COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) MUCCIARONE Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) SOLDATI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) D ATRI Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXX
Seduta del 29/06/2021
FATTO
Il ricorrente, anche attraverso la documentazione allegata, riferisce quanto segue:
− il 5/10/2019 stipulava con una clinica dentale due contratti relativi a prestazioni di servizi odontoiatrici di importi pari rispettivamente a € 4.950,00 ed € 1.000,00: il primo contratto finanziato con un prestito finalizzato di pari importo concesso dall’odierna convenuta, il secondo invece con una dilazione di pagamento sempre tramite l’odierna convenuta;
− in corso di cure, apprendeva che la clinica era chiusa a tempo indeterminato e che era stata depositata istanza prefallimentare;
− il 3/7/2020 inviava al professionista una lettera di diffida ad adempiere, con l’avvertenza che, in caso contrario, il contratto si sarebbe risolto di diritto ai sensi dell’art. 1454 c.c.;
− presentava infruttuosamente reclamo nei confronti dell’intermediario il 24.7.2020, in quanto, ai sensi dell’art. 125 quinques TUB, la risoluzione dei contratti con il centro odontoiatrico comporta la risoluzione dei contratti di finanziamento/dilazione di pagamento, poiché ricorrono le condizioni dell’art. 1455 c.c.;
− dalla risoluzione deriva l’obbligo di rimborso delle rate già pagate.
L’intermediario controdeduce in merito al contratto di finanziamento di € 4.950,00 e rappresenta quanto segue:
− di aver comunicato alla controparte di essersi resa disponibile a provvedere alla chiusura del contratto di finanziamento ed al relativo rimborso “solo della quota dei servizi non usufruiti, con rinuncia al rimborso delle € 20,00 relative alla presentazione del ricorso”;
− di aver verificato con la società fornitrice che il ricorrente aveva ricevuto l’11% delle cure acquistate e finanziate, pari ad un totale di € 566,22;
− essendo l’importo già pagato dal ricorrente pari a € 937,44, di aver pertanto rimborsato, mediante bonifico effettuato il 27.10.2020 (all. 2 ctd), l’importo di
€ 371,22.
Il ricorrente replica quanto segue:
- l’inadempimento è grave, non configurabile quale adempimento parziale e, “trattandosi di prestazione sanitaria finalizzata alla risoluzione di un problema di salute, non può ritenersi adempiuta l’obbligazione contrattuale se il problema permane”;
- l’intermediario non ha provato che non ricorrono le condizioni di applicabilità dell’art. 125- quinquies del TUB.
L’intermediario, nelle controrepliche, riepiloga i fatti e ribadisce di essere disponibile ad accettare la richiesta di risoluzione del contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto di cure odontoiatriche sottoscritto dal ricorrente e di volere rimborsare solo quelle non fruite. Afferma che nel caso in esame, “ci troviamo di fronte ad un inadempimento parziale, tra l’altro, non dimostrabile nei fatti, e pertanto non è applicabile l’art. 125-quinquies TUB”.
Parte ricorrente così conclude:
Parte resistente conclude, nelle controdeduzioni, in questi termini:
In sede di controrepliche chiede dichiararsi cessata la materia del contendere e comunque rigettarsi il ricorso.
DIRITTO
Parte ricorrente, nella diffida ad adempiere, evidenzia di aver stipulato due contratti relativi a prestazioni di servizi odontoiatrici di importo pari a € 4.950,00 ed € 1.000,00, collegati rispettivamente ad un contratto di prestito finalizzato e ad una dilazione di pagamento.
Nel reclamo, diversamente da quanto esplicitato nel ricorso (cfr supra), il Cliente aveva
chiesto la risoluzione di entrambi i contratti.
Non è chiaro se nel ricorso, laddove il ricorrente chiede di “essere liberato dal finanziamento”, possa emergere una limitazione della domanda ad uno dei due rapporti.
Ritiene il Collegio che la parte istante abbia inteso comunque riferirsi a entrambi i contratti. Si osserva peraltro sin da ora che:
- l’intermediario controdeduce esclusivamente con riferimento al contratto di prestito di € 4.950,00;
- non consta agli atti alcun documento attestante la pattuizione della dilazione di pagamento, in quanto il ricorrente ha qui trasmesso solo le due fatture emesse dal fornitore.
Tanto precisato, la controversia attiene all’inadempimento del fornitore e alle conseguenze sui rapporti di credito collegati. L’art. 125 quinquies del TUB, prevede il diritto del cliente alla risoluzione del contratto di credito al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) che si versi in un’ipotesi di “contratto di credito collegato”;
b) la previa messa in mora del fornitore;
c) la sussistenza di un inadempimento del fornitore di non scarsa importanza, ai sensi dell’art. 1455 c.c.
Quanto al requisito sub a), l’art. 121 Tub, comma 1, lett. d) definisce il “contratto di credito collegato” come il “contratto di credito finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici se ricorre almeno una delle seguenti condizioni: 1) il finanziatore si avvale del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito; 2) il bene o il servizio specifici sono esplicitamente individuati nel contratto di credito”.
Nel caso di specie, la ricorrente afferma che i finanziamenti venivano stipulati per il sostenimento di spese per cure odontoiatriche. Non sono stati versati in atti né il contratto di finanziamento, né lo scontrino che attesti l’attivazione della dilazione di pamento.
