Modello di percorso diagnostico e terapeutico per l’arteriopatia obliterante periferica
Modello di percorso diagnostico e terapeutico per l’arteriopatia obliterante periferica
G. M. XXXXXXxxX, P. L. ANTIGNANI, X. XXXXXX, X. XXXXXX, X. XXXXXXXxX, X. XX XXXXX,
X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXX, a nome del Gruppo di Lavoro SIAPAV con Metis-FIMG, SICVE, SIDV, SIMG, SISET
1. Scopo e Campo di Applicazione
I
Percorsi Diagnostico-Terapeutici, sono la traduzione delle raccomandazioni delle li- nee guida (LLGG) adattata ad uno specifico contesto organizzativo, prevalentemente lo- cale (Uffici Servizi Sanitari Regionali, Azien- de Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere, etc.). Il presente documento, denominato Modello di Percorso diagnostico e te- rapeutico per l’arteriopatia obliterante periferica (AOP), si propone di fornire ai Medici di Medicina Generale (MMG) e agli specialisti vascolari (SV) un ragionato in- dirizzo comune, finalizzato a realizzare un trattamento medico di qualità nei pazienti con AOP, in ottemperanza agli standard se- gnalati da Linee Guida (LLGG) nazionali ed
internazionali.
Nel redigere il documento, il Gruppo di Lavoro(GdL) ha seguito le direttive naziona- li ed internazionali per la definizione di un PDT 1 2 3 4 5 6, e si augura che esso possa rap- presentare il riferimento per la redazione di specifici documenti locali, al fine di offrire strategie e tattiche assistenziali comuni ed equivalenti su tutto il territorio nazionale.
La veste grafica prescelta per il documen- to è stata quella delle tavole sinottiche che raggruppano tutte le indicazioni principali,
Società Italiana di Angiologia e Patologia Vascolare (SIAPAV)
(xxx.xxxxxx.xx)
affiancate da un breve testo esplicativo di commento.
2. Metodologia
La metodologia seguita ha in primo luogo verificato la priorità delle AOP in relazione all’esigenza di definire un PDT ad hoc. Suc- cessivamente sono stati definiti i criteri per l’identificazione del GdL, delle LLGG di rife- rimento con relativa valutazione di qualità, della banca dati di riferimento per la ricerca degli aggiornamenti, della integrazione e contestualizzazione dei contenuti, ponen- do altresì attenzione all’aggiornamento, alla diffusione ed implementazione e, infine, alla valutazione dell’impatto.
2.1 Definizione delle Priorità
La priorità dell’AOP, al fine di redigere un PDT ad hoc è stata valutata secondo crite- ri oggettivi di prevalenza, urgenza, gravità e possibilità di intervento. L’AOP, infatti, è una condizione clinica associata ad elevata
mortalità e che condivide con la patologia
Autore di contatto: Prof. G. M. Xxxxxxxxx. E-mail: xx.xxxxxxxxx@xxxxx-xx.xx
cardio e cerebrovascolare i medesimi fattori di rischio e meccanismi di danno vascolare.
Essa si presenta come un problema di salu- te pubblica molto comune nella popolazio- ne occidentale: la prevalenza varia dal 4% intorno ai 40 anni di età sino al 20% oltre i 70 anni.Gravità e urgenza di trattamento sono prerogativa degli stadi più avanzati, che presentano un’elevata incidenza di am- putazione e di morte. Le possibilità d’inter- vento, infine, sono molteplici, dalla preven- zione primaria e secondaria, al trattamento farmacologico e fisico della disabiltà deam- bulatoria, alla rivascolarizzazione.
La strategia di trattamento di questi pa- zienti deve tener conto di due fondamentali presupposti:
a) AOP è un indicatore di aterosclerosi sistemica: si è infatti riscontrata un’asso- ciazione con l’aumentato rischio di infarto miocardico, stroke e morte.
b) I pazienti con AOP hanno una specifi- ca sintomatologia come la claudicazione in- termittente o l’ischemia critica (che si mani- festa con dolore a riposo o ulcere cutanee). Per quanto riguarda il primo aspetto, le LLGG che disciplinano la materia racco- mandano, al pari di quelle stilate per la patologia coronarica e cerebrovascolare, la correzione di tutti i fattori di rischio noti (fumo di sigaretta, diabete, dislipidemia, ipertensione); sono raccomandati inoltre interventi correttivi sullo stile di vita e mi- sure farmacologiche di prevenzione secon- daria al fine di ridurre l’incidenza di eventi cardio- e cerebrovascolari fatali e non fa-
tali.
In merito al secondo aspetto sono racco- mandati l’esercizio fisico e l’impiego di far- maci per ridurre i sintomi legati alla malattia e migliorare la performance deambulatoria. Nonostante ciò, dalla letteratura risulta che i pazienti affetti da AOPsono general- mente gestiti in maniera meno aggressiva rispetto ai pazienti con nota aterosclerosi
coronarica o del circolo cerebrale.
Modesta è invece l’attenzione rispetto al controllo della sintomatologia soprattut- to per quanto riguarda l’approccio medico e conservativo, campo nel quale anche le maggiori LLGG non forniscono raccoman- dazioni sempre univoche.
2.2 Definizione del Gruppo di Lavoro
Il Consiglio Direttivo in carica nel 2011, e il Direttore dell’Ufficio Ricerche della SIA- PAV, sono il gruppo promotore del PDT- AOP, ed hanno provveduto a redigere la prima bozza del documento, che è stata pubblicata sul sito web societario, con invi- to a tutti i soci a partecipare al GdL.
Al fine di ottenere un’ampia condivisio- ne, l’invito a partecipare è stato esteso alle Società Scientifiche di Diagnostica Vascola- re, di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, per lo Studio dell’Emostasi e Trombosi, e alle due principali Società di Medicina Ge- nerale (FIMMG e SIMG) richiedendo la de- signazione di propri referenti.
L’elenco completo dei partecipanti è ri- portato in appendice.
2.3 Ricerca delle Linee Guida di Ri- ferimento, relativa valutazione di qualità e scelta della banca dati di riferimento per gli aggiornamenti
Le LLGG di riferimento sono state iden- tificate considerando i criteri internaziona- li di Grilli (GdL multidisciplinare, esplicito processo di ricerca, grading delle eviden- ze) 7, valutando anche lo score AGREE II° (obiettivo e motivazione; coinvolgimento delle parti in causa; rigore nella elaborazio- ne; chiarezza e presentazione; applicabilità; indipendenza editoriale) 8.
Elenco delle LLGG identificate come rife- rimento per la redazione del presente do- cumento (adottate e condivise da SIAPAV, e citate sul sito web societario):
a) ACC/AHA Guidelines for the Manage- ment of Patients With Peripheral Arterial Di- sease (Lower Extremity, Renal, Mesenteric, and Abdominal Aortic) 9
b) Antithrombotic Therapy for Peripheral Artery Occlusive Disease. American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines 10
c) TASC II Working Group: Inter-Society Consensus for the Management of Periphe- ral Arterial Disease (TASC II) 11
d) Consensus Document on Intermittent Claudication from the Central European Va- scular Forum 12
e) Procedure diagnostiche e terapeutiche per il management del paziente con arterio- patia diabetica (LG SIAPAV) 13
f) Appropriateness of diagnostic and the- rapeutic pathways in patients with vascular disease. Angio-Veneto Working Group.14
La banca dati prescelta per la ricerca de- gli aggiornamenti successivi alle LLGG è stata Medline Pub-Med.
Le linee guida sopra citate adottano diffe- renti criteri per indicare il peso delle eviden- ze e la forza delle raccomandazioni. SIAPAV ha ritenuto di operarne una sintesi, per cui la gradazione indicata accanto ai principali suggerimenti decisionali è la seguente:
— GRADO A: suggerimento supportato da studi clinici controllati e randomizzati, coinvolgenti un ampio numero di pazienti;
— GRADO B: suggerimento che deriva da un numero limitato di studi, condotti su campioni relativamente ridotti, o da corrette
metanalisi di studi non randomizzati o da registri osservazionali;
— GRADO C: suggerimento basato su documenti di consenso tra esperti.
2.4 Integrazione e contestualizzazione dei contenuti
2.4.1 Chi fa cosa
Il processo di integrazione e contestualiz- zazione dei contenuti delle LLGG all’interno del PDT è stato uno degli aspetti più di- battuti dal GdL, che ha dovuto tener conto dell’attuale organizzazione assistenziale ita- liana, ma anche dei progetti di rimodulazio- ne indicati dalle autorità regolatorie.
I principali referenti perché il paziente con AOP riceva un trattamento medico di qualità (best medical treatment, BMT) sono il Medico di Medicina Generale (MMG) e lo Specialista Vascolare (SV). I primi sono organizzati capillarmente sul territorio na- zionale ed assistono una popolazione ben
Tabella I. — Xxxxx e rapporti collaborativi tra MMG e SV nella gestione del paziente con AOP.
MMG Diagnosi o sospetto clinico di malattia vascolare Misura di ABI
Approccio terapeutico iniziale Richiesta di esami strumentali per diagnosi differenziale
per ulteriori approcci terapeutici anche su indicazione di altri Specialisti Richiesta di consulenza specialistica
per approfondimento diagnostico per terapie specialistiche specifiche
In sintesi: a)Valutazione clinica generale; b) Educazione del paziente eTerapia medica di fondo; c) Individuazione dei casi da avviare allo SV per consulenza e/o eventuale presa in carico; c) Follow-up
Specialista Vascolare Prima visita, su richiesta del MMG
Visite di controllo, su richiesta del MMG o dello stesso SV Indicazioni terapeutiche
Esecuzione di esami strumentali
Formulazione del percorso di approfondimento diagnostico Erogazione delle terapie specialistiche
In sintesi: a) Diagnosi circostanziata; b) Terapia specialistica; c) Gestione dei casi complessi;
d) Follow-up
Relazione MMG « SV MMG: Richiesta di consulenza e/o esami strumentali, fornendo preciso quesito diagnostico e dati anamnestici utili alla valutazione.
SV: referto diagnostico dettagliato e circostanziato, con eventuali suggerimenti terapeutici. Indicazione di eventuali altre consulenze specialistiche da richiedere, e relativa motivazione. Indicazioni di strategia e tattica terapeutica per la gestione comune e condivisa dei casi complessi
Tabella II. — Codice colorimetrico di gravità.
Codice colore Descrizione Codice richiesta
Codice Rosso
Quadro clinico che prevede l’intervento del 118. Emergenza
Codice Giallo
Quadro clinico che prevede l’avvio del paziente al Pronto Soccorso. Lo Specialista Ospedaliero eseguirà la prestazione su richiesta del Medico di Pronto Soccorso, nel contesto delle procedure locali di triage.
In alternativa il MMG può attivare un contatto diretto con il proprio Specialista di riferimento.
U
Urgente
Codice Verde
Codice Azzurro
Codice Bianco
Quadro clinico che prevede prestazioni da eseguire entro 10 giorni dalla richiesta. B
Breve
Quadro clinico che prevede prestazioni da eseguire entro 11-30 giorni dalla richiesta. D
Differibile
Quadro clinico che prevede prestazioni da eseguire entro 180 giorni dalla richiesta. P
Programmabile
identificata; i secondi operano o presso gli ambulatori specialistici territoriali o presso strutture ospedaliere.
Il dialogo tra le due categorie di colleghi avviene fondamentalmente attraverso lo stru- mento della richiesta di consulenza o di pre- stazione specialistica da parte del MMG e la redazione di un referto clinico e/o strumen- tale, da parte dello SV. In caso di ricovero lo SV è tenuto a redigere una lettera nosografica riassuntiva. La Tabella I riporta sinteticamente i rispettivi ruoli e rapporti collaborativi.
Il MMG, primo diagnosta e primo tera- peuta di ogni patologia, nell’ambito della AOP partecipa attivamente all’individuazio- ne dei soggetti a rischio, eseguendo pos- sibilmente una diagnosi precoce mediante procedure di medicina d’iniziativa, trattare i pazienti con AOP stabilizzata ed effettuarne il follow-up periodico secondo quanto indi- cato nelle tavole sinottiche del presente do- cumento, provvedendo anche alla misura di ABI e della capacità di marcia. La medicina d’iniziativa (o proattiva), che si contrap- pone alla medicina d’attesa (dei sintomi), prevede un intervento attivo del MMG sulla popolazione assistita finalizzato all’anticipa- zione temporale della diagnosi e dell’inter- vento (prevenzione e/o trattamento).
A tal proposito, il GdL raccomanda for- temente a tutte le società scientifiche inte- ressate di adoperarsi presso le autorità re- golatorie per redigere specifici programmi attuativi nazionali, regionali e aziendali.
I pazienti identificati come arteriopatici riceveranno l’approfondimento diagnostico
(e terapeutico) indicato nelle tavole sinotti- che, presso gli ambulatori specialistici (SV), territoriali e/o ospedalieri, ove si recheran- no su specifica richiesta consulenziale (cli- nica e/o strumentale) del MMG.
Lo SV ambulatoriale provvede alla dia- gnosi specialistica (prevalentemente eco-co- lor-Doppler, ECD) e ai controlli periodici e potrebbe anche erogare specifici trattamenti terapeutici infusivi d’intensità medio-bassa.
L’assistenza specialistica vascolare ospe- daliera dovrebbe attuare la cosiddetta “pre- sa in carico” dei pazienti a maggiore com- plessità ed erogare procedure e trattamenti d’intensità medio-alta o richiedenti alte tec- nologie, secondo le specifiche modalità or- ganizzative del Day Service, Day Hospital, ricovero ordinario.
La definizione “intensità medio-bassa o me- dio-alta” di procedure e/o trattamenti, è riferi- ta al rischio di complicanze e/o effetti collate- rali. In caso di rischio medio-alto l’intervento dovrebbe essere sempre eseguito in “ambien- te protetto” che garantisca un immediato ed efficace trattamento della complicanza.
2.4.2 Score per la graduazione delle priorità delle prestazioni
Il GdL ha ritenuto opportuno adottare uno score a colori per la gravità del quadro clinico, cui corrisponde la temporizzazione delle prestazioni da erogare, secondo quan- to previsto dal sistema sanitario nazionale (Tabella II).
2.5 Aggiornamento
Il GdL prevede un aggiornamento del PDT- AOP almeno triennale, in linea con la durata in carica del Consiglio Direttivo della Società. L’aggiornamento sarà realizzato secondo le indicazioni del Consiglio Direttivo in carica.
2.6 Diffusione e Implementazione
La diffusione del PDT-AOP avverrà me- diante pubblicazione sui siti web delle SIA- PAV e delle Società Partecipanti.
Ritenendo comunque la sola pubblica- zione di per se insufficiente, il GdL invita espressamente tutti i lettori a parteci- pare attivamente alla implementazione del PDT-AOP segnalando soprattutto eventua- li ostacoli rilevati nella applicazione dello stesso, anche in relazione alla differente ti- pologia di professionisti coinvolti.
