ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
DOTTORATO DI RICERCA IN
DIRITTO DELL’ECONOMIA E DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI INDIRIZZO DIRITTO DEL LAVORO “XXXXX XXXXX”
Ciclo XXIV
Settore Concorsuale di afferenza: 12/B2 Settore Scientifico disciplinare: IUS/07
I rapporti tra contratti collettivi di diverso livello nel settore privato
TESI IN DIRITTO DEL LAVORO
Presentata da: Ilaria Cairo
Coordinatore Dottorato Relatore
Xx.xx Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxx Xx.xx Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxx
Esame finale anno 2013
INDICE
CAPITOLO I 5
LA REGOLAMENTAZIONE INTERNA AL SISTEMA SINDACALE……………
1. L’articolazione della contrattazione collettiva su due livelli.
La natura e il ruolo della contrattazione collettiva decentrata… 5
2. Il rapporto tra contratti collettivi di diversi livelli. Origini
del problema… 16
3. La regolamentazione interna al sistema sindacale e la natura
delle clausole 17
4. I modelli contrattuali negoziali 23
5. Dal modello della contrattazione articolata al tentativo
di riaccentramento del sistema operato con il Protocollo Xxxxxx
del 1983 24
6. Il modello accentrato 26
7. Il modello di decentramento controllato 35
8. Il modello di decentramento rafforzato 42
9. L’accordo sulla produttività e il
decentramento “progredito” 48
CAPITOLO II 54
ELABORAZIONI DOTTRINALI E GIURISPRUDENZIALI SUL CONFLITTO TRA CONTRATTI COLLETTIVI DI DIVERSO LIVELLO……………………………..
1. L’applicazione degli artt. 2077 e 2113 cod. civ 54
2. Il rifiuto della teoria dell’incorporazione… 57
3. Il principio gerarchico 61
4. La tesi della revocabilità del mandato 67
5. Il criterio cronologico 71
6. La valorizzazione dell’autonomia negoziale delle parti… 75
CAPITOLO IIII 81
IL PRINCIPIO DI SPECIALITÀ COME CRITERIO DIRIMENTE DEL
CONFLITTO…………………………………………………………………...
1. Natura, significato e funzione del principio di specialità 81
2. La specialità come principio generale dell’ordinamento giuridico 87
3. La ricostruzione dei rapporti tra contratti collettivi di diverso livello alla luce del principio di specialità… 92
4. Il modello contrattuale risultante 97
5. Il caso della contrattazione separata 102
6. Segue. Il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello in caso di contrattazione separata. Possibili elementi di specificità 105
7. Rinvio legale e rapporti tra contratti collettivi 112
7.1 Le fattispecie 114
7.2. Una esemplificazione: la disciplina dell’orario di lavoro 118
CAPITOLO IV 123
L’ART. 8 L. 14 SETTEMBRE 2011 N. 148……………………………………..
1. L’art. 8 della L. 14 settembre 2011 n. 148. Prime considerazioni. 123
2. Il tema della deroga 125
3. La deroga negli accordi interconfederali e nella regolamentazione interna al sistema sindacale 126
4. La deroga nell’art. 8 L. 148/2011… 129
5. “Effetti derogatori” ed efficacia generale 138
6. Considerazioni conclusive. Il problema del conflitto tra contratti collettivi dopo l’art. 8 L. 14 settembre 2011 n. 148. La prevalenza del contratto aziendale e il principio di specialità… 143
Bibliografia… 148
CAPITOLO I
LA REGOLAMENTAZIONE INTERNA AL SISTEMA SINDACALE
SOMMARIO. 1. L'articolazione della contrattazione collettiva su due livelli. La natura ed il ruolo della contrattazione decentrata. – 2. Il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello. Origini del problema. – 3. La regolamentazione interna al sistema sindacale e la natura delle clausole. – 4. I modelli contrattuali negoziali. – 5. Dal modello della contrattazione articolata al tentativo di riaccentramento del sistema operato con il Protocollo Xxxxxx del 1983.
– 6. Il modello accentrato – 7. Il modello di decentramento controllato. – 8. Il modello di decentramento rafforzato. 9. L’accordo sulla produttività e il decentramento “progredito”.
1. L’articolazione della contrattazione collettiva su due livelli. La natura ed il ruolo della contrattazione decentrata.
In quanto esperienza di autorganizzazione sociale, l’accordo sindacale dà vita a una regolazione autonoma degli interessi1. Quella sindacale è una realtà sociale. In essa agiscono e si organizzano
1 Cfr. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, in Saggi di diritto civile, Napoli, 1961, pag. 177 e ss.; X. Xxxxxx, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, Milano, 1960; M. Dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, Padova, 1980. Per la dottrina più recente cfr. M. G. Xxxxxxxx, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osservazione di metodo, in Giorn. dir. lav. rel ind., 2011, pag. 515; X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione del contratto collettivo, Milano, 2000, spec. pag. 61 e ss.; Id., Il sindacato in azienda, la titolarità dei diritti sindacali e la crisi del modello dell’art. 00 Xx. Xxx., xx Xxx. dir. lav., 2012, I, pag. 587 e ss. spec pag. 590.
gruppi sociali2 che mirano a tutelare un proprio interesse collettivo3. E tale azione e organizzazione trova una garanzia nell’art. 39 Cost.4, primo comma.
L’accordo è parte di tale complessa realtà. In esso trovano composizione, in un faticoso equilibrio, l’interesse collettivo dei lavoratori e l’interesse dei datori di lavoro. Il contratto esprime la capacità di tali formazioni intermedie di definire in modo autonomo i propri interessi.
Esso è frutto di un accordo tra privati, ma è destinato ad avere effetti su una molteplicità di persone. Già tale descrizione dà ragione delle difficoltà di inquadramento teorico dell’accordo collettivo5, espresse dal risalente riferimento di Xxxxxxxxxx ad un “un ibrido, con
2 Per l’impostazione originaria del sindacato come formazione sociale intermedia tra il singolo e lo Stato cfr. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, L’organizzazione professionale, ora in Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1995, pag. 29 e ss. Cfr. anche X. Xxxx’Xxxx, Sindacato (diritto vigente), in Enc. dir., vol. XLII, pag. 679 e ss.; X. Xxxx Xxxxxxxxxxx, Associazione sindacale, in Noviss. Dig., vol. I, pag. 1442.
3 Cfr. X. Xxxxxx, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit. Cfr. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, cit.; X. Xxxxxxxx, Saggio sull’autonomia privata collettiva, Milano, 1972; Id, Carattere antisindacale, interesse del sindacato, interesse collettivo e interesse individuale del lavoro, in Pol. Dir., 1971, pag. 543 e ss.
4 Cfr. X. Xxxxxx, Libertà sindacale, in Dig., disc. priv., vol. IX, Torino, 1993, pag. 17 e ss; Id, Commento all’art. 39 Cost., in X. Xxxxxx (a cura di) Commentario alla Costituzione, Bologna, 1979; Id, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit.;
X. Xxxx, Libertà sindacale (diritto vigente), in Enc. Dir., vol. XXIV pag. 501 e ss.; X. Xxxxxxxx, Libertà sindacale, in Enc. Giur., vol. XXIV, pag. 1 e ss.
5 La dottrina sul punto è molto vasta. Sul dibattito esistente in dottrina si veda innanzitutto il recente contributo di X. Xxxx, Contratto collettivo come fonte e contrattazione collettiva come sistema di produzioni di regole, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di) Trattato di diritto del lavoro, vol. I, Le Fonti del diritto del lavoro, Milano, 2010, pag. 487 e ss. Cfr. X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti del diritto del lavoro, in Arg. di. lav., 2004, I, pag. 1 e ss. e più in generale, AA. VV., Il sistema delle fonti del diritto del lavoro, Atti delle giornate studio Aidlass tenutasi a Xxxxxx, Xxxx xxxxx Xxxxxx, 00, 26 maggio 2001, Milano, 2002; X. Xxxxx, Il contratto collettivo tra natura negoziale e di fonte normativa, in Riv. it. dir. lav., 2012, pag. 195 e ss.
il corpo del contratto e l’anima della legge”6. In effetti, una parte della dottrina, mossa dalla difficoltà di spiegare la sua efficacia normativa con strumenti privatistici7, dalla moltiplicazione di funzioni svolte nel xxxxx xxx xxxxx0, dalle integrazioni sempre più strette con la fonte normativa9, ha sostenuto che l’anima della legge avesse definitivamente prevalso sul corpo del contratto. Ha così ritenuto10 il contratto una fonte del diritto “sostanzialmente omogenea, se non addirittura fungibile alla fonte normativa nella disciplina dei rapporti e del mercato del lavoro”11.
Tuttavia, la qualificazione del contratto come fonte finisce col distorcerne la natura perché, al contrario, l’accordo è luogo di composizione di istanze private, per loro natura estranee ad esperienze autoritarie. Poiché compone e manifesta interessi privati, il negoziato è radicato nel campo dell’autonomia privata12. Ogni
6 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Contratto collettivo, in Dir. lav., II, 1928, pag. 184.
7Cfr. X. Xxxxxx, X. Lo Faro, Contratto collettivo di lavoro (voce per un dizionario), in
W.P. C.S.D.L.E. Xxxxxxx X’xxxxxx, n. 97/2010.
8 Cfr. in tal senso, fra tutti, X. Xxxxxxxx, La metamorfosi del contratto collettivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, I, pag. 28 e ss.
9 Cfr. X. Xxxxxxx, Ordinamento, ruolo del sindacato dinamica contrattuale e di tutela, Napoli, 1981, spec. pag. 255. Di recente in tal senso cfr. X. Xxxxx, Il contratto collettivo comune di lavoro dopo Mirafiori, in Mass. giur. lav., 2011, pag. 206 e ss., spec. pag. 212.
10 Oltre ai riferimenti contenuti nelle note precedenti cfr. X. Xxxxxx, Intervento, in AA. VV., Il sistema delle fonti del diritto del lavoro, cit., pag. 483 e ss.; X. Xxxxxxx, Ordinamento, ruolo del sindacato dinamica contrattuale e di tutela, cit., spec. pag. 255; X. Xxxxx, Questioni sulla contrattazione collettiva. Legittimazione, efficacia, dissenso, Milano, 1994, pag. 192 e ss.; X. Xxxxxxxx, Contratto collettivo e autonomia sindacale, Torino, 2003, pag. 247 e ss.; X. Xxxxxxx, Fonti del diritto. Diritto costituzionale, in Enc. Giur., vol. XIV, pag. 9; Id, Appunti delle lezioni sulle Fonti del diritto, Torino, 2000, pag. 82 e ss.
11 Cfr. X. Xxxxxx, X. Lo Faro, Contratto collettivo.., cit., pag. 1.
12 L’inquadramento del contratto collettivo nel campo dell’autonomia privata è stato per primo sostenuto da X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Autonomia collettiva, in Enc. dir., vol. IV, pag. 369 e ss. e accolto dalla dottrina successiva. Cfr. fra tutti, X. Xxxxxx, Contratti collettivi di lavoro, in Enc. Giur., Roma, 1980, vol. VIII, pag. 16; X. Xxxxxx, Contratto collettivo di diritto comune, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, x. 00; X. Xxxxxxx, Il
tentativo autoritario nella qualificazione dell’istituto deve essere rifiutato. L’accordo sindacale è un contratto tra privati13, seppure con effetti normativi.
Se nel contratto si realizza l’incontro tra l’interesse dei lavoratori, di cui l’organizzazione sindacale è espressione, e quello dei datori di lavoro, tale sintesi può avvenire a qualsiasi livello e per ambiti applicativi differenti14. In un diritto sindacale della libertà, quale può definirsi quello del settore privato, l’esperienza collettiva si realizza laddove avviene la composizione delle istanze contrapposte15.
Il dibattito sulla categoria16 ha dimostrato come solo in una visione corporativa del sistema sindacale, l’ambito di contrattazione
contratto collettivo nell’ordinamento giuridico italiano, in Contrattazione collettiva: crisi e prospettive, Milano, 1976, pag. 15 e ss.; X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione del contratto collettivo, cit., pag. 61 e ss.; P. Xxxxxxxxxxx, Efficacia dispositiva del contratto collettivo e autonomia individuale, Xxxxxx, 0000.
13 Si vedano i riferimenti della nota precedente cui adde X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti del diritto del lavoro, cit., pag. 1 e ss.;
X. Xxxx, Contratto collettivo come fonte e contrattazione collettiva come sistema di produzione di regole, cit., pag. 487 e ss.; X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo dopo l’accordo di Pomigliano d’Arco, in Lav. giur., 2010, pag. 859 e ss.; X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice, il sindacato, il legislatore, in La contrattazione in deroga, Milano, 2012, pag. 9.
14 Per una ricostruzione dell’evoluzione dottrinale sul punto cfr. X. Xxx Xxxxx, Il contratto collettivo aziendale, in M. D’Antona (a cura di), Lezioni di diritto sindacale, Napoli, 1990, pag. 281 e ss.
15 Già dagli anni 60 la nozione cd. ontologica di categoria professionale fu sottoposta a dure critiche in dottrina. La letteratura sul punto è molto vasta. Tra tutti, cfr. G. F. Xxxxxxx, Libertà sindacale e contratto collettivo “erga omnes”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1963, pag. 570 e ss.; X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo d’impresa, Milano, 1963; X. Xxxxxxx, Ordinamento, ruolo del sindacato, dinamica contrattuale di tutela, cit.
16 Ai riferimenti della nota precedente adde, X. Xxxxxxx, Teorie e ideologie nel diritto sindacale, Milano, 1967; X. Xxxxxx, Libertà sindacale, cit, pag. 26-28; X. Xxxx, Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano, Milano, 1960; X. Xxxxxxx, Sindacato e istituzioni nel dopoguerra, Bologna, 1977, X. Xxxx’Xxxx, Sindacato (diritto vigente), cit., pag. 686; X. Xxxxxx, Xxxxxxxxx, in Dig. disc. Priv., vol. XVI, pag. 509 e ss., spec. pag. 521; X. Xxxxxxxx, Libertà sindacale, in Enc. giur. , vol. XIX, spec. pag. 6-7; X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Sulla libertà sindacale dell’imprenditore, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, pag. 170 e ss. Per la dottrina che sosteneva la nozione cd. ontologica della
è un prius rispetto all’attività di contrattazione. La categoria non è concetto preesistente che limita l’esercizio dell’autonomia collettiva del sindacato. Anzi, “non è la categoria che precede il sindacato ma, tutto all’opposto, il sindacato che precede e foggia la categoria, o meglio, delimita sostanzialmente a suo arbitrio, il ramo dell’economia in cui organizzarsi e negoziare” 17 L’individuazione dell’ambito in cui negoziare, sia una dimensione cd. “orizzontale” che in una “verticale”, è esercizio dell’autonomia collettiva degli stipulanti, garantita dall’art. 39 Cost.18
Se dimostra la natura collettiva dell’accordo aziendale19, questa considerazione nulla aggiunge circa la ragione dell’articolazione contrattuale.
La complessità dell’indagine è dimostrata dal dibattito dottrinale20. Anche in studi molto recenti, si è messo in evidenza come “il contratto collettivo aziendale segn(i) l’evoluzione delle relazioni collettive italiane costituendone l’avamposto più sollecitato” (…) “il luogo sul quale convergono i principali nodi interpretativi del diritto sindacale” 21.
categoria cfr. X. Xx Xxxxxxxxxxx, Sindacati e certezza del diritto, Milano, 1970; X. Xxxx, Categoria Professionale, in Enc. dir., vol. VI, Milano, 1960, pag. 512 e ss.; X. Xxxxxxx, Legge, norma collettiva e contratto aziendale, in Dir. econ., 1958, pag. 457 e ss. 17 Così X. Xxxxxxx, op. cit., pag. 582-583 .
18 Particolarmente significative sul punto le riflessioni di X. Xxxxxx, Libertà sindacale, cit., pag. 26.
19 Sulla quale cfr., fra tutti, X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale e decentrato, Milano, 2001; X. Xxxxxxx, Contratto collettivo e contrattazione in azienda, Milano, 1985;
X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale:soggetti e efficacia, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2012, pag. 1 e ss.; X. Xxx Xxxxx, Il contratto collettivo aziendale, cit., pag. 281 e ss.
20 Oltre ai riferimenti di cui alla nota precedente si vedano, per i contributi più risalenti: X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo d’impresa, cit.; X. Xxxxxx, Il contratto collettivo aziendale, Milano, 1965; X. Xxxxxx, Contrattazione aziendale e democrazia industriale, Bologna, 1959, spec. pag. 196; X. Xx Xxxx Xxxxxx, L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie della contrattazione collettiva, in X. Xxxxxxx, X. Xx Xxxx Xxxxxx ( a cura di), Dal garantismo al controllo, Milano, 1987, pag. 237 e ss.
21 Così X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale:soggetti ed efficacia, cit., pag. 1.
Si può partire dall’orientamento che ha individuato la funzione dell’accordo aziendale nell’organizzazione del lavoro in xxxxxxx00. Secondo questa tesi, il contratto aziendale realizza il coinvolgimento sindacale nell’unilaterale determinazione organizzativa. Quest’ultimo sarebbe “l’unico elemento in grado di conferire significato a quel trattamento migliorativo a favore dei lavoratori, altrimenti ben poco perspicuo, emerge(nte) pure in presenza di c.d. regolamentazioni in peius” e, dall’altra parte “strumento attraverso cui i datori di lavoro perseguono migliori performance produttive”23. Realizzerebbe poi le ambizioni di chi stipula ad ottenere il controllo dell’offerta del lavoro nell’impresa.
Persuade il riferimento al contenuto organizzatorio del contratto aziendale, oltre che l’idea che in esso trovino composizione diverse attitudini funzionali in una logica di scambio tra gli stipulanti.
Il coinvolgimento sindacale nell’organizzazione del lavoro prende però le mosse dalla necessità di specificare, integrare, modificare e, in alcune ipotesi, anche di sostituire, la disciplina nazionale24. Con ciò non si vuole sostenere che il negoziato aziendale nasca in contrasto con quello nazionale. Né che esso operi sempre in sovrapposizione rispetto alle materie trattate a livello nazionale. Tuttavia, rimane attuale quanto sostenuto in uno dei primi studi sulla contrattazione aziendale, nel quale si rilevava l’utilità della stessa “per far fronte alla constatata impossibilità di regolare taluni importanti aspetti del rapporto di lavoro sulla base di <<unità contrattuali>> eterogenee”.25
22 In questo senso X. Xxxxxxxxxx, ult. op. cit., spec. pag. 114.
23 Le citazioni sono tratte da X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo …, cit., pag. 114. 24Riconosce la necessità di “regole diverse in realtà particolari” X. Xxxx, Contrattazione in deroga, in X. Xxxxxxx (a cura di), Da Pomigliano a Mirafiori: la cronaca si fa storia, Milano, 2011, pag. 41 e ss., spec. pag. 54.
25 Cfr. X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo d’impresa, pag. 7. Spunti in tal senso si rinvengono anche in altri importanti contributi dottrinali. Si veda sul punto già G.
È l’esigenza di specificare e integrare il contratto nazionale a rendere necessaria una negoziazione aziendale, sia per operare su materie non regolamentabili a livello nazionale sia per specificare e integrare una disciplina che, per sua natura, non può non essere uniformante.
Se i datori di lavoro ottengono con il contratto aziendale una regolamentazione più conforme all’organizzazione produttiva, dall’altra parte, esso garantisce ai sindacati – e tramite essi anche ai prestatori di opere - un controllo più frequente su una parte dell’organizzazione che altrimenti sarebbe lasciata alla direzione dell’azienda26. Basti considerare le clausole che istituiscono dei diritti di informazione e controllo, attraverso le quali è espanso il coinvolgimento sindacale.
Soprattutto, la stipulazione di un accordo integrativo comporta l’impiego di risorse ulteriori rispetto a quelle già impegnate in esecuzione del contratto nazionale. Né è un esempio la definizione di forme retributive aggiuntive27. Anche in ciò, il contratto aziendale è
Giugni, Contrattazione aziendale e democrazia industriale, cit., pag. 196, il quale rilevava la tendenza a una “progressiva differenziazione di gruppi e strati, in funzione della quale “la classe”, pur mantenendo una fisionomia sociologica propria, acquista un carattere più complesso e composito, richiedendo conseguentemente una diversa distribuzione dei vari elementi in cui si esprime la strategia di difesa solidale”. Cfr. anche in X. Xxxxxx, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit.
26 Cfr. X. Xxxxxxxxx, Contratto collettivo d’impresa, cit., pag. 9.
27 Cfr. sul punto X. Xxxx, Parità di trattamento e retribuzione, in X. Xxxxxx, X. Xxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), La retribuzione. Struttura e regime giuridico, Napoli, 1994, pag. 145 e ss., spec. pagg. 170 – 171; X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo…cit., pag. 88 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, La retribuzione e i contratti collettivi aziendali, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (a cura di), La retribuzione, Nuova giurisprudenza di diritto civile e commerciale fondata da X. Xxxxxxx, Milano, 2012, pag. 194; X. Xxxxxx, Contrattazione di secondo livello e retribuzione incentivante, in Arg. dir. lav., 1997, pag. 291. Si veda poi X. Xxxx, Le forme retributive incentivanti, in Riv. it. dir. lav., 2010, I, pag. 637 e ss., spec. pag. 644. Riportando i dati dell’indagine CNEL, l’Autore rileva come i temi salariali abbiano una presenza costante e spesso prevalente nella contrattazione aziendale.
sede di integrazione del trattamento nazionale, perché garantisce ai prestatori di opere una quota di retribuzione differente e speciale, rispetto a quella definita dalla contrattazione nazionale.
Non si sostiene con ciò una risalente concezione dell’accordo integrativo che ne faceva solo uno strumento per garantire ai prestatori di opere un trattamento migliorativo28. In alcuni casi, l’investimento può offrirsi come contropartita per trattamenti di tipo peggiorativo. Esperienze di contrattazione aziendale con implicazioni sfavorevoli per il singolo sono conosciute e diffuse. Invece, si ritiene persuasiva un’idea di contratto aziendale come luogo di definizione di istanze diverse, per il datore di lavoro, i lavoratori e i sindacati, che in tanto trovano realizzazione (seppure parziale) in un accordo, in quanto si compongono in una logica di scambio tra le diverse parti coinvolte. Forse, ciò è colto da quell’orientamento giurisprudenziale29 che richiede al giudice una valutazione comparativa dei benefici e dei sacrifici che il negoziato aziendale impone al singolo, pur giungendo per tale via a considerazioni originali in merito all’efficacia.
Considerazioni particolari30 devono essere espresse per le intese definite “gestionali” 31. Si tratta di una categoria di elaborazione
28 Per maggiori riferimenti su tale concezione cfr. X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale e decentrato, cit., pag. 111-113.
29 X. Xxxx. 00 febbraio 1993, n. 1438, in Mass. giur. lav. 1993, pag. 162.
30 Più in generale, da tempo la dottrina ha rilevato sensibili differenze di funzioni all’interno della categoria del contratto collettivo. Cfr. X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione del contratto collettivo, cit., pag. 99 e ss.; X. Xx Xxxx Xxxxxx, L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie della contrattazione collettiva, in Riv. it. dir. lav., 1985, pag. 16 e ss.; P. Xxxxxxxxxxx, Efficacia dispositiva del contratto collettivo e autonomia individuale, cit., pag. 351 e ss.
31 Per i primissimi riferimenti in tal senso si veda X. Xxxx, Modifiche all’organizzazione e contratto di lavoro, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1981, pag. 567 e ss.; X. Xxxxxxx, Contratti collettivi e rapporto individuale di lavoro, Milano, 1985; Id, Differenze di funzioni e di livelli tra contratti collettivi, in Lav. dir., 1987, pag. 229 e ss.; X. Xx Xxxx Xxxxxx, L’evoluzione dei contenuti e delle tipologie della contrattazione collettiva, cit,
dottrinale32 dapprima nata per gli accordi ex art. 4 e 6 St. Lav., poi estesa a una serie di intese: quelle finalizzate a gestire le crisi aziendali, ma anche quelle di definizione dei servizi pubblici essenziali, in materia di sciopero.
Gli accordi gestionali sono parte di una più ampia tecnica di cd. procedimentalizzazione dei poteri datoriali33. Si inseriscono nell’esercizio di un potere, imponendone una modulazione, in virtù di previsioni che ne subordinano l’esercizio a un preventivo dialogo sindacale.
Seppure non manchino opinioni contrastanti34, persuade l’idea di chi ha ritenuto che si tratti di modelli contrattuali cui non possono estendersi le considerazioni espresse per i contratti collettivi35.
pag. 38 e ss. Di recente v. X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione, cit., pag. 100; X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale: soggetti ed efficacia, cit., spec. pag. 34; M. G. Xxxxxxxx, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osservazione di metodo, cit., pag. 515 e ss.; X. Xxxxxxx, Diritto privato e diritto del lavoro: uno sguardo dal ponte, Torino, 2007, pag. 37 e ss.
32 Ai riferimenti di cui alla nota precedente adde, X. Xxxxxxx, La contrattazione “gestionale”: distinzioni reali ed apparenti dal contratto “normativo”, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), Contratto collettivo e disciplina dei rapporti di lavoro, Torino, 2004, pag. 49 e ss.; X. Xxxxxxx, Contratto collettivo e contrattazione …, cit., pag. 139 e ss.; X. Xxxx, La disciplina legale dei contratti di solidarietà: riflessioni generali, in Dir. lav., 1985, I, pag. 26; X. Xxxxx, Funzione e disciplina dei contratti di solidarietà, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1985, pag. 347 e ss.
33 Sulla quale cfr., tra tutti, X. Xxxx, Le clausole di procedimentalizzazione dei poteri imprenditoriali, in M. D’Xxxxxx ( a cura di) Letture di diritto sindacale, Napoli, 1990, pag. 379 e ss.
34 X. Xxxxxxxx, Contratti collettivi normativi e contratti collettivi gestionali, in Arg. dir. lav., 1999, pag. 1 e ss; X. Xxxxxxxxxx, Natura del contratto collettivo gestionale e rappresentatività per la costituzione di rappresentanze sindacale aziendale, in Riv. it. dir. lav., 2009, pag. 1066 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo…, cit., pag. 257; M. V. Ballestrero, Cassa integrazione guadagni e contratto di lavoro, Milano, 1985, pag. 241;
X. Xxxxxxxxx, Libertà e pluralismo sindacale, Padova, 1998, pag. 195 e ss.; X. Xxx Xxxxx, La legge n. 223/1991 e i licenziamenti collettivi: un primo bilancio teorico, in Quad. dir. lav. rel. ind., I licenziamenti collettivi, 1997, pag. 21; X. Xxxxxxxx, Legge e sindacato nelle crisi occupazionali, Padova, 1995, pag. 295 e ss.
Innanzitutto tali intese operano all’interno di un procedimento. Tanto che alcune di esse, che hanno effetti solo endoprocedimentali, non sono neanche definibili come accordi ex art. 1321 cod. civ., come dimostra la giurisprudenza 36. Altre hanno effetti che vanno al di là della sequenza procedimentale e hanno natura contrattuale. In ogni caso, però, tramite tali intese “l’imprenditore non concorda con il soggetto collettivo rappresentativo dei lavoratori – come normalmente fa con il contratto collettivo – norme astratte e generali da applicare in una serie indeterminata di casi, ma un singolo atto di gestione dell’organizzazione produttiva”, con la conseguenza che “una volta che questo sia esaurito, si esauriranno anche i vincoli derivanti dall’accordo”37.
Ove poi le intese gestionali trovino la propria premessa in una previsione legale, quest’ultima le influenza per forma, funzione, e in alcuni casi anche per efficacia. La capacità di autoregolamentare i propri interessi, che si manifesta nell’accordo sindacale, è da un lato limitata e dall’altro deviata dalla fonte legale. Per tale ragione, ogni intesa deve essere considerata muovendo dall’esegesi della norma che la prevede38.
35 Cfr. P. Xxxxxxxxxxx, Efficacia dispositiva…, cit., pag. 351 e ss. Considera le intese gestionali differenti dai contratti collettivi anche M. G. Xxxxxxxx, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osservazione di merito, cit., pag. 534-535.
36 Cfr. Cass., 16 aprile 1996, n. 3459, in Or. giur. lav., 1996, pag. 681; Cass. 6 settembre 1996, n. 8122, in Mass. giust. civ., 1996, pag. 1261; Cass., 27 marzo 1997, n. 2719, in Giust. civ., 1997, I, pag. 2152; Cass. 10 marzo 1998, n. 2633, in Riv. it. dir. lav., 1999, II, pag. 85 con nota di X. Xxxxxxxxxx, Sulla natura dell’accordo sindacale in materia di cassa integrazione guadagni.
37 Così M. G. Xxxxxxxx, Per una teoria giuridica del contratto collettivo…, cit., pag. 534.
38 Cfr. X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione..cit., pag. 105 e ss.; P. Xxxxxxxxxxx,
Efficacia dispositiva…, cit., pag. 351 e ss.
Tale differenza è male interpretata da quella giurisprudenza costituzionale39 che ha negato alle intese gestionali valenza normativa e per tale via ha giudicato compatibili con l’art. 39 Cost. le disposizioni che le prevedono. L’orientamento è poco condivisibile, perché riconduce al contenuto delle clausole la differenza tra accordi normativi e gestionali40, limitando il campo di applicazione della norma costituzionale. Invece, l’incidenza sui diritti dei singoli lavoratori, ad esempio, dell’accordo sui criteri di scelta o di quelli in materia di prestazioni indispensabili41, non può essere negato. In tali casi, è piuttosto la previsione normativa a incidere sull’efficacia delle intese, estendendola42. È per tale motivo che alcune di esse avrebbero necessitato di uno scrutinio più rigoroso, anche sotto il profilo della loro costituzionalità.
In definitiva, esiste una differenza tra gli accordi collettivi e le intese gestionali. La peculiarità di queste ultime vale a escluderle dal campo di indagine della ricerca.
