UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
SCUOLA DI DOTTORATO IN SCIENZE GIURIDICHE DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E STORIA DEL DIRITTO
CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO COMPARATO XXIV CICLO
TESI DI DOTTORATO DI RICERCA
L’uniformazione del diritto contrattuale europeo e la responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative
Ius02
Dott.ssa Xxxxxx Xxxxxxxx
TUTOR:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxx
COORDINATORE DEL DOTTORATO:
Xxxxx.xx Prof.ssa Xxxxxxx Xxxxx
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
Sommario
Note introduttive 4
CAPITOLO I
L’UNIFORMAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI 7
1. Il progetto di uniformazione del diritto europeo dei contratti 7
1.1 Esigenza di regole uniformi 10
2. Verso il Common Frame of Reference 13
2.1. La Communication della Commissione Europea del 2001 e i
precedenti interventi del Parlamento Europeo e del Consiglio 13
2.2. La Communication del 2003 e l’Action Plan 16
2.3 Il ridimensionamento dell’azione europea: cenni al dibattito sulla codificazione 19
2.4 Dall’Action Plan al Draft Common Frame of Reference 25
3. Il Draft Common Frame of Reference tra diritto comparato e diritto comunitario 28
4. Problemi strutturali del Draft Common Frame of Reference 30
5. L’evoluzione del progetto di uniformazione del diritto contrattuale
europeo dopo il Draft Common Frame of Reference 34
5.1 Verso uno ‘strumento di diritto europeo dei contratti’ 34
5.2 La nuova consultazione pubblica: la scelta dello strumento
migliore per il diritto europeo dei contratti 39
6. La proposta ufficiale di Regolamento per un “diritto comune europeo
della vendita” (CESL): prime osservazioni 47
CAPITOLO II
LA RESPONSABILITÀ PER ROTTURA INGIUSTIFICATA DELLE
TRATTATIVE NELL’ESPERIENZA EUROPEA 65
1 La responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative nei
principali sistemi giuridici europei 66
1.1 Il sistema italiano 71
1.2 Il sistema francese 83
1.3 Il sistema tedesco 94
1.4 Il sistema inglese 104
2. La responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative nello
spazio giudiziario europeo 123
2.1 Il formante giurisprudenziale 123
2.2 Il formante legislativo 138
3. Osservazioni conclusive 143
CAPITOLO III
LA RESPONSABILITÀ PER ROTTURA INGIUSTIFICATA DELLE TRATTATIVE NEGLI STRUMENTI DI UNIFORMAZIONE DEL DIRITTO
CONTRATTUALE 147
1. L’approccio della proposta di Regolamento per l’adozione di un
Common European Sales Law 147
2. La responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative nel soft law
europeo: il Draft Common Frame of Reference 157
2.1 Il Draft Common Frame of Reference come unione dei Principles of European Contract Law e dei Principi Acquis 157
2.2 Osservazioni in tema di acquis comunitario 168
3. La responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative negli strumenti internazionali di uniformazione del diritto contrattuale: la
Convenzione di Vienna e i Principi Unidroit 177
Conclusioni 189
Bibliografia 193
Note introduttive
A partire dagli anni ottanta lo scenario giuridico europeo è stato caratterizzato da un processo di sistematica armonizzazione del diritto dei contratti; già all’epoca si osservava come “in Europe – as in the world – the mass of unified law has grown considerably during the last decades [and] it is likely to increase in the future”1.
Nell’ultimo decennio lo scenario non è mutato, ed anzi, sembra essere particolarmente aumentato l’interesse istituzionale per la tematica dell’uniformazione del diritto europeo dei contratti; essa viene considerata, dagli organi dell’Unione europea, di importanza strategica per il funzionamento del mercato unico interno. Gli scambi di beni e servizi, infatti, sono ancora regolati per la maggior parte dai singoli diritti contrattuali nazionali; nonostante l'avvenuta armonizzazione, in determinati settori, delle varie legislazioni nazionali in materia, esse continuano a presentare delle differenze che ostacolano pesantemente, a detta della Commissione, le transazioni transfrontaliere e che impediscono un agevole funzionamento del mercato interno europeo.
In questo contesto si inquadra la recente emanazione della proposta di adozione di un Regolamento per un “diritto comune europeo della vendita”, e si sono inquadrati anche i precedenti lavori per la creazione di un “quadro comune di riferimento” nel campo del diritto contrattuale, a livello di soft law.
1 X. XXXXX, “European Contract Law”, in The American Journal of Comparative Law, vol. 31, n. 4, 1983, p. 653.
Il presente elaborato analizza, in primo luogo, l’evolversi del progetto di uniformazione del diritto contrattuale europeo e offre alcune considerazioni sul futuro strumento opzionale per un diritto comune europeo della vendita.
Nel compiere quest’analisi, si è tenuto a mente l’assunto, in tema di mercato interno, per cui “as the term ‘market’ is only a metaphor for the place where contracts are prepared and concluded, one would expect that the vast majority of EC law deals with the preparation and formation of contracts”2.
Lo studio viene effettuato, dunque, prendendo come riferimento la delicata fase delle trattative volte alla conclusione del contratto, ed in particolare l’istituto della responsabilità per la loro ingiustificata interruzione. Si vuole quindi cercare di comprendere se le proposte di uniformazione della fattispecie si possano conciliare con le diverse posizioni nazionali circa la fase delle trattative prenegoziali.
A tal fine, l’elaborato offre un’analisi comparata della fattispecie del recesso ingiustificato dalle trattative nei principali sistemi giuridici europei, con riguardo ad aree di civil law e di common law; si trattano, in particolare, i sistemi italiano, francese, tedesco ed inglese. Viene analizzata, poi, anche la posizione propria dell’Unione europea, con un esame della giurisprudenza e della legislazione rilevante.
Ci si occupa, poi, di studiare quali siano le soluzioni, in tema di rottura delle trattative precontrattuali, adottate nei diversi strumenti di uniformazione europei, e segnatamente, oltre al Common European Sales Law, nel Draft Common Frame of Reference, nei Principles of European Contract Law e negli Acquis Principles.
2 X. XXXXXXX – NÖLKE, “EC Law on the Formation of Contract – from the Common Frame of Reference to the ‘Blue Button’”, in E.R.C.L., 2007, 3, p. 332.
Viene effettuata, infine, una comparazione tra le iniziative europee menzionate e la responsabilità per ingiustificata rottura delle trattative nei progetti di uniformazione del diritto contrattuale a livello internazionale (Convenzione di Vienna e Principi Unidroit).
Dall’analisi comparata delle diverse soluzioni nazionali in tema di rottura ingiustificata delle trattative si arriva a concludere che esiste, a livello operativo, una convergenza degli orientamenti dei sistemi giuridici europei, tanto da potersi affermare l’esistenza di una sorta di common core europeo per i rapporti precontrattuali. Nonostante l’apparente contrapposta posizione del common law, la rilevanza giuridica dei negoziati e la responsabilità derivante da rottura ingiustificata degli stessi non possono essere messe in discussione; restano aperte, tuttavia, alcune questioni fondamentali, quali la natura stessa della responsabilità. La giurisprudenza europea in materia è scarsa; ciononostante essa aiuta a definire la fattispecie, propendendo per una qualificazione della stessa nell’ambito della responsabilità extracontrattuale. L’attenzione si sposta, dunque, come anticipato, sui progetti di uniformazione del diritto contrattuale europeo; si vuole comprendere come venga affrontata la tematica a livello di norme e soft law uniformi, e se gli strumenti esaminati giungano a fare chiarezza sui profili problematici evidenziati dall’indagine comparatistica.
CAPITOLO I
L’UNIFORMAZIONE DEL DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI
1. Il progetto di uniformazione del diritto europeo dei contratti
Nell’ultimo decennio il progetto di creare un diritto comune europeo3 nel settore del diritto contrattuale ha travalicato il formante dottrinale per approdare all’attenzione degli Organi comunitari, che hanno perseguito, e stanno tutt’ora perseguendo, questo obiettivo con una serie di iniziative esplicite e determinate, che si illustreranno in seguito.
Il progetto per lo sviluppo di un Common Frame of Reference del diritto contrattuale europeo,4 in particolare, matura in un contesto caratterizzato da evidenti difficoltà a perseguire una unificazione, o
3 Come scrive X. XXXXX si riscontra “da un lato un diritto europeo “comunitario” (European Community Law), che trova le sue fonti in direttive e regolamenti e dunque nasce per così dire “dall’alto”, nelle sedi istituzionali dell’Unione, attraverso il lavoro delle burocrazie di Bruxelles e le mediazioni politiche che lo accompagnano. Ma c’è, dall’altro lato, un diritto “comune” europeo (European Common Law): un corpo di regole, principi, categorie che non si genera per via di autorità e di burocrazia, bensì nasce “dal basso” per via di elaborazioni intellettuali, di mediazioni culturali, di circolazione e progressiva condivisione di modelli, entro un processo non istituzionalizzato in cui si integrano e interagiscono gli apporti delle diverse “comunità giuridiche” nazionali”. In “Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?”, in Corr. giur., 2009 p. 277.
4 Per un’efficace analisi dello sviluppo del progetto si veda X. XXXXX, “European contract law: the Common Frame of Reference and beyond”, in X. XXXXX-XXXXXXX (a cura di), “The Cambridge companion to European Union Private Law”, Cambridge, 2010, p. 117 e ss.
quantomeno, una armonizzazione delle norme regolatrici dei rapporti fra privati attraverso le tradizionali fonti comunitarie.5
L’incoerenza del quadro legislativo comunitario nel campo del diritto contrattuale europeo era stata più volte sottolineata.6 L’intervento dei giudici dei vari Stati membri aveva aumentato i difetti di coordinamento, le contraddizioni e le incertezze interpretative, generati dai modelli e dalle soluzioni giuridiche proposte dalle diverse direttive comunitarie in materia.7
Al di là del contenuto di questi interventi, quel che era apparsa realmente deficitaria era la loro capacità di riformare le tecniche interpretative e gli strumenti applicativi del diritto privato.8 A prescindere dal loro diretto impatto, infatti, i regolamenti, le direttive e le pronunce della Corte di Giustizia non sembravano essere in grado di modificare le abituali categorie concettuali tipiche dei singoli Stati membri.
Una simile situazione insieme alla necessità di realizzare un mercato unico interno9 caratterizzato dall’eliminazione di ostacoli alla libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, ha rappresentato un forte stimolo per gli Organi comunitari verso la
5 X. XXXX – X. XXXXX, “Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla revisione dell’Acquis Communautaire”, in Riv. dir. civ. 2008, fasc. 2, p. 141.
6 Si veda ad esempio X. XXXXX, “Some features of the law of contract in the third millennium” in X.XXXX - X. XXXXXX, a cura di, “Diritto contrattuale europeo e diritto dei consumatori. L’integrazione europea e il processo civile”, Quaderni di rassegna forense 11, Milano 2003, p. 66 e ss.
7 Sui problemi generati dalla multi-level governance, si veda X. XXXXX XXXXXXX, “Introduction: key features of European Union private law”, in X. XXXXX-XXXXXXX (a cura di), “The Cambridge companion to European Union Private Law”, cit., p. 6.
8 X. XXXX – X. XXXXX, op. cit., p. 142.
9 Obiettivo già fissato chiaramente dall’art. 3, lett. c) del Trattato istitutivo CE, ed oggi ribadito all’art. 26 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
progettazione di un’azione sempre più decisa in direzione di una “europeizzazione” del diritto privato degli Stati membri, valorizzando anche quei progetti di diritto privato europeo inizialmente limitati all’ambito dottrinale.10
Dal punto di vista della legittimità formale, gli interventi comunitari mirati a realizzare un diritto contrattuale europeo troverebbero fondamento negli artt. 115 e 114 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea11, che riconoscono al Parlamento europeo e al Consiglio competenza ad adottare direttive volte al “ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato interno”, oppure ad adottare, in ogni caso, misure volta a consentire tale ravvicinamento.
È stato osservato, inoltre, come anche la competenza attribuita al Parlamento e al Consiglio12 di adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, possa avere un impatto ai fini dell’armonizzazione del diritto privato europeo.13
10 X. XXXX – X. XXXXX, op. cit., p. 143.
11 Che riprendono il testo dei vecchi artt. 95 e 94 del Trattato istitutivo CE.
12 Dagli artt. 67 e 81 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
13 X. XXXX – X. XXXXX, op. cit., p. 144.
Per un esame delle opinioni contrastanti sulla competenza dell’Unione in materia di uniformazione del diritto contrattuale si veda oltre in questo Capitolo, in sede di analisi delle possibili iniziative da intraprendere.
1.1 Esigenza di regole uniformi
I lavori diretti alla realizzazione di un vero e proprio “quadro comune di riferimento”, come detto, sono stati dettati dalla necessità di avere regole uniformi nel settore dei contratti, per una serie di motivi illustrati qui di seguito, che emergono chiaramente sia dalle opere della dottrina14, sia dagli stessi documenti delle Istituzioni comunitarie di cui si parlerà più avanti.
- Facilitazione dei traffici transfrontalieri. Sia all’interno che all’esterno dell’Europa vi è un crescente riconoscimento della necessità di misure di armonizzazione volte ad eliminare le differenze delle legislazioni nazionali che creano ostacolo ad uno sviluppo efficiente della circolazione di beni e servizi all’interno dell’Europa. Tali misure di armonizzazione dovrebbero conferire particolari benefici ai soggetti che stipulano contratti nell’ambito di affari che si svolgono in Stati diversi, e dovrebbero dare agli stessi la possibilità di contrattare facendo riferimento ad un complesso di regole che trovino applicazione uniforme nei territori dei vari Stati (senza l’influenza delle interpretazioni tipiche degli ordinamenti di riferimento) disponibili in lingue delle quali almeno una delle parti è a conoscenza, e che gradualmente dovrebbero divenire, per coloro che le usano, sempre più consuete delle singole legislazioni
14 Si vedano ad esempio X. XXXXXXXXXX, “Introduzione”, in “Principi di diritto europeo dei contratti”, Milano, 2001, p. 11 e X. XXXXXXX, “Codification of Private Law in the European Union. The making of a hybrid” in Europ. rev. priv. law, 2001, 35 e ss.
La riportata classificazione dei fattori che stimolano la creazione di regole uniformi nel settore del diritto dei contratti viene effettuata da X. XXXXXXXXXX con riferimento alla formulazione dei Principi di diritto europeo dei contratti (PECL), ma per affinità e pertinenza pare conveniente citarla, in questa sede, in relazione alla creazione del quadro comune di riferimento (CFR).
nazionali dei vari Stati con i quali essi intrattengono relazioni d’affari.15
- Rafforzamento del mercato unico europeo. L’uniformazione dei principi in tema di diritto dei contratti risulta di particolare importanza per il corretto funzionamento del mercato unico europeo.16 Essa consentirebbe di superare gli ostacoli ai traffici e le distorsioni del mercato che possono derivare dalle diversità nelle legislazioni nazionali degli Stati membri e che condizionano i rapporti economici nell’ambito europeo.17
- Creazione di una struttura normativa per il diritto comunitario dei contratti. La produzione normativa dell’Unione Europea è particolarmente sviluppata nel campo dei contratti: numerose sono state le direttive emanate in questa materia volte all’armonizzazione di alcuni specifici settori18. Tuttavia non esiste un sistema di norme generali sui contratti che faccia da base di riferimento a questi interventi particolari dell’Unione. Al momento vi sono notevoli divergenze tra gli ordinamenti degli Stati membri nella disciplina del contratto in generale, anche in materie importanti come la formazione, la validità quanto alla forma e al
15 X. XXXXXXXXXX, “Introduzione”, in “Principi di diritto europeo dei contratti”, Milano, 2001, p. 11.
16 V. in tema X. XXXXX – XXXXXXX, op. cit., p. 5, che spiega come il diritto privato dell’Unione europea “is used to build and regulate the internal market. Consequently, measures adopted by the EU have a very clear economic purpose”.
17 V. per la legislazione e le politiche in tema di mercato interno xxxx://xxxxxx.xx/xxx/xxxxx/xxxxx_xx.xxx e il sito ufficiale del commissario europeo per il mercato interno xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx_xxxxxx/xxxxx_xx.xxx.
18 V. per tutte la recente Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, che modifica o abroga le principali precedenti direttive in materia (e in particolare la Direttiva 85/577/CEE sui contratti negoziati fuori dai locali commerciali, la Direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, la Direttiva 97/7/CE sulla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza e la Direttiva 1999/44/CE sulla vendita e la garanzia dei beni di consumo).
contenuto, gli effetti sostanziali, le tutele per l’inadempimento e i presupposti in presenza dei quali l’inadempimento non genera responsabilità. Manca altresì una terminologia comune. Senza un corpo di principi comuni di diritto dei contratti, che fornisca una base sulla quale possano fondarsi le misure di armonizzazione dei singoli settori, l’effetto dei provvedimenti volti a realizzare l’integrazione giuridica europea nei contratti commerciali e coi consumatori è destinato ad essere significativamente indebolito. 19
- Un ponte tra civil law e common law. Uno dei problemi più difficili dell’integrazione giuridica europea è quello di coniugare sistemi di civil law e sistemi di common law. È evidente che vi siano divergenze significative anche all’interno degli ordinamenti di civil law; è altresì vero che in molti casi problemi comuni vengono risolti in maniera molto simile dai vari ordinamenti, a qualunque famiglia essi appartengano: ma restano differenze fondamentali tra gli ordinamenti di civil law e quelli di common law quanto a struttura del sistema e modelli di ragionamento, terminologia, concetti fondamentali, classificazioni e politica del diritto.20 Per fare un esempio (tra le materie che formano oggetto del Common Frame of Reference) si pensi proprio alla responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative precontrattuali.21 Discrepanze di questo genere sono d’ostacolo ad un corretto funzionamento del mercato unico europeo. Tra i vantaggi che un corpus di regole comuni ai vari Stati europei può procurare vi dunque è quello di approntare un ponte tra civil law e common law attraverso regole in grado di conciliare il loro diverso modo di concepire il diritto.22
19 X. XXXXXXXXXX, op. e loc. cit. 20 X. XXXXXXXXXX, op. e loc. cit. 21 Su cui si veda il Capitolo II.
22 X. XXXXXXXXXX, op. e loc. cit.
2. Verso il Common Frame of Reference
2.1. La Communication della Commissione Europea del 2001 e i precedenti interventi del Parlamento Europeo e del Consiglio
L’avvio dei lavori sul Common Frame of Reference risale al luglio 2001 quando la Commissione Europea ha pubblicato la “Communication on European Contract Law” [COM (2001) 398]23.
All’epoca vi erano già state delle risoluzioni del Parlamento Europeo24 che avevano incoraggiato lavori diretti all’elaborazione di un “Codice europeo di diritto privato”25 e ad una “maggiore armonizzazione del diritto civile” (Risoluzione A2-157/89, Risoluzione A3-0329/94 e Risoluzioni B5-0228,0229,0239/2000); in particolare con la risoluzione del 1994, il Parlamento europeo ha ribadito la Risoluzione assunta nel 1989, concernente
23 Su di essa, così come sulle Risoluzioni del Parlamento europeo di cui oltre, si veda S. D. XXXXXXXXXXXX, “The Commission Communication on European contract law and its follow-up”, in XXXXXXXXX – X. XXXXXX, a cura di, “An academic green paper on European contract law”, The Hague, 2002.
24 Come notano X. XXXX e X. XXXXX (in “Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla revisione dell’Acquis Communautaire”, cit., p.
148) a queste Risoluzioni va attribuito un alto significato politico e culturale, in quanto attestano una chiara e manifesta volontà del Parlamento europeo, unica Istituzione comunitaria elettiva e per questo più legittimata sul piano democratico, di percorrere “l’irto e insidioso cammino verso l’armonizzazione del diritto privato europeo”.
25 È molto chiara l’intenzione del Parlamento di pervenire alla redazione di un codice; anche parte della dottrina è orientata in tal senso, si veda ad esempio X.XXX XXX, “From principles to codification: prospects for European private law” in X. XXXX-X. XXXXXX, “Diritto contrattuale europeo e diritto dei consumatori”, Quaderni di rassegna forense 11, Milano 2003, spec. 43; secondo X. XXXXXXXXXX, in “I <Principi di diritto europeo dei contratti> e l’idea di codice” in R. d. comm., 1995, p. 23, l’espressione “codice civile” sarebbe usata, invece, dal Parlamento europeo in senso generico.
“l’armonizzazione di taluni settori del diritto privato negli Stati membri”, auspicando altresì proposte per un’armonizzazione più completa a lungo termine. La motivazione di questa iniziativa è illustrata nei “considerando” in cui si precisa, da un lato, che la Comunità ha già proceduto all’armonizzazione di alcuni settori del diritto privato, e, dall’altro, che un’armonizzazione progressiva è essenziale per la realizzazione del mercato interno.26
Erano già state promulgate, altresì, delle richieste del Consiglio Europeo (Tampere 1999) per uno “studio globale” sul bisogno di armonizzazione del diritto civile degli Stati Membri, “con riguardo al diritto sostanziale (…) per eliminare gli ostacoli al buon funzionamento dei processi civili”.
Tornando ai lavori della Commissione, con la Communication dell’11 luglio 2001 [COM (2001) 398], vengono mossi i primi passi concreti per indagare le modalità attraverso cui perseguire il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri auspicato dal Parlamento, individuando quale settore di regolamentazione il diritto contrattuale.27 In tale documento è contenuto un questionario, rivolto a tutti i possibili interessati, per “raccogliere informazioni sulla necessità di un’azione comunitaria incisiva nel settore del diritto contrattuale”, rendendo nota la consapevolezza della insufficienza dell’approccio selettivo e delle tecniche legislative sino ad allora adoperate. La Commissione ha identificato e sottoposto a valutazione pubblica quattro diversi livelli di possibile azione28:
26 X. XXXX - X. XXXXXXX, “Lezioni di diritto private europeo”, Padova, 2007, p. 24.
27 X. XXXX - X. XXXXX, “Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla revisione dell’Acquis Communautaire”, cit., p. 151.