2.7 Valutazione dell’impatto
(a cura dell’Ufficio Studi e Ricerche della SIAPAV).
L’impatto del PDT-AOP nella pratica clinica italiana potrà essere misurato mediante una se- rie di indicatori, strumenti di elevato contenuto informativo che permettono una valutazione sintetica di fenomeni complessi. Essi fornisco- no dati sul grado di adesione alle raccomanda- zioni (indicatori di percorso), sul risultato otte- nuto in termini di salute dei pazienti cui il PDT è rivolto (indicatori di risultato) e sulla quantità di risorse assorbite/risparmiate con l’adozione del PDT (indicatori economici).
In questa prima fase attuativa del PDT vengono proposti esclusivamente indicato- ri di processo e/o di risultato.
Va tuttavia premesso che, tradizional- mente, in Italia non esiste una diffusa atti- tudine al censimento di fenomeni clinici ed alla rilevazione di dati statistici che aiutino a comprenderne l’evoluzione nel tempo. In altri termini, è difficile definire gli standard di gestione della AOP nel Paese a causa del- lo scarso numero di contributi forniti dalla Letteratura o dagli organismi nazionali pre- posti.
Inoltre, non va dimenticato che la con-
sapevolezza della presenza dell’AOP e dei suoi risvolti prognostici negativi rimane an- cora assai limitata non solo tra i pazienti ma anche tra i medici che li curano.
Per tali motivi è probabile che i valori standard desunti dalla pratica quotidiana verso i quali confrontare il risultato degli indicatori che proposti rimangano sostan- zialmente elusivi, rendendo non del tutto precisa la valutazione dell’impatto del PDT. Fatte queste premesse, è indispensabile ri- chiamare i due principali obiettivi della gestio- ne dell’AOP in qualunque stadio clinico essa si presenti: a) miglioramento della prognosi car- diovascolare sfavorevole che caratterizza ogni fase della malattia e b) miglioramento della sintomatologia di quella fase. Le più accredi- tate LLGG internazionali e con esse le LLGG SIAPAV sulla materia riconoscono un “cluster” di 4 interventi che mirano a migliorare lo stato
di salute del paziente affetto da AOP:
1) interruzione del fumo di sigaretta nei fumatori
2) avvio di programmi controllati di eser- cizio fisico
3) correzione con misure igienico-diete- tiche e farmacologiche dei principali fattori di rischio cardiovascolare quali Diabete, Di- slipidemia, Ipertensione arteriosa.
4) istituzione di terapia antiaggregante piastrinica
Gli indicatori di processo e/o di risultato identificati dal GdL sono:
1) Percentuale di pazienti affetti da AOP (indipendentemente dallo stadio/grado) e dei loro medici curanti (MMG) che siano consapevoli della presenza della malattia e dei suoi risvolti prognostici.
2) Percentuale di pazienti affetti da AOP in cui sia disponibile una determinazione di ABI a riposo controllato una volta l’anno.
3) Percentuale di pazienti affetti da AOP (nelle fasi cliniche che lo permettano) che abbiano svolto programmi di esercizio fisi- co (consigliato o controllato).
4) Percentuale di pazienti affetti da AOP in cui siano noti i valori pressori; i valori di colesterolo totale LDL, HDL e trigliceridi; i valori di glicemia ed il consumo di bevande alcooliche. (Il dato deve essere aggiornato annualmente).
Tabella III — Classificazioni dell’AOP secondo Xxxxxxxx e Xxxxxxxxxx.
Xxxxxxxx | Xxxxxxxxxx | ||||
Stadio | Clinica | Segni esintomi | Fisiopatologia | Clinica Grado | Categoria |
Placca ATS | |||||
Scoperta casuale | Placca a rischio | ||||
1° | Asintomatico | di calcificazioni | infiammazione | Asintomatico 0 | 0 |
aorto-iliache | della placca ATS | ||||
Aterotrombosi | |||||
Discrepanza tra richiesta | |||||
2° A | Claudicazione lieve | ACD > 200 m | muscolare e | Claudicazione I | 1 |
t. recupero < 2 min | apporto arterioso | lieve | |||
di ossigeno | |||||
Elevata | |||||
discrepanza tra richiesta | |||||
ACD <200 m | muscolare e | Claudicazione I | 2 | ||
t. recupero > 2 min | apporto arterioso | moderata | |||
di ossigeno |
2° B Claudicazione moderata o severa
Dolore ischemico
ACD < 100-80 m
t. recupero > 2 min
Dolore ischemico
Molto elevata discrepanza tra richiesta muscolare e
apporto arterioso di ossigeno
+ acidosi
Severa ipossia cutanea e
Claudicazione I 3
severa
Dolore
3° a riposo
Ulcere
4° ischemiche o
gangrena
a riposo
Necrosi
Gangrena
acidosi
Severa ipossia cutanea e acidosi Infezione
Severa ipossia cutanea e acidosi Infezione
ischemico a riposo
Piccola perdita di tessuto
Grande perdita di tessuto
II 4
III 5
III 6
ACD: distanza assoluta di claudicazione; ATS: aterosclerotica; min: minuti; t recupero: tempo di recupero.
5) Percentuale di pazienti affetti da AOP che raggiungono i target terapeutici indicati dal PDT-AOP.
6) Percentuale di pazienti affetti da AOP che continuano a fumare.
7) Percentuale di pazienti affetti da AOP che (indipendentemente dallo stadio/gra- do)siano in terapia con un farmaco antiag- gregante piastrinico.
Ciascun indicatore deve prevedere una rappresentazione numerica sotto forma di rapporto che riporti al numeratore la quota di pazienti con AOP che realizzano il risul- tato indicato, ed al denominatore la popo- lazione di pazienti di interesse.
È intuitivo che gli indicatori relativi al fumo, dislipidemia, diabete, ipertensione
non conteranno nello specifico denomina- tore i pazienti non fumatori, non diabetici, non dislipidemici, non ipertesi.
Le Società scientifiche che fanno parte del GdL, si occuperanno di distribuire ai propri Soci un questionario (allestito dall’Ufficio Stu- di e Ricerche della SIAPAV) da riempire du- rante i primi sei mesi del 2012. Una seconda compilazione è prevista dopo 6 o 12 mesi.
3. Definizione e Classificazioni dell’Ar- teriopatia Obliterante Periferica
Nell’85% dei casi l’AOP è la localizzazio- ne alle arterie degli arti inferiori della malat- tia aterosclerotica.
Le due principali classificazioni sono quella di Xxxxxxxx 15 e quella di Ruther- ford 16.
La prima distingue quattro stadi: 1°: asin- tomatico; 2°: claudicazione; 3°: dolori a riposo; 4°: lesioni cutanee e gangrena. Lo stadio 2°, a sua volta, è suddiviso in stadio 2° A e stadio 2° B, caratterizzati da un’auto- nomia di marcia (distanza assoluta di clau- dicazione, ACD) rispettivamente superiore o inferiore a 200 m.
La classificazione di Xxxxxxxxxx può esse- re considerata una rivisitazione della prima, realizzata a 43 anni di distanza sulla base delle nuove conoscenze in tema di epide- miologia, fisiopatologia, possibilità di riva- scolarizzazione e risultati clinici. Essa distin- gue 3 gradi e 6 categorie.
La Tabella III riporta sinotticamente le due classificazioni, i segni, i sintomi e le principali alterazioni fisiopatologiche che caratterizzano ogni stadio.
4. Claudicazione Intermittente
È il sintomo principale dell’AOP, defini- to come presenza di dolore crampiforme ai muscoli dell’arto inferiore (polpaccio, co- scia o natica), che insorge salendo le sca- le o durante la deambulazione. Il dolore si manifesta ogniqualvolta si ripete il mede- simo sforzo, e scompare prontamente alla sua cessazione.
La diagnosi di claudicazione intermitten- te è prevalentemente anamnestica. Per una maggiore attendibilità del sintomo riferito, nell’interrogare il paziente, si raccomanda espressamente di chiedere quante rampe di scale egli riesce a salire senza dolore, piuttosto che quanta strada percorre senza dolore.Infatti, è esperienza clinica diffusa che gli arteriopatici quantificano in modo alquanto impreciso la propria autonomia di marcia, mentre le rampe di scale hanno più o meno un’eguale altezze quasi dappertut- to. Inoltre, uno studio che ha paragonato lo sforzo deambulatorio al salire le scale se- gnala che quest’ultimo è più attendibile nel quantificare la disabilità del paziente con AOP 17.
Secondo le citate classificazioni si distin- guono tre tipi di claudicazione intermitten- te, lieve (stadio 2° A di Xxxxxxxx – grado 1, categoria 1 Xxxxxxxxxx), moderata (stadio 2° X Xxxxxxxx – grado 1, categoria 2 Ruther- ford) e severa (stadio 2° B Fontane – grado 1, categoria 3 Xxxxxxxxxx).
Si raccomanda di distinguere nettamente, nell’ambito dello stadio 2° B di Xxxxxxxx, la claudicazione moderata da quella seve- ra. Quest’ultima, infatti, per caratteristiche fisiopatologiche, di epidemiologia clinica e di tattica terapeutica rappresenta un’entità nosografica autonoma.
A causa della polidistrettualità dell’atero- sclerosi, nel paziente con claudicazione in- termittente oltre alla valutazione della com- promissione arteriosa degli arti inferiori è necessario accertare anche la presenza di lesioni in altre sedi dell’albero arterioso.
4.1 Claudicazione Lieve
La diagnosi clinica va confermata con la misura dell’ABI, che dovrebbe essere ese- guita direttamente dal MMG, decisamente nella posizione strategica migliore per por- re la prima diagnosi e iniziare un adeguato intervento terapeutico, educativo e di ade- guamento dello stile di vita, con di riduzio- ne del rischio cardiovascolare.
Sul piano strumentale è prioritario ese- guire un ECD dei tronchi sopraortici e dell’aorta addominale (il 18-20% dei clau- dicanti ha una patologia carotidea ed il 10- 15% un aneurisma dell’aorta addominale), ed una valutazione cardiologica per la fre- quente associazione di cardiopatia ische- xxxx.Xx tutti i pazienti con AOP andrebbe eseguito un ECG a riposo e una valutazione clinica per evidenziare la frequente presen- za di cardiopatia ischemica. In presenza di sintomi o segni suggestivi in tal senso è in- dicata l’esecuzione di indagini di secondo livello (stress test, angiografia coronarica).
L’ECD delle arterie degli arti inferiori, in questa fase non è indispensabile, poiché la conoscenza di sede ed entità dell’altera- zione emodinamica, rispetto a quanto già diagnosticato con la misura di ABI, non
Sinossi 1. — Claudicazione lieve Xxxxxxxx stadio 2° A; Xxxxxxxxxx Grado 1 Categoria 1 | Codice Bianco |
Quando sospettarla: | Dolore ai muscoli degli arti inferiori che insorge salendo più di due rampe di scale o dopo un intervallo di marcia costante e maggiore di 200 m, e scompare in meno di 2 minuti dalla cessazione dello sforzo. |
Epidemiologia: | Prevalenza: 40 a. 3%; 60 a. 6%; > 70 a. 18 – 20% Rischio di peggioramento locale (claudicazione severa): 25% in 3 – 5 anni Indicatore di rischio cardiovascolare globale (a 5 anni) Eventi cardiovascolari non fatali 5% Mortalità globale 30% |
Esami: Racc. Grado A Racc. Grado B | Misura ABI [eventuale ECD arti inferiori] ECD Tronchi Sopra Aortici (XXXx) ECD aorta addominale Valutazione cardiologica per ricerca cardiopatia ischemica Test del cammino (opzionale) |
Management: Racc. Grado A Racc. Grado B Racc. Grado C | Obiettivi: rallentare la progressione della malattia prevenire eventi cardiovascolari maggiori, fatali e non fatali correzione dei fattori di rischio, farmaci antiaterotrombotici (antipiastrinici) migliorare la capacità di marcia consigliare un programma di regolare attività fisica farmaci per la claudicazione |
Follow-up | - sorveglianza annuale (ABI e capacità di marcia) dopo due controlli successivi con parametri clinici e funzionali stabili - sorveglianza XXXx e Aorta addominale secondo le specifiche indicazioni (§ 9 e 10) - in caso di quadro clinico in evoluzione controllo specialistico entro trenta giorni (codice azzurro) |
ABI: indice pressorio caviglia-braccio; CV: cardiovascolare; XXXx: tronchi sopra-aortici. |
modificherebbe la strategia e la tattica te- rapeutica.Tuttavia, l’esecuzionedi un ECD può contribuire ad una precoce definizione del quadro anatomico delle arterie degli arti inferiori ed in questo senso lo studio può essere consigliato anche se non espressa- mente raccomandato.
Nella claudicazione lieve, la misura del- la capacità di marcia (test del cammino) è ritenuta opzionale sotto il profilo diagnosti- co ma rilevante per il follow-up. Il decorso dell’AOP (miglioramento, peggioramento, stabilità), infatti, è agevolmente desunto dall’ABI e dalla capacità di marcia. La sua misura è dunque fortemente raccomandata anche in questa fase, se non altro, come utile dato di confronto per i futuri controlli. Sorveglianza e Follow-up: Il paziente con claudicazione lieve, con parametri anato-
mo-funzionali stabili dopo due controlli successivi, deve essere valutato annualmen- te mediante il controllo di ABI e della capa- cità di marcia.
Per quanto riguarda il controllo periodico dei tronchi sopra-aortici e dell’aorta addo- minale, vanno seguite le indicazioni previ- ste per questi distretti (cfr. § 10 e 11).
Se il quadro clinico è in evoluzione, con improvvisa riduzione della capacità di marcia, comparsa di cianosi e/o dolori a riposo, anche intermittenti, è consigliabile avviare il paziente a una consulenza specialistica, che dovrebbe essere effettuata mediante canali preferenziali al massimo entro 30 giorni. In caso di com- parsa di dolori a riposo e/o di cianosi stabili, configurandosi il quadro dell’ischemia croni- ca critica, la consulenza specialistica dovreb- be avere luogo entro 10 giorni.
4.1.1 Management della Claudicazione Lieve
I principali obiettivi del management del- la claudicazione lieve sono la prevenzione degli eventi cardiovascolari maggiori e il rallentamento della progressione della ma- lattia.
Il paziente deve attuare un preciso pro- gramma terapeutico e di sorveglianza, che prevede la totale astensione dal fumo, la cor- rezione di tutti i fattori di rischio cardiova- scolare modificabili, il controllo dell’ipergli- cemia, dell’iperlipidemia, dell’ipertensione, ed un regolare trattamento antiaterotrombo- tico con farmaci antiaggreganti piastrinici.
