ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO ASSOCIAZIONE NAZIONALE
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Consiglio Provinciale di Napoli CONSULENTI DEL LAVORO Unione Provinciale di Napoli
Prot. n° 783/22
Xxx X. Xx Xxxxxxx xx 00 00000 – Xxxxxx
Circolare N° 05 /MAGGIO 2011 MAGGIO 2011
A tutti i colleghi(*)
LA “BILATERALITÀ ED IL WELFARE CONTRATTUALE” NEL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE COMMERCIO: L’ENNESIMA GAFFE GIURIDICA!!! ERRARE HUMANUM EST, PERSEVERARE AUTEM DIABOLICUM!!!!
I recenti rinnovi dei contratti del commercio, siglati definitivamente lo scorso 6 e 7 aprile rispettivamente dalla Confcommercio, UIL e CISL e dalle medesime XX.XX. e la Confesercenti, ci inducono – tenendo conto anche della particolare sensibilità all’argomento riscontrata nel recente convegno del 30 Maggio u.s. al Ramada Hotel – a delle ulteriori considerazioni/integrazioni rispetto al contenuto della nostra circolare mensile n° 1/2011, cui – ad ogni modo – si rinvia per i relativi approfondimenti.
Nei predetti accordi contrattuali, le cui ipotesi di rinnovo risalgono al 26.02.2011 (Confcommercio) e 15.03.2011 (Confesercenti), si deve evidenziare - a prescindere dalle consuete variazioni (minimo retributivo, indennità di malattia, apprendistato, ecc) – che le parti sociali hanno posto l’accento sulla bilateralità in maniera decisamente più incisiva rispetto al passato.
E’, comunque, una moda che si perpetua!!
Con una tecnica (surrettizia) ormai già collaudata nei rinnovi dei contratti del settore artigianato, è stata, infatti, introdotta una obbligazione alternativa alla iscrizione alla bilateralità – Titolo IV (rubricato “Bilateralità e Welfare Contrattuale”) - (mal)celata da una obbligazione retributiva.
In particolare, le novità in commento sono contenute nei Titoli IV dei rispettivi contratti, denominati: <BILATERALITA’ E “WELFARE” CONTRATTUALE>.
Più in dettaglio, il Capo I (BILATERALITA’) del predetto titolo contrattuale introduce un aumento (dallo 0,10% allo 0,30% di paga base e contingenza) dell’importo dell’EDR – Enti Bilaterali – da corrispondere in caso di mancata adesione da parte del datore di lavoro all’ente bilaterale del commercio.
Invece, il Capo II (WELFARE CONTRATTUALE) prevede che la mancata adesione al Fondo EST (Confcommercio) ovvero ASTER (Confesercenti), dovrebbe comportare da parte del datore di lavoro la erogazione al lavoratore di un E.D.R. (elemento distinto della retribuzione) non assorbibile pari a €/mese/lordi 15,00 da corrispondere per 14 mensilità ovvero, in alternativa, ad assicurare le medesime prestazioni sanitarie garantite dal Fondo EST/ASTER.
Con l’articolo 17 – rappresentante il primo degli articoli di cui si compone il TITOLO IV - le parti firmatarie hanno (erroneamente) premesso che: “l’intero contenuto del titolo rappresenta parte integrante del trattamento economico-normativo che deve essere applicato da tutte le imprese anche se non aderenti al sistema associativo del terziario, della distribuzione e dei servizi”.
Tale (anodina) premessa necessita di un approfondimento funditus allo scopo di evidenziarne uno scarso pregio giuridico.
Il Legislatore costituzionale, all’art. 39, ha previsto che “l’organizzazione sindacale è libera”. Nasce, cioè, come associazione volontaria di lavoratori e, parimenti, di datori di lavoro che ad essa aderiscono per ottenere la migliore realizzazione dei rispettivi interessi collettivi e professionali.