28 Sulle varie opzioni si veda X. XxXXXXXXXX, “Harmonisation of European contract law: the state we are in”, in X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXXX, a cura di, “The harmonisation of European European contract law. Implications
I) nessun tipo di azione comunitaria, lasciando la soluzione dei problemi al mercato e confidando, così, in un certo grado di “armonizzazione blanda”, indotta presumibilmente dalle conseguenze delle evoluzioni in campo economico;
II) promozione dello sviluppo di principi comuni di diritto dei contratti non vincolanti - che dovrebbero portare ad una maggiore convergenza dei diritti nazionali - che le parti contraenti, i giudici e i legislatori potrebbero tuttavia prendere in considerazione nella stipulazione di contratti, risoluzione di controversie e emanazione di nuove leggi, confidando che possa formarsi nel tempo un diritto consuetudinario sulla base di un’applicazione prolungata e continuata di tali principi;
III) miglioramento della qualità della legislazione comunitaria esistente (acquis), mediante la semplificazione dei testi, il loro coordinamento la loro riformulazione con termini più chiari e comprensibili;
IV) adozione di una nuova legislazione globale a livello comunitario, per mezzo di un regolamento, un direttiva o una decisione, a seconda del grado di armonizzazione stabilito.
In seguito all’emanazione della “Communication on European Contract Law”, studiosi e professionisti hanno illustrato alla Commissione i loro progetti per un diritto contrattuale europeo mettendo peraltro in luce i suoi possibili difetti.29
for European private laws, business and legal practise”, Oxford e Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
29 X. XXXXX – X. XXXXXXX NOLKE, “The Action Plan on a more coherent European Contract Law: Response on behalf of the Acquis Group”, pubblicato nel sito ufficiale del Research Group on existing EC private law (Gruppo Acquis) xxx.xxxxxx-xxxxx.xxx.
La Commissione ha poi preso coscienza dei lavori (di gruppi di dottrina) già svolti e ha raccolto informazioni e punti di vista sulle opzioni da lei proposte nella Communication. La Comunicazione del 2001 ha avuto grande riscontro da parte dei governi degli Stati membri e di ampi settori del mondo produttivo, associativo, professionale ed accademico. Grande favore è stato accordato alla proposta di migliorare l’attuale normativa comunitaria in materia contrattuale; un buon riscontro ha avuto anche la proposta di predisporre un quadro di principi uniformi da offrire alla libera scelta degli operatori economici.30
Merita di essere segnalato31 il Parere del Comitato economico e sociale del 17 luglio 200232 che sottolinea l’opportunità di procedere alla creazione di un diritto contrattuale europeo uniforme attraverso lo strumento regolamentare, pervenendo dapprima a una soluzione opt-in (strumento vincolante solo se liberamente scelto dalle parti) e solo successivamente, nel lungo periodo, a uno strumento opt-out (vincolante in assenza di contraria manifestazione di volontà dei contraenti).
2.2. La Communication del 2003 e l’Action Plan
Il successivo documento istituzionale rilevante è rappresentato dalla Communication del 12 febbraio 2003 [COM
30 G. ALPA-X. XXXXX, op. cit., p.153.
31 In particolare perché già in linea - e si trattava dell’anno 2002 - con gli attuali dibattiti in seno alla Commissione europea e all’ambito dottrinale, sulle azioni da intraprendere oggi nel campo del diritto contrattuale europeo.
32 Parere del Comitato economico e sociale in merito alla “Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo” ECOSOC INT/117 Diritto contrattuale europeo, in GUC C 241 del 7.10.2002.
(2003) 68]33, con la quale la Commissione ha riferito sulle reazioni alla propria proposta contenuta nella Communication del 2001 ed ha dettato il cosiddetto Action Plan, al fine di sollecitare indicazioni più concrete in direzione di una “maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo”.
Come sottolineato in dottrina34, questo documento testimonia la consapevolezza, maturata in seno alla Commissione, della necessità che gli obiettivi dell’applicazione uniforme del diritto contrattuale europeo e del buon funzionamento del mercato siano perseguiti non solo attraverso i tradizionali strumenti normativi, ma ricorrendo altresì a strumenti non normativi (come autoregolamentazione, accordi settoriali volontari, campagne di informazione, metodi di coordinamento aperto, etc..35).36
Il nucleo del “piano d’azione” menzionato, infatti, è rappresentato proprio dallo sviluppo di un “Common Frame of Reference”, in cui racchiudere principi, concetti e termini comuni nel campo del diritto contrattuale europeo.
Come si deduce dal titolo stesso della Communication del 2003 (“A more coherent european contract law: an action plan”) l’intento è quello di assicurare una maggiore coerenza dell’acquis esistente e futuro nell’area del diritto contrattuale, stabilendo principi e terminologie comuni.
33 Si veda su di essa X. XXXXXXXXX, “The European Commission’s Action Plan: Towards a more coherent European contract law?” in Europ. Rev. priv. law, 2004, 12, p. 397.
34 Cfr. X. XXXX – X. XXXXX, op. cit., p. 154.
35 Un’analisi dettagliata di questi strumenti è contenuta nella citata Comunicazione delle Commissione intitolata “Piano d’azione: semplificare e migliorare la regolamentazione”.
36 Sul ruolo svolto dal soft law nell’attuale prospettiva di mercato globale cfr.
X. XXXXX, “Codici etici e attività di impresa nel nuovo spazio globale di mercato”, in Contratto e impr., 2006, 108 ss.
Il CFR, ai sensi di quanto stabilito dalla Commissione nell’Action Plan, vuole rappresentare, nell’immediato, una sorta di guida o di “cassetta degli attrezzi” (“toolbox”), in dotazione al legislatore comunitario impegnato nella revisione dell’acquis.37 La Commissione non esclude, infatti, la possibilità di continuare a utilizzare l’approccio normativo settoriale, pur rimarcando la necessità di accrescere “la coerenza dell’acquis comunitario nel campo del diritto contrattuale” al fine di giungere “all’applicazione uniforme della normativa comunitaria” nonché a un corretto funzionamento “delle transazioni transfrontaliere e, con ciò, al completamento del mercato interno”.
In prospettiva più ampia, il CFR, oltre a contribuire a migliorare la qualità della legislazione in vigore attraverso una “modernizzazione” degli strumenti esistenti, potrebbe costituire il fondamento di un eventuale futuro strumento opzionale non settoriale, particolarmente adatto ai contratti transfrontalieri, nell’ambito del mercato interno, per professionisti, grandi imprese, piccole e medie imprese e consumatori.38
Il CFR, nell’opinione della Commissione, deve costituire un documento accessibile a tutti: agli operatori economici, ai legislatori di paesi dell’Unione e, in caso, anche ai legislatori di paesi terzi.39
Il Common Frame of Reference dovrebbe contribuire anche alla costruzione di una scienza giuridica sovranazionale (circostanza da
37 VON BAR et al., “Introduction”, in “Principles, Definitions an Model Rules of European Private Law. Draft Common frame of reference”, a cura di Xxx Xxx et al., Xxxxxxx, 0000.
38 Cfr. X. XXXXX, “Verso il diritto privato europeo? Il Quadro comune di riferimento nel conflitto tra diritto comunitario e diritti nazionali”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 4, p. 1097.
39 X. XXXX – X. XXXXX, op. cit., p. 155.
molti considerata irrinunciabile per lo sviluppo di un diritto privato europeo) ed alla sua maturazione e diffusione. 40
Al fine di promuovere una procedura di consultazione quanto più possibile trasparente, la Commissione ha richiesto inoltre ai portatori di interesse (i c.d. stakeholders di cui si trova elenco nell’allegato I alla Communication del 2003) commenti sulle tematiche in questione.
2.3 Il ridimensionamento dell’azione europea: cenni al dibattito sulla codificazione
Dalla Communication del 2003 traspare il fatto che la Commissione cerchi di imprimere al processo volto all’uniformazione del diritto europeo dei contratti una direzione di marcia più “prudente” rispetto a quella da molti auspicata. Il CFR viene definito, come detto sopra, “toolbox”, o in altri termini, una sorta di “armamentario concettuale-normativo da cui estrarre gli utensili necessari a procedere alla revisione dell’attuale acquis, alla introduzione di nuove regolamentazioni, alla elaborazione di condizioni e clausole standard e, in una prospettiva temporale di più lungo termine, alla progettazione di un <codice civile europeo>”.41
Come è stato osservato42 (e come poi effettivamente succederà), il lavoro di redazione del CFR sembra porre in realtà le premesse per l’adozione di uno strumento opzionale, e l’idea della creazione di un
40 X. XXXXX, op. cit., p. 1098.
41 X. XXXX – X. XXXXX, op. cit., p. 157.
42 X. XXXX, in “Diritto privato comparato”, a cura di X. XXXX, M.J. XXXXXX et al., Bari, 2008, p. 296.
vero e proprio Codice Civile europeo viene, se non abbandonata, quantomeno allontanata in termini temporali.
Merita qui accennare al dibattito scientifico-accademico ed economico-comunitario acceso da anni sull’opportunità di adottare un Codice Civile unico per tutti gli Stati Membri.
Si è già visto come il Parlamento europeo, con le due risoluzioni del 1989 e del 1994 sopra menzionate, abbia da subito sostenuto la necessità di una codificazione europea. Anche tra gli accademici europei si individua una corrente a sostegno del Codice Civile unico.43 Gli argomenti dei codificatori sono in parte mutuati dall’analisi economica del diritto: il Codice rappresenterebbe l’unico strumento in grado di ridurre costi di transazione ed esternalità.44 I costi di transazione sono i costi connessi ad ogni contrattazione45: i costi in denaro sostenuti per l’assistenza legale, i costi da sopportare in caso di mancato rispetto dell’accordo, e tutti quei
43 Oltre a C. VON BAR, “From principles to codification: prospects for European private law” cit. supra, tra le varie posizioni, più o meno sfumate, si vedano: X. XXXXXXX, “Why Europe needs a Civil Code: European identity and the Social Market”, in “Liber Amicorum Xxxxx Xxxx. Private Law beyond the National Systems”, London, 2007; X. XXXXX, “Some features of the Law of Contract in the Third Millennium”, in Scandinavian Studies in Law, 2000, 40, p. 343; X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXXX, a cura di, “The Harmonization of European Contract Law. Implications for European Private Laws, Businesses and Legal Practice”, cit.; A. S. XXXXXXXX et al., a cura di, “Towards a European Civil Code”, Njimegen, 2004; X. XXXX, “European Community Resolutions and the Codification of Private Law”, in Europ. rev. priv. law, 2000, 1, p. 3 e ss.; X. XXXXXX LAPUENTE, “The Hypothetical ‘European Civil Code’: Why, How and When?”, in ERA Forum, 2002, p. 89 e ss.
Per una visione d’insieme si veda X. XXXXXXXX FERRARI, “Codice Civile Europeo. Il dibattito, i modelli, le tendenze”, Padova, 2006.
Merita attenzione particolare il progetto di “Codice Europeo dei Contratti” elaborato dall’Accademia dei Giusprivatisti Europei di Pavia e meglio conosciuto come ‘Xxxxxx Xxxxxxxx’, dal nome del maggior esponente della scuola. In tema si veda X. XXXXXXXX, “Per la Redazione di un ‘Codice Europeo dei Contratti’”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, p. 1073 e ss.
44 Questa in particolare la posizione di X. XXXXXX, “Hard Code Now!”, in
Global Jurist Frontiers, 2002, p. 1.
45 Si veda X. XXXXXXXX, “Introduzione all’economia del diritto”, Bologna, 2003.
costi che “precludono o riducono la possibilità di transazioni piane” (“smooth market transactions”)46. A livello europeo i costi di transazione consisterebbero nei costi sostenuti per informarsi sul sistema legale da cui la transazione è regolata. Si pensa quindi al Codice come ad uno strumento tecnico-giuridico in grado di realizzare il completamento del mercato interno e la piena affermazione dei principi di libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali, attraverso il superamento delle diversità normative esistenti tra gli Stati membri e la creazione di un quadro giuridico unico per il mercato interno.
Ma come è stato osservato,47 nella maggioranza dei casi la norma giuridica non è solo una regola tecnica: ad essa conseguono importanti effetti politici e sociali, in merito ai quali debbono essere compiute le dovute scelte in fase di redazione della norma. La creazione di un diritto privato unico in Europa pone quindi profonde questioni ed importanti scelte sui valori che devono andare a governare le relazioni economiche e sociali dei cittadini.
L’insufficienza di attenzione ai valori sociali da parte della Commissione nel processo di creazione di tali regole comuni è stata così segnalata da una parte consistente degli studiosi: dagli ambienti accademici è stato lanciato l’avvertimento di non limitare il processo in corso alla predisposizione di strumenti aventi come unico scopo il completamento del mercato interno, ma di cogliere l’occasione per creare un insieme di norme che attribuiscano anche una connotazione sociale all’Europa.48 Il Codice Civile europeo
46 X. XXXXXX, “A Transaction Costs Approach to the European Code”, in
Europ. rev. priv. law, 1997, 5, p. 537.
00 X. XXXXXXXX XXXXXXX, op. cit., p. 245 e ss.
48 Si vedano i lavori dello Study Group on Social Justice in European Private Law, per tutti: “Social Justice in European Contract Law:a Manifesto”, in European Law Journal, Vol. 10, No. 6, Nov. 2004, p. 653 e ss., pubblicato anche in italiano, “Giustizia sociale nel diritto contrattuale europeo: un manifesto”, in Riv. Crit. Dir. Priv., 2005, p. 99 ss.
viene proposto, dunque, sotto altro punto di vista, come lo strumento principale attraverso il quale potrebbe essere creato un sistema di welfare europeo. Tale corrente accademica auspica la creazione di un diritto comune europeo che assicuri anche forme di giustizia sociale, aventi lo scopo di proteggere la parte debole, sia essa lavoratore, piccola impresa, conduttore o comunque un soggetto con un basso potere negoziale, oltre al riconoscimento in precetti normativi di valori quali l’ambiente, la cultura, le lingue. Questo fine deve essere realizzato attraverso l’avvio di un processo politico nel quale tali ideali di giustizia sociale trovino adeguato riconoscimento. Tale processo deve inoltre condurre ad una maggior partecipazione democratica dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, e quindi, in ultima battuta, dei cittadini europei stessi, in un processo che, invece, è interamente confinato nella mani Commissione europea.49
È stato osservato, infine, come la codificazione costituisca espressione e garanzia di un pensiero giuridico sistematico.50 Il contesto di una norma giuridica consente di giungere a conclusioni circa la sua interpretazione. Il giudice chiamato ad interpretare la norma deve trovare una soluzione radicata nelle norme e nei principi esistenti; egli necessita di flessibilità, che può essere data o da principi generali che integrano le norme rigide, o da un sistema che consenta nuove interpretazioni di norme, o da entrambi. Il diritto privato dell’Unione europea, secondo la dottrina51, scarseggia di questa flessibilità: la codificazione europea
49 Sul dibattito circa la legittimazione dell’Unione Europea a procedere ad una codificazione si vedano X. XXXXXXX, “La codificazione del diritto privato nell’Unione europea: la creazione di un ibrido”, in G. ALPA- X. XXXXXXX (a cura di) “Codice Civile Europeo”, Quaderni di rassegna forense 5, Milano, 2001, p. 167 e ss.; X. XXXXXXXXXX, “Competence and Legitimacy”, in X. XXXXXXX –X. XXXXX (a cura di), “The outer limits of Xxxxxxxx Xxxxx Xxx”, Xxxxxx, 0000; X. XXXXXXXX FERRARI, op. cit., pp. 155-180.
50 X. XXXXXXX, op. cit., p. 178; X. XXXXX, “Codificare: un modo superato di legiferare”, in Xxx. xxx. xxx., 0000, 00, x. 000.
51 X. XXXXXXX, op.cit., p. 178-179.
fornirebbe le basi per un pensiero giuridico sistematico, consentendo la flessibilità necessaria.
I lavori portati avanti per iniziativa della Commissione europea sembrano a questo punto orientati, come detto, alla realizzazione di uno strumento opzionale. Questo cambio di rotta incontra, dunque, l’opinione positiva di quelle correnti dottrinali che si erano schierate contro l’adozione di un codice unico.52
È stato osservato come l’intervento degli organi comunitari abbia finito per rendere evidenti le complesse valenze politiche di un processo di elaborazione che, originariamente, si voleva mantenere sul piano meramente “tecnico”.53 Un’opera di “razionalizzazione unificante dell’esperienza giuridica”54 così complessa non può avere possibilità di essere realizzata - in un contesto comunitario caratterizzato da una realtà sociale ed economica molto variegata e da identità politiche e culturali articolate -55 se non poggia su un quadro politico certo.56 La visione “minimalista” di cui si è fatta portatrice la Commissione, che ha cercato di riportare il progetto del Common Frame of Reference esclusivamente all’obiettivo del
52 Si veda in particolare X. XXXXXXXXXX, “Why a Code is not the best way to advance the cause of European Legal Unity”, in G. ALPA- X. XXXXXXX (a cura di) “Codice Civile Europeo”, Quaderni di rassegna forense 5, Milano, 2001, p. 297 e ss.
53 X. XXXX, in “Diritto privato comparato”, a cura di X. XXXX, M.J. XXXXXX et al., Bari, 2008, p. 298.
54 X. XXXXXXX, “L’Europa dei Codici o un Codice per l’Europa?”, in Riv. crit. dir. priv., 1992, p. 517.
55 Per una riflessione sulle differenze culturali in rapporto all’opera di codificazione europea si veda X. XXXXXX-GREEN, “Cultural Diversity and the Idea of a European Civil Code”, in M. W. HESSELINK (a cura di), “The Politics of a European Civil Code”, Kluwer International law, 2006, p. 71-88.
56 X. XXXX, op. e loc. cit.; X. XXXXXXXX, “Prospettive di un diritto privato europeo: ‘ius commune praeter legem’?”, in Contratto e impresa/Europa, 1999, p. 35 ss.
mercato unico, sarebbe dovuta all’assenza di un quadro costituzionale e di un indirizzo politico definito.57
Il processo di codificazione può avere, a detta della citata dottrina, ricadute benefiche solo nella misura in cui contribuisca alla creazione di una comune identità per tutti coloro che fanno parte dell’Unione europea, agevolando un comune senso di appartenenza. Questo discorso si collega al problema del rispetto, da parte del processo di codificazione, delle singole tradizioni giuridiche e dell’identità nazionale degli Stati membri. La dottrina riconosce come non sia auspicabile che le singole tradizioni giuridiche nazionali, per quanto non siano poi così distanti l’una dall’altra, vengano “schiacciate” in modo da eliminare ogni diversità e differenza. La costruzione di uno spazio giuridico europeo unitario sotto la spinta di processi di uniformazione condotti “a tappe forzate” non può essere accettata:58 la storia insegna come i processi di accentramento imposti dall’alto in modo coattivo comportino, inevitabilmente, l’esplosione di localismi e regionalismi.59 Un obiettivo del genere non sarebbe neppure perseguibile giuridicamente, d’altronde, in quanto “l’Unione Europea rispetta (…) l’identità nazionale” dei suoi Stati membri60.
57 X. XXXX, op. e xxx. xxx.
00 X. XXXX, xx. x xxx. xxx.
59 X. XXXXXX, “La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza”, Bologna, 2002, p. 45 e ss.
60 Art. 4, comma 2, TUE.
2.4 Dall’Action Plan al Draft Common Frame of Reference
Tenuto conto dei numerosi contributi pervenuti in risposta alla consultazione pubblica sopra menzionata, la Commissione ha predisposto una nuova Comunicazione, adottata l’11 ottobre 2004 [COM (2004) 651], intitolata “Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis: prospettive per il futuro”. In essa vengono esaminate le varie “misure” contenute nel piano d’azione del 2003 e vengono definite le linee di sviluppo del progetto di Common Frame of Reference. La Comunicazione del 2004 conferma la strategica importanza attribuita dalla Commissione, come dagli altri organi comunitari, al progetto del CFR.
Per quanto riguarda la programmazione e le modalità organizzative di svolgimento dei lavori del CFR, la Commissione, nell’ambito del suo “sesto programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico”, ha incaricato un gruppo di studiosi (Joint Network on European Private Law) di elaborare il quadro comune di riferimento sotto forma di progetto (da qui il nome “Draft” Common Frame of Reference).
Secondo le direttive della Commissione, il DCFR avrebbe dovuto comprendere definizioni, concetti generali e regole ed essere confezionato tenendo conto (i) del diritto nazionale, incluse la prassi applicativa e la prassi contrattuale, così come (ii) dell’acquis comunitario e (iii) del diritto internazionale rilevante in materia.61
Sono state pubblicate due versioni del DCFR, una prima “interim outline edition” nel 2008 ed una “final outline edition” nel 200962.
61 A. XXXXX, op. e loc. cit.
62 C. VON XXX et al., “Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference”, Xxxxxx, 0000.
Nel testo pubblicato è confluito il lavoro di due gruppi di studiosi che all’interno del Joint Network sono stati incaricati della sua redazione (la “Compilation and Redaction Team”, o CRT).
Da un lato vi è il lavoro dello “Study Group on a European Civil Code”63, l’erede della Commissione Lando che ha predisposto i principi di diritto europeo dei contratti (Principles of European Contract Law, o PECL). Nell’ambito della redazione del DCFR lo Study Group è stato incaricato di rivedere i PECL ricavati dai diritti nazionali, e sviluppare, sulla base del diritto comparato, principi in ulteriori aree del diritto (quali la gestione di affari di altrui e l’arricchimento senza causa, l’acquisto della proprietà di beni mobili, i trusts, la responsabilità extracontrattuale, ecc.) seguendo in ogni caso lo schema dei PECL. 64
Dall’altro lato vi è il lavoro del “European Research Group on Existing EC Private Law” (il c.d. Acquis Group), che ha preparato quelle parti del DCFR basate su principi del diritto privato comunitario esistente.65
Nel DCFR non è stata inclusa la parte riguardante il diritto dei contratti di assicurazione; per questo settore l’Insurance Group (il Project Group “Restatement of European Insurance Contract Law”66) ha sviluppato un progetto oggetto di discussione parallelamente al DCFR.
63 Si veda il sito istituzionale del gruppo, xxx.xxxxx.xxx
64 Sono stati pubblicati, come risultato di questo lavoro, i c.d. PEL, Principles of European law (Study Group on a European Civil Code, “Principles of European law”, Munich 2010).
