COLLEGIO DI COORDINAMENTO
COLLEGIO DI COORDINAMENTO
composto dai signori:
(CO) Dott. LAPERTOSA Presidente
(CO) Prof. Avv. SIRENA Membro designato dalla Banca d'Italia (CO) Prof. Avv. LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia
(CO) Prof. Avv. SOLDATI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(CO) Prof. Avv. XXXXXXXX Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore Prof. Avv. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx Seduta del 19/03/2020
FATTO
1.1 In data 16.8.1988 la ricorrente sottoscriveva due buoni postali fruttiferi (“BFP”): uno, del valore di Lire 500.000, su modulo originariamente appartenente alla serie “P” e ridenominata come “Q/P” con timbro apposto sul fronte e sul retro; l’altro, del valore di Lire 1.000.000, appartenente alla serie “Q”. Recatasi presso l’intermediario per ottenere la liquidazione dei due titoli, le veniva comunicato che il relativo importo sarebbe stato di € 2.820,39, in luogo di € 4.969,02 richiesti, quanto al buono della serie “Q/P” e di € 5.640,77, in luogo di € 6.383,57 richiesti, quanto al buono della serie “Q”. La ricorrente lamenta che il calcolo effettuato secondo quanto indicato sugli stessi titoli condurrebbe ad una somma da liquidare pari ad € 11.352,59, sensibilmente maggiore rispetto a quella offertole, con una differenza, in suo favore, di € 2.891.43 al lordo dell’imposta di bollo.
1.2 Osserva la parte attrice con riguardo al buono ridenominato come “Q/P”, che esso è stato emesso, successivamente all’emanazione del decreto ministeriale del 13.6.1986, utilizzando il modello della serie “P” su cui è stato apposto un timbro recante l’indicazione della serie “Q/P” e dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno. In relazione al periodo successivo le spetterebbe, pertanto, il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono.
1.3 Quanto al buono della serie “Q”, la ricorrente rileva che se si applicasse il saggio d’interessi indicato nella tabella dal 1° al 20° anno e l’importo in cifra fissa ivi stabilito per il
periodo successivo, il tutto al netto delle ritenute fiscali, si otterrebbe l’importo sopra indicato, superiore a quello comunicato dall’intermediario. La discordanza scaturirebbe dal rendimento degli ultimi 10 anni che, nella liquidazione dell’intermediario, non corrisponde all’importo in cifra fissa indicato sul retro. D’altra parte - fa altresì presente la stessa parte
– “il Ministero e l’intermediario hanno successivamente modificato proprio il tenore letterale dei titoli appartenenti a quella stessa serie”. Nei BFP emessi in periodi successivi, infatti, la dicitura in riferimento agli ultimi 10 anni è di diverso tenore, recitando: “Dal 21° al 30° anno solare successivo a quello di emissione sarà corrisposto un interesse semplice al tasso massimo raggiunto”.
1.4 In ragione di quanto sopra, insoddisfatta dell’interlocuzione sviluppatasi nella fase di reclamo, la ricorrente chiede all’Arbitro di ingiungere all’intermediario di rimborsare l’ulteriore somma di € 2.891,43.
1.5 Costituitosi, il resistente eccepisce che entrambi i BFP di cui al ricorso sarebbero riconducibili alla serie “Q”: quello sottoscritto su modulo della precedente serie “P”, in quanto oggetto delle necessarie successive modifiche testuali; l’altro perché sottoscritto già originariamente su modulo della serie “Q”. Relativamente a quest’ultimo, l’intermediario segnala, in particolare, la mancanza di qualsivoglia errore di emissione, unitamente alla circostanza che lo stesso è stato sottoscritto sul modulo cartaceo appositamente fornito dallo Stato per la serie “Q” di effettiva appartenenza.