I pazienti fumatori o ex fumatori dovreb- bero essere interrogati ad ogni controllo sullo stato del consumo di tabacco ad ogni visita 18 19 20 21. Il MMG e lo SV dovrebbero fornire adeguati consigli riguardo la cessazione del fumo 22, suggerendo anche opportuni sup- porti psicologici e prescrivendo eventuali aiuti farmacologici (terapia sostitutiva della nicotina, varenclina 23 24 25, bupropione 26) in assenza di controindicazioni.
Nel paziente diabetico, la glicemia a di- giuno deve essere inferiore a 120 mg/dL e quella post-prandiale non deve superare i 180 mg/dL, mantenendo l’emoglobina gli- cosilata al di sotto di 7 g/dL.
Il colesterolo LDL deve essere mantenuto
<100 mg/dL, adottando un rigoroso control- lo dietetico e una terapia con statine che, oltre ad abbassare significativamente l’iper- colesterolemia, riducono anche la mortalità cardiovascolare indipendentemente dai li- velli colesterolemici. Nei pazienti con AOP e diabete, o con AOP più un’altra localizza- zione ats sintomatica, il target terapeutico del colesterolo LDL deve essere <70 mg/ dL 27, 28.
La pressione arteriosa non deve supera- re i valori di 130/80 mmHg. Il trattamento di prima scelta più di frequente indicato ri- guarda gli ACE-inibitori, in grado di ridurre, indipendentemente dall’effetto antiperten- sivo, anche la mortalità cardiovascolare e l’incidenza di ictus e di infarto miocardico. Recentemente evidenze importanti sono emerse anche per gli inibitori dell’angioten-
sina che, oltre ai noti effetti antipertensivi, riportano significativi risultati sull’infiamma- zione, sulla rigidità parietale arteriosa e, nei diabetici, sulla microalbuminuria.
Fortemente raccomandato è lo svolgi- mento di una regolare attività fisica me- diante l’adozione di specifici programmi di training fisico consigliato o controllato (cfr.
§ 11.3).
I farmaci antiaggreganti piastrinici tro- vano indicazione per la loro efficacia nel ridurre significativamente l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori nella pre- venzione secondaria in soggetti con malat- tia aterotrombotica. I farmaci raccomandati sono l’aspirina (75-162 mg/die in preven- zione primaria; 75-250 mg/die in prevenzio- ne secondaria), la ticlopidina (250 mg/die, dose iniziale 500 per 1-2 mesi), il clopido- grel (75 mg/die). Nell’arteriopatico diabeti- co, in cui più frequente è la possibilità della cosiddetta resistenza all’aspirina, può esse- re considerato l’impiego della picotamide (inibitore diretto del trombossano, 600 mg/ die) che ha mostrato un’efficacia maggiore dell’aspirina nella prevenzione della morta- lità di arteriopatici diabetici 13 29.
La disabilità deambulatoria della claudi- cazione lieve consente una qualità di vita accettabile nella maggior parte dei pazien- ti, e la sola correzione dei fattori di rischio è spesso in grado di migliorare la capacità deambulatoria.
Qualora le esigenze di vita del paziente lo richiedano, gli interventi volti a ottenere un incremento dell’autonomia di marcia, il- lustrati nei paragrafi che seguono, possono essere adottati anche in questa fase della malattia.
4.2 Claudicazione Moderata
Nonostante sul piano sintomatologico la claudicazione moderata non sembri molto differente dalla claudicazione lieve, il mag- gior rischio di peggioramento locale impo- ne una tattica operativa differente. L’ECD degli arti inferiori ha indicazione prioritaria finalizzata alla ricerca di possibili indicazio- ni alla rivascolarizzazione endovascolare. La
Sinossi 2- — Claudicazione moderata Xxxxxxxx stadio 2° B; Xxxxxxxxxx Grado 1 Categoria 2 | Codice Bianco |
Quando sospettarla: | Dolore ai muscoli degli arti inferiori che insorge salendo meno di due rampe di scale o dopo un intervallo di marcia costante e inferiorea 200 m, e scompare in un tempo superiore a 2 minuti dalla cessazione dello sforzo. |
Epidemiologia: | Prevalenza: 40 a. 3%; 60 a. 6%; > 70 a. 18 – 20% Rischio di peggioramento locale (claudicazione severa): 25% in 3 – 5 anni 6 - 10% in 12-18 mesi Indicatore di rischio cardiovascolare globale (a 5 anni) Eventi cardiovascolari non fatali 5% Mortalità globale 30% |
Esami: Racc. Grado A Racc. Grado C Racc. Grado A Racc. Grado A Racc. Grado A | Misura ABI ECD arti inferiori (ricerca di indicazioni a rivascolarizzazione endovascolare). La refertazione dovrà descrivere la sede e l’estensione della stenosi o dell’ostruzione, gli eventuali circoli collaterali compensatori (test della femorale profonda). Test del cammino ECD Tronchi Sopra Aortici (XXXx) ECD aorta addominale Valutazione cardiologica per ricerca cardiopatia ischemica |
Management: Racc. Grado A Racc. Grado B Racc. Grado C | Obiettivi: rallentare la progressione della malattia prevenire eventi cardiovascolari maggiori, fatali e non fatali correzione dei fattori di rischio, farmaci antiaterotrombotici (antipiastrinici) migliorare la capacità di marcia eseguire un programma di training fisico controllato farmaci per la claudicazione rivascolarizzazione endovascolare previa attenta valutazione dell’indicazione, del rapporto rischio/beneficio, e considerazione delle opzioni terapeutiche alternative |
Follow-up | - sorveglianza semestrale(ABI e capacità di marcia) dopo due controlli successivi con parametri clinici e funzionali stabili - sorveglianza XXXx e Aorta addominale secondo le specifiche indicazioni (cfr. § 9 e 10) - in caso di quadro clinico in evoluzione controllo specialistico entro trenta giorni (codice azzurro) |
valutazione deve essere estesa a tutto l’asse arterioso dell’arto sino alle arterie metatar- sali, con descrizione precisa del numero e della sede delle stenosi o delle ostruzioni (blocchi singoli, sequenziali o multipli ed estesi), dei circoli collaterali compensatori e del run-off distale.
Per la valutazione dei XXXx, dell’aorta addominale, e la ricerca della cardiopatia ischemica vale quanto già indicato per la claudicazione lieve.
La misura della capacità di marcia nella claudicazione moderata va sempre esegui- ta perché rappresenta la precisa oggettiva-
zione dell’handicap deambulatorio su cui si basano i criteri di indicazione o meno di una procedura di rivascolarizzazione, e la valutazione del rischio/beneficio (cfr. § 7).
4.2.1 Management della Claudicazione Moderata
Le indicazioni relative alla correzione dei fattori di rischio e al trattamento con farmaci antipiastrinici raccomandate per la claudicazione lieve, valgono anche per il management della claudicazione moderata,
e in generale per tutti gli stadi della AOP. Questa fase della malattia, tuttavia, ha tra gli obiettivi principali anche il miglioramento della capacità di marcia, che, oltre ad avere un effetto favorevole sulla qualità di vita del paziente, migliora anche gli outcome della malattia sistemica 30.
Nella claudicazione moderata, l’indica- zione allo svolgimento di una regolare atti- vità fisica da consiglio clinico deve divenire una vera e propria prescrizione terapeutica, con relativa posologia (cfr. § 11.3).
Sul piano farmacologico, al trattamento antipiastrinico vanno associati farmaci in grado di migliorare la capacità deambula- toria.
Tra quelli più utilizzati in Europa si ri- cordano la pentossifillina (in grado di migliorare la deformabilità eritrocitaria e diridurre i livelli di fibrinogeno e l’ag- gregazione piastrinica), il naftidrofurile (inibitore del recettore della serotonina, chemigliora il metabolismo aerobico dei tessuti ipossici).
Tra i farmaci disponibili in Italia da poco tempo si ricorda il cilostazolo (inibitore del- la fosfodiesterasi III) dotato di attività va- sodilatatrice e antiaggregante piastrinica. Recenti evidenze ne hanno segnalato la ca- pacità di ridurre la necessità di reintervento nei pazienti rivascolarizzati prospettandone un impiego di elezione in questa indicazio- ne 31.
Infine, tra i farmaci attivi sulla capacità di marcia va segnalata anche la propionil- L-carnitina (PLC, 2 g/die) dotata di un pe- culiare meccanismo d’azione metabolico favorente la clearance dell’anomalo accu- mulo di acilcarnitina che si verifica nel mu- scolo scheletricodegli arteriopatici (miopa- tia metabolica). Il farmaco è in grado di fornire al muscolo ischemico un’energia addizionale che ne migliora la performan- ce. Diversi trial ne hanno dimostrato l’effi- cacia sulla capacità di marcia e sulla qua- lità divita dei pazienti claudicanti, anche diabetici 32.
Altri farmaci attivi sulla funzione endote- liale, come il mesoglicano e il sulodexide, hanno mostrato di migliorare la capacità di marcia, ma il numero di pubblicazioni non
è sufficiente per una forte raccomandazio- ne.
Nonostante l’AOP lieve o moderata non abbia in genere indicazione a procedure di rivascolarizzazione, in caso di blocchi- singoli, emodinamicamente significativi xxxxx buon run-off distale,l’opzione di ri- vascolarizzazione endovascolare può esse- re presa in considerazione se l’autonomia di marcia, indipendentementedall’ACD, è invalidante per la vita di relazione del pa- ziente (cfr. § 7).
Sorveglianza e Follow-up: Il paziente con claudicazione moderata deve essere con- trollato semestralmente (da MMG o SV) me- diante la misura di ABI e della capacità di marcia.
In caso di quadro clinico in evoluzio- ne, con riduzione della capacità di marcia e comparsa di cianosi e/o dolori a riposo, anche intermittenti, è consigliabile esegui- re una valutazione specialistica, al massimo entro 30 giorni.
In caso di comparsa di claudicazione dopo pochi passi il paziente va indirizzato immediatamente al centro vascolare di rife- rimento o al pronto soccorso.
Nell’ultimo decennio sono comparse in letteratura sempre più frequenti segna- lazioni di associazione tra aterosclerosi e neoplasia, dovute a comuni vie cellulari e molecolari comuni (predisposizione gene- tica, stress ossidativo, dieta e fattori di ri- schio, fumo, mutageni, proliferazione cel- lulare) 33, 34.
Pertanto un peggioramento clinico im- provviso e non motivato della AOP (peg- gioramento in soggetto che segue corret- tamente la terapia, con fattori di rischio a target di trattamento) devono far sospettare la presenza di una neoplasia occulta, e far adottare specifiche strategie diagnostiche e terapeutiche.
Cancro e chemioterapia, inoltre, possono predisporre i pazienti a ischemia acuta ar- teriosa.Questo evento, ritenuto sino ad oggi come manifestazione oncologica pre-termi- nale, sembra avvalersi con successo delle procedure di rivascolarizzazione, in termini di salvataggio d’arto e di sopravvivenza del paziente 35.
Sinossi 3. — Claudicazione xxxxxx Xxxxxxxx stadio 2° B (A); Xxxxxxxxxx Grado 1 Categoria 3 | Codice Azzurro |
Quando sospettarla: | Dolore ai muscoli degli arti inferiori che insorge salendo meno di una rampa di scale o dopo un intervallo di marcia costante e inferiore a 100 m, e scompare in un tempo superiore a 2 minuti dalla cessazione dello sforzo. |
Epidemiologia: | Rischio cardiovascolare globale: mortalità 20% in 3 anni Rischio di peggioramento locale dell’arto: evoluzione in ischemia critica 40% in 16 – 18 mesi amputazione 35% in 2 anni |
Esami: Racc. Grado A | Misura ABI ECD arti inferiori ed eventuali altre metodiche di imaging vascolare La refertazione dovrà descrivere la sede e l’estensione della stenosi o dell’ostruzione, gli eventuali circoli collaterali compensatori (test della femorale profonda). Imaging vascolare (valutazione possibilità di rivascolarizzazione endovascolare o open) Test del cammino Valutazione della criticità della perfusione distale (ossimetria transcutanea) ECD Tronchi Sopra Aortici (XXXx) ECD aorta addominale Valutazione cardiologica per ricerca cardiopatia ischemica |
Racc. Grado B Racc. Grado A | |
Racc. Grado A Racc. Grado A Racc. Grado A | |
Management: Racc. Grado B | Rivascolarizzazione endovascolare (o tradizionale) in caso di anatomia favorevole Miglioramento dell’autonomia di marcia Programma di training fisico controllato Farmaci per la claudicazione Prevenire eventi cardiovascolari maggiori (fatali e non fatali) correzione dei fattori di rischio farmaci antiaterotrombotici (antipiastrinici) |
Racc. Grado A | |
Racc. Grado C Racc. Grado A | |
Follow-up | - sorveglianza trimestrale (ABI e capacità di marcia) - sorveglianza semestrale in caso di miglioramento confermato da due controlli successivi con parametri clinici e funzionali stabili - sorveglianza XXXx e Aorta addominale secondo le specifiche indicazioni (cfr. § 9 e 10) - in caso di quadro clinico in evoluzione controllo specialistico entro dieci giorni (codice verde). |
4.3 Claudicazione Severa a
La claudicazione severa, a causa dell’elevato rischio di evoluzione in ische- mia critica e del rischio cardiovascolare sistemico, necessita di procedure diagno- stiche importanti ed urgenti. L’obiettivo diagnostico principale è la determinazio- ne del grado di criticità perfusiva dell’ar-
a) Si raccomanda di indicare la claudicazione severa esclusiva- mente con questo termine, e di utilizzare quello di stadio 2°B di Xxxxxxxx per indicare la claudicazione moderata.
to b mediante la valutazione morfologica ed emodinamica dell’asse arterioso (ECD, ed altre metodiche di imaging vascolare) e la misura del grado di ischemia cutanea (ossimetria transcutanea).
Altrettanto importante è la misura della capacità di marcia.
La priorità di esecuzione delle varie pro- cedure non può essere predeterminata, poiché dipende dalla peculiarità del quadro
b) Pressione alla caviglia ≤ 60 mmHg, ossimetria transcutanea ≤ 50 mmHg, occlusione di una o due arterie di gamba.
clinico e dalle risorse disponibili. Per que- sti motivi è raccomandabile che il paziente con claudicazione severa, al pari di quello con ischemia critica, sia “preso in carico” da una struttura specialistica ospedaliera dedicata alle malattie vascolari in grado di attuare in breve tempo tutte le procedure diagnostiche e terapeutiche necessarie.
Il MMG è invitato a indirizzare il paziente alla propria struttura specialistica di riferi- mento. Per i dettagli sugli esami strumentali si rimanda al paragrafo sull’ischemia critica.