La mancata attuazione dei successivi commi dell’art. 39 (cioè la mancanza di una legge sindacale che definisse e regolasse l’attività del sindacato), fa sì che il “sindacato” sia, in sostanza, una associazione non riconosciuta (la cui disciplina è prevista negli artt. 36 e seguenti del codice civile) e, pertanto, in quanto tale sia dotata di “soggettività giuridica” e di “autonomia patrimoniale” ma è priva di “personalità giuridica”.
Ciò significa che il sindacato è un soggetto di diritto (cioè è parte di rapporti giuridici), dotato di un suo “fondo patrimoniale comune” (composto dai contributi degli associati e dai beni acquistati con questi contributi – art. 37 c.c.) ma non c’è la “personalità giuridica” (id: non sussiste la totale separazione tra l'ente e le persone che lo compongono), con la conseguenza che esso non può stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce (comma 4 dell’art. 39 Costituzione).
La mancata attuazione dell’articolo 39 Costituzione comporta il problema dell’efficacia soggettiva del contratto (cioè la efficacia nei confronti del singolo aderente all’associazione).
L’istituto utilizzato è quello della rappresentanza di cui all’art. 1387 c.c. in forza del quale “gli effetti giuridici di determinati atti posti in essere da un rappresentante sono imputati direttamente ad un altro soggetto denominato rappresentato nel cui nome ed interesse sono stati compiuti”.
Per definizione, dunque, la “rappresentanza” è un istituto individualistico, che si realizza nel rapporto fra due persone legate da una particolare e reciproca fiducia.
Il sindacato, invece, non può curare gli interessi individuali di ciascun lavoratore ovvero datore (uti singulus); la dottrina degli anni 50 ha così elaborato la tesi dell’”interesse collettivo” che viene perseguito dal sindacato/rappresentante.
Interesse collettivo che, attenzione, non è la somma semplice degli interessi dei singoli, bensì la sintesi di essi.
E’ evidente che questa ricostruzione non consente al contratto collettivo di essere efficace nei confronti dei non affiliati, proprio perché non rappresentati dalle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto.
Ciò significa, in buona sostanza, che se un’impresa non aderisce all’organizzazione sindacale di categoria firmataria del CCNL non è tenuta ad applicare il medesimo e, più ampiamente, che se non è iscritta ad alcuna organizzazione sindacale non è tenuta ad applicare alcun CCNL.
L’adesione è considerata esplicita qualora venga indicato nella lettera di assunzione ovvero nel contratto individuale che si applicherà al rapporto un certo contratto collettivo (si consiglia, perciò, di indicare nella lettera di assunzione che verrà applicato un determinato contratto esclusivamente per la parte economico-normativa).
E’, invece, implicita quando il datore di lavoro, in mancanza di un obbligo giuridico in tal senso, applichi spontaneamente e costantemente un determinato contratto collettivo o almeno le sue clausole più rilevanti.
Inoltre, per completezza, si segnala che l’inquadramento “individuale” della singola impresa in una certa categoria è governato dal principio volontaristico – potendosi paradossalmente intendere possibili addirittura inquadramenti individuali innaturali (id: un’impresa metalmeccanica che applica, ad esempio, il contratto dei tessili).
Esiste, in verità, una disposizione di legge (art. 2070 c. 1 del c.c.) che detta un criterio oggettivo a mente del quale l’inquadramento contrattuale di un’impresa discende dall’attività che essa effettivamente svolge.
La giurisprudenza, dopo un’iniziale suggestione dell’art. 2070 c.c., ha definitivamente riaffermato il principio volontaristico.
Il contratto collettivo si applica de plano al lavoratore in questione, senza che possa sottrarsi a tale applicazione. Non è infatti riconosciuto, infatti, un diritto di dissenso che il lavoratore potrebbe ipoteticamente far valere.