65 Per i lavori del gruppo si veda xxx.xxxxxx-xxxxx.xxx
66 Per i lavori del gruppo si veda xxxx://xxx.xxxx.xx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxx/.
Non hanno collaborato alla redazione del DCFR altri cinque gruppi facenti parte del Joint Network, incaricati di integrare il lavoro da specifici punti di vista.
Il primo (“Research Group on the economic Assessment of Contract Law Rules”) è tenuto a valutare l’impatto del CFR sul sistema economico, considerando le necessità degli operatori del mercato interno.
Il secondo gruppo (“Common Core Group”) è incaricato di valutare l’applicabilità e la praticabilità dei risultati, ricorrendo all’approccio fattuale.67
Gli altri gruppi (“Association Xxxxx Xxxxxxxx”68, “Société de Législatione Comparée” e “Conseil Supérieur du Notariat”) sono incaricati di concentrarsi sui fondamenti filosofici e culturali del quadro comune di riferimento.
Come si è accennato, alla costruzione del DCFR non hanno collaborato solamente studiosi: un ruolo di primo piano hanno avuto anche i c.d. portatori di interessi (gli stakeholders prima menzionati). Questi ultimi sono costituiti da esperti di associazioni ed istituzioni interessate o condizionate dall’emanazione del CFR,69 e rappresentano prevalentemente il mondo delle imprese e della professione forense. È stato osservato come non siano
67 Il Trento Common Core Project, coordinato da Xxx Xxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx, ha condotto numerose ricerche volte a evidenziare l’esistenza di un diritto privato europeo inteso come un complesso di principi e regole comuni agli ordinamenti dei vari paesi membri. In questo senso si veda X. XXXXXXX – X. XXXXXX, a cura di, “Making European law. Essays on the <Common Core> project”, Quaderni del dipartimento di scienze giuridiche, Trento, 2000. Per le pubblicazioni del Common Core Group, si veda xxx.xxxxxx-xxxx.xxx .
68 Per i lavori dell’associazione si veda xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx.
69 X. XXXXXXX, “The Academic Draft of the CFR and the EC Contract Law”, in “Common Frame of Reference and Existing EC Contract Law”, Munich, 2008, p.5.
rappresentati in realtà i numerosi attori sociali coinvolti dalle scelte di fondo in materia contrattuale70.
3. Il Draft Common Frame of Reference tra diritto comparato e diritto comunitario
L’Action Plan della Commissione ha tenuto in considerazione, per la redazione del Common Frame of Reference, due diversi metodi e gruppi di fonti71: da un lato il metodo comparatistico, seguito già dalla Commissione Lando e fatto proprio dallo Study Group on a European Civil Code, da cui emergono principi comuni agli Stati Membri; dall’altro il metodo di studio dell’acquis comunitario, utilizzato dall’Acquis Group, che analizza il diritto comunitario esistente per trarne principi comuni nell’ambito del diritto contrattuale.
I principi, le definizioni e le regole del Common Frame of Reference, secondo la Commissione, dovrebbero astrarsi da ciascuna di queste “fonti di base”.72
70 A. SOMMA, op. e loc. cit. Secondo l’autore, e come è stato evidenziato nell’introduzione al DCFR da C. VON BAR, è proprio alle istanze di quel mondo che si devono alcune deviazioni dai PECL, e con ciò un ridimensionamento della matrice politico normativa del diritto comune europeo, a favore del sistema valoriale incarnato dal diritto comunitario.
Sul tema si vedano i lavori dello Study Group on Social Justice in European Private Law, sopra menzionato; per tutti “Social Justice in European Contract Law:a Manifesto”, in European Law Journal, Vol. 10, No. 6, Nov. 2004, p. 653 e ss.
71 X. XXXXXXX, op. cit., p. 8
72 Si veda quanto riferito nell’Action Plan dalla Commissione.
È stato osservato come, seguendo le disposizioni dell’Action Plan, il concetto di “diritto dei contratti” che forma oggetto del Common Frame of Reference, differisce da quello espresso e rappresentato dai Principles of European Contract Law.73
Mentre i principi di diritto europeo dei contratti erano basati esclusivamente sulla comparazione dei diritti nazionali, in accordo anche con lo sviluppo del diritto europeo all’epoca, i lavori preparatori del Common Frame of Reference possono ispirarsi largamente anche al diritto comunitario esistente. Il diritto comunitario stabilisce una serie di principi propri, i quali possono essere in accordo con i principi dei diritti nazionali, ma non necessariamente lo sono sempre. Il diritto comunitario copre importanti settori del diritto dei contratti (ad esempio: obblighi precontrattuali, clausole inique, questioni sulla formazione e il contenuto dei contratti, diritto di recesso e rimedi contro l’inadempimento).
Uno degli aspetti postivi del DCFR, ma anche uno dei principali problemi di coordinamento che i suoi autori hanno dovuto affrontare, è proprio la sintesi dei due complessi normativi: (i) il diritto comune europeo ricavato dall’individuazione delle comunanze tra diritti nazionali e (ii) il diritto comunitario.
È stato obiettato da alcuni autori, però, come i due complessi esprimano modelli politico normativi difficilmente conciliabili o, in alternativa, conciliabili solamente ad esito di un’operazione “di facciata”. E ciò esporrebbe al rischio della cancellazione dell’identità culturale dei diritti nazionali, minacciata, più che dal processo di individuazione delle comunanze tra essi, dal loro
“asservimento alle logiche di un’armonizzazione imposta dall’alto”.74
C’è chi ha osservato, d’altro canto, come nel combinare i due complessi normativi il DCFR non si riduca ad una mera compilazione delle due fonti ma sviluppi tra di esse una serie di collegamenti (ad esempio tra doveri precontrattuali e divieto di discriminazione sulla base dell’acquis comunitario da un lato, e rispettivi rimedi basati sui PECL dall’altro lato).75
4. Problemi strutturali del Draft Common Frame of Reference
Dal punto di vista della struttura, il Draft Common Frame of Reference presenta alcune caratteristiche individuate da parte della dottrina come “debolezze metodologiche”:76
- solo alcune parti del Draft Common Frame of Reference sono basate su un confronto comparativo con il diritto comunitario (rappresentato dalle parti tratte dagli ACQP), mentre nella maggior parte delle aree il riferimento al diritto comunitario manca;
- la struttura del Draft Common Frame of Reference (ad esempio il ruolo centrale riconosciuto al diritto generale delle
74 Si veda per tutti X. XXXXXX-GREEN, “Diversità culturale e codice civile europeo”, in “Giustizia sociale e mercato nel diritto europeo dei contratti”a cura di Somma, Torino, 2007, p. 207 ss.
75 X. XXXXXXX, op. cit., p.10. Su questo argomento si veda oltre, nel Cap. III.
obbligazioni) non deriva né dal diritto comunitario esistente, né da una “base convincente di diritto comparato”77.
Contrariamente ai Principles of European Contract Law, così come ai Principi Acquis, il Draft Common Frame of Reference non pone al centro il diritto dei contratti. È stato osservato78 come esso, più che altro, tratti argomenti che appartengono tradizionalmente, secondo i sistemi di civil law, all’area del diritto delle obbligazioni o che collegano il diritto delle obbligazioni al diritto di proprietà.
Questo elemento sembra non implicare un approccio alla materia in linea con i presupposti da cui il progetto ha tratto spunto. Lo sviluppo di una parte generale del diritto delle obbligazioni sembra essere più in sintonia con quanto è definito un costume tipicamente tedesco: quello di “coltivare il gusto per l’astrazione e privilegiare così la precisione del testo a scapito della sua comprensibilità”79.
A fianco del diritto dei contratti, vengono trattate, infatti, fonti di obbligazioni diverse dal contratto: gestione di affari altrui, fatto illecito e arricchimento senza causa; e la final outline edition del 2009 tratta anche alcune vicende relative al diritto di proprietà come il trasferimento di beni mobili, le garanzie mobiliari e il trust.
È stata notata, inoltre, dalla dottrina una discrepanza tra il Common Frame of Reference (inteso secondo quanto previsto dalle linee guida della Commissione) e l’ “Academic” Draft Common Frame of Reference: mentre il Common Frame of Reference dovrebbe fornire un “diritto europeo dei contratti coerente”80 (potendo anche
77 X. XXXXXXX, op. e loc. cit.
78 X. XXXXXXX, op. e loc. cit.
79 X. XXXXX, “The structure and legal values of the Common Frame of Reference”, in E.R.C.L., 2007, P. 249.
includere, per questo motivo, nella trattazione alcune aree del diritto contigue al diritto dei contratti) il Draft Common Frame of Reference “accademico” va ben oltre questo obbiettivo: addirittura c’è chi si è chiesto se il testo così creato non possa costituire un “framework for the complete European private law”.81
Inoltre, una serie di materie che non sono contenute nel DCFR appartengono a materie centrali del diritto privato europeo e potrebbero essere di maggiore importanza per il mercato interno rispetto a materie come la gestione di affari altrui. Ma l’espansione oltre il diritto dei contratti effettuata dal DCFR sembra seguire principalmente gli schemi classici di civil law ed il concetto di codice civile sviluppatosi nel diciannovesimo secolo nelle tradizioni nazionali di alcuni Stati membri.82
Con una simile espansione il Draft Common Frame of Reference tratta argomenti in cui i principi dell’acquis comunitario devono ancora essere studiati in dettaglio, così come argomenti in cui tali principi non esistono ancora. Questo porta ad una incoerenza metodologica nel progetto, dal momento che alcune parti attingono dalla combinazione dei Principi Acquis e degli studi comparatistici, mentre la maggior parte degli argomenti non seguono questo approccio metodologico ma sono ricavati solo da studi comparatistici basati sui diritti nazionali, che si sono conclusi con l’inclusione del testo dei Principles of European Law, sopra menzionati, nel testo del Draft Common Frame of Reference.83
Il libro II del Draft Common Frame of Reference, ad esempio, è il risultato di questo particolare metodo che combina i Principi Acquis e i principi che risultano dagli studi basati sui diritti nazionali. Alcune parti di questo libro, come i doveri
81 X. XXXXXXX, op. cit., p. 11.
82 X. XXXXXXX, op. e loc. cit.
precontrattuali e il diritto di recesso, sono basate principalmente sul diritto comunitario esistente (ma allo stesso tempo collegate alle regole derivanti dai Principles of European Contract Law). Anche per quanto riguarda la formazione, il contenuto e gli effetti del contratto i Principi Acquis sono stati tenuti in considerazione nei rispettivi capitoli, pur se si tratta di capitoli maggiormente basati sulla struttura dei Principles of European Contract Law.
Al contrario invece, il libro III del Draft Common Frame of Reference sembra essere basato quasi esclusivamente sui principi che sono derivati dalla rivisitazione dei Principles of European Contract Law. Inoltre, il libro in questione sembra non riferirsi assolutamente al diritto comunitario esistente, nemmeno in materie, come l’adempimento e i rimedi contro l’inadempimento, riguardo alle quali la direttiva sulla vendita al consumatore ed altre direttive comunitarie contengono ampio materiale da cui sarebbe possibile trarre spunto. È stato osservato come in questo settore, ad ogni modo, i PECL e l’acquis comunitario sono parzialmente conformi, in quanto entrambi non si discostano dai principi espressi nella Convenzione delle Nazioni Unite per la vendita internazionale, per cui il problema sembra essere in parte arginato.84
5. L’evoluzione del progetto di uniformazione del diritto contrattuale europeo dopo il Draft Common Frame of Reference.
5.1 Verso uno ‘strumento di diritto europeo dei contratti’.
A seguito della pubblicazione del Draft Common Frame of Reference, l’azione degli organi comunitari in direzione dell’uniformazione del diritto europeo dei contratti non si è fermata. Nel programma di Stoccolma per il 2010-201485 viene affermato che lo spazio giudiziario europeo deve contribuire a sostenere l’attività economica all’interno del mercato unico. In questo programma viene invitata la Commissione europea a presentare una proposta sul Quadro Comune di Riferimento e a proseguire con l’approfondimento della tematica del diritto europeo dei contratti: uno strumento in questo settore potrebbe aiutare l’Unione Europea a risollevarsi dalla crisi e raggiungere i propri obiettivi economici. La Commissione ha allora emanato una nuova Comunicazione86, detta “Europa 2020”, nel marzo del 2010, in cui esprime la necessità di agevolare e rendere meno onerosa per imprese e consumatori la conclusione di contratti con contraenti di altri Stati Membri, (i) attraverso soluzioni armonizzate per i contratti stipulati con i consumatori, (ii) introducendo clausole contrattuali tipo a livello europeo e (iii) facendo progressi verso una legge europea facoltativa in materia di contratti.87
85 Documento del Consiglio n. 17024/09 del 2 dicembre 2009.
86 COM(2010) 2020 del 3.3.2010.
In tema si veda X. XXXXXXXX, “Il nuovo diritto europeo dei contratti nell’ambito della strategia ‘Europa 2020’”, in Contratti, 2011, 11, p. 1065.
87 La prima iniziativa nell’ambito della strategia Europa 2020 è l’Agenda digitale europea, che mira a ottenere vantaggi socio-economici sostenibili grazie ad un mercato digitale unico, eliminando la disomogeneità normativa: a tal fine si è proposto di introdurre uno “strumento opzionale di diritto
Uno strumento di diritto europeo dei contratti, secondo quanto espresso dalla Commissione, potrebbe rimuovere gli ostacoli al mercato risultanti dalle divergenze tra diritti nazionali e, se sufficientemente semplice e giuridicamente certo, potrebbe anche fungere da modello per altre organizzazioni internazionali che guardano all’Unione come ad un esempio di integrazione regionale88. In questo modo l’Unione europea potrebbe assumere un ruolo guida nella creazione di norme internazionali di diritto uniforme e conseguire un vantaggio, a livello mondiale, in termini di competitività.
La Commissione, dunque, per assolvere a questo compito, ha istituito, con Decisione del 26 aprile 201089, un gruppo di esperti con incarico di studiare la fattibilità di uno strumento di diritto europeo dei contratti di facile impiego, a vantaggio di consumatori e imprese, che assicuri nel contempo la certezza del diritto. Tale gruppo ha avuto l’incarico di assistere la Commissione nella selezione delle parti del Draft Common Frame of Reference direttamente o indirettamente connesse con il diritto dei contratti, rivedendo, integrando e riformulando le disposizioni selezionate.
Nel gruppo sono state rappresentate le esperienze delle diverse tradizioni giuridiche dell’Unione Europea e gli interessi delle parti coinvolte. I membri sono stati scelti tra i massimi esperti del diritto civile, e in particolare del diritto dei contratti, e hanno agito in piena indipendenza e nell’interesse generale.
contrattuale (…) per far fronte alla frammentazione del diritto contrattuale, in particolare per quanto riguarda l’ambiente online”. Cfr. la Comunicazione della Commissione “Un’agenda digitale europea”, COM(2010) 245 del 19.05.2010.
88 Tra gli esempi cui si riferisce la Commissione vi sono l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (nata nel 1967) o la neo-istituita Unione delle Nazioni sudamericane (nata nel 2008).
89 Decisione della Commissione del 26 aprile 2010, in GU L 105 del 27.04.2010, pag.109, che istituisce il gruppo di esperti per un quadro comune di riferimento nel settore del diritto europeo dei contratti.
I lavori del gruppo avrebbero dovuto essere informati anche (i) alle risultanze della nuova consultazione pubblica lanciata dalla Commissione e (ii) alla proposta ufficiale di Xxxxxxxxx sui diritti dei consumatori nel frattempo pubblicata90. Con il Libro Verde “Sulle possibili opzioni in vista di un diritto europeo dei contratti per i consumatori e le imprese” del 1.7.201091, infatti, la Commissione ha lanciato una nuova consultazione pubblica per scegliere lo strumento migliore per il diritto europeo dei contratti. Per quanto riguarda il rapporto tra questa iniziativa e quella intrapresa verso l’adozione di una nuova direttiva consumatori, la Commissione precisa, nel Libro Verde, come anche nei settori già disciplinati dall’UE92, in cui si è avuta un’armonizzazione parziale in base al principio di armonizzazione minima (ad esempio nel caso della protezione dei consumatori), si riscontrano ancora divergenze tra i diritti nazionali. L’armonizzazione minima93 ha lasciato spazio ad approcci nazionali diversi nell’ambito della legislazione di protezione dei consumatori. L’Unione ha dettato norme di conflitto, per i contratti BtoC, volte a proteggere i consumatori che agiscono in giudizio contro businesses di altri Stati membri con cui hanno concluso il contratto: ai sensi dell’art. 6 del Regolamento Roma I94, se l’impresa svolge o dirige la sua attività commerciale verso il paese in cui il consumatore ha la sua residenza abituale, si applicherà, in caso di mancanza di scelta, la legge di quel paese. Se le parti, invece, scelgono una legge diversa da quella del paese di
90 COM(2008) 614 dell’8.10.2008.
91 COM(2010) 348 def., del 01.07.2010.
92 Oltre a quelli non disciplinati, come il diritto dei contratti in generale.
93 Si veda in tema di ‘minimum’ e ‘full’ o ‘maximum’ harmonisation X. XXXXXXXX – H. UNBERATH, “European private law by directives: approach and challenges”, in X. XXXXX-XXXXXXX (a cura di), “The Cambridge companion to European Union Private Law”, Cambridge, 2010, p. 85 e ss.
94 Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del
17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (comunemente noto come Regolamento "Roma I").
residenza del consumatore, il contratto non potrà comunque privare il consumatore della protezione assicuratagli dalla legge di tale paese: di conseguenza, il consumatore ha la certezza che, in caso di controversia, il giudice gli garantirà almeno lo stesso livello di protezione assicurato dal suo paese di residenza. D’altro canto però, questa norma comporta, per le imprese, che in caso di vendita transfrontaliera i contratti conclusi con i consumatori rispondono alle norme in vigore nel paese di residenza degli stessi, a prescindere dal fatto che essi abbiano scelto una diversa legge applicabile al contratto. Le imprese che intraprendono attività commerciale transfrontaliera, secondo il documento della Commissione, rischiano di dover sostenere ingenti spese legali quando i loro contratti sono soggetti al diritto straniero a protezione dei consumatori; alcune imprese potrebbero addirittura arrivare ad evitare di vendere all’estero.
La proposta di direttiva sui diritti dei consumatori (confluita poi effettivamente in direttiva nell’ottobre 2011)95 affronta il problema cercando di semplificare e consolidare la legislazione vigente nel settore del diritto contrattuale dei consumatori sulla base della “completa” (“full” o “maximum”) armonizzazione degli aspetti del diritto dei consumatori rilevanti per il mercato interno. Ad ogni modo, come sottolinea la stessa Commissione nel Libro Verde in esame, la direttiva non riuscirà a creare un ravvicinamento del diritto dei contratti degli Stati membri nei settori che non sono oggetto di armonizzazione, e inoltre, anche per i settori completamente armonizzati, sussisterà il bisogno di applicare le norme comuni in combinazione con le altre norme nazionali di
95 “Direttiva 2011/83/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 5/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio”.
diritto dei contratti96. Per questo motivo la Commissione agisce parallelamente anche verso l’adozione di uno strumento di diritto europeo dei contratti.
L’adozione di un simile strumento, secondo l’opinione della Commissione, è importante anche con riguardo ai contratti business to business. In questi contratti le imprese-parti sono libere di scegliere la legge che disciplina il contratto e hanno a disposizione, a tal fine, diversi strumenti internazionali esistenti, quali la Convenzione di Vienna97 sulla vendita internazionale di merci o i Principi Unidroit98 sui contratti commerciali internazionali. Le imprese non hanno a disposizione, però, l’opzione di un diritto comune europeo dei contratti, applicabile ed interpretabile in modo uniforme in tutti gli Stati membri. Inoltre, mentre le grandi imprese, dotate di forte potere negoziale, possono ottenere di subordinare i propri contratti a una determinata legge nazionale, le piccole o medie imprese (PMI) hanno maggiori difficoltà. Cercare informazioni sulla legge applicabile in un altro Stato membro o rispettare sistemi di diritto dei contratti diversi può aumentare le spese legali; tali difficoltà sono acuite dai problemi di lingua. Secondo l’opinione della Commissione nel suo Libro Verde, dunque, potrebbe essere utile per le imprese disporre di un corpus uniforme di norme di diritto europeo dei contratti facilmente accessibile in tutte le lingue ufficiali, da utilizzare in
96 L’esempio portato dalla Commissione cade sulle norme (armonizzate) in tema di obblighi informativi precontrattuali e le norme (non armonizzate e quindi nazionali) relative ai mezzi di ricorso per violazione degli obblighi d’informazione.
97 United Nations Convention on Contracts for the International Sale of Goods del 1980, redatta dalla United Nation Commission on International Trade Law (UNCITRAL), su
xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxx/xxxx/XXXX.xxx.
98 Principi Unidroit dei Contratti Commerciali Internazionali 2010, redatti dall’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato (UNIDROIT), su xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx0000/xxxxx lations/blackletter2010-italian.pdf.
tutte le transazioni con imprese di altri Stati membri. Un simile strumento potrebbe anche costituire un’alternativa al diritto nazionale dei contratti degli Stati membri, presentandosi come un regime neutro e moderno di diritto dei contratti, semplice, chiaro e che attinga alle tradizioni legislative nazionali comuni.
5.2 La nuova consultazione pubblica: la scelta dello strumento migliore per il diritto europeo dei contratti.
Sulla base delle premesse sopra descritte, la Commissione ha lanciato con il Libro Verde del 2010 una nuova consultazione pubblica avente ad oggetto (i) la possibile natura giuridica99 da attribuire al futuro strumento di europeo dei contratti e (ii) il suo ambito di applicazione materiale.
Dovrebbe trattarsi, in breve, di unO strumento in grado di dare una risposta al noto problema della divergenza dei diritti nazionali, senza introdurre oneri aggiuntivi o nuove complicazioni per imprese e consumatori. Dovrebbe assicurare un’adeguata tutela di questi ultimi e dovrebbe essere completo e autonomo, in grado di limitare al minimo i riferimenti e i collegamenti con i diritti nazionali o con gli strumenti internazionali.100
È opportuno, ad ogni modo, analizzare nel dettaglio le questioni oggetto di consultazione pubblica.