39 Cfr. Xxxxx Xxxx., 00 giugno 1994, n. 268, in Riv. it. dir., lav., 1995, II, pag. 237 con nota di X. Xxxxxxxxxxx, Legge e autonomia collettiva nella disciplina dei criteri di scelta per la riduzione del personale: la Consulta introduce il controllo di ragionevolezza. Ma una premessa in tal senso è già contenuta in Corte cost. 18 ottobre 1966, n. 344, in Arg. dir. lav., 1997, pag. 294 e ss.
40Cfr. X. Xxxxxxxx, Contratti collettivi normativi…cit., pag. 1 e ss.; X. Xxxxxxxxx, Libertà e pluralismo sindacale, Padova, 1998, pag. 202; X. Xxx Xxxxx, La legge n. 223/1991 e i licenziamenti collettivi: un primo bilancio teorico, cit., pag. 21.
41 Sui quali cfr. X. Xxxxxx, Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali tra ordinanze di precettazione e proposte di riforma della legge vigente, in Rass. parl., 1995, pag. 195 e ss.;
X. Xxxxxxxx, Sciopero nei servizi pubblici essenziali ed efficacia soggettiva dei contratti sulle “prestazioni indispensabili”, in Arg. dir. lav., 1997, pag. 143.
42 Ad esempio, per il dibattito sull’efficacia delle intese ex legge 146/1990 cfr., oltre ai riferimenti in nota precedente, P. Curzio, Autonomia collettiva e sciopero nei servizi pubblici essenziali, Bari, 1992, pag. 150; X. Xxxxxxx, Contrattazione collettiva e governo del conflitto, in Giorn. dir. lav., rel. ind., 1990, pag. 720 e ss.
2. Il conflitto tra contratti collettivi di diverso livello. Origini del problema.
La struttura articolata della contrattazione implica la possibile coesistenza di due o più contratti, applicabili al medesimo rapporto. Con un’immagine persuasiva, tale ipotesi è stata descritta come una relazione triangolare43. Intervengono due regolamenti collettivi sullo stesso rapporto.
Sin da tempi risalenti, la concorrenza di discipline collettive è stata oggetto di riflessione dottrinale44, soprattutto nell’ipotesi di conflitto. Ciò accade quando gli accordi in concorso dettano regolamentazioni differenti e incompatibili tra di loro. Occorre individuare un criterio di soluzione del contrasto.
In una prospettiva cronologica, si tratta di un problema di successione di negoziati nel tempo45. L’ipotesi più frequente è quella della stipulazione di un contratto aziendale in deroga al precedente accordo nazionale. Vi può essere però un caso opposto.
Non si può invece parlare di un conflitto quando le discipline contrattuali siano entrambe applicabili, come nel caso in cui il
43 Cfr. X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in AA. VV, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello. Atti delle Giornate di studio di Arezzo del 15-16 maggio 1981, Milano, 1982, pag. 12, secondo il quale “la dinamica tra discipline collettive di diverso ambito applicativo si volge, a ben guardare, all’interno di un modello triangolare di relazioni, in cui uno dei termini impliciti è costituito dal regolamento del rapporto individuale di lavoro.”
44 Cfr. sul punto AA. VV, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit, pag. 1 e ss. Più di recente, per una disamina degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali sviluppatosi sul punto cfr. X. Xxxxxxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in X. Xxxx (a cura di), Le fonti. Il diritto sindacale, Il diritto del lavoro. Commentario diretto da X. Xxxxxxx, Tomo I, Milano, 2007, pag. 459 e ss.
45 V. ancora sul punto X. Xxxxxx, ult. op. cit., pag. 14, il quale sottolinea come “la possibilità di situazioni di concorso-conflitto di regolamentazioni collettive di diverso livello è presa espressamente in considerazione, in relazione alla dinamica temporale, generalmente sfasata, delle attività negoziali ai vari livelli di competenza, in rapporto al loro diverso arco di durata”
contratto aziendale intervenga su un istituto demandatole dall’accordo nazionale, entro i limiti da quest’ultimo delineati.
Un’analisi storica46 evidenzia come due strade principali siano state percorse. Una ha dato rilievo ai criteri interni al sistema sindacale, valorizzando i modelli di rapporti tra contratti collettivi individuati dalle stesse parti sociali.
Il secondo approccio, al contrario, constatata l’impossibilità di risolvere il conflitto tramite criteri interni, ha mostrato interesse per un criterio esterno al sistema.
3. La regolamentazione interna al sistema sindacale e la natura delle clausole.
Per via dei suoi riflessi sulla tenuta dei modelli contrattuali, la considerazione della natura obbligatoria o normativa delle clausole che disciplinano i rapporti tra livelli è questione preliminare rispetto all’analisi della disciplina interna al sistema sindacale.
Per un verso, essa si intreccia al dibattito, ancora vivo in dottrina, sulla “tenuta della distinzione tra parte obbligatoria e parte normativa del contratto collettivo”47. Per l’altro impone
46 Per una ricostruzione storica delle diverse prospettive, oltre ai riferimenti di cui alle note 43 e 44, si veda pure X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello: una scolta tra continuità e rottura con il passato, in Foro it., 1987, I, c. 513; P. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in X. Xxxxxxx, P. Curzio, Il contratto collettivo. Dottrina e giurisprudenza di diritto del lavoro diretta da X. Xxxxxx, Torino, 1984, pag. 286 e ss.
47 Per l’impostazione originaria di tale distinzione, mutuata dall’esperienza tedesca, cfr. X. Xxxxxx, La responsabilità contrattuale delle associazioni sindacali. La parte obbligatoria del contratto collettivo, Milano, 1963. La ricostruzione è accolta dalla dottrina successiva. Per una ricognizione sul punto cfr. X. Xxxxxxxx, La funzione obbligatoria, in X. Xxxx (a cura di), Le fonti. Il diritto sindacale, cit., pag. 397 e ss. Contestazioni alla distinzione tra parte obbligatoria e parte normativa sono state mosse da X. Xxxxxxx, Il contenuto del contratto collettivo di lavoro, in X. Xxxx
considerazioni particolari, per la presenza di clausole giudicate48 ambigue, perché, nell’operare una divisione delle competenze tra livelli, riguardano istituti normativi per eccellenza, come il salario.
Se si fa riferimento a una suggestiva descrizione49, nella quale si dava atto della presenza accanto “alle clausole inerenti alla fissazione del prezzo del lavoro” di “vere e proprie norme sulla produzione contrattuale (…) in parte predisposte ad organizzare un’attività
<<legislativa>>, in parte organizzate in funzione di controllo sull’applicazione delle leggi del gruppo”, appare indubbio che al novero di “norme sulla produzione” possano essere ricondotte le clausole di raccordo tra livelli, come quelle di specializzazione50, e quella di rinvio51, previste già dal Protocollo d’Intesa Intersip-Asap52
Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx (a cura di) Trattato di diritto del lavoro, Padova, 1971, pag. 277; X. Xxxx, Il contratto collettivo di lavoro, Padova, 1980, pag. 100. Qualche dubbio sulla utilità di tale distinzione, soprattutto a fronte del moltiplicarsi della clausole miste o bivalenti, sembra esprimere, di recente, X. Xxxxxxx, Note sull’apparato rimediale del nuovo sistema di contrattazione collettiva, in Dir. lav. rel. ind., 2010, pag. 342 e ss., spec. pag. 346, nota 23.
48 Cfr X. Xxxxxxx, ult. op. cit., pag. 347. Perplessità sulla natura meramente obbligatoria di tali clausole è espressa anche da X. Xxxxxxxx, La funzione obbligatoria, in X. Xxxx ( a cura di), Le fonti. Il diritto sindacale, cit., spec. pag. 413.
49 X. Xxxxxx, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit., pag. 116.
50Questo il testo della clausola nell’Accordo Interconfederale del 1993 <<la contrattazione aziendale riguarda materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del ccnl>>. Invece, nel Protocollo del 22 gennaio 2009, tale clausola è espressa in termini parzialmente diversi, in uno con la regola del rinvio. Cfr. punto 11, secondo il quale <<salvo quanto espressamente previsto per il comparto artigiano, la contrattazione di secondo livello si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto nazionale o dalla legge e deve riguardare materie ed istituti che non siano già stati negoziati in altri livelli di contrattazione>>. Cfr. anche art. 3.2 dell’Accordo Interconfederale attuativo per il settore dell’industria del 15 aprile 2009 e art. 3.2 del Protocollo Interconfederale attuativo per il settore terziario del 18 novembre 2009.
51 Cfr. art. 3, seconda parte, del Protocollo del 23 luglio 1993, secondo il quale <<la contrattazione aziendale o territoriale è prevista secondo le modalità e negli ambiti di applicazione che saranno definiti dal contratto nazionale di categoria nello spirito dell'attuale prassi negoziale con particolare riguardo alle piccole imprese>>. Cfr. anche punto 11 dell’Accordo Quadro di riforma degli assetti contrattuali del
e poi mantenute, seppure con varianti, nei successivi modelli contrattuali. Parimenti, sono norme di organizzazione negoziale quelle che attribuiscono al contratto nazionale il ruolo di regista delle dinamiche contrattuali nella definizione di tempistiche e procedure di ogni livello di contrattazione53.
Secondo una ricostruzione non superata54, tramite tali clausole si instaura un rapporto obbligatorio tra le associazioni sindacali stipulanti, qualificabile come “rapporto obbligatorio collettivo”55. In altri termini, a differenza delle clausole normative, rispetto alle quali assumono una funzione strumentale, quelle obbligatorie non incidono sui diritti dei prestatori di opere, ma sono fonti di obbligazioni per le associazioni stipulanti. La loro violazione può comportare, qualora siano verificati i presupposti civilistici della responsabilità per inadempimento, una responsabilità contrattuale
22 gennaio 2009, nel testo sopra riportato e punto 3) dell’Accordo Interconfederale per il settore dell’industria del 28 giugno 2010.
52 Questo il testo della clausola contenuta nel Protocollo d’Intesa: <<la contrattazione aziendale verrà svolta solo per le materie per le quali la negoziazione a livello nazionale avrà previsto una possibilità di regolamentazione e secondo le procedure specificamente indicate>>.
53 Cfr. Protocollo Interconfederale 23 luglio 1993, seconda parte, art. 4; Accordo Quadro di riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009, punto 3; Accordo Interconfederale attuativo per il settore dell’industria del 15 aprile 2009 e Accordo Interconfederale attuativo per il settore terziario del 18 novembre 2009, punto 2.3 e 2,4.
54 V.: X. Xxxxxx, La responsabilità contrattuale…, cit.
55 La dottrina prevalente propende per la natura obbligatoria delle clausole di raccordo tra livelli. V.:X. Xxxx, L’ accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, in Riv. Giur. Lav., 1993, I, 215, spec. pag. 257; X. Xxxxxxx, Gli assetti contrattuali delineati dal protocollo del luglio 1993 e i rapporti tra contratti collettivi di diverso livello in Arg. dir. lav., 1997, pag. 274; X. Xxxx, Contrattazione collettiva e controllo del conflitto, in Dir. lav. rel. ind., 1988, pag. 460 e ss.; X. Xxxxxxx, Contrattazione collettiva e governo del conflitto, cit., pag. 314; X. Xxxxxx, Opinione, in
X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, Accordo del 31 luglio 1992 e contrattazione aziendale, in Dir. lav. rel. ind., 1993, pag. 218; X. Xxxx, Gli obblighi a trattare nel sistema dei rapporti collettivi, Padova, 1992, pag. 314; X. Xxxxxxxx, La contrattazione collettiva, Bologna, 1985, pag. 257.
delle associazioni sindacali. Invece, a simili clausole non possono essere ricondotti effetti extraobbligatori. Esse non sono in grado di incidere sulla validità degli accordi collettivi stipulati in violazione56, che, al contrario, sono espressione di una piena e impregiudicata autonomia contrattuale degli stipulanti57.
Una simile natura obbligatoria hanno le clausole introdotte dall’Accordo Quadro del 22 gennaio 2009 e dai Protocolli Interconfederali attuativi in tema di deroga alla contrattazione nazionale58. Esse obbligano gli stipulanti al rispetto di alcune procedure e di alcune limitazioni ai fini della deroga; organizzano e disciplinano la produzione negoziale futura, ma non hanno effetti reali sulla contrattazione aziendale che da esse diverga. Su di un piano legale, il contratto aziendale può derogare al contratto nazionale anche al di fuori dai limiti individuati dal protocollo e, per la natura obbligatoria delle clausole, non si pone un problema di invalidità. Piuttosto, fermo che si tratta di due contratti validi e
56 Ma in senso contrario si veda: Cfr. Xxxxxxx, Morfologia e funzione delle nuove rappresentanze aziendali nell’accordo interconfederale del dicembre 1993, in Riv. giur. lav., 1996, I, pag. 220; X. Xxxxxxxxxxx, Gli accordi cd. triangolari tra programmazione politica, efficacia obbligatoria e livelli contrattuali, in Riv. giur. lav., 1994, II, pag. 105.
57 In questo senso si è espressa la giurisprudenza sul conflitto tra contratti collettivi di diverso livello. V., per le più risalenti: Cass. 12 luglio 1986, n. 4517, in Riv. it. dir. lav., 1987, pag. 435 e ss.; Cass. 5 marzo 1986, n. 1445, in Foro it., 1987, I, pag. 510;
Cass. 4 febbraio 1988, n. 1147, in Notiz. giur. lav., 1988, pag. 733 e ss.; Cass. 3 aprile
1996, n. 3092, in Notiz. giur. lav., 1996, pag. 496).
58 V.:X. Xxxx, X. Xxxxx, Contrattazione in deroga, in X. Xxxxxxx (a cura di) Xx Xxxxxxxxxx a Mirafiori: la cronaca si fa storia.., cit., spec. pag. 31 e pag. 43; X. Xxxxxxx, Una dichiarazione d’intenti: l’accordo quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali in Riv. it. dir. lav., 2009, I, pag. 187 e ss.; X. Xxxxx, L’accordo quadro e l’accordo interconfederale del 2009: contenuti, criticità e modelli di relazioni industriali in Riv. it. dir. lav., 2009, I, pag. 357 e ss.; X. Xxxxxxxx, Concertazione e contrattazione dal Protocollo Giugni agli accordi separati del 2009, in Riv. giur. lav., 2009, pag. 447 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Le nuove regole sulla contrattazione problemi giuridici e di efficacia, in Riv. giur. lav., 2010, pag. 45 e ss.
efficaci, si pone un problema di conflitto e, quindi, di scelta del contratto da applicare.
Le medesime considerazioni valgono per le clausole dell’accordo del 28 giugno 2010, in tema di certificazione della rappresentatività59 e di efficacia generale della contrattazione aziendale60. Tanto che, in riferimento a tali previsioni, si è affermato che “l’accordo mostra di essere ben consapevole che questa efficacia non può essere assicurata dal diritto oltre l’area coperta in primis seconda la regola della rappresentanza” e “conta sulla capacità delle tre grandi confederazioni di assicurarla di fatto, proprio tramite la recuperata unità d’azione”61. E, del pari, anche le previsioni contenute nell’Accordo Interconfederale del 21 novembre 2012, hanno natura obbligatoria62.
Si è discusso, invece, della natura delle clausole che definiscono le competenze della contrattazione aziendale sugli istituti retributivi. Ad esempio, con riferimento al punto 3.3 dell’Accordo Interconfederale attuativo per il settore dell’industria del 15 aprile 200963, si è osservato, come “la cesura compiuta dal nuovo sistema di
59 Cfr. punto 1 dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011
60 Cfr. punto 4 dell’Accordo, in base al quale: “i contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le Associazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all'interno dell'azienda se approvati dalla maggioranza dei componenti delle Rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti”. Cfr anche punto 5.
61 V.: X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice…, cit., pag. 20.
62 Cfr. punto 2 dell’accordo in materia di relazioni industriali e contrattazione collettiva.
63 Questo il testo della clausola: ”Rispetto alla contrattazione aziendale con contenuti economici, il premio variabile sarà calcolato con riferimento ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati fra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità, di redditività, di efficacia, di innovazione, di efficienza organizzativa ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività aziendale nonché ai risultati legati all'andamento economico dell'impresa. Il premio deve avere caratteristiche tali da
contrattazione, nello spostare il baricentro della determinazione del salario dal primo al secondo livello di contrattazione, sembra mettere in crisi la distinzione tra clausole tipiche della parte obbligatoria (quali sono state sino ad ora le clausole di rinvio) e clausole normative (come quelle che incidono sulla retribuzione)”64 . Peraltro, per il medesimo ragionamento, anche le clausole di rinvio contenute nei contratti nazionali solleverebbero un dubbio del genere.
Tuttavia, se è vero che tali clausole ineriscono alla definizione di istituti normativi per eccellenza, quali il salario, l’orario di lavoro, è del pari vero che esse non incidono sui diritti dei lavoratori. Al contrario, le clausole di rinvio regolano la futura contrattazione, e impongono dei vincoli agli agenti contrattuali locali; hanno quindi natura obbligatoria. A seconda del tenore letterale della clausola, il rinvio può dar luogo a degli obblighi a trattare a livello aziendale65, ma non ha valenza normativa, non incidendo in maniera diretta sui diritti dei prestatori di opere66.
Per la natura obbligatoria delle clausole, si determina una divergenza di piani tra la dimensione contrattuale e quella legale67. Essendo remoto il pericolo di risarcimento danni, gli agenti sindacali sono liberi di discostarsi dal modello delineato a livello
consentire l'applicazione dei particolari trattamenti contributivi e fiscali previsti dalla normativa di legge. Nel caso di contratti territoriali i criteri di misurazione e valutazione economica della produttività, della qualità e degli altri elementi di competitività, devono essere determinati sulla base di indicatori assunti a livello territoriale con riferimento alla specificità delle imprese del settore.”
64 Così X. Xxxxxxx, Note sull’apparato rimediale del nuovo sistema di contrattazione collettiva, cit., pag. 347.
65 Cfr. X. Xxxx, Gli obblighi a trattare nel sistema dei rapporti collettivi, cit.; V. anche Id,
Contrattazione in deroga, in Da Pomigliano a Mirafiori…, cit., spec. pag. 45 e nota 20.
66 V. sul punto anche X. Xxxxxx, Xxxx’efficacia obbligatoria delle clausole collettive che delimitano la competenza del contratto aziendale, nota a App. Milano, 04 marzo 2003, in Riv. it. dir. lav., 2003, pag. 511.
67 V.: X. Xxxxxxxx, Il sindacato in azienda, la titolarità… cit., pag. 587 e ss.
interconfederale e nazionale, con, peraltro, alte probabilità di riuscire vittoriosi in un eventuale contenzioso.
4.I modelli contrattuali negoziali.
In un sistema, come quello attuale, in cui una giurisprudenza consolidata, giudicato immediatamente precettivo l’art. 36 Cost., ha valorizzato il ruolo della contrattazione collettiva, al fine di dare concreta attuazione al parametro della giusta retribuzione68, struttura della contrattazione e struttura della retribuzione sono legate da un vincolo molto stretto69.
Il tema della retribuzione rappresenta quindi “per così dire la cartina di tornasole delle tendenze in atto nel diritto del lavoro, statuale ed intersindacale, poiché ne scandisce pressoché continuativamente l’evoluzione sia sul piano del rapporto individuale sia su quello delle relazioni industriali”70.
In questo contesto, i modelli negoziali di rapporti tra livelli esprimono discrezionali scelte – influenzate anche da ragioni di
68Si vedano gli interventi di X. Xxxxxxxx, La retribuzione ed i criteri per la sua determinazione; X. Xxxxxxxxx, I principi costituzionali in materia di retribuzione e la loro applicazione giurisprudenziale, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx ( a cura di), La Retribuzione, Nuova giurisprudenza di diritto civile e commerciale, già diretta da X. Xxxxxxx, Milano, 2012, rispettivamente pagg. 2 e 27. Cfr anche X. Xxxxxx, X. Xxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), La retribuzione, Napoli, 1994 e ivi il contributo di X. Xxxxxxx, L’articolo 36 della Costituzione e l’obbligazione retributiva, pag. 91 e ss.; X. Xxxxxx, La nozione di giusta retribuzione nell’art. 36 della Costituzione, in Riv. it. dir. lav., 2010, pag. 719; X. Xxxxxxx, Il salario minimo legale, in Riv. it. dir. lav., 2010, pag. 769; X. Xxxxxxx, Retribuzione sufficiente e autonomia collettiva, Torino, 2002.
69 Cfr. X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità: recenti scenari contrattuali e giurisprudenziali" in Il diritto dei disoccupati. Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Milano, 1996, p. 463-498; X. Xxxxx, Contrattazione e retribuzione: contesto comunitario e internazionale, in Lav. giur., 2012, pag. 213 e ss.; X. Xxxxxxx, Retribuzione e assetto della contrattazione collettiva, in Riv. it. dir. lav., 2010, pag. 693 e ss.
70 Cfr. X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità: recenti scenari contrattuali e giurisprudenziali, cit., pag. 463.
politica economica - sulla struttura del salario e, in definitiva, sull’accentramento e/o decentramento dei flussi di spesa per il costo del lavoro.
Dall’analisi degli accordi interconfederali, dei contratti di categoria oltre che degli statuti sindacali, possono individuarsi dei modelli di rapporti tra contratti collettivi, sperimentati nel corso del tempo.
5. Dal modello della contrattazione articolata al tentativo di riaccentramento del sistema operato con il Protocollo Xxxxxx del 1983.
Agli inizi degli anni 60, l’accordo Intersind Asap71 diede vita al modello della contrattazione articolata72, in cui la contrattazione aziendale ottenne un primo riconoscimento formale. Esso si fondava su un complesso sistema di rinvii73, dal livello superiore a quello
71 Tale accordo è stato raggiunto, sulla scorta di aspre xxxxx xxxxxxxxx, il 5 luglio 1962 tra le federazioni dei lavoratori metalmeccanici e le associazioni Intersind ed Asap, che rappresentavano le imprese a partecipazione statale. Nato dalla necessità di una maggiore articolazione del sistema di contrattazione collettiva, fino ad allora di impostazione centralizzata, l’accordo prevedeva in maniera significativa al primo punto “la possibilità di una maggiore articolazione della contrattazione collettiva per settori o a livello aziendale (…) oltre a consentire una migliore aderenza delle norme contrattuali alle particolari caratteristiche settoriali ed aziendali, soddisfa l’esigenza, per le aziende, di poter programmare (…) la propria attività produttiva”.
72 Cfr., per i primissimi riferimenti, X. Xxxxxx, Contratti collettivi di lavoro, cit., pag. 15; X. Xxxxxxx, Contratto collettivo e contrattazione in azienda, cit., pag. 48 e ss.
73 Per il dibattito dottrinale sulla natura giuridica del contratto articolato e sulla clausola di rinvio si vedano le diverse ricostruzioni di X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo…, cit., pag. 75, X. Xxxxxx, La responsabilità contrattuale…, cit., pag. 79; X. Xxxxx, Note preliminari sul contratto collettivo aziendale, in Studi in memoria di Xxxxxxxx Xxxxxxx, Milano, 1966, pag. 108; X. Xxxxxxx, Il contratto collettivo cd. “articolato” come elemento strutturale terminale di una fattispecie negoziale complessa (e sua rilevanza costituzionale), in Dir. ec., 1962, pag. 1059 e ss.;
inferiore74, e sull’obbligo di tregua75 assunto dall’organizzazione sindacale; “gli imprenditori accettavano la negoziazione a livello aziendale, ma in cambio ottenevano l’impegno della controparte a non svolgere azioni di pressione se non per quella parte del contratto che poteva essere discussa sul piano aziendale”76.
Tale modello fu, però, rispettato solo per un breve periodo di tempo. Infatti, già alla fine degli anni 60, il diffondersi della contrattazione aziendale anche su materie a essa non demandate ne comportò l’abbandono77.
La tendenza a un neocentralismo si manifestò nuovamente già nella seconda metà degli anni 70, per via della crisi economica, e venne “regolarizzata” dal Protocollo Xxxxxx del 198378, prima esperienza di concertazione sociale79.
Quest’ultimo iniziò a delineare i tratti del modello accentrato, che poi sarebbe stato sviluppato dal Protocollo del 1993. In tal senso
74 L’accordo prevedeva, oltre al contratto di categoria, due ulteriori livelli di contrattazione: quello di settore e quello aziendale e, per ciascun livello, indicava le relative competenze.
75 Sull’obbligo di tregua cfr. X. Xxxxxx, Autonomia collettiva, diritto di sciopero e clausole di tregua, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967, pag. 149 e ss.; X. Xxxxxx, L’autunno caldo sindacale, Bologna, 1970, ora in Sindacato fra contratti e riforme, Bari, 1973, pag. 24 e ss.
76 V.: X. Xxxxxx, Contratti collettivi di lavoro, cit., pag. 15.
77V.: X. Xxxxxx, L’autunno caldo sindacale, cit., pag. 24 e ss.;
78 Cfr. X. Xxxxxxxxx, Il senso dell’accordo: i nodi dell’economia e i problemi del sindacato;
X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxx, La dinamica del negoziato e le relazioni industriali, in AA. VV., La vertenza sul costo del lavoro e le relazioni industriali, Milano, 1984, pag. 95 e ss e pag. 116 e ss.; X. Xxxxxxxx, Tra patto sociale e nuovi conflitti, X. Xxxx, Le larghe maglie dell’intesa, X. Xxxxxx, Più ombre che luci, X. Xxxxxxx, Tra cronaca e storia, in Il protocollo di gennaio, in Pol. dir., 1983, pag. 187 e ss; X. Xxxxxx, L’accordo sul costo del lavoro: problemi e prospettive, in Dir. lav., 1983, I, pag. 91 e ss.
79 cfr. X. Xxxxx, La pratica della concertazione in Italia, in Quaderni cost., 1999, pag. 501 e ss.; Id, La concertazione sociale nell’esperienza italiana, in Riv. it. dir. lav., 2000, I, pag. 115 e ss.
muovevano sia la previsione di un blocco alla contrattazione aziendale80, sia la reintroduzione della regola della specializzazione.
Tuttavia, la contrattazione successiva sperimentò una significativa deviazione rispetto alle regole fissate dal Protocollo, sia in materia salariale81, sia in materia di orario di lavoro82. Né ad esso seguì una diminuzione delle liti in tema di rapporti tra contratti di diverso livello, come dimostra il contenzioso83.
Per tale motivo, è diffuso il rilievo che le sue clausole “siano state concepite come portatrici di un mero indirizzo”84.
6. Segue. Il modello accentrato.
Dal Protocollo del luglio 1993, in particolare dai punti 3 e 4 della parte II85, e da alcuni contratti collettivi86, anche successivi alla
80 Cfr. X. Xxxxxxxx, La contrattazione collettiva, cit., pag. 204; X. Xxxxxxx, Il Protocollo Xxxxxx e il c.d. blocco della contrattazione aziendale, in Riv. it. dir. lav., II, 1998, pag. 163 e ss.; X. Xxxxxxxx, La retribuzione nella contrattazione collettiva interconfederale, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (a cura di), La retribuzione, cit., pag. 114 e ss.
81 V.: X. Xxxxxxxxxx, La retribuzione e i contratti aziendali, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (a cura di), La retribuzione, cit., pag. 201 e ss.
82 V. xxxxxxx: X. Xxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 77.
83 Cfr., tra le altre, Cass., 19 febbraio 1988, n. 1759, in Giust. civ. mass., 1988, 2; Cass.,
5 marzo 1986, n. 1445 e Cass., 12 luglio 1986, n. 4517, in Foro it., I, c. 512.
84 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 204. Nello stesso senso X. Xxxxxxxx, ult. op. cit., spec. pag. 76 e ss.
85 In base al punto 3, ad esempio, “la contrattazione aziendale riguarda materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del ccnl. Le erogazioni del livello di contrattazione aziendale sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obbiettivo incrementi di produttività, di qualità ed altri elemento di competitività di cui le imprese dispongono, compresi i margini di produttività, che potrà essere impegnata per accordi tra le parti, eccedente quella già utilizzata per riconoscere gli aumenti retributivi a livello di CCNL, nonché ai risultati legati all’andamento economico dell’impresa. (…) La contrattazione aziendale o territoriale è prevista secondo le modalità e negli ambiti che saranno definiti dal contratto nazionale di categoria nello spirito dell’attuale prassi negoziale con particolare riguardo alle piccole imprese …”. Il successivo punto 4 prevede che la
stipulazione dell’Accordo interconfederale del 200987, emerge un modello contrattuale accentrato, confermato anche da alcuni statuti sindacali88.
Se già l’Accordo Interconfederale del 198389 ha anticipato i tratti di tale modello, l’accentramento dei rapporti tra livelli è ancora più risalente, perché è evincibile dall’impostazione originaria dello Statuto dei lavoratori90. Tanto che si è rilevato come “nel contesto di
contrattazione nazionale stabilisca le procedure e le tempistiche per la stipulazione del contratto aziendale. Per i primi riferimenti sul punto cfr. X. Xxxxxxxx, Assetti contrattuali e rappresentanze sindacali unitarie: il protocollo del 23 luglio 1993 e la sua applicazione nei CCNL dell’industria in Riv. Giur. Lav., 1995, I, 323; X. Xxxxxxx, Morfologia e funzione delle nuove rappresentanze aziendali nell’accordo interconfederale del dicembre 1993, in Riv. giur. lav., 1996, I, 220; X. Xxxxxxxx, Concertazione e contrattazione. Soggetti, poteri e dinamiche regolative, Bari, 1999; X. Xxxxxx, Considerazioni sull’accordo tra governo e parti sociali del 23 luglio 1993, in Pol. Dir., 1994, pag. 13 e ss; X. Xxxxxxx, Gli assetti contrattuali delineati dal Protocollo del luglio 1993 e i rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in Arg. dir. lav., 1997, pag. 265 e ss., spec. pag. 265; X. Xxxx, L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, cit., pag. 215 e ss.
86 Cfr. ccnl per i lavoratori dell’industria alimentare del 14 luglio 2003, spec. art. 5 e 6; ccnl per i dipendenti di industrie metalmeccaniche private e della installazione di impianti del 7 maggio 2003, spec. art. 43; ccnl per i dipendenti delle industrie tessili del 28 maggio 2004, spec. art. 12; ccnl per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali (dalla 1° alla 3° ) dipendenti dalle aziende di credito del 12 febbraio 2005, spec. art. 23; ccnl per i dipendenti delle aziende del terziario: distribuzione e servizi, 2 luglio 2004, spec. art. 5.