Questo era un principio alquanto consolidato sia in dottrina, sia in giurisprudenza ma che la recentissima ordinanza del 22 aprile 2011 emessa dal Tribunale di Modena ha, in qualche modo, messo in discussione arrivando a prevedere che le imprese devono chiedere ai lavoratori non iscritti ad alcun sindacato di scegliere tra i due diversi contratti collettivi (trattasi di quello imprese metalmeccaniche del 2009 – sottoscritto con CISL e UIL – e quello del 2008 – sottoscritto anche con La FIOM – CGIL).
Fatta questa premessa, è dunque necessario interrogarsi sulla portata degli articoli 17 dei rinnovi contrattuali in esame.
Come può una fonte di carattere negoziale (valida cioè fra le parti stipulanti e quelle ad esse aderenti, come meglio già specificato) avere una portata generale, valida – cioè – erga omnes e, dunque, anche alle imprese non aderenti al “sistema associativo del terziario, della distribuzione e dei servizi”?
In nuce, parrebbe di capire dalla premessa contenuta nel contratto collettivo in esame che il contratto ha la stessa forza cogente della legge????
Ma vi è di più!!!
E’ noto che, i Fondi in questione (EST/ASTER) erogano esclusivamente delle prestazioni di natura previdenziale/assistenziale integrative rispetto a quelle dovute per legge – servizio sanitario nazionale (ex art. 38 della Costituzione).
Inoltre, gli Enti Bilaterali (organismi, di massima associativi, costituiti ad iniziativa delle contrapposte associazioni sindacali, dei lavoratori e dei datori di lavoro, per svolgere in modo permanente funzioni di varia natura nell’interesse dei lavoratori e delle imprese del settore di riferimento) svolgono svariate funzioni attribuite dalla legge (certificazione dei contratti, integrazione del reddito dei lavoratori nelle crisi o la gestione della formazione professionale), funzioni rientranti – in ogni caso – nel campo dei servizi ovvero delle prestazioni di natura previdenziale/assistenziale.
Le obbligazioni alternative (id: subordinate), scaturenti dai rinnovi contrattuali in questione, sembrerebbero – prima facie - complice anche un linguaggio capzioso utilizzato dagli estensori il contratto ed la bislacca interpretazione ministeriale (circolare Ministero del Lavoro n° 43/2010 di cui abbiamo già avuto modo di trattare nella circolare mensile del mese di Gennaio u.s.), rappresentare parte integrante del trattamento economico-normativo da corrispondere ai lavoratori dipendenti del settore, con efficacia urbi et orbi.
Come noto, invece, la bilateralità (ergo FONDO EST/ASTER e ENTI BILATERALI) fa parte della cosiddetta “parte obbligatoria” del contratto collettivo di categoria, vale a dire quella che crea obblighi esclusivamente fra le parti firmatarie del contratto (id: organizzazioni sindacali ed associazioni datoriali) e non quindi per i singoli datori che applicano – seppur implicitamente (mediante adesione, spontanea e costante, alla maggior parte delle clausole contrattuali) – quel contratto di categoria.
Nel contratto collettivo, repetita juvant, possono essere distinte due parti aventi funzioni totalmente diverse: la parte normativa e la parte obbligatoria.
In pendenza dell’accordo Governo- Parti Sociali del 23 luglio 1993, il contratto collettivo nazionale di categoria aveva una durata quadriennale per la parte normativa e biennale per quella retributiva(ergo, due bienni a livello di parte retributiva); inoltre, in caso di mancato rinnovo del contratto e purché fossero trascorsi tre mesi dalla scadenza dello stesso bisognava corrispondere una indennità di vacanza contrattuale il cui importo aumentava con il passare del tempo.
Con l’accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali, firmato il 22 gennaio 2009 tra Governo e Parti Sociali – con l’eccezione della CGIL –, si è stabilito che il CCNL abbia una durata triennale sia per la parte normativa sia per quella economica.
Relativamente a tale ultimo aspetto, viene abbandonato il concetto di tasso di inflazione programmata fissato di anno in anno dal Governo e al suo posto è stato introdotto l’IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato in abito europeo) depurato della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, la cui elaborazione è affidata ad un soggetto terzo.