99 Sull’argomento si veda in particolare M.J. XXX XXX XXXXXXX – X. XXXXXX, “Selecting the best Instrument for European Contract Law”, in Europ. rev. priv. law, 2011, 5, p. 565 e ss.
100 COM(2010)348 def, p. 6.
Per quanto riguarda la natura giuridica, la Commissione sottopone a valutazione pubblica diverse possibili forme che lo strumento potrebbe assumere:
I) Pubblicazione dei risultati del gruppo di esperti. Questa è la soluzione meno “invasiva”: il testo elaborato dagli esperti può essere pubblicato senza l’approvazione a livello UE e può servire, se pratico e di facile impiego, tanto al legislatore europeo e ai legislatori nazionali per l’emanazione di norme, quanto ai contraenti per la redazione di clausole e contratti tipo. Può servire altresì per l’istruzione e per la formazione professionale. La Commissione, tuttavia, mette in luce101 come, pur se nel lungo periodo l’uso di questo testo potrà contribuire alla convergenza volontaria del diritto dei contratti degli Stati membri, un testo senza autorità o valore ufficiale per giudici e legislatori non sarà in grado di ridurre significativamente le differenze esistenti e risolvere il problema degli ostacoli al mercato interno.
II) Uno “strumentario” ufficiale per il legislatore. Questa opzione può essere costituita, a scelta, (i) da un atto della Commissione o (ii) da un Accordo interistituzionale che predispongano uno strumentario in usa al legislatore per garantire la coerenza e la qualità della legislazione. Nel caso si optasse per un atto della Commissione, tale organo ricorrerebbe allo “strumentario” per redigere le nuove proposte legislative; un simile strumento diventerebbe efficace a seguito di adozione da parte della Commissione e non avrebbe bisogno di approvazione di Parlamento e Consiglio. Nel caso si optasse per un accordo interistituzionale, negoziato da Commissione, Parlamento e Consiglio, gli organi menzionati dovrebbero
101 COM(2010)348 def, p. 7.
attenersi allo “strumentario” per redigere o negoziare le nuove norme del settore. Gli svantaggi di uno “strumentario” sono simili a quelli dell’opzione precedente: esso rischia di non comportare benefici immediati e concreti per il mercato interno poiché non elimina le divergenze normative esistenti e può non assicurare un’applicazione e un’interpretazione convergenti del diritto europeo dei contratti da parte dei giudici.102
III) Raccomandazione della Commissione sul diritto europeo dei contratti. La terza opzione proposta consiste in uno strumento di diritto europeo dei contratti allegato ad una Raccomandazione della Commissione, che sproni gli Stati membri ad integrare tale strumento nel diritto nazionale, con diverse modalità103. La raccomandazione, però, non ha effetto vincolante per gli Stati: questi ultimi avrebbero, per di più, discrezionalità quanto a tempi e modalità di attuazione. Sussisterebbe dunque il rischio di una attuazione della raccomandazione da parte degli Stati in maniera differenziata e in tempi diversi, o addirittura di una sua mancata attuazione.104
IV) Regolamento istitutivo di uno strumento facoltativo di diritto europeo dei contratti. Questa opzione prevede l’istituzione
102 COM(2010)348 def, p. 7.
103 Al riguardo la Commissione sostiene che la raccomandazione possa incoraggiare gli Stati membri (i) a sostituire il diritto nazionale dei contratti con lo strumento europeo (similmente a quanto accaduto negli anni ’50 negli Stati Uniti con lo Uniform Commercial Code) oppure (ii) a integrare lo strumento nel diritto interno come regime opzionale, dando ai contraenti un’alternativa al diritto nazionale: in questo secondo caso, lo strumento facoltativo europeo affiancherebbe altri strumenti alternativi che possono essere scelti come legge applicabile al contratto, come, per esempio, i Principi Unidroit.
104 COM(2010)348 def, p. 8.
di uno strumento facoltativo con Regolamento, da concepirsi come “secondo regime” in ogni Stato membro, che offre, così, alle parti la scelta tra due regimi nazionali di diritto contrattuale105. Una simile soluzione andrebbe a integrare le normative nazionali degli Stati membri con un corpus completo e per quanto possibile autonomo di norme di diritto contrattuale che le parti possono scegliere come legge applicabile al contratto. Questo corpus di norme diverrebbe parte del diritto nazionale degli Stati anche ai fini del diritto internazionale privato. Come osserva giustamente la Commissione106, uno strumento facoltativo, se sufficientemente chiaro per l’utente, e quindi in grado di garantire la certezza del diritto, può rappresentare una soluzione ai problemi derivanti dalle divergenze normative. Per essere operativo sul piano del mercato interno lo strumento dovrebbe essere in grado di incidere sull’applicazione delle norme imperative, comprese quelle sulla protezione dei consumatori: si deve quindi provvedere a definire nello strumento il rapporto con le disposizioni del Regolamento Roma I.107 Ciò contribuirebbe differenziare lo strumento dai regimi facoltativi esistenti, come la Convenzione di Vienna, che non possono limitare l’applicazione di norme imperative nazionali. Il livello di protezione dei consumatori dovrebbe comunque essere elevato, in linea con l’art. 12 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Secondo la Commissione, questa quarta opzione, e quindi la possibilità di fare riferimento a un
105 Al riguardo si veda anche il parere del Comitato Economico e sociale europeo, INT/499 del 27.05.2010.
106 COM(2010)348 def, p. 9.
107 Queste considerazioni della Commissione sono importanti alla luce degli ultimi sviluppi in materia, come si vedrà in seguito.
corpus unico di norme, risparmierebbe a professionisti e giudici il fatto di dover studiare in determinati casi le leggi straniere, come succede invece con le leggi di conflitto: ne conseguirebbe una riduzione dei costi per le imprese e degli oneri amministrativi per il sistema giudiziario. Sotto altro punto di vista, un simile strumento facoltativo potrebbe costituire, in armonia con il principio di sussidiarietà, un’alternativa all’armonizzazione completa delle normative nazionali, offrendo una soluzione proporzionata al problema degli ostacoli al mercato interno creati dalle differenze dei sistemi nazionali in tema di diritto dei contratti.108 La Commissione sottolinea, però, come uno strumento facoltativo rischi di complicare il contesto normativo esistente. Con l’aggiunta di un regime “parallelo”, il contesto normativo non risulterà semplificato e rimarrà il bisogno di informazioni chiare per il consumatore, che gli consentano di decidere con cognizione di causa se concludere il contratto “su basi alternative”.
V) Direttiva sul diritto europeo dei contratti. La quinta opzione è rappresentata dall’emanazione di una direttiva in tema di diritto europeo dei contratti, per armonizzare i diritti degli Stati membri sulla base di norme minime comuni. Utilizzando la forma della direttiva, gli Stati potrebbero mantenere norme che garantiscono maggiore protezione, come stabilito nei Trattati. Per quanto riguarda i contratti BtoC, la direttiva dovrebbe avere un livello di protezione dei consumatori elevato, e andrebbe a completare l’acquis relativo ai consumatori, inglobando anche le disposizioni del parallelo progetto di direttiva sui diritti dei
108 COM(2010)348 def, p. 9.
consumatori109. Quale nota negativa, però, la Commissione mette in evidenze come una direttiva, operante un’attività di armonizzazione minima, non porti ad un’attuazione o a un’interpretazione uniformi delle norme recepite, con la conseguenza che le imprese che offrono beni e servizi all’estero debbano continuare a sostenere costi per conformarsi alle diverse applicazioni del diritto contrattuale dei consumatori vigente negli altri Stati membri.110
VI) Regolamento istitutivo di un diritto europeo dei contratti. Un’ulteriore opzione sottoposta a valutazione pubblica è costituita dall’ipotesi, maggiormente incisiva rispetto alla precedente, di un Regolamento istitutivo di un diritto europeo dei contratti che andrebbe a sostituire le diverse leggi nazionali con un corpus omogeneo di norme europee, comprensivo di norme imperative a tutela del contraente debole. Queste norme si applicherebbero ai contratti non per via di una scelta dei contraenti ma in quanto diritto nazionale vigente. Tale soluzione porterebbe all’eliminazione delle disomogeneità normative tra Stati nel settore del diritto contrattuale e condurrebbe ad una interpretazione ed applicazione uniforme del Regolamento negli stessi. Vi sono però questioni sensibili legate ai principi di sussidiarietà e proporzionalità111.
109 Al momento della redazione del Libro Verde la direttiva consumatori, emanata come visto nell’ottobre 2011, era ancora in fase di approvazione, e quindi sotto forma di proposta ufficiale della Commissione.
110 COM(2010)348 def., p. 10, dove la Commissione evidenzia anche come l’attuale acquis in tema di diritto contrattuale dei consumatori mostra i limiti delle direttive ad armonizzazione minima nel ridurre le divergenze normative. Si veda, in tema, X. XXXXXXXX – H. UNBERATH, “European private law by directives: approach and challenges”, in X. XXXXX-XXXXXXX (a cura di), “The Cambridge companion to European Union Private Law”, cit., p. 85 e ss.
111 La Commissione sottolinea come un corpus normativo unico, al posto di molteplici leggi nazionali (specie se si vanno a disciplinare anche i contratti
VII) Regolamento istitutivo di un codice civile europeo. L’ultima soluzione proposta, la più estrema, prevede l’emanazione di un regolamento che copra non solo il diritto europeo dei contratti ma anche altre obbligazioni (ad esempio responsabilità extracontrattuale e gestione di affari altrui). Esistono infatti ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno anche in settori diversi dal diritto dei contratti. Un simile strumento ridurrebbe ancora di più il bisogno di ricorrere alle legislazioni nazionali.112 D’altro canto la Commissione stessa sottolinea come sia ancora da stabilire in quale misura uno strumento così vasto come un codice civile europeo possa giustificarsi in base al principio di sussidiarietà.113
Il Libro Verde del 2010 sottopone a valutazione pubblica, altresì, il possibile ambito di applicazione dello strumento.
Con un primo quesito la Commissione chiede agli interessati se lo strumento debba includere (i) sia i contratti business to consumer che quelli business to business,114 e (ii) sia i contratti transfrontalieri che i contratti nazionali.115
nazionali e non solo quelli transfrontalieri) potrebbe non rappresentare una misura proporzionata per superare gli ostacoli agli scambi nel mercato interno.
In tema di competenza europea e principi di sussidiarietà e proporzionalità si veda X. XXXXXX, “The Commission’s Green Paper on European contract law: reflections on Union competence in light of the proposed options”, in E.R.C.L. 2/2011, p. 151 e ss.
112 COM(2010)348 def., p. 11.
113 Sul punto si veda X. XXXXXX, op. e loc. cit. Si richiama inoltre quanto detto sopra a proposito del progetto di codificazione europea, in nota n.49.
114 Anche se, come visto ampiamente sopra, i progetti di uniformazione del diritto contrattuale europeo della Commissione includono sia i contratti BtoC che quelli BtoB, e sono sempre legati ai lavori paralleli per l’adozione di una nuova direttiva sui diritti dei consumatori, nell’interrogarsi sulla tipologia di strumento da adottare la Commissione stessa mette in luce la possibilità di creare due strumenti separati, uno per i contratti BtoC e uno
Con un secondo e ultimo quesito, la Commissione sottopone, poi, a valutazione pubblica quale debba essere l’ambito di “applicazione materiale” dello strumento. In particolare si chiede se lo strumento debba ricoprire il diritto dei contratti in generale (in senso più o meno restrittivo)116 o anche includere tipologie specifiche di contratto (la vendita di merci, innanzitutto, ma anche contratti di
per quelli BtoB. L’organo europeo spiega, infatti, come due strumenti distinti permetterebbero di affrontare meglio le questioni specifiche per i due tipi di contratti, e come sarebbe probabilmente più semplice elaborarli ed usarli; d’altro canto, però, il proliferare di strumenti comporterebbe il rischio intrinseco di sovrapposizioni e incongruenze nella legislazione.
115 Merita soffermarsi brevemente su questo secondo punto. I problemi di divergenza normativa tra ordinamenti europei, che danno origine ai lavori di uniformazione in analisi, sono tipici dei contratti transfrontalieri poiché è in essi che entrano in gioco strumenti diversi, nazionali o internazionali. La Commissione, però, sottopone a valutazione pubblica anche l’ipotesi di un’estensione dell’applicabilità dello strumento anche ai contratti nazionali. Essa fa presente come, in ambito di contratti BtoC, uno strumento applicabile a contratti sia transfrontalieri che nazionali, potrebbe semplificare il contesto normativo ed avere impatto sui consumatori restii ad avventurarsi sul mercato interno e abituati al grado di protezione offertogli dal loro diritto nazionale. In ambito BtoB, uno strumento che copra i contratti transfrontalieri e quelli nazionali potrebbe essere di ulteriore incentivo per le imprese ad operare all’estero, in quanto esse potrebbero attenersi “a un’unica serie di clausole e ad una stessa politica economica” (v. COM(2010)348 def., p. 12). Anche in dottrina vi è chi sostiene che lo strumento debba avere un ambito di applicazione esteso anche ai contratti nazionali e non solo a quelli transnazionali. Si veda ad esempio X. XXXXXXX, “European Contract Law – The Case for a Growing Optional Instrument”, in X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di), “Towards a European Contract Law”, Munich, 2011, p. 169; nello stesso volume si veda anche X. XXXXX, “On a European Contract Law for Consumers and Businesses – Future Perspectives”, p. 213.
116 Nel senso, specificato dalla Commissione in COM(2010)348 def. p. 12, di “limitarsi a contenere norme riguardanti: definizione di contratto, responsabilità precontrattuale formazione del contratto, diritto di recesso, rappresentanza, motivi di invalidità, interpretazione, contenuto ed effetti del contratto, adempimento, tutele per l’inadempimento, pluralità di debitori e creditori, modificazione dei soggetti dell’obbligazione, compensazione e confusione, estinzione”, oltre alle “norme imperative di diritto contrattuale dei consumatori che sono di ostacolo al mercato interno, e alle pratiche che danneggiano i consumatori e le PMI, come le clausole vessatorie”, oppure in senso più estensivo, in modo da contemplare anche “questioni correlate come la restituzione, la responsabilità extracontrattuale, l’acquisto e la perdita della proprietà e le garanzie reali sui beni mobili”.
servizi di non minore importanza, come l’assicurazione, il leasing o i contratti di servizi nei settori finanziari)117.
6. La proposta ufficiale di Regolamento per un “diritto comune europeo della vendita” (CESL): prime osservazioni
Alla consultazione pubblica della Commissione europea contenuta nel Libro Verde del 2010 sono seguite numerose risposte ed espressioni di opinioni dalle parti interessate, appartenenti al mondo professionale, accademico e delle imprese; ciò dimostra il profondo interesse che la materia ha riscosso tra gli interessati. I risultati sono consultabili sul sito della Commissione118 e sono stati commentati dalla stessa sia nell’introduzione al Feasibility Study119 elaborato dal gruppo di esperti (pubblicato nel maggio 2011), sia nell’introduzione alla proposta ufficiale di Regolamento per l’adozione di un “diritto comune europeo della vendita” (CESL) emanata nell’ottobre 2011120.
117 In senso positivo si veda X. XXXXXXX, op. cit., pp. 169-170.
118
xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxx/000000_xx.xxx
119 A European Contract law for consumers and businesses: Publication of the results of the feasibility study carried out by the Expert Group on European contract law for stakeholders’ and legal practitioners’ feedback, disponibile sul sito della Commissione xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxxxxx_xxxxx_xxxxx.xxx.
120 Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on a Common European Sales Law, COM(2011) 653 final.
Per quanto riguarda le principali osservazioni in ordine alle opzioni proposte dalla Commissione, molti soggetti interessati hanno espresso favore per la prima (Pubblicazione del risultato del gruppo di esperti) e la seconda (Strumentario ufficiale per il legislatore) opzione. Un minimo consenso è stato ottenuto dalla terza opzione (Raccomandazione della Commissione sul diritto europeo dei contratti). Le opinioni riguardo alla quarta opzione (introduzione di uno strumento opzionale, l’opzione che maggiormente interessava la Commissione) sono state varie: molti Stati membri, così come un alto numero di soggetti interessati che hanno inviato una risposta alla consultazione, hanno dichiarato di poter dare il proprio consenso ad uno strumento opzionale laddove esso rispetti determinate condizioni (quali un alto livello di protezione dei consumatori, l’essere comprensibile e “user-friendly”, l’essere chiaro riguardo al suo collegamento con la nuova Direttiva sui diritti dei consumatori e con le altre norme europee). Alcuni soggetti interessati hanno espresso favore anche per la sesta opzione (Regolamento istitutivo di un diritto europeo dei contratti).
Tra le risposte al quesito riguardante l’ambito di applicazione dello “strumento” pervenute, la maggior parte di esse riguardava il possibile ambito di applicazione di uno strumentario/toolbox (seconda opzione) oppure di uno strumento opzionale (quarta opzione). Nel primo caso, la maggioranza delle risposte propendeva per un testo più ampio possibile e non limitato a certi tipi di contratti. Nel secondo caso, invece, la maggior parte delle opinioni pervenute alla Commissione erano in favore di uno strumento limitato al contratto di vendita transfrontaliera tra professionista e consumatore.121
121 Cfr. “A European Contract law for consumers and businesses: Publication of the results of the feasibility study carried out by the Expert Group on European contract law for stakeholders’ and legal practitioners’ feedback”, cit., p. 3.
Sulla base delle risposte alla consultazione pubblica e delle osservazioni ricevute da un gruppo di stakeholders122 appositamente costituito dalla Commissione per affiancare e completare i lavori del Gruppo di Esperti123, la Commissione europea ha, così, presentato al Parlamento europeo e al Consiglio la sua proposta ufficiale per l’adozione di un Regolamento per un “diritto comune europeo della vendita” (Common European Sales Law, c.d. CESL)124.
La scelta di emanare un Regolamento contenente uno strumento opzionale è stata presa anche sulla base di un Impact Assessment (IA) effettuato sulle varie opzioni contenute nel Libro Verde. L’ IA Report125 ha stabilito che (i) un regime opzionale uniforme di diritto dei contratti, (ii) una Direttiva di armonizzazione massima e (iii) un Regolamento istitutivo di un diritto contrattuale uniforme rappresentano le opzioni maggiormente in linea con gli obiettivi di rafforzamento del mercato unico e riduzione dei costi di transazione.126 Per quanto riguarda le ultime due opzioni, però,
122 È il cosiddetto “Group of Key Stakeholders Experts”, istituito dalla Commissione nel luglio 2010, composto da associazioni di professionisti e consumatori, rappresentanti del mondo bancario, assicurativo e delle professioni legali. Esso ha avuto il compito di rivedere le varie parti del Feasibility study del Gruppo di esperti da un punto di vista pratico, dando suggerimenti su come rendere il testo maggiormente user-friendly e comprensibile.
123 Cfr. nota 89.
124 COM(2011) 653 final, cit. supra.
125 Si veda il documento ufficiale che accompagna la proposta di Regolamento contenente il Common European Sales Law, disponibile in xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxx/0_xx_xxxxxx_xxxxxxxxx_000000
.pdf.
126 Concordano con questa linea di pensiero, sostenendo come le prime tre opzioni proposte non risultino efficaci per il perseguimento degli scopi delineati dal Libro Verde, M.J. XXX XXX XXXXXXX – X. XXXXXX, “Selecting the best Instrument for European Contract Law”, in Europ. rev. priv. law, 2011, 5, p. 575.
La stessa Commissione (in COM(2011) 653 final, p. 10) riconosce come uno strumento non vincolante (quale uno strumentario o toolbox, o una Raccomandazione diretta agli Stati) non sarebbe in grado di raggiungere l’obiettivo di rafforzamento del mercato interno.
mentre da un lato esse ridurrebbero considerevolmente i costi di transazione e creerebbero una struttura legislativa meno complessa per le operazioni transfrontaliere, dall’altro costituirebbero un onere per le imprese che intendono operare unicamente a livello nazionale e che dovrebbero, invece, adattarsi alla nuova situazione legislativa. I costi da sostenere per familiarizzare con la nuova normativa sarebbero maggiori rispetto a quelli legati all’adozione di un regime opzionale, in quanto gravanti su tutti le imprese.127 Un regime opzionale di diritto dei contratti uniforme, invece, creerebbe costi una tantum solo per gli imprenditori che intendono utilizzarlo per operazioni transfrontaliere. Un simile strumento è però pensato dalla Commissione proprio per ridurre i costi delle imprese che esportano in diversi Stati membri e per “fornire ai consumatori più scelta di prodotti a un minor prezzo”128.
Passando all’analisi dello strumento opzionale introdotto dalla proposta di Regolamento - il cui testo risulta contenuto in un Allegato129 al Regolamento stesso – si nota come il testo sia molto simile a quello del Feasibility Study del Gruppo di esperti, da un lato, e a quello della nuova Direttiva sui diritti dei consumatori130, dall’altro.131 Il testo del Feasibility Study, a sua volta, ha come base
127 COM(2011) 653 final, p. 8.
128 COM(2001) 653 final, p. 8.
129 Annex I.
130 V. nota 95.
131 Si veda in tema X. XXXXXXXX – B. PASA, “The non-sense of pre- contractual information duties in case of non-concluded contracts”, in Europ. rev. priv. law, 2011, 6, p. 762 , e X. XXXXXXXXX, “How to opt into the Common European Sales Law? Brief comments on the Commission’s proposal for a regulation”, Centre for European Contract Law Working Paper Series n. 2011-15, reperibile su xxxx://xxxx.xxx/xxxxxxxxx0000000. In tema si vedano inoltre X. XXXXX, “Comments and Questions Relating to the
quello del Draft Common Frame of Reference (come visto sopra), e dunque dei suoi predecessori Principles of European Contract Law, per quanto riguarda il diritto dei contratti in generale, e Acquis Principles, per le parti sul diritto dei consumatori.
Diversamente, il regime di scelta dello strumento (le modalità per effettuare “l’opt-in”), previste in particolare agli artt. da 3 a 12 del Regolamento, non sono basate su alcun lavoro preparatorio accademico, ma sono frutto del lavoro della stessa Commissione europea. Tale approccio, innovativo, della Commissione appare a certa dottrina convincente132 e ad altra meno133. Ad ogni modo, proprio per la sua novità, sorgono intorno allo strumento diverse incertezze.