87 Cfr. ccnl per i dipendenti dalle aziende esercenti le industrie alimentari, del 22 settembre 2009, spec. art. 5.
88 Cfr. art. 11 Statuto CGIL, sulla scorta del quale “è di stretta pertinenza delle Federazioni o Sindacati nazionali di categoria l’esercizio del mandato negoziale nell’ambito delle direttive e del coordinamento della Confederazione ad ogni livello”. Cfr. anche art. 4 lett. c e f Statuto CISL, in base al quale spetta alle Federazioni di categoria “procedere alla stipulazione di contratti, accordi, regolamenti e protocolli collettivi di lavoro, ai diversi livelli di competenza”, nonché “promuovere e curare l’attuazione degli indirizzi confederali ai vari livelli dell’Organizzazione e realizzare i necessari interventi verso eventuali politiche e comportamenti difformi, violazioni statutarie, inadempienze organizzative”.
89 Sul Protocollo del 1983 si vedano, fra tutti, Cfr. X. Xxxxxxxx, La contrattazione collettiva, cit., pag. 72; X. Xxxxxx, Contratti collettivi di lavoro, cit., spec. pag. 16.-17. Amplius v. infra § 5 e ivi riferimenti.
90 Quest’ultimo, nel garantire e regolamentare l’esercizio della libertà sindacale all’interno dell’azienda, la ricollegava ad un sistema centralizzato, con un ruolo
una condivisa politica dei redditi ancorata all’inflazione programmata, il Protocollo del 93 sembrava costituire il tanto invocato completamento consensuale dell’impianto dello Statuto dei lavoratori”91.
La contrattazione aziendale è collegata a forme retributive variabili, legate alla produttività92, mentre quella nazionale regolamenta gli elementi fissi della retribuzione, comuni per tutta la categoria, sui quali è preclusa una ricontrattazione a livello decentrato. Il livello decentrato è poi limitato, quanto alle materie oggetto di regolamentazione, a quelle non definite da altri livelli di contrattazione93.
In sintesi, il modello è frutto di un compromesso sulla struttura del salario: da una parte, un accentramento dei flussi di spesa, al fine di contenere la dinamica inflazionistica, e dall’altra, l’incentivo94 al secondo livello di contrattazione, con lo scopo di aumentare la produttività delle aziende. In quest’ottica, il negoziato integrativo
preminente delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
91 Cfr. X. Xxxxxxx, La cronaca si fa storia: da Pomigliano a Xxxxxxxxx, in Arg. dir. lav., 2011, pag. 17.
92 Su tale scelta si xxxxxx X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità, cit., spec. pag. 468; X. Xxxx, L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura della retribuzione, cit., spec. pag. 231; X. Xxxxxxxxxx, Contrattazione collettiva e produttività: cronaca di evoluzioni (ripetute) e incontri (mancati), in Riv. giur. lav., 2009, pag. 299 e ss.; X. Xxxxxxxx, Azione sindacale e politica dei redditi: appunti sull’accordo triangolare del 23 luglio 1993, in Riv. giur. lav., 1995, pag. 263 e ss, X. Xxxxxxxx, La retribuzione nella contrattazione interconfederale, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (a cura di), La retribuzione….cit., pag. 113 e ss.
93 Sul punto, ai riferimenti di cui alla nota precedente adde X. Xxxxxxx, Gli assetti contrattuali delineati dal Protocollo del luglio 1993…, cit., pag. 265 e ss.
94 Nel Protocollo del 1993 il governo si impegnava ad adottare un conveniente “regime contributivo-previdenziale”, attraverso un apposito provvedimento legislativo, “in ragione della funzione specifica e innovativa degli istituti della contrattazione aziendale e dei vantaggi che da essi possono derivare all’intero sistema produttivo attraverso il miglioramento dell’efficienza aziendale e dei risultati di gestione”.
avrebbe dovuto redistribuire ricchezze create dall’applicazione dello stesso accordo (o da “programmi” in essi definiti)95.
Tale modello è stato però attuato solo in modo parziale. In modo conforme alle previsioni dell’accordo, il livello nazionale ha avuto un ruolo centrale nella definizione del salario. Del resto, quest’ultimo definisce trattamenti minimi che, da un canto, siano presidio di garanzia per i lavoratori più deboli, dall’altro, siano sostenibili anche dalle aziende economicamente più deboli96. In questo svolge una funzione solidaristica. E’ perciò persuasiva quella dottrina97 che giudica fuori discussione la centralità del contratto di categoria nella definizione del salario, reputandola garanzia di “stabilità dell’intero sistema retributivo e contrattuale”98.
95 Ai riferimenti di cui alle nota 91 si aggiunga X. Xxxxxx, Contrattazione di secondo livello e retribuzione incentivante, in Arg. dir. lav., 1997, pag.291 e ss. Più in generale, sul legame tra contrattazione aziendale e retribuzione incentivante, X. Xxxxxxx, Accordi sindacali sul salario variabile nell’industria e rapporti di lavoro, in X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx (a cura di), Retribuzione incentivante e rapporti di lavoro, Milano, 1994, pag. 1 e ss.
96 Cfr. X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità.., cit., spec. pag. 470, X. Xxxxxxxx, La retribuzione…cit., spec. pag. 14 Per i riferimenti più risalenti al riguardo cfr. X. Xxxx, Art. 36-37, in Commentario alla Costituzione a cura di X. Xxxxxx, Rapporti economici, Bologna-Roma, 1979, pag. 72 e ss.;
97Cfr. X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità …cit., pag. 480, secondo il quale “la centralità del contratto nazionale di categoria non può essere disconosciuta” né può essere negata “la residualità del contratto aziendale”. Sull’irrinunciabilità di tale funzione si vedano, oltre ai riferimenti di cui alla nota precedente, fra tutti, gli interventi di X. Xxxxxxxx, Il sistema contrattuale: ricostruire più che riformare, X. Xxxxxxxxxxxx, Il pendolo tra centralismo e decentramento, anche se in maniera mitigata, X. Xxx Xxxxx, Per una maggiore responsabilizzazione del sindacato nel rinnovamento dell’organizzazione del lavoro; tutti intervenuti nel forum “La struttura della contrattazione collettiva: quale riforma?”, in Riv. it. dir. lav., 2006, I, pp. 417-475. In questo, l’assetto contrattuale accentrato sembra essere razionale. Vi è da ben chiarire, tuttavia, da un canto, cosa si intenda per residualità del contratto aziendale e, dall’altro, se la centralità del livello nazionale imponga necessariamente il divieto di ricontrattazione su tutti gli elementi retributivi ivi definiti.
98 V.: X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità…cit., pag. 480.
Tuttavia, quanto al ruolo assegnato alla contrattazione integrativa nella definizione del salario, le previsioni dell’accordo non sono state rispettate, se non in minima parte. È sovente accaduto che forme retributive legate alla produttività siano state introdotte dai contratti aziendali, per lo più come formule di stile99. Ad esse sono corrisposte, invece, erogazioni in misura eguale per tutti i lavoratori, sganciate da recuperi di produttività. D’altro canto, gli obbiettivi di produttività o di redditività individuati in molti contratti aziendali, sono risultati vaghi e troppo pretenziosi, formulati a mò di formale ossequio alle previsioni del Protocollo, soprattutto con lo scopo di beneficiare delle agevolazioni economiche.
Né la contrattazione provinciale o territoriale ha avuto maggiore fortuna sul punto. Per lo più, essa ha finito col riproporre le difficoltà del negoziato nazionale, per la differenza esistente tra le imprese, pur appartenenti al medesimo territorio.
Di fronte all’insuccesso del connubio contrattazione collettiva – produttività, la dottrina100 si è a lungo interrogata. Secondo un rilievo comune, la diffusione di forme retributive legate alla produttività imporrebbe un cambiamento di fondo del sistema
99 Invero, già nel testo del Protocollo del 1993 gli indicatori a cui deve essere collegata la retribuzione variabile risultano ambigui e difficili da interpretare. Cfr. sul punto le osservazioni di X. Xxxxxx, Considerazioni sull’accordo tra governo e parti sociali del 23 luglio 1993, cit., pag. 13 e ss.
100 Cfr. X. Xxxxx, E’ davvero necessaria una “rivoluzione maggioritaria”?, in Riv. it. dir. lav., 2006, pag. 299 e ss. ; X. Xxxxxxxxxx, Contrattazione collettiva e produttività…, cit., spec. pag. 306-307; Id., La retribuzione e i contratti collettivi aziendali, cit., pag. 207 e ss. ; X. Xxxxxxxx, La retribuzione e i criteri…, cit., spec. pag. 15-16.; X. Xxxxxxxx, Sul metodo e sui contenuti del negoziato per la revisione della struttura contrattuale, cit., 2008, pag. 100.
sindacale nel senso di una “codeterminazione degli obbiettivi aziendali che condizionano l’erogazione del salario variabile”101.
Tuttavia, l’esperienza ha, al contrario, dimostrato come lo stimolo al lavoratore, nonché la sua fidelizzazione, avvengano sul piano individuale e non siano imposti dalla contrattazione aziendale102. Le imprese preferiscono incentivare i lavoratori più meritevoli, che per le loro capacità e i loro meriti riescano ad avere un autonomo potere contrattuale, non ricorrendo alla contrattazione aziendale, ma negoziando sul piano individuale. Questo spiega perché, in ampi settori, soprattutto in quelli più lontani dai metodi di produzione di massa, con uno spazio notevole per le capacità e il know how dei lavoratori, non si sia sviluppata la contrattazione aziendale, ma si siano diffusi trattamenti migliorativi individuali, come superminimi103.
Per questo motivo, il vincolo tra contrattazione aziendale e produttività ha introdotto un elemento di eccessiva rigidità nel sistema contrattuale. Invece, la contrattazione aziendale dovrebbe essere incentivata, anche attraverso agevolazioni economiche, a prescindere dal recupero di produttività104. In altri termini, è persuasivo il tentativo di incentivare la contrattazione aziendale, attraverso sgravi contributivi collegati ai trattamenti migliorativi garantiti ai lavoratori. Ciò che non convince, invece, è il persistente
101 Cfr. X. Xxxx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità…, cit., pag. 481. Nello stesso senso cfr. X. Xxxxxxxxxx, La retribuzione e i contratti collettivi aziendali, cit., spec. pag. 207 e ss.
102 Suggerisce tale conclusione X. Xxxxxxxx, La retribuzione… cit., pag. 15 e ss.
103 Sulla relazione inversa tra superminimi individuali e contrattazione aziendale legata alla produttività cfr. X. Xxxxxxxx, La retribuzione ed i criteri per la sua determinazione, cit., pag. 1 e ss., spec. pag. 15 e ss. ; X. Xxxxxxxxxx, La retribuzione ed i contratti collettivi aziendali, cit., pag. 210. Cfr., però, in senso inverso, X. Xxxx, Le forme retributive incentivanti, cit., pag. 637 e ss.
104 In questo senso cfr. X. Xxxxxxxx, La retribuzione e i criteri…, cit., spec. pag. 17.
intento di legare tali incentivi a irrealistici recuperi di produttività. Poiché la contrattazione aziendale mira a realizzare una uniforme redistribuzione delle ricchezze in quelle aziende che possano sostenere maggiori costi retributivi rispetto a quelli imposti dal contratto nazionale105, essa dovrebbe essere incentivata a prescindere dalla produttività. In questo modo si stimolerebbe quella funzione sociale106, di vocazione solidaristica, che è propria anche della contrattazione aziendale e non solo di quella nazionale.
Al contempo, l’accordo aziendale dovrebbe avere margini di azione meno angusti e vincolanti rispetto alla disciplina dettata a livello nazionale. Del resto, la centralità del contratto nazionale nella definizione dei minimi retributivi non impone un ferreo divieto di ricontrattazione a livello aziendale.
È noto che tale scelta fu adottata con l’intento di evitare una spirale inflattiva, sulla scorta di un preciso modello economico107. Tuttavia, le conseguenze che essa ha prodotto, in termini di impoverimento del salario - non protetto dall’adeguamento garantito a livello nazionale, né innalzato a livello locale - sono evidenti, come
105 In questo senso si esprime X. Xxxxxxxx, La retribuzione e i criteri…, cit., pag. 16. Sostenne già X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo, Relazione al XIII Congresso nazionale Aidalass tenutosi a Ferrara nelle giornate del 11, 12 e 13 maggio 2000, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2000, pag. 239 che “ i trends della contrattazione aziendale avrebbero smentito gli oroscopi più promettenti e lusinghieri in ordine alla qualità dei suoi contenuti. (…) E’ documentabile, infatti, che la contrattazione aziendale si è allontanata episodicamente e il meno possibile dalla logica redistributiva che pervade di sé la contrattazione nazionale e, specializzandosi nelle impennate salariali, si è consumata come una torcia che cerca, famelica, la direzione del vento proveniente dai luoghi in cui si produce ricchezza”.
106 Così X. Xxxxxxxx, La retribuzione e i criteri…, cit., pag. 16, secondo il quale le intese aziendali hanno una “rilevante funzione sociale di redistribuzione del reddito, in specie in quegli ambiti geografici penalizzati dalle strategie nazionali alla base dei contratti di categoria e dal diverso livello dei prezzi”.
107 Cfr. i riferimenti della nota 88, cui xxxx X. Xxxxxxx, Una dichiarazione d’intenti …
cit., spec. pag. 180 e ss.
dimostra la dottrina che se ne è occupata108. Per questo motivo, una revisione della regola della specializzazione potrebbe essere utile a correggere le distorsioni create, sotto questo aspetto, dal modello accentrato.
Sugli istituti normativi, la regola del rinvio ha dimostrato una tenuta migliore, anche se non è riuscita a evitare le ipotesi di conflitto. Soprattutto, un’analisi dei contratti di categoria dimostra come le materie demandate ai contratti aziendali siano esigue. Si è assistito, invece, a un intervento totalizzante del contratto nazionale, su ogni aspetto del rapporto di lavoro109. Il risultato non è stato solo e tanto quello della centralità del negoziato nazionale, ma anche quello dell’ assenza di spazi per una differenziazione a livello aziendale. Ciò è ben sottolineato da quella dottrina che, interrogandosi sulla tenuta del sistema, ha rilevato come “il germe dell’insuccesso rischia di risiedere proprio nella ristrettezza delle maglie in cui taluni contratti collettivi nazionali – e, in misura più ridotta, lo stesso Protocollo – hanno inteso costringere la contrattazione aziendale”110.
108 V. in particolare: X. Xxxxxxx, Una dichiarazione d’intenti …, cit., spec. pag. 180 e ss.
109 È diffusa e risalente in dottrina la considerazione della eccessiva rigidità insita nelle regole del rinvio e del divieto di ricontrattazione, tanto che da più parti se ne è proposta un’interpretazione restrittiva. In questo senso cfr. già X. Xxxxxxxx, Contrattazione collettiva, cit., pag. 223 e ss. il quale, a proposito dell’assetto contrattuale definito dal Protocollo del 1983, proponeva di ridimensionare il significato del divieto di ricontrattazione alla luce del fatto che “l’ambito d intervento della negoziazione decentrata, a partire dalla metà degli anni 70, si è specializzato o, meglio, “organizzato” in maniera tale da non avere affatto bisogno di concorrere con la regolamentazione di categoria per affermare la propria identità”. Cfr. sul punto anche R. Del Punta, Il contratto collettivo aziendale, cit., spec. pag. 310 e ss. In merito al Protocollo del 1993, si vedano, tra tutti, in tal senso di X. Xxxxxxx, Gli assetti contrattuali delineati dal Protocollo del luglio 1993.., cit., spec. pag. 271.
110 Cfr. X. Xxxxxxx, ult. op. cit., pag. 271.
Non stupisce, quindi, che i contratti aziendali, spinti da un lato a ricercare un legame difficile con la produttività e dall’altro a intervenire in ambiti ristretti e limitati, con il pesante fardello della regolamentazione nazionale111, abbiano finito per discostarsi dal modello delineato a livello intercategoriale e nazionale.
D’altro canto, il modello accentrato non ha dato buona prova di sé nemmeno ove imposto da scelte eteronome, come nel pubblico impiego. Anche in questo settore, a fronte di un rigido accentramento degli assetti contrattuali, nell’ottica di una prevedibilità dei flussi di spesa112, la contrattazione integrativa è stata sovente non rispettosa dei vincoli posti da quella nazionale. Né la regola della nullità della clausola difforme ha saputo garantire l’aderenza della contrattazione rispetto al modello del legislatore; al contrario, essa ha creato quel cortocircuito logico segnalato dalla dottrina113. Tanto che, per ovviare a tali disfunzioni, il recente intervento legislativo si è spinto sino a “condiziona(re) il merito degli accordi (integrativi) lasciando a questi ultimi circoscritte possibilità
111 Cfr. X. Xxxxxxx, La cronaca si fa storia: da Pomigliano a Mirafiori, cit., pag. 11 e ss.; X. Xxxxxxx, Gli assetti contrattuali delineati dal Protocollo del luglio 1993.., cit., spec. pag.
271. Vedi, da ultimo, anche X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale al tempo della crisi, Relazione tenuta al XVII Congresso Nazionale Aidalass tenutosi a Pisa il 7,8 e 9 giugno 2012, spec. pag. 5 del dattiloscritto, ora in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2012, n. 136, pag. 4 e ss.
112 Cfr. E. Gragnoli, Il sindacato in azienda, la titolarità dei diritti sindacali e la crisi del modello dell’art. 19 St. Lav., cit., pag. 587 e ss.
113 Cfr. X. Xxxxxxx, La contrattazione collettiva nazionale; X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxx, Xxxxxxx e ruolo della contrattazione integrativa, in X. Xxxxxxx (a cura di), Ideologia e tecnica nella riforma del lavoro pubblico, Napoli, 2009; X. Xxxxxxx, Contrattazione integrativa, nullità della clausola difforme e responsabilità diffusa, in Lav. pub. amm., 2007, pag. 859 e ss; Voci, La contrattazione integrativa negli enti locali tra vincoli di finanza pubblica e spinte autonomistiche, in Lav. pubb. amm., 2004, pag. 749 e ss. Cfr. anche X. Xxxx, Le forme retributive incentivanti, cit., con note critiche sul sistema legale di misurazione della performance introdotto dal D. Lgs. 150/09.
di regolamentazione o di deroga”114, con notevoli perplessità, già espresse dalla dottrina115, quanto alla compatibilità di tali scelte con il principio di libertà sindacale.
7. Il modello di decentramento controllato.
Dall’accordo quadro del 22 gennaio 2009116, dalla maggior parte117 degli accordi interconfederali successivi118 oltre che da alcuni contratti collettivi119, emerge un modello di decentramento controllato. Peraltro, si tratta di un modello che era stato già sperimentato da un negoziato nazionale120, ben prima del 2009, durante la vigenza del Protocollo del 1993.
114 Cfr. X. Xxxx, La struttura della contrattazione collettiva nel settore pubblico, in Lav. pubb. amm., 2011, pag. 859.
115 V.: X. Xxxx, ult. op. cit., spec. pag. 881. Nello stesso senso anche X. Xxxxxxx, La contrattazione collettiva dopo la delega, in W.P. C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, n. 87/2009.
116 Cfr. punto 16 dell’accordo, in base al quale “ per consentire il raggiungimento di specifiche intese per governare, direttamente nel territorio o in azienda, situazioni di crisi o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale, le specifiche intese potranno definire apposite procedure, modalità e condizioni per modificare, in tutto o in parte, anche in via sperimentale e temporanea, singoli istituti economici o normativi dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria.”
117 Si veda però l’Accordo interconfederale del 22 settembre 2009, per il settore dell’agricoltura, che non ha recepito gli indirizzi espressi nell’accordo quadro.
118 Cfr. Accordo interconfederale del 15 aprile 2009 per l’attuazione dell’accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 nel settore dell’industria, spec. punto 5; Accordo interconfederale del 18 novembre 2009 di attuazione dell’accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009, per il settore del terziario.
119 Cfr. ccnl per gli addetti all’industria chimica del 18 dicembre 2009, spec. art. 25; ccnl per i dipendenti delle industrie metalmeccaniche private e della installazione di impianti del 15 ottobre 2009, spec. sez. terza, art.5; accordo 26 febbraio 2011 per il rinnovo del cccnl per i dipendenti da aziende del terziario di mercato – distribuzione dei servizi.
120 Cfr. ccnl per gli addetti all’industria chimica del 10 maggio 2006, spec. art. 18. Si veda poi l’Accordo nazionale per l’industria chimica 29 giugno 2007 in materia di linee guida su accordi aziendali in deroga alla normativa prevista dal c.c.n.l.
Si insiste nell’incentivazione della contrattazione aziendale legata alla produttività, anche mediante meccanismi retributivi, di spirito sanzionatorio, da erogarsi in caso di assenza di contrattazione aziendale121. Sono riproposte “le regole sui raccordi tra livelli”122 tipiche del sistema accentrato, a cui si aggiunge, però, ad alcune condizioni e per alcune finalità, la possibilità di deroga al contratto nazionale. Sotto altro verso, sono rafforzati gli strumenti di tenuta del modello contrattuale, nell’ottica di un auspicato auto- rafforzamento del sistema di contrattazione collettiva123.
Viene in rilievo, innanzitutto, il tema della xxxxxx000. In considerazione dell’orientamento giurisprudenziale che da tempi risalenti ammette la contrattazione in deroga, una parte della
121 Per note critiche in tal senso cfr. X. Xxxxxxxxxx, La retribuzione e i contratti collettivi aziendali, cit., spec. pag. 210 e ss.; X. Xxxxxxxx, L’Accordo Interconfederale dell’aprile 2009 di riforma del sistema della contrattazione collettiva: brevi note in Arg. dir. lav., 2009, I, pag. 101; X. Xxxxx, L’accordo quadro e l’accordo interconfederale del 2009: contenuti, criticità e modelli di relazioni industriali, cit.,pag. 365.
122 Così X. Xxxx, La contrattazione in deroga…. cit., pag. 45.
123 Per un quadro complessivo del sistema contrattuale così delineato si vedano X. Xxxxxxxxxxxx, L’accordo separato del 22 gennaio 2009: quali ulteriori prove di dialogo? in xxx.xxxxxx.xxxx, 2; X. Xxxxxxx, Una dichiarazione d’intenti: l’accordo quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali in Riv. it. dir. lav., 2009, I, pag. 187 e ss; X. Xxxxx, L’accordo quadro e l’accordo interconfederale del 2009: contenuti, criticità e modelli di relazioni industriali in Riv. it. dir. lav., 2009, I, pag. 357 e ss.; M. Napoli, La riforma degli assetti contrattuali nelle intese tra le parti sociali, in Jus, 2009, pag. 443 e ss.; X. Xxxxxxxx, Concertazione e contrattazione dal Protocollo Giugni agli accordi separati del 2009, cit., pag. 447 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Le nuove regole sulla contrattazione collettiva: problemi giuridici e di efficacia, in Riv. giur. lav., 2010, pag. 45 e ss.; X. Xxxxxxx, I nodi attuali del sistema di relazioni industriali e l’accordo quadro del 22 gennaio 2009, in Arg. dir. lav., 2009, p. 1278 ss.; X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx, Costo del lavoro, competitività delle imprese e nuova struttura della contrattazione collettiva, in Dir. lav. merc., 2009, pag. 273 e ss.
124 Si vedano sul punto già riferimenti di cui alla nota precedente, cui xxxx X. Xxxxx, Prospettive evolutive delle relazioni industriali in Italia: la riforma degli assetti contrattuali, in Dir. rel. Ind., 2009, pag. 326 e ss.; X. Xxxxx, Contrattazione in deroga, in Da Pomigliano a Mirafiori:la cronaca.., cit., pag. 27.
dottrina, le ha attribuito una valenza solo politica125. Altri, invece, vi hanno ricollegato potenziali effetti restrittivi per la contrattazione aziendale, con un accentramento del sistema126. Secondo tale opinione “non s(o)no prevedibili le conseguenze dell’introduzione della nuova disciplina: la stessa potrebbe in futuro modificare in senso restrittivo l’orientamento giurisprudenziale che, anche nel recente passato, ammetteva una contrattazione in deroga sostanzialmente “libera”, portando ora i giudici a negare l’operatività delle modifiche peggiorative, laddove non supportate dalle causali legittimanti e/o preventivamente autorizzate dalla contrattazione nazionale”.127 In altri termini, i limiti posti alla deroga potrebbero essere interpretati come un irrigidimento del sistema, a fronte di un diritto vivente che, invece, ammette la contrattazione in deroga, in assenza di alcun vincolo.
È vero che la deroga è ammessa in un sistema controllato. Peraltro, il controllo deriva non tanto dalle finalità cui devono
125 In questo senso cfr. X. Xxxx, Uno sguardo d’assieme, in Da Pomigliano a Mirafiori.. cit., pag. 19 e ss., spec. pag. 21. Rileva che in realtà la deroga era già ammessa dalla giurisprudenza X. Xxxxxxx, Una dichiarazione d’intenti, cit., pag. 182 e ss. Nello stesso senso X. Xxx Xxxxx, Contrattazione separata, in Da Pomigliano a Mirafiori… cit., pag.
78. Giudicando le tornate contrattuali immediatamente successive all’accordo X. Xxxxxxxxx, Una riflessione a più voci sul diritto sindacale ai tempi della contrattazione separata, in Riv. giur. lav., 2010, pag. 3 e ss., rileva come gli effetti negativi dello stesso possono dirsi scongiurati, per l’affermazione di modelli contrattuali di categoria in cui non si tiene conto né dell’accordo del 2009, né di quello del 1993.
126 Cfr. X. Xxxxx, Contrattazione in deroga, in Da Pomigliano a Mirafiori…, cit., pag. 33. il quale rileva come “la stessa previsione potrebbe in futuro modificare in senso restrittivo l’orientamento giurisprudenziale che, anche nel recente passato, ammetteva una contrattazione in deroga”. Considerazioni simili sembra siano espresse da M. Napoli, La riforma degli assetti contrattuali…, cit., pag. 452. Con posizione in parte differente, X. Xxxxxxxxxx, Le nuove regole sulla contrattazione collettiva: problemi giuridici e di efficacia, loc. cit. , pag. 45 e ss., ritiene che le regole dell’accordo potrebbero essere tenute in considerazione da quella giurisprudenza che ha dato rilievo alla volontà delle parti.
127 X. Xxxxx, op. cit., pag. 31.
rispondere le intese modificative, come è palese se si considera la loro genericità128, quanto, in parte, dalla limitazione sui contenuti della deroga, e, in parte, dai vincoli procedurali. Quanto al primo limite, è significativo che in tutti i modelli nazionali129 sia esclusa la deroga sui minimi retributivi, mentre in un modello di categoria130 sono previsti limiti ancora più stringenti. Ma soprattutto in tutti i modelli sono stati individuati vincoli procedurali, in materia di sottoscrizione e approvazione delle intese derogatorie131.
Tuttavia, l’orientamento che attribuisce rilevanza a simili previsioni nella risoluzione del conflitto tra contratti finisce con il trascurare la loro valenza obbligatoria, confondendo il piano legale con il piano contrattuale. Esiste, invece, una differenza tra i due piani. I limiti posti alla deroga non sono idonei a inficiare la contrattazione aziendale che non li abbia rispettati, né sono criteri per la risoluzione del conflitto132. Per tale motivo, ad essi non dovrebbe conseguire un accentramento del sistema; al contrario, l’Accordo Quadro e i successivi Accordi Interconfederali attuativi esprimono un tentativo di decentramento133.
128 Cfr., fra tutti, X. Xxxxxxxx, L’Accordo Interconfederale dell’aprile 2009 di riforma del sistema della contrattazione collettiva: brevi note.., cit., pag. 1014; X. Xxxxxxxx, Regole del conflitto e conflitto sulle regole. L’accordo separato sulla revisione del modello contrattuale, in X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx (a cura di), Xxxxxx e ruolo delle autonomie nella riforma della contrattazione collettiva, Bologna, 2009, pag. 178 e ss.
129 Cfr. ccnl per gli addetti all’industria chimica del 18 dicembre 2009, spec. art. 25; ccnl per i dipendenti delle industrie metalmeccaniche private e della installazione di impianti del 15 ottobre 2009, spec. sez. terza, art. 5
130 Cfr. accordo 26 febbraio 2011 per il rinnovo del cccnl per i dipendenti da aziende del terziario di mercato – distribuzione dei servizi.
131 Sottolinea tale aspetto X. Xxxxxxx, La cronaca si fa storia: da Pomigliano a Mirafiori, in Da Pomigliano a Mirafiori.., loc. cit., pag. XXXIII e ss.; Id. Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice, il sindacato, il legislatore, in WP C.S.D.L.E. Xxxxxxx X’Xxxxxx, n. 133/2011, spec. pag. 20 e ss.
132 Cfr. infra paragrafo 3 e ivi riferimenti.
133 In senso contrario, però, una parte della dottrina ha giudicato il Protocollo come un tentativo di accentramento del sistema contrattuale, soprattutto, per il ruolo
Né il fatto che la deroga fosse già ammessa sotto un profilo legale le nega rilevanza. Innanzitutto perché quello sindacale è un fenomeno sociale che esiste a prescindere dal riconoscimento che troverà nell’ordinamento statuale134. Esso mira a ricercare soluzioni spendibili al suo interno, senza dover ricorrere al contenzioso sul piano legale135. È per tale motivo che le parti sociali hanno mostrato interesse nella definizione di un modello contrattuale che contempli la deroga. Un conto è una deroga ammessa e esercitata nell’ambito delle regole interne al sistema, altro è il riconoscimento giudiziario dell’ammissibilità della deroga, che intervenga solo dopo l’avvio di una lite, con esiti incerti e tempi lunghi. Che poi il quadro giurisprudenziale complessivo non sia idoneo a garantire la sempre più pressante esigenza di tenuta degli accordi aziendali, è rilievo condiviso in dottrina136. Ciò rende ancora più chiaro l’interesse che ha mosso le parti sociali nella definizione di un simile modello.
