecuzione di ogni commissione rogatoria esigente l'appli- cazione di una qualsiasi misura coercitiva (v. art. 5 n. 1 lett. 1 CEAG e la riserva formulata mediante l'art. 3 del decreto federale del 27 settembre 1966 che ap- prova la Convenzione del Consiglio d'Europa, RU 1967 p. 893 e segg.). Nel diritto interno, tale principio è espresso all'art. 64 cpv. 1 AIMP. Nell'ambito dell'e- same della doppia punibilità, l'autorità non si scosta dall'esposto dei fatti conte- nuto nella domanda, fatti salvi gli errori, le lacune o altre contraddizioni evidenti ed immediatamente rilevati (DTF 142 IV 250 consid. 6.3; 132 II 81 consid. 2.1; 000 Xx 000 consid 5b pag. 121 e seg.). Il Tribunale non deve procedere a un esame dei reati e delle norme penali menzionati nella domanda di assistenza, ma deve semplicemente vagliare, limitandosi a un esame prima facie, se i fatti addotti nella domanda estera – effettuata la dovuta trasposizione – sarebbero punibili anche secondo il diritto svizzero, ricordato che la punibilità secondo il diritto svizzero va determinata senza tener conto delle particolari forme di colpa e condizioni di punibilità da questo previste. I fatti incriminati non devono forza- tamente essere caratterizzati, nelle due legislazioni toccate, dalla medesima qualificazione giuridica (DTF 142 IV 175 consid. 5.5; 124 II 184 consid. 4b/cc pag. 188; 000 Xx 000 consid. 3b/aa pag. 546; 000 Xx 00 consid. 3b/bb; 000 Xx 000 consid. 11b/bb pag. 594; XXXXXXXXXX, op. cit., n. 581). Diversamente dall'ambito estradizionale, le misure di cooperazione sono già ammesse se la condizione della doppia punibilità è ossequiata alla luce di una singola fattispe- cie (sentenza del Tribunale federale 1C_138/2007 del 17 luglio 2007, con- sid. 2.3 e rinvii).
L'art. 2 lett. a CEAG permette tuttavia di rifiutare l'assistenza giudiziaria segna- tamente quando la domanda si riferisce a reati considerati dalla Parte richiesta come reati fiscali. Ciò è ribadito all'art. IV n. 2 Accordo italo-svizzero. Secondo l'art. 3 cpv. 3 AIMP, la domanda è irricevibile se il procedimento verte su un reato che sembra volto a una decurtazione di tributi fiscali o viola disposizioni in materia di provvedimenti di politica monetaria, commerciale o economica. Tuttavia, si può dar seguito a una domanda in ambito di "altra assistenza" se il procedimento verte su una truffa in materia fiscale. Quest'ultima deve essere interpretata sulla base dell'art. 14 cpv. 2 della legge federale sul diritto penale amministrativo (DPA; RS 313.0), disposizione applicabile in virtù del rinvio pre- visto all'art. 24 cpv. 1 OAIMP. Una truffa fiscale è realizzata se l'autore, me- diante inganno astuto, fa sì che l'ente pubblico si trovi defraudato di una tassa, un contributo o un'altra prestazione o venga a essere altrimenti pregiudicato nei suoi interessi patrimoniali (DTF 125 II 250 consid. 3a). La nozione d'inganno astuto corrisponde sostanzialmente a quella applicata in ambito di truffa ai sensi
dell'art. 146 CP (DTF 126 IV 165 consid. 2a; TPF 2015 110 consid. 5.2.3 con rinvii). Per realizzare il reato di truffa fiscale non è indispensabile fare uso di documenti falsi o alterati, ma sono ipotizzabili anche altri casi di inganno astuto. Secondo la giurisprudenza, sono comunque in genere necessarie manovre fraudolente, una messa in scena o un edificio di menzogne, affinché si possa ritenere l’esistenza di un inganno astuto. In determinate circostanze anche false informazioni la cui verifica non è possibile, è difficile o non è ragionevolmente esigibile possono essere considerati un inganno astuto, come pure se il truffa- tore dissuade la vittima dall'effettuare una verifica o prevede, date le circo- stanze, che essa rinuncerà a farlo in virtù, segnatamente, di un particolare rap- porto di fiducia (DTF 139 II 404 consid. 9.4; 137 IV 25 consid. 4.4.3.2 con rinvii;
135 IV 76 consid. 5.2; v. anche TPF 2008 128 consid. 5.4).
Il Tribunale federale ha inoltre già stabilito che l'utilizzazione di una società estera destinata a ricevere pagamenti non costituisce di per sé una truffa in materia fiscale: ciò è il caso soltanto quando questi pagamenti non figurano nella contabilità della società soggetta all'imposta (sentenza del Tribunale fede- rale 1A.260/2005 del 3 maggio 2007, consid. 2.4).