4.3.1 Management della Claudicazione Severa
L’opzione terapeutica principale da pren- dere in considerazione è la rivascolarizza- zione, endovascolare in prima istanza, so- prattutto in caso di stenosi o lesioni isolate e brevi, e non coinvolgenti arterie in sedi articolari, o quando sono accertate condi- zioni di criticità perfusiva dell’arto.
Quando questa non è indicata, il tratta- mento conservativo prevede la prescrizione di un programma di training fisico persona- lizzato, e un trattamento farmacologico con i farmaci già indicati per la claudicazione moderata.
Sorveglianza e Follow-up: Il paziente con claudicazione severa non sottoposto a riva- scolarizzazione deve essere controllato tri- mestralmente (da MMG o SV)mediante la misura di ABI e della capacità di marcia. Il controllo può divenire semestrale in caso di miglioramento confermato da due controlli successivi con parametri stabili.
Nel periodo intervallare il paziente rima- ne affidato al MMG, cui si consiglia di mo- nitorare alcuni indicatori di malattia come la proteina reattiva C, e l’efficacia del tratta- mentoaggressivo dei fattori di rischio.
In caso di quadro clinico in evoluzione, con improvvisa riduzione della capacità di marcia, comparsa di cianosi e/o dolori a riposo, anche intermittenti, è consigliabile avviare con urgenza (10 giorni) il paziente al controllo presso il centro di riferimento.
Se la riduzione della capacità di marcia configura il quadro della claudicazione ri-
stretta (claudicazione dopo pochi passi) il paziente va indirizzato immediatamente al centro vascolare di riferimento o al pronto soccorso.
Per quanto riguarda il controllo periodico dei tronchi sopra-aortici e dell’aorta addo- minale, vanno seguite le indicazioni previ- ste per questi distretti (cfr. § 9 e10).
5. Arteriopatia Diabetica
L’AOP è anche una delle manifestazioni più frequenti della macroangiopatia diabe- tica, che ne riduce il rapporto maschi/fem- mine dal 3:1 delle AOP non diabetiche a 2:1 e anche 1:1.
L’AOP diabetica presenta alcune caratte- ristiche peculiari di ordine epidemiologico, anatomico e clinico che la differenziano dall’AOP aterosclerotica 13.
Epidemiologia: la comparsa dell’AOP è anticipata di circa una decade rispetto al paziente non diabetico.
Anatomia: l’AOP diabetica predilige le arterie di medio e piccolo calibro (parte distale della femorale superficiale, popli- tea, arterie sotto-genicolari), con un relati- vo minore impegno aorto-iliaco rispetto al paziente con AOP aterosclerotica, ed una maggiore tendenza alla calcificazione della tunica media.
Clinica: le peculiarità cliniche riguardano i segni e i sintomi. L’AOP diabetica decorre per anni in modo asintomatico. La claudica- zione ha una minore prevalenza rispetto al non diabetico, per l’elevata soglia al dolore e per la sedentarietà tipica della maggior parte dei diabetici.
Non è raro che il sintomo d’esordio dell’AOP nel diabetico sia rappresentato dalla comparsa di ulcerazioni cutanee do- vute ad eventi trombo-embolici, sia macro- circolatori sia microcircolatori che sembra- no insorgere a ciel sereno, proprio per la scarsa rilevanza della claudicazione.
Le ulcerazioni cutanee ischemiche, segno di CLI, sono molto frequenti nei pazienti diabetici, che rappresentano circa il 60% di tutti i pazienti con CLI, ed il pesante outco- me della CLI ricordato nel paragrafo3, è an-
Figura 1. — Algoritmo per il management dell’arteriopatia periferica nel paziente diabetico.
cor più grave nel paziente diabetico per la comparsa del piede diabetico (coesistenza della neuropatia e facilità d’infezione) che aumenta il rischio di amputazione e/o di morte.
Va tuttavia ricordato che le ulcerazioni cu- tanee nel paziente diabetico possono essere anche di natura “non ischemica”. È possibile, infatti, che una lesione accidentale della cute degli arti inferiori mostri scarsa tendenza alla riparazione (scarsa efficacia dei fattori di crescita, presenza della glicazione proteica, e sovrapporsi dell’infezione) mimando un quadro di CLI che non sarà confermato dagli approfondimenti diagnostici.
L’elevata prevalenza dell’AOP nel dia- betico impone una stretta sorveglianza di questi pazienti con l’obiettivo di una dia- gnosi precoce finalizzata al rallentamento della progressione della malattia e soprat- tutto alla comparsa di eventi cardiovascolari maggiori (infarto miocardico e stroke) fatali e non fatali. Sottoporre tutti i pazienti dia- betici ad una valutazione vascolare (ECD) degli arti inferiori è tuttavia improponibile per il notevole dispendio di risorse umane ed economiche che comporterebbe. Per su- perare l’empasse è opportuno stratificare i ruoli dei vari livelli di assistenza, con proce- dure diagnostiche appropriate eseguite da personale adeguatamente formato.
L’approccio iniziale compete al MMG ed ai diabetologi, che hanno un più stret- to contatto con la popolazione diabetica, mentre allo SV compete la valutazione più propriamente vascolare (ECD, ossimetria, imaging vascolare).
Tuttavia, per semplificare il management dei pazienti e accelerare l’iter diagnostico riducendo le liste di attesa, le procedure diagnostiche vascolari possono essere ese- guite anche dai Centri per la Prevenzione e la Cura del Piede Diabetico, purché op- portunamente addestrati e accreditati (pro- gramma di accreditamento di eccellenza della SIAPAV (cfr. xxx.xxxxxx.xx).
Soltanto una stretta collaborazione tra queste tre figure professionali potrà garan- tire un management adeguato del paziente diabetico e delle sue manifestazioni vasco- lari, con i diversi livelli d’intervento, sche- matizzati nell’algoritmo della Figura 1.
Tutti i diabetici la cui malattia dati da più di venti anni, i diabetici con diabete di tipo 1 ed età > 35 anni, e i diabetici di tipo 2 con età > 40 anni, dovrebbero ricevere un’ade- guata valutazione vascolare. Inoltre, con- siderato il ruolo preventivo di molte delle azioni indicate nella Figura 1, la valutazio- ne vascolare dovrebbe essere estesa anche ai pazienti con sintomi e segni espressione di disfunzione endoteliale come un elevato
indice di massa corporea (BMI) o di un al- terato rapporto vita/fianchi, la presenza di microalbuminuria o di disfunzione erettile.
Il MMG e il Diabetologo dovranno con- trollare periodicamente, nei pazienti sopra indicati, la presenza dei polsi arteriosi e/o di soffi vascolari, la capacità deambulatoria e lo stato trofico della cute, misurando l’ABI quando rilevassero una riduzione della pul- satilità, la presenza di un soffio o la riduzio- ne della capacità deambulatoria. In base al valore di ABI dovranno avviare il paziente allo SV che proseguirà l’iter diagnostico se- condo il citato algoritmo.
Nel caso di comparsa di ulcere cutanee si suggerisce di avviare direttamente il pa- ziente alla misura del’ossimetria transcu- tanea (ed eventualmente all’esecuzione di un ECD estensivo delle arterie degli arti in- feriori (cfr. § 8) con l’intento di fornire al paziente il più opportuno trattamento nei tempi più brevi.
La sorveglianza periodica ed il follow-up sono demandati al MMG e/o ai Diabetologi.
6. Arteriopatia obliterante periferica asintomatica (asyPAD)
Come tutte le localizzazioni dell’ats, an- che l’AOP può essere presente ma non pro- durre sintomi (AOP silente o asintomatica, AsyPAD; Xxxxxxxx stadio 1, Xxxxxxxxxx 0/0). Non sono disponibili dati sulla sua pre- valenza, ma è stimato che ogni 100 pazienti claudicanti sintomatici ne esistano almeno 100, che pur sintomatici non ricorrono al medico curante, e altri 100 con lesioni ats
agli arti inferiori, ma privi di sintomi 36.
L’epidemiologia clinica indica per asyPAD il medesimo rischio relativo della claudica- zione intermittente.
L’asyPAD va sospettata nei soggetti con ri- scontro occasionale di stenosi, placche o cal- cificazioni arteriose, in tutti i soggetti con più di 70 anni, in quelli con età compresa tra 50 e 69 anni con storia di tabagismo o diabete, e nei soggetti con meno di 50 anni con diabete e un altro fattore di rischio (fumo, dislipide- mia, ipertensione arteriosa). Infine, asyPAD
Sinossi 4. — Arteriopatia obliterante periferica asintomatica (asyPAD) Xxxxxxxx stadio 1°; Xxxxxxxxxx Grado 0 Categoria 0 | Codice Bianco |
Quando sospettarla: | - Soggetto asintomatico con riscontro occasionale di calcificazioni o placche arteriose aorto- iliache - età > 70 anni - età > 50-69 anni, con storia di tabagismo o diabete - età > 50 con segni oggettivi di sindrome metabolica - ipo o asfigmia dei polsi periferici - aterosclerosi coronarica, carotidea, aortica, insufficienza renale |
Epidemiologia: | - prevalenza reale non nota è stimato che ogni 100 pazienti claudicanti ne esistano 100 con asyPAD e 100 sintomatici che non consultano il medico - rischio di peggioramento locale verso stadi più avanzati simile alla claudicazione lieve- moderata - rischio cardiovascolare globale: 5-7% di eventi CV maggiori per anno |
Esami: | - misura di ABI - ECD aa. arti inferiori solo in particolari casi (iposfigmia o assenza, mono o bilaterale, dei polsi femorale, popliteo, tibiale) |
Management: | Diagnosi confermata: - ricerca e trattamento aggressivo dei fattori di rischio - ECD Tronchi Sopra Aortici (XXXx) - ECD aorta addominale - valutazione cardiologica per la ricerca di cardiopatia ischemica |
Follow-up | - Diagnosi confermata: sorveglianza annuale, (ABI ed efficacia dei trattamento dei fattori di rischio) - Diagnosi non confermata: controllo dopo 2 anni |
va sospettata in tutti i pazienti con ats coro- narica e/o carotidea note, nei pazienti con insufficienza renale, e nei soggetti con più di 50 anni con sindrome metabolica.
La sindrome metabolica va diagnosticata se sono presenti almeno 3 dei 5 criteri sotto indicati:
— elevata circonferenza fianchi (≥ 102 cm negli uomini e ≥102 cm nelle donne);
— soggetti con trigliceridi ≥150 mg/dL or
1.7 mmol/L, o in trattamento per ipertrigli- ceridemia;
— soggetti con bassi livelli di HDL-xxxx- sterolo (uomini ≤ 40 mg/dL o 1.03 mmol/L, donne ≤ 50 mg/dL o 1.3 mmol/L) o in trat- tamento farmacologico per bassi livelli di HDL-C;
— elevata pressione arteriosa (sistolica
≥130 mmHg o diastolica ≥130 mmHg) o in trattamento con farmaci antipertensivi;
- glicemia a digiuno ≥100 mg/dL o in trat- tamento con ipoglicemizzanti.
La diagnosi di asyPAD viene confermata con la misura di ABI a riposo e, eventual- mente dopo esercizio fisico. Un ABI al di sotto di 0.9 è indicativo di PAD. Se la dia- gnosi è confermata, è consigliabile proce- dere alla identificazione ed alla correzione di tutti i fattori di rischio e ad un trattamen- to antiaterotrombotico.
Ulteriori esami, come quelli indicati per la claudicazione (ECD dei XXXx e dell’aorta addominale), anche se non espressamente indicati, possono essere utili per completare la valutazione del soggetto con asyPAD.
Il trattamento aggressivo dei fattori di ri- schio nei soggetti con asyPAD ha mostrato una riduzione del rischio di mortalità a un anno del 2.4% rispetto ai dati epidemiolo- gici ufficiali 37. Per questo motivo la SIAPAV enfatizza la necessità di identificare e tratta- re i soggetti con asyPAD, sottolineando al- tresì, in quest’ottica, l’insostituibile ruolo del MMG nello screening dei propri pazienti, mediante la misura diretta di ABI.
Sorveglianza e follow-up: il soggetto con asyPAD va controllato annualmente moni- torando l’ABI e controllando l’efficacia della correzione dei fattori di rischio.
Se la diagnosi non è confermata, è oppor- tuno eseguire un controllo dopo due anni.
7. La rivascolarizzazione nella claudi- cazione intermittente
Le procedure di rivascolarizzazione non hanno indicazione nella claudicazione in- termittente, soprattutto lieve e moderata, mentre rappresentano la prima opzione te- rapeutica da considerare nella claudicazio- ne severa, con scelta prioritaria per le pro- cedure endovascolari (cfr. § 11.4).
Nella claudicazione moderata, la possibi- lità di eseguire una rivascolarizzazione può essere presa in considerazione se, nonostan- te il miglior trattamento medico realmente praticato (farmaci antitrombotici, training fisico e farmaci per la claudicazione), il pa- ziente non ottenga un reale miglioramento o stabilizzazione del quadro clinico.
La rivascolarizzazione può essere indica- ta anche se la capacità di marcia (a pre- scindere la valore assoluto di ACD) limita la qualità di vita del paziente (claudicazio- ne invalidante). Una ACD di 150 m, infatti, può garantire una soddisfacente qualità di vita in un paziente di 70 anni, ma può es- sere invalidante per un cinquantenne, con esigenze di vita professionale e relazionale decisamente differenti.
Il termine claudicazione invalidante non compare nelle classificazioni della AOP per- ché è un criterio soggettivo. Tuttavia, esso è non di rado utilizzato per giustificare una rivascolarizzazione poco o nulla appropria- ta. Prima di porre indicazione alla rivasco- larizzazione nella claudicazione lieve o mo- derata con questa motivazione è opportuno procedere alla valutazione oggettiva dell’in- validità del claudicante mediante la misura della qualità di vita utilizzando questionari ad hoc.
L’indicazione non appropriata alla riva- scolarizzazione endovascolare del claudi- cante è un problema clinico in continuo aumento che contribuisce non poco alla lievitazione della spesa sanitaria. Ciò acca- de perché le procedure endovascolari sono spesso presentate come le procedure di scelta per il trattamento della AOP, sempli- ci e ripetibili, che possono essere adottate ogni qualvolta lo si ritenga necessario, an- che reintervenendo sul medesimo distretto.
Figura 2. — Strategia decisionale in caso di richiesta di rivascolarizzazione da parte del paziente claudicante.
Errore questo assai grave perché non tiene conto della storia naturale anatomo-istolo- gica dell’arteria trattata e creando di fatto serie difficoltà per un intervento successivo, indispensabile se il paziente dovesse giun- xxxx a stadi di malattia più avanzati.
La tipologia e l’entità della lesione anato- mica non è e non potrà essere il criterio di scelta per la strategia terapeutica che deve rimanere solidamente fondata su criteri cli- nici, ma è soltanto il criterio di scelta della tattica d’intervento, una volta che la sua in- dicazione clinica è stata posta.