Del resto, una parte della dottrina aveva, già da tempo, sottolineato l’esigenza di una riforma del modello accentrato, nel segno di un maggiore spazio alla contrattazione decentrata137. Si era
affidato al livello interconfederale. Cfr. X. Xxxxxxxx, L’Accordo Interconfederale dell’aprile 2009 di riforma del sistema.. cit, pag. 1014 e ss; X. Xxxxxxx, Una dichiarazione di intenti: l’Accordo Quadro…cit. , spec. pag. 192.
134 Sono ancora di estrema attualità, sul punto, le parole di X. Xxxxxx, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit., pag. 105 <<la realtà è che, al di là di uno schermo di strutture positive che, per essere in grado di rispondere in modo puntuale alle esigenze poste dall’autonomia collettiva, richiedono una paziente opera di adattamento, si pone un sistema organizzato di relazioni intersociali; e questo, quando pur si avvale degli strumenti contrattuali e delle forme precarie di tutela che da essi discendono, appare radicato su ragioni di equilibrio che di gran lunga trascendono la forza del rapporto obbligatorio e della responsabilità patrimoniale sanzionata dall’autorità statuale>>.
135 Cfr. da ultimo M. G. Xxxxxxxx, Per una teoria giuridica del contratto collettivo… cit., pag. 515.
000 X. Xxxxxxx, Xx diritto sindacale ai tempi della crisi, cit., pag. 11 del dattiloscritto.
137 Il dibattito dottrinale sulla revisione del Protocollo Ciampi è cospicuo. Si veda innanzitutto, il dibattito seguito a X. Xxxxxx, A che cosa serve il sindacato?, Milano,
sostenuto al riguardo che “il successo del modello di relazioni sindacali disegnato nel 1993 è sempre più messo alla prova dalla radicale trasformazione delle relazioni fra sistemi economici a livello planetario e dalla necessità di riorganizzazione del lavoro all’interno delle imprese”138. E da più parti si era giudicato necessario “un efficiente decentramento del sistema contrattuale”139, anche attraverso un diverso utilizzo della regola del rinvio.
È indubbio che il modello decentrato si muova in questo senso, anche se vi è da interrogarsi sia sulla sua tenuta, che sulle conseguenze della sua applicazione. Innanzitutto, per come immaginato, esso continua ad avere profili di rigidità che potrebbero renderne ardua l’attuazione. Il meccanismo dell’approvazione, in un clima di dissenso sindacale, potrebbe vanificare gli sforzi fatti nel senso di una flessibilizzazione del sistema. Esso attribuisce un potere di veto alle organizzazioni stipulanti il contratto nazionale, con il risultato di operare un decentramento più apparente che reale140.
L’idea di un decentramento operato tramite intese derogatorie può essere soggetta a revisione. Piuttosto che prevedere un’eccezione, si sarebbe potuto operare sulla xxxxxx000, per improntare i rapporti tra livelli ad una maggiore flessibilità,
2005, recensito da X. Xxxxxxxx, in Riv. giur. lav., 2006, pag. 215 e ss. e X. Xxxxxxxxx, in Rass. sind. quad., 2006. Si vedano poi X. Xxxxxxxxx, Presentazione: Con giudizio, verso dove?; G.P. Xxxxx, Quali cambiamenti per le relazioni industriali italiane?; X. Xxxxxxxx, La struttura della contrattazione collettiva: ragionando sulla sua revisione; X. Xxxxxxxx, Sistema contrattuale, concertazione e legislazione del lavoro; X. Xxxxxxxx, Problemi e prospettive della concertazione sociale nella nuova legislatura; X. Xxxxxxxx, Le relazioni industriali tra aggiustamenti e riforme, tutti in Lav. dir., 2007, pag. 219 e ss.
138 X. Xxx Xxxxx, Per una maggiore responsabilizzazione del sindacato nel rinnovamento dell’organizzazione del lavoro, cit., pag. 420.
139 X. Xxxxxxxx, Il sistema contrattuale: ricostruire più che riformare, cit., pag. 287.
140 Cfr. X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale…, cit., pag. 17-18.
141 Si vedano in tal senso le prospettazioni di X Xxxxxxxx, Il sistema contrattuale: ricostruire più che riformare, cit., pag. 287.
soprattutto considerata la scarsa tenuta del modello accentrato, per l’intervento totalizzante del contratto nazionale, e la scarsa aderenza della contrattazione aziendale alle linee guida definite a livello interconfederale. Ciò avrebbe comportato una revisione delle regole del rinvio e della specializzazione142, nel senso di una modulazione della loro operatività, soprattutto in ragione delle materie da regolamentare. Così, nelle materie con più alto impatto sull’organizzazione aziendale, avrebbero potuto essere valorizzati quei tentativi, pure rinvenibili in alcuni contratti collettivi143, di rendere residuale la regolamentazione nazionale, nel caso di intervento del negoziato locale. Mentre per la parte economica, ferma l’imprescindibile funzione del contratto nazionale nella definizione dei minimi contrattuali, la regola della specializzazione dovrebbe essere rivista, per incentivare un rialzo delle retribuzioni, a prescindere dal recupero di produttività144.
Se da una parte ha modificato il sistema dei raccordi tra livelli, dall’altra il modello di decentramento controllato ha previsto il
142 Reputa tali regole <<strumenti giuridici idonei a consentire il funzionamento d(el) sistema>> di raccordi tra livelli, X. Xxxx, Gli obblighi a trattare nel sistema..cit., pag. 310. In merito alla ripartizione dei rapporti tra livelli, l’A. pure rileva come il contratto nazionale <<dovrebbe limitarsi, per talune materie, a prevedere una disciplina “quadro”, delegando alla contrattazione decentrata l’adozione di una regolamentazione più confacente alle specifiche esigenze locali; mentre gli accordi decentrati dovrebbero, a loro volta, astenersi dall’intervenire con riguardo agli istituti già compiutamente trattati a livello superiore>>.
143 Cfr. ccnl metalmeccanici 15 ottobre 2009 art. 0, Xxx. XX, Xxx. XX, xx materia di mensa aziendale, ove si prevede “il mantenimento delle mense esistenti”, “salva la facoltà degli accordi aziendali di intervenire sulla materia”.Cfr. anche art. 6, Tit. III, Sez. IV, in materia di reperibilità , ove l’accordo nazionale prevede la “salvezza degli accordi aziendali che regolamentano la materia disciplinata nel presente articolo”.
144 In questo senso cfr. X. Xxxxxxxx, La retribuzione e i criteri della sua determinazione, cit., pag. 15 e ss . V., però, in senso contrario, X. Xxxx, Gli obblighi a trattare nel sistema.., cit., pag. 310 e ss.; Xx, La retribuzione tra garantismo e flessibilità, cit., pag. 480 e ss. Xxxxxxx si vedano i riferimenti dottrinali citati nel paragrafo precedente.
ricorso a strumenti di conciliazione e arbitrato, con lo scopo di garantirne la tenuta. A fronte della scarsa sanzionalibilità delle clausole di raccordo tra livelli, una dottrina, già tempo addietro, aveva giudicato necessario un autorafforzamento del sistema145. L’accordo quadro del 2009 e gli accordi interconfederali attuativi sembrano muoversi in tale direzione. Tuttavia, le previsioni in essi contenute sono ancora ambigue e incerte, e l’obbiettivo di strutturare un apparato rimediale appare ben lontano dall’essere raggiunto146. La conclusione è rafforzata dalla considerazione delle clausole dei contratti nazionali, che non sono intervenute sul punto, se non in maniera parziale147. Del resto, il tentativo di introdurre apparati rimediali più rigorosi e efficienti è risalente, e ha avuto scarso successo, quanto alla concreta applicazione. E’ dubbio che l’apertura all’arbitrato possa sortire effetti diversi, se si considera la complessità dell’istituto148 e la scarsa aderenza dei modelli nazionali alle previsioni interconfederali.
8. Il modello di decentramento rafforzato.
Un modello di decentramento rafforzato149 emerge dall’Accordo Interconfederale150 per il settore dell’industria del 28 giugno 2011151,
145 X. Xxxx, Gli obblighi a trattare nel sistema..cit., pag. 313 e ss.; Id., La contrattazione in deroga, cit. Cfr. anche X. Xxxxxxx, Note sull’apparato rimediale del nuovo sistema di contrattazione collettiva, cit.
146 Cfr. sul punto quanto sostenuto da X. Xxxxxxx, ult. op. cit., pag. 342.
147 Cfr. art. 4, Sez. terza ccnl per il settore metalmeccanico del 15 aprile 2009.
148 Cfr., fra tutti, X. Xx Xxxxxxx, Il tentativo di conciliazione e l’arbitrato irrituale lungo un accidentato percorso di certezza dei rapporti e deflazione giudiziaria, in W.P.
C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, n. 121/2011. Sull’applicazione dell’arbitrato nel diritto del lavoro cfr. X. Xxxxxxxx, La certificazione e l’arbitrato dopo il “Collegato lavoro”, in W.P. C.S.D.L.E., “Xxxxxxx X’Xxxxxx”, n. 118/2011.
149In merito al decentramento del sistema contrattuale operato dall’accordo del 28 giugno 2011 si vedano, fra tutte, le osservazioni di X. Xxxxxxxx, Osservazioni
per la previsione dell’efficacia generale degli accordi aziendali152, anche in deroga153, se approvati secondo criteri maggioritari.
estemporanee sull’accordo interconfederale del 2011, in Arg. dir. lav., 2011, pag. 451 e ss. In senso contrario cfr. X. Xxxxxxxx, L’accordo interconfederale del 28 giugno, in Riv. giur. lav., 2011, pag. 659 e ss.
150 Per i primissimi riferimenti si vedano i contributi di X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice, il sindacato, il legislatore; X. Xxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx,
X. Xxxx, X. Xxxx, X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Dall’Accordo Interconfederale 28 giugno 2011 all’art. 8 L. 148/2011, tutti in X. Xxxxxxx (a cura di), Contrattazione in deroga, cit. rispettivamente a pag. 1, e ss., 77 e ss., 93 e ss., 105 e ss., 125 e ss., 137 e ss.; 155 e ss. Si veda poi X. Xxxxxxxxxx, Dopo l’accordo del 28 giugno 2011 (e l’art. 8 della l. n. 148): incertezze, contraddizioni, fragilità, in Lav. Dir, 2012, pag. 55 e ss.; P. G. Alleva, L’accordo interconfederale del 28 giugno, in Riv. giur. lav., 2011, pag. 267; X. Xxxx, L’accordo del 28 giugno 2011 e oltre, in Dir rel. ind., 2011, pag. 613 e ss.; X. Xxxxxxx, L’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 (e i suoi avversari). Un commento “a caldo”, in Riv. it. dir. lav., 2011, III, pag. 321 e ss.; X. Xxxxxx, Un profilo dell’accordo interconfederale Confindustria del 28 giugno 2011, in Quad. Rass. Sind., 2011, pag. 35 e ss. Cfr. anche gli interventi di X. Xxxxxxx, X. Xxx Xxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, C. Xxxx’Xxxxxx, X. Xxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxx, in 28 giugno 2011:come cambiano le relazioni industriali italiane? Opinioni a confronto, in Dir. rel. ind., 2011, 642 e ss.
151 Si vedano anche i primi contratti collettivi attuativi: cfr. accordo di rinnovo settore chimico del 22 settembre 2012. Si veda anche il ccnl alimentaristi Federalimentare del 27 ottobre 2012, spec. art. 6
152 Cfr. artt. 4 e 5. Questo il testo delle clausole << i contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le Associazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all'interno dell'azienda se approvati dalla maggioranza dei componenti delle Rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti>>; << in caso di presenza delle Rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della legge n. 300/1970, i suddetti contratti collettivi aziendali esplicano pari efficacia se approvati dalle Rappresentanze sindacali aziendali costituite nell'ambito delle Associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell'azienda nell'anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati direttamente dall'azienda. Ai fini di garantire analoga funzionalità alle forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, come previsto per le rappresentanze sindacali unitarie, anche le Rappresentanze sindacali aziendali di cui all'art. 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, quando presenti, durano in carica tre anni. Inoltre, i contratti collettivi aziendali approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali con le modalità sopra indicate devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle Rappresentanze sindacali aziendali a seguito di una richiesta avanzata, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto, da almeno una Organizzazione firmataria del presente accordo o almeno dal 30% dei lavoratori dell'impresa. Per la validità
Peraltro, come è evidente dallo stesso titolo dell’accordo, esso introduce una disciplina della rappresentatività.
L’interesse delle parti sociali al riguardo è risalente ed è stato più volte espresso, da ultimo anche nell’accordo di riforma degli assetti contrattuali154. Dal canto suo, anche la dottrina aveva condiviso tale necessità155, soprattutto dopo il diffondersi di fenomeni di contrattazione separata156. Ciò spiega la stipulazione unitaria dell’accordo, e le favorevoli opinioni dottrinali157.
Tuttavia, una valutazione circa la sua tenuta e i suoi riflessi organizzativi è complessa. Innanzitutto, suscita perplessità il tentativo di trasporre una parte della disciplina del lavoro pubblico158 al sistema privato, peraltro fuori dal suo contesto originario, e con la valenza solo obbligatoria delle clausole159. Soprattutto se si considerano i limiti manifestati dal sistema di contrattazione collettiva nel pubblico impiego, divenuti ancora più
della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L'intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti>>.
153 Cfr. art. 7.
154 Cfr. art. 7 Accordo Interconfederale di attuazione dell’Accordo Quadro del 22 gennaio 2009, per il settore dell’industria. Sui tentativi di intervento delle parti sociali sui temi della rappresentatività si veda X. Xxxxxxxxx, L’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, in Riv. giur. lav., 2011, pag. 639 e ss.
155 Si veda, già, in critica al Protocollo Interconfederale del 1993, X. Xxxxxxxx, Azione sindacale e politica dei redditi.., cit., pag. 272 e ss. Più di recente M. Del conte, Per una maggiore responsabilizzazione del sindacato nel rinnovamento…, cit., pag. 422-423.
156 Sulla rappresentatività degli stipulanti nell’ottica della contrattazione separata cfr. X. Xxxxxxxxxx, Problemi e ricadute della contrattazione “separata”, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2010, 323 e ss., spec. pag. 333 e ss.
157 Cfr. X. Xxxxxxxx, Regole certe su rappresentanze sindacali e contrattazione collettiva con l’Accordo del 28 giugno 2011, in Lav. giur., 2011, pag. 653 e ss.; P.G. Alleva, L’accordo interconfederale del 28 giugno, cit., pag. 627 e ss.
158 Cfr. art. 1.
159 Cfr. in tal senso anche E. Gragnoli, Il sindacato in azienda…, cit., pag. 24. Sulla valenza obbligatoria delle clausole dell’accordo del 28 giugno 2011, nell’ambito di una riflessione sulla contrattazione collettiva nel settore pubblico, X. Xxxx, La struttura della contrattazione collettiva nel settore pubblico, cit., pag, 876.
evidenti dopo l’intervento del decreto Xxxxxxxx. I rilievi di quella dottrina secondo la quale “siamo davvero ai limiti massimi, oltrepassando i quali la contrattazione collettiva perde quasi del tutto i connotati di una tecnica di regolazione dei rapporti di lavoro che è frutto del consenso tra i diretti protagonisti delle dinamiche organizzative o tra i loro legittimi rappresentanti e diventa una fictio iuris, dietro la quale si cela la compressione pressoché totale della libertà sindacale e dell’autonomia di scelta dei modelli organizzativi e degli stili gestionali”160, impongono una riflessione sulla visione istituzionalista del sindacato, con una esaltazione della rappresentatività a danno della rappresentanza161.
Da tali premesse bisogna muovere nell’analizzare il modello delineato in materia di contrattazione aziendale. Invero, sin da tempi risalenti, in dottrina è diffusa l’idea che il contratto aziendale non tolleri un’applicazione parziale ma si applichi a tutti i lavoratori all’interno dell’azienda162. A supporto di tale conclusione si sono
160 Cfr. X. Xxxxxxx, La contrattazione collettiva dopo la delega, in WP C.S.D.L.E., Xxxxxxx X’Xxxxxx, n. 87/2009, pag. 13. Condivide l’impostazione X. Xxxx, La struttura della contrattazione collettiva.., cit., pag. 882.
161 Cfr. sul tema X. Xxxxxx, In difesa della rappresentanza sindacale, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2004, pag. 626 e ss.
162 Giungono a tale conclusione, seppure seguendo iter argomentativi differenti già
G. F. Xxxxxxx, Libertà sindacale, e contratto collettivo “erga omnes” , in Riv. trim. dir. proc. civ., 1963, pag. 573 e ss.; X. Xxxxxx, Il contratto collettivo aziendale, cit., pag. 199 e ss. X. Xxxxx, Note preliminari sul contratto collettivo aziendale, in Riv. it. dir. lav., 1963, pag. 113 e ss.; X. Xxxxx, Il sistema di contrattazione alla luce delle recenti esperienze, in Riv. dir. lav., 1972, pag. 187 e ss.; M. Dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit., pag. 170; X. Xxxx, Condotta antisindacale e atti discriminatori, Milano,1974, pag.
167 – 168. Anche la giurisprudenza, sin da tempi risalenti, si è dimostrata propensa a attribuire al contratto aziendale efficacia generale, seppure con differenze e distinguo che non ne consentono una classificazione unitaria. Xxx. Xxxx., 00 xxxxxxx 0000, x. 0000, xx Xxxx xx. rep., 1973, voce Lavoro (contratto collettivo), n. 13; Cass. 16 aprile 1980, n. 2489, in Foro it., 1980, I, c. 3028; Cass., 15 gennaio 1981, n. 349, in Notiz. giur. lav., 1981, pag. 311; Cass., 29 marzo 1982, n. 1965, in Riv. it. dir. lav., 1983, II, pag. 134.
addotte argomentazioni teoriche differenti163. Secondo alcune ricostruzioni164, sarebbe l’inscindibilità della materia trattata o degli interessi ad essa sottesi a imporre una deviazione dagli schemi civilistici165. Anche una parte della giurisprudenza ha accolto tali indirizzi dottrinali166, sperimentando un progressivo allontanamento dagli schemi civilistici, cui però è seguito sovente un percorso di “ritorno” all’efficacia limitata. E così si è, ad esempio, tutelato il dissenso del singolo quando l’accordo non realizzi un contemperato equilibrio tra vantaggi e sacrifici167.
Ne è derivato un quadro frammentario, in cui l’efficacia generale dell’accordo è tutt’altro che acquisita. Ciò spiega l’interesse delle parti sociali al riguardo. Del resto, se si accetta la tesi iniziale secondo cui nel contratto si realizzano diverse istanze, in una logica di scambio, si comprende che l’interesse che si mira a tutelare è quello dell’esigibilità degli accordi stipulati, del mantenimento dei patti ad essi sottesi.
Per la loro natura obbligatoria, le clausole dell’accordo interconfederale non attribuiscono efficacia generale all’accordo
163 Alcune di esse hanno ricollegato alla stipulazione da parte di agenti rappresentativi l’efficacia generale del contratto cfr. X. Xxxx, I contratti di solidarietà, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1984, pag. 707; X. Xxxxxxxx, La contrattazione collettiva, cit., pag. 360. Altre, invece, hanno tentato di ampliare il novero dei contratti gestionali, per giungere ad attribuire efficacia generale alle intese aziendali. V. infra i riferimenti contenuti al § 1. Per una ricostruzione sul punto cfr. X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale: soggetti ed efficacia, cit.
164 Si tratta di un indirizzo risalente. Cfr. già X. Xxxx, Condotta antisindacale e atti discriminatori, Milano, 1974, pag. 167 e ss.; X. Xxxxxxxx, Saggio sull’autonomia privata collettiva, cit., pag. 167; X. Xxxxxxxx, Contratti collettivi normativi…, cit., pag. 17.
165 Cfr. M. Dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit., pag. 170, secondo il quale sarebbero interessi “indivisibili in sé, insuscettibili di realizzazioni diverse e separate per i vari portatori o gruppi di portatori: onde le soluzioni si estendono natulariter a tutti”
166 Cass. 02 maggio 1990, n. 3607, in Mass. giur. lav. 1990, pag. 384; Cass., 28 maggio
2004, n. 10353, in Orient. giur. lav., 2004, I, pag. 287.
167 Cass. 05 febbraio 1993, n. 1438, in Mass. giur. lav. 1993, pag. 162.
aziendale168. Piuttosto, un modello contrattuale in cui siano espressamente previste delle clausole di uscita, agisce sul profilo della neutralizzazione del dissenso del singolo attraverso strumenti privatistici: “accettando i benefici (le previsioni di tutela) del sistema negoziale nazionale, i lavoratori accettano anche le competenze derogatorie che esso riconosce alle deroghe concretamente adottate, a condizione che esse siano, appunto, coerenti con i limiti quali – quantitativi (materie e, all’interno delle stesse, confini eventualmente predeterminati) e procedurali (soggetti sottoscrittori, procedure referendarie) fissate ai livelli superiori”169.
E d’altro canto, lascia perplessi l’adesione ad una logica maggioritaria, seppure il dibattito dottrinale sul punto sia risalente170 e non siano mancate ricostruzioni ad essa favorevoli171.
Anche in tema di efficacia del contratto aziendale, non si può prescindere dalla rappresentanza172, né possono giustificarsi soluzioni maggioritarie173, che determinino il prevalere del gruppo
168 L’opinione è assolutamente prevalente in dottrina. Cfr. infra § 3 e ivi riferimenti. Si veda poi X. Xxxx, La struttura della contrattazione.., cit., pag. 876; X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale ai tempi della crisi, cit., pag. 14.
169 Così X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale ai tempi della crisi, cit., pag. 14 del dattiloscritto.
170 Cfr. già, X. Xxxxxxx, I concordati di tariffa nell’ordinamento giuridico del lavoro, 1904, ora in Scritti giuridici, IV, Milano, 1948; X. Xxxxxxx, Il contratto di lavoro nella giurisdizione dei probiviri, in Riv. dir. comm., 1904, I, pag. 224 e ss.
171 Cfr. X. Xxxxxx, Accordi aziendali e lavoratori dissenzienti: il sindacato tra crisi aziendali e crisi della rappresentanza, in Riv. giur. lav., 1980, II, pag. 180 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Contrattazione aziendale e referendum sindacale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, pag. 554; X. Xxxxxxxx, Efficacia soggettiva del contratto collettivo e democrazia sindacale, Torino, 1999, pag. 209 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Principio di maggioranza ed efficacia del contratto collettivo, in Riv. it. dir. lav., 1999, pag. 439 e ss.
172 V. in modo esplicito: X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale…, cit. , pag. 20; X. Xxxxxx, Il problema della “maggiore rappresentatività” sindacale di fronte alla Corte costituzionale (nella questione Sinquadri), in Riv. it. dir. lav., I, 1989, pag. 153; X. Xxxxxxxxx, Libertà e pluralismo sindacale, Padova, 1984, pag. 154.
173 Sul punto, oltre ai riferimenti di cui alle note 170 e 171, cfr. X. Xxxxxxxx, Regole certe su rappresentanze sindacali e contrattazione collettiva…cit., pag. 653 il quale, pur ritenendo che “il principio maggioritario vale nel diritto pubblico ed in particolare
sul singolo. Esse sottendono una visione istituzionalista del sindacato, con logiche conformi alla rappresentanza politica, ma non a quella sindacale174. Né si può concordare con chi175 ha ritenuto che l’unicità dell’organizzazione postuli l’abbandono degli schemi civilistici. Per quanto possa essere dato rilievo alla funzione “organizzatoria” svolta da qualsiasi contratto collettivo, essa non può imporre una deviazione della dinamica individuale – collettivo, che, invece, resta basata sull’accettazione del singolo. La predominanza delle scelte del gruppo rispetto alla autodeterminazione del singolo non può operare in automatico, né trova spazio in un sistema sindacale come quello attuale, improntato ad istanze di libertà più che di autorità, ma inerisce a una scelta politica discrezionale176. Essa, peraltro, dovrebbe tenere in conto dell’art. 39 Cost.; nonostante i diversi orientamenti dottrinali177, che ne ritengono esclusa l’applicazione al contratto aziendale.
9. L’accordo sulla produttività e il decentramento “progredito”.
Emerge dall’Accordo Interconfederale stipulato il 21 novembre 2012 dal titolo “Linee programmatiche per la crescita della
per gli organi politici (…). Nel diritto privato, però, il principio di maggioranza è espressione non di democrazia, né tanto meno di valore positivo, esprime al contrario una specie di sopraffazione che contraddice la libertà individuale”, ritiene che l’utilizzazione dell’autonomia riesca a superare il punto critico del principio di maggioranza.
174 Cfr. X. Xxxxxxxx, Il sindacato in azienda, la titolarità dei diritti…cit., pag. 24.
175 V.: X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale e decentrato, cit., pag. 294 e ss., spec. pag. 219-221.
176 Di sicuro, l’art. 8 L. 148/2011 agisce in questo senso, e, per tale motivo, è destinato ad avere un impatto di gran lunga differente.
177 Si veda innanzitutto la dottrina già citata nelle note 162, 163, 164. Cfr. poi, X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale e decentrato, cit., pag. 293 e ss.; X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale: soggetti ed efficacia, cit. Contra cfr. X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale…, cit., pag. 22.
produttività e della competitività in Italia”178 un decentramento progredito. Infatti, l’Accordo, seppure di evidente natura programmatica179, introduce nuovi elementi di flessibilità nel modello contrattuale. Richiamando in maniera espressa gli Accordi Interconfederali e di settore precedenti180, esso sembrerebbe sospingere il modello contrattuale da questi ultimi predisposto verso un decentramento “progredito”181, tanto da rappresentarne quasi un’evoluzione.
Gli assetti di base del rapporti tra livelli non sembrano essere modificati, ché essi continuano a basarsi sul meccanismo della delega182 e delle intese derogatorie183. Tuttavia si insiste, con una
178 L’Accordo, raggiunto come contropartita per lo stanziamento di risorse per la defiscalizzazione del salario accessorio, ha suscitato sin da subito un vivace dibattito. Si vedano i tal senso i primissimi commenti Cfr. X. Xxxxxx, Un segnale di riscossa, in Il sole 24 ore, 22 novembre 2012; X. Xxxx Xxxxx, Sette punti dell’intesa da tradurre in pratica, in Il sole 24 ore, 26 novembre 2012; C. Xxxx’Xxxxxxx, Ora serve una politica industriale per le Pmi, in Il sole 24 ore, 26 novembre 2012; X. Xxxxx, Perché ci serve molto di più, in La Repubblica, 22 novembre 2012.
179 Questo aspetto è stato subito messo in evidenza nei primi commenti. Cfr. X. Xxxxxxx, La fata della produttività, in xxx.xxxxxxxxx.xxx; P. Xxxxxxxxx, Impegni programmatici da attuare a partire dai settori interessati ai rinnovi contrattuali, in xxx.xxxxx.xx;
180 Cfr. innanzitutto punto 1, ultimo periodo: ”il rilancio della crescita economica (…) sono obbiettivi confermati dagli Accordi Interconfederali e da quelli di settore che contengono principi in grado di definire un positivo punto di equilibrio degli assetti della contrattazione collettiva.” Il riferimento è da intendersi, per il settore dell’industria, all’accordo del 28 giugno 2011, mentre, per gli altri settori, all’Accordo Quadro del 22 gennaio 2009 e ai relativi accordi interconfederali attuativi.
181 Un simile giudizio sembra esprimere anche X. Xxxxxxx, La fata della produttività, cit., secondo la quale “torna una rinnova fiducia nel contratto collettivo e, di conseguenza, nella dialettica sindacale (…). Tuttavia, il recupero della centralità del contratto collettivo quale strumento di governo delle organizzazioni imprenditoriali e di gestione della flessibilità non determina affatto un ritorno all’autonomia collettiva tipica degli anni ’80 e ’90: il contratto collettivo cui si riferiscono oggi le parti sociali è soprattutto il contratto collettivo decentrato, e dunque, laddove esiste, il contratto collettivo aziendale.
182 Cfr. punto 2 ultimo periodo, quarto punto.
183 Cfr. punto 2, sesto e settimo periodo.
rinnovata enfasi184, sul legame tra contrattazione e produttività, per incrementare la quale si offre un maggiore campo di azione alla contrattazione integrativa.
Se l’intento è quello, solito, di aumentare la produttività attraverso una contrattazione di secondo livello che favorisca un miglior impiego delle fonti di produzione185, si prevede, al fine di rendere più effettivo tale obbiettivo, che una quota degli aumenti periodici derivanti dai rinnovi contrattuali nazionali possa essere destinata alla contrattazione aziendale legata alla produttività o alla redditività186. Si tratta di un tentativo accolto da un modello nazionale187.
Se è corretto incentivare la contrattazione di secondo livello, non è condivisibile insistere su un suo legame con la produttività. L’esperienza del modello accentrato188 ha dimostrato come tale idea non abbia avuto riscontro. Non è infrequente che accordi aziendali individuino degli obbiettivi di produttività cui correlare trattamenti migliorativi per i lavoratori, ma si tratta sovente di obbiettivi velleitari e poco realistici che nascondono, di fatto, una redistribuzione uniforme delle ricchezze. Forse, poteva trarsi un insegnamento dall’andamento della contrattazione, soprattutto aziendale, negli ultimi anni: che la valorizzazione della produttività è
184 Sul punto cfr. le osservazioni di X. Xxxxxxx, La fata della produttività, cit.
185 Cfr. punto 2, mentre rimane, per i contratti di categoria, l’obbiettivo di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori, ovunque impiegati nel territorio nazionale.
186 Cfr. punto 2, ultimo periodo, terzo punto, secondo il quale: “i contratti collettivi nazionali di lavoro possono definire che una quota degli aumenti economici derivanti dai rinnovi contrattuali sia destinata alla pattuizione di elementi retributivi da collegarsi ad incrementi di produttività e redditività definiti dalla contrattazione di secondo livello, così da beneficiare anche di congrue e strutturali misure di detassazione e decontribuzione per il salario di produttività definito dallo stesso livello di contrattazione”.