Il resistente osserva poi che la relativa normativa ha determinato che sul montante (capitale + interessi) maturato dai BFP della serie “Q”, a partire dal 1 gennaio 1987, vengano applicati i seguenti rendimenti e cioè: • 8,00% dal 1° al 5° anno in regime di capitalizzazione annua composta; • 9,00% dal 6° al 10° anno in regime di capitalizzazione annua composta; • 10,50% dal 11° al 15° anno in regime di capitalizzazione annua composta; • 12,00% dal 16° al 20° anno in regime di capitalizzazione annua composta; • dal 21° fino al compimento del 30° anno dall’emissione effettiva dei titoli, un interesse del 12,00% in regime di capitalizzazione semplice. Pertanto, per entrambi i titoli menzionati nel ricorso, gli interessi sarebbero quelli previsti per la serie “Q” anche dal 21° al 30° anno ovvero 12,00% al netto della ritenuta del 12,50% sugli interessi.
Tanto dedotto, parte resistente rileva che i diversi valori di rimborso calcolati dal ricorrente risulterebbero pertanto riconducibili all’errata applicazione delle disposizioni in materia fiscale previste dal D.M. del Tesoro del 23 giugno 1997, questione che, peraltro, esulerebbe dalla competenza per materia dell’ABF così come chiarito dal Collegio di Coordinamento con la decisione n.4141/2015.
1.6 Quanto poi ai rendimenti del titolo serie “Q/P”, l’intermediario segnala che si tratta di buono emesso su modulo di una serie precedente, cui risulta apposto timbro recante i nuovi rendimenti applicabili fino al 20° anno; dal 21° al 30° anno andrebbe a suo dire comunque applicato - come è consuetudine per tutti i BFP - un importo fisso bimestrale calcolato in base al tasso massimo raggiunto.
Parte resistente conclude quindi affinché il Collegio non accolga il ricorso, in considerazione della conformità del suo operato alla disciplina che regola la materia.
2.1 Il Collegio di Roma, territorialmente competente, osserva in limine che le richieste del ricorrente sollevano problematiche comuni da cui emergono potenziali profili di contraddittorietà nelle posizioni dei diversi Collegi ABF nel governare, al contempo: l’applicazione del principio di letteralità (almeno nei limiti in cui si ritenga meritevole
l’affidamento del sottoscrittore sulla lettera del titolo), da un lato; e il regime fiscale del rendimento dei BFP (sempre che su di esso i Xxxxxxx non si pronuncino incompetenti tout court, come talvolta avviene), dall’altro lato. Ritiene, pertanto, di investire della questione questo Collegio di coordinamento.
2.2 L’iter argomentativo sviluppato dall’ordinanza di rimessione muove dalla questione, di particolare importanza, che emerge dall’analisi della domanda relativa al primo dei due buoni fruttiferi, ovvero quello, dell’importo di Lire 500.000, documentato da un modulo originariamente appartenente alla serie “P”, ma ridenominata come “Q/P”, con timbro apposto sul fronte e sul retro. Questione che richiede di valutare se la presenza di una tabella stampigliata in originale sul tergo del titolo con indicazione di rendimenti, corrispondenti alla serie P, più vantaggiosi per il sottoscrittore rispetto a quelli previsti relativamente alla serie Q/P riportati sul timbro sovrapposto alla predetta tabella, recante appunto la dicitura “serie Q/P”, limitatamente al periodo di tempo fino al 20° anno, possa aver ingenerato un legittimo affidamento del sottoscrittore circa la volontà dell’emittente di assicurargli, per il periodo di tempo dal 21° al 30° anno, un rendimento maggiore di quello previsto dal d.m. 13 giugno 1986, ovvero quello coerente, appunto, con la tabella stampigliata in originale che richiama i rendimenti propri della serie P.
2.3 Al riguardo, il Collegio remittente premette che ad avviso dei Collegi territoriali va senz’altro tutelato l’affidamento riposto dal cliente sulle risultanze letterali del buono fruttifero, in ciò seguendo l’orientamento della Corte di Cassazione. Il riferimento è in particolare alla sentenza n. 13979/2007 delle Sezioni Unite della Suprema Corte, che ha affermato la prevalenza delle condizioni riportate sul titolo rispetto a quelle dettate dal regolamento istitutivo, sottolineando che “La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall’ufficio ai richiedenti può […] rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all’amministrazione, ma non può far ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni” (x. Xxxx. Civ., Sez. Un., 15.6.2007, n. 13979).