L’intermediario non contesta la natura collegata del finanziamento da € 4.999,50 (ammontare indicato nella messa in mora; vd. infra); non rileva invece nulla con riguardo ad una eventuale dilazione di pagamento.
La messa in mora del professionista di cui al requisito sub b) è stata versata in atti.
Con riferimento alla ripartizione dell’onere della prova relativo alla sussistenza di un inadempimento di non scarsa importanza del fornitore, si è pronunciato di recente il Collegio di Coordinamento, con la pronuncia n. 12645/21 che ha, conclusivamente, enunciato i seguenti principi di diritto:
“Nel procedimento instaurato ai sensi dell’art.125-quinquies del T.U.B. incombe sul ricorrente l’onere di provare l’inadempimento di non scarsa importanza del fornitore.
Al fine di accertare il diritto del consumatore alla risoluzione del contratto di credito, il Collegio è competente a valutare incidentalmente, sulla base delle risultanze acquisite, se, con riferimento al contratto di fornitura, ricorrono le condizioni di cui all’art.1455 c.c.
La risoluzione parziale del contratto di credito è ammissibile solo su esplicita domanda del ricorrente, in presenza di un adempimento parziale del contratto di fornitura con oggetto frazionabile.
In tal caso il consumatore ha diritto alla risoluzione parziale del collegato contratto di credito per la parte corrispondente al valore delle prestazioni non eseguite e al rimborso delle rate versate a copertura di tali prestazioni con il conseguente obbligo di provvedere al rimborso del prestito al netto di detto valore.
Il diritto alla restituzione delle rate pagate è precluso dalla eventualità che il finanziamento sia stato interamente rimborsato.
La domanda di risarcimento del danno, se formulata come conseguenza accessoria dell’inadempimento del fornitore, integra una pretesa estranea alla previsione dell’art.125- quinquies del T.U.B., posto che l’intermediario non assume veste di coobbligato o garante del fornitore stesso”.
Nel caso di specie, parte ricorrente lamenta l’inadempimento da parte del fornitore delle prestazioni odontoiatriche concordate, determinato dalla chiusura definitiva del centro dentistico. Pur precisando le prestazioni non effettuate, ritiene che non si possa parlare di inadempimento parziale in quanto “trattandosi nel caso di specie di prestazione sanitaria finalizzata alla risoluzione di un problema di salute, non può ritenersi adempiuta l’obbligazione contrattuale se il problema permane”, inoltre “i benefici di ogni eventuale intervento effettuato presso [la clinica dentale] potrebbe essere stato vanificato dalla lunga attesa”.
L’istante produce le pertinenti fatture.
Tenuto conto di quanto lamentato dal cliente nella messa in mora e delle fatture in atti, sembra che il Cliente lamenti la mancata esecuzione di cure per complessivi € 4.383,78 a valere sulla fattura da € 4.950,00. Lo stesso importo si ricava dalle affermazioni di parte avversa, che indica come rese prestazioni per € 566,22, pari a circa l’11% del totale.
Tutto ciò osservato, il ricorrente non contesta di avere versato complessivi € 937,44 come riferito da parte resistente: quest’ultima dichiara nelle controdeduzioni di avere restituito al cliente la differenza tra quanto ricevuto ed il costo della prestazione effettuata dal terzo professionista (€ 371,22).
Per quanto concerne eventuali inadempimenti alle prestazioni finanziate con la dilazione di pagamento, non risulta in atti alcuna documentazione a supporto.
Xxxxxx, il ricorrente chiede la risoluzione totale del contratto di credito e domanda la restituzione di tutte le rate pagate.
Il Collegio di coordinamento, sempre nella pronuncia n. 12645/2021, ha precisato che, “sulla base del tenore letterale della norma deve … ritenersi che la sussistenza di un inadempimento di “non scarsa importanza”, ai sensi dall’art. 1455 c.c., attribuisca comunque al consumatore il diritto alla risoluzione integrale del contratto di finanziamento, nonché alla integrale restituzione delle rate versate, a prescindere dall’eventualità di un adempimento parziale del contratto di fornitura”. […]
“La risoluzione parziale del contratto di credito è ammissibile solo su esplicita domanda del ricorrente, in presenza di un adempimento parziale del contratto di fornitura con oggetto frazionabile.”.
Xxxxxx, ritiene il Collegio che, sulla scorta della documentazione in atti e della dichiarazione dell’intermediario, debba essere accertato l’inadempimento del fornitore di non scarsa importanza e, conseguentemente, il diritto di parte ricorrente a ottenere la risoluzione integrale del contratto e la restituzione delle rate corrisposte.
Da ultimo, il ricorrente asserisce che il mancato riscontro alla richiesta di risoluzione da
parte della convenuta avrebbe arrecato danni risarcibili.
Il Collegio di Coordinamento, dec. n. 12645/2021, ha precisato che “La domanda di risarcimento del danno, se formulata come conseguenza accessoria dell’inadempimento del fornitore, integra una pretesa estranea alla previsione dell’art.125-quinquies del T.U.B., posto che l’intermediario non assume veste di coobbligato o garante del fornitore stesso”. Ne deriva che la relativa domanda, indipendentemente da ogni valutazione nel merito della natura dei danni asseritamente subiti, non può accogliersi.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio – in parziale accoglimento del ricorso – dichiara l’intermediario tenuto in favore della parte ricorrente alla restituzione delle rate pagate.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1