La parte normativa si compone di tutte quelle clausole che dettano la disciplina dei rapporti individuali di lavoro; occorre segnalare, al riguardo, che è invalso l’uso di distinguere, a sua volta, la parte normativa in “economica” e “normativa”.
La prima con la quale è stabilito quale debba essere l’ammontare della retribuzione o meglio delle singole voci che la compongono. Per parte normativa, invece, si intende la parte che disciplina tutti gli altri aspetti del rapporto di lavoro: sono incluse, ad esempio, le clausole sulla costituzione del rapporto, sull’inquadramento dei lavoratori, sull’orario di lavoro, sulle ferie, sulle assenze del lavoratore.
La seconda parte, invece, detta “obbligatoria” contiene le clausole che producono effetti giuridici esclusivamente nei confronti dei sindacati stipulanti o, al massimo, dei datori di lavoro per i quali la previsione dell’obbligo di assumere quel determinato comportamento è stato definito pattiziamente come necessario all’amministrazione del contratto collettivo ed al corretto svolgimento delle relazioni fra le parti che l’hanno stipulato.
A tale riguardo, si segnalano le seguenti sentenze:
➢ Corte di Cassazione, sentenza n° 5625 del 05.05.2000: - le clausole obbligatorie creano obblighi esclusivamente fra le parti stipulanti non già per i singoli soggetti.
➢ Corte d’Appello di Milano sentenza 04.03.2003: – le clausole del contratto nazionale sulla competenza del contratto aziendale sono riconducibili alla parte obbligatoria del contratto collettivo e l’eventuale violazione delle stesse da luogo ad un inadempimento degli obblighi che le parti hanno reciprocamente assunto, inadempimenti rilevanti soltanto sul piano delle relazioni intersindacali.
L’appartenenza alla “parte obbligatoria” delle clausole sulla “bilateralità” è pacificamente riconosciuta dalla prassi (circolari n° 4/2004 e 43/2010 del Ministero del Lavoro) e dalla Giurisprudenza di Merito e di Legittimità.
In particolare, con la sentenza n° 6530 del 10.05.2001, la Corte di Cassazione ha statuito che deve riconoscersi natura retributiva (applicabile erga omnes, cioè da parte di qualsiasi impresa – a prescindere dall’appartenenza alle XX.XX. stipulanti il contratto collettivo) alle prestazioni erogate dagli Enti bilaterali soltanto laddove queste siano corrisposte in sostituzione di precisi obblighi del datore di lavoro e non a quelle, avente carattere meramente eventuale, di natura previdenziale ed assistenziale.
In sostanza, per stabilire se l’obbligazione sia o meno di natura retributiva (id: valida cioè erga omnes) è necessario interrogarsi su tre punti:
1. la prestazione dell’Ente Bilaterale ha natura previdenziale/assistenziale?
2. l’erogazione della prestazione deriva da un preciso obbligo del datore di lavoro?
3. la contribuzione versata agli Enti bilaterali è imponibile ai fini contributivi ovvero è soggetta soltanto ad un contributo di solidarietà?
Ecco la nostra risposta a tali interrogativi, leggendo i contratti dell’artigianato e del commercio:
1. le prestazioni, eventualmente (nei limiti delle risorse finanziarie degli enti bilaterali) corrisposte ai lavoratori da parte degli Enti bilaterali e dei Fondi integrativi sanitari, hanno carattere previdenziale/assistenziale;
2. non sono sostitutive di obbligazioni a carico del datore di lavoro (id:
retribuzione);
3. esse sono soggette a contributo di solidarietà.
Come può agevolmente riscontrarsi, rispetto alla granitica interpretazione della Suprema Corte, resistente da oltre un decennio, nessun elemento di novità può dirsi esistente nei rinnovi contrattuali in commento.
