COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) SIRENA Presidente
(RM) SILVETTI Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) SCIUTO Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CARATELLI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) XXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXX XXXXXXXXX
Nella seduta del 10/12/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
I ricorrenti censurano, prima di tutto, il contegno tenuto dalla banca resistente durante le trattative contrattuali volte alla concessione di un mutuo ipotecario prodromico all’acquisto e alla ristrutturazione di un immobile da adibire a prima casa; al contempo, lamentano l’eccessiva onerosità di un affidamento alternativo sottoscritto con l’istituto resistente in attesa dell’erogazione del prestito principale. In particolare, in base alla dinamica riferita dagli istanti, i clienti avanzavano nei confronti dell’intermediario una richiesta per la concessione di mutuo. Poiché al momento del rogito il finanziamento non era stato ancora deliberato, i proponenti, in data 25 giugno 2013, acconsentivano a sottoscrivere – “come suggeritogli dalla direzione della filiale” –, un’apertura di credito in conto corrente a tempo determinato di euro 35.000,00, in seguito rinnovata “in più occasioni”. Perdurando la situazione, i clienti intimavano alla banca, a mezzo del proprio legale di fiducia, di concludere l’istruttoria a suo tempo avviata per la concessione del mutuo ipotecario. L’intermediario respingeva ogni richiesta di controparte evidenziando che l’erogazione non avrebbe potuto essere accordata a causa dell’inagibilità dell’immobile compravenduto; asserzione, quest’ultima, che i ricorrenti dichiarano non corrispondere a verità, come risulta peraltro dalla certificazione di inizio attività edilizia datata 21 agosto 2013 e
dall’attestazione – anch’essa prodotta in atti – redatta da un tecnico professionista operante nel comune di localizzazione del fabbricato.
I clienti, preso atto dell’ostruzionismo della banca, chiedono pertanto all’Arbitro di disporre la conclusione dell’istruttoria per la concessione del mutuo. In via subordinata, i proponenti
– considerando che “stanno già provvedendo a pagare il debito mediante versamenti [periodici] in misura abnorme e con interessi elevati” – invocano un ridimensionamento delle rate mensili, da ricondurre a misura congrua alle proprie condizioni economiche; al contempo, chiedono di dichiarare compensato, con quanto già pagato a titolo di “interessi elevati [...] ma non dovuti”, il residuo debito derivante dagli affidamenti accesi.
Alle contestazioni replica la convenuta. L’istituto di credito osserva, prima di tutto, come, a seguito di richiesta dei ricorrenti volta alla concessione di un mutuo, il tecnico incaricato della valutazione dell’immobile effettuò sopralluogo e nel mese di aprile 2013 rilasciò il rapporto di xxxxxxx – allegato alle controdeduzioni –, certificando che il fabbricato non era “immediatamente utilizzabile”. Il perito, altresì, non attribuiva alcun valore di mercato prudenziale ai fini fondiari. Precisa l’intermediario che, non avendo l’immobile in questione l’agibilità, non poteva essere istruita la pratica di mutuo. “Al fine di agevolare i clienti”, che si erano impegnati a svolgere quei lavori di manutenzione/ristrutturazione necessari all’ottenimento dell’agibilità sul bene oggetto di investimento e per consentire loro di “far fronte agli impegni assunti con il venditore”, fu concessa agli istanti, “dietro loro espressa richiesta”, un’apertura di credito in conto corrente, dell’importo di euro 35.000,00, con scadenza al 30 ottobre 2013, “termine entro il quale avrebbero effettuato i lavori necessari”. Alla scadenza del 30 ottobre non era stato effettuato alcun tipo di intervento sull’immobile. L’affidamento fu quindi prorogato al 31 dicembre 2013, su richiesta dei clienti, con l’intesa che entro tale data si sarebbero dovuti effettuare i lavori programmati per la sistemazione del fabbricato. Decorso senza novità il termine del 31 dicembre 2013, la filiale chiese l’autorizzazione agli organi deliberanti per una linea temporanea “a fronte dello sconfinamento non rientrato” e, contestualmente, propose una nuova perizia con conferimento incarico nel febbraio 2014 e sopralluogo effettuato nel marzo successivo. Dal documento in atti rilasciato dal tecnico emerge come “nessun lavoro fosse stato eseguito”. A fronte di tale situazione la posizione riceveva valutazioni negative sia interne alla banca, che dalla compagnia assicurativa. A causa del mancato rientro negli obblighi contrattuali derivanti dall’apertura di credito, nonché del mancato perfezionamento dei lavori necessari per ottenere l’agibilità dell’immobile, l’istituto intimava alle controparti, in data 14 agosto 2014, il pagamento del dovuto, cui fece seguito la sottoscrizione di un piano di rientro, poi non rispettato dai ricorrenti, tanto da indurre la resistente a segnalare la posizione in vertenza alla struttura di recupero del credito. Xxxxxxx, inoltre, la convenuta che, come dimostrano gli allegati estratti conto al 31 dicembre 2014 e al 31 dicembre 2015, i proponenti non hanno mai provveduto “ad alcun versamento cui si erano impegnati”. Nel merito, aggiunge la convenuta, che i clienti giudicano non fondate le perizie effettuate in aprile 2013 e in marzo 2014. Per opporsi a tali valutazioni peritali, i ricorrenti esibiscono una “attestazione” – datata 26 marzo 2013, quindi prima del rapporto intercorso con la banca – di un geometra che, però, in nessuna parte del documento afferma l’agibilità dell’immobile, bensì attesta la possibilità di ampliamento “solamente in base alle leggi Regional[i]” e che lo stesso era utilizzato dalla parte venditrice e dal marito “come abitazione di campagna”. Tutto ciò premesso, la resistente ritiene che nessuna responsabilità o violazione possa essergli contestata, e chiede dunque all’Arbitro il rigetto di ogni pretesa prospettata dalle controparti.