Si tratta, ad avviso del Collegio capitolino, di una posizione che non sembra scalfita dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 11.2.2019, n. 3963). Questa, difatti, ha sì ribadito il principio, già recato dall’art. 173 d.P.R. n. 156 del 1973 (“Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con Decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”) per cui il sottoscrittore è sempre esposto alle variazioni, anche peggiorative, del saggio di interesse già accordato ai titoli sottoscritti, per effetto di successivi decreti ministeriali; ma ciò, appunto, in quanto, e solo in quanto, si tratti di provvedimenti successivi alla sottoscrizione. In altri termini, ad avviso del Collegio remittente, le Sezioni Unite del 2019 non hanno affatto affermato la prevalenza in ogni caso sul dato testuale portato dai titoli di quanto stabilito da prescrizioni ministeriali emanate anteriormente alla loro sottoscrizione.
2.4 Sulla base di questa premessa, l’ordinanza di rimessione solleva l’interrogativo, che registra orientamenti ondivaghi dei Collegi, se ai fini dell’applicazione di una norma (come l’art. 6 del D.M. del 13 giugno 1986) che estenda il rendimento previsto per una nuova serie anche a serie precedenti, sia sufficiente avere indicato sul fronte e sul retro del modulo utilizzato la serie cui esso deve ritenersi appartenere (in questa direzione -
seppure con riferimento alla serie “AA1” o “AA2” – è stata ritenuta addirittura sufficiente, per effetto dell’art. 10 del D.M. Tesoro 19.12.2000, la mera barratura a penna dell’indicazione della serie originariamente presente sul modulo, anche senza aver aggiornato l’indicazione dei rendimenti: Coll. Roma, dec. n. 12367/2019; Coll. Bologna, dec. n. 23876/2019; Coll. Roma, dec. 14491/2018), ovvero se in mancanza di una completa stampigliatura sul titolo dei nuovi rendimenti relativi alle annualità successive alla ventesima, e pur avendo aggiornato il riferimento alla precedente serie non più in emissione, si applichi un regime ibrido, con applicazione del rendimento della nuova serie per le prime venti annualità, ma della precedente serie per le annualità successive (come per lo più affermato dai Collegi territoriali con riferimento ai buoni con l’indicazione della serie “Q/P”; nella stessa direzione si registrano peraltro anche altre decisioni riferite alla casistica appena ricordata dei moduli “AF/AA1”, riconoscendo l’insufficienza della sola barratura della serie “AF” a rendere inapplicabile il rendimento stampigliato sul titolo con riferimento a quest’ultima: ad es. Coll. Roma, 22321/2019; Coll. Torino, dec. n. 11647/2019; Coll. Palermo, dec. n. 24581/2019; Coll. Napoli, dec. n. 6835/2016; Coll. Bari, dec. n. 9578/2019).
2.5 Il Collegio remittente passa, quindi, ad esaminare altri profili critici, parimenti rilevanti ai fini della definizione della vicenda in esame che, a suo giudizio, meritano di essere
vagliati dal Collegio di Coordinamento, dal momento che lasciano trasparire alcune contraddizioni di fondo negli orientamenti dei Collegi territoriali. Si tratta di profili che riguardano la possibile interferenza del regime fiscale applicabile ai titoli in questione, dovendosi stabilire se possa essere o meno accolta l’eccezione dell’intermediario che offra, o abbia liquidato, un importo diverso da quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro del titolo sulla base del ritenuto regime fiscale, ovvero se il ricorrente abbia comunque diritto a tali rendimenti, su cui si sarebbe formato l’accordo fra le parti, tenuto conto che il testo del D.M. 145/1997 nulla prevede per le annualità successive alla ventesima; e ancora, una volta reputata applicabile la ritenuta, se la capitalizzazione degli interessi dal 21° anno in poi debba avvenire al netto o al lordo della stessa. Il tutto previa verifica circa il rapporto tra siffatte valutazioni e la consolidata affermazione dei Collegi ABF secondo cui gli stessi sono da considerarsi privi di competenza ratione materiae in ordine alla materia fiscale.