Quando la domanda è presentata per il perseguimento di una truffa fiscale, la Svizzera, in qualità di Stato richiesto, deroga alla regola secondo la quale l'au- torità d'esecuzione non deve determinarsi sulla realtà dei fatti (DTF 000 Xx 000 consid. 5b). Pur senza dover fornire prove indiscutibili sulla colpevolezza della persona perseguita, lo Stato richiedente deve sostanziare l'esistenza di suffi- cienti sospetti circa la commissione di una truffa fiscale (DTF 125 II 250 con- sid. 5b; 000 Xx 000 consid. 5b). Tali particolari esigenze hanno come scopo quello di evitare che le norme ostative all'assistenza in materia economica e fiscale vengano raggirate (TPF 2007 150 consid. 3.2.4). Lo Stato richiedente non deve necessariamente allegare alla domanda i mezzi di prova. È sufficiente ch'esso li indichi e ne renda verosimile l'esistenza (v. sentenza del Tribunale federale 1A.183/1995 del 13 ottobre 1995, consid. 2d, citata da XXXXXXXXXX, op. cit., pag. 657 n. 645 nota 833). Ciò non vale tuttavia in ambito di fiscalità indiretta, dove la Svizzera si è impegnata a fornire reciprocamente assistenza giusta l’art. 50 cpv. 1 CAS per quanto concerne le accise, l’imposta sul valore aggiunto e le imposte doganali. Per tali imposte indirette l’art. 50 cpv. 1 CAS non fa infatti distinzioni di sorta fra sottrazione d'imposta e truffa fiscale. A tale riguardo, la distinzione fra evasione e frode fiscale non costituisce dunque più una discriminante di rilievo (x. XXXXXX, Xxxxxx Kommentar, op. cit., n. 121 e segg. ad art. 3 AIMP; XXXXXX, Internationale Rechtshilfe im Steuerrecht: Akzes- sorische Rechtshilfe, Auslieferung und Vollstreckungshilfe bei Fiskaldelikten, tesi zurighese, Zurigo/Basilea/Ginevra 2011, pag. 135, 147 e seg.; sentenza del Tribunale penale federale RR.2010.262 dell’11 giugno 2012, consid. 1.2.2).
5.3 Nel caso concreto, i fatti descritti nella commissione rogatoria riguardano esclu- sivamente imposte dirette, motivo per cui si impone di verificare se lo Stato ri- chiedente abbia sostanziato l'esistenza di sufficienti sospetti circa la commis- sione di una truffa fiscale. Al proposito, va evidenziato che il 23 agosto 2016 il SEI aveva già analizzato i fatti descritti nella rogatoria, giungendo alla conclu- sione che quanto riportato dalle autorità italiane non permetteva di affermare che il comportamento di B. costituisse una truffa fiscale ai sensi dell’art. 14 cpv. 2 DPA, bensì solamente una sottrazione fiscale; per tale motivo, a parere del SEI, l’assistenza giudiziaria non poteva essere accordata (act. 9.3).