In particolare, la dottrina riflette sulle modalità con cui opera lo strumento in analisi. Nel dibattito che ha preceduto l’emanazione della proposta di Regolamento, si faceva riferimento ad un possibile strumento opzionale identificandolo come un “ventottesimo regime”134 europeo di diritto dei contratti. Nella proposta di Regolamento, invece, la Commissione presenta il CESL (Common
European Commissions’ Proposal for a Regulation on a Common European Sales Law”, in Europ. rev. priv. law, 2011, 6, p. 717; X. XXXXXXX, “Diritto contrattuale europeo e ‘optional instrument’: una valutazione preventiva”, in Contratto e impresa/Europa, 2011, 2, p. 649.
132 Si veda X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 1.
133 Si veda X. XXXXXXXXXX, “Il Diritto Comune Europeo della Vendita”, in xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx/Xxxxxxxxx/Xxxxxxx/Xx_Xxxxxxx_ Comune_Europeo_Della_Vendita.kl.
134 Si veda, ad esempio, “Project Europe 2030: Challenges and Opportunities. Report to the European Council by the Reflection Group on the Future of the EU 2030” reperibile in xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxxx/xxxXxxxxx/xx_xxx.xxx: “Action should be taken to provide citizens with the option of resorting to a European legal status (the “28th regime”)which would apply to contractual relations in certain areas of civil or commercial law alongside the current 27 national regimes”.
European Sales Law) come un “secondo regime nazionale”135. È stato notato, a proposito, come esista una differenza tra il considerare la normativa opzionale come un “ventottesimo regime”, a fianco dei 27 diritti contrattuali degli Stati membri, e il considerarla un “secondo regime” di diritto contrattuale all’interno del diritto nazionale dei singoli Stati.136 Nel primo caso, infatti, optare per l’applicabilità del CESL significherebbe effettuare una scelta di legge applicabile al contratto ai sensi dell’art. 3, par. 1, del Regolamento Roma I137; mentre nel secondo caso un regime “parallelo” di diritto dei contratti sarebbe applicabile, come diritto nazionale, una volta che quello stesso diritto nazionale sia stato riconosciuto come applicabile al contratto. È infatti la legge sostanziale nazionale - e non la legge di conflitto
135 Si veda il Considerando n.9: “Il presente regolamento istituisce un diritto comune europeo della vendita. Esso armonizza il diritto dei contratti degli Stati membri, non già imponendo modifiche ai diritti nazionali in vigore ma creando nell'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro un secondo regime di diritto dei contratti per i contratti rientranti nel suo campo di applicazione. Tale secondo regime dovrà essere identico in tutta l'Unione e coesistere con le norme vigenti di diritto nazionale dei contratti. Il diritto comune europeo della vendita si applicherà ai contratti transfrontalieri su base volontaria e per accordo espresso delle parti”.
Già a partire dal Libro Verde COM(2010) 348 final, sopra analizzato, la Commissione aveva iniziato a parlare di “second regime of national contract law”.
La soluzione era già stata prospettata nel 2005 da X. XXXXX – X. XXXXXX, “Non-optional elements in an Optional European Contract Law. Reflections from a Private International Law perspective”, in Europ. rev. priv. law, 2005, 13, p. 707 (“the optional instrument could simply be enacted by an EC Regulation as an alternative system of contract law in all member States. Whenever the law of a member State is the lex causae of the contract, a substantive rule in the Regulation would allow parties to opt for the European instrument instead of national contract law”) e, più di recente, in H: HEISS, “Party Autonomy”, in X. XXXXXXX – X. XXXXXX (a cura di), “Rome I Regulation; the Law Applicable to Contractual Obligations in Europe”, Munich, 2009.
136 Si veda X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 2.
137 Art. 3, par. 1, “Libertà di scelta”: “1. Il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. La scelta è espressa o risulta chiaramente dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto ovvero a una parte soltanto di esso”.
internazionalprivatistica - a prevedere la possibilità di scegliere lo strumento nei contratti transfrontalieri.138
Per ricapitolare, quindi, il criterio di applicazione dello strumento opzionale alla luce della qualificazione dello stesso come “secondo regime” di diritto contrattuale nazionale, si può dire che, in caso di contratti transnazionali, il diritto internazionale privato (in particolare il Regolamento Roma I) permette di scegliere la legge nazionale applicabile al contratto e, ai sensi della legge così identificata, le parti hanno la possibilità di scegliere tra il primo regime di “diritto contrattuale preesistente” e il nuovo secondo regime uguale in tutti gli Stati membri, il CESL.139
È stata notata un’altra differenza, con riguardo alla base giuridica, tra la visione dello strumento opzionale come ventottesimo regime europeo o come secondo regime nazionale. L’adozione di un “ventottesimo regime” di diritto europeo della vendita da parte del legislatore europeo non potrebbe trovare giustificazione nell’art. 114 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea; essa non potrebbe essere qualificata come “misura volta al ravvicinamento del diritto degli Stati membri”, poiché l’aggiunta di un ventottesimo regime non modificherebbe nulla nei diritti nazionali esistenti.140
138 A tal proposito di veda il Considerando n. 10: “È necessario che l'accordo di usare il diritto comune europeo della vendita sia frutto di una scelta espressa nell'ambito del proprio diritto nazionale applicabile in virtù del regolamento (CE) n. 593/2008 o, con riferimento agli obblighi di informativa precontrattuale, in virtù del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (regolamento (CE) n. 864/2007) o di altre norme di conflitto pertinenti. L'accordo di ricorrere al diritto comune europeo della vendita non può pertanto essere assimilato o confuso con la scelta della legge applicabile ai sensi delle norme di conflitto, né può pregiudicarne l'applicazione. Il presente regolamento non inciderà pertanto sulle norme di conflitto vigenti”.
139 X. XXXXXXXXX, “How to opt into the Common European Sales Law? Brief comments on the Commission’s proposal for a regulation”, cit. p. 3.
140 X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.
L’introduzione di un “secondo regime nazionale”, invece, può rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 114 TFUE141.
Sempre con riguardo alla base giuridica del nuovo strumento opzionale, è opportuno sottolineare come la Commissione stessa si premuri di giustificare l’adozione del testo alla luce dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti dall’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea. Il CESL sarebbe, innanzitutto, conforme al principio di sussidiarietà, poiché l’obiettivo della proposta di Regolamento (contribuire al funzionamento del mercato interno mettendo a disposizione degli operatori un corpus di norme di diritto contrattuale uniforme su base volontaria) ha una dimensione chiaramente transnazionale e non può essere sufficientemente raggiunto dagli Stati membri nell’ambito dei propri sistemi nazionali. Adottando singole misure nazionali non coordinate gli Stati membri non sarebbero in grado di eliminare i costi di transazione e le note complessità a livello giuridico che le imprese devono affrontare a causa delle diversità tra i diritti contrattuali statali. I problemi di frammentazione legislativa possono essere meglio affrontati a livello di Unione europea, attraverso misure che tendono al ravvicinamento dei diritti contrattuali degli Stati membri.142 La proposta di Regolamento sarebbe, in secondo luogo, un’azione “proporzionata” ai sensi dell’art. 5 TUE, se comparata alle altre possibili opzioni sopra analizzate, grazie alla natura opzionale e volontaria del CESL. L’applicabilità dello strumento è subordinata, infatti, a un accordo delle parti contraenti; esse potranno adottarlo laddove lo reputino appropriato per un determinato affare transfrontaliero. La sua natura di strumento opzionale e applicabile solo nelle ipotesi di contratti transfrontalieri, quindi, comporta che esso possa ridurre le barriere del commercio transfrontaliero senza andare ad
141 Si veda la stessa COM(2011) 635 final, p. 8.
142 COM(2011) 635 final, p. 9.
interferire direttamente con i sistemi nazionali e le relative tradizioni. La conformità al principio di proporzionalità è rispettata anche dal punto di vista dell’ambito di applicazione materiale dello strumento, che è limitato a quegli aspetti che pongono reali problemi nelle operazioni transfrontaliere, mentre non riguarda altri aspetti di diritto nazionale che possono essere meglio regolati a livello statale.143
È importante soffermarsi, ora, sulle diverse implicazioni derivanti dalla natura di “secondo regime” del CESL con riguardo ai contratti business to consumer e a quelli business to business.
In tema di contratti business to consumer, viene in rilievo il rapporto tra il CESL e l’art. 6, par. 2, del Regolamento Roma I sopra analizzato.144 Se la scelta di sottoporre il proprio contratto al CESL dovesse essere qualificata come una “scelta di legge” ai sensi dell’art. 6 Reg. Roma I, le norme nazionali che garantiscono al consumatore una maggiore protezione rispetto al CESL dovrebbero rimanere applicabili nonostante la scelta. L’obiettivo di creare uno strumento autonomo, che semplifichi le operazioni delle piccole e medie imprese evitandogli i costi di informazione sulle norme protezionistiche presenti nei singoli Stati in cui esportano, non sarebbe allora raggiunto.145 Stando alla natura di “secondo regime” del CESL, invece, l’eventuale scelta di applicazione dello strumento è qualificabile come scelta tra due diversi regimi di diritto contrattuale (della vendita) nazionale e dunque, per definizione, non può esserci un livello di protezione maggiore dato dalla legge del paese di residenza del consumatore, poiché è proprio quella
143 COM(2011) 635 final, p. 10.
144 Per comodità, si ricorda che ai sensi dell’articolo menzionato, la legge scelta dalle parti come legge applicabile al contratto, nei contratti BtoC, non potrà comunque privare il consumatore della protezione assicuratagli dalla legge del paese in cui esso ha la residenza.
145 Cfr. X. XXXXXXXXX, “How to opt into the Common European Sales Law? Brief comments on the Commission’s proposal for a regulation”, cit. p. 3.
legge che permette di scegliere il CESL (identico in tutti gli Stati membri) come legge applicabile al contratto con il consumatore. In termini pratici, dunque la qualificazione del CESL come secondo regime “neutralizza” la funzione dell’art. 6 Reg. Roma I146. Questa soluzione può ritenersi accettabile o meno, a seconda che il livello di protezione del consumatore sia o non sia sufficientemente elevata. La dottrina che si è espressa sino ad ora sembra avere un giudizio positivo in xxxxxx000; viene messo in luce, però, che qualora futuri emendamenti dovessero portare ad un abbassamento del
146 Si veda la lettera della proposta di Regolamento stessa, al Considerando
n. 12: “Poiché il diritto comune europeo della vendita contiene un corpus completo di norme imperative a tutela dei consumatori completamente armonizzate, se le parti scelgono di applicarlo i diritti degli Stati membri non presenteranno divergenze al riguardo. Di conseguenza, l'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 593/2008, che si fonda sull'esistenza di livelli divergenti di protezione del consumatore negli Stati membri, non ha rilevanza pratica per gli aspetti disciplinati dal diritto comune europeo della vendita”. Non prendeva, invece, posizione sul rapporto tra i Regolamenti Roma I e Roma II e il futuro optional instrument il Feasibility Study del Gruppo di esperti, predecessore del CESL, di cui alla nota 119 (cfr. Expert Group on Common Frame of Reference in European Contract Law, Synthesis of the Fifth Meeting, 30 Sept.-1 Oct. 2010, Brussels, 5.10.2010, disponibile on-line sul sito della Commissione - Directorate-General Justice, Unit A.2: Civil and contract law). Xxxx lasciava aperta la questione se il futuro strumento avesse avuto proprie disposizioni, a superamento delle regole di conflitto dei Regolamenti Roma I e II, oppure se fosse stato con essi collegato.
Si veda in tema X. XXXXXXXX – B. PASA, “The non-sense of pre-contractual information duties in case of non-concluded contracts”, cit., p. 773 e ss; European Research Group on Existing EC Private Law, prepared by X. XXXXXXXXX, ‘Draft for a First Chapter (Subject Matter, Application and Scope) of an Optional European Contract Law’, (2011) Oxford U Comparative L Forum 2, reperibile in xxxxx.xxxxxxx.xxx, p. 6; X. XXXXX, ‘Scope and content of an optional instrument for EU contract law’, xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxx/xxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxx/xx artinezdealosmoner/public/Xxxxx%20%20EN.pdf, p. 8; X. XXXX, ‘Issues of private international law, jurisdiction and enforcement of judgments linked with the adoption of an optional EU contract law’, xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxx/xxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxx/xx artinezdealosmoner/public/Lein%20EN.pdf; X. XXXXXXXXX, ‘Issues of private international law linked with the adoption of an optional EU instrument in the field of contract law’, xxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxx/xxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxx/xx artinezdealosmoner/public/Jagielska%20EN.pdf.
147 Si vedano X. XXXXXXXX – X. XXXX, op. cit., p. 774, e la soluzione proposta da European Research Group on Existing EC Private Law, prepared by X. XXXXXXXXX, ‘Draft for a First Chapter (Subject Matter, Application and Scope) of an Optional European Contract Law’, cit.; si veda anche X. XXXXXXXXX, op. cit. p. 3.
livello di protezione del consumatore, si avrebbe allora un risultato incompatibile con l’art. 114, par. 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. 148
Per quanto riguarda i contratti business to business, la principale implicazione del fatto che la scelta di utilizzare il CESL sia da considerare come una scelta interna al diritto nazionale individuato dalle norme di conflitto, e non alle norme di conflitto, sta nel fatto che viene a crearsi, così, un potenziale conflitto tra il CESL e la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale.149 Questo perché anche la CISG opera come un secondo regime interno, pur se limitato ai contratti commerciali di compravendita internazionale di beni mobili.150 La proposta di Regolamento della Commissione tratta espressamente il potenziale conflitto tra la CISG e il CESL al Considerando 25151, dove si dice che la scelta di applicare il CESL al rapporto contrattuale dovrebbe implicare l’accordo delle parti di escludere l’applicabilità della CISG al contratto in questione. L’applicabilità della CISG a un determinato contratto rientrante nel suo ambito di applicazione può essere esclusa o limitata per via dell’art. 6 della Convenzione: esso permette che le parti possano escludere l’applicabilità della
148 X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.
149 Si veda in tema X. XXXXXXXXXX “Il Diritto Comune Europeo della Vendita”,cit., e X. XXXXXXXXX, “How to opt into the Common European Sales Law? Brief comments on the Commission’s proposal for a regulation”, cit., pp. 3-4.
150 Si veda in tema I. XXXXXXXXX (a cura di), “Schlechtriem & Xxxxxxxxx Commentary on the UN Convention on the International Sale of Goods”, 3rd ed, Oxford, 2010, in particolare I. XXXXXXXXX – X. XXXXXX “Introduction to Articles 1-6”, n.2: “State courts within Contracting states therefore do not apply the CISG as a foreign law or as international law but as unified State law”. Si veda anche il commento all’art. 6 della Convenzione di X. XXXXXX, in X. XXXXXX (a cura di) “Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili. Commentario”, Padova, 1992.
151 “Qualora a disciplinare il contratto in questione sia la convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di merci, è opportuno che la scelta del diritto comune europeo della vendita comporti l'accordo delle parti ad escludere tale convenzione”.
Convenzione o derogare o modificare gli effetti delle sue disposizioni. La CISG, in altre parole, prevede un sistema di norme non obbligatorie a cui le parti possono derogare, in tutto o in parte, nei loro contratti.152 E così esse possono decidere di sottoporre il contratto, in tutto o in parte, al diritto della vendita nazionale “preesistente”, applicabile ai contratti di vendita interni (il cd “primo regime”), anche in paesi che hanno ratificato la CISG. Allo stesso modo le parti potranno, dunque, escludere l’applicabilità della CISG e optare per un secondo regime nazionale, come il CESL. E’ stato notato, però, come sia la stessa CISG, quale legge applicabile al contratto, a stabilire se ed in quale misura le parti abbiano escluso l’applicabilità della Convenzione: il fatto che la proposta di Regolamento preveda che la scelta di applicare il CESL al rapporto contrattuale “dovrebbe implicare” l’accordo delle parti di escludere l’applicabilità della Convenzione appare ultra vires153. Non può essere, infatti, un Regolamento europeo a stabilire come debba essere l’accordo delle parti per escludere l’applicabilità della Convenzione; questa ipotesi è giustamente regolata dalla CISG stessa, all’art. 8154. Ciò detto, è generalmente ammesso ormai che l’applicabilità della CISG possa essere esclusa non solo espressamente ma anche in modo implicito.155 Nella maggior parte
152 X. XXXXXXXXX, op. cit. p. 4.
153 Cfr. X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.
154 Art. 8: “1) Ai fini della presente Convenzione, le indicazioni ed altri comportamenti di una parte devono essere interpretati secondo l'intenzione di quest'ultima quando l'altra parte era a conoscenza o non poteva ignorare tale intenzione.
2) Se il paragrafo precedente non è applicabile, le indicazioni ed altri comportamenti di una parte devono essere interpretati secondo il senso che una persona ragionevole, di medesima qualità dell'altra parte, posta nella medesima situazione, avrebbe loro dato.
3) Al fine di stabilire l'intenzione di una parte o ciò che avrebbe inteso una persona ragionevole, si dovrà tener conto delle circostanze pertinenti, in particolare dei negoziati eventualmente intercorsi fra le parti, delle consuetudini fra di esse stabilitesi, degli usi e di ogni loro successivo comportamento”.
155 X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.; si veda però I. XXXXXXXXX – X. XXXXXX “Introduction to Articles 1-6”, cit, n.3, in cui emerge (con critiche dell’autore)
dei casi, dunque, non sarà difficile per i Tribunali nazionali dedurre da una scelta esplicita di applicabilità della CESL il fatto che le parti abbiano voluto escludere quella della CISG.156 Possono sorgere, ad ogni modo, difficoltà in caso di scelta parziale (dépeçage), ammessa dalla proposta di Regolamento per i contratti business to business. Le strutture del CESL e della CISG non sono esattamente coincidenti. I due strumenti possono trattare stessi istituti in parti diverse, e ciò significa che non è chiaro cosa comprenda la scelta di una singola parte del CESL: ci potranno essere sovrapposizioni tra le disposizioni dei due strumenti o lacune. La dottrina dunque osserva come sia prudente per i professionisti che optano per il CESL indicare anche espressamente che essi escludono l’applicabilità della CISG, ed essere attenti e precisi circa le proprie intenzioni nei casi di dépeçage.157
Una volta effettuata la scelta in favore del CESL, le tematiche che non rientrano nel suo ambito di applicazione158 continueranno ad essere regolate dalla legge nazionale applicabile al contratto,
come alcuni Tribunali nordamericani abbiano stabilito che la CISG possa essere esclusa sono in modo esplicito.
156 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXXX, S. A.E. XXXXXXX, X. XXXXXX, X. X. XXXXXXX,
X. XXXXXXXXXX, “Policy Options for Progress Towards a European Contract Law: Comments on the Issues Raised in the Green Paper from the Commission of 1 July 2010, COM (2010) 348 Final (January 27, 2011)”, Rabels Zeitschrift für ausländisches und internationales Privatrecht, 2011, Vol. 75, pp. 371 e ss.
157 X. XXXXXXXXX, op.cit. p. 5.
158 Si ricorda qui che il CESL è composto da 186 articoli e disciplina il contratto di vendita insieme ad alcune problematiche generali ad esso collegate (come i doveri precontrattuali, i vizi del consenso, le clausole abusive, la prescrizione, ecc.). Rimangono al di fuori del suo ambito di applicazione diversi istituti più generali, che erano stati invece affrontati dal Draft Common Frame of Reference, quali l’incapacità, la rappresentanza, la non-discriminazione, la pluralità di creditori e debitori, la cessione di credito, la compensazione, il trasferimento di proprietà, la responsabilità extracontrattuale.
individuata secondo il diritto internazionale privato (e in particolare, dai Regolamenti Roma I e Roma II).159
Xxxxxxx, ora, capire come le parti possano materialmente scegliere di utilizzare160 il CESL per i loro contratti transfrontalieri. L’art. 3 della proposta di Regolamento stabilisce che il diritto comune europeo della vendita ha “natura opzionale”. Ciò significa che esso può diventare applicabile solo grazie a una scelta delle parti: l’art. 8, infatti, prevede espressamente che, perché il CESL trovi applicazione, sia necessario “un accordo delle parti in tal senso”161.
Per quanto riguarda i contratti business to business, si evidenzia, innanzitutto, che il CESL può essere utilizzato solo se una delle parti è una piccola o media impresa (PMI), e cioè un’impresa con meno di 250 dipendenti e meno di 50 milioni di fatturato. L’esistenza e la validità dell’ accordo di cui all’art. 8, par. 1, sono
159 Se il legislatore europeo deciderà, in sede di adozione del Regolamento, di inserire nel CESL norme riguardanti gli istituti per ora da esso non regolamentati, la natura di secondo regime del CESL potrebbe avere l’effetto di “neutralizzare” anche l’art. 9 del Regolamento Roma I, in tema di overriding mandatory provisions, oltre all’art. 6 (visto sopra) (cfr. X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.), cosa che per ora non accade, e “outside its scope of application [the CESL will (ndr)] leave all mandatory rules intact”, cfr. X. XXXXXXXX – X. XXXX, op. cit. p. 774; si veda anche X. XXXXXX, “Contract Formation – An Illustration of the Difficult Interface with National Law and Enforcement”, in X. XXXXXXX - X. XXXXXX (a cura di), “Towards a European Contract Law”, Munich, 2011, p. 73 65 – 80.
160 La dottrina (cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit. p. 7) critica il ricorso al termine “utilizzare” (l’art. 4 del CESL prevede che “the Common European Sales Law may be used for cross-border contracts”, e vi è ricorso allo stesso termine agli artt. 6, 7 e 8) e suggerisce di uniformare il testo alla terminologia usata in X. XXXXXXX et al. (a cura di ) Principles of European Insurance Contract Law, Munich, 2010, nel senso di “accordo delle parti” di “sottoporre” il contratto al CESL (la traduzione è libera: il testo dei PEICL, art. 1:102, prevede che i Principi si applichino quando le parti “have agreed that their contracts shall be governed by them”), che peraltro già ricorre all’art. 3 del CESL (“The parties may agree that the Common Euorpean Sales Law governs their cross- border contracts..”).
