Contract
Il contratto atipico di mantenimento: il fine assistenziale non esclude la patrimonialità della prestazione
di XXXX XXXXX XXXXXX
Dottorando di ricerca
Università degli Studi di Salerno
(CORTE DI CASSAZIONE, sezione seconda civile, sent. 22 novembre 2023, n. 32439, Pres. Orilia –
Rel. Scarpa)
Abstract
Attraverso la sentenza in epigrafe, la Cassazione ha affermato che il cosiddetto contratto atipico di mantenimento, definito anche vitalizio alimentare o assistenziale, quale oggetto della lite, è essenzialmente caratterizzato dall’aleatorietà e dalla patrimonialità della prestazione del vitaliziante. Il presente lavoro si occupa di analizzare, iniziando dalla fattispecie concreta esaminata dalla Corte, le caratteristiche del contratto atipico di mantenimento, precipuamente in un confronto con il contratto di rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c. e di vitalizio alimentare. Vengono affrontati i caratteri tipici degli istituti in analisi, con riferimento ai precedenti giurisprudenziali e alle principali opinioni dottrinali. Ci si sofferma, in ultimo, sulla particolare figura del vitalizio con fine assistenziale, nel cui ambito la prestazione rimane suscettibile di valutazione economica pur consistendo in attività quali l’affetto, la presenza costante, la compagnia, l’ascolto e la quotidianità.
Through decision 32439/2023, the Supreme Court has affirmed that the so-called atypical maintenance contract, also referred to as an alimony or welfare annuity, as the subject of the dispute, is essentially characterized by the aleatory and patrimonial nature of the annuitant’s performance. This paper is concerned with analyzing, starting with the concrete case examined by the Court, the characteristics of the atypical contract of maintenance, precipitously in a comparison with the contract of lifetime annuity under art. 1872 c.c. and alimony annuity. The typical features of the institutions under analysis are addressed, with reference to case law precedents and main doctrinal opinions. Finally, we dwell on the particular figure of the annuity with a welfare purpose, within the scope of which the benefit remains susceptible to economic evaluation even though it consists of activities such as affection, constant presence, companionship, listening and daily living.
Sommario: 1. La questione in sintesi; 2. Le caratteristiche del contratto atipico di mantenimento: il confronto con il vitalizio alimentare e la rendita vitalizia; 3. Sulla natura
del contratto atipico di mantenimento: patrimonialità e fungibilità della prestazione; 4. Segue. L’aleatorietà della prestazione; 5. Riflessioni conclusive: il fine assistenziale non esclude la patrimonialità della prestazione.
1. La questione in sintesi
La sentenza in commento prende le mosse da una vicenda che vede contrapposti due fratelli. La parte ricorrente in Cassazione – attore soccombente sia in primo che in secondo grado – si rivolgeva alla Suprema Corte affinché cassasse la sentenza emessa in secondo grado, accogliendo i motivi di doglianza avanzati.
La questione oggetto della lite ruotava intorno all’impugnativa di un contratto di
vitalizio assistenziale concluso tra la madre delle parti ed il resistente.
In forza di tale contratto il resistente si era obbligato «a mantenere ed ad assistere vita natural durante la madre», che in corrispettivo gli aveva ceduto la proprietà di alcuni beni immobili stimati in euro 238.000,00.
Secondo la tesi avanzata dal ricorrente, tale pattuizione era da considerarsi nulla in quanto mancante del requisito fondamentale dell’alea, ovvero era da considerarsi quale donazione indiretta e/o negozio misto con donazione. In ogni caso, il ricorrente riteneva di essere stato danneggiato da tale accordo, che aveva fatto uscire dal patrimonio della madre beni immobili, chiaramente esclusi dalla massa ereditaria nel momento in cui la donna decedeva.
Il ricorso alla Suprema Corte era articolato in cinque motivi, i quali venivano valutati in maniera differente: i primi quattro venivano esaminati congiuntamente dalla Corte di Cassazione che li accoglieva, mentre il quinto, inerente a un presunto difetto di prova sulla sussistenza di eventuali beni mobili del patrimonio della de cuius, era dichiarato inammissibile per mancanza di specifica riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata. Per l’effetto della pronuncia in commento veniva cassata la sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte e veniva rinviata la causa alla Corte di secondo grado in diversa composizione.
Più precipuamente, seguendo l’iter logico-giuridico sostenuto dal Supremo Consesso, si può ritenere che il contratto atipico di mantenimento – definito anche contratto di vitalizio alimentare o di vitalizio assistenziale – possa essere caratterizzato dai due elementi dell’aleatorietà e della patrimonialità della prestazione del vitaliziante. Nel caso di specie, poiché l’età della donna non era particolarmente avanzata e le sue condizioni di salute erano tali da poter escludere «un probabile rapido esito letale», sembra potersi affermare la sussistenza del requisito dell’aleatorietà, anche alla luce del principio generale sopra enunciato.