187 Cfr. accordo di rinnovo del settore metalmeccanico del 5 dicembre 2012.
188 Sul quale cfr. infra, § 6.
obbiettivo complesso e al di fuori della portata della contrattazione di secondo livello189. In questo senso, persuade l’opinione dottrinale190 secondo la quale il datore di lavoro preferisce incentivare il lavoratore a livello individuale.
Di fronte a tale scenario, suscita perplessità l’idea di perseverare nell’intento di legare la contrattazione aziendale a recuperi di produttività. A maggior ragione se tale obbiettivo è perseguito intervenendo sugli aumenti contrattuali definiti a livello nazionale, che, al contrario, dovrebbero fungere da trattamenti comuni a tutela delle fasce più deboli del mercato del lavoro. Non le istanze di differenziazione, bensì quelle di uniformità, dovrebbero ispirare la contrattazione collettiva al riguardo.
È vero che lo stesso accordo prevede che la quota degli aumenti destinata alla pattuizione di elementi retributivi flessibili rimanga parte integrante del trattamento economico comune in tutti i casi in cui la contrattazione aziendale non vi sia191. Peraltro, anche nel modello di categoria, è previsto che la contrattazione aziendale possa differire nel tempo la decorrenza di due delle tre tranche di aumenti contrattuali, ferma, in ogni caso, la necessità di incrementare i minimi al termine del periodo di riferimento192.
189 Occorre comunque rilevare come le stesse parti sociali si mostrino consapevoli dell’incidenza di molteplici fattori sul tema della produttività. Si veda in tal senso quanto previsto nelle considerazioni introduttive.
190 Cfr. X. Xxxxxxxx, La retribuzione ed i criteri per la sua determinazione, cit., spec. pag. 15.
191 Cfr. punto 2.
192 Cfr. accordo di rinnovo del ccnl settore metalmeccanico stipulato il 5 diecembre 2012. Questo il testo della clausola: “Mediante accordo aziendale, per aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi, per far fronte a situazioni di crisi e per agevolare gli "start-up", per favorire accordi per l'incremento della produttività ed eventualmente fruire dei benefici fiscali e contributivi che saranno definiti dal Governo in relazione all'accordo "Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia", potrà essere stabilita una diversa decorrenza della seconda (1° gennaio 2014) e della terza (1° gennaio 2015) tranche
Tuttavia, è il metodo utilizzato per incentivare la contrattazione aziendale che dovrebbe essere sottoposto a revisione. In particolare, gli interventi sul punto dovrebbero essere finalizzati a rendere più attrattiva per il datore di lavoro la prospettiva di operare, tramite gli accordi aziendali, una redistruzione del reddito tra i lavoratori, anche al fine di migliorare le relazioni sindacali. In sintesi, si dovrebbe incentivare la funzione di redistribuzione del reddito che è propria della contrattazione aziendale, a prescindere dai recuperi di produttività.
Anche quanto alla regolamentazione del rapporto, l’intesa pare porre obbiettivi programmatici. Molto dipenderà, quindi, dalla sua attuazione negli accordi di settore e nei modelli contrattuali nazionali. Peraltro, alcuni degli obbiettivi individuati, come quello di intervenire su materie inerenti la produttività oggi regolate in maniera prevalente dalla legge193, ineriscono al diverso versante del rapporto tra legge e contrattazione collettiva194.
È invece meritorio il tentativo di operare un decentramento contrattuale (non solo tramite lo strumento delle intese derogatorie, ma anche) tramite una revisione del ruolo del contratto nazionale e, più nello specifico, del suo intervento uniformante su ogni aspetto
di aumento dei minimi con spostamento in avanti fino a dodici mesi. Al termine di ciascun periodo di differimento i minimi dovranno in ogni caso essere incrementati degli importi previsti alla tabella precedente.”
193 Cfr. punto 7 contrattazione collettiva per la produttività. Più in particolare, si veda quanto dallo stesso punto 7, ultimo periodo. Rimarrebbe, comunque, da valutare al riguardo la possibilità riconosciuta alle intese di prossimità dall’art. 8 L. 148/2011. Il profilo è stato rilevato da alcuni dei primi commentatori. Cfr. X. Xxxx, L’accordo sulla produttività: un insieme di buone intenzioni, in www.bollettinoadapt-it, 20 novembre 2012.
194 Al riguardo, è persuasiva l’analisi proposta da X. Xxxxxxx, La fata della produttività, cit., secondo la quale “gli snodi di maggiore novità introdotti da questo recente Accordo sono infatti l’affermazione, da un lato, del primato dell’autonomia sull’eteronomia (…) e dall’altro la definitiva conferma della centralità della contrattazione collettiva di II livello”.
della regolamentazione del rapporto. In questo senso, l’accordo si propone di favorire un miglior utilizzo dello strumento della delega da parte del contratto nazionale, ampliando i profili di regolamentazione del rapporto demandati a livello integrativo195.
Se si fa riferimento a quella dottrina196 che, già nel commentare il modello accentrato, ebbe a rilevare la eccessiva uniformità della regolamentazione posta al livello nazionale, si comprende come sia apprezzabile l’intento di lasciare maggiori margini d’azione alla contrattazione aziendale. Tanto più, poi, se si conviene sulla tesi (qui proposta) secondo la quale il decentramento contrattuale dovrebbe essere attuato, più che a mezzo di intese derogatorie, tramite una revisione delle regole di raccordo tra livelli contrattuali, si comprende come un diverso utilizzo della delega potrebbe muovere in questa direzione. Esso potrebbe stemperare le tensioni insite nell’utilizzo di clausole di uscita e ampliare le “strette maglie”197 in cui la contrattazione aziendale è stata sovente destinata ad operare, almeno fino al recente passato.
195 Più in particolare, al punto 2 dell’accordo le parti si impegnano a prevedere, all’interno dei contratti nazionali, una chiara delega in favore della contrattazione di secondo livello sulle “materie che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività, quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro”.
196 Cfr. infra riferimenti citati alla nota 109.
197 L’espressione è di X. Xxxxxxx, Gli assetti contrattuali delineati dal Protocollo del luglio 1993…cit., spec. pag. 271
CAPITOLO II
ELABORAZIONI DOTTRINALI E GIURISPRUDENZIALI SUL CONFLITTO TRA CONTRATTI COLLETTIVI DI DIVERSO LIVELLO.
SOMMARIO: 1. L’applicazione degli art. 2077 e 2113 cod. civ. – 2. Il rifiuto della teoria dell’incorporazione. – 3. Il principio gerarchico. –
4. La revocabilità del mandato. – 5. Il criterio cronologico.– 6. La valorizzazione dell’autonomia negoziale delle parti.
1. L’applicazione degli art. 2077 e 2113 cod. civ.
Un orientamento risalente ritenne applicabile al conflitto tra contratti collettivi di diverso livello l’art. 2077 cod. civ., sostenendo, per tale ragione, l’inammissibilità di deroghe peggiorative da parte del contratto decentrato a quello nazionale198.
La conclusione fu una conseguenza del più generale indirizzo formatosi sull’applicazione dell’art. 2077 cod. civ199. All’indomani
198 Cfr. Cass., 5 maggio 1958, n. 1470 in Riv. Giur. Lav., 1958, II, pag. 261 e ss.; Cass.
31 marzo 1967, n. 721, in Mass. Giur. Lav., 1967, pag. 241 e ss.; Cass., 11 settembre 1972, n. 2736, in Rep. Foro It., 1972, voce Lavoro (contratto), nn. 47 e 48. Per la giurisprudenza di merito cfr. App. Bari, 24 gennaio 1968, in Riv. Giur. Lav., 1968, II, pag. 55 e ss.; Trib. Genova, 2 aprile 1963, in Riv. Giur. Lav., 1963, II, pag. 361 e ss.; Trib. Napoli, 13 luglio 1966, in Orient. Giur. Lav., 1967, pag. 362 e ss.; Pret. Teramo, 6 settembre 1962, in Riv. Giur. Lav., 1963, II, pag. 266 e ss.
199 Cfr. App. Napoli, 25 luglio 1953, in Orient. Giur. Lav., 1953, pag. 322; App. Milano, 11 dicembre 1952, in Riv. Giur. Lav., 1953, II, pag. 221; App. Roma, 12 dicembre 1955, in Foro it., 1956, I, c. 952; Cass. 25 settembre 1956, n. 3260, in Mass. Giur. it., 1956, c. 681; Cass. 1 ottobre 1958, n. 3061, in Sett. Xxxx., 1958, p. 645; Cass., 2
della caduta del regime fascista, nel tentativo di trovare un fondamento legale all’inderogabilità del contratto di diritto comune200, si ritenne utilizzabile l’art. 2077 cod. civ., di chiara matrice corporativa. L’applicazione della norma fu poi estesa alle ipotesi di conflitto tra regolamenti di diverso livello. In alcuni casi, la soluzione fu motivata con il ricorso all’analogia201. In altre pronunce, la norma fu ritenuta applicabile in modo diretto “non soltanto nei confronti dei singoli, datori di lavoro e prestatori di opera, ma anche nei rapporti delle organizzazioni sindacali di grado inferiore le quali, evidentemente, non possono addivenire a pattuizioni che siano in contrasto con la regolamentazione di carattere generale posta in essere dalle maggiori organizzazioni” 202.
Una simile conclusione non merita accoglimento. L’applicazione dell’art. 2077 cod. civ. al contratto di diritto comune suscita non poche perplessità203. La norma è dettata per il contratto collettivo
aprile 1964, n. 710, in Mass. Giur. Lav., 1964, pag. 67. Per una ricostruzione e un commento a tale giurisprudenza cfr. X. Xxxxxxx, Contratti collettivi e rapporto individuale di lavoro, Milano, 1985, spec. pag. 152.
200 Sul tema cfr., fra tutti, X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Inderogabilità dei contratti collettivi di diritto comune, in Dir. e Giust., 1950, pag. 299 e ss.; X. Xxxxxxx, Legge e autonomia collettiva, in Mass. Giur. Lav., 1980, pag. 692 e ss.; Id, Il contratto collettivo nell’ordinamento giuridico…cit., pag. 16 e ss.; X. Xxxxxxx, Contratti collettivi e rapporto individuale di lavoro, cit.; P. Xxxxxxxxxxx, Efficacia dispositiva del contratto collettivo e autonomia individuale, Padova, 1990; X. Xxxxxx, Saggio sull’efficacia regolativa del contratto collettivo, Padova, 1997.
201 In tal senso cfr. Pret. Brunico, 4 marzo 1982, in Or. Giur. Lav.,1982, pag. 883 e ss.
202 Cfr. Cass., 5 maggio 1958, n. 1470, in Riv. Giur. Lav., 1958, II, pag. 261 e ss.
203 Cfr. , per la dottrina, X. Xxxxxxx, Funzione del contratto collettivo, in Nuovo trattato di diritto del lavoro (diretto da Xxxx Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx), I, Padova, 1971, pp. 224-225; X. Xxxxxx, La funzione giuridica del contratto collettivo di lavoro, in Atti del terzo congresso nazionale di diritto del lavoro sul tema Il contratto collettivo di lavoro, Pescara – Teramo, 1- 4 giugno 1967, Milano, 1968, pag. 33. Dello stesso avviso, seppur con argomentazioni differenti, X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Norme corporative, autonomia collettiva, autonomia individuale, in Saggi di diritto civile, Napoli, 1961, pag.
247. Nello stesso senso per la giurisprudenza cfr. Cass. 16 ottobre 1973, n. 2600, in
Rep. Foro It., 11973, voce Lavoro (contratto collettivo), n. 20.
corporativo ed è incompatibile con la dimensione liberale in cui opera il negoziato post costituzionale. Più nello specifico, essa è espressione di una concezione autoritaria e paralegislativa dell’accordo sindacale. Inoltre, l’art. 2077 cod. civ. fa riferimento al rapporto il contratto collettivo e quello individuale, e non al rapporto tra negozi collettivi204. La differenza tra le due ipotesi non giustifica l’applicazione dell’art. 2077 cod. civ., nemmeno in via analogica205. Una diversa conclusione presupporrebbe la negazione del carattere collettivo del contratto aziendale e la sua riconducibilità a una stipulazione plurisoggettiva. In questo senso, del resto, si esprimeva l’orientamento giurisprudenziale206 prevalente, nel periodo in cui si diffusero le prime pronunce in merito all’applicabilità dell’art. 2077 cod. civ. al rapporto tra contratti di diverso livello207.
Una diversa ricostruzione208 individuò nell’art. 2113 cod. civ. il criterio dirimente del conflitto. Riconobbe, pertanto, al contratto integrativo la facoltà di derogare a quello nazionale, riconducendo la deroga all’art. 2113 cod. civ., che consente al singolo di disporre dei propri diritti con l’assistenza del sindacato209. Invero, la norma
204 Cfr. X. X’Xxxxxx, Appunti sulle fonti di determinazione della retribuzione, in Riv. giur. lav., 1986, I, pag. 3 e ss.
205 In questo senso si è espressa in modo costante la giurisprudenza successiva. Cfr., tra tutte, Cass., Sez. Lav., 1978, n. 2018, in Mass. Giur. Lav., 1978, pag. 445; Cass., Sez. Lav., 17 maggio 1985, n. 3047, in Mass. Giur. Lav., 1985, pag. 183; Cass. 16 gennaio 1986, n. 260, in Foro it., 1986, I, pag. 931.
206 Per la dottrina cfr., tra tutti, X. Xxxxxxx, Legge, norma collettiva e contratto aziendale, in Dir. ec., 1958, pag. 486. Per la giurisprudenza cfr. Cass. 5 maggio 1958,
n. 1470, cit.; Cass. 31 marzo 1967, n. 721, in Mass. Giur. Lav., 1967, pag. 241 e ss. Per maggiori riferimenti cfr. X. Xxxxxxxxxx, Il contratto collettivo aziendale..cit., pag. 31 e ss.
207 Si vedano i riferimenti alle note 198 e 199.
208 Cfr. X. Xxxxxxxx, Xxxxx, giudice e contratto collettivo, in Dir. Lav., 1977, I, pag. 13.
209 Cfr. X. Xxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 13 secondo il quale “nello stesso modo e secondo la stessa prospettiva in cui il sindacato è abilitato, in relazione ad una sua valutazione di convenienza riferita ad un singolo caso concreto, a consentire che vengano validamente derogate disposizioni di legge, tale abilitazione dovrebbe, a
disciplina un’ipotesi differente210 e non pare possibile rintracciare in essa alcuna regolamentazione del conflitto tra negozi collettivi.
Si può dubitare della razionalità di soluzioni211 che sovrappongono il tema del conflitto tra regolamenti collettivi a quello del conflitto tra accordo individuale e collettivo212. Infatti, poiché l’intesa aziendale ha natura collettiva213, il contrasto tra accordi sindacali non inerisce al rapporto tra autonomia collettiva e individuale. Al contrario, la riflessione deve prendere le mosse dalla considerazione della natura collettiva dei negoziati in conflitto.
2. Il rifiuto della teoria dell’incorporazione.
Un’analisi dell’efficacia oggettiva del contratto collettivo214 è preliminare rispetto alla riflessione sui criteri di risoluzione del
maggior ragione, valere in sede di stipulazione del contratto collettivo”. Tale orientamento è stato poi confutato dalla giurisprudenza successiva. Cfr., fra tutte, Cass. 7 giugno 1985, n. 3419 in Giust. civ. mass., 1985, pag. 1058.
210 Cfr. X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 24; M. D’Xxxxxx, Appunti sulle fonti di determinazione della retribuzione, cit., pag. 3 e ss., spec. pag. 10.
211 Già dalla metà degli anni 60, con il diffondersi dei primi studi sulla contrattazione collettiva aziendale, simili orientamenti furono superati. Cfr. X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo di impresa, cit.; X. Xxxxxx, Il contratto collettivo aziendale, cit. La dottrina successiva, sul presupposto della natura collettiva del contratto aziendale, impostò il problema in termini di concorrenza di discipline collettive. Cfr. X. Xxxxxxx, Contratto aziendale e contrattazione in azienda, cit., spec. pag. 149 e ss ; X. Xxxxxxxxx, Concorso e conflitto tra contratti collettivi di diverso livello, Padova, 1984; P. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in X. Xxxxxxx, P. Xxxxxx (a cura di), Il contratto collettivo. Dottrina e giurisprudenza di diritto del lavoro diretta da X. Xxxxxx, Torino, 1984, pag. 286 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in X. Xxxx (a cura di), Le fonti. Il diritto sindacale. Il diritto del lavoro. Commentario diretto da X. Xxxxxxx, vol. I, pag. 459 e ss.
212 In questo senso, oltre ai riferimenti di cui sopra, cfr. X. Xxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Il diritto sindacale, Bologna, 1982, pag. 28.
213 Si vedano i riferimenti alle note 19 e 20 e, più in generale, § 1, capitolo I.
214 Per la dottrina più risalente sul tema cfr. X. Xxxxxxx, Contratti collettivi e rapporto individuale di lavoro, cit., pag. 168 e ss.; X. Xxxx, Il contratto collettivo di lavoro..cit.,
conflitto, perché consente di verificare l’ammissibilità di successivi accordi con conseguenze sfavorevoli per il prestatore di opere.
È comune215 il rifiuto della teoria dell’incorporazione216, sviluppatasi soprattutto nell’ordinamento tedesco. Secondo tale impostazione, il regolamento collettivo non produrrebbe effetti diretti sul rapporto; la sua efficacia si dispiegherebbe per il tramite del negozio individuale. In altre parole, la disciplina collettiva avrebbe effetti sul rapporto di lavoro in virtù dell’incorporazione delle clausole nell’accordo individuale. Quest’ultimo sarebbe l’unico mezzo attraverso cui il regolamento collettivo potrebbe operare sul rapporto.
spec. pag. 58 e ss.; X. Xxxxxxx, Legge e autonomia collettiva..cit., 1980, pag. 62 e ss.; X. Xxxxxxx, Funzione del contratto collettivo.. cit., spec. pag. 226 e ss.; X. Xxxxxxxxxxxx, Autonomia sindacale e contratto collettivo di lavoro, in Riv. Dir. Civ., 1971, pag. 140 e ss.; X. Xxxxxxx, Diritti individuali del lavoratore e poteri del sindacato, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 1985, pag. 685 e ss. Per la dottrina più recente cfr. X. Xxxx, Contratto collettivo come fonte e contrattazione collettiva..cit., pag. 487 e ss.; X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo dopo l’Accordo di Pomigliano d’Arco del giugno 2010..cit., pag. 859;
X. Xxxxxx, La norma inderogabile: fondamento e problema del diritto del lavoro, in Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro tenutesi a Modena, 18 e 19 aprile 2008, Milano, 2009, pag. 40 e ss.; X. Xxxxxxx, Indisponibilità dei diritti dei lavoratori: dalla tecnica al principio e ritorno, in Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro tenutesi a Modena, 18 e 19 aprile 2008, cit., pag. 169 e ss.; X. Xxxxxxxx, Osservazioni sulla revisione della dottrina del diritto sindacale, cit., pag. 1; X. Xxxxxxxxxx, Le nuove regole sulla contrattazione collettiva: problemi giuridici e di efficacia, cit., pag. 45 e ss., spec. pag. 62; M. G. Xxxxxxxx, Per una teoria giuridica del contratto collettivo…cit., pag. 515.
215 V. riferimenti nota precedente, cui xxxx X. Xxxxxx, La funzione giuridica del contratto collettivo di lavoro, loc. cit., pag, 35 e ss.; X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 11 e ss; Xxxxxxxxxxx, Riflessioni in tema di inderogabilità…cit., p. 357 e ss. Il rifiuto della teoria della incorporazione è ribadito anche dalla dottrina più recente, cfr. P. Xxxxxxxxxxx, Efficacia dispositiva del contratto collettivo e autonomia individuale, cit., spec. pag. 99 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, loc. cit., pag. 470. In senso contrario cfr. però X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo dopo l’accordo… cit., pag. 861.
216 Per la quale cfr. X. Xxxxxxxx, Applicazione della legge o discrezionalità del giudice?, in Riv. giur. lav., 1961, II, spec. pag. 23; X. Xxxxxxx, Inderogabilità in peius degli attuali accordi sindacali ai contratti collettivi, in Dir. Lav., 1960, II, pag. 82 e ss.; V. Di Nubila, Sulla modificabilità in peius di una regolamentazione collettiva per mezzo di una regolamentazione successiva, in Riv. giur. lav., 1968,II, pag. 458 e ss.
Si è ritenuto217 di potere desumere una simile ricostruzione dall’art. 2077 cod. civ., secondo cui “i contratti di lavoro […] devono uniformarsi alle disposizioni” del negozio collettivo. In tal modo, muovendo “dalla consapevole o inconsapevole premessa dell’unicità della fonte di regolamento contrattuale”, si è risolto “ogni fenomeno di integrazione del contratto in termini di integrazione del suo contenuto” e si è stabilito “un nesso di necessaria consequenzialità tra meccanismo di inserzione automatica ed invalidazione della clausola difforme dal contenuto della fonte integrata” 218.
Appare più corretto riconoscere al contratto, nella sua parte normativa, effetti diretti e immediati sul rapporto di lavoro219. Ritenere che la stipulazione di un accordo faccia sorgere in capo ai soggetti aderenti alle associazioni stipulanti l’obbligo di recepirne il contenuto significa non coglierne a pieno la natura, oltre che comprometterne l’utilità220. Invece, l’accordo collettivo è un contratto tra privati con effetti normativi221. Esso opera dall’esterno sul rapporto di lavoro222; le clausole normative spiegano efficacia diretta su quest’ultimo, incidendo sui diritti dei prestatori di opere. La conclusione non mette in discussione la natura negoziale223
217 Vedi, fra tutti V. Di Nubila, op. cit., pag. 462 e ss.
218 Cfr. X. Xxxxxx, La funzione giuridica del contratto collettivo di lavoro, cit., pag, 35.
219 L’opinione è condivisa dalla dottrina assolutamente prevalente. Cfr., fra tutti, già X. Xxxxxx, ult. op. cit., pag. 35; X. Xxxxxxx, ult. op. cit., pag. 308, che hanno confutato la ricostruzione dottrinale che attribuiva al negozio collettivo una mera efficacia obbligatoria.
220 Cfr. M. G. Xxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 528.
221 Si veda in tal senso paragrafo 1, capitolo 1 e riferimenti ivi contenuti.
222 In tema di concorso del contratto collettivo alla regolamentazione del rapporto di lavoro cfr. X. Xxxx, Contratto collettivo come fonte e contrattazione collettiva.. cit., pag. 503.
223 Cfr. X. Xxxx, ult. op. cit., pag. 503, secondo il quale la natura reale del contratto collettivo è irrinunciabile e non ne fa venire meno la natura di fonte di natura negoziale. Qualificano il contratto collettivo come fonte del diritto, giungendo, anche per tale via, al rifiuto della teoria dell’incorporazione X. Xxxxxxx,
dell’accordo, né nega il rilievo preminente della libera adesione dei singoli quanto al fondamento del potere dell’organizzazione224.
L’incorporazione delle clausole dell’accordo collettivo in quello individuale produrrebbe conseguenze irragionevoli: il rapporto di lavoro sarebbe regolato dall’accordo incorporato anche dopo la sua naturale scadenza. Ciò equivarrebbe a riconoscere al negoziato collettivo una sorta di ultrattività225. Infatti, in virtù del meccanismo del favor, il contratto incorporato rimarrebbe comunque in vigore – perché incorporato nel contratto individuale - dinnanzi a stipulazioni collettive successive di tipo peggiorativo. Il lavoratore potrebbe rivendicare come acquisito al proprio patrimonio un diritto derivante da una clausola collettiva non più esistente226. Al contrario, in virtù dell’inesistenza di un principio di incorporazione, la successione di contratti collettivi, anche di diverso livello, può comportare conseguenze peggiorative per il singolo.
Ordinamento, ruolo del sindacato dinamica contrattuale e di tutela, cit., spec. pag. 255; X. Xxxxx, Questioni sulla contrattazione collettiva. Legittimazione, efficacia, dissenso..cit., pag. 192 e ss.; Id, Il contratto collettivo comune di lavoro dopo Mirafiori, cit., pag. 206 e ss., spec. pag. 212; X. Xxxxxxxx, Contratto collettivo e autonomia sindacale, Torino, 2003, pag. 247 e ss.; M. Napoli, Intervento, in AA. VV., Il sistema delle fonti del diritto del lavoro. Atti delle giornate di studio in diritto del lavoro tenutesi a Foggia, Baia delle Zagare, cit., pag. 483 e ss.; X. Xxxxxxx, Fonti del diritto. Diritto costituzionale..cit., pag. 9.; Id, Appunti delle lezioni sulle Fonti del diritto, cit., pag. 82 e ss. Contra, fra tutti, si veda X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti del diritto del lavoro, cit., pag. 1 e ss.
224 Per le ricostruzioni dottrinali che attribuiscono al sindacato un potere proprio e non riconducibile al mandato conferito dai singoli, cfr. X. Xxxxxxxx, Saggio sull’autonomia privata collettiva, cit., pag. 166; X. Xxxxxxxxxxxx, op. cit., pag. 159. Contra Cfr. X. Xxxxxx, In difesa della rappresentanza… cit.; X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione dei contratti collettivi, Milano, 2000, pag. 61 e ss.
225 In questo senso cfr. X. Xxxxxx, La funzione giuridica del contratto collettivo di lavoro, cit., pag, 35. Contra X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo dopo l’accordo…cit., pag. 862.
226 In questo senso si è espressa la giurisprudenza costante. Cfr. Cass 24 agosto 2004, n. 16691 in Giust. civ. mass., 2004, pag. 7 e ss.; Cass. 5 febbraio 2000, n. 1298, in Giust. civ. mass., 2000, pag. 249; Cass., 18 dicembre 1998, n. 12716, in Giust. civ. mass., 1998, pag. 2623; Cass., 24 ottobre 1995, n. 11052, in Notiz. giur. lav., 1996, pag.
218. Cfr sul punto già X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, op. cit, pag. 636.
L’ammissibilità di successive intese meno convenienti rispetto alle precedenti incontra il solo limite dei diritti già acquisiti dal lavoratore227, per essere gli stessi già entrati nel suo patrimonio sulla scorta di una regolamentazione contrattuale in vigore228. Il potere innovativo del sindacato è limitato dalle “situazioni esaurite”, che attengono alla “parte già svolta” del rapporto di lavoro e non a quella “connessa al (suo) futuro svolgimento”229.
3. Il principio gerarchico.
Si è ritenuto230 di poter ricostruire i rapporti tra contratti collettivi di diverso livello sulla base di un criterio gerarchico. Il livello decentrato sarebbe subordinato rispetto a quello nazionale.
227 Sulla tematica dei diritti quesiti, oltre i riferimenti alle note precedenti, cfr. X. Xxxxxxx, Aspettative e diritti quesiti nella successione tra contratti collettivi: un cammino giurisprudenziale ancora zoppicante, in Riv. it. dir. lav., 2010, pag. 931 e ss.; A. Durante, La successione nel tempo di contratti collettivi e la questione della ultrattività delle clausole a contenuto retributivo e dei diritti quesiti dei lavoratori, in Nuova giur. civ. comm., 2006, pag. 490 e ss.; X. Xxxxxxx, Successione di contratti collettivi di diverso livello, modifica in pejus e intangibilità dei diritti quesiti, in Dir. lav., 2002, pag. 195 e ss.
228 E, in questo senso, i diritti quesiti si distinguono dalle mere aspettative. La distinzione è stata a lungo indagata dalla giurisprudenza. Cfr., da ultimo, Cass. 22 giugno 2004, n. 11634, in Giust. civ. mass., 2004, pag. 6; Cass. 2 aprile 2001, n. 4839, in Riv. it. dir. lav., 2002, II, pag. 3, Cass. 12 febbraio 2000, n. 1576, in Foro it., 2000, pag. 1539; Cass. 22 marzo 1999, n. 4069, in Notiz. giur. lav., 1999, pag. 701.
000 Xxx. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 637.
230 Cfr. Cass., Sez. Lav., 18 gennaio 1978, n. 233, in Foro It., 1978, pag. 589 e ss., con nota di X. Xxxx; Cass., Sez. Lav., 28 marzo 1980, n. 2049, in Mass. Giur. Lav., 1981, pag. 150 e ss.; Pret. Milano, 30 giugno 1979, in Or. Giur. Lav., 1979, II, pag. 885 e ss. Per la dottrina sul punto, cfr. già Xx Xxxxxxxxxxx, Appunti di diritto del lavoro, Milano, 1958, pag. 322-323; Xxxxxxx, Diritto del lavoro, Padova, 1981, pagg. 116-117. Tale posizione è stata sostenuta anche da X. Xxxx, Collegamento tra contratti collettivi e art. 1362 cod. civ., in Mass. Giur. Lav., 1981, pag. 150 e ss.; X. Xxxxxxx, Intervento, in Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello… cit., pag. 94; X. Xxxx’Xxxx, Intervento, in Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello…cit, pag. 108 - 109. Per una ricostruzione della dottrina sul punto cfr. X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 31 e ss e ivi riferimenti.
Alcuni231 hanno ritenuto esistente una gerarchia fra “atti diversi di autonomia privata”232. Quest’ultima si spiegherebbe in virtù di una graduazione discendente degli interessi collettivi sottesi ai diversi atti di autonomia privata233, o trarrebbe origine dall’art. 39 Cost., che, nella sua seconda parte, fa specifico riferimento al contratto di categoria234. Secondo altri sarebbe l’organizzazione sindacale ad avere una struttura gerarchica235. Così si espresse la Corte di Cassazione236 che fece riferimento all’art. 19 St. Lav.
Il riferimento non pare convincente, per l’autonomia delle rappresentanze aziendali237. Se è vero che l’art. 19 St. Lav. richiede un collegamento tra le rappresentanze sindacali sui luoghi di lavoro e le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati
231 Così X. Xxxxxxx, Intervento, in Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello… cit., pag. 94.
232 Cfr. X. Xxxxxxx, Intervento, in Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello… cit., pag. 94.
233 Si veda in proposito X. Xxxx, Collegamento tra contratti collettivi e art. 1362 cod. civ., cit., pag. 151.
234 Cfr. Pera, Intervento, loc. cit., pag. 81. Il fondamento del principio gerarchico è invece rinvenuto da X. Xxxxxxx, ult. op. cit., pag. 94 e ss., oltre che nell’art. 39 Cost., anche nell’art. 2 Cost., dal quale sarebbe ricavabile “la prevalenza del regolamento concordato in sede di gruppo rispetto al regolamento concordato separatamente dai membri del gruppo”.