DIRITTO
Rileva anzitutto il Collegio che le domande avanzate dai ricorrenti sono, di fatto, riconducibili a una richiesta principale, ossia “concludere l’istruttoria avviata per la concessione del mutuo”, e a un’istanza subordinata – “in caso di denegato mutuo” –, concernente il ridimensionamento delle rate mensili versate a fronte delle prorogate aperture di credito, da ricondurre a misura congrua alle condizioni economiche dei proponenti; al contempo, i clienti, sempre in via subordinata, chiedono all’Arbitro di dichiarare compensato, con quanto già pagato a titolo di “interessi elevati [...] ma non dovuti”, il residuo debito derivante dagli affidamenti.
Ciò posto, si osserva preliminarmente che la concessione o il diniego di una richiesta di finanziamento comportano una valutazione discrezionale riservata agli istituti di credito, ove una conclusione diversa finirebbe per violare la libertà di iniziativa economica degli intermediari creditizi, riconosciuta dall’art. 41 della Costituzione, ossia la scelta di addivenire o meno alla conclusione dell’accordo (v., tra le altre, Decisione del 23 marzo 2011, n. 590).
Nel caso di specie, inoltre, non si rinvengono in atti elementi idonei a integrare ipotesi di responsabilità precontrattuali della banca resistente nello svolgimento delle trattative con i clienti. Questa ha, infatti, espressamente chiarito ai ricorrenti – come peraltro dagli stessi affermato in ricorso –, le valutazioni di merito creditizio in base alle quali ha ritenuto di non accogliere la richiesta di mutuo presentata dagli istanti, rispetto alle quali peraltro non si evincono profili di illegittimità. Dai fatti così come ricostruiti dalle parti emerge, al contempo, la sollecitudine con cui l’intermediario ha accolto, al momento del rogito, la richiesta di apertura temporanea di credito, venendo così incontro alle esigenze di parte attrice di disporre di una transitoria provvista, sufficiente per realizzare i lavori necessari a garantire l’agibilità del fabbricato e sbloccare l’istruttoria di mutuo, nonché a far fronte agli impegni assunti con il venditore.
Quanto, poi, alla richiesta di riduzione degli oneri derivanti dall’apertura di credito, ritenuti dai clienti di “misura abnorme e con interessi elevati”, osserva, in primo luogo, il Collegio, come non sia rinvenibile nell’ordinamento – al di fuori di alcune ipotesi eccezionali che non riguardano tuttavia il caso di specie – un diritto in favore del mutuatario di fruire di rinegoziazioni di finanziamenti bancari. Come più volte precisato da questo Arbitro, la modifica dei termini del contratto non può, pertanto, prescindere dal consenso della banca, nella veste di controparte contrattuale (v., tra le altre, Dec. del 20 aprile 2015, n. 3063).
Con riferimento al caso di specie, deve ulteriormente osservarsi che, dalla documentazione disponibile, non si evincono profili di illegittimità nel comportamento dell’istituto quanto alle condizioni economiche pattuite nei contratti di apertura di credito. Come eccepito dalla resistente, peraltro, i clienti, in ricorso, si limitano a formulare “una apodittica petizione circa gli interessi elevati pagati, ma non dovuti”, senza spiegare e tanto meno documentare la presunta illegittimità di tali interessi.
In relazione a quanto precede, il ricorso non può, pertanto, essere accolto.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio respinge il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1