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Cinque e Soci s.r.l. - Società tra avvocati
Newsletter n. 6_2018
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1. DIRITTO DEL LAVORO. IL DECRETO «DIGNITA’» APPRODA IN PARLAMENTO PER LA DISCUSSIONE. CONTRATTI A TERMINE: COSA CAMBIA
2. DIRITTO DEL LAVORO. LICENZIAMENTO PER GMO: LA VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI REPECHAGE, SE NON ECCESSIVAMENTE ONEROSA, COMPORTA LA REINTEGRA NEL POSTO DI LAVORO.
3. APPALTI PUBBLICI. ILLECITA MANCATA AGGIUDICAZIONE DI UNA GARA
PUBBLICA, RISARCIBILI IL MANCATO PROFITTO E IL DANNO CURRICOLARE
4. LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLA PA. WHISTLEBLOWING: NON SCRIMINANTE LE INVESTIGAZIONI ABUSIVE DEI DIPENDENTI
5. DIRITTO DELLA SOCIETA’. FINANZIAMENTO PARTCIPATIVO DEL NUOVO SOCIO E VALIDITA’ DEGLI OBBLIGHI DI MANLEVA A CARICO DEI VECCHI SOCI
6. FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI. PREDEDUZIONE FALLIMENTARE, NON SPETTA IN CASO DI FINANZIAMENTO «PONTE» IN VISTA DELLA DOMANDA DO CONCORDATO
1. DIRITTO DEL LAVORO. IL DECRETO «DIGNITA’» APPRODA IN PARLAMENTO PER LA DISCUSSIONE. CONTRATTI A TERMINE: COSA CAMBIA
Decreto legge «Dignita’» n. 87 del 12 luglio 2018
L’esame del decreto legge 12 luglio 2018 n. 87 (cd. Decreto «Dignita’») da parte delle Commissioni riunite Lavoro e Finanza non ha prodotto modifiche particolarmente significative sul piano della disciplina dei contratti a termine.
E’ stato in primo luogo inserito un regime transitorio in base al quale la nuova disciplina dovrebbe applicarsi ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, ossia dal 14 luglio 2018. Le proroghe e i rinnovi contrattuali seguiranno invece la nuova disciplina a partire dal 31 ottobre 2018.
Da altra angolazione il superamento del limite dei 12 mesi per il primo contratto a termine oppure dei 24 mesi complessivi oppure ancora delle 4 proroghe comporterà la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
2. DIRITTO DEL LAVORO. LICENZIAMENTO PER GMO: LA VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI REPECHAGE, SE NON ECCESSIVAMENTE ONEROSA, COMPORTA LA REINTEGRA NEL POSTO DI LAVORO.
Corte di Cassazione sentenza n. 10435 del 2 maggio 2018
Con la sentenza n. 10435 del 2 maggio 2018 la Corte di Cassazione è intervenuta in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo secondo il regime di cui al novellato art. 18, St. lav., affermando che la verifica del requisito della «manifesta insussistenza del fatto», implicante la condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro, concerne sia le ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa, sia l’impossibilità di collocare altrove il lavoratore e va riferita, sul piano probatorio, ad un’evidente e facilmente verificabile assenza dei suddetti presupposti, a fronte della quale il giudice potrà applicare la tutela reintegratoria ove essa non sia eccessivamente onerosa per il datore di lavoro.
3. APPALTI PUBBLICI. ILLECITA MANCATA AGGIUDICAZIONE DI UNA GARA PUBBLICA, RISARCIBILI IL MANCATO PROFITTO E IL DANNO CURRICOLARE
Consiglio di Stato sentenza n. 3954 del 27 giugno 2018
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3954 del 27 giugno 2018 si è pronunciato sul risarcimento del danno da illegittima aggiudicazione di una gara pubblica, precisando che nel caso in cui la mancata aggiudicazione di una gara pubblica nei confronti della seconda classificata derivi da una condotta illecita della stazione appaltante, il danno economico patito deve essere risarcito per equivalente. Nello specifico si legge che «il risarcimento del danno conseguente al lucro cessante si identifica con l’interesse c.d. positivo, che ricomprende sia il mancato profitto (che l’impresa avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto), sia il c.d. danno curriculare (ovvero il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto)».