161 Art. 8, par. 1 della proposta di Regolamento: “The use of the Common European Sales Law requires an agreement of the parties to that effect”.
determinate in base ad alcune apposite diposizioni del CESL162. Emerge da tali disposizioni come la “scelta” non debba essere espressa, l’intenzione delle parti debba essere desunta dalle loro dichiarazioni e dai loro comportamenti163, e il contratto debba essere interpretato (i) secondo la loro comune intenzione (che può essere diversa da quanto emerge dalla lettera del contratto stesso164), (ii) secondo l’affidamento riposto sul significato di una clausola165 e, in assenza, (iii) secondo il significato che potrebbe ragionevolmente essergli attribuito166. La dottrina ha notato come, a seconda delle circostanze, ognuna delle citate disposizioni potrebbe essere d’aiuto per sostenere l’esistenza di un’eventuale scelta implicita delle parti a favore del CESL.167 Nei contratti BtoB, inoltre, la scelta di applicabilità del CESL può anche essere contenuta in clausole standard: tale conclusione può essere dedotta dall’art. 8, par. 1 e, a contrario, dall’art. 8, par. 2 della proposta di Regolamento. Allo stesso modo, si può dedurre dall’art. 8, par. 3, che, nei contratti tra professionisti, le possano effettuare un “scelta parziale” (dépeçage), e non siano tenute ad applicare lo strumento per intero.
Per quanto riguarda i contratti business to consumer, invece, la proposta di Regolamento richiede che la scelta dello strumento avvenga in maniera espressa, con dichiarazione separata.168 La dottrina ipotizza che nei contratti on-line, in cui lo strumento
162 Cfr. art. 8, par. 1, secondo periodo, della proposta di Xxxxxxxxxxx, che rimanda alle disposizioni rilevanti del CESL, e, solo per i contratti coi consumatori, ai paragrafi 2 e 3 e all’art. 9 della proposta di Regolamento.
163 Ai sensi dell’art. 30, par. 3 CESL.
164 Art. 58, par. 1 CESL.
165 Art. 58, par. 2 CESL.
166 Art. 58, par. 3 CESL. La traduzione italiana è libera.
167 X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 9.
168 Art. 8, par. 2.
dovrebbe essere destinato ad avere maggiore applicazione, la scelta dovrà avvenire con la selezione del c.d. “blue button”169. Il professionista-venditore dovrà, poi, inviare al consumatore- compratore una conferma su supporto durevole170.171 A differenza dei contratti BtoB, nei contratti con i consumatori il CESL, ove scelto, deve essere applicato per intero: non può essere, cioè, effettuato il dépeçage. La ragione di una simile differenziazione, secondo la dottrina172, risiede nel fatto che se il dépeçage fosse attuabile nel contratti BtoC, i professionisti ben informati potrebbero scegliere di applicare soltanto le disposizioni del CESL a loro più favorevoli, eludendo, così, le diposizioni a maggiore protezione del consumatore. Se ciò dovesse essere reso possibile, il futuro Regolamento non sarebbe più in grado di assicurare il livello di protezione del consumatore richiesto dagli artt. 114, par. 3, e 169 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.173
Occorre ancora soffermarsi sul fatto che la proposta di Xxxxxxxxxxx non si esprime circa il momento in cui debba essere effettuata la scelta. Sembra, dunque, che le parti possano scegliere in ogni tempo di sottoporre il loro contratto al CESL, non solo al momento della conclusione del contratto, ma anche al momento in
169 L’idea del “blue button” deriva da X. XXXXXXX-XXXXX, “EC Law on the Formation of Contract – from the Common Frame of Reference to the ‘Blue Button’”, Europ. rev. priv. law, 2007, 3, p. 332, in cui l’autore ipotizza come al consumatore si possa presentare la scelta, on-line, tra un “blue button”, con cui scegliere espressamente l’applicabilità del CESL, e un “leave existing national law button”. Si veda anche X. XXXXXXXX – X. XXXX, op. cit., p. 777, e X. XXXXXXXXX, op. cit. p. 9, in cui l’autore prevede come “in practice (…) consumers will have to tick an extra box”.
170 Il concetto di “supporto durevole” è ripreso dal Draft Common Frame of Reference, art. I.-1:106; tale termine è a sua volta tratto da alcune Direttive europee (cfr. art. 2(f) della Direttiva 2002/65/CE sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari e art. 2(12) della Direttiva 2002/92/CE sull’intermediazione assicurativa).
171 Art. 8, par. 2, secondo periodo.
172 X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.
173 X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit.
cui insorge la lite. Questa considerazione sembra valere per i contratti business to business come per quelli business to consumer.174 È stato notato, tuttavia, come nei contratti BtoC la scelta dello strumento al momento dell’insorgere della lite non dovrebbe essere consentita laddove porti a uno svantaggio per il consumatore; una scelta effettuata ex post, infatti, porterebbe conseguenze simili a quelle della scelta “parziale” dello strumento, limitata alle disposizioni favorevoli al professionista, che come visto è proibita dalla proposta di Regolamento. 175
Non si può tralasciare di evidenziare, infine, una critica sollevata nei confronti del CESL, in merito al fatto che la norme applicabili ai rapporti tra imprese (BtoB) parrebbero essere molto più sbilanciate in favore della parte considerata più debole (verosimilmente la piccola impresa) di quanto non lo siano normalmente le normative predisposte per disciplinare i rapporti BtoB, quali ad esempio la CISG.176
Secondo questa linea di pensiero, nel voler realizzare una normativa che potesse applicarsi tanto alle vendite tra imprese quanto a quelle tra imprese e consumatori, è stato dato uno spazio eccessivo a norme che, cercando di proteggere la parte considerata più debole, non rispondono alle “esigenze di prevedibilità e certezza del diritto richieste per i rapporti commerciali”177: viene evidenziato come un operatore che voglia estendere i propri traffici ai mercati degli altri Stati membri non risulti avvantaggiato da una normativa
174 X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXXX, S. A.E. XXXXXXX, X. XXXXXX, X. X. XXXXXXX,
X. XXXXXXXXXX, op. e loc. cit.
175 Secondo X. XXXXXXXXX, op. e loc. cit., dopo l’insorgere della lite le parti (e in particolare il professionista già “informato”) sanno quale diritto troverà applicazione e se questo è per loro più o meno favorevole; per di più nel caso scelta del CESL, non vi sarebbe neanche l’art. 6 del Regolamento Roma I a proteggere il consumatore.
176 Cfr. X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 2.
177 X. XXXXXXXXXX, op. e loc. cit.
che consenta alle sue controparti straniere di far valere eccezioni e contestazioni non previste dalle norme attuali (in particolare dalla Convenzione di Vienna). I professionisti, per questo motivo, non sarebbero spinti a optare per la nuova normativa uniforme e l’obiettivo di facilitare il commercio intracomunitario, dunque, non sarebbe raggiunto. Secondo questa dottrina è, quindi, auspicabile che il progetto venga limitato ai rapporti con i consumatori, per i quali è maggiore l’esigenza di una normativa uniforme, considerate le divergenze esistenti tra le normative nazionali in materia.
CAPITOLO II
LA RESPONSABILITÀ PER ROTTURA INGIUSTIFICATA DELLE TRATTATIVE NELL’ESPERIENZA EUROPEA
Analizzato il progetto di uniformazione del diritto europeo dei contratti in generale, si vuole comprendere come esso possa operare, nello specifico, in tema di responsabilità precontrattuale, con particolare riguardo alla fattispecie della responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative.
Il punto di partenza per questo studio è rappresentato dall’analisi delle divergenze e/o somiglianze in tema di responsabilità precontrattuale (limitatamente, come detto, alla responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative) nei diritti dei principali sistemi giuridici europei.
Si passerà, poi, all’esame della posizione propria dell’Unione europea in tema di responsabilità per rottura delle trattative precontrattuali, in base a quanto emerge dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e dalle disposizioni internazionalprivatistiche europee (Regolamento 44/2001, Regolamento Roma I e Regolamento Roma II).
1 La responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative nei principali sistemi giuridici europei
La formazione del contratto è spesso preceduta da lunghe negoziazioni.178 È stato notato come, specialmente con riguardo agli affari più complessi, si abbia ormai spesso “a gradual process in which agreements are reached piecemeal in several rounds with a succession of drafts”179.
Il principio secondo cui debba essere represso ogni comportamento scorretto tenuto nella fase antecedente la conclusione del contratto (le c.d. trattative) è stato ormai accolto in tutti i moderni ordinamenti giuridici.
Le discussioni in ordine alla natura giuridica della culpa in contrahendo ripropongono l’individuazione dei confini tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e finiscono con l’interessare lo stesso ruolo che il rapporto contrattuale assume sia all’interno dell’ordinamento giuridico, sia, più in generale, nella vita associata oltre che nella dinamica del mercato.180
Le tecniche utilizzate per l’applicazione dell’istituto della culpa in contrahendo, però, sono differenti nei vari ordinamenti giuridici. Questi ultimi “presentano rilevanti diversità in ordine alla fonte di tale principio. Mentre in alcuni sistemi come ad esempio il nostro, esso è previsto da una norma generale (art. 1337), in altri (ad
178 X. XXXXX – X. XXXXXXXXX XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX – X. XXXXXXXXX, “Cases, materials and texts on Contract Law”, Oxford and Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 371.
179 E. A. XXXXXXXXXX, “Pre-contractual Liability and Preliminary Agreements: Fair Dealing and Failed Negotiations”, (1987) 87 Columbia Law Review 217.
180 X. XXXXXXXXXXXX, “Il rapporto precontrattuale e il dovere di correttezza nell’esperienza europea”, in X. XX XXXXX – X. XXXXXXXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale”, Padova, 2002, p. 2.
esempio Germania, Svizzera, Francia), invece, viene fondato su una regola di formazione dottrinale o giurisprudenziale, essendosi il legislatore limitato a disciplinare solo talune ipotesi di culpa in contrahendo”181. L’assenza di norme codificate ad hoc (escluse le norme speciali e le leggi di settore) di tenore analogo a quello degli artt. 1337 e 1338 del nostro codice civile, sia negli ordinamenti di common law che in quelli continentali di civil law, ha, di fatto, reso difficile la derivazione di regole specifiche, delineanti il campo di applicazione della responsabilità precontrattuale, da un’unica clausola generale, quale quella della buona fede nella formazione del contratto. Ciò non ha impedito, però, che la giurisprudenza e la dottrina dei diversi sistemi europei, pur attraverso l’utilizzazione di categorie tra loro differenti, si siano evolute e continuino ad evolversi in cerca di regole operative capaci di fornire un’equa composizione dei conflitti di interesse oltre che una maggiore efficienza economica, portando a soluzioni sempre più convergenti tra loro.182 E così, medesime esigenze di disciplinare l’iniziativa prenegoziale, all’insegna del rispetto del dovere di correttezza, trovano riscontro in numerose norme che hanno introdotto principi di responsabilità, ormai diffusi in tutta l’area continentale, collegati al contegno tenuto durante la fase del rapporto precontrattuale.183
L’origine della formulazione della responsabilità precontrattuale come categoria autonoma viene ascritta a von Jhering184. Il punto
181 X. XXXXXXX, “Culpa in contrahendo”, in Contr. imp., 1987, p. 287. Si veda anche in tema ID., “La responsabilità precontrattuale”, Milano, 1963; X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 2 e ss; X. XXXXXX, “La responsabilità precontrattuale”, Milano, 2008, p. 5 e ss.; X. XXXX, “Responsabilità precontrattuale – Culpa in contrahendo”, voce in Digesto delle discipline privatistiche, Torino, 2007, p. 393 e ss.; X. XXXXX – X. XXXXXXXXX XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX – X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 371 e ss.
182 X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 3.
183 X. XXXXXXXXXXXX, op. e loc. cit.
184 X. XXX XXXXXXX, “Culpa in contrahendo oder Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelangten Verträgen”, in “Jahrbücher für die Xxxxxxxx xxx xxxxxxxx xxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx”, 0000.XX.0.
di partenza dello studio di Xxxxxxx fu l’analisi di alcuni testi del Digesto in cui trova disciplina l’ipotesi di alienazione di locus sacer o religiosus o publicus, dunque beni extra commercium. In caso di omessa comunicazione della condizione del bene – che rendeva nulla la vendita – era accordata al contraente in buona fede un’ actio empti volta a fargli conseguire “quod interfuit ne deciperetur”. La soluzione contenuta nel Digesto diede a Xxxxxxx lo spunto per formulare la distinzione tra l’effetto fondamentale del contratto e gli effetti secondari o collaterali, tra i quali rientrava il risarcimento del danno. La nullità del contratto precludeva solo il primo e non anche i secondi. 185 Per questa via, l’autore teorizzò l’idea che la stipulazione di un contratto nullo può dar luogo al risarcimento del danno, e il fondamento di tale obbligo risarcitorio fu ravvisato nella colpa, sussistente ogni volta che si stipula un contratto senza aver precedentemente accertato l’esistenza di tutti i requisiti necessari per la validità dello stesso; allo stesso modo, la colpa può essere presente anche quando il venditore non sappia che il bene alienato sia extra commercium. Il principio generale che Xxxxxxx ne ricavò fu che se l’obbligo di risarcimento gravante sull’alienante di un bene fuori commercio si fonda su una colpa commessa prima della conclusione del contratto, ogni qualvolta ricorra una culpa in contrahendo dovrebbe sorgere quell’obbligo risarcitorio. Nacque così l’idea che un soggetto, che avesse concluso un contratto nullo per sua colpa, dovesse risarcire il danno sofferto dall’altra parte per aver confidato nella validità del contratto stesso.186 Le ipotesi di culpa in contrahendo furono divise in due categorie, la prima comprendente i casi di inidoneità del soggetto (come l’incapacità) o
185 Cfr. X. XXXXXX, op. cit., p. 3.
186 Cfr. X. XXXX, op. cit., p. 395.
dell’oggetto (come la vendita di cose extra commercium), la seconda comprendente i vizi della volontà.187
È stato osservato come “il vero punto segnato dalla dottrina tedesca (…) sulla scorta della ‘scoperta jheringhiana’ è consistito nell’aver esteso alla fase delle trattative i doveri di buona fede (Treu und Glaube)”188.
È stato spesso ritenuto, anche, che la teoria di Xxxxxxx abbia introdotto una forma di responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative. Nell’opera di Xxxxxxx, in realtà, non vi è menzione della rottura delle negoziazioni precontrattuali;189 l’autore ha preso in considerazione esclusivamente situazioni in cui al meno una parte è convinta che si sia concluso un contratto valido190.
L’origine della responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative pare risalire, invece, a un articolo pubblicato dal magistrato Xxxxxxxx Xxxxxxxx000 in cui la fase delle trattative veniva suddivisa in tre periodi: (i) il periodo anteriore al momento in cui fosse stata avanzata un’offerta; (ii) il periodo in cui un’offerta fosse stata avanzata e, infine, (iii) il periodo successivo alla proposizione dell’offerta. La novità della ricostruzione appena prospettata versava nella circostanza che una parte potesse essere ritenuta responsabile in tutti e tre i periodi, incluso, quindi, anche il
187 X. XXXXXX, op. e loc. cit.
188 X. XXXX, op. cit., p. 395.
189 Cfr. X. XXXXX – X. XXXXXXXXX XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX –
X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 371.
190 E in particolare l’ipotesi in cui una parte avesse indotto la controparte a confidare nella conclusione di un valido contratto, laddove questo si fosse poi rivelato invalido (fattispecie che ha poi trovato esplicito riconoscimento in sede di codificazione italiana, all’art. 1338 c.c.). Si veda L. M. XXXXXXXXX, “Trattative e due diligence”, Milano, 2009, p. 248.
191 X. XXXXXXXX, “Dei periodi precontrattuali e della loro vera ed esatta costruzione scientifica”, in “Studi giuridici in onore di Xxxxx Xxxxx” vol. III, Napoli, 1906, p. 271.
periodo anteriore alla proposizione di un’offerta. In precedenza, invece, si reputava che, essendo la libertà di non contrarre e di recedere dalle trattative192 un diritto riconosciuto pacificamente in capo alle parti coinvolte nelle negoziazioni, queste non potessero essere ritenute responsabili, in ossequio al principio qui iure suo utitur neminem laedit, per i danni causati ad altri nell’esercizio di tale diritto.193
Lo sviluppo dell’intuizione di Faggella si deve, poi, al giurista e comparatista xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx000 (il quale, in un saggio pubblicato poco dopo quello del magistrato napoletano, fece propri ed elaborò ulteriormente i punti salienti della sua teoria). La teoria ebbe fortuna anche in Germania (pochi anni dopo l’entrata in vigore del BGB, il Reichsgericht riconobbe una disciplina generale della culpa in contrahendo, usandola, però, per risolvere una diversa problematica rispetto a quella per cui Xxxxxxx l’aveva prospettata) e chiaramente in Italia (il codice civile italiano del 1942 è il primo codice che contiene una specifica disciplina della responsabilità precontrattuale, agli artt. 1337 e 1338).195
È il caso di comprendere, dunque, come si articola l’istituto nei principali sistemi giuridici europei.
192 Si veda in tema, ex multis, il celebre saggio di P. S. XXXXXX, “The rise and fall of freedom of contract”, Xxxxxx, 0000.
193 L. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 249.
194 X. XXXXXXXXX, “Xx xx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx; x xxxxxx x’xxx xxxxx xxxxxxxx xxx xx xxxxxxx”, in RTD civ., 1907, p. 607 e ss.
195 Cfr. X. XXXXX – X. XXXXXXXXX XXXXXX – X. XXXXXXX – X. XXXXXX –
X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 372.
1.1 Il sistema italiano
Nella formulazione del previgente codice civile italiano, del 1865, non era prevista alcuna disciplina in merito al comportamento delle parti durante la fase delle trattative e della formazione del contratto. Dunque, sulla base del principio generale della libera volontà delle parti, asse portante della materia contrattualistica, affiancato al postulato della “non vincolatività delle trattative”196, si legittimava la libertà di recesso delle parti durante le trattative precontrattuali, senza, di conseguenza, la determinazione di qualsivoglia responsabilità.197
Come visto sopra, fu soprattutto grazie alla tesi innovativa di Faggella che agli inizi del 1900 anche in Italia si iniziò a prendere in esame l’ipotesi di addebitare una responsabilità in capo alla parte che avesse abbandonato le trattative senza un giustificato motivo.198
Detta tesi trovò il favore della giurisprudenza ed in particolare della Corte di Cassazione secondo cui (i) “la parte che recede ingiustificatamente dalle trattative deve risarcire l’altra parte delle spese incontrate, dovendosi intendere che il consenso a trattare per la conclusione di un contratto comporti l’impegno, se non a concludere il contratto definitivo, certo a non recedere senza giustificato motivo”199 e (ii) “nelle fasi preparatorie le parti devono comportarsi con l’ordinaria diligenza”200. Tutt’altra posizione assunse invece la dottrina che, quasi nella sua totalità, rifiutò la
196 X. XXXXXXX, “La formazione dei contratti”, Milano, 1915, p. 12.
197 X. XXXX, op. cit., p. 398.; X. XXXXXX, op. cit., p. 219 e ss.
198 X. XXXXXXXX, op. e loc. cit.
199 Cass. 6.02.1925 in XXXx 0000, II, p. 428.
200 Cass. 10.07.1936, n. 2441, in Foro it., 1936, I, p. 1260.
tesi innovativa del Faggella ribadendo il principio della non vincolatività delle trattative precontrattuali201. Fu quindi grazie soprattutto alla giurisprudenza se, in mancanza di una puntuale previsione codicistica, la rottura ingiustificata delle trattative iniziò ad assumere autonoma rilevanza giuridica.
A ben vedere, l’importanza della tesi di Xxxxxxxx e del conforme indirizzo giurisprudenziale formatosi, fu quella di avere evitato due possibili esiti estremi parimenti irragionevoli: da una parte, il principio in base al quale qualsivoglia recesso è legittimo e non determina responsabilità, e dall’altra parte, quello per cui il semplice fatto di aver instaurato una trattativa comporta l’obbligo di proseguirla, salvo giustificato motivo. L’opportuna soluzione al problema doveva essere cercata esaminando in concreto a quale stadio si trovino le trattative, in quanto non tutti i momenti che precedono un contratto sono uguali. Da qui la necessità di rinvenire il momento che rappresenta lo spartiacque tra il periodo in cui il recesso è pienamente libero e il periodo nel quale, invece, emerge l’esigenza del rispetto della fiducia delle parti nella continuazione delle trattative.202
Fu su tali basi che il legislatore italiano redasse il nuovo codice civile del 1942, frutto della commistione della dottrina tedesca e dell’impianto codicistico francese203, dedicando alla responsabilità precontrattuale due articoli: il più generale art. 1337 rubricato “Trattative e responsabilità precontrattuale”204 e il più specifico art.1338 rubricato “Conoscenza delle cause d'invalidità”205.
201 Fra gli altri, X. XXXXXXX, op. e cit. e F. XXXXXXX, “Xxxxx critici sulla così detta responsabilità precontrattuale” in Dir. comm., 1920, II p. 235 e ss.
202 X. XXXXXX, op. e loc. cit..
203 X. XXXX, op. cit. p. 399.
204 Ai sensi del quale: “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.
Come nota la dottrina “L’art. 1337 porta con sé qualcosa di ermetico, dovuto alla sua natura di norma elastica, imperniata su una clausola generale”206. Nell’ordinamento italiano, dunque, è compito dell’interprete determinare schemi interpretativi concreti per la regola generale di cui all’art. 1337 c.c. e individuare le tipologie di casi che ricadono nella sua portata applicativa, partendo dal concetto di buona fede.
E’ opinione diffusa che l’art. 1338 c.c. si ponga in rapporto species a genus rispetto al precedente articolo; secondo questa impostazione, il dovere di informare la controparte sull’esistenza di cause di invalidità del contratto viene qualificato come applicazione specifica (una tra le varie)207 del dovere di comportarsi secondo buona fede sancito dal precedente art. 1337.208 In particolare, tale
205 Ai sensi del quale: “La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa d’invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.”
206 X. XXXXX, in X. XXXXX - G. DE NOVA, “Il contratto”, in “Trattato di diritto civile” diretto da X. XXXXX, Torino, 2004, II, p. 236.