Ora, dalla domanda risulta che le movimentazioni riguardanti i conti oggetto del presente gravame, sarebbero costituite da accrediti volti a diminuire le entrate e gli averi di B., così da evadere con mezzi fraudolenti le imposte sui redditi e da sottrarsi in modo fraudolento al pagamento di debiti tributari (v. incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 1, pag. 1 e 2 della “comunicazione di notizia di reato” del 19 novembre 2015). L’autorità richiedente non ha per contro spiegato concretamente le eventuali modalità utilizzate per dissimulare astutamente i le- gami con i conti n. 3 e n. 2 intestati ad A. SA, né ha dettagliato in altro modo alcun inganno astuto o l’utilizzo di documenti falsi o alterati. Essa si è limitata ad affermare che gli atti fraudolenti sarebbero consistiti nella costituzione in Svizzera di A. SA, società che sarebbe stata amministrata fittiziamente da C., in particolare nell’ambito dell’apertura di conti bancari e nell’accredito su dette relazioni schermate della somma complessiva di EUR 609'489.49 tramite mo- dalità non tracciabili, in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale previste dal D.L. 167/1990 (act. 1.1. pag. 3; incarto RR.2016.274, doc. MP-TI n. 1). Nello specifico l’autorità estera non indica dunque quale modo di agire astuto sarebbe stato messo in atto da B. per ingannare l’autorità fiscale né sostiene che i men- zionati pagamenti non figurerebbero nella contabilità e neppure accenna ad una falsità in documenti, né pretende che dei documenti falsi o alterati sarebbero stati presentati all’autorità fiscale e neppure fornisce alcun indizio idoneo a ren- dere verosimile, obbiettivamente, l’esistenza di documenti falsificati.
Poiché l’autorità richiedente non ha indicato alcun comportamento astuto da
parte di B. come richiesto dalle normative e dalla giurisprudenza svizzere (v. su- pra consid. 5.2), il suo agire non può comportare, conformemente all’art. 3 cpv. 3 AIMP, la concessione dell’assistenza giudiziaria.
6. Ne discende che il ricorso deve essere accolto e la decisione di chiusura del 28 ottobre 2016 del MP-TI annullata.
7. Alla luce di quanto sopra, non si rende necessario vagliare le ulteriori censure sollevate dall’insorgente, in particolare l’asserita violazione del principio di pro- porzionalità in merito alla trasmissione dei dati di terze persone.
8. Visto l'esito della procedura, non si riscuote tassa di giustizia (art. 63 cpv. 2 PA richiamato l'art. 39 cpv. 2 lett. b LOAP). La cassa del Tribunale penale federale restituirà alla ricorrente l'anticipo delle spese già pervenuto pari a fr. 5'000.--.
9. Giusta l'art. 64 cpv. 1 PA l'autorità di ricorso, se ammette il ricorso tutto o in parte, può, d'ufficio o a domanda, assegnare al ricorrente un'indennità per le spese indispensabili e relativamente elevate che ha sopportato. Il regolamento del Tribunale penale federale sulle spese, gli emolumenti, le ripetibili e le inden- nità della procedura penale federale (RSPPF; RS 173.713.162) concretizza queste disposizione agli art. 10 e segg. In base all'art. 12 cpv. 2 RSPPF, se l'avvocato, come in casu, non presenta alcuna nota delle spese, l'onorario è fissato secondo il libero appezzamento della Corte dei reclami penali. Nella fat- tispecie, appare adeguato un onorario di fr. 2’500.--. L'indennità è messa a ca- rico del Ministero pubblico ticinese in quanto autorità inferiore giusta l'art. 64 cpv. 2 PA.
Per questi motivi, la Corte dei reclami penali pronuncia:
1. Il ricorso è accolto e la decisione impugnata viene annullata.
2. Non vengono prelevate spese. La cassa del Tribunale penale federale resti- tuirà alla ricorrente l'anticipo delle spese già pervenuto pari a fr. 5'000.--.
3. Il Ministero pubblico del Cantone Ticino verserà alla ricorrente un importo di fr. 2'500.-- a titolo di ripetibili.
Bellinzona, il 7 aprile 2017
In nome della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale
Il Presidente: La Cancelliera:
Comunicazione a:
- Avv. Xxxxxxxx Xxxx
- Ministero pubblico del Cantone Ticino
- Ufficio federale di giustizia, Settore Assistenza giudiziaria
Informazione sui rimedi giuridici
Il ricorso contro una decisione nel campo dell’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale deve essere depositato presso il Tribunale federale entro 10 giorni dalla notificazione del testo integrale della decisione (art. 100 cpv. 1 e 2 lett. b LTF). Il ricorso è ammissibile soltanto se concerne un’estradizione, un sequestro, la consegna di oggetti o beni oppure la comunicazione di informazioni inerenti alla sfera segreta e se si tratti di un caso particolarmente importante (art. 84 cpv. 1 LTF). Un caso è particolarmente importante segnatamente laddove vi sono motivi per ritenere che sono stati violati elementari principi procedurali o che il procedimento all’estero presenta gravi lacune (art. 84 cpv. 2 LTF).