235 In questi termini si è espressa Pret. Milano, 30 giugno 1979, cit.
236 Cfr. Cass., 18 gennaio 1978, n. 233, in Foro It., 1978, pag. 589 e ss.
237 Cfr. X. Xxxxxxx, Procedure e strutture della contrattazione collettiva a livello d’impresa, in Riv. giur. lav., 1985, II, pag. 3 e ss., spec. pag. 8. Più in generale sul tema cfr. X. Xxxxxx, L’attività sindacale nell’impresa, Milano, 1976; X. Xxxx, Sindacato e rappresentanze aziendali, Bologna, 1971; G. F. Xxxxxxx, Commento all’art. 19, in X. Xxxxxx, G. F. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxx (a cura di), Commento allo statuto dei diritti dei lavoratori, Xxxxxxx - Xxxx, 0000, pag. 330 e ss.; X. Xxxxxxx, Commento sull’art. 19 in Assanti, Pera (a cura di), Commento allo statuto dei lavoratori, Padova, 1972; X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Il sindacato, L’associazione sindacale in Il sindacato. Dottrina e giurisprudenza di diritto del lavoro diretto da X. Xxxxxx, Milano, 1984; X. Xxxxxxxxx, Rappresentanza e diritti sindacali in azienda, in Giorn. dir. lav. rel ind., 2011, pag., 4 e ss.
nell’unità produttiva, tale collegamento non si sostanzia nella subordinazione delle prime nei confronti delle seconde238.
Più in generale, non persuade l’idea di un ordine gerarchico dell’organizzazione sindacale. L’opzione per un simile ordine non è espressa dall’art. 39 Cost.239 perché, al contrario, la previsione costituzionale, che pure è presidio di libertà del sindacato anche nella scelta dei moduli organizzativi240, tutela l’azione di qualsiasi organizzazione sindacale, senza che possa rilevare l’ampiezza maggiore o minore del gruppo che rappresenta241.
238 X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Derogabilità del contratto collettivo e livelli di contrattazione, in Dir. lav. rel. ind., 1980, pag. 617 e ss., spec. pag. 624; X. Xxxx, La retribuzione nel diritto del lavoro dell’emergenza, in Dir. lav. rel. ind., 1979, pag. 529 e ss.; X. Xxxxxxx, Ordinamento…cit., pag. 397. In senso parzialmente diverso si è espresso X. Xxxx, Intervento, loc. cit., pag. 79, secondo il quale lo Statuto dei lavoratori a proposito delle r.s.a. contiene formule contraddittorie. Rileva l’ambiguità dello Statuto, pur sottolineando l’inesistenza di un principio gerarchico X. Xxxxxx, Contratti collettivi di lavoro, cit., pag. 21.
239 La dottrina sul principio di libertà sindacale è molto vasta. Per gli aspetti qui più di interesse Cfr. X. Xxxxxx, Libertà sindacale, cit, pag. 17 e ss.; Id, Commento all’art. 39 Cost., in X. Xxxxxx (a cura di) Commentario alla Costituzione, Bologna, 1979; Id, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit.; X. Xxxx, Libertà sindacale (diritto vigente), cit., pag. 501 e ss.; X. Xxxxxxxx, Libertà sindacale, cit., pag. 1 e ss.; X. Xxxxxxxxxxx, L’organizzazione sindacale, in Nuovo trattato di diritto del lavoro diretto da Xxxx Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx, Padova, 1971, pag. 5 e ss.; X. Xxxxxxxx, X Xxxxxxxxx, Il sindacato. L’organizzazione sindacale. Dottrina e giurisprudenza di diritto del lavoro diretto da X. Xxxxxx, Milano, 1984, pag. 33 e ss.; X. Xxxxxxxx, Lo stato e i sindacati, in La costituzione italiana, Padova, 1954; X. Xxxxxxx, Ordinamento… cit.; X. Xxxxxxxxx, Libertà e immunità del sindacato, Napoli, 1986; M. De Cristofaro, L’organizzazione spontanea dei lavoratori, Padova, 1972; X. Xxxxxx, Il contratto collettivo aziendale, cit.;
X. Xxxxxxx, Contributo all’analisi dei sindacati di fatto, Milano, 1963; M. G. Xxxxxxxx,
Interessi collettivi e comportamento antisindacale dell’imprenditore, Napoli, 1979.
240 Così che il sindacato bene avrebbe potuto dotarsi di un’organizzazione gerarchica. Cfr. sul punto X. Xxxxxxxx, Riflessioni sulla revisione… cit.
241 Cfr., per tutti, X. Xxxxxx, Introduzione…cit., pag. 4; Id, Libertà sindacale, cit. Oltre ai riferimenti di cui alla note precedenti si veda anche X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale al tempo della crisi, cit., pag. 11 del dattiloscritto, il quale riconduce la diffusione di pronunce volte a riconoscere la libera derogabilità tra livelli contrattuali alla “necessaria combinazione del riconoscimento della copertura costituzionale di cui gode l’azione di qualunque soggetto collettivo, anche se aziendale, con l’attribuzione di prevalenza al precetto con ambito di applicazione più ristretto”.
Né lo studio dell’organizzazione242, per il tramite degli statuti243, suggerisce conclusioni differenti. Centrale è l’unitarietà di scopo che caratterizza il sindacato come formazione sociale intermedia244, e accomuna la riflessione a quella condotta in merito ad associazioni e partiti politici245. Tale “vincolo” di scopo però non nega la natura
242 Cfr. X. Xxxxxxxx, Le società intermedie, Bologna, 1958; X. Xxxxxxx, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, in Comm. del cod. civ., a cura di Scialoja Branca, Bologna – Roma, 1967; Id, Persone giuridiche, in Commentario al codice civile a cura di Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1969; X. Xxxx, L’organizzazione sindacale. I soggetti, Milano, 1970; X. Xxxx Xxxxxxxxxxx, Associazione sindacale, cit., pag. 1442 e ss.; Persico, Associazione non riconosciuta, in Enc. Dir, vol. III, pag. 878 e ss.; M. Dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit.; X. Xxxxxx, L’associazione sindacale, Milano, 1960; X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo di impresa, cit.; X. Xxxxxx, La responsabilità contrattuale delle associazioni…cit.; X. Xxxxxxx, Contratto collettivo e contrattazione in azienda, cit.; X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Derogabilità del contratto collettivo.. cit.; C, Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, I livelli organizzativi del sindacato, in Il sindacato. L’associazione sindacale, cit., pag. 256 e ss.
243 Cfr. Statuto Cgil, approvato dal XV Congresso confederale di Rimini, 5-8 maggio 2010, art. 6, lett. b, art. 8; Statuto Cisl approvato dal XV Congresso confederale, 5-8 luglio 2005, art. 3; Statuto Uil approvato dal XIII Congresso confederale, Torino, 3-6 marzo 2002, art. 2, art. 3, lett. d.
000 Xxx. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Saggi di diritto civile, cit.
245Cfr. Poggeschi, Sui partiti politici come associazioni (in tema di nuclei minori e di responsabilità del rappresentante), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1952, pag. 536 e ss.; X. Xxxxxxxx, Partiti politici, articolazioni interne dei partiti politici, diritto dello stato, in Giur. cost., 1964, pag. 1405 e ss.; Xxxxxx, Le associazioni non riconosciute, Milano, 1952.
autonoma e associativa246 del sindacato, né impone di conformare i rapporti tra gruppi minori e maggiori a un ordine gerarchico247.
Al contrario, emerge dagli statuti248 la necessità di un coordinamento tra le azioni delle varie articolazioni249. Ciò, però, non
246 Cfr. X. Xxxx, ult. op. cit., pag. 26 e ss . La natura associativa dei diversi gruppi in cui il sindacato si articola è comune in dottrina, ove si è parlato di associazioni primarie, secondarie, complesse. Cfr. X. Xxxxxx, Diritto sindacale, Bari, 1986, pag. 32; X. Xxxxxx, La responsabilità contrattuale, cit.; X. Xxxx Xxxxxxxxxxx, op. cit., pag. 1449 e ss.; Xx Xxxxxxxxxxx, Le associazioni sindacali complesse, cit., pag. 217. Seppure con alcuni distinguo, per i quali si veda infra nota successiva, cfr. anche M. dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit., pag. 140 e ss. Si è quindi rifiutata l’impostazione risalente che negava alle articolazioni locali natura associativa in considerazione dell’unitarietà dell’associazione, per la quale cfr. Poggeschi, op. cit., pag. 538. Anche la dottrina che operava un distinguo tra il profilo istituzionale e il profilo patrimoniale di tali organizzazioni è stata superata. Cfr. Virga, Il partito nell’ordinamento giuridico, Xxxxxx, 0000.
247 Cfr. però M. Dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit., pag. 144, il quale, attribuisce ai vari livelli organizzativi del sindacato natura associativa quanto alle attività di tipo privatistico, configurandoli però come officia del sindacato quanto alle attività relative alla “gestione accorpata” dei rapporti di lavoro. Contra X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Derogabilità..cit.
248 Oltre ai riferimenti contenuti nella nota 243, si veda lo Statuto della Federazione Impiegati Operai Metallurgici approvato al XIII Congresso nazionale svoltosi a Livorno dal 03 al 05 giugno 2004 e, in particolare, artt. 4, 15, 16 e 17; lo Statuto della Federazione Energia Moda Chimici e Affini Cisl approvato dal 3° congresso nazionale svoltosi a Napoli, il 05 maggio 2009, art. 5; lo Statuto della Unione Italiana dei Lavoratori Agroalimentari, approvato al IV Congresso nazionale svoltosi a Roma nelle date del 18-22 gennaio 2010, all’art. 3.
249 Cfr. Statuto Cisl artt. 33, 34, 36. Significativa è anche la previsione contenuta nello Statuto Cgil, all’art. 8.
Per gli statuti delle associazioni federali, oltre a quelli citati nella nota precedente, si veda lo statuto della FIM-CISL approvato dal XVI Congresso, Marina di Carrara, 15/17 giugno 2005 che prevede, all’art. 16, tra le funzioni del Comitato Esecutivo Nazionale “segue con costante attenzione l’attività contrattuale a livello nazionale (di categoria e di settore), controlla la contrattazione nei complessi aziendali e coordina l’attività contrattuale integrativa svolta dai sindacati territoriali e regionali”. Secondo i successivi Capitoli VA e VB, che disciplinano le articolazioni regionali e territoriali, quest’ultime hanno “il compito di attuare, per quanto le compete le linee stabilite nei congressi e negli organismi direttivi della categoria”. Per un altro esempio si veda lo statuto della UILTRASPORTI che tra i compiti della direzione nazionale (art. 56, lett. e) prevede “vigilare sull’attività delle strutture della UILTRASPORTI, cooperando con esse nel lavoro di propaganda e di assistenza dei lavoratori”.
si traduce in un ordine gerarchico. Invece, la realtà sindacale coniuga l’autonomia e la libertà di ogni livello al coordinamento delle attività rispetto allo scopo unitario perseguito.
Peraltro, se anche dalle clausole statutarie fosse evincibile un ordine gerarchico, ciò non potrebbe incidere sulla contrattazione collettiva. Infatti, per la natura obbligatoria di tali clausole, la loro violazione comporterebbe piuttosto una responsabilità contrattuale degli agenti negoziali250, ma non inciderebbe sulla validità della contrattazione251.
Una gerarchia non è profilabile neppure tra gli atti di autonomia collettiva. Anche tale opinione subordina l’autonomia collettiva dei gruppi minori a quella dei gruppi maggiori, senza alcun fondamento normativo. Il riferimento alla contrattazione nazionale contenuto nell’art. 39 Cost. non sembra fornire adeguato riscontro a tale scopo252. L’idea di una supremazia del negoziato nazionale risponde più a una concezione diffusa, e per certi versi ereditata dall’esperienza corporativa253.
Anzi, fatti salvi gli accordi efficaci erga omnes secondo il procedimento di cui alla seconda parte dell’art. 39 Cost., il fondamento dell’autonomia collettiva protegge la pariteticità delle
250 Cfr. X. Xxxxxxxx, ult. op. cit., pagg. 9-10;
251 Cfr. sul punto X. Xxxxxxxxx, Il contratto collettivo di impresa, cit., che, pur ammettendo la possibilità di deroga da parte del contratto aziendale, ha profilato la possibilità, per il singolo associato, di ottenere l’annullamento della delibera per abuso di potere rappresentativo.
252 Seppure in un differente contesto, per il riferimento alla contrattazione nazionale contenuto nell’art. 39 Cost. si veda X. Xxxxxxx, Al capezzale del sistema contrattuale: il giudice..cit.
253 Cfr. X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit.; X. Xxxxxxxx, Osservazioni sulla revisione della dottrina del diritto sindacale, cit., pagg. 9-10; X. Xxxxxx, Contratti collettivi…cit., pag. 21; X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Derogabilità .., cit. Si vedano anche sul punto le osservazioni di M. D’Antona, Appunti sulle fonti di determinazione della retribuzione, cit., pagg. 9-10.
differenti esperienze di contrattazione, per la valorizzazione di qualsiasi organizzazione sindacale, senza che possa assumere rilevanza l’ampiezza del gruppo254.
4. La revocabilità del mandato.
Un indirizzo255 ha condotto la riflessione sul conflitto partendo da quella relativa al rapporto tra il singolo e l’organizzazione sindacale. Valorizzando lo schema del mandato256, tale indirizzo ha individuato
254 In questo senso cfr. X. Xxxxxxxx, Osservazioni sulla revisione della dottrina…cit., pagg. 8-9. Cfr. anche X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale al tempo della crisi, cit., pag. 11. X. Xxx Xxxxx, Il contratto collettivo aziendale, cit., pag. 281 e ss. Sul fondamento costituzionale dell’autonomia collettiva, oltre ai riferimenti di cui alla nota 238, cfr., tra tutti, X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Autonomia collettiva, cit., pag. 369 e ss.; X. Xxxxxxxx, Saggio sull’interesse privato collettivo, cit.; X. Xxxxxx, Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva, cit.
255 Si tratta di un indirizzo sia giurisprudenziale che dottrinale, sviluppatosi già alla fine degli anni cinquanta. La tesi del mandato irrevocabile è stata formulata da
X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Norme corporative, autonomia collettiva, autonomia individuale, loc. cit., pag. 245 e ss.. Di qualche tempo dopo, invece, è la teoria della revocabilità del mandato, di creazione giurisprudenziale. Cfr. Cass., 28 aprile 1978, n. 2018, in Mass. Giur. Lav., 1978, pag. 445 e ss.
000 Xxx. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Contratto e rapporto collettivo, in Saggi di diritto civile, cit., pag. 173, a cui si deve la ricostruzioni del sistema sindacale in una chiave privatistica. La dottrina che ha analizzato la teoria del mandato, seppure con differenti conclusioni, è molto vasta. Per quanto qui più di rilievo, si veda X. Xxxxxx, Rappresentanza e rappresentatività sindacale, in Riva San Xxxxxxxx (a cura di), Nuovo Trattato di diritto del lavoro, I, Padova, 1971, pag. 35 e ss.; X. Xxxxxx, Contratto collettivo di diritto comune, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, x. 00.; X. Xxxx, Il contratto collettivo
..cit., pag, 70 e ss.; M. Dell’Olio, L’organizzazione e l’azione sindacale, cit., pag. 89 e ss.; Xxxxxxxxx, Diritto sindacale, Padova, 1965, p. 195 e ss.; X. Xxxxxxxxxxxx, Autonomia sindacale ed efficacia del contratto collettivo di lavoro, cit., pag. 156 e ss. ; X. Xxxxxxxx, Saggio sull’autonomia privata collettiva, cit., pag. 83 e ss.; Xx, Osservazioni sulla revisioni della dottrina del diritto sindacale, cit., pag. 1 e ss.; X. Xxxxx, Questioni sulla contrattazione collettiva. Legittimazione, efficacia, dissenso, cit.; Id, Il contratto collettivo comune di lavoro dopo Mirafiori, cit., pag. 206 e ss. P. Xxxxxxxxxxx., Il potere dispositivo…cit., spec. pag. 99 e ss.; X. Xxxxxx, Contratti collettivi di lavoro, cit., pag. 9; X. Xxxxxx, Xxxxxxxxx, in Dig. disc. priv., XVI, pag. 509 e ss.
in quello, irrevocabile257 o revocabile258, conferito dalle associazioni di livello inferiore a quelle di livello superiore il criterio dirimente del conflitto.
Secondo la prima impostazione, l’accordo nazionale sarebbe inderogabile. Infatti, “poiché le associazioni di grado inferiore aderiscono a quelle di grado superiore, deve ravvisarsi a favore delle associazioni di grado superiore un mandato che impegna gli iscritti alle associazioni di grado inferiore e che non è dagli stessi utilmente revocabile (…) finchè rimangono in dette associazioni”259. Il mandato irrevocabile, conferito al momento dell’adesione, sarebbe idoneo a creare un vincolo di subordinazione tra i vari livelli dell’organizzazione sindacale e vincolerebbe non solo l’associazione conferente, ma anche tutti gli iscritti. In altri termini, per l’irrevocabilità del mandato, gli iscritti alle organizzazioni di livello inferiore sarebbero obbligati a rispettare il contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni di livello superiore.
A conclusione opposte ha portato la tesi della revocabilità del mandato. Secondo tale impostazione la stipulazione di un contratto aziendale successivo a quello nazionale comporterebbe la revoca del mandato conferito alle associazioni stipulanti il contratto nazionale260. La stipulazione di un accordo aziendale in contrasto con
000 Xxx. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxx corporative, autonomia collettiva, autonomia individuale, loc. cit., pag. 245 e ss.; Id., Autonomia sindacale, in Saggi di diritto civile, cit., pag. 255 e ss.
258 Cfr. Cass., 28 aprile 1978, n. 2018, in Mass. Giur. Lav., 1978, pag. 445 e ss.
000 Xxx. X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxx corporative, autonomia collettiva, autonomia individuale…, pag. 247.
260 In questo senso ha argomentato la Corte di Cassazione in Cass., 28 aprile 1978,
n. 2018, cit. Secondo la Corte le parti contraenti il contratto aziendale “attraverso una implicita revoca del mandato conferito alle associazioni che hanno stipulato il contratto collettivo, ritengono, in sede aziendale, di disciplinare, in maniera difforme dal contratto collettivo, il rapporto contrattuale dei lavoratori che entrino a far parte dell’azienda”.
quello nazionale configurerebbe un’ipotesi di applicazione dell’art. 1724 cod. civ., secondo il quale “la nomina di un altro mandatario per lo stesso affare o il compimento di questo da parte del mandante importano revoca del mandato (…)”.
Non è convincente qualificare l’adesione al sindacato come conferimento di un mandato261, tanto più se irrevocabile262. Al riguardo si può condividere l’opinione di chi, già in tempi risalenti263, ha dimostrato come il fondamento associativo dell’autonomia collettiva non necessiti del ricorso a stringenti schemi privatistici, come quelli del mandato, con forti caratteristiche individualistiche. E come, pur senza attribuire al gruppo un potere originario che gli assicuri prevalenza rispetto al singolo, la dinamica individuale – collettivo possa essere spiegata attraverso “un modulo circolare, del contratto di plurilaterale o di organizzazione”264. Anche la dottrina successiva265 ha valorizzato tale costruzione, evidenziando come essa consenta di individuare nella libera adesione dei singoli il fondamento del potere negoziale del sindacato, senza “un necessario richiamo esclusivo alla più
261 In senso critico nei confronti di “un’interpretazione rigidamente formale dei principi che governano gli istituti del mandato e della rappresentanza” si è espresso M. Grandi, Contratto collettivo di diritto comune, rappresentanza sindacale e commissione interna, in Riv. Dir. Lav., 1965, II, pag. 49 e ss. Cfr. anche X. Xxxxxxx, Il “favor” verso il prestatore di lavoro subordinato, Milano, 1966, pag. 123 e ss.
262 Si vedano i riferimenti della nota precedente, cui adde X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Derogabilità del contratto collettivo... cit., pag. 623 e ss. In questo senso già X. Xxxxxxxx, Saggio sull’autonomia…cit., pag. 83 e riferimenti ivi contenuti. L’A. sottolinea la “non corrispondenza di caratteristiche formali e sostanziali tra il mandato sindacale e quello previsto dalla legge come irrevocabile.”. Cfr. anche X. Xxxxxxx, Ordinamento, ruolo del sindacato…cit., pp. 372 – 373; X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 25-26.
263 Cfr. X. Xxxx’Xxxx, L’organizzazione e l’azione..., cit.
264 Cfr. X. Xxxx’Xxxx, L’organizzazione e l’azione.., cit., pag. 89.
265 Cfr. X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione dei contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 61 e ss., spec. pag. 76.
tradizionale idea del mandato”266, destinata a entrare in crisi in ipotesi di accordi con implicazioni sfavorevoli per il singolo, poiché incapace di spiegare come possano prodursi per il mandante conseguenze sfavorevoli dovute all’esercizio del mandato. In sostanza, attraverso lo schema del contratto plurilaterale è possibile spiegare il fondamento associativo dell’autonomia collettiva senza utilizzare strumenti privatistici che, per loro natura, hanno struttura individualistica e non forniscono un’adeguata ricostruzione del complesso fenomeno sindacale. Per questo, il riferimento al mandato non può ritenersi utile nella ricostruzione dell’adesione del singolo al sindacato.
Se l’adesione al sindacato non è qualificabile in termini di conferimento del mandato, le stesse considerazioni possono essere estese al rapporto tra associazioni sindacali. L’adesione all’associazione sindacale di livello superiore non è equiparabile al conferimento di un mandato irrevocabile, né dall’atto di adesione può evincersi un vincolo di subordinazione. Peraltro, sarebbe singolare far discendere dall’adesione una significativa limitazione dell’autonomia collettiva dell’organizzazione aderente, anch’essa tutelata dall’art. 39 Cost. Invece, un vincolo di subordinazione potrebbe essere previsto in modo espresso negli statuti sindacali, per la libertà di organizzazione garantita al sindacato dall’art. 39 Cost. Tuttavia, esso non potrebbe incidere sulla struttura della contrattazione collettiva, per la valenza obbligatoria delle clausole.267 Per gli stessi motivi, non convince il riferimento all’art. 1724 cod. civ268. Xxxx, se è indubbio che la legittimazione del sindacato a
266 Cfr. X. Xxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 76.
267 Si vedano sul punto il paragrafo precedente e i riferimenti ivi indicati.
268 La dottrina ha più volte sottolineato la artificiosità della tesi fondata sulla revoca implicita del mandato e ne ha confutato i presupposti. Cfr. X. Xxxxxx, Diritto
stipulare tragga origine dall’adesione dei singoli, schemi come quelli della revoca del mandato evidenziano le peculiarità del fenomeno sindacale, per la difficoltà di estendervi strumenti privatistici con forti connotazioni individualistiche.269
Più in generale, è l’idea stessa di desumere dall’iscrizione del singolo al sindacato criteri per fondare un “ordine” dell’organizzazione sindacale a lasciare qualche perplessità. Più persuasivo è invece ammettere che quando il singolo aderisce al sindacato la fa perché l’organizzazione tuteli i propri interessi a tutti i livelli, senza potere da questo desumere una gerarchia tra articolazioni locali e nazionali, né a favore delle prime né a favore delle seconde.
5. Il criterio cronologico.
A partire dagli anni 80, una impostazione270 applicò alla successione tra contratti collettivi, anche di diverso livello, un criterio cronologico 271.
sindacale, cit., pag. 183-184; X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Derogabilità del contratto collettivo e livelli …cit., pag. 623; X. Xxxxxxxxxxx, Il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello e gli orientamenti della giurisprudenza, in X. Xxxxxxx (a cura di) Xxxxx ed efficacia della contrattazione collettiva articolata, Milano, 1984, pag. 88; X. Xxxxxxx, Il caso Alfa: sindacato e diritti individuali, in Lavoro ’80, quaderno n. 1, 1983, pag. 563 e ss.; Xx Xxxxxxx, Recenti tendenze giurisprudenziali sui rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in Foro it., 1987, I, pag. 518 e ss.
269 Si è espresso in maniera critica nei confronti di questa teoria anche X. Xxxxxxxx, Contrattazione collettiva, cit., pag. 186, sebbene su un diverso presupposto. Secondo l’Autore i vincoli derivanti non da un presunto assetto gerarchico, ma piuttosto dalle esigenze di razionalità del sistema non ammettono “una legittimazione indifferenziata degli organismi sindacali decentrati a diminuire in sede aziendale trattamenti” previsti dal contratto nazionale di categoria.
270 Cfr. Cass. 16 marzo 1981, in Foro It., 1982, I, pag. 224 e ss. con nota di X. Xxxxxxxx, Contratti collettivi di diverso livello e principio di uniformità; Cass. 13 gennaio 1981, n. 300, in Giust. civ. mass., 1981, pag. 140; Cass. 15 gennaio 1981, n. 349, in Giust. civ. mass., 1981, pag. 142; Cass. 18 maggio 1985, n. 3076, in Giust. civ.
Secondo tale ricostruzione, poiché il contratto collettivo aziendale “è un atto negoziale che realizza un’uniforme disciplina dell’interesse collettivo dei lavoratori con efficacia di normativa generale tipica della contrattazione collettiva”, ad esso “non è applicabile la norma dell’art. 2077 cod. civ.”, con la conseguenza che “un accordo aziendale ben può derogare in peius il trattamento previsto (..) da un precedente contratto collettivo nazionale”272.
La prevalenza dell’ultima pattuizione nell’ ipotesi di successione di contratti è principio generale del diritto comune273. Tale richiamo è però persuasivo solo nelle ipotesi di successione di contratti aventi il medesimo oggetto, stipulati tra le medesime parti. In altri termini, esso opera quando le parti contrattuali abbiano inteso modificare la pregressa disciplina, sostituendovi una nuova pattuizione, come nel caso di successione di contratti collettivi del medesimo livello274. Così non è in ipotesi di accordi di diverso livello. I due contratti non sono stipulati dai medesimi soggetti. È vero che ciò potrebbe accadere anche in caso di successione di negoziati del medesimo livello. Non a caso, la stipulazione “separata” di un contratto pone più di un
mass., 1985, pag. 944; Cass. 7 giugno 1985, n. 3419, in Giust. civ. mass., 1985, pag.
1058; Cass. 4 ottobre 1985, n. 4819, in Giust. civ. mass., 1985, pag. 1481; Cass. 16 novembre 1985, n. 5648, in Giust. civ. mass., 1985, pag. 1709. Per la dottrina più risalente cfr. X. Xxxxxxx, Ordinamento, ruolo del sindacato, dinamica contrattuale di tutela, cit.; X. Xxxxxxxxx, Intervento, in Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pagg. 80-83.
271 Si tratta di un criterio ampiamente riconosciuto anche dalla dottrina più recente. Cfr. X. Xxxxx, Contrattazione in deroga, in X. Xxxxxxx (a cura di) Xx Xxxxxxxxxx a Mirafiori: la cronaca si fa storia, cit., pag. 27 e ss.; X. Xxxxxxxxx, L’efficacia derogatoria dei contratti aziendali o territoriali: si sgretola l’idolo dell’uniformità oppressiva, in Mass. giur. lav., 2011, pag. 682 e ss.; X. Xxxxxx, Diritto sindacale tra essere e dover essere, in Arg. dir. lav., 2012, 1;
272 In questo senso cfr. Cass. 4 ottobre 1985, n. 4819, cit.
273 Cfr. X. Xxxxxxxxx, ult. op. cit., pag. 686; X. Xxxxxxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 463.
274 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 463; M. D’Xxxxxx, Appunti sulle fonti di determinazione della retribuzione, cit., pag. 8.
problema in merito alla prevalenza del contratto successivo su quello precedente275, almeno nei confronti dei lavoratori dissenzienti276. In tale ipotesi, infatti, a ragione, si sono ritenuti esistenti due contratti collettivi e si è negata la prevalenza del contratto successivo su quello precedente277.
Soprattutto, non è persuasivo sostenere che le parti stipulanti l’accordo aziendale posteriore abbiano inteso sostituire la regolamentazione posta da quello nazionale278. Al contrario, il
275 Sul tema X. Xxxxxxxxxx, Le nuove regole sulla contrattazione collettiva: problemi giuridici…cit., pag, 53 e ss.; Id. Problemi e ricadute della contrattazione collettiva separata, cit., pag. 45 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, La contrattazione separata, in X. Xxxxxxx ( a cura di), Da Pomigliano a Mirafiori: la cronaca si fa storia, cit., pag. 57 e ss.; X. Xxxxxxx, Accordi collettivi separati: tra libertà contrattuale e democrazia sindacale, in Riv. it. dir. lav., 2010, pag. 29 e ss; X. Xxxxxxxx, Il contratto collettivo dopo l’Accordo di Pomigliano d’Arco, cit., pag. 862; X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Efficacia soggettiva del contratto collettivo: accordi separati, dissenso individuale e clausola di rinvio, in Riv. it. dir. lav., 2010, pag. 487 e ss.
276 Ché, per gli altri lavoratori, se non iscritti a un sindacato stipulante, vengono in rilievo i meccanismi di accettazione implicita del contratto collettivo, a mezzo di comportamento concludente. Cfr., fra tutti, X. Xxxxxxxx, Le relazioni sindacali dopo gli accordi di Pomigliano e Mirafiori, in Lav. giur., 2011, pag. 337 e ss.; X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale al tempo…cit.