Cercare tutte le stenosi dell’albero arterio- so per trattarle c, indipendentemente dalla clinica cui danno origine, non è etico per il paziente enon corrisponde ad un adeguato concetto di costo/beneficio.
L’eccesso di indicazione inappropriata alla rivascolarizzazione nella claudicazione non è soltanto iatrogeno (eccesso di offerta), ma può venire anche dal paziente (eccesso di do- manda) che, sull’onda della falsa informazio- ne sulla semplicità e ripetibilità della procedu- ra endovascolare, chiede sempre più spesso una rapida soluzione del proprio problema.
c) Questo comportamento è ironicamente indicato come ri- flesso oculo-stenotico.
d) Doppia e tripla antiaggregazione, terapia anticoagulante.
Prima di accoglierne la richiesta è oppor- tuno informarlo sulle alternative terapeu- tiche possibili, sulle possibili complicanze del trattamento endovascolare, sulla ne- cessità di ulteriori terapie farmacologiche d dopo il trattamento.
Se il paziente conferma la richiesta, que- sta viene accolta se le condizioni anatomi- che sono favorevoli (blocchi singoli o se- quenziali, interessanti l’aorta, le iliache e le femorali, con buon run-off a valle). Se le le- sioni sono estese e il run-off distale è mode- sto, la richiesta del paziente non può essere accolta e bisogna convincerlo a seguire un rigoroso programma terapeutico conserva- tivo, prescrivendo un adeguato programma di training fisico (Figura 2).
8. Ischemia critica
L’ischemia critica (CLI) è uno degli stadi della AOP e non va confusa con l’ischemia acuta da tromboembolia arteriosa degli arti inferiori (Tabella IV).
La diagnosi di CLI deve essere sospettata in presenza didolore a riposo agli arti in- feriori, prevalentemente notturno, che dura da oltre 15 giorni e che richiede un tratta-
Sinossi 5. — Ischemia critica Xxxxxxxx stadio 3°; Xxxxxxxxxx Grado 2-3 Categoria 4-5-6 | Codice Verde |
Quando sospettarla: | - dolore ischemico a riposo (Xxxxxxxxxx 2/4) che richiede un trattamento analgesico - lesioni cutanee ischemiche, minime (Xxxxxxxxxx 3/5) - lesioni cutanee ischemiche estese, o gangrena (Xxxxxxxxxx 3/6) |
Epidemiologia: | - incidenza: 450 nuovi casi/anno/milione di abitanti - rischio relativo di amputazione non rivascolarizzati: 50% rivascolarizzati: 26% - rischio relativo di mortalità: non rivascolarizzati: 50% rivascolarizzati: 18% - destino amputati: autosufficienza: 33% autosufficienza parziale: 33% morte: 33% |
Esami: Racc. Grado A | Nessuno: avviare il paziente a un centro ospedaliero di angiologia o chirurgia vascolare |
Management: Racc. Grado A Racc. Grado A Racc. Grado C Racc. Grado C Racc. Grado A | - rivascolarizzazione, tradizionale o endovascolare - trattamento farmacologico intensivo - training fisico riabilitativo per la claudicazione - farmaci per la claudicazione - correzione fattori di rischio |
Follow-up: | - esaurita la fase critica, vanno eseguiti dei controlli più o meno ravvicinati, in relazione alla stabilità clinica raggiunta; - nei pazienti stabilizzati, attuare le procedure previste per la claudicazione moderata; - nei pazienti con ischemia critica persistente, controlli mensili e cicli ripetuti di trattamento farmacologico intensivo |
mento analgesico;lesioni cutanee minime, estese o gangrena.
Riunire sotto un’unica definizione gli sta- di 3° e 4° di Xxxxxxxx e le relative categorie di Xxxxxxxxxx ha il pregio di focalizzare l’at- tenzione del MMG e dello SV sulla gravità del quadro clinico con rischio elevato di amputazione e di morte.
L’incidenza annua della CLI in Europa è di circa 450 casi/milione di abitanti, il rischio relativo di amputazione dell’arto raggiunge il 50% nei pazienti non rivasco- larizzati e il 26% nei rivascolarizzati; il ri- schio relativo di morte è rispettivamente del 50% e del 18%. D’altra parte, anche l’amputazione è gravata da una prognosi assai sfavorevole; 1/3 degli amputati muo- re entro un anno, 1/3 raggiunge un’au-
tosufficienza parziale e solo 1/3 ottiene un’autosufficienza totale.
Se il sospetto di CLI è fondato, il MMG deve avviare senza indugio il paziente pres- so un centro ospedaliero di angiologia o di chirurgia vascolare.
Come per la claudicazione severa l’obiettivo diagnostico principale è la de- terminazione del grado di criticità perfu- siva dell’arto che si realizza mediante la valutazione morfologica ed emodinamica dell’asse arterioso (ECD, ed altre metodi- che di imaging vascolare) e la determina- zione del grado di ischemia cutanea (ossi- metria transcutanea).
L’ECD deve definire accuratamente il quadro anatomico ed emodinamico com- plessivo, la valutazione deve essere estesa a
Tabella IV. — Ischemia acuta degli arti inferiori (Acute Limb Ischemia - ALI). Codice rosso
Definizione | Improvvisa riduzione peggioramento della perfusione dell’arto, che causa una potenziale minaccia della vitalità | |
Etiologia | Embolia (potenzialità embolica nota) Letto arterioso normale Quadro clinico drammatico per assenza di circolo collaterale Assenza di storia di claudicazione Arto controlaterale: Polsi normali Pressione caviglia normale | Trombosi su placca ats (causa più frequente di ALI) Letto arterioso compromesso Quadro clinico meno drammatico per presenza di circolo collaterale Storia di claudicazione Arto controlaterale: Polsi ridotti Pressione caviglia ridotta |
Severità | Dipende dalla localizzazione ed estensione dell’occlusione (elevata tendenza alla trombosi a valle) e dal numero di arterie coinvolte nel medesimo segmento di arto: aa. iliache e poplitee: bassa possibilità di compenso per presenza nel segmento d’arto delle sole aa. assiali; a.iliaca esterna: possibile compenso attraverso circoli di compenso a partenza dall’iliaca interna o dalle arterie lombari; a.femorale sup.: possibile compenso dall’a. femorale profonda con riabitazione a. poplitea; aa. polpaccio: possibile compenso dalle altre aa. crurali non coinvolte. | |
Clinica | Cinque P Pain: dolore improvviso (frustata) Pulseless: scomparsa dei polsi a valle Pallor: pallore associato a ipotermia a valle Paresthesias: parestesie e intorpidimento (sintomo ad alta sensibilità e bassa specificità) Paralysis: perdita della funzione motoria, indica una severa minaccia di perdita d’arto; il paziente non riesce a stare in piedi o a compiere movimenti di dorsiflessione del piede e/o di flessione plantare delle dita | |
Quesiti clinici | - l’arto è vitale? - è presente rischio di ulteriore progressione dell’ischemia? - è presente minaccia immediata di perdita di vitalità senza rivascolarizzazione? - sono presenti segni irreversibili che precludono il recupero funzionale e/o il salvataggio d’arto? | Vitalità a rischio: - persistenza del dolore - perdita della sensibilità - debolezza muscolare Rischio di danno irreversibile: - rigidità o estrema mollezza muscolare - dolore ai movimenti passivi |
Diagnosi differenziale | Condizioni che possono mimare una ALI Scompenso cardiaco, soprattutto se associato a AOP Trombosi venosa acuta Neuropatia compressiva acuta Cause non ATS di ALI Trauma arterioso (spesso iatrogeno) Dissezione aortica Arteriti con trombosi (a. a cellule giganti, Burger) Trombosi arteriosa acuta idiopatica (stati trombofilici) Cisti poplitee con trombosi arteriosa Entrapment popliteo con trombosi arteriosa Vasospasmo con trombosi (ergotismo) Cause di ALI nel paziente con ATS Trombosi di stenosi arteriosa Trombosi di graft arterioso Embolia cardiaca, aneurismatica o stenosi critiche a monte, incluse l’embolia colesterinica, l’ateroembolia secondarie a manovre endovascolari Trombosi di aneurismi (soprattutto poplitei) |
tutto l’asse arterioso dell’arto sino alle arte- rie metatarsali, con descrizione del numero e della sede delle stenosi o delle ostruzioni (blocchi singoli, sequenziali o multipli ed estesi), dei circoli collaterali compensatori e del run-off distale. Nella maggior parte dei casi l’esame metterà in evidenza lesioni ste- nostruttive multiple ed estese. Per agevolare la successiva scelta terapeutica si suggerisce il seguente inquadramento:
— lesioni singole o doppie sequenziali, aorto-iliache, iliaco-femorali, femoro-popli- tee, con buon run-off;
— lesioni multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, poplitee e delle arterie di gamba, con arco plantare visibile e run-off buono o soddisfacente;
— lesioni multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, poplitee e delle arterie di gamba, con arco plantare non visibile e scarso run-off.
Il run-off, cioè l’accoglimento emodina- mico periferico, è definito buono, soddisfa- cente o scarso, in base alla pervietà di tre, due o una sola (o nessuna) arteria di gamba. Si tratta della traslazione ad altre metodiche di imaging, della classificazione angiogra- fica di Xxxxxxxxxx 38, che ben si presta ad una codifica anche ECD. Il GdL non ha rite- nuto di includere nel presente documento le classificazioni a punteggio angiografico proposte successivamente 39, 40.
Oltre all’ECD, le altre metodiche di ima- ging vascolare sono l’angiografia, l’angio- risonanza magnetica (angio-RM) e l’angio- tomografia computerizzata (angio-TC).
L’angiografia è da riservare esclusivamen- te alla fase “pre-rivascolarizzazione”, esegui- ta contestualmente alla proceduraendova- scolare o di chirurgia aperta. Il suo impiego in fase di “studio diagnostico del paziente” è, di fatto, moltoraro. Quando indicata, deve essere eseguita per via arteriosa e con tecnica digitalizzata, essere molto selettiva ed acquisire immagini anche in tempi lun- ghi per visualizzare tutte le porzioni distali delle arterie tibiali e l’arcataplantare.
L’angio-RM studia molto bene l’aspetto perfusivo dell’asse arterioso ed è indicata per lo studio dell’inflow aorto-iliacoquando le informazioni ECD sono al riguardo ca-
renti, o quando si desidera avere una visio- ne d’insieme dell’assearterioso.
L’angio-TC, al contrario, studia molto bene la parete arteriosa e dunque è molto importante per pianificare le strategiee le tattiche di rivascolarizzazione, soprattutto endovascolare (utilizzo di stent, angioplasti- ca sottointimale). La sensibilità nella defini- zione del tratto sotto popliteo, però, rimane ancora inferiore a quella dell’angiografia.
La perfusione cutanea si misura mediante l’ossimetria transcutanea (TcPO2). Il rilievo può essere eseguito lungo tutta la superfi- cie cutanea dell’arto inferiore, ma la sede di riferimento su cuibasare le scelte terapeuti- che è l’avampiede.
Una TcPO2 <30-25 mmHg conferma la severità dell’AOP e la criticità della perfu- sione cutanea. Il giudizio clinico può essere facilitato dalla contemporanea misura tran- scutanea dell’anidride carbonica (TcPCO2).
8.1 Management dell’ischemia critica
La rivascolarizzazione (endovascolare o chirurgica) è l’opzione terapeutica priorita- ria. Tuttavia, anche se tecnicamente possi- bili, non sempre le procedure di rivasco- larizzazionesono consigliate, a causa di condizioni emodinamiche poco favorevoli.
In caso di lesioni emodinamiche singole o doppie sequenziali, aorto-iliache, iliaco- femorali, femoro-poplitee, conbuon run-off, associate a dolori a riposo, piccole ulcere cutanee, necrosi digitali o anche dell’avam- piede, è indicatala rivascolarizzazione pri- xxxxx.
In caso di lesioni emodinamiche multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, popli- tee e delle arterie di gamba,con arco plan- tare visibile e soddisfacente run-off (condi- zione emodinamica favorevole), associate a dolori a riposoe lesioni ischemiche cutanee poco estese o interessanti soltanto le dita, è indicato un trattamento farmacologicocon- servativo, riservando la rivascolarizzazione come opzione secondaria in caso di insuc- cesso.
Se al suddetto quadro emodinamico fa- vorevole si associa una gangrena dell’avam-
Tabella V. — Management della CLI.
Emodinamica Clinica Trattamento
Lesioni singole o doppie sequenziali, aorto- iliache, iliaco-femorali, femoro-poplitee, con buon run-off (emodinamica favorevole)
Lesioni multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, poplitee e delle arterie di gamba, con arco plantare visibile e soddisfacente run-off (emodinamica favorevole)
Dolori a riposo Piccole ulcere cutanee Necrosi digitali
Necrosi dell’avampiede
Dolori a riposo
Ulcere cutanee ischemiche poco estese o interessanti solo le dita
Rivascolarizzazione primaria
Trattamento farmacologico inten- sivo
Rivascolarizzazione in caso di insuccesso del trattamento con- servativo
Lesioni multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, poplitee e delle arterie di gamba, con arco plantare visibile e soddisfacente run-off (emodinamica favorevole)
Necrosi avampiede Rivascolarizzazione primaria Amputazione avampiede Trattamento farmacologico inten- sivo
Lesioni multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, poplitee e delle arterie di gamba, con arco plantare non visibile e scarso run-off (emodinamica sfavorevole)
Dolori a riposo Necrosi digitali Necrosi avampiede
Trattamento farmacologico inten- sivo
Tentativo di rivascolarizzazione in caso di insuccesso del trattamento conservativo
Eventuale amputazione maggiore
piede è indicata la rivascolarizzazione as- sociata all’amputazione dell’avampiede e seguita da un trattamento farmacologico intensivo.
In caso di lesioni multiple ed estese, aortiche, iliache, femorali, poplitee e delle arterie di gamba, con arco plantarenon vi- sibile e scarso run-off, associato a necrosi digitale o dell’avampiede, è indicato il trat- tamento farmacologicoconservativo, asso- ciato all’amputazione delle parti necrotiche (Tabella V).
8.2 Trattamento conservativo nell’ische- mia critica
Come detto nel paragrafo precedente, la rivascolarizzazione (endovascolare o chi- rurgica) è l’opzione terapeutica priorita- riadella CLI. Esistono tuttavia pazienti nei quali la rivascolarizzazione non è possibile o consigliabile,per cause tecniche (per il vero rare), per elevato rischio di fallimento della procedura, persevera comorbilità, per elevata compromissione delle condizioni generali (ridotto livello di autonomia). In questi pazienti è indicato un trattamento conservativo.