Per le ragioni giuridiche finora espresse, si può – senza timore di smentite - affermare che non esiste giuridicamente alcun obbligo di iscrizione agli enti bilaterali, né – conseguentemente
– al pagamento di qualsivoglia retribuzione in sostituzione (c.d. “obbligazione subordinata” – ergo: o l’iscrizione oppure, in subordine, il pagamento della retribuzione), sia essa in forma di EDR (aumentata rispetto al previgente contratto dello 0,20%) sia nella forma di un aumento (del tutto ingiustificata rispetto alla prestazione lavorativa) retributivo per la mancata adesione al FONDO EST/ASTER.
Ma v’è di più!!Questa surrettizia operazione di istigazione (rectius: di obbligo) all’iscrizione all’Ente Bilaterale ed ai Fondi Integrativi Sanitari(EST/ASTER) è stata evidenziata , sulla stampa specializzata, con una locuzione risibile quanto rispettabile: La contrattualizzazione del diritto alle prestazioni della bilateralità.
Il diritto, in primis, lo assegna la legge. In materia sanitaria, ad esempio, vi sono le Assicurazioni Sociali Obbligatorie. In materia di ammortizzatori sociali: IDEM!!
Pertanto, non costituisce un diritto (da contrattualizzare) l’erogazione di una EDR o di una sorta di indennità sostituiva all’iscrizione o alle prestazioni della bilateralità.
Ergo, non esistendo alcun diritto dei lavoratori ad ottenere le prestazioni del Fondo EST/ASTER e quelle dell’Ente Bilaterale (peraltro anche molto marginali) essendo esclusivamente di natura previdenziale/assistenziale e non retributiva, ne consegue che l’obbligazione subordinata (id: sostitutiva dell’adesione) NON HA RAGION D’ESSERE IN QUANTO NON PUO’ IMPORSI L’EROGAZIONE DI UNA SOMMA CHE E’ LA MONETIZZAZIONE DI UN OBBLIGO INESISTENTE PER LEGGE!!!
Xxxxxxx, infine, anche per la fattispecie del CCNL Commercio, i rilievi circa la violazione di principi costituzionali di cui alla nostra precedente circolare mensile n. 1/2011 nonché la disparità di trattamento fra due lavoratori che svolgono la medesima attività ed hanno il medesimo inquadramento del CCNL. L’uno percepirà un EDR ed una indennità sostitutiva se il suo datore di lavoro non aderisce alla Bilateralità. L’altro, il cui datore di lavoro aderisce alla Bilateralità, invece no!!
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La conclusione, care Xxxxxxxx e Xxxxxxxx, al termine di questa ennesima disamina sull’argomento, è che l’iscrizione agli Enti Bilaterali non può che essere una libera scelta dell’imprenditore, scelta che deve tener conto esclusivamente di ragioni di opportunità (offrire ai propri dipendenti delle ulteriori coperture previdenziali ed assistenziali – aggiuntive rispetto a quelle previste per legge) non avendo alcun fondamento giuridico una eventuale imposizione surrettizia attraverso il CCNL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Nell’affrontare ogni problema della nostra quotidianità bisogna, invece, ricordarsi di porsi le giuste domande. A tale riguardo, ci sia di aiuto l’insegnamento di Xxxxxx Xxxx Xxxxxx Xxxx xx Xxxxx, tratto dalla sua opera Massime, precetti e riflessioni,: “l’ingegno di un uomo si giudica meglio dalle sue domande che dalle sue risposte”
Ad maiora!!
Ordine Provinciale A.N.C.L. U.P. NAPOLI Consulenti del Lavoro di Napoli il Presidente
il Presidente X.xx Rag. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx X.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx
A.N.C.L. U.P. di Napoli Centro Studi “X. Xxxxxxxxxx”
il Coordinatore
X.xx Dott. Xxxxxxxx Xxxxxxx
A.N.C.L. U. P. di Napoli Centro Studi “X. Xxxxxxxxxx”
Divisione Lavoro “XXXXXX XXXXXX” il RESPONSABILE
X.xx Xxxx. XXXXXXXXX XXXXXXXX
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ED/FC/FD