DIRITTO
3.1 Ritiene questo Collegio di coordinamento di dover vagliare in primo luogo la fondatezza della domanda avanzata dal ricorrente con riguardo al BFP ridenominato come “Q/P” emesso, successivamente all’emanazione del decreto ministeriale del 13.6.1986, utilizzando il modello della serie “P” su cui è stato apposto un timbro recante l’indicazione della serie “Q/P” e dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno. Domanda il cui accoglimento richiede di stabilire se la presenza di una tabella stampigliata in originale a tergo del titolo con indicazione di rendimenti, corrispondenti appunto alla serie P, più vantaggiosi per il sottoscrittore rispetto a quelli da applicare fino al 20° anno, di cui al timbro sovrapposto alla stessa stampigliatura, possa aver ingenerato un legittimo affidamento del sottoscrittore circa la volontà dell’emittente di assicurargli, per il periodo di tempo dal 21° al 30° anno, un rendimento maggiore di quello previsto dal d.m. 13 giugno 1986, ovvero quello coerente con la tabella stampigliata in originale che richiama, appunto, i rendimenti propri della serie P.
3.2 Si tratta di una questione, di particolare importanza, sulla quale il Collegio di coordinamento pare essere stato sollecitato a pronunciarsi, più che per l’emergere di posizioni discordanti tra i collegi territoriali, alla luce di una recente pronuncia delle SS.UU. della Corte di Cassazione (n. 3963/2019), puntualmente richiamata dal Collegio remittente, al fine di valutare se la stessa, unitamente ad altre della giurisprudenza di merito che si sono di recente aggiunte (App. Milano, nn. 5025 del 16 dicembre 2019 e 435 del 7 febbraio 2020; Trib. Macerata, 6 marzo 2020), possa indurre a rivedere il consolidato orientamento dell’ABF (v. Collegio di coordinamento, n. 5674/2013; nonché, da ultimi, Coll. Milano, n. 21262/2019; Coll. Napoli, n. 2854/2019; Coll, Palermo n. 14703/2019; Coll. Roma n. 8049/2018), conforme a Cass. SS.UU. n. 13979/2007, secondo cui la scritturazione sul titolo deve prevalere quando - come nel caso qui in esame - questo è stato sottoscritto in epoca posteriore all’emanazione di un provvedimento modificativo delle condizioni indicate sul retro del medesimo. In tal caso, infatti, si sarebbe ingenerato un legittimo affidamento del sottoscrittore nella volontà dell’emittente di assicurare un tasso di rendimento maggiore di quello previsto dai provvedimenti governativi; nel caso opposto, in cui tali provvedimenti siano intervenuti dopo la sottoscrizione, devono invece prevalere le determinazioni normative. Orientamento in base al quale la domanda del ricorrente, in ordine al predetto BFP, risulterebbe meritevole di accoglimento.
3.3 Al riguardo, questo Collegio di coordinamento ritiene il descritto consolidato indirizzo dell’ABF meritevole di essere pienamente confermato. Mette conto, in primo luogo, rilevare, come puntualmente osservato dal Collegio remittente, che la recente pronuncia delle SS. UU. n. 3963/2019, lungi dall’operare un revirement rispetto a Xxxx. SS.UU. n. 13979/2007, ne ha piuttosto fedelmente riproposto l’impostazione. Xx infatti, muovendosi nel solco argomentativo della decisione n. 13797/2007, le SS. UU., ribadita la qualificazione dei titoli in discorso quali documenti di legittimazione ex art. 2002 c.c., si sono limitate ad affermare, senza contraddire la precedente decisione, “la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali volti a modificare il tasso di interessi originariamente previsto”, specificando che siffatta modificazione trova “ingresso all’interno del contratto, mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c.”. Nulla hanno viceversa ritenuto di aggiungere in ordine al principio enucleato dalla pronuncia del 2007- che resta pertanto impregiudicato - in relazione alla diversa fattispecie di BFP sottoscritti successivamente all’emanazione di un
D.M. modificativo dei rendimenti dell’investimento, quando questi ultimi risultino difformi a quelli riportati sul titolo.