207 Su cui si veda ampiamente X. XXXXX, op. cit., p. 236 e ss.
208 Si vedano in particolare X. XXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale”, cit., p. 15 e ss; X. XXXXXX, “Istituzioni di diritto privato”, Bologna, 1873, p. 446; X. XXXXXXX, “Sulla natura della responsabilità precontrattuale”, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 363; X. XXXXXXXXX, “Dei contratti in generale”, 3a ed., in Commentario del codice civile, Torino, 1980, p. 116; G. OSTI, voce “Contratto” in Noviss. Dig. it, IV, Torino, 1959, p. 514; X. XXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale”, in Encicl. Dir., XXXIX, Milano, 1988, p. 1271 e ss; X. XXXXXXXXXX, “I vincoli unilaterali nella formazione progressiva del contratto”, 2a ed., Milano, 1991; X. XXXXXXXXX, “La reticenza nella formazione dei contratti”, Milano, 1972, p. 108; S. PATTI, “Responsabilità precontrattuale”, in Commentario al codice civile , diretto da X. XXXXXXXXXXX, Milano, 1993, p. 164.
Una dottrina minoritaria critica la qualificazione in termini di species e genus del rapporto degli articoli 1337 e 1338 c.c.. Si vedano: X. XXXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale nella giurisprudenza”, Milano, 1999, p. 111 (secondo cui la responsabilità di cui all’art. 1337 c.c. avrebbe natura aquiliana mentre invece quella di cui all’art. 1338 c.c. dovrebbe essere ricondotta all’ipotesi da responsabilità da inadempimento); similmente X. XXXXXXXX, “La lesione dell’interesse contrattuale negativo (e dell’interesse positivo) nella responsabilità civile”, in Contr. impr., 1988, p. 794 e ss.; X. XXXXXXXXX XXXX, “Contributo ad una teoria dell’interesse legittimo nel diritto
xxxxx si configura come un’ipotesi di responsabilità precontrattuale operante in caso di esito positivo delle trattative, confluite nella stipulazione di un contratto, quando, tuttavia, quest’ultimo sia affetto da cause di invalidità della cui esistenza la controparte sia stata o avrebbe dovuto essere a conoscenza. Per questo motivo, in questa sede, non ci si occuperà della fattispecie di cui all’art. 1338 x.x., xxxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxx xxx xxxx xx xxxxxxx delle negoziazioni.
Il recesso ingiustificato dalle trattative costituisce ancora l’esempio paradigmatico di condotta contraria al dovere di buona fede precontrattuale sancito dall’art. 1337 c.c.
Per l’insorgere della fattispecie della responsabilità precontrattuale da rottura ingiustificata delle trattative, e quindi della violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1337, la giurisprudenza maggioritaria ritiene necessaria la presenza di alcuni requisiti fondamentali: (i) uno stadio avanzato delle trattative idoneo a determinare il ragionevole affidamento di una parte nella futura conclusione del contratto, (ii) l’assenza di una giusta causa di recesso e (iii) l’esistenza di un danno risarcibile. Sul punto, è il caso di riportare le parole di una illuminante sentenza della Corte di Cassazione secondo cui: “Ai fini della configurabilità di una responsabilità precontrattuale, è sufficiente che tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione di un contratto giunte ad uno stadio tale da giustificare oggettivamente l'affidamento nella
privato”, Milano, 1967, p. 258 (secondo cui la concezione di buona fede oggettiva come criterio di valutazione della condotta delle parti mal si concilia con l’obbligo specifico posto dall’art. 1338 c.c.).
Si veda poi la teoria di X. XXXXX, op. cit., p. 596, 597, secondo cui gli articoli 1337 e 1338 c.c. piuttosto che porsi in rapporto di genus a species tra loro, costituirebbero entrambi applicazioni specifiche del più generale principio di neminem laedere di cui all’art. 2043.
La giurisprudenza sembra maggiormente in linea con il primo orientamento prospettato qualificando l’art. 1338 c.c. in termini di species rispetto al genus dell’art. 1337 c.c.: si vedano a titolo esemplificativo: Cass. 21.08.2004, n. 16508, in Massim. giust. civ., 2004, p. 7-8; Cass. 26.05.1992,
n. 6294, in Nuova giur. civ. comm., 1993, I, p. 351; meno recentemente Cass. 5.08.1964, n. 2225, in Rep. foro it., 1964.
conclusione del contratto stesso, e che una delle parti abbia interrotto tali trattative in assenza di un giusto motivo, così eludendo le ragionevoli aspettative dell'altra.”209
Prima di esaminare i vari presupposti della fattispecie come indicati dalla Cassazione è bene precisare due questioni di carattere più generale.
1) Il principio di buona fede, applicato alle trattative, deve essere inteso in senso oggettivo, quale limite all’autonomia negoziale delle parti che nella fase precontrattuale devono comportarsi con correttezza, solidarietà e serietà;210 non è richiesta, dunque, l’indagine sullo stato soggettivo delle parti211. In particolare la giurisprudenza sostiene che per tenere un comportamento rilevante ai sensi dell’art. 1337 c.c., non sia necessario un
209 Cass. 25.01.2012 n. 1051 in Diritto & Giustizia 2012 (nella specie, un lavoratore aveva comunicato le dimissioni al proprio precedente datore di lavoro in ragione dell'offerta, da parte di altro datore, di un ruolo di amministratore delegato. Nonostante le numerose rassicurazioni, tuttavia, in luogo della carica inizialmente descritta gli veniva poi proposto un rapporto di collaborazione, senza mai arrivare all'assunzione); in maniera conforme si vedano: Cass. 29.03.2007, n. 7768, in Mass. giur. it., 2007; Cass. 18.06.2004, n. 11438, in Giust. civ. Mass. 2004, 6; Cass. 14.02.2000, n. 1632, in Giur. it., 2000, 12, p. 2250 con nota di X. XXXX, “Comportamenti affidanti e valutazione del danno risarcibile: il recesso dalle trattative in materia di locazione. Note comparatistiche”.
210 Cfr. C. M. XXXXXX, “La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale”, in Riv. dir. civ., 1983, I, p. 205; X. XXXXXXXXX, “Buona fede e ragionevolezza”, in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 709; X. XXXXXXX, “Culpa in contrahendo” cit., p. 303.
Si segnala in tema che nel recente dibattito dottrinale, emerge una differente interpretazione relativa al concetto di buona fede in senso oggettivo: a fianco a chi ravvisa i parametri della buona fede oggettiva nei doveri di lealtà e salvaguardia in capo alla parte, vi è chi, diversamente, rifacendosi all’esempio angloamericano, ritiene che il parametro per valutare la buona fede oggettiva sia il comportamento del reasonable man, “dando un significato (…) ancor più oggettivo alla buona fede oggettiva” X. XXXX, op. cit.,
p. 403; si vedano in tema anche X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 709 e ss.; L. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 205.
211 In dottrina, però, c’è chi nega che il comportamento semplicemente colposo possa essere fonte di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. cfr. X. XXXXXXXX, “Il contratto in genere”, in, “Trattato di diritto civile e commerciale”, diretto da X. XXXX e X. XXXXXXXX, XXI, Milano, 1968, I, p. 302.
comportamento soggettivo di male fede ma sia sufficiente il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte212. La responsabilità precontrattuale sussiste, infatti, non solo in presenza di un intento doloso della parte, che agisce con il proposito di arrecare pregiudizio all’altra (ad esempio iniziando o proseguendo le trattative senza l’intenzione di concludere il contratto), ma anche nel caso di comportamento meramente colposo della parte che induca l’altra a confidare nella conclusione del contratto (ad esempio iniziando o proseguendo le trattative con leggerezza senza verificare la concreta possibilità di concludere il contratto).213
2) Occorre dare conto che non vi è uniformità di vedute, in dottrina, in ordine alla natura della responsabilità della natura precontrattuale in generale. Questo dibattito si riflette di conseguenza sulla fattispecie in esame in questa sede. La maggior parte degli autori sostiene la natura aquiliana della responsabilità ex art. 1337 c.c., riconducendo la violazione del dovere di buona fede nelle trattative alla lesione del dovere generale neminem laedere.214 Altri215 sostengono, invece, la natura contrattuale della
212 Cass. 17.09.1997, n. 11394, in Foro it., 1997, I, p. 2194; Xxxx.
30.08.1995, n. 9157, in Giust. civ. Mass. 1995, p. 1568; Cass. 30.03.1990,
n. 2623, in Giust. civ. Mass., 1990, fasc. 3; Cass. 11.09.1989, n. 3922, in Giust. civ. Mass.,1989, fasc. 8, 9. Secondo questo orientamento si esclude che ai fini dell’accertamento di una responsabilità precontrattuale debba provarsi la sussistenza di un particolare comportamento di mala fede, né l’intenzione di arrecare pregiudizio all’altro contraente.
Come osserva X. XXXXXXXX, “Concorso di colpa e affidamento nella responsabilità precontrattuale”, in Resp. civ. prev., 1985, p. 361, consegue la valutazione del comportamento in termini di colpa la considerazione che la responsabilità potrà essere esclusa o limitata qualora il grado di negligenza del danneggiato sia tale da rendere irrilevante il comportamento scorretto del danneggiante.
213 C. CAVAJONI, “Ingiustificato recesso dalle trattative e risarcimento del danno”, nota a Cass. 27.10.2006, n. 23289, in I Contratti, n. 4/2007, p. 313 e ss, spec. p. 316.
214 Fra gli altri: X. XXXXX, in X. XXXXX- G. DE NOVA, op. cit. 236; X. XXXXXXX, “Buona fede in senso oggettivo, recesso dalle trattative e responsabilità per danno ‘ingiusto’, in Giur. merito, 1978, I, p. 1165; C.M. XXXXXX, “Diritto civile, III, Il contratto”, Milano 1987, p. 162 e ss.; F.
responsabilità ex art. 1337 c.c.; la violazione sarebbe relativa al vincolo che si crea tra le parti a seguito del “contatto” derivante dalle instaurate trattative e riguarderebbe, pertanto, un obbligo relativo e non assoluto. L’art. 1337 c.c. sarebbe, quindi, la fonte non convenzionale di un vero e proprio vincolo obbligatorio tra due soggetti determinati e in virtù di tale norma si avrebbe l’effetto di estendere i reciproci obblighi di correttezza ex art. 1175 c.c. alla fase delle trattative volte alla formazione del contratto216.
Accanto a queste due posizioni se n’è affiancata una terza, che riconosce nella responsabilità precontrattuale un vero e proprio tertium genus rispetto a quelle contrattuale ed extracontrattuale.217
La giurisprudenza, dal canto suo, pare solidamente schierata per la tesi dell’extracontrattualità, tradizionalmente desunta dall’assenza, nella fase prenegoziale, di un vincolo obbligatorio tra le parti,
CARRESI, “In tema di responsabilità precontrattuale”, in Temi, 1965, p. 467;
X. XXXXXXX, “Il negozio giuridico” in, “Trattato di diritto civile e commerciale”, diretto da X. XXXX e X. XXXXXXXX, III, Milano, 1988, p. 443; X. XXXXXXXX, “Incapacità naturale e inadempimento”, Napoli, 1950, p. 178; M. L. LOI e X. XXXXXXXXX, “Buona fede e responsabilità precontrattuale”, Milano, 1974, p. 106; X. XXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale”, NGCC, 1986, II, p. 175;
E. DELL’AQUILA, “La correttezza nel diritto privato”, Milano, 1980, p. 13.
215 Fra gli altri: X. XXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale” cit., p. 122;
A. DE CUPIS, “La natura della responsabilità”, Milano, 1966, p. 371; X. XXXXXXX, “Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 365; X. XXXXXXX, “Natura contrattuale della responsabilità precontrattuale”, RDCo, 1956, II, p. 360; ASTOLFI,”In tema di responsabilità precontrattuale”, in Foro it., 1954, I, p. 1110; X. XXXXXXXX, voce “Contratto /diritto privato”, in Enc. dir., IX, Milano, 1961, p. 892; X. XXXXXXXXXXXX, “Dei contratti in generale”, in Commentario al codice civile diretto da X. XXXXXXXX e X. XXXXXX, Bologna-Roma, 1970, p. 213 ss.; X. XXXXX, “Interesse negativo e responsabilità precontrattuale”, Milano, 1990, p. 755.
216 Questa, in particolare, l’opinione di X. XXXXXXX, “Sulla natura della responsabilità precontrattuale” cit., p. 365.
217L. XXXXXXXXX XXXX, op. cit. p. 851; X. XXXXXXXXX, op. cit, p. 100. Il maggior ostacolo incontrato da questa tesi è l’argomentazione per la quale nel diritto privato italiano, non sia ipotizzabile un genere di responsabilità diverso da quelle derivanti dalla violazione di un vincolo contrattuale o di un obbligo generico posto a carico della collettività (illecito civile). Esclude espressamente la qualificazione della responsabilità in esame quale tertium genus Cass. 11 maggio 1990, n. 4051, in Rass. avv. Stato 1990, I, p. 235
criterio imprescindibile per la riconduzione al genus contrattuale. La Cassazione, infatti, espressamente prevede che “La responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta, posta dall'art. 1337 c.c. a tutela del corretto dipanarsi dell'iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale”218. Ne consegue che dovranno essere applicati le norme e i principi dettati in materia di responsabilità aquiliana circa la sussistenza della responsabilità, la distribuzione dell’onere della prova, etc.219
Tornando agli elementi caratterizzanti la fattispecie di responsabilità per recesso ingiustificato dalle trattative, è necessario innanzitutto, come visto sopra, che le trattative siano giunte ad uno stadio tale da determinare nella controparte un affidamento nella futura conclusione del contratto.220 Dottrina e giurisprudenza si sforzano, quindi, di individuare la soglia delle trattative oltre la quale il recesso diviene senz’altro illegittimo (salva la presenza di una giusta causa di recesso) e, in quanto tale, fonte di responsabilità precontrattuale.221 E così l’istruttoria, nella
218 Cass. 29.07.2011 n. 16735, in Giust. civ. Mass. 2011, 9, p. 1228; in tema si vedano anche ex multis: Xxxx. 05 08. 2004, n. 15040, in Giust. civ. Mass. 2004, p. 7-8 ; Cass. 10.10.2003, n. 15172, in Giust. civ. Mass., 2003, p. 10;
Cass. S.U., 23.06.2003, n. 10160, in Giust. civ. Mass., 2003, p. 6.
219 La Cassazione, nella massima citata, prosegue, infatti, sostenendo che nella fattispecie in questione “vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell'onere della prova. Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull'altra parte l'onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma de qua”. Cass. 29.07.2011 n. 16735, cit..
220 Come è stato notato da X. XXXX, “La responsabilità precontrattuale”, cit.,
p. 401, in ottica comparatistica, ponendo l’attenzione sulla particolare situazione affidante creatasi, il punto di riferimento diventa chiaramente il modello tedesco (su cui si veda infra).
221 Si veda in particolare Cass. 18.06.2004, n. 11438, in Giust. civ. Mass. 2004, p. 6, e in JD 3/2006, secondo cui “La mera presenza delle trattative non è sufficiente ad integrare l’invocata responsabilità (…) poiché le parti hanno facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione, e di recedere in ogni momento ed indipendentemente da un giustificato motivo
maggior parte dei casi, si concentra nell’analisi della presenza o meno di un comportamento affidante da parte del contraente che ha interrotto i negoziati.222
E’ stato ritenuto affidante, ad esempio, il comportamento di colui che rassicuri in mala fede la controparte sulla conclusione del negozio; di chi predisponga determinati requisiti per l’assegnazione di un posto di lavoro e nella fase di assunzione non li rispetti; di chi proceda alla conclusione di accordi minori all’interno di una trattativa più complessa; di chi riceva somme in acconto in vista di una futura compravendita; di chi corrisponda un assegno a seguito di accordo orale per la vendita di un immobile;223 ed infine di chi permetta al futuro conduttore di eseguire cambiamenti strutturali all’immobile per la locazione del quale le trattative sono pendenti.224 Ed ancora, è stato ravvisato un comportamento
(Cass. 29 maggio 1999, n. 5297), l’ingiustificato motivo assume rilievo solo dove si sia precedentemente formato il ragionevole affidamento della parte; (…) la giustificazione del “recesso” dalle trattative diventa necessaria (per escludere la responsabilità precontrattuale ove preesista il ragionevole affidamento della controparte sulla successiva conclusione del contratto”.
222 Vi sono, tuttavia, casi in cui le trattative sono giunte ad uno stadio talmente avanzato da rendere evidente la presenza di affidamento, ad esempio quando le parti abbiano preso in considerazione gli elementi essenziali del contratto, “rimanendo solo da discutere elementi marginali, sì da rendere ormai prevedibile la prossima conclusione del contratto: le parti hanno discusso e hanno trovato l’accordo sulle linee fondamentali della autoregolamentazione precettiva, nell’ambito del loro potere di autonomia negoziale, dei rispettivi interessi divergenti”. Cass. 11.02.1980, n. 960, in G.C., 1980, I, p. 1947. Si veda, però, anche la più recente Cass. 10.06.2005,
n. 12313, in D&G, 2005, 30, p. 17, che precisa “Non occorre, pertanto, che l'interruzione delle trattative debba riguardare un ben preciso negozio, che le parti abbiano preventivamente individuato in uno schema definito in tutti i suoi elementi costitutivi, essendo sufficiente -siccome è avvenuto nel caso in esame- che le trattative siano riferibili ad elementi idonei e sufficienti ad indicare la causa (tipica o atipica) di una convenzione, della quale detti elementi debbono entrare a far parte”.
223 L’elencazione esemplificativa è tratta da A. MUSY, “Comportamenti affidanti e valutazione del danno risarcibile: il recesso dalle trattative in materia di locazione. Note comparatistiche”, cit., p. 2251; tra gli esempi, si vedano Cass. 13.12.1994, n. 10649, in Mass. giur. it., 1994; Cass. 25.03.1992, n. 3699, in Mass. giur. it., 1992.
224 Cass. 14.02.2000, n. 1632, cit., commentata da MUSY.
affidante l’aver redatto bozze di contratto, anche preliminare, e l’aver fissato un incontro per la stipula dello stesso225; l’aver affidato alla controparte lo studio di un progetto di costruzione implicante notevoli costi226.
L’affidamento ragionevole della controparte deve essere incolpevole, nel senso che “sia sorto e sia stato alimentato sulla base di circostanze obbiettive e ragionevoli e che non sia imputabile, anche per effetto di semplice negligenza, ad uno stato esclusivamente soggettivo del destinatario della dichiarazione”227. E così, pur in ipotesi di trattative giunte in stadio estremamente avanzato, l’affidamento non può dirsi incolpevole se la parte è stata resa edotta di elementi ostativi o, comunque, rivelatori della mancanza di volontà di concludere positivamente i negoziati.228 Secondo la dottrina, il risarcimento sarà negato alla parte che non ha verificato circostanze accertabili con criteri di diligenza medi.229
Una volta che le trattative giungono ad uno stadio avanzato e nessuna parte ha comunicato elementi tali da neutralizzarne la valenza affidante, la parte che recede può andare esente da responsabilità precontrattuale solo in presenza di un giustificato motivo per il suo recesso. Per giustificato motivo si deve intendere ogni circostanza idonea ad esercitare una qualche apprezzabile incidenza secondo una valutazione oggettiva230 sulla situazione di
225 Trib. Bari, 19.04.2004, in A.L.C., 2005, p. 344.
226 Trib. Catania, 26.02.1971, in Giur. it., 1972, I, 2, p. 382.
227 Cass. 4.3.2002, n. 3103, in S.I., 2002, p. 1126.
228 X. XXXXXX, op. cit., p. 234. Da questa riflessione l’autore ne deriva la necessità di distinguere il requisito dello stadio avanzato della trattativa da quello del ragionevole affidamento.
229 Cfr. X. XXXXXXXX, “La responsabilità civile”, in “Trattato di diritto civile”, diretto da X. XXXXX, vol. III, Torino, 1998, p. 660.
230 Come osservato in dottrina, in linea generale, la valutazione della giustificatezza del motivo, deve essere condotta secondo il parametro dell’uomo medio. X. XXXXXXX, op. cit., p. 446.
fatto rilevante per la convenienza dell’affare. A titolo esemplificativo231, è stata riscontrata giusta causa di recesso quando: una parte abbia rinunciato a concludere un contratto diverso da quello per cui erano in corso le negoziazioni; oppure quando sia venuto meno il consenso su elementi essenziali del contratto; ovvero quando sia venuta meno la copertura assicurativa a garanzia dei crediti232 o ancora quando la controparte abbia posto nuove e più onerose condizioni233.
Per quanto riguarda il danno risarcibile234, infine, la regola dominante nella valutazione dei danni subiti nei casi di violazione del dovere di buona fede ex art. 1337 è quella della limitazione del risarcimento all’interesse negativo (id quod interest contractus initium non fuisse). Nella relazione del Guardasigilli al codice civile (in particolare, al paragrafo 638) si legge che l’interesse negativo “comprende i danni rappresentati dalle spese, dalle perdute occasioni di stipulare altro valido contratto, dall’attività sprecata nelle trattative e sottratta ad altre utili applicazioni”.235
231 Si vedano, xxxxxxx, X. XXXX, “Responsabilità precontrattuale”, cit., p. 401 e X. XXXXXX, op. cit., p. 239-241.
232 Trib. Cremona, 6.06.1991, in FP, 1992, p. 453;
233 Cass. 1.03.2007, n. 4856, in Ced Rv, 565768.
234 Su cui si vedano anche, ex multis, X. XXXXXXX, “Responsabilità precontrattuale e rotture delle trattative: danno risarcibile e nesso di causalità”, in Xxxxx e resp., 2009, 5, p. 469 e I. XXXX, “Nuove tendenze in tema di danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale”, in Riv. trim. dir. Proc. civ., 2008, 3, p. 1013.
235 Come nota A. XXXX, “Responsabilità precontrattuale”, cit., p 409, “il testo della relazione al codice come tutta la retorica del quantum del risarcimento precontrattuale rivelano più di ogni altro ragionamento su questo tema la dipendenza del modello italiano da quello tedesco; allo stesso tempo sono segnale inconfondibile della convinzione dell’epoca che le uniche figure di culpa in contrahendo possibili fossero la mancata rivelazione di cause di invalidità del contratto (art. 1338 c.c.) e quella del recesso ingiustificato dalle trattative (art 1337 c.c.)”.