Il giudice amministrativo ha rimarcato altresì che è l’impresa danneggiata ad essere gravata dall’onere della «prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria
dell’appalto», nonché quella del danno curricolare in ossequio a quanto disposto dall’art. 2697, cod. civ., che impone al danneggiato di provare il danno patito, e dell’art. 124, d.lgs. n. 104 del 2 luglio 2010, che ammette il risarcimento per equivalente a condizione che il danno sia «subito e provato».
In ultimo il Consiglio di Stato ha aggiunto che l’importo del risarcimento deve «essere maggiorato di rivalutazione monetaria secondo l’indice dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat».
4. LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLA PA. WHISTLEBLOWING: NON SCRIMINANTE LE INVESTIGAZIONI ABUSIVE DEI DIPENDENTI
Cassazione penale sentenza n. 35792 del 26 luglio 2018.
Il dipendente che s’improvvisa investigatore e viola la legge per raccogliere prove di illeciti nell’ambiente di lavoro non può provocare la tutela del Whistleblowing. La protezione prevista dalla legge 30 novembre 2017 n. 179, è destinata solo a chi segnala notizie di un’attività illecita acquisite nell’ambiente e in occasione del lavoro, senza che vi sia alcun obbligo né una tacita autorizzazione ad illecite azioni di indagine.
La Cassazione Penale, con la sentenza n. 35792 del 26 luglio 2018, ha analizzato per la prima volta la norma che regola la segnalazione di illeciti da parte del dipendente pubblico e detta norme a tutela di chi fa emergere fatti antigiuridici appresi svolgendo il suo servizio. La Suprema Corte ha chiarito che tale disciplina, analoga ad altre adottate in ambito internazionale, ha il duplice scopo di delineare un particolare status giuslavoristico a tutela di chi segnala «abusi» e di favorire l’emersione all’interno della PA di fatti illeciti per rafforzare il contrasto alla corruzione. L’articolo 54-bis che ha aggiornato il d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, «salva» il dipendente virtuoso da sanzioni, licenziamenti o discriminazioni collegate alla segnalazione.
La Suprema Corte ha aggiunto che la norma non ipotizza nessun obbligo
«di attiva acquisizione di informazioni, autorizzando improprie attività investigative, in violazione dei limiti imposti dalla legge».
Per valutare la scriminante dell’adempimento del dovere valgono gli
stessi criteri adottati per l’»agente provocatore». E’ giustificata solo la condotta che non si inserisce «con rilevanza causale» nello svolgimento dell’atto criminoso, ma interviene «in modo indiretto e marginale, concretizzandosi prevalentemente in un’attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite altrui».
5 DIRITTO DELLA SOCIETA’. FINANZIAMENTO PARTCIPATIVO DEL NUOVO SOCIO E VALIDITA’ DEGLI OBBLIGHI DI MANLEVA A CARICO DEI VECCHI SOCI
Corte di Cassazione ordinanza n. 17500 del 4 luglio 2018
Ordinanza del 4 luglio 2018 n. 17500 la Suprema Corte ha riconosciuto che è lecito e meritevole di tutela l’accordo concluso tra società di società per azioni, con il quale, in occasione del finanziamento partecipativo di uno di essi, gli altri si obblighino a manlevare il nuovo socio dalle conseguenze negative del conferimento, mediante attribuzione a quest’ultimo del diritto di vendere (c.d. put), entro un determinato termine, e agli altri dell’obbligo di acquistare la partecipazione ad un prezzo prefissato – pari a quello iniziale, con l’aggiunta di interessi sull’importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società – ponendosi il meccanismo sul piano della circolazione delle azioni, piuttosto che su quello della ripartizione degli utili e delle perdite, la cui meritevolezza è insita nell’operazione strategica di potenziamento ed incremento del valore societario.
6. FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI. PREDEDUZIONE FALLIMENTARE, NON SPETTA IN CASO DI FINANZIAMENTO «PONTE» IN VISTA DELLA DOMANDA DO CONCORDATO
Corte di Cassazione ordinanza n. 18489 del 12 luglio 2018
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18489 del 12 luglio 2018, secondo la quale il credito derivante da un finanziamento «in funzione della presentazione della domanda di concordato» (c.d.
«finanziamento-ponte»), concesso dal socio di una società a responsabilità
limitata ammessa al concordato preventivo, poi fallita, non può essere ammesso al passivo in prededuzione.
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