3.4 Il che potrebbe anche essere sufficiente a giustificare la conclusione sopra indicata, di conferma del consolidato indirizzo dell’ABF in materia, alla luce del criterio, espressamente richiamato dal Collegio di coordinamento nella decisione n. 7440/2018, secondo cui “l’ABF non può che uniformarsi ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione, cui la legge fondamentale sull’ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12 (art. 65) attribuisce la funzione di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”; funzione, questa, espletata in modo precipuo dalle Sezioni Unite.
3.5 L’emersione nella recente giurisprudenza di merito di un indirizzo difforme, secondo cui “se la natura imperativa delle disposizioni ministeriali richiamate dal Codice Postale del 1973 consente a queste ultime di modificare l’oggetto di un rapporto contrattuale sorto prima della loro entrata in vigore, a fortiori deve riconoscersi la loro idoneità a incidere
sull’oggetto di un contratto stipulato successivamente alla loro emanazione” (così App. Milano, n. 5025 del 16 dicembre 2019; ma v. anche App. Milano n. 435 del 7 febbraio 2020, Trib. Macerata, 6 marzo 2020), suggerisce peraltro a questo Collegio, per completezza argomentativa e per scrupolo analitico, di indugiare ancora sugli argomenti che, al contrario, suggeriscono di confermare l’indirizzo dell’ABF.
Gli è che non si tratta di stabilire se le disposizioni ministeriali di cui è fatta menzione nell’art. 173 del Codice Postale “siano idonee a incidere sull’oggetto di un contratto stipulato successivamente alla loro emanazione”, bensì di accertare la misura dei rendimenti da applicare ad un BFP della serie Q/P che, in virtù della patente inosservanza da parte dell’intermediario di quanto previsto dall’art. 5 del decreto ministeriale del 13 giugno 1986 (“Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera "Q", i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie "P" emessi dal 1° luglio 1986. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura "Serie Q/P", l'altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi”), continui a riportare sul retro, per il periodo dal 21° al 30° anno, i rendimenti previsti per la precedente serie P, giacché la tabella di rimborso riportante i tassi applicati alla serie Q, di cui al timbro che compare sul retro, si arresta al 20° anno.
3.6 Invero, il condivisibile inquadramento dei buoni fruttiferi postali nell’ambito della categoria dei documenti di legittimazione (v., oltre a Xxxx. SS.UU. n. 13979/2007, Cass. n. 27209/2005; ed ora, Coll. di Coordinamento n. 22747/2019) se, per un verso, esclude che agli stessi possano attagliarsi i principi di incorporazione e di letteralità (completa) propri dei titoli di credito astratti, rendendo così il diritto alla prestazione ivi documentato suscettibile di essere successivamente etero-integrato in coerenza con lo specifico regime contrattualmente convenuto dalle parti al momento della emissione, per altro verso, impedisce di considerare per sua natura non vincolante quanto riportato sulla lettera dei buoni in ordine alla determinazione della prestazione dovuta dall’intermediario, affidandola sempre alla disciplina legale del rapporto su cui si fonda l’emissione del buono, alla stregua di un titolo di credito causale (art. 1996 c.c.). Risultato, quest’ultimo, inevitabile se ci si colloca nell’ottica dell’orientamento della giurisprudenza di merito sopra indicata, che degrada la funzione del contenuto della lettera del titolo, riconoscendone valenza meramente informativa.
Il che, ad avviso del Collegio, non può essere sostenuto, soprattutto là dove, come nella fattispecie in esame, in corso di rapporto non è intervenuto alcun decreto ministeriale concernente il tasso degli interessi e nessuna modificazione si è quindi prodotta rispetto alla situazione esistente al momento della sottoscrizione dei titoli.