Gli obiettivi del trattamento conservativo sono la sedazione del dolore, la prevenzio- ne dell’amputazione, la guarigione o il si- gnificativo miglioramento delle lesioni cuta- nee, il prolungamento della sopravvivenza, con riduzione del rischio di eventi cardio- vascolari maggiori. Le terapie da adottare sono molteplici, a partire da un’adeguata idratazione, al trattamento ottimale delle comorbilità, all’impiego di prostanoidi, an- ticoagulanti, analgesici centrali, antibiotici, sino alla ossigenoterapia iperbarica, l’elet- trostimolazione midollare(trattamento far- macologico intensivo).
I prostanoidi vanno somministrati in am- biente protetto (ambulatorio Day-Service, Day Hospital o ricovero ordinario). Nei pa- zienti affidabili, bene istruiti sui possibili effetti collaterali, con adeguato supporto fa- miliare e con la struttura di riferimento sem- pre disponibile, è possibile la somministra- zione mediante pompa elastomerica della durata di 3-5 giorni. Si tratta di un impiego off-label, che la struttura specialistica che ha in carico il paziente deve dichiarare in cartella e informare la direzione ospedaliera 41 (Tabella VI).
Di recente è stata proposta la sommini- strazione ev. di PLC (600 mg/die) in associa-
Tabella VI. — Trattamento conservativo della CLI.
Obiettivi Controllo del dolore
Prevenzione dell’amputazione
Guarigione (o significativo miglioramento) delle lesioni cutanee
Prolungamento della sopravvivenza, riduzione del rischio di eventi CV maggiori (stroke, infarto, morte improvvisa)
Terapie Idratazione adeguata Ottenere un normale bilancio idroelettrolitico ed un ematocrito fisiologico
Trattamento ottimale di tutte le comorbilità Valutazione dell’aspettativa di vita Valutazione del livello di autonomia
Ipertensione Scompenso cardiaco Insufficienza renale Ictus invalidante Neoplasie
Prostanoidi (ciclo di 3-4 settimane) PGE1 (60-100 mcg/die)
Iloprost (0,5-2,0 ng/kg/min/6-9 ore
Eparina (non frazionata o BPM) Prevenzione della trombosi e della microtrombosi (anche
associata ad antiaggreganti, se non controindicati)
Anticoagulanti orali Se già presenti in terapia (fibrillazione atriale, precedenti tromboembolici, trombofilia) vengono mantenuti
Analgesici centrali Somministrati con regolarità per xxx xxxxxx, xxxxxxxxxxxx o con pompa elastomerica
Antibiotici Per via sistemica, previo antibiogramma, in caso di lesioni cutanee infette
Medicazione delle lesioni cutanee Medicazioni occlusive e semiocclusive Elettrostimolazione midollare Mantenimento di una stabile analgesie, svezzamento da
oppiacei e prostanoidi
Ossigenoterapia iperbarica Stimolazione della proliferazione dei fibroblasti (ove non
sussistano controindicazioni specifiche)
Follow-up Controlli clinici e strumentali mensili (più frequenti in caso di peggioramento o di instabilità clinica)
Periodica rivalutazione delle possibilità di rivascolarizzazione Nuovo ciclo con prostanoidi Alla ricomparsa del dolore a riposo e in caso di
peggioramento delle lesioni ischemiche, se la
rivascolarizzazione rimane non consigliabile
Tabella VII. — Strutture ospedaliere di riferimento per la presa in carico dei pazienti con CLI.
Caratteristiche Dedicate totalmente al trattamento delle malattie vascolari (U.O. Complesse o Semplici di Angiologia o Medicina Vascolare)
Pronta disponibilità di posti letto per ricovero diurno o ordinario Day service dedicato ai pazienti con CLI
Stretto collegamento operativo con chirurgia vascolare, angioradiologia, altre specialità (cardio- logia,diabetologia, chirurgia plastica, ecc.)
Organizzazione Istruzione del paziente preso in carico e dei familiari sui principali segni e sintomi di peggioramento (aumento del dolore, peggioramento delle lesioni ischemiche)
Call service dedicato ai pazienti in follow-up
Controllo telefonico quindicinale dei pazienti in follow-up Controllo clinico e strumentale mensile
zione ai prostanoidi, con miglioramento dei risultati a breve e medio termine sul dolore e sulle lesioni cutanee 42. Il razionale della proposta è dovuto all’effetto citoprotettivo della PLC sull’ischemia-riperfusione 43.
I risultati disponibili riportano un’inci-
denza di amputazione a due anni del 9%, con una mortalità del 13% a un anno, che raggiunge il 24% a due anni, decisamene inferiori a quelli della letteratura internazio- nale.
La bontà di questi risultati è da ascrivere
alla tipologia del management piuttosto che all’efficacia di un singolo farmaco, e soprattut- to al rigoroso follow-up, con controlli clinici e strumentali mensili (o più frequenti in caso di peggioramento recente o di instabilità clinica). Le strutture di riferimento per il tratta- mento conservativo dell’AOP severa e della CLI, devono essere totalmente dedicate al trattamento delle malattie vascolari (U.O. di Angiologia o Medicina Vascolare), con pronta disponibilità di posti letto e stretta- mente collegate con équipe radiologiche e
chirurgiche, e con altri specialisti.
Il paziente con CLI in trattamento con-
servativo è un paziente molto fragile e richiede un’assistenza molto articolata (ambulatoriale, ricovero diurno, ricovero ordinario) con passaggio dall’una all’altra tipologia anche in tempi molto brevi. Per questi pazienti è necessaria la cosiddetta “presa in carico” da parte di una struttu- ra dedicata, in grado di fornire tutte le procedure diagnostiche e terapeutiche di volta in volta necessarie, e soprattutto di assicurare un adeguato e attento follow- up. Indispensabile è anche una stretta collaborazione tra struttura specialistica e MMG, che devono condividere criteri e
Sinossi 6 Insufficienza cerebro-vascolare - Quadro clinico | Codice colore |
Ictus cerebrale (Grado A) | CODICE XXXXX |
XXX in crescendo (o subentranti) (due o più episodi riferibili a TIA in 24 ore o tre o più in 72 ore, con una completa risoluzione dei sintomi tra un TIA e l’altro) (Grado A) Sintomi suggestivi per TIA e/o minor stroke del territorio carotideo o del territorio vertebro- basilare, insorti da meno di 7 giorni (Grado A) Tumefazione pulsante laterocervicale (Grado C) | CODICE GIALLO |
Sintomi suggestivi per TIA e/o minor stroke del territorio carotideo o del territorio vertebro- basilare, insorti da più di 7 giorni (Grado A) | CODICE VERDE (entro 10 giorni) |
Pazienti asintomatici candidati a interventi di chirurgia maggiore o coronarografia (check-list) (Grado C) Soffio laterocervicale in paziente ad elevato rischio cardiovascolare (Grado C) Sospetto furto della succlavia (Grado C) | CODICE AzzURRO (11-30 giorni) |
Soggetti asintomatici o sintomatici con sintomi suggestivi per TIA del territorio carotideo o del territorio vertebro-basilare insorti da più di 30 giorni (Grado C) − Età > 65 anni (anche in assenza di segni o sintomi di malattia aterosclerotica e di fattori di rischio di aterosclerosi) − Età < 65 anni con una o più delle seguenti condizioni: • pregresso stroke o TIA • pregresso infarto miocardico • aterosclerosi in altri distretti (coronarie, arterie periferiche) • presenza di fattori di rischio di aterosclerosi (fumo, diabete, ipertensione, dislipidemia) • aneurisma dell’aorta addominale • occlusione vascolare retinica • terapia radiante al collo • soffio laterocervicale e/o sopraclaveare | CODICE BIANCO (entro 180 giorni) |
Follow-up di pazienti sottoposti a TEA o stent carotideo (Grado C) |
TABELLA VIII. — Management e Periodicità dei controlli nel paziente con arteriopatia carotidea (grado A).
Asintomatico con età > 65 anni senza fattori di rischio, con eco-color-Doppler TSA o già negativo al controllo precedente
Quinquennale
Ispessimento medio-intimale Biennale
Stenosi < 50% asintomatica Annuale
Stenosi < 50% sintomatica Stenosi 50-59% asintomatica
Semestrale
Stenosi 50-99% sintomatica Stenosi ≥60% asintomatica
Consulenza specialistica
Occlusione carotide Annuale o biennale se carotide controlaterale normale Secondo quanto sopra riportato se stenosicarotide controlaterale
Placca a rischio (ipoecogena, disomogenea, a superficie irregolare)
Placca su carotide operata
Semestrale
TEA o stent carotideo Primo controllo entro 3 mesi, secondo a 9 mesi, controlli successivi con cadenza annuale
finalità del trattamento conservativo e in- formarsi vicendevolmente sulle condizio- ni del paziente.
Il paziente “preso in carico” e/o i suoi fami- liari dovrebbero essere adeguatamente istruiti sui principali segni e sintomi di peggioramen- to del quadro clinico (aumento del dolore, peggioramento delle lesioni ischemiche) e l’unità di cura dovrebbe disporre di un “call service” dedicato. Il follow-up dovrebbe pre- vedere un colloquio telefonico quindicinale ed un controllo clinico e strumentale almeno una volta al mese (Tabella VII).
9. Indicazioni per la sorveglianza pe- riodica delle lesioni arteriose dei Tronchi Sopra Aortici XXXx
Lo studio ECD dei XXXx è raccomandato in tutti gli stadi della AOP perchè il 18-20% dei pazienti con AOP ha un’importante arteriopa- tia carotidea. L’esame deve includere la valu- tazione delle arterie carotidi comuni, esterne, interne, succlavie e vertebrali, misurazione bi- laterale della pressione arteriosa omerale.
La priorità di richiesta/esecuzione dell’ECD dei XXXx a seconda del quadro clinico, se- condo il seguente triage di gravità:
In base al referto dell’ECD, il management e la periodicità dei controlli vanno organizzati secondo quanto suggerito dalla Xxxxxxx XXXX.
Ulteriori accertamenti vanno richiesti dal- lo Specialista in relazione alla necessità di un approfondimento diagnostico o per la pianificazione di un eventuale intervento, ovvero prescritti dal MMG su indicazione dello Specialista (Grado C):
Doppler ed
eco-color-Doppler transcranico
Indicazioni:
— pazienti con insufficienza cerebrova- scolare sintomatica o asintomatica per evi- denziare lesioni endoluminali dei vasi intra- cranici monitorizzabili (Grado B);
— studio della riserva vasomotoria cere- brale e funzionalità residua della circolazio- ne cerebrale intracranica (soprattutto poli- gono di Xxxxxx) (Grado B);
— studio delle ripercussioni intracrani- che di lesioni extracraniche o di sindromi da furto della succlavia (Grado C);
— rischio di eventi microembolici in soggetti portatori di lesioni potenzialmente emboligene (Grado B);
— sospetto di coesistenti aneurismi e/o malformazioni arterovenose intracraniche (Grado C);
— soggetti con sospetto shunt cardiaco destro-sinistro;
— soggetti con emorragiasubaracnoidea per la valutazione di eventuali fenomeni va- sospastici.
Lo studio angio-TC e angio-RM, devono sempre includere la valutazione dei XXXx extracranici, il circolo intracranico e la valu- tazione del parenchima cerebrale.
10. Indicazioni per la sorveglianza pe- riodica dell’Aorta Addominale
Lo studio ECD dell’aorta addominale è raccomandato in tutti gli stadi della AOP perchè il 10-15% dei pazienti con AOP ha
un aneurisma dell’aorta addominale (AAA) che, com’è noto, è povero di sintomi e se- gni. I dati relativi all’associazione iperten- sione arteriosa – AAA sono alquanto varia- bili nei vari studi, mentre è accertato che il rischio relativo di AAA è elevato nei sogget- ti con familiarità per la stessa patologia.
La priorità di richiesta/esecuzione dell’ECD dell’aorta addominale varia a se- conda del quadro clinico, secondo il se- guente triage di gravità:
La valutazione ECD dell’aorta addomina- le, oltre alla descrizione morofologica ed emdinamica deve includere la misura della lunghezza della dilatazione e dei diametri (Ø) longitudinali e trasversali.
È utile che la valutazione comprenda an- che la misura del Ø dell’aorta non aneuri- smatica ed il calcolo del rapporto Ø aneu- risma / Ø aorta nativa. Infatti le dimensioni dell’aorta normale variano in modo impor- tante nelle varie popolazioni (Ø 21,4 mm nella popolazione dell’Australia occidenta- le, 17 mm nella popolazione brasiliana,18,4 mm in quella danese). In assenza di dati epidemiologici rilevanti che identifichino
Sinossi 7 Aneurismi Aorta Addominale - Quadro clinico | Codice colore |
Dolore addominale in presenza di: | |
AAA già noto | CODICE ROSSO |
Massa addominale pulsante | CODICE GIALLO |
Assenza non nota dei polsi femorali (sospetta trombosi aortica ascendente) Massa addominale pulsante In caso di conferma di AAA e/o aneurisma degli assi iliaci, è consigliabile avviare il paziente a consulenza specialistica | CODICE VERDE (entro 10 giorni) |
Sindrome del dito blu Segnale Doppler iliaco indicativo per stenosi emodinamica a monte | CODICE AzzURRO (11-30 giorni) |
Quando non è possibile escludere clinicamente la presenza di AAA Familiarità per AAA con età > 50 anni Arteriopatia periferica e/o arteriopatia carotidea Riscontro occasionale di calcificazioni aortiche Età > 65 anni (uomini) Età < 65 anni con presenza di fattori di rischio di aterosclerosi (fumo, diabete, ipertensione, dislipidemia) Follow-up dei pazienti portatori di endoprotesi aortiche | CODICE BIANCO (entro 180 giorni) |
Tabella IX. — Aorta Addominale – Sorveglianza, Periodicità dei controlli e Management.
Ø ≤30-39 mm Sorveglianza annuale
Ø 40-48 mm Sorveglianza semestrale
Ø ≥48 mm Angio-TC o angio-RMN (eventuale intervento)
Ø con crescita accelerata (10 mm/anno o 7 mm/6mesi) Angio-TC o angio-RMN (eventuale intervento)
Soggetti asintomatici con fattori di rischio ed eco-color-Doppler nega- tivo per AAA
Sorveglianza triennale
Rapporto Ø AAA/Ø aorta non aneurismatica > 2,0 Sorveglianza semestrale
Rapporto Ø AAA/Ø aorta non aneurismatica > 2,5 Angio-TC o angio-RMN (eventuale intervento) Soggetti portatori di endoprotesi aortiche dopo 1, 3, 6, 9, 12 mesi dalla procedura;
successivamente follow-up annuale
un sicuro cut-off di riferimento, un rap- porto intorno a 2 dovrebbe suggerire una stretta sorveglianza, mentre il valore di 2,5 dovrebbe rappresentare il livello di indica- zione chirurgica.