L’interesse protetto risulta essere, così, non quello volto ad ottenere l’esecuzione del contratto, ma quello a non iniziare inutilmente le trattative.236 Il danno patito ricomprenderà, da una lato, le spese affrontate in occasione delle trattative (danno emergente) e, dall’altro, le occasioni alternative perdute (lucro cessante).
La giurisprudenza sul tema, specifico, della rottura ingiustificata delle trattative è orientata in tal senso.237
Parte della dottrina, maggiormente legata alla qualificazione della fattispecie in termini di responsabilità contrattuale, non accetta, invece, il limite imposto dall’interesse negativo.238
È il caso di menzionare, sul tema, una interessante pronuncia della Corte di Cassazione239 in tema di recesso ingiustificato dalle trattative da parte del committente di uno spettacolo, in prossimità della messa in scena. In questa sentenza la Xxxxx xx Xxxxxxxxxx,
000 In dottrina X. XXXXXXX, op. cit., p. 178; X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 116; X. XXXXXXX, “I contratti in generale”, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1980, p. 316.
237 Si veda l’esemplare massima di Cass. 14.02.2000, n. 1632 cit., che afferma che “nell'ipotesi di responsabilità precontrattuale i danni sono quelli contenuti nei limiti del cosiddetto interesse negativo, comprendente le spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto nonché delle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni. La responsabilità precontrattuale non può essere utilizzata per chiedere il risarcimento dei danni che si sarebbero evitati o dei vantaggi che si sarebbero conseguiti con la stipulazione ed esecuzione del contratto. La liquidazione del danno in via equitativa, poi, deve subordinarsi alla impossibilità o alla rilevante difficoltà, in concreto, della esatta quantificazione di un pregiudizio ontologicamente certo nella sua sussistenza”. Nel caso in esame, avente ad oggetto il fallimento delle trattative riguardanti un acquisto di azienda, la Cassazione esclude che il danno precontrattuale possa comprendere il valore di acquisto della componente avviamento dell’azienda.
Si vedano anche, ex multis, Cass. 30.08.1995, n. 9157, in Mass. giur. it, 1995; Cass. 13.12.1994, n. 10649, cit.; Cass. 25.02.1994, n. 1897, in Mass.
giur. it., 1994.
238 Cfr. X. XXXXXXX, “Culpa in contrahendo”, cit., p. 304; si vedano anche X. XXXXXXX, op. cit., p.1274; X. XXXXX, op. cit., p. 305; X. XXXXXXXXX, op. cit., p.321; X. XXXXXXXX, op. cit., p. 792; X. XXXXX, “Responsabilità precontrattuale e problemi di quantificazione del danno”, in Studi in onore di
C.M. Bianca, IV, Milano, 2006, p. 519.
239 Cass. 27.10.2006, n. 23289, in I Contratti, 4/2007, p. 313, con nota di C. CAVAJONI, cit..
adattando l’interesse negativo alla peculiarità della fattispecie, prevede che il danno subito dagli artisti che abbiano eseguito le attività necessarie per la preparazione della rappresentazione, debba comprendere (oltreché nel mancato guadagno per le eventuali occasioni contrattuali alternative perdute) anche la “congrua retribuzione della sola opera intellettuale già eventualmente anticipata”. Pur se la Cassazione prevede espressamente che tale risarcimento debba essere inteso alla stessa stregua delle spese sostenute durante le trattative, e quindi apparentemente non superi i limiti dell’interesse negativo per giungere al risarcimento di quello positivo, la pronuncia è stata interpretata come segnale dell’evoluzione del concetto di interesse negativo, sempre più conforme ai principi generali espressi dagli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., e come manifestazione dell’inadeguatezza della nozione tradizionale di interesse negativo ad arginare la progressiva espansione delle condotte illecite che possono dar luogo a responsabilità precontrattuale.240
1.2 Il sistema francese
A differenza di quanto accennato sopra in merito al sistema italiano, il codice francese non dedica alcun articolo specifico alla culpa in contrahendo, e l’argomento fu appena sfiorato dalla
240 Cfr. I. XXXX, op. cit., p. 1022; C. CAVAJONI, op. cit., p. 318. Il concetto di inadeguatezza dell’interesse negativo all’evolversi delle fattispecie di cui all’art. 1337 era già stato sostenuto da X. XXXXXXX, op. cit., p. 1274.
dottrina241, che ha dedicato, in passato, solo in opere marginali la sua attenzione alla natura giuridica e agli effetti dei pourparlers.242
La preoccupazione che, mediante la responsabilità precontrattuale243, potessero essere introdotte nel sistema delle aporie tendenti a ridimensionare il ruolo della libera volontà dei contraenti (“principio-cardine che innerva il sistema francese”244), ha fatto sì che tanto la dottrina quanto la giurisprudenza abbiano preferito ricorrere a soluzioni alternative per sanzionare la fattispecie, piuttosto che configurare una categoria generale di responsabilità precontrattuale.245
Si è preferito riportare la tutela contro specifiche ipotesi di scorrettezze occorse nella fase delle trattative entro l’ambito della disciplina della responsabilità extracontrattuale (art. 1382 del Code
241 Si veda X. XXXXXXX, “Xxxxx xxx xx xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxx”, Xxxx, 0000.
242 Cfr. X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 9; X. XXXX, op. cit., p. 393; X. XXXXXX, op. cit., p. 5; L. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 57; X. XXXXXXX, “La responsabilità precontrattuale”, in X. XXXXXXX (a cura di) “Trattato di diritto privato”, Torino, 2000, XIII, 2, p. 201 e ss.
243 Per una prima bibliografia sulla responsabilità precontrattuale in genere, si vedano: X. XXXXX – X. XXX, “Xxxxx xx xxxxx xxxxx xxxxxxxx”, x. 0, a cura di
X. XXXXXX, Litec, VI ed., 1936; X. XXXXXXX – X. XXXXXX, “Traitè pratique de droit civil français”, Vol. 6, “Obligations”,1re partie, a cura di P. XXXXXX, LGDJ, 2° ed. 1954; X. XXXXXX, “Droit privé de l’économie”, t.2, “Xxxxxxx xxx xxxxxxxxxx”, XXX, 0000; X. XXXXXXX, “Traité de droit civil. Les obligations. Le contrat: formation”, LGDJ, 3° ed., 1993; H., X., et X. XXXXXXX, “Xxxxxx xx xxxxx xxxxx”, x.0, 0xx vol. “Obligations, théorie générale”, a cura di X. XXXXXX, Montchrestien, IX ed., 1998 ; X. XXXXXXXXXX, “Droit civil - Les Obligations”, t.4, Paris, PUF, XXII ed., 2000; C. LARROUMET, “Droit civil, Les obligation, Les contrats”, Economica, V ed., 2003; X. XXXXX-XXXXXX, “Xxx xxxxxxxxxxx”, XXX, 0000; P. LE TORNEAU, “Droit de la responsabilité et des contrats”, Dalloz Action, 2004; X. XXXXXXXX – X. XXXXX – X. XXXXXXX- XXXX, “Les obligations”, Xxxxxxxxx, 2004; X. XXXXX – J. L. XXXXXX – X. XXXXXX, “Les obligations-L’acte juridique”, vol. I, Xxxxxx Xxxxx, XII ed., 2006; X. XXXXXXXX, “Droit civil, Les obligations”, Montchrestien, coll. Domat, XI ed., 2007; X. XXXXXXXXX, “Droit des obligations. Les mécanismes juridiques des relations èconomiques”, Litec, X ed., 2007.
244 X. XXXXXX, op. e loc. cit.
245 X. XXXXXXX - XXXXXXXXX, “La période xxxxxxxxxxxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxx”, xx XXXX, 0000, p. 544; X. XXXX, op. e loc. cit.
civil)246 e, in alcune ipotesi, dei vizi del consenso (artt. 1110 e 1116). È stato osservato come il giurista francese sia ormai avvezzo, una volta ravvisati gli estremi del danno, del comportamento delittuoso e del nesso di causalità, a “trattare la responsabilità precontrattuale alla stregua e con gli stessi mezzi di un qualsiasi fatto illecito”247. La nozione di condotta precontrattuale illecita, non essendo dato rinvenire una definizione specifica di faute précontractuelle, deve essere sussunta nella definizione generale di “condotta illecita difforme da quella che avrebbe dovuto tenere un individuo diligente nelle medesime circostanze”248
In Francia, la figura della responsabilità precontrattuale si è andata sviluppando, in dottrina, proprio intorno alla figura della responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative249.
Originariamente essa veniva considerata250 come specificazione dell’abuso del diritto251; oggi, invece, la ratio dell’azione risarcitoria
246 Art. 1382 code civil: Tout fait quelconque de l'homme, qui cause à autrui un dommage, oblige celui par la faute duquel il est arrivé, à le réparer.
247 X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 11.
248 X. XXXXXX, “Droit civil. Obligations”, T.1, “Responsabilité delictuelle”, a cura di X. XXXXXX – X. XXXXX, 3a ed., Paris, 1988, n 265, p.150.
249 Si veda sul tema, X. XXXXXXX, “La responsabilité délictuelle pour rupture des pourparlers en droit français”, in “Liber Amicorum Xxxxx Xxxx. Private Law beyond the National Systems”, London, 2007, p. 436; X. XXXXXXXX, “Les pourparlers”, in Rev. de la rech jur, dr. prosp, 1994, 850.
250 X. XXXXXXXXX, “Xx x’xxxx xxx xxxxxx”, Xxxxx, 0000.
251 È stato notato (L. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 249) come, in principio, non sia stato un caso che il successo e l’influenza dell’intuizione del giurista italiano Faggella siano andate di pari passo con la progressiva affermazione dell’istituto dell’abuso del diritto nel modello francese. Sulla nascita della teoria dell’abuso del diritto in Francia si veda X. XXXXXXX – X. XXXXX, “Sistemi giuridici comparati” III ed, in X. XXXXX (diretto da) “Trattato di diritto comparato”, Torino, 2008, p. 237 e ss.; mentre sul rapporto tra sviluppo di tale teoria e tema del recesso ingiustificato dalle trattative si veda X. XXXXX, “Responsabilità precontrattuale: la fattispecie”, in Riv. dir. civ., 2004, I, 2, p. 295 e ID., “Buona fede oggettiva e trasformazioni del contratto”, in Riv. dir. civ., 2002, I, 2, p. 239.
È stato osserva, ad ogni modo, come nella fase delle trattative, tanto la buona fede quanto la teoria dell’abuso del diritto appaiano intrinsecamente
viene unanimemente individuata nella violazione dell’obbligo di buona fede durante la fase precontrattuale, e, secondo alcuni autori252, la responsabilità viene affermata anche in ipotesi in cui manca l’intento di nuocere e la rottura delle trattative è imputabile semplicemente a colpa (dove per colpa si intende la violazione della diligenza dell’homme normalement avisé)253.
In generale, la responsabilità precontrattuale viene esaminata attraverso una ricostruzione sistematica del principio di correttezza. I giuristi francesi254 ritenevano che la fase delle trattative non creasse obblighi relativi al futuro contratto, ma semplicemente obblighi di comportamento delle parti nell’ambito di
connesse (X. XXXXXX, “Le concept de bonne foi en droit français du contrat”, in “Saggi, conferenze e seminari del Centro di studi e ricerche di diritto comparato e straniero”, diretto da M. J. XXXXXX, 1994, n.15, reperibile al sito internet xxxx://xxx.xxxx0.xx/xxx/xxxxxx/xxxxxx.xxx).
Al riguardo è interessante notare che l’Avant-projet de reforme du droit des obligations (artt.1101-1386 du Code civil) e du droit de la prescription (artt. 2234-2281 du Code civil), del 2005, comunemente denominato Avant-projet Catala, dal nome di uno dei giuristi incaricati di redigerlo, ha espressamente affrontato il problema delle regole applicabili alla formazione del contratto, collocandole in un’ottica più ampia, nella quale il valore preminente sembra essere l’aspirazione verso un’idea di giustizia contrattuale, cosicché anche i principi di rilievo primario, quali la libertà contrattuale, risultano temperati dall’imposizione di doveri di lealtà e cooperazione in capo alle parti del rapporto obbligatorio, non necessariamente di natura convenzionale (cfr. L.
M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 64). In tale ottica, viene riconosciuto ampio spazio al principio di buona fede, la cui operatività viene estesa esplicitamente anche alla fase delle trattative e degli accordi precontrattuali: cfr. in particolare l’art. 1104, alinea 1 dell’Avant-projet, inserito nella sezione rubricata “De la formation du contrat (artt. 1104-1107)”. Nello specifico, la §1, rubricata “De la negotiation”, dispone in questo modo: “Art. 1104 L’initiative, le déroulement et la rupture des pourparlers sont libres, mais ils doivent satisfaire aux exigences de la bonne foi. L’échec d’une négociation ne peut être source de responsabilité que s’il est imputable à la mauvaise foi ou à la faute de l’une des parties. Art. 1104-1 Les parties peuvent, par un accord de principe, s’engager à négocier ultérieurement un contrat dont les éléments sont à déterminer, et à concourir de bonne foi à leur détermination. Art. 1104-2 Le régime des accords destinés à aménager le déroulement ou la rupture des pourparlers, est soumis aux dispositions du présent sous-titre”.
252 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 206.
253 X. XXXXXX, op. cit., p. 4.
254 In particolare X. XXXXXXXXXX, “Droit civil – Les obligations”, t.4, Xxxxx, XXX, 0000.
tale fase (astenersi da manovre sleali, informarsi su tutte le circostanze ritenute determinanti ai fini della conclusione del contratto, ecc.). Se il contratto giungeva a conclusione, la responsabilità si considerava avere natura contrattuale, mentre in caso di mancata conclusione la responsabilità era connotata da natura extracontrattuale.255
La responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative, nello specifico, è però sempre stata qualificata, dalla dottrina francese più autorevole, come extracontrattuale, dal momento che la diversa qualificazione si fondava sulla finzione dell’esistenza di una sorta di avantcontrat256 tacito tra le parti, in realtà mai intervenuto tra di loro (che permettesse di assimilare la rottura delle trattative a un’ipotesi di responsabilità per inadempimento)257. Di fronte a un’ipotesi di responsabilità precontrattuale (in primis di rottura ingiustificata dei pourparlers), dunque, l’indagine del giurista francese verterà (i) sul danno (che deve essere certo)258; (ii) sul
255 X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 10.
256 Come spiega X. XXXX (op. cit., p. 394) l’inesistenza di un regime specifico per la fase precontrattuale fa sì che le parti spesso preferiscano cautelarsi, contro possibili imboscate durante le trattative, contrattualizzando le situazioni precontrattuali tipiche attraverso quelli che prendono il nome di avantcontrats; un esempio tipico è quello offerto dalla lettre de confort (lettera di patronage).
257 Per tutti si veda X. XXXXX, “Les promesses synallagmatiques de vente. Contribution à la théorie des avant-contrats”, in RTD civ., 1949, p. 1 ; e di recente J. M. MOUSSERON – X. XXXXXXX – X. XXXXXX, “L’avant-contrat”, 2001, ed. Xxxxxxxx, p. 68 e ss.
È stato notato (X. XXXXXXXXXXXX, op. e loc. cit.) come, sebbene quest’ultima posizione non abbia mai avuto molto seguito, il principio che regge l’intera materia sia quello della libertà contrattuale, che consente alle parti di recedere dalle trattative in qualsiasi momento, per cui è stato osservato che “pas de contrat vaut mieux qu’un mauvais contrat” (X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 104).
258 Ad esempio: le spese sostenute per lo studio di fattibilità e per adeguare un immobile alle esigenze del futuro compratore (Cass. 20.3.1972, Bull., 1972, IV, n. 93; Cass. 29.11.1960, Gaz. Pal., 1961, I, 152). Si veda anche Xxxx. 3.10.1978, D., 1980, 55, con nota di X. XXXXXXX, dove il danno era dovuto alla divulgazione di notizie riservate di cui si era venuti a conoscenza durante le trattative.
comportamento tenuto259 (che quantunque si ritenga, come visto sopra, che debba essere quello del buon padre di famiglia – homme normalement avisé – indipendentemente dalla gravità e dall’intenzionalità dello stesso, non di rado viene identificato nella mala fede e nella slealtà della parte260) e infine (iii) sull’esistenza del nesso di causalità261.
Per quanto riguarda il danno risarcibile in caso di rottura delle trattative, in particolare, esso potrà consistere nel tempo impiegato e nel denaro speso in vista della conclusione del contratto; nella perdita di valore economico di un’informazione riservata utilizzata o rivelata dalla controparte al termine delle negoziazioni o, comunque, in qualunque altro danno attuale (danno emergente) o perdita di guadagno (lucro cessante).262 Tuttavia, è stato notato come il requisito del danno “certo” pone limiti alla tipologia ed all’entità del danno risarcibile.263 La dottrina francese ha evidenziato come, attesa la libertà di non contrarre riconosciuta alle parti, non possa sostenersi in ogni caso che la negoziazione abbia quale esito necessario la conclusione del contratto. Pertanto la rottura delle trattative legittimerebbe la parte danneggiata a
259 X. XXXXXXX – XXXXXXXXX, op. cit., p. 550; X. XXXXXX, op. cit., p. 265.
260 Specialmente dalla giurisprudenza, v. ad esempio Xxxx. 19.1.1977, Bull., 1977, I, n. 36: la lesione di un legittimo affidamento è considerata una fattispecie tipica di illecito civile quando vi sia stato un rifiuto di accettazione dopo lunghi tentennamenti, oppure vi sia stato un rifiuto di rinnovare il contratto dopo aver ingenerato nella controparte l’idea opposta, v. X. XXXX, op. cit., nota 6, p. 394.
261 In caso non vi sia un collegamento diretto tra il fatto illecito ed il danno non potrà essere riconosciuto alcun risarcimento; la parte, ad esempio, potrebbe recedere in modo in equivoco, offrendo delle condizioni diverse rispetto a quelle precedenti. Cass. 9.2.1981, D., 1982, 4. Si veda anche X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 11.
262 P. LE TORNEAU – X. XXXXXX, “Droit de la responsabilité et des contrats”, Paris, Dalloz 2002-2003, n. 847 ; X. XXXXXXXX, “Le dommage précontractuel”, in RTD civ., avril 2004, 187 e ss.; si veda anche X. XXXXXXX, “Réparation des préjudices précontractuelles: toujours moins..?”, note ss Cass. civ. 3e, 28.6.2006, D., 2006, p. 2963.
263 L. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 60.
vedere risarcita, se del caso, esclusivamente la perdita della chance di concludere il contratto264. Tale danno andrebbe quindi ascritto alla categoria del danno da perdita di chance, che, seppur invocato con riguardo a fattispecie tra loro eterogenee, troverebbe un naturale campo di applicazione nelle vicende precontrattuali.265 Il giudizio relativo alla sussistenza dei requisiti di danno viene qualificato, come nell’ordinamento italiano, come giudizio di fatto e, in quanto tale, demandato al giudice di merito. Di conseguenza, un’indagine approfondita in tema di danno precontrattuale appare ostacolata dalla tendenza delle corti a non esplicitare gli elementi in base ai quali il danno viene quantificato.266
Passando all’analisi dei casi pratici, si nota innanzitutto come anche a livello di formante giurisprudenziale si sia seguito l’orientamento che qualifica la responsabilità precontrattuale, e in particolare quella per rottura ingiustificata delle trattative, come ipotesi di fatto illecito, rientrante nella disciplina dell’art. 1382 c.c.
In un’emblematica sentenza267 in tema di recesso dalle trattative, i giudici francesi hanno delineato alcuni principi generali che possono essere presi, secondo la dottrina268, come criteri decisionali per ipotesi di responsabilità precontrattuale in generale.
264 Cfr. X. XXXXXXXX (a cura di), “Xxx xxxxxx xx xxxxxxxxx xx xxxxxxx”, Xxxxxxxxx, 0000.
265 Non mancano visioni contrarie alla risarcibilità del danno da perdita di chance in caso di rottura ingiustificata delle trattative, specialmente recenti, cfr. Cass. civ. 28.6.2006, (Bull. civ., III, n. 164, p. 136; JCP, ed. G, 2006, II, 10130, p. 1509,12, con nota di X. XXXXXXXX) sulla scia della sentenza Xxxxxxxxx, in tema di negoziazioni parallele, Cass. com., 26.11.2003, Xxxx. xxx., XX, x. 000.
000 X. XXXXXXX – XXXXXXXXX, “French Report”, in X. XXXXXXXX (a cura di) “Formation of contracts and precontractual liability”, International Chamber of Commerce (ed. by), Xxxxx, 0000.
267 App. Pau, 14.1.1969, D., 1969, 716.
268 X. XXXXXXXXXXXX, op. cit., p. 11; X. XXXX, “Appunti sulla responsabilità precontrattuale nella prospettiva della comparazione giuridica”, in Resp. civ. prev., 1981, p. 537.
La sentenza riguarda un caso di rottura di trattative precontrattuali per la fornitura di vetri per un complesso immobiliare. Nel testo emerge, innanzitutto, la preoccupazione dei giudici transalpini di far venir meno il principio della libera determinazione delle parti contraenti269, specialmente quando si tratta di negoziazioni tra operatori professionali. La sentenza stabilisce infatti che “comporterebbe un grave attentato alla libertà individuale ed alla sicurezza dei commerci ammettere che un commerciante debba essere considerato responsabile per non aver dato seguito a delle trattative; l’illecito in contrahendo, deve essere evidente e indiscutibile”270.
Per quanto riguarda i tratti salienti della responsabilità in analisi, i giudici francesi hanno stabilito innanzitutto che (i) nella fase preliminare dei pourparlers, dove si discutono i contenuti del contratto, sono imposte alle parti obbligazioni di lealtà e di rettitudine, non riferite al contratto di futura conclusione ma alla condotta delle parti nella fase stessa della trattativa. In secondo luogo, (ii) la fase della trattativa, che ha la funzione di consentire alle parti di analizzare i rischi ed i vantaggi dell’affare, può determinare responsabilità solo per esistenza di una culpa in contrahendo palese ed indiscutibile, altrimenti si creerebbe un grave danno alla libertà individuale e alla sicurezza dei traffici. Infine, (iii) la rottura delle trattative deve essere