277 Oltre ai riferimenti contenuti nella nota precedente cfr. Trib. Torino, 18 aprile 2011; Trib. Modena, 22 aprile 2011; Trib. Torino 2 maggio 2011; Trib. Tolmezzo 17 maggio 2011, in Lav. prev. oggi, 2011, pag. 406 e ss., con nota di X. Xxxxxxxxx, Quale contratto collettivo va applicato nel settore metalmeccanico? I giudici si pronunciano sull’antisindacalità del comportamento dei datori di lavoro. Cfr. X. Xxxxxxx, Gli accordi
<<separati>> sono antisindacali? Il <<sistema sindacale di fatto>> nell’era della disunità sindacale, in Riv. it. dir. lav., 2011, pag. 690 e ss. In tal senso già Trib. Monza 6 ottobre 2009; App. Brescia, 7 marzo 2009, in Riv. giur. lav., 2009, pag. 189 e ss, con nota di X. Xxxxxx, Accordi separati: casi di prevalenza della precedente disciplina unitaria. 278 Cfr. X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello: una << svolta>> tra continuità e rottura con il passato, cit., pag. 513 il quale rileva come l’orientamento giurisprudenziale in analisi abbia “introdotto un elemento logicamente e concettualmente del tutto estraneo (…) cioè l’effetto sostitutivo globale a cui si perviene soltanto nelle ipotesi di successione nel tempo di normative contrattuali di identica natura”. Critica l’orientamento citato anche X. Xxxx, Intervento, cit., pag. 78; X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., pag. 47; X. Xxxxx, Il contratto collettivo d’impresa può legittimamente modificare anche in peius l’anteriore contratto nazionale, in Giur. it, 1982, pag. 231; X. Xxxxxxxx, La contrattazione collettiva, cit., pag. 176.
rapporto è più complesso; è rapporto di integrazione, completamento, specificazione e anche, in alcune ipotesi, di contrasto.
Non può giungersi a conclusioni diverse in virtù dell’applicazione del criterio cronologico, codificato dall’art. 12 disp. att. quale criterio positivo di risoluzione delle antinomie legislative279. Esso esprime la necessaria temporalità di ogni ordinamento e delle norme280. In queste ultime è “immanente una condizione (implicita) risolutiva (parziale o totale) della propria efficacia”281. Cosicché la norma successiva più che derogare a quella precedente, ne limita l’efficacia al passato, mentre quella successiva avrà efficacia pro futuro.
Il fondamento generale282 del principio non ne esclude un’applicazione anche alla successione tra contratti collettivi283, nonostante questi non siano fonti del diritto284. Ché anzi, anche il criterio civilistico della prevalenza dell’ultima pattuizione sembra essere espressione di tale principio generale o, quanto meno, rispondere alla medesima ratio. In entrambi casi, infatti, è l’effetto sostitutivo tra norme che assicura prevalenza a quella successiva. Tanto che anche il criterio di risoluzione delle antinomie legislative
279 cfr. X. Xxxxxxx, Xxxxx giuridica (teoria generale), in Enc. Dir, vol. XXVIII, pag. 381 e ss.; X. Xxxxxx, Antinomia, in Nov. Dig. It., vol. I, pagg. 667- 668; X. Xxxxxxx, Antinomie e lacune, in Enc. Giur., vol. II, pag. 1 e ss.; X. Xxx, X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx xxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, pag. 293 e ss.
280 Sul punto cfr. Xxxxxxx, Xxxxx xxxxxxxxx (teoria generale), cit., pag. 381.
281 Cfr. Xxxxxxx, Xxxxx xxxxxxxxx (teoria generale), cit., pag. 381
282 Cfr. Modugno, ult. op. cit., pag. 381, che ne sottolinea il valore teorico prima che dommatico.
283 Contra cfr. X. Xxxxxx, ult. op. cit., pag. 513, il quale rileva l’inopportunità di estendere al conflitto tra accordi collettivi criteri di risoluzione delle antinomie legislative.
284 Un’applicazione diretta, e non per via analogica, del criterio di risoluzione delle antinomie legislative al conflitto tra contratti collettivi è proposta da X. Xxxxxxx, Ordinamento, ruolo del sindacato, dinamica contrattuale di tutela, cit., spec. pag. 279 e ss., che qualifica il contratto collettivo come fonte del diritto.
non trova applicazione nel caso in cui la norma successiva non sostituisca quella precedente285, ma abbia invece una portata minore e sia, perciò, qualificabile come norma speciale.
Per tale motivo, il richiamo al principio cronologico non è persuasivo in ipotesi di successione tra negoziati di diverso livello, perché non è verificabile quell’effetto sostitutivo che ne esprime il fondamento. Un simile effetto si produce tra “fonti” negoziali “omogenee”, dal medesimo ambito applicativo286. Invece, se i negoziati in concorso esprimono differenti istanze regolative, non è persuasivo risolvere l’eventuale conflitto assicurando prevalenza al negoziato successivo nel tempo. Tale soluzione, infatti, presuppone che la successione avvenga tra contratti cui sia sotteso il medesimo assetto di interessi287.
7. La valorizzazione dell’autonomia negoziale delle parti.
A partire dalla metà degli anni ottanta si è sviluppato un orientamento costante288. Secondo tale indirizzo, la successione tra
285 In questo senso cfr. Modugno, ult. op. cit., pag. 381.
286 Cfr. X. X’Xxxxxx, Appunti sulle fonti di determinazione della retribuzione, cit., pag. 10, secondo il quale “il criterio cronologico – o della prevalenza dell’ultima fonte regolatrice – è inadeguato quando le fonti non sono del tutto omogenee, perché appartengono a livelli diversi dell’ordinamento contrattuale, e sono chiamate ad operare in coordinamento tra loro in quell’ordinamento, che è innegabilmente unitario sotto il profilo funzionale.”
287 Contra, però, anche di recente cfr. X. Xxxxxx, Diritto sindacale tra essere..cit., pag. 1 e ss., spec. pag. 7.
288 Fra le più risalenti, cfr. Cass. 5 marzo 1986, n. 1445, in Foro It., 1987, I, c. 512; Cass. 12 luglio 1986, ibidem, Cass. 4 febbraio 1988, n. 1147, in Notiz. Giur. Lav., 1988, pag. 733; Cass. 17 maggio 1985, n.3047, in Giust. Civ. Mass., 1985, fasc. 5; Cass., 17 maggio 1985, n. 3047, in Riv. Giur. Lav., 1985, II, pag. 508; Cass. 1 luglio 1986, n. 4354, in Rep. Xxxx Xx., 0000, xxxx Xxxxxx (xxxxxxxxx), x. 00; Cass. 19 marzo 1987, n. 4758, in Riv. it. dir. lav., II, pag. 107. Per la dottrina sul punto cfr. Cfr. X. Xxxx, La contrattazione in deroga, in Da Pomigliano a Mirafiori, cit., pag. 42; X. Xx Xxxxxxx,
contratti collettivi di diverso livello deve essere risolta valorizzando l’autonomia negoziale delle parti, attraverso un’attenta indagine della loro effettiva volontà289. Rifiutando i criteri di gerarchia e specialità, propri delle fonti normative, si è ritenuto necessario accertare la volontà delle parti “attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutte pari dignità e forza vincolante”290.
Sarebbe quindi necessaria un’analisi ermeneutica della disciplina contrattuale nella sua interezza291. Al contempo, la ricostruzione della volontà dovrebbe avvenire nella consapevolezza della pariteticità delle fonti contrattuali in contrasto e, quindi, della possibilità, per il contratto collettivo decentrato, di disporre sia in modo migliorativo che in modo peggiorativo rispetto al contratto nazionale292. In tal modo, il conflitto potrebbe essere risolto nel rispetto dell’autonomia negoziale degli agenti.
In alcuni casi, la valorizzazione dell’autonomia negoziale si è risolta nella legittimazione del contratto collettivo decentrato di
Recenti tendenze giurisprudenziali sui rapporti tra contratti collettivi, cit.; X. Xxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello: una svolta tra continuità e rottura con il passato, cit., pag. 510 e ss.; M. D’Xxxxxx, Appunti sulle fonti di determinazione della retribuzione, cit., pag. 11; X. Xxxxxxxxxx, Rapporti tra contratti collettivi, cit., pagg. 467 e ss.; Xxxxx, Sull’applicazione del criterio di “specialità” al concorso-conflitto tra contratti collettivi di diverso livello, in Riv. it. dir. lav., 1987, pag. 435 e ss.; X. Xxxxxxxxx, Osservazioni su una recente pronuncia della Cassazione in tema di rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, in Riv. it. dir. lav., 1987, pag. 450 e ss.;
289 Cfr., fra tutte, Cass. 19 maggio 2003, n. 7847, in Giust. Civ. Mass., 2003, 5.
290 Così Cass. 18 maggio 2010, n. 12098, a quanto consta inedita.
291 Cass. 06 ottobre 2000, n. 13300, in Notiz. giur. lav., 2011, pag. 144.
292 In tal senso cfr. Cass. 04 aprile 1997, n. 2955, in Giust. Civ. Mass., 1997, pag. 540. Non sono mancate, però, alcune posizioni contrarie, rimaste isolate. Cfr. Cass. 12 febbraio 2000, n. 1576, in Riv. it. dir. lav., 2000, II, pag. 617, con nota di X. Xxxx, Alcuni problemi in materia di accordi collettivi aziendali; Cass. 17 novembre 2003, n. 17377, in Dir. lav., II, pag. 221. Sul punto cfr. anche X. Xxxxxxx, Il diritto sindacale al tempo della crisi, cit., pag. 11 del dattiloscritto.
derogare all’accordo nazionale293. In altri, ha aperto il campo ad una considerazione sulla specialità della contrattazione decentrata294.
Che l’interpretazione sia un’attività essenziale anche in materia di contrattazione collettiva è insegnamento condiviso e risalente295. Peraltro, è un’attività assai complessa, influenzata dall’ambiguità delle clausole, che ne è elemento ricorrente296. È tuttavia ragionevole dubitare della possibilità di giungere ad una risoluzione del conflitto mediante la valorizzazione della volontà della parti297.
In primo luogo, perché è proprio la volontà delle parti che ha dato vita a regolamentazioni contrastanti. In altre parole, laddove l’indagine ermeneutica rilevi l’esistenza di un contrasto tra volontà, la composizione del conflitto non può essere fornita dalla ricostruzione di quelle stesse volontà divergenti che lo hanno generato. In questo senso, l’orientamento in commento appare
293 In tal senso cfr. Cass. 18 maggio 2010, n. 12098, cit. ; Cass. 19 maggio 2003, n. 7847, in Rep. Foro It., 2003, voce Lavoro (contratto), n. 39.
294 In questo senso cfr. Cass. 03 aprile, 1996, n. 3092, in Notiz. Giur. Lav., 1996, pag. 496.
295 Cfr., X. Xxxxxx, Appunti sull’interpretazione del contratto collettivo, in Riv. dir. lav., 1957, II, pag. 169 e ss.; X. Xxxxxxx, L’interpretazione dei contratti collettivi, Milano, 1963; X. Xxxxxxxx, Profili dell’interpretazione dei contratti collettivi, cit. ; X. Xxxxxxxx, Divagazioni in tema di interpretazione del contratto collettivo, in X. Xxxxxxx (a cura di) L’interpretazione dei contratti collettivi di lavoro, Roma, 1999; X. Xxxx (a cura di), L’interpretazione del contratto nella dottrina italiana, Padova, 2007; X. Xxxxxxxx, La giurisprudenza del lavoro e il <<diritto vivente>> sulle regole interpretative, in Dir. lav. rel. ind., 2008, pag. 613 e ss.; A. Bollani, Contratto collettivo e interpretazione, Padova, 2004.
296 In questo senso si esprime E. Gragnoli, ult. op. cit., pagg. 3 - 4. L’Autore, dopo aver rilevato che “il trarre un significato complessivo dai contratti collettivi diventa un compito sempre più impegnativo, per la sofisticazione dei reciproci obblighi fra le associazioni, cui si aggiunge qualche fenomeno di disaffezione, di sfiducia, di critica da parte dei lavoratori”, sostiene che “il tema può essere rimeditato a partire da questa idea dell’ambiguità, come caratteristica frequente”.
297 In tal senso cfr. A. Lassandari, Rapporti tra contratti collettivi, cit., pagg. 467 e ss. Alcuni rilievi problematici rispetto all’orientamento descritto sono espressi anche da C. Zoli, La contrattazione in deroga, cit., spec. pag. 42-43.
quantomeno contraddittorio, perché ricerca la soluzione del conflitto nella sua stessa origine.
Una corretta ricostruzione della volontà delle parti è decisiva nelle ipotesi di integrazione tra regolamentazioni concorrenti, in cui sia possibile giungere all’applicazione di entrambi i negoziati in concorso298. Invece, in caso di conflitto la ricostruzione della volontà delle parti permette solo di rilevare l’esistenza di una divergenza e, quindi, di un conflitto. E’ necessario, invece, individuare un criterio esterno di risoluzione.
Non a caso nelle sentenze richiamate, comunque, il conflitto è risolto tramite un criterio esterno, quale quello di specialità o quello cronologico. Ciò dimostra che, a prescindere dalla formula utilizzata299, la valorizzazione dell’autonomia negoziale delle parti non è criterio di selezione della disciplina applicabile; essa è anzi motivo e ragione del conflitto, piuttosto che principio di risoluzione dello stesso.
Alcune considerazioni specifiche merita l’orientamento300 che ha valorizzato, per tale via, le clausole interne al sistema sindacale. Si è dato rilievo “alla eventuale presenza di clausole di organizzazione della attività contrattuale (rinvii negoziali e determinazione delle competenze soggettive e oggettive) e (a)l coordinamento funzionale che le associazioni stabiliscono tra i vari ambiti contrattuali,
298 Cfr. L. Mariucci, Contrattazione…cit., pagg. 172-173, il quale rileva come spesso la concorrenza di regolamentazioni contrattuali non si ponga in termini di conflitto e possa essere risolta in via interpretativa.
299 Cfr. C. Zoli, Contrattazione in deroga, cit., pag. 43, che ritiene la formula della effettiva ricerca della volontà delle parti, utilizzata dalla giurisprudenza sopra richiamata, una “affermazione di principio”.
300 Cfr., in particolare, Cass. 04 febbraio 1988, n. 1147, cit.; Cass. 01 luglio 1986, n. 4354, cit.; Cass. 26 maggio 2008, n. 13544, cit.
deducibili da statuti o da altri atti comunque idonei a vincolare la libertà dei soggetti stipulanti”301.
L’interesse per i criteri di coordinamento interni al sistema sindacale è manifestato con frequenza anche in dottrina302, ove si sono ritenute esistenti “esigenze di razionalità del sistema, il quale può reggersi solo nel quadro di una distribuzione efficiente delle competenze negoziali e non su una indiscriminata sovrapposizione e diversificazione dei trattamenti disposti ai vari livelli”303. La soluzione suscita però qualche perplessità, perché le clausole richiamate hanno valenza obbligatoria.304 Solo ove si attribuisca loro un’efficacia reale305, esse potrebbero essere utilizzate nella risoluzione del conflitto.
301 Cass. 05 marzo 1986, n. 1445, cit.
302 Cfr. M. D’Antona, Appunti sulla determinazione… cit., pag. 11, secondo il quale “l’esistenza di un ordine di competenze è coessenziale alla contrattazione collettiva, come sistema organizzato di rapporti negoziali”. Nello stesso senso cfr.
L. Mariucci, Contrattazione collettiva, cit., spec. pagg. 172-173. In modo parzialmente diverso si è espresso C. Zoli, Gli obblighi a trattare nel sistema dei rapporti collettivi, cit., il quale, pur rilevando la natura obbligatoria delle clausole di coordinamento interno presenti nei testi contrattuali, ha sostenuto che la tenuta del sistema potrebbe essere garantita mediante l’introduzione di clausole “che si muovano nell’ottica dell’autorafforzamento del contratto collettivo”. Da ultimo in tal senso cfr. anche G. Santoro Passarelli, Efficacia soggettiva del contratto collettivo: accordi separati, dissenso individuale e clausola di rinvio, cit., pag. 483 e ss.
303 Cfr. L. Mariucci, Contrattazione…cit., pag. 187.
304 Sulla quale concorda la dottrina prevalente, cfr. C. Zoli, Gli obblighi a trattare nel sistema dei rapporti collettivi, cit., pag. 314; P. Tosi, Contrattazione collettiva e controllo del conflitto, in Dir. lav. rel ind., 1988, pag. 460; M. Grandi, Opinione, in M. Grandi,
M. Rusciano, Accordo del 31 luglio 1992 e contrattazione aziendale, in Dir. lav. rel. ind., 1993, pag. 218; L. Mariucci, La contrattazione collettiva, cit., pag. 257; T. Treu, L’accordo del 23 luglio 1993: assetto contrattuale e struttura…cit., pag. 226; M. Magnani, Contrattazione collettiva e governo del conflitto, cit., 1988, pag. 700 e ss.; V. Leccese, Gli assetti contrattuali delineati dal Protocollo del luglio 1993 e i rapporti…cit., p. 274.
305 Cfr. G. Ferraro, Morfologia e funzione delle nuove rappresentanze aziendali…cit., pag. 220; F. Corso, Contratto collettivo e organizzazione del sistema sindacale, Napoli, 2003, pag. 206; E. Manganiello, Gli accordi cd. triangolari tra programmazione politica, efficacia obbligatoria e livelli contrattuali, cit., 1994, II, pag. 105 e ss.
Di converso, accertata la natura obbligatoria di tale clausole, non è poi razionale dare rilevanza alle stesse, nell’ottica della valorizzazione dell’autonomia negoziale delle parti306. È un’attività esegetica che si ripiega su se stessa, negando in conclusione le sue stesse premesse. Si profila quasi una contraddizione in termini perché si dà rilievo, tramite il meccanismo della valorizzazione dell’autonomia negoziale, alle stesse clausole giudicate inidonee a risolvere il conflitto307.
L’orientamento sembra muovere dal presupposto della natura autoreferenziale e completa del sistema sindacale, che garantirebbe all’interprete di rinvenire al suo interno una soluzione al conflitto. Ciò è smentito della mancanza di coercibilità delle norme in esso poste, che rende necessario un diverso inquadramento teorico della questione.
306 Contra cfr. G. De Tommaso, op. cit., pag. 520, il quale, partendo da un criterio di “unità e razionalità del sistema complessivo” ha concluso nel senso “che un ordinamento completo e autosufficiente non può legittimare (salvo negare se stesso come ordinamento) qualsiasi atto posto in essere in periferia che suoni come totale negazione e sconfessione di ciò che si è stabilito al centro”.
307 Cfr. A. Lassandari, Rapporti tra contratti collettivi, cit., pagg. 467 e ss.
CAPITOLO III
IL PRINCIPIO DI SPECIALITÀ COME CRITERIO DIRIMENTE DEL
CONFLITTO
SOMMARIO. 1. Natura, significato e funzione del principio di specialità. – 2. La specialità come principio generale dell’ordinamento giuridico. – 3. La ricostruzione del rapporti tra contratti collettivi di diverso livello alla luce del principio di specialità. – 4. Il modello contrattuale risultante. – 5. Il caso della contrattazione separata. – 6. Segue. Il rapporto tra contratti collettivi di diverso livello in caso di contrattazione separata. Possibili elementi di specificità. – 7. Rinvio legale e rapporti tra contratti collettivi – 7.1. Le fattispecie – 7.2. Una esemplificazione: la disciplina dell’orario di lavoro.
1. Natura, significato e funzione del principio di specialità.
Nella storia del pensiero giuridico contemporaneo, poche idee si sono dimostrate resistenti come quella della specialità. Espresso già con il brocardo latino lex specialis derogat legi generali308, il criterio di
308 Invero, la più antica espressione del criterio di specialità è contenuta nella massima “generi per speciem derogatur”, tratta da un frammento (D.50.17.80 Papinianus 33 quest.), del libro cinquantesimo del Digesto, dal titolo De diversis regulis iuris antiqui: in toto iure generi per speciem derogatur et illud potissimum habetur, quod ad speciem derectum est. Il brocardo latino lex specialis derogat legi generalis, iniziò a diffondersi più tardi, negli studi condotti dalla scuola bolognese su tale
specialità è tuttora riconosciuto e rilevante in molti ordinamenti europei309, tra cui quello italiano. Il suo rilievo è dimostrato dai numerosi studi in campo penale sulla corretta interpretazione dell’art. 15 cod. pen310. Se poi dalla considerazione della norma “speciale” si passa a quella del “diritto” speciale, ci si rende conto di come la specialità sia concetto utilizzato per coordinare tra di loro interi campi del diritto.
Tuttavia, il significato ultimo del concetto di specialità è controverso, e soprattutto è dibattuto il fondamento. Anche in studi recenti si è rilevato come “in seno al pensiero giuridico e teorico-
giuridico italiano contemporaneo, del principio di specialità è discussa tanto la natura quanto l’oggetto”311.
La specialità è una relazione tra norme, attinente al loro significato312. Si è osservato che “il criterio di specialità è un criterio di individuazione della norma applicabile, legato alla semantica del linguaggio normativo”313. Infatti, la specialità deriva da un “giudizio
regola iuris. Per una ricostruzione dettagliata sul punto si veda S. Zorzetto, La norma speciale. Una nozione ingannevole, Pisa, 2010, spec. pag. 71 e ss.
309 Ad esempio, il principio di specialità è ampiamente riconosciuto nei paesi anglosassoni. Da esso deriva la regola interpretativa nota come The rule of ejusdem generis, utilizzata sia nell’interpretazione della statutory law sia in quella dei contratti.
310Per i primissimi riferimenti cfr. Vallini, Concorso di norme e di reati in Introduzione al sistema penale, vol. II, (a cura di) Insolera, Mazzacuva, Pavarini, Zanotti, Torino, 2001; Antolisei, Conti, Istituzioni di diritto penale, Milano, 2000; G. De Vero, Corso di diritto penale, Torino, 2012, pag. 358-371; F. Mantovani, Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, Bologna, 1966; A. Moro, Unità e pluralità di reati, Padova, 1951; A. Pagliaro, Concorso di norme (dir. ,pen.), in Enc. dir., vol. VIII;
311 Cfr. S. Zorzetto, La norma speciale… cit., pag. 23.
312 Cfr. F. Modugno, Norma giuridica (teoria generale)..cit., pag. 328 e ss.; Id, Ordinamento giuridico (dottrine generali), in Enc. dir., vol. XXX, pag. 680 e ss.; Id., Norme singolari, speciali, eccezionali, in Enc. dir, vol. XVIII, pag. 506 e ss.; M. Allara, Le nozioni fondamentali del diritto civile, vol. I, Torino, 1958, pag. 31; N. Irti, Le leggi speciali tra teoria e storia, in L’età della decodificazione, Milano, 1999, pag. 53 e ss.
313 Cfr. L. Ferrajoli, Principia iuris. Teoria del diritto, vol. I, Roma, 2007, pag. 689.
di comparazione”314 tra regole, che impone un accertamento del loro contenuto. Nessuna norma è speciale in sé considerata, ma tale attributo può essere riferito a essa solo all’esito di un’attività interpretativa condotta in riferimento a una norma generale.
Diverse ricostruzioni dottrinali sono state avanzate per definire il rapporto tra il comando generale e quello speciale, alcune basate su criteri quantitativi, altre su criteri qualitativi315. Si può partire dall’impostazione di chi316, accomunando le norme speciali a quelle eccezionali, ha ritenuto che la differenza si misuri in termini di tipi di fattispecie regolate. In accordo a questa prospettiva, “il rapporto quantitativo tra norma eccezionale e norma regolare non si commisura al numero, bensì ai tipi di fattispecie rispettivamente disciplinate col ritenere alcune di queste, ricomprese nell’ambito di una norma, regolate pure più determinatamente da un’altra norma”317. Tale ricostruzione permette di cogliere due tratti caratteristici della specialità. Per un verso, essa dà ragione della differente portata tra la norma generale e quella speciale, valorizzata già in studi risalenti318. Se non ci fosse il comando speciale, si applicherebbe quello generale anche alla fattispecie disciplinata dal primo. E ciò conferma la dimensione di relazione insita nel concetto di specialità, se solo si riflette che un simile giudizio è esprimibile solo correlando una norma all’altra.
314 L’espressione è di N. Irti, Le leggi speciali tra teoria e storia, in, L’età della…cit., pag. 53, secondo il quale “l’attributo della “specialità” deriva da un giudizio di comparazione tra due norme”.
315 Per una ricognizione si veda: F. Modugno, Norme singolari, speciali, eccezionali,
….cit., spec. pag. 513 e ss.; Id, Norma giuridica (teoria generale), cit., spec. pag. 378 e ss.
316 F. Modugno, ult. op. cit., spec. pag. 519.
317 F. Modugno, ult. op. cit., pag. 519.
318 V.: F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1951.
E, d’altro canto, tale definizione contiene un riferimento alla qualità della norma speciale, nel ritenere che quest’ultima disciplini “più determinatamente” alcuni tipi di fattispecie pure ricomprese nella norma generale. Del resto, la stessa idea di una maggiore determinatezza della norma speciale rispetto a quella generale è espressa dalla risalente teoria319 in base alla quale la fattispecie della norma speciale conterrebbe un elemento ulteriore rispetto a quelli contenuti nella norma generale. Seppure tale tesi sia apparsa a taluno esemplificante, rispetto alla complessità insita nel concetto di specialità320 o sia stata da altri rifiutata, perché fonderebbe un’inutile differenza tra norma speciale e norma eccezionale321, essa ha il pregio di esprimere un elemento importante della specialità.
Qualora sia verificata, la relazione concettuale di specialità è criterio di risoluzione delle antinomie. Il principio di specialità consiste, pertanto, in una regola interpretativa322 che limita il contenuto del comando generale, escludendo la sua applicazione alla fattispecie disciplinata da quello più specifico323. In altri termini, il principio di specialità è un canone di interpretazione delle norme, che garantisce la prevalenza del precetto specializzato. Cosicché “la
319 Cfr già, P. Coppa – Zuccari, Diritto singolare e diritto territoriale. Studi, I, Modena, 1915, spec. pag. 80 e ss.; V. Gueli, Il diritto singolare e il sistema giuridico, Milano, 1942, pag. 44 e ss. Aderisce a tale ricostruzione anche N. Irti, Le leggi speciali tra teoria e storia, cit., pag. 55, secondo il quale: “il criterio di individuazione può così enunciarsi: che le note della norma generale debbono ritrovarsi nella norma speciale, e che questa vi aggiunge una nota ulteriore.”
320 V., in questo senso: S. Zorzetto, La norma speciale.. cit.
321 F. Modugno, Norme singolari, speciali, eccezionali, cit., il quale non la confuta apertamente ma la richiama nelle argomentazioni a sostegno di una differenza tra norma speciale e norma eccezionale, da lui contestata.
322 Contra cfr. S. Zorzetto, La norma speciale, cit., spec. pag. 410.
323 Si tratta di una ricostruzione prevalente in dottrina. Cfr F. Modugno, Norma giuridica…cit., pag. 328 e ss.; Id, Ordinamento giuridico…cit, pag. 680 e ss.; Id., Norme singolari, speciali…cit., pag. 506 e ss.; M. Allara, Le nozioni fondamentali del diritto… cit. pag. 31; N. Irti, Le leggi speciali tra teoria e storia…cit., pag. 53 e ss.
concorrenza dei due comandi induce ad interpretare il più ampio nel senso restrittivo escludendone i casi regolati dal meno ampio”324. La deroga opera limitando o sospendendo l’efficacia della norma generale, rispetto alla fattispecie regolata da quella speciale325.
Se il criterio cronologico è un corollario del carattere temporale e normodinamico di ogni precetto, quello di specialità è un criterio di ragionamento fondato sulla naturale tendenza alla specificazione di ogni ordinamento, inteso come insieme di comandi giuridici. Secondo una ricostruzione non superata, “il passaggio dalla regola generale a quella speciale derogatoria corrisponde ad un naturale differenziarsi delle categorie e a una graduale apertura, da parte del legislatore, o del giudice, di questa differenziazione; rappresenta il processo di progressiva adeguazione della regola di giustizia alle articolazioni della realtà sociale, sino al limite ideale del trattamento diverso per ciascun individuo, che è l’esigenza eterna della qualità come giustizia del caso concreto”.326 In altri termini, la tendenza alla diversificazione si manifesta sempre e risponderebbe, in ultima analisi, a un principio di giustizia sostanziale. Così come ogni insieme di norme si relaziona e si adegua al trascorrere del tempo, allo stesso modo in esso si manifesta una naturale tendenza alla
324 Cfr. F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, cit., pag. 80.
325 Così F. Modugno, Norme singolari, speciali, eccezionali, cit. Nello stesso senso sembra esprimersi anche L. Ferrajoli, Principia Iuris, Teoria del diritto, cit., pag. 689, secondo il quale “la norma speciale è semplicemente un’altra norma, niente affatto incompatibile con quella generale, che infatti non viene eliminata e sulla quale prevale perché la fattispecie da essa prevista ha un significato più ristretto”. Cfr. anche quanto sostenuto da N. Irti, Le leggi speciali tra teoria e storia, cit., pag. 78, secondo il quale “quando una norma speciale sopraggiunge dopo una norma generale, non abbiamo un fenomeno di abrogazione (totale o parziale), ma un fenomeno di deroga: la norma speciale limita l’estensione di efficacia della norma generale, sottraendole la disciplina di date categorie di rapporti.”
326 Cfr. N. Bobbio, Sui criteri per risolvere le antinomie, in Studi in onore di Antonio Segni, Milano, 1968, pag. 313.
specificazione che risponderebbe, oltre che a uno schema logico, anche a un principio etico.
Per certi versi, ciò è confermato anche dal dibattito327 sulla funzione delle norme speciali nell’ordinamento post costituzionale. Tale dibattito ha dimostrato come, rispetto alle norme uniformanti del codice civile, le leggi speciali abbiano comportato “l’emersione di note caratteristiche, abbandono della figura astratta del cittadino e rilevanza di posizioni nei gruppi e nelle categorie economiche”328. Hanno così attuato la Costituzione329 che, entrata in vigore successivamente al codice civile, ha impresso un’accelerazione al processo di differenziazione, introducendo il progetto di una nuova società. In questo senso, le leggi speciali hanno dato esplicazione al principio costituzionale di eguaglianza che “sospinge non più verso l’uniformità, ma verso la differenziazione”330.