Pertanto, come opportunamente osservato dal Collegio remittente nel solco tracciato da Cass. SS. UU. n. 13979/2007, “l’emissione di un titolo le cui risultanze discordino già ab origine dal regime previsto da un provvedimento precedentemente in vigore, non possono che ingenerare l’affidamento del sottoscrittore su quanto riportato sul titolo; anzi - ben oltre un mero affidamento soggettivo, e sul terreno dell’effettivo regolamento contrattuale - occorre ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni”.
3.7 Da quest’angolo visuale, assume un indubbio significato la circostanza che il richiamato art. 5 del D.M. 13 giugno 1986, con il quale era stata disposta l’ultima modifica dei tassi di interesse precedente all’emissione qui in rilievo secondo quanto previsto
dall’art. 173 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Codice Postale) - che prevede e regola (non è superfluo rilevarlo) le variazioni dei tassi -, si è fatto carico di imporre agli uffici emittenti l’obbligo, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare sul documento il differente regime cui essi erano soggetti; il che nella vicenda qui in esame non è accaduto con riguardo al periodo tempo dal 21° al 30° anno. Tale circostanza dimostra, invero, come il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore, anche a mente delle previsioni normative richiamate, sia destinato a formarsi sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni, fatta salva, appunto, la possibilità di una successiva etero-integrazione per effetto di decreti ministeriali modificativi dei tassi di rendimento, ai sensi dell’art. 173 del Codice Postale. Disposizione, quest’ultima, che opera un ragionevole bilanciamento tra tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica, nel pieno dei principi sanciti dagli artt. 3 e 47 Cost. (Corte Cost., n.26/2020).
3.8 In quest’ottica, secondo cui la determinazione dei rendimenti dei buoni fruttiferi postali è vicenda comunque attratta alla sfera del rapporto negoziale in essere tra emittente e sottoscrittore (ambito nel quale operano anche gli strumenti integrativi di cui agli artt. 1339 e 1374 c.c.), diviene del tutto irrilevante la circostanza che nel corso della durata dell’investimento vengano ad alternarsi due criteri di determinazione degli interessi tra loro eterogenei, quello in regime di interessi composti della serie Q per i primi venti anni e quello in regime di capitalizzazione semplice della serie P per l’ultimo decennio, dando luogo ad una sorta di titolo “ibrido”. Siffatta alternanza, comunque fondata sulla regolazione negoziale riferibile al rapporto, non risulta, invero, impedita da norme di legge; tanto meno appare stravagante o “aberrante” alla luce delle innumerevoli tecniche impiegate al riguardo nella prassi, con riguardo a strumenti che documentano contratti con funzione di investimento.
3.9 In definitiva, alla luce del contenuto delle domande e delle eccezioni di cui agli atti, la domanda del ricorrente, volta ad ottenere, con riguardo al BFP della serie Q/P il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono limitatamente al periodo dal 21°al 30° anno, merita di essere accolta.
4.1 Diversa valutazione deve invece effettuarsi in ordine alla domanda concernente il buono fruttifero del valore di Lire 1.000.000, appartenente alla serie “Q”; domanda che, come si è visto, nella prospettazione dell’ordinanza di rimessione, richiede al Collegio di coordinamento di affrontare la questione, oggetto di valutazioni oscillanti dei Collegi territoriali, dell’eventuale interferenza del regime fiscale ai fini della determinazione del valore di quanto dovuto al sottoscrittore del BFP in sede di liquidazione dell’investimento. Si tratta, in particolare, di valutare se possa essere o meno accolta l’eccezione dell’intermediario che offra, o abbia liquidato, un importo diverso da quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro del titolo sulla base del ritenuto regime fiscale, ovvero se il ricorrente abbia comunque diritto a tali rendimenti, su cui si sarebbe formato l’accordo fra le parti, tenuto conto che il testo del D.M. 145/1997 nulla prevede per le annualità successive alla ventesima; e ancora, una volta reputata applicabile la ritenuta fiscale, se la capitalizzazione degli interessi dal 21° anno in poi debba avvenire al netto o al lordo della stessa. Il tutto previa verifica circa il rapporto tra siffatte valutazioni e la consolidata affermazione dei Collegi ABF secondo cui gli stessi sono da considerarsi privi di competenza ratione materiae in ordine alla materia tributaria.