In base al referto dell’ECD, il manage- ment e la periodicità dei controlli vanno organizzati secondo quanto suggerito dalla Tabella IX.
Ulteriori accertamenti (angio-TC spirale con sezioni di 3 mm ed elaborazione 3D, angio-RM) vanno richiesti dallo Specialista in relazione alla necessità di un approfondimen- to diagnostico o per la pianificazione di un eventuale intervento di chirurgia vascolare od endovascolare, ovvero prescritti dal MMG su indicazione dello Specialista (Grado C).
11. Cenni sulle procedure
11.1 Misura e affidabilità di ABI
L’indice pressorio caviglia-braccio (ankle- brachial index, ABI) è il rapporto tra la pressione sistolica misurata alla caviglia e la pressione sistolica misurata al braccio.
La misura di ABI è una procedura sem- plice e di basso costo, utile nella diagnosi e nel follow-up della AOP; i principali van- taggi sono:
1) conferma oggettivamente l’esistenza di una patologia stenotica o occlusiva tra il cuore e la caviglia
2) misura la severità della malattia
3) può servire come diagnosi differenzia- le in pazienti con altre patologie che causa- no dolori agli arti inferiori
4) è in grado di valutare la presenza di una arteriopatia meno grave nell’arto con- trolaterale “non sintomatico”
5) serve come misura di riferimento per monitorare la evoluzione della malattia nel tempo.
L’utilità non è limitata alla AOP, la misura di ABI è altresì un mezzo indispensabile per la ricerca dell’ats occulta 44, 45 (asyPAD, cfr.
§ 6) e, come già ricordato, sarebbe oppor- tuno che la misura di ABI fosse eseguita dal MMG con il considerevole vantaggio di poter sottoporre a screening tutti i propri assistiti che rientrano nelle categorie a ri- schio, evitando altresì d’intasare le liste d’at- tesa del laboratori di diagnostica vascolare. La misura della pressione alla caviglia si esegue utilizzando uno sfigmomanometro e un Doppler tascabile ad onda continua (continuous wave pocket-Doppler) come uno stetoscopio. Con il paziente in po- sizione supina e a riposo da almeno die- ci minuti, le pressioni vanno misurate ad entrambe le caviglie focalizzando le arterie tibiali anteriore e posteriore. Alle braccia è sufficiente focalizzare l’arteria brachiale bi-
lateralmente.
Per ogni gamba, ABI è calcolato dividen- do il maggiore valore pressorio misurato (il più elevato tra tibiale anteriore e posteriore) per il maggiore valore di pressione brachia- le misurato (dx o sn).
Nel soggetto normale, ABI è compreso tra 0.9 e 1.3. Valori tra 0.7 e 0.9 indicano la presenza di una AOP lieve, mentre valori tra 0.5 e 0.7 indicano una AOP moderata. Valori di ABI inferiori a 0.5 indicano la pre- senza di una AOP severa, con lesioni ste-
Tabella X. — Misura e affidabilità di ABI.
ABI Significato
> 1.30 Non affidabile - (eseguire ECD)
> 0.9 Arteriopatia improbabile
0.9 > 0.7 Arteriopatia lieve
0.7 > 0.5 Arteriopatia moderata con lesioni
segmentarie (stenotiche e/o ostruttive)
< 0.5 Arteriopatia severa con lesioni multiple (stenotiche e/o ostruttive) lungo l’asse arterioso
nostruttive multiple lungo l’albero arterioso (Tabella X).
Nei pazienti con diabete, insufficienza re- nale o altre malattie che causano calcifica- zioni della parete arteriosa, le arterie tibiali alla caviglia divengono non compressibili e ciò produce la persistenza del segnale Doppler anche con contropressioni elevate con valori di ABI > 1.3, che non esclude la presenza di AOP. In questi casi è neces- sario procedere all’esecuzione di un ECD estensivo delle arterie dell’arto inferiore per valutare la presenza o meno di una AOP.
La misura della pressione sistolica all’al- luce (toe systolic blood pressure), suggeri- ta dalle LLGG internazionali, in Italia non viene utilizzata. Il documento TASC 2° sug- gerisce di considerare ABI normale sino a 1.4, mentre il documento di consensus del CEVF ritiene di mantenere il cut-off a 1.3 per evitare di perdere, nello screening, un certo numero di pazienti diabetici. SIAPAV ha fatto proprio quest’ultimo suggerimento.
11.2 Misura della capacità di xxxxxx
La misura della capacità di marcia è quasi del tutto ignorata sia dagli SV che dai MMG, che si affidano molto al rilievo anamnestico della disabilità.
Nei paragrafi precedenti è stato sottoline- ato come un follow-up efficace e poco co- stoso sia affidato alla misura di ABI e della capacità di marcia. In particolare, quest’ulti- ma è molto utile per:
1) porre la diagnosi di claudicazione in- termittente (AOP) quando la misura di ABI a riposo è normale;
2) documentare oggettivamente l’entità della disabilità nei pazienti con AOP e clau- dicazione intermittente;
3) documentare oggettivamente il miglio- ramento (o peggioramento) funzionale in- dotto dal trattamento;
4) differenziare la claudicazione intermit- tente da altre forme di claudicazione (neu- rologica, artropatica);
5) fornire dati oggettivi su cui calcolare il carico di lavoro nella prescrizione di un programma di training fisico.
I parametri da prendere in considerazio- ne sono:
a) distanza di claudicazione iniziale (ICD, initial claudication distance): distan- za percorsa prima della comparsa di sinto- mi muscolari che non impediscono di con- tinuare il cammino (definita anche come distanza libera da dolore o pain free wal- king distance (PFWD);
b) distanza di claudicazione assolu- ta (ACD, absolute claudication distance): distanza percorsa sino alla comparsa del crampo muscolare che impedisce di conti- nuare il cammino (definita anche distanza massima di claudicazione o maximal wal- king distance (MWD);
c) tempo di recupero (RT, recovery time): tempo di riposo, dopo l’arresto del cammi- no, necessario per poter riprendere la mar- cia.
Il metodo più accreditato per la misura della capacità di marcia è il treadmill exer- cise test, che richiede al paziente di cam- minare su un tappeto ruotante a differenti velocità (2.4-3.0 km/h) e con inclinazione del 3-12%. Alcuni non trascurabili motivi ne limitano tuttavia l’utilizzo in larga scala. I principali di essi sono:
— difficoltà oggettiva di camminare su un tapis roulant a velocità non fisiologica (bassa compliance del paziente per conco- mitanti patologie osteoarticolari);
— rischio di insufficienza coronarica acuta;
— motivi pratici (l’esame richiede circa 1 ora, la presenza costante di un medico per almeno 30 minuti e la disponibilità di attrez- zature per la rianimazione, come il monito- raggio cardiaco ed il defibrillatore).
Per questi motivi la misura della capaci- tà di marcia mediante treadmill test è cir- coscritta ai pazienti che partecipano a un programma di training fisico controllato o a trial clinici di studio.
Valide alternative, eseguibili agevolmente anche negli ambulatori del MMG, sono il test del cammino dei sei minuti (six minutes walking test, 6MWT), e l’uso di questionari come il Walking Impairment Questionnaire (WIQ) o il Walking Edimburgo Question- naire (WEQ).
11.2.1 — Six-minute walking test (6MWT): il paziente cammina in un corrido- io di lunghezza nota per 6 minuti, in mar- cia a spontanea. I parametri da considerare sono quelli già indicati (ICD ACD TR). Se il paziente cammina per 6 minuti senza che compaia alcun sintomo di claudicazione, il test è considerato negativo.
11.2.2 — Questionari: sono degli stru- menti specifici di valutazione della qualità di vita nei pazienti con claudicazione inter- mittente, finalizzati alla valutazione dell’ef- ficacia dei trattamenti terapeutici. Essi pos- sono essere utilizzati anche per valutare la presenza/assenza di claudicazione.
Il WIQ quantizza la performance deam- bulatoria considerando tre differenti para- metri:
Distanza (punteggio minimo normale 70), velocità (punteggio minimo normale 40), capacità di salire le scale (punteggio minimo normale 60).
Punteggi inferiori suggeriscono di com- pletare la valutazione mediante il 6MWT.
11.3 Training Fisico
Il training fisico è universalmente ricono- sciuto come il mezzo più efficace per mi- gliorare la capacità di marcia nel paziente claudicante, e dovrebbe essere sempre as- sociato al trattamento farmacologico.
Si distinguono due tipi di protocollo, il training fisico consigliato e il training fisico controllato. Il primo consiste in una serie di consigli e suggerimenti scritti sul tipo di atti- vità fisica da svolgere, nel secondo l’eserci- zio fisico è realizzato con la supervisione di
uno staff specialistico che monitorizza tutti i parametri cardiocircolatori e respiratori, ta- rando il carico di lavoro sulle capacità indi- viduali del singolo paziente.
Il training controllato ha mostrato di es- sere significativamente più efficace rispet- to al semplice consiglio, scritto o verbale, smetti di fumare e inizia a camminare (stop smoking and keep walking). Tuttavia l’eser- cizio fisico domiciliare è preferibile rispet- to alla totale sedentarietà e, considerando le difficoltà organizzative di cui necessità il training controllato, la strategia più ragione- vole è quella di riservare il training control- lato ai pazienti con claudicazione moderata e severa, raccomandando il training consi- gliato a domicilio ai pazienti con claudica- zione lieve. L’efficacia del training fisico nel claudicante è assolutamente indipendente dalla correzione dei fattori di rischio (fumo, diabete, ed altre patologie concomitanti).
Entrambi i protocolli prevedono un eser- cizio fisico quotidiano di almeno venti mi- xxxx (o due chilometri) complessivi e indu- cono un significativo miglioramento della capacità di marcia; il paziente cammina me- glio, di più e con maggiore velocità.
Suggerimenti per un programma di trai- ning fisico consigliato domiciliare:
a) misurare la capacità di marcia median- te il test dei 6 minuti. Il paziente è invitato a camminare per 6 minuti, in piano e con andatura spontanea.
I parametri da registrare sono la distanza di claudicazione iniziale (ICD), la distanza che impone lo stop al cammino (ACD, di- stanza di claudicazione assoluta) e il tempo di recupero (tempo necessario, dopo l’arre- sto, per poter riprendere l’esercizio).
b) prescrivere un piano di allenamento consistente in frazioni di marcia spontanea in piano pari al 60-70%, intervallate da un periodo di riposo pari al tempo di recupero misurato durante la prova del punto a).
c) ripetere le frazioni di marcia ed i pe- riodi di riposo sino al raggiungimento di al- meno 30 minuti (o 2 km) di marcia effettiva.
d) controllare settimanalmente la capaci- tà di marcia come indicato al punto a). In
caso di miglioramento della performance deambulatoria, il programma di allenamen- to potrà essere ritarato sui parametri della nuova capacità di xxxxxx.
È opportuno suggerire al paziente di te- nere un diario delle attività svolte durante l’allenamento, annotando soprattutto le ve- rifiche settimanali della capacità di marcia.
Dopo un periodo di 3-4 settimane è op- portuno svincolare il paziente dal program- ma di allenamento, raccomandando di mi- surare mensilmente la capacità di marcia. In caso di riduzione superiore al 20% del valore misurato alla fine del training è con- sigliabile ripetere il ciclo di allenamento.
I risultati del training fisico sulla capacità di marcia sono significativamente potenziati dall’associazione durante il periodo di alle- namento della PLC, soprattutto nei pazienti con claudicazione severa [46]. Cicli di tera- pia infusiva endovenosa con PLC (600 mg/ die) sono suggeriti per i pazienti (soprattut- to anziani) che per qualsivoglia motivo non possono sottoporsi al training fisico 32.
11.4 Gli interventi di rivascolarizzazio- ne nella AOP.
L’indicazione alla rivascolarizzazione, come è già stato detto, dipende dal quadro clinico del paziente (claudicazione severa o moderata, ischemia critica, lesioni trofiche). La sede delle lesioni steno-ostruttive, la loro entità ed estensione, la presenza isolata o multipla rappresentano i criteri di scelta tra le varie tecniche disponibili (procedure
endovascolari o chirurgia open).
Intervento endovascolare (EV). La scelta EV è prioritaria, soprattutto se si tratta di stenosi, lesioni isolate e brevi, e non coin- volgenti vasi in corrispondenza di sedi arti- colari. Il trattamento endovascolare esegui- to da un operatore esperto consente, infatti, un minore stress sistemico e complicanze generali del paziente, evita incisioni cuta- nee e complicanze di guarigione delle ferite chirurgiche in gambe ischemiche. La proce- dura EV, inoltre, comporta un ricovero bre- ve, una ripresa rapida della deambulazione, e consente un eventuale reintervento EV.
La procedura va eseguita in pazienti con condizioni anatomiche favorevoli, senza compromettere l’integrità del letto arterioso residuo, allo scopo di non ridurre il circolo collaterale preesistente e di preservare il let- to arterioso a monte ed a valle delle lesioni trattate, consentendo così il ricorso ad un successivo intervento di chirurgia “open”, nei casi di insuccesso EV.
Possono essere utilizzati palloni semplici o medicati; stent metallici “nudi” o ricoperti, a rilascio di farmaci o biodegradabili; siste- mi di ricanalizzazione meccanici (ateroto- mi) o laser assistiti; crioplastiche e brachite- rapia. Lo “stenting primario” (utilizzo dello stent indipendentemente dall’angioplastica con pallone) è da preferirsi per procedure su vasi al di sopra del legamento inguinale 47, 48, 49, 50. Al di sotto di esso, a tutt’oggi, si preferisce la sola dilatazione con pallo- ne, aggiungendo il posizionamento di uno stent, semplice o ricoperto, solo in quei casi in cui la ricanalizzazione del vaso trattato presenti stenosi residue rilevanti o disseca- zioni parietali 51, 52.
In caso di lesioni isolate, è opportuno an- cor oggi attenersi alle racomandazioni della TASC II 11, divise per sede aorto-iliaca (Ta- bella XI), femoro-poplitea sopragenicolare (Tabella XII), e sottopoplitea (Tabella XIII). Chirurgia open. — La vena safena auto- loga risulta il materiale di scelta per tutti i by-pass con anastomosi distali al di sotto della rima articolare del ginocchio, per le sue elevate percentuali di pervietà a distan- za e la ridotta incidenza di infezioni. L’im- possibilità di utilizzare tale materiale (va- lutabile mediamente attorno al 40-50% dei casi) comporta il ricorso di materiali bio- logici o sintetici alternativi (primo fra tutti il politerafluortilene espanso, ePTFE), usati singolarmente o in bypass “compositi”, ma con risultati di pervietà meno soddisfacenti,
soprattutto a distanza.