327 Cfr. sul punto la non superata ricostruzione di N. Irti, L’età della decodificazione, cit. ripresa anche da F. Modugno, Ordinamento giuridico (dottrine), cit., pag. 709 e ss. 328 V.: N. Irti, ult. op. cit., pag. 95.
329 Cfr. N. Irti, ult. op. cit., pag. 92, secondo il quale “le norme speciali, che un tempo svolgevano principi del codice civile o dell’ordine corporativo, si caratterizzano ormai come norme attuative di programmi e indirizzi costituzionali. Le norme progettuali della Carta repubblicana, appunto per il loro contenuto, non disciplinano direttamente singole materie o categorie di casi: esse esigono il tramite, necessario e insopprimibile, delle norme ordinarie. La norma speciale è chiamata però ad un ufficio di mediazione tra principio costituzionale e caso concreto: l’uno, per farsi disciplina dell’altro, non può non passare attraverso la norma ordinaria”.
330 Cfr. N. Irti, ult. op. cit., pag. 95. Cfr anche F. Modugno, Ordinamento (dottrina), cit., pag. 709; il quale, partendo dalla ricostruzione di Irti, sostiene che il criterio di specialità è codificato nel nostro ordinamento dall’art. 3 Cost., nella interpretazione a esso data dalla Corte costituzionale.
2. La specialità come principio generale dell’ordinamento giuridico.
È complesso comprendere la esatta portata del principio di specialità, se cioè esso assurga a principio generale dell’ordinamento giuridico o abbia una valenza più ristretta. Si può partire dai rilievi dei teorici del diritto sulla sua natura teoretica, prima che dogmatica331. Secondo tali ricostruzioni, poiché “la relazione logica tra le norme è oggetto della teoria delle norme in quanto tali, ossia in quanto necessariamente inserite in un sistema”332, la specialità mostra innanzitutto la sua natura teoretica, anche se l’ordinamento positivo può limitarne la portata. A differenza dei criteri gerarchico e di competenza, che sono di necessità espressione di un dato ordinamento positivo, quello di specialità deriva da una relazione logica tra norme verificabile in qualsiasi sistema di comandi giuridici, ed è quindi oggetto della teoria delle norme in quanto tale333.
In sintesi, la specialità è una relazione logica che si instaura in qualsiasi insieme di norme, a prescindere dalla sua espressa
331 Cfr. F. Modugno, Noma (teoria generale), cit., pag. 379.
332 Cfr. F. Modugno, Norma (teoria generale), cit., pag. 379, secondo il quale: “se la dimensione temporale è insita nella pensabilità stessa di qualsiasi ordinamento positivo ed è anzi espressione della stessa positività, intesa come presenzialità ed oggettività, e se la relazione logica tra le norme è oggetto della teoria delle norme in quanto tali, ossia in quanto necessariamente inserite in un sistema, i criteri cronologico e della specialità mostrano innanzi tutto la loro natura teoretica, anche se gli ordinamenti positivi possono, indubbiamente, interferire nella loro configurazione e nella loro portata”.
333 V. anche: F. Modugno, Norma (teoria generale), cit., pag. 377, secondo il quale “ma se le norme sono molteplici (e la molteplicità è connotato essenziale della norma giuridica, in quanto elemento di un sistema che deve contenerne più di una), esse sono distinte l’una dall’altra e la loro diversità può assumere, a sua volta, diverse configurazioni: di ambito, di grado, di tempo, di relazione logica, secondo le regole di formazione contenute nei vari sistemi. Lo studio della diversità appartiene evidentemente alla dogmatica del singolo ordinamento positivo, ma i rilievi sulle relazioni logiche tra norme (…) spettano alla teoria generale”.
codificazione. In questo senso, essa è differente rispetto alla gerarchia e la competenza. Queste ultime, infatti, in tanto esistono in quanto sono codificate dalle norme sulla produzione di un determinato ordinamento positivo. Hanno quindi, una natura dogmatica. Al contrario, la specialità esiste già a livello teorico, perché così come la dimensione temporale, è insita in ogni insieme di norme.
Persuade il riferimento al carattere logico del criterio di specialità. Del resto, se si accetta la tesi iniziale sulla naturale tendenza alla specificazione di ogni ordinamento, si può comprendere come il criterio di specialità risponda a tale tendenza, perché è in grado di assicurare la prevalenza del precetto specializzato. D’altro canto, ove la norma generale e quella speciale non siano ordinabili secondo i criteri di gerarchia o competenza, il precetto specializzato sarebbe posto inutilmente, se non fosse destinato a prevalere su quello generale.
Ogni ordinamento, nel recepire il principio di specialità, può limitarne la portata. Occorre quindi verificare se ciò sia accaduto nel nostro ordinamento. Assumono rilievo i riferimenti normativi alla specialità. In particolare, essa è sancita nell’art. 12 disp. att. cod. civ., come criterio generale di risoluzione della antinomie legislative. Trova poi un riconoscimento espresso in materia penale nell’art. 15 cod. pen., ed è richiamata da una serie di norme, che si auto qualificano come speciali o che, di converso, fanno salve la norme speciali334. Inoltre, il suo rilievo ermeneutico è confermato dalla
334Per rimanere al codice civile, cfr. art. 2, comma 2, cod. civ., in materia di capacità di agire. Cfr poi art. 2449 cod. civ. in materia di società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici. In materia di rapporto di lavoro subordinato, cfr. art. 2107 cod. civ., secondo il quale “la durata giornaliera o settimanale della prestazione di lavoro non può superare i limiti stabiliti dalle leggi speciali”
giurisprudenza335, che sovente ha fatto riferimento al criterio di specialità come canone ermeneutico di risoluzione dei conflitti, anche in materia lavoristica336.
Per tale motivo, vi è motivo di credere che l’ordinamento positivo accolga il principio di specialità, senza limitarne la portata o ridurne l’influenza. Esso, al contrario, lo sancisce in maniera espressa come criterio generale di risoluzione delle antinomie, anche in materia penale.
Se si riflette su ciò, si comprende come quello di specialità non sia un principio desumibile dall’art. 12 disp. att. cod. civ. e 15 cod. pen. ma come, al contrario, queste due norme ne siano promanazione. Non si tratta solo di una questione termologica ma, al contrario, la differente prospettiva inerisce a una diversa portata del principio di specialità. Nel primo caso, esso sarebbe applicabile solo alle ipotesi espressamente previste dalle norme. Invece, la specialità è un principio generale di risoluzione dei conflitti tra comandi, anche non di natura eteronoma. L’art. 12 disp. att. cod. civ. e l’art. 15 cod. pen. non valgono quindi a limitare il campo di applicazione del criterio di specialità alle sole ipotesi di antinomie legislative, ma, al contrario,
335 Cfr. per le più risalenti Cass. 5 febbraio 1975, n. 427; Cass. 18 giugno 1999, n. 6146, in Giust civ. mass., 1999, pag. 1432.
336 Si veda, ad esempio, il dibattito in tema di applicabilità della disciplina dei licenziamenti collettivi in caso di cessazione totale dell’attività, per il fallimento del datore di lavoro. Di recente, Cass. 02 marzo 2009, n. 5032, in Dir. giust., 2009, ha ritenuto necessaria l’applicazione della procedura di licenziamento collettivo anche in tale ipotesi, perché “la disciplina del fallimento, non è norma speciale, nei confronti della L. 23 luglio 1991, n. 223, bensì è questa che, nei confronti della prima, costituisce norma speciale. Da ciò, anche l'interesse da tutelare. L'obbligo del curatore di tutelare gli interessi del fallimento non esclude il suo obbligo di osservare, pur nell'ottica del fallimento (creditori e fallito), le procedure previste dalla legge e, fra queste, anche (per la sua prevalente finalità) la normativa speciale in esame.”
confermano che l’ordinamento interno ha accolto il principio di specialità, che ha portata generale.
Del resto, sebbene non manchino teorie più caute, in cui la portata della specialità è meno estesa337 o l’utilità del principio negata338, è risalente l’orientamento dottrinale339, che muovendo dalla natura teoretica del principio di specialità, ha ritenuto che il relativo principio prescinda perfino da un espresso riconoscimento normativo, per la sua natura di metanorma positiva o di principio consuetudinario costituzionale340.
Alla luce di tali considerazioni, occorre considerare la questione dell’applicabilità del principio di specialità ai conflitti tra comandi negoziali. Più in particolare, se si conviene sulla sua natura logica della specialità e sulla portata generale del principio, esso deve essere ritenuto applicabile a qualsiasi insieme di comandi, non solo di origine legislativa. La relazione di specialità inerisce a qualsiasi insieme di regole di condotta, non solo di produzione eteronoma, ma anche autonoma341. Anzi, quest’ultima è l’unico criterio di
337 Cfr. S. Zorzetto, La norma speciale…, cit., spec. pag. 383 e ss.
338 Cfr. M. Allara, Le nozioni fondamentali del diritto civile, cit., pag. 31, secondo il quale “le norme speciali, che non vanno confuse con le norme eccezionali, sono quelle che, distaccandosi dal tronco delle norme generali, contengono, in relazione ad un campo circoscritto dei rapporti della vita sociale, un regolamento più confacente alle particolari esigenze di tali rapporti. A nostro modo di vedere tale distinzione non si presenta ben delineata e ci sembra priva di valore pratico”.
339 L’impostazione è diffusa soprattutto fra i teorici del diritto, secondo i quali il principio di specialità è innanzitutto un principio teoretico, codificato poi in alcuni ordinamenti. Cfr. T. Mazzarrese, Antinomia, in Dig. disc. priv. sez. civ., I, 1987, p. 347;
F. Modugno, Norma (teoria gen).. cit, spec. pag. 378-379.
340 In tal senso si esprime L. Ferrajoli, Principia Iuris…cit., pag. 689, secondo il quale “i criteri di soluzione di queste antinomie e lacune deboli, di solito espressi quali principia iuris et in iure da specifiche meta – norme positive”.
341 Sulla qualificazione in termini di norma giuridica anche della norma di condotta individuale cfr. già Platone, Repubblica, II, 367α - 369α in Dialoghi, V, trad. it. a cura di F. Sartori, Bari, 1956 . Cfr. amplius non solo sulla norma di condotta individuale
risoluzione dei conflitti tra comandi, anche negoziali, appartenenti al medesimo insieme regolativo, e però non ordinabili secondo un criterio gerarchico o di competenza.
Del resto, è significativo al riguardo il risalente orientamento dottrinale che faceva derivare la regola generi per speciem derogatur dal principio di conservazione del comando negoziale342. Secondo tale ricostruzione << quando i due comandi abbiano una portata diversa, nel senso che uno sia un comando di genere e l’altro un comando di specie, l’antinomia è eliminata per via di interpretazione mediante la regola generi per speciem derogatur, giusta la quale la concorrenza dei due comandi induce ad interpretare il più ampio nel senso restrittivo escludendone i casi regolati dal meno ampio; codesta regola deriva dal principio di conservazione del comando, riconosciuto per il comando contrattuale dall’art. 1367 cod. civ., il quale va esteso per analogia ai comandi di qualsiasi altra categoria>>343. Una simile impostazione dimostra che la specialità inerisce al comando in quanto tale e, quindi, non solo a quello di origine legislativa. Più nello specifico, essa attiene alla norma – di qualsiasi natura, anche autonoma – colta nella sua dimensione di relazione con altre norme, all’interno di un determinato insieme regolativo.
ma anche sulla norma sociale, F. Modugno, Norma (teoria generale)... cit., pag. 330 e ivi riferimenti.
342 Cfr. F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, cit., pag. 80.
343 Cfr. F. Carnelutti, Teoria generale del diritto, cit., pag. 80.
3. La ricostruzione del rapporti tra contratti collettivi di diverso livello alla luce del principio di specialità.
Già nei primi anni ottanta, una dottrina344 ha rilevato come “la coesistenza di contratti di categoria con contratti di livello minore si pone sovente, per vari aspetti delle materie regolate, in termini di rapporto conflittuale tra discipline generali e discipline speciali”345. Secondo tale ricostruzione, in assenza di criteri interni di origine negoziale, il conflitto tra contratti collettivi sarebbe componibile mediante un’applicazione analogica del criterio di specialità. Anche alcune sentenze346 hanno aderito a tale ricostruzione, ora richiamando in modo espresso il principio di specialità347, ora facendo riferimento alla maggiore prossimità del contratto aziendale rispetto al rapporto di lavoro348.
È persuasiva la ricostruzione dei rapporti tra regolamentazione nazionale e aziendale in termini di genere - specie. Anzi, se si
344 Cfr. M. Grandi, Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello, cit., spec. pag. 45. L’A. ha sottolineato la difficoltà di individuare un criterio interno “al sistema dei contratti, in grado di consentire una coerente composizione delle situazione di concorso-conflitto di discipline negoziali di diverso livello, in assenza di previsioni implicite o esplicite nei testi contrattuali.” Pur partendo da un diverso inquadramento teorico del contratto collettivo, ha ritenuto applicabile “un criterio tecnico di successione temporale tra contratti, integrato da un criterio di specialità” anche Ferraro, Ordinamento, ruolo del sindacato, dinamica contrattuale di tutela, cit., spec. pag. 361 e ss.
345 Così M. Grandi, ult. op. cit., pagg. 47 – 48.
346 Cfr. Cass., 12 luglio 1986, n. 4517, in Not. Giur. Lav., 1986, pag. 569 e ss., secondo la quale “sotto un profilo oggettivo può utilizzarsi un criterio, di ordine essenzialmente logico-razionale, atto a dirimere il concorso – conflitto fra norme inserite in un complesso tendenzialmente sistematico, e a consentire l’individuazione di un rapporto fra genere e specie, vale a dire una relazione che investe la portata e il significato di detta normativa, l’una tendenzialmente generale e l’altra, derogativa, tendenzialmente speciale e singolare.” Cfr. anche Cass., 19 aprile 2006, n 9052 in Giust. Civ. Mass., 2006, 4.
347 V.: Cass., 12 luglio 1986, n. 4517, cit.
348 V.:Cass., 19 aprile 2006, n 9052, cit.
conviene sulla tesi iniziale, secondo la quale il negoziato aziendale specifica e integra il contratto nazionale, si può sostenere che esso nasca come disciplina speciale dei rapporti di lavoro in azienda. In altri termini, il contratto aziendale è per sua natura “speciale”, perché pone una regolamentazione specifica di alcuni rapporti di lavoro tra quelli pure regolamentati dall’accordo nazionale. E’ quindi verificabile, tra i due livelli di contrattazione, quella differenza di portata che è elemento caratterizzante della relazione di specialità. Per tale motivo, il negoziato aziendale è, per ogni aspetto delle materie regolate, speciale rispetto a quello nazionale.
È del pari convincente attribuire a una simile relazione rilevanza nella risoluzione del conflitto tra contratti di diversi livelli. Nell’impostazione dottrinale originaria349 tale conclusione è basata sulla constatazione dell’esistenza di “un pluralismo differenziato di competenze negoziali nell’ambito di sistemi complessi, ma unitari, di organizzazione sindacale, in cui, pur in assenza di norme interne di coordinamento, possa sempre individuarsi, sul terreno delle politiche o delle prassi contrattuali di fatto accettate, un valido titolo a specializzare le discipline generali”. La ricostruzione è stata condivisa da alcune sentenze successive350. In ultima analisi, essa esprime l’esigenza di rinvenire già all’interno del sistema sindacale un “valido titolo” che consenta al contratto aziendale di “specializzare” la disciplina nazionale. Ciò renderebbe non eversiva ma adeguata “alla natura flessibile dei processi di contrattazione collettiva”351 la ricostruzione del conflitto nell’ottica della specialità.
349 Cfr. M Grandi, ult. op. cit., pag. 49.
350 Cfr. Cass., 12 luglio 1986, n. 4517, cit., secondo la quale il principio di specialità opera ove “contratto nazionale e contratti di portata più limitata possano ritenersi ricompresi in un insieme organizzativamente e funzionalmente coordinato”.
351 Così M. Grandi, ult. op. cit., pagg. 49-50.
Anche l’orientamento352 che ha ritenuto applicabile il principio di specialità solo nel caso in cui i contratti collettivi in contrasto siano stipulati dalle medesime organizzazioni sindacali sembra condividere tale idea.
Tuttavia, l’operatività del principio deve essere rimeditata. Infatti, nel caso in cui il contratto aziendale sia legittimato a specializzare la disciplina nazionale da una clausola interna al sistema sindacale, non si pone nemmeno un problema di conflitto, perché la prevalenza del contratto aziendale è assicurata già da quello nazionale. Soprattutto, poi, per il diffondersi di modelli contrattuali più specifici353, con più precise regole di coordinamento tra livelli354, il conflitto nasce dalla
352 L’idea fu avanzata da G. Giugni, Intervento, in Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello.. cit., pagg. 120-125. Anche Ferraro, Ordinamento, ruolo del sindacato…, cit., spec. pag. 379-380, pur ipotizzando l’applicazione del criterio di specialità individua nelle rappresentanze sindacali aziendali gli agenti contrattuali legittimati a negoziare in senso derogativo.
353 Se già il Protocollo Scotti conteneva una regolamentazione dei rapporti tra livelli, i modelli contrattuali successivi (sui quali, cfr. amplius capitolo I) hanno disciplinato la materia in maniera più specifica. Proprio perché la regolamentazione interna indica i limiti della contrattazione aziendale e le impone di astenersi dall’intervenire in alcune materie, è difficile che possa prospettarsi un conflitto tra livelli quando le clausole interne siano state rispettate.
354 Si veda, per esempio il ccnl per i dipendenti da aziende del terziario di mercato
– distribuzione dei servizi, rinnovato con accordo del 26 febbraio 2011. Quanto ai contenuti della contrattazione in deroga, il ccnl prevede, all’art. 6, che: <<Al secondo livello di contrattazione territoriale, le Associazioni imprenditoriali territoriali e le corrispondenti Organizzazioni sindacali potranno raggiungere intese sulle materie espressamente demandate dal presente c.c.n.l. a tale livello (…) Ai medesimi livelli di contrattazione potranno, altresì, essere raggiunte intese derogatorie finalizzate al miglioramento dei livelli di produttività, competitività ed efficienza delle imprese, sulle materie di cui alla Sezione IV contenute nei seguenti titoli: - Titolo I, escluse le previsioni contenute nel Capo II; - Titolo III; - Titolo V, Capi dal I al VII, escluse le previsioni contenute negli artt. 118, 132 e 146, 1° comma, 147, 149, 153. (…). Le parti concordano che nelle situazioni e con gli obiettivi di seguito indicati: - il superamento di situazioni di crisi; - lo sviluppo economico e occupazionale; - l'avvio di nuove attività, ampliamento, ristrutturazione e rilancio dell'attività; - le eventuali situazioni di emersione dal lavoro sommerso in presenza di idonei provvedimenti legislativi; potranno essere ricercate idonee soluzioni attraverso intese con effetti derogatori o sospensivi degli
violazione della regolamentazione interna. In tanto esiste il problema del conflitto, in quanto le clausole interne non sono rispettate. Né, d’altronde, il contrasto può essere risolto sulla base delle regole interne. Per la loro valenza obbligatoria355, esse non incidono sulla validità della contrattazione stipulata in violazione né possono essere tenute in considerazione nella risoluzione del conflitto356. Cosicché ricollegare l’operatività del principio al rispetto della regolamentazione interna al sistema sindacale significherebbe privarlo di rilevanza, oltre che non riconoscere la sua portata generale.
Invece, il principio di specialità non necessita di una conferma interna ma è, per sua natura, un criterio esterno di risoluzione del conflitto che opera a prescindere dalle regole di coordinamento interno e, anzi, opera proprio quando la violazione di tale regole abbia determinato un conflitto. La sua applicabilità discende dall’esistenza di una relazione di specialità tra i comandi negoziali e dalla pari dignità e dalla equi ordinazione tra questi ultimi.
È vero che, in alcune pronunce357, il principio di specialità non è stato ritenuto applicabile, per la difficoltà di estendere ai comandi negoziali criteri di risoluzione delle antinomie legislative. Tuttavia, tale orientamento muove da una considerazione non corretta del
istituti del c.c.n.l., ad esclusione dei seguenti: - il trattamento economico di cui alla Sezione IV, Titolo V, Capi XIII e XIV; - le ferie, di cui alla Sezione IV, Titolo V, Capo IV, ad eccezione dell'art. 148; - i permessi retribuiti, di cui all'art. 146, 1° comma; - gli istituti di cui alla Sezione I, Titoli I, II, III e IV; - gli istituti previsti dalle Sezioni II e III; - la determinazione dei contributi da erogare agli enti ed ai fondi nazionali, di cui agli artt. 95, 97, 115 e 116; - gli istituti di cui agli artt. 118 e 132. >>
355 Cfr. infra capitolo 1, § 3.
356 Cfr. infra capitolo 2, § 7.
357 Cfr. Cass. 18 maggio 2010, n. 12098, in Giust civ. mass., 5, pag. 771; Cass. 03 aprile
1996, n. 3092, in Notiz. giur. lav., 1996, pag. 496; Cass. 17 maggio 1985, n. 3047, in Riv. giur. lav. 1985, II, pag. 508; Cass., 19 maggio 2003, n. 7847, in Giust. civ. mass., 2003, pag. 5.
principio di specialità, perché non ne riconosce la portata generale. Invece, esso è applicabile in via diretta perché è criterio di interpretazione e di risoluzione anche dei conflitti tra precetti negoziali.
La natura speciale della disciplina aziendale le assicura prevalenza su quella nazionale358, senza che al riguardo possa rilevare il rispetto di clausole interne. Né l’operatività del principio è limitata alle ipotesi di stipulazione dei contratti in conflitto da parte di soggetti appartenenti alla medesima organizzazione sindacale.
La considerazione dei soggetti stipulanti non influisce sull’applicabilità del principio ma si pone su un piano differente perché attiene, per un verso, alla legittimità della contrattazione, con riferimento al disposto dell’art. 17 St. Lav., e, per l’altro, all’efficacia soggettiva del contratto. Infatti, la considerazione dei soggetti stipulanti è rilevante, in concorso con gli altri strumenti privatistici di adesione al negoziato, per la determinazione della sfera di applicazione di quest’ultimo. In ogni caso, poiché il lavoratore è estraneo all’intesa, deve essere sempre garantito il suo diritto al dissenso. Più che da un controllo di rappresentatività degli stipulanti, il pericolo di derive verso forme di sindacalismo di comodo è evitato dall’efficacia soggettiva limitata del contratto aziendale. Per un verso, essa impedisce che il negoziato si imponga d’autorità al singolo. Per l’altro, è garanzia di applicazione uniforme solo per i contratti collettivi frutto di una intesa quanto più condivisa tra le parti.
358L’idea di una specializzazione organizzativa del contratto aziendale è stata espressa anche di recente da V. Bavaro, Azienda, contratto e sindacato, Bari, 2012, pag. 106, secondo il quale “la specializzazione organizzativa è il fondamento logico del principi di specialità invocato da dottrina e giurisprudenza per legittimare contratti aziendali in conflitto con i contratti nazionali”.
È vero che, per certi versi, la considerazione dei soggetti stipulanti potrebbe incidere sulla dimensione di relazione tra precetti, che è tipica della specialità. Così se uno dei negoziati non potesse applicarsi al rapporto di lavoro, verrebbe meno l’elemento di relazione tra contratti, che è presupposto della specialità. In tali ipotesi, tuttavia, più che inerire all’applicabilità del principio di specialità, la considerazione dei soggetti stipulanti attiene alla stessa configurabilità di un concorso. Ove quest’ultimo non si configuri, il principio di specialità non è applicabile.
4. Il modello contrattuale risultante.
Il negoziato aziendale prevale su quello nazionale. Vi è da chiedersi se ciò possa essere affermato in generale. In altri termini, occorre comprendere se possono individuarsi alcune limitazioni.
Per l’incidenza della fonte legale sul negoziato collettivo, le ipotesi di rinvio legislativo devono essere oggetto di riflessioni specifiche359. Del resto, la necessità di considerazioni particolari per i negoziati sottoposti a influenze legislative è dimostrata dal dibattito dottrinale360. L’esegesi di tali contratti deve prendere le mosse della norma eteronoma e, se, sotto un profilo generale, non è escluso che il conflitto possa essere ricomposto secondo il principio di specialità, tale conclusione deve essere verificata in concreto per le singole ipotesi di rinvio, tenendo conto della loro formulazione. Non è infrequente, infatti, che la previsione legale incida sui rapporti tra
359 V. per tale riflessione § 7.
360 Cfr. sul punto E. Gragnoli, Profili dell’interpretazione… cit., pag. 103 e ss.; F. Carinci, Diritto Privato e diritto del lavoro, cit., pag. 37 e ss.; A. Lassandari, Il contratto collettivo aziendale e decentrato… cit., pag. 164 e ss.; U. Romagnoli, Il contratto collettivo di lavoro nel Novecento italiano, cit., pag. 225 e ss.
contratti di diverso livello. Cosicché può affermarsi che il principio di specialità non operi sempre nelle ipotesi di contrattazione cd. “delegata” ma imponga considerazioni specifiche, a partire dall’esegesi delle previsioni eteronome.
Per quanto riguarda i contratti estranei a influenze legislative, occorre chiedersi se per taluni aspetti della regolamentazione del rapporto il negoziato nazionale non svolga una funzione peculiare, che possa incidere sull’applicabilità del principio di specialità in ipotesi di conflitto. Si può partire dall’orientamento giurisprudenziale361 che attribuendo immediata precettività all’art.
36 Cost., ha valorizzando i risultati dell’autonomia collettiva, ovviando così alla mancata attuazione dell’art. 39 , seconda parte, Cost362. Alla luce di tale orientamento ci si può chiedere se nel suo connettersi con l’art. 36 , 1 comma, Cost. 363 il contratto nazionale svolga una funzione peculiare, o se invece tale funzione sia perseguibile anche dal contratto aziendale. In altri termini, la questione concerne la possibilità di far riferimento al contratto aziendale (anche in modo peggiorativo rispetto a quello nazionale) in
361 Si vedano, fra le tante: Cass. 15 ottobre 2010, n. 21274, in Giust. civ. mass., 2010, pag. 1328; Cass. 29 marzo 2010, n. 7528, in Giust. civ. mass. , 2010, pag. 454; Cass. 9
giugno 2008, n. 15148, in Giust. civ. mass., 2008, pag. 896; Cass. 26 ottobre 2005, n.
20765, in Dir & Giust., 2006, pag. 38 e ss.; Cass. 17 marzo 2000, n. 3184, in Dir. prat.
lav., 2000, pag. 2015 e ss.
362 Cfr. su tale orientamento innanzitutto C. Zoli, Retribuzione (impiego provato), in
Dig. Disc. Comm., vol. XII, pag. 418 e ss.
363 Sul punto, ai riferimenti della nota precedente adde Cfr. E. Gragnoli, La retribuzione e i criteri.. cit., pag. 2 e ss.; S. Palladini, I principi costituzionali in materia di retribuzione… cit., pag. 27. Più in generale, sull’art. 36 Cost. cfr. T. Treu, Commento all’art. 36…cit., pag. 88 e ss.; M. Cinelli, Retribuzione dei dipendenti privati, in Nov. Dig. it., App. VI, Torino, 1986; G. Perone, Retribuzione, in Enc. dir., XV, Milano, 1989, pag. 47 e ss.; L. Zoppoli, L’art. 36 della Costituzione e l’obbligazione retributiva, in Caruso, Zoli, Zoppoli (a cura di), La retribuzione. Struttura e regime giuridico, Napoli, 1994, pag. 93 e ss.; M. L. De Cristofaro, La giusta retribuzione, Bologna, 1971;
un eventuale giudizio sulla congruità della retribuzione rispetto all’art. 36 Cost. La soluzione positiva è stata talora accolta in giurisprudenza364 ed è stata di recente confermata365. Tuttavia qualche perplessità può essere espressa al riguardo. Proprio perché si pone a salvaguardia della libertà e della dignità dell’esistenza del lavoratore e della sua famiglia, l’art. 36 Cost. non tollera differenze e particolarismi aziendali. Al riguardo, una dottrina ha rilevato come “l’idea della retribuzione come meccanismo di garanzia della dignità e della libertà avrebbe presupposto una determinazione universalistica, in quanto la categoria della dignità (da cogliere come proiezione etica e no solo giuridica) sfugge alle dinamiche rivendicative di ciascuna organizzazione nazionale e, per altro verso, alla stessa posizione di inquadramento del dipendente ed ai suoi riflessi sul calcolo del compenso dovuto” 366. Se finanche il contratto nazionale presenta dei limiti367, a maggior ragione quello aziendale non sembra idoneo a realizzare l’istanza solidaristica fatta propria dall’art. 36 Cost., che tende all’uniformità e non ammette differenziazioni aziendali.
Per questo motivo, nella determinazione della “retribuzione minima”, così come individuata dalla giurisprudenza prevalente368, il
364 Cass. 20 settembre 2007, n. 19467, in Giust. civ. mass., 2007, 9; Cass. 26 marzo 1998, n. 3218, in Notiz. giur. lav., 1998, pag. 199 e ss.
365 Cass. 31 gennaio 2012, n. 1415, a quanto consta inedita.
366 Cfr. E. Gragnoli, La retribuzione ed i criteri della sua determinazione, cit., pag. 12.
367 Evidenzia tali limiti E. Gragnoli, La retribuzione e i criteri della sua determinazione, loc. cit., spec. pagg. 10-14.
368Segnatamente, la giurisprudenza prevalente fa rientrare nella nozione di retribuzione sufficiente e adeguata, ai sensi dell’art. 36 Cost., la retribuzione base, l’indennità di contingenza e la tredicesima mensilità. Invece, altri elementi retributivi, come la quattordicesima mensilità, gli scatti di anzianità e altri istituti contrattuali non sono fatti rientrare nei minimi retributivi, costituzionalmente garantiti. Cfr. Cass., 8 agosto 2000, n. 10465, in Riv. it. dir. lav., II, 2001, pag. 658 e ss.; Cass., 24 agosto 1996, n. 7818, in Notiz. giur. lav., 1996, pag. 991; Cass., 9 agosto
1996, n. 7379, in Rep. foro it., 1996, voce Lavoro (rapporto), n. 980; Cass., 16 luglio