4.2 Ad avviso di questo Collegio la questione può essere affrontata e risolta senza intaccare il principio, che va anzi ribadito in questa sede, secondo cui l ’ABF, quale organo di risoluzione “alternativa” delle controversie tra clienti e intermediari, non possiede di regola le necessarie competenze per esprimere un giudizio sulla corretta applicazione di un prelievo fiscale e tantomeno sui criteri di calcolo in proposito applicati, se non altro perché esse potrebbero astrattamente esigere un contributo tecnico di consulenti specializzati, di cui non può normativamente avvalersi (Coll. Coordinamento, n. 4142/2015). D’altro canto, in tale direzione sembra già orientarsi un indirizzo alquanto diffuso nei Collegi territoriali che soltanto di rado risultano dichiararsi del tutto incompetenti ratione matariae astenendosi dal pronunciarsi sul merito (così, ad esempio, Xxxx. Roma 13174/2019; Coll. Bologna, 2374/2019). Ed infatti, più di frequente, fermo restando quanto stabilito dal citato Collegio di coordinamento del 2015, si preferisce comunque respingere i ricorsi affermando l’applicabilità del regime fiscale invocato dall’intermediario resistente sulla base del criterio della ragione più liquida (Coll. Torino, n. 1194/2019; nonché, nella sostanza - pur motivando che il ricorso sarebbe “irricevibile” in ragione della materia fiscale - Coll. Palermo, 22493/2019; Coll. Napoli, nn. 6043/2019, 9134/2019, 23129/2019, ma x. xxxxx Xxxx. Xxxx. x. 00000/).
4.3 Giova al riguardo osservare che dinanzi all’eccezione dell’intermediario che faccia riferimento al regime fiscale per giustificare la corresponsione all’investitore di un importo inferiore a quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro del titolo, la valutazione che l’ABF è chiamato ad effettuare rientra nella propria sfera di competenza ratione materiae, in quanto la richiamata disciplina fiscale viene qui in gioco esclusivamente quale parametro ai fini della quantificazione dell’importo dovuto al sottoscrittore, in virtù del contratto in essere tra le parti. Non si tratta cioè di accertare l’assoggettamento dei BFP ad una determinata ritenuta erariale, come ad esempio quella di cui all’art. 1 D.L. 19 settembre 1986 convertito con L. 17 novembre 1986, n. 759 (al riguardo Cass. n. 30746/2018), il che sarebbe rationae materiae precluso all’ABF, bensì di accertare il quantum della prestazione dovuta dal debitore in base alle condizioni contrattuali concordate tra le parti. Condizioni che, per le ragioni già ampiamente illustrate, restano suscettibili di essere integrate ex art. 1339 e 1374 c.c. da un atto di imperio riconducibile alla natura pubblica dell’emittente” (cfr. Coll. di Coordinamento, dec. n. 5674/2013; di recente, Coll. di Roma, dec. n. 19042/18), tra cui possono ben collocarsi anche disposizioni relative profili fiscali, essendo, in siffatta prospettiva, irrilevante se le stesse abbiano determinato una variazione dei tassi in senso tecnico, conformemente a quanto indicato nell’art. 173 del Codice Postale.
4.4 D’altra parte, che il regime fiscale, precedente o successivo all’emissione dei BFP, possa assumere rilievo anche all’interno della sfera strettamente negoziale, quale elemento che concorre ad individuare il quantum della prestazione, emerge con chiarezza dalla presenza, sul buono della serie Q qui in esame, della dicitura per cui “L’ammontare degli interessi è soggetto alle trattenute fiscali previste dalla legge”, peraltro presente, talvolta con formulazione diversa (L’ammontare degli interessi è soggetto alle trattenute fiscali alla data di emissione”) su buoni appartenenti anche ad altre serie.