Per lesioni a più livelli dell’albero ar- terioso va, sempre più, prendendo pie- de il ricorso a trattamenti “ibridi” (EV e chirurgia open nel corso della medesima procedura), soprattutto se le lesioni sono in sedi non contigue e con estensione di- versa, se il patrimonio venoso autologo è
Tabella XI. — Lesioni aorto-iliache (TASC).
Tipo A Stenosi mono o bilaterale dell’arteria iliaca comune Stenosi mono o bilaterale (≤3 cm) dell’arteria iliaca esterna
ENDOVASCOLARE
Tipo B - Stenosi brevi (≤3 cm) dell’aorta sottorenale
- Occlusione monolaterale dell’arteria iliaca comune
- Stenosi isolate o multiple di 3-10 cm coinvolgenti l’arteria iliaca esterna, che non raggiungono l’arteria femorale comune
- Occlusione monolaterale dell’arteria iliaca esterna non coinvolgenti l’origine dell’arteria iliaca interna o l’arteria femorale comune
PREFERIBILMENTE ENDOVASCOLARE
Tipo C - Occlusione bilaterale delle aa. Iliache comuni
- Stenosi bilaterali (3-10 cm) dell’a. iliaca esterna non coinvolgenti l’a. femorale comune.
- Stenosi monolaterale dell’a. iliaca esterna coinvolgente l’origine dell’a. iliaca interna e/o dell’a. femorale comune
- Occlusione monolaterale dell’a.iliaca interna coinvolgente l’origine dell’a. iliaca interna e/o dell’a. femorale comune
- Calcificazioni importanti monolaterali dell’a. iliaca esterna con o senza coinvolgimento dell’origine dell’a. iliaca interna e/o dell’a. femorale comune
CHIRURGIA OPEN
Tipo D - occlusione aorto-iliaca sottorenale
- lesioni diffuse coinvolgenti l’aorta ed entrambe le aa. iliache
- stenosi multiple coinvolgenti le aa. iliaca comune, iliaca esterna e femorale comune omolaterali
- occlusione monolaterale delle aa. iliache comune ed esterna
- occlusione bilaterale delle aa. iliache esterne
- stenosi iliache in pazienti con aneurisma dell’aorta addominale che necessita di trattamento, per il quale non è ipotizzabile un trattamento con endoprotesi, o altre lesioni che richiedono una chirurgia open aortica o iliaca
CHIRURGIA OPEN
assente o inadeguato a bypassare l’inte- ra lunghezza delle lesioni e se il paziente presenta estese lesioni trofiche. In questi casi si cerca di ottenere un contempora- neo incremento del flusso ematico prossi- male e un ampliamento del letto arterioso a valle. Il ricorso a ricanalizzazioni EV e by-pass di lunghezza contenuta, effettuati prossimalmente o distalmente all’angio- plastica e/o all’impianto di stent, è reso possibile dal fatto che oggi esistono team in grado di effettuare in sale operatorie attrezzate (angiosuite) entrambe le proce-
dure, ricorrendo ad una sola via di acces- so chirurgica, minimizzando tempi e costi di ospedalizzazione, ottenendo un più ra- pido recupero delle capacità deambulato- rie del paziente 53.
Gangliectomie e/o Simpaticectomie. — Gli interventi di denervazione simpatica non sono più considerati validamente at- tendibili fra le procedure chirurgiche atte al recupero della vitalità di un arto, in cui una procedura di rivascolarizzazione diretta non sia più possibile.
Profundoplastica (chirurgica o EV) è
Tabella XII. — Lesioni femoro-poplitee (TASC).
Tipo A - Stenosi singola lunghezza ≤10 cm
- Occlusione singola lunghezza ≤10 cm ENDOVASCOLARE
Tipo B - Lesioni multiple, lunghezza ≤ 5 cm ciascuna
- Stenosi o occlusione singola che non coinvolge l’a. poplitea sottogenicolare, lunghezza ≤ 15 cm
- Occlusioni calcifiche lunghezza ≤ 5 cm
- Lesioni singole o multiple in assenza di continuità con le arterie tibiali al fine di migliorare l’inflow per i bypass distali
- Stenosi poplitea isolata ENDOVASCOLARE
Tipo C
- Stenosi multiple o occlusione > 15 cm con o senza calcificazioni
- Stenosi recidive o occlusioni che necessitano di trattamento dopo due interventi endovascolari
CHIRURGIA OPEN
Tipo D Occlusione della arteria femorale comune o della arteria femorale superficiale (> 20 cm, e coinvolgente l’arteria poplitea)
Occlusione dell’arteria poplitea e della parte prossimale della triforcazione di gamba
CHIRURGIA OPEN
TABELLA XIII. — Lesioni sotto poplitee (TASC).
Trattamento Di scelta
Tipo A - Stenosi isolata < 1 cm Endovascolare
Tipo B - Stenosi multiple, focali delle aa. Tibiali < 1 cm
- 1-2 Stenosi < 1 cm alla triforcazione tibiale
- Piccola stenosi tibiale dopo pta poplitea
Tipo C - Stenosi isolata 1-4 cm
- Occlusione 1-2 cm
- Stenosi estese della triforcazione tibiale
Tipo D - Occlusione tibiale > 2 cm
- Malattia estesa delle aa. Tibiali
Endovascolare
Endovascolare
Chirurgia Open
un intervento che attualmente trova una sua esclusiva utilizzazione nei casi di ostruzione di tutta l’arteria femorale su- perficiale, con presenza di ricco circolo collaterale a partenza di un’arteria femo- rale profonda, gravemente stenotica nel suo tratto iniziale.
Trattamento farmacologico intraoperato- rio. — Prevede l’uso per xxx xxxxxxxxxx
xxxx’xxxxxxx, xxx, xxx xxxxx xxxxx xxxxxxx- xx EV, è preceduto anche da un carico di farmaci antiaggreganti. La terapia antiaggre- gante deve essere iniziata nell’immediato periodo postoperatorio e protratta, se non vi sono controindicazioni, a tempo indeter- minato. Per interventi ibridi e dopo by-pass periferici può essere effettuata anche una terapia con eparina a basso peso molecola-
re, anche se l’impiego a lungo termine non sembra influenzare in maniera significativa i risultati a distanza.
Amputazioni minori. — Gli interventi demolitivi minori si rendono necessari per lesioni necrotiche acrali e vanno possibil- mente effettuati al termine delle rivascola- rizzazioni, seguite da successo, allo scopo di ridurre l’incidenza dei fenomeni infetti- vi postoperatori, soprattutto se sono state utilizzate protesi sintetiche. Le amputazioni minori, che non alterano l’appoggio planta- re e la deambulazione, non sono conside- rati outcome negativi del trattamento della CLI.
Amputazioni maggiori. — Gli interven- ti di amputazione maggiore vanno riser- vati ai casi in cui le procedure di riva- scolarizzazione non sono possibili o sono state seguite da un insuccesso immediato. Gli insuccessi tardivi delle rivascolarizza- zioni, a volte non richiedono tali amputa- zioni, consentendo un “salvataggio d’ar- to”, anche dopo un insuccesso chirurgico a distanza. Ciò va ascritto alla possibile risoluzione dell’ischemia critica, sia pur transitoria, allo sviluppo di un circolo col- laterale ed alla guarigione delle lesioni trofiche distali.
Amputazione primaria. — È defini- ta come l’amputazione dell’arto inferiore ischemico, senza procedere ad alcun tenta- tivo di rivascolarizzazione o di trattamento conservativo.
Nonostante l’epidemiologia clinica indi- chi una minore sopravvivenza nei pazienti amputati per CLI rispetto ai non amputati (rivascolarizzati o in trattamento conservati- vo) 54, 55, la possibilità di eseguire un’ampu- tazione primaria deve essere presa in consi- derazione in alcuni casi.
Le principali indicazioni sono le lesioni necrotiche estese dell’arto, su arti plegici o in anchilosi, e in tutte le condizioni in cui la rivascolarizzazione o il trattamento con- servativo non possono garantire il recupero di un arto in grado di assicurare almeno la stazione eretta autosufficiente 56, 57. L’ampu- tazione primaria dovrebbe dunque essere presa in considerazione anche nei pazien-
ti non autosufficienti 58 59; il GdL, tuttavia, non ritiene che “non autosufficienza”possa essere l’unico parametro discriminante al ri- guardo.
La decisione diamputaree la sceltadel li- vello di amputazione devono prendere in considerazione la potenzialità di guarigio- ne, le possibilità di protesizzazione e re- lativa riabilitazione deambulatoria, al fine di recuperare una soddisfacente qualità di vita 60.
Un’amputazione primaria va presa in considerazione in casi di gravi infezio- ni dell’arto ischemico, con concomitante osteomielite, anche se con valori perfusio- nali non estremamente compromessi, e in caso di gangrena gassosa, nella quale rive- ste anche carattere di urgenza.
Aspettativa di vita e rivascolarizzazione.
— In relazione all’aspettativa di vita del pa- ziente, e dunque anche della già ricordata associazione AOP-neoplasia 61, 62, la revisio- ne 2011 delle LLGG ACC/AHA 63 rispetto all’edizione del 2006 pone due nuove rac- comandazioni di grado B.
Se l’aspettativa di vita è uguale o supe- riore a due anni è da preferire il bypass in vena autologa. Se l’aspettativa di vita è in- feriore a due anni, o la vena autologa non è disponibile, è ragionevole eseguire una rivascolarizzazione EV come procedure ini- ziale di salvataggio 64.
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57. Xxxxxxxx XX, Xxxxxx IL, Xxxxxx GB, Xxxxxx SE. Pe-
Gruppo di lavoro:
— Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx, team leader (SIAPAV - Presidente)
— Xxxxxxxxx Xxxxxx (Metis - FIMMG)
— Xxxxxxxx Xxxxxx (SIDV)
— Xxxxxxxxx Xxxx Xxxxx (SIAPAV - Consiglio Direttivo)
— Xxxxxx Xxxxxx (SIAPAV- Consiglio Direttivo)
— Xxxxx Xxxxxx (SIAPAV - Consiglio Direttivo)
— Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx (SIAPAV - Ufficio Studi e Ri- cerche)
— Xxxxxxx Xxxxxxxxx (SIAPAV - Consiglio Direttivo)
— Xxxxxxxxx xx Xxxxxx (SICVE)
— Xxxxxx Xx Xxxxxx (SIAPAV - sezione TRIVENETO)
— Xxxxxxxxxxxx Xxxxx Xx Xxxxx (SIAPAV - Consiglio Direttivo)
— Xxxxxxxxxx Xxxxxxx (SIMG)
— Xxxxx Xxxxxxxx (SIAPAV - Consiglio Direttivo)
— Xxxxxxxx Xxxxxxxx (Metis - FIMMG)
— Xxxxxxxx Xxxxxxxx (SIAPAV - sezione CAMPA- NIA)
— Xxxxxxxx Xxxxxxxx (SIAPAV - Consiglio Direttivo)
— Xxxxxxxx Xxxxxxx (SIAPAV - sezione CAMPANIA)
— Xxxxx Xxxxxxx (SIAPAV - sezione TRIVENETO)
— Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx (SIMG)
— Xxxxxxx Xxxxxxx (Metis - FIMMG)
— Xxxxxx Xxxxx SIAPAV (Consiglio Direttivo)
— Xxxxxx Xxxxxxxxxx (SIAPAV - sezione SICILIA)
— Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (SISET)
— Xxxx Xxxx (SIAPAV - sezione LAzIO)
— Xxxxxx Xxxxx (SIAPAV - sezione TRIVENETO)
— Xxxxx Xxxxx (Metis - FIMMG)
— Xxxxx Xxxxxxx (SICVE)
— Xxxxxxx Xxxxxx (SIAPAV - sezione TRIVENETO)
Acronimo Utilizzato
Glossario
Definizione
asyPAD Arteriopatia asintomatica: presenza di lesioni aterosclerotiche agli arti inferiori senza sintomi clinici evidenti (asymptomatic peripheral arterial diseases)
Arteriopatia diabetica: AOP in pazienti con diabete mellito; manifestazione clinica della macroangiopatia diabetica, ats in diabetico
AOP Arteriopatia Obliterante Periferica: aterosclerosi occlusiva delle arterie degli arti inferiori
Capacità di marcia: misura oggettiva della disabilità deambulatoria, indipendente dal rilievo anamnestico (parametri da misurare: ICD, ACD, RT)
CI Claudicazione Intermittente: dolore crampiforme che insorge durante esercizio fisico e scompare con la cessazione di esso. Si distingue in lieve, moderata, severa
Claudicazione Invalidante: Claudicazione che compromette significativamente la qualità di vita del paziente, indipendentemente dalla capacità di marcia assoluta. La sua definizione necessita della misura oggettiva della qualità di vita con strumenti appropriati.
ACD Distanza di claudicazione assoluta: distanza percorsa sino alla comparsa del crampo muscolare che impedisce di continuare il cammino (absolute claudication distance)
ICD Distanza di claudicazione iniziale: distanza percorsa prima della comparsa di sintomi muscolari che non impediscono di continuare il cammino (initial claudication distance):
GdL Gruppo di Lavoro: insieme dei soggetti che hanno partecipato attivamente alla stesura del documento; l’elenco completo è riportato in appendice
Indicatore: strumento di valutazione sintetica di fenomeni complessi che esprime il grado di adesione ad una raccomandazione.
ABI Indice Pressorio Caviglia Braccio: rapporto tra la pressione arteriosa sistolica alla caviglia e la pressione sistolica omerale (ankle brachial index)
CLI Ischemia critica degli arti inferiori: stadio avanzato della AOP, caratterizzato da dolori a riposo, lesioni cutanee estese, elevato rischio di amputazione e morte (critical leg ischemia)
LLGG Linee Guida
MMG Medico di Medicina Generale; Medico di Famiglia; Medico Generalista
PDT Percorsi Diagnostico–Terapeutici: suggerimenti e raccomandazioni operative per ottenere un trattamento di qualità
EV Rivascolarizzazione Endovascolare: ripristino di un’adeguata perfusione del distretto ischemico mediante interventi a cielo chiuso utilizzando cateteri per dilatare, stent metallici per mantenere la pervietà ripristinata, aterotomi, etc.
Rivascolarizzazione tradizionale: ripristino di un’adeguata perfusione del distretto ischemico mediante interventi a cielo aperto ed eventuali impianti protesici
SV Specialista Vascolare: angiologo e/o chirurgo vascolare
RT Tempo di recupero: tempo di riposo, dopo l’arresto del cammino, necessario per poter riprendere la marcia (recovery time)
Training Fisico Consigliato (domiciliare): prescrizione scritta di un programma di esercizio fisico autogestito dal paziente
Training Fisico Controllato: programma di esercizi fisici strutturati, da realizzare in ambiente protetto con la supervisione di uno staff specialistico (tr. supervisionato)