4.5 In quest’ottica, appare del tutto coerente con l’assetto negoziale adottato dalle parti il richiamo, in funzione integrativa del contratto (artt. 1339 e 1374 c.c.), non tanto del D.M. Tesoro 23 giugno 1997 secondo cui gli interessi maturati annualmente sui BFP emessi a partire dal 21/09/1986 al 31/12/1996, ovvero appartenenti alle serie “Q”, “R” e “S”, per i primi venti anni di vita del titolo vengono capitalizzati annualmente al netto della ritenuta
fiscale o della Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 58/2000 che ha confermato per i buoni emessi fino al 30/06/1997 la capitalizzazione degli interessi avviene annualmente al netto della ritenuta erariale, quanto (e soprattutto), del D.L. 19/09/1986 n. 556 convertito nella Legge 17/11/1986 n. 759, che ha assoggettato a ritenuta fiscale del 12,50% (tutti) gli interessi maturati sui buoni emessi dal 1° settembre 1987 al 23 giugno 1997 (il D.Lgs 01/04/1996 n. 239 ha poi introdotto a partire al 01.01.1997 l’imposta sostitutiva stabilita per quanto riguarda gli interessi nella misura del 12,50%).
4.6 Tale richiamo conduce, ad avviso di questo Collegio, alle seguente conclusione, rilevante sia sul piano della valutazione del fondamento della domanda del ricorrente in ordine al BFP della serie Q, sia sul piano dell’esame delle sollecitazioni avanzate dal Collegio remittente: può essere senz’altro accolta l’eccezione dell’intermediario che offra, o abbia liquidato, un importo diverso da quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro del titolo della serie Q, sulla base del regime fiscale che prevede l’applicazione di una ritenuta pari al 12,5%; e ciò anche in relazione al periodo dal 21° al 30° anno, in quanto dal complesso delle disposizioni di legge e regolamentari sopra richiamate non emerge, sotto questo profilo, la necessità di un trattamento diverso in relazione a quest’ultimo lasso temporale, con l’ulteriore conseguenza che la capitalizzazione degli interessi dal 21° anno in poi deve avvenire al netto della ritenuta fiscale. Ne deriva che, venendo la ritenuta fiscale ad incidere sulla determinazione negoziale del valore del rendimento da corrispondere al sottoscrittore, il relativo onere non risulta contrattualmente posto a carico dell’emittente.
4.7 Pertanto, alla luce del contenuto delle domande e delle eccezioni di cui agli atti, la domanda del ricorrente, volta ad ottenere, con riguardo al BFP della serie Q il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono non merita di essere accolta.
5.1 Dalle considerazioni su illustrate, che assorbono i quesiti posti nella ordinanza di rimessione, possono trarsi i seguenti principi di diritto:
A) Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il
D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che i buoni vengano integrati e/o modificati ai sensi dell’art. 1339 c.c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli.
B) L’incompetenza dell’ABF a occuparsi della materia tributaria, non implica che sia precluso allo stesso organismo di accertare l’ammontare dei rendimenti dovuti al sottoscrittore di buoni fruttiferi postali là dove questi risultino contrattualmente collegati a parametri fiscali. In tal caso il regime fiscale, precedente o successivo all’emissione dei BFP, assume rilievo negoziale, valutabile al fine della determinazione del quantum della prestazione dedotta in contratto.
5.2. In definitiva, l’applicazione dei principi sopra enunciati determina, come è già argomentato in motivazione, determina:
- in applicazione del principio sub A), l’accoglimento della domanda del ricorrente relativamente al BFP (del valore di Lire 500.000) della serie Q/P, diretta ad ottenere una somma di denaro pari alla differenza tra l’importo offertogli dall’intermediario ed il valore
del rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono, limitatamente al periodo dal 21°al 30° anno, pari all’importo di € 2.148,63.
-in applicazione dei principi sub A) e B), il rigetto della domanda del ricorrente volta ad ottenere, con riguardo al BFP della serie Q (del valore di Lire 1.000.000), la differenza tra l’importo offertogli dall’intermediario ed il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dispone che l’intermediario corrisponda alla parte ricorrente la somma di euro 2.148,63. Rigetta nel resto.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1