Quanto, invece, al secondo elemento, la Cassazione censura l’affermazione della
Corte di secondo grado, per la quale «la prestazione del […] deve ritenersi svincolata da
una esatta quantificazione economica», essendo evidentemente connotata da elementi (quali l’affetto, la presenza costante, la compagnia, l’ascolto, la quotidianità) che non possono essere ricondotti a parametri matematici.
Per la Corte di legittimità, i giudici di secondo grado, così decidendo, avrebbero negato alla prestazione del vitaliziante il carattere della patrimonialità, ovvero la sua suscettibilità di valutazione economica, in quanto corrispettivo della prestazione del vitaliziato (cessione degli immobili).
Ai sensi degli artt. 1321 e 1174 c.c., invece, la patrimonialità è requisito essenziale della prestazione dedotta in contratto ed essa opera come limite dell’autonomia privata. Inoltre, la suscettibilità di valutazione economica delle prestazioni del vitaliziante è necessaria ai fini della comparazione del loro valore con quello del bene trasferito dal vitaliziato.
Poiché tale operazione non era stata compiuta dai giudici di secondo grado, la Corte di Cassazione rinviava a questi ultimi la causa affinché venisse applicato il principio di diritto secondo il quale nell’ambito del contratto atipico di mantenimento con il quale il vitaliziante – in corrispettivo all’alienazione di un bene – si obbliga a prestare al vitaliziato mantenimento ed assistenza vita natural durante, è necessario che al momento della stipulazione sussista l’alea sia riguardo alla durata della vita del vitaliziato, sia riguardo all’entità delle prestazioni a carico del vitaliziante. Dette prestazioni, proprio in quanto negoziate come corrispettivo, sono suscettibili di valutazione economica, tali da potersi comparare secondo dati omogenei in termini di presumibile equivalenza, o al contrario di palese sproporzione, alla capitalizzazione della rendita reale del bene trasferito e alla capitalizzazione delle rendite o delle utilità periodiche oggetto della prestazione del vitaliziante.
2. Le caratteristiche del contratto atipico di mantenimento: il confronto con il vitalizio alimentare e la rendita vitalizia
È evidente come l’intera vicenda ruoti intorno ai caratteri dell’aleatorietà e della patrimonialità della prestazione del vitaliziante, per cui ai fini di una adeguata esposizione degli approdi dottrinali e giurisprudenziali, è opportuna una riflessione sul contratto atipico di mantenimento e sulle figure affini del vitalizio alimentare e della rendita vitalizia.
Il contratto atipico di mantenimento, come è noto, consiste nell’accordo con cui una parte, a fronte del trasferimento di un bene mobile o immobile o della cessione di un capitale, si obbliga a fornire all’alienante prestazioni alimentari o assistenziali vita natural durante. In tale contratto la mancanza di aleatorietà comporta nullità per difetto di causa. [Sulla nozione di contratto atipico di mantenimento si veda A. CINQUE, Il contratto di mantenimento fra aleatorietà e risolubilità, in Contratti, 2019, 3, 309; TROJANI,
Contratto di mantenimento e vitalizio alimentare, in Vita not., 1992, 1436. Inoltre, sulla differenza tra vitalizio alimentare, vitalizio assistenziale e contratto atipico di mantenimento si veda FERRARI, Alea e sinallagma nel vitalizio improprio, in Foro it., 2005, I, 1, 212.].
Sebbene l’elemento aleatorio rappresenti un tratto comune sia del contratto atipico di mantenimento che della rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c., è possibile sostenere che nel primo menzionato contratto il tratto dell’aleatorietà assuma una valenza maggiore, in quanto l’incertezza concerne l’ammontare delle prestazioni a cui si obbliga il vitaliziante oltre al principale aspetto aleatorio dato dalla durata della vita del vitaliziato [Cfr. VALSECCHI, La rendita perpetua e la rendita vitalizia, nel Trattato di diritto civile e commerciale diretto da Xxxx e Messineo, XXXVII, t. 1, Xxxxxxx, 1961, 192.; XXXXXXXX, Atipicità contrattuale e vitalizio alimentare, in Contratti, 1999, 2, 131; In giurisprudenza si vedano Cass., 28 luglio 1975, n. 2924, in Foro it., 1976, I, 99, 2879; Cass., sez. un., 18 agosto 1990, n. 8432, in Giur. it., 1991, I, 1, 30.]. In ossequio al principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c. e alla necessità di sopperire alle diverse esigenze della vita umana, dal contratto di rendita vitalizia sono state create le due figure del contratto di mantenimento e del vitalizio alimentare che, sebbene affini per molti aspetti, sono tra loro diverse [Sulla rendita vitalizia si veda quanto affermato da XXXXXXXX, Rendita perpetua. Xxxxxxx xxxxxxxxx, 3ª ed., in Commentario del codice civile a cura di Xxxxxxxx e Branca, Xxxxxxxxxx, 1966, passim; MARINI, La rendita perpetua e la rendita vitalizia, in Trattato di diritto privato diretto da Xxxxxxxx, XIII, Utet, 1985, 27 ss.; VIOTTI, La rendita vitalizia, in Nuova giur. civ. comm., 1997, 2, 387 ss.; XXXXXXX, voce Rendita (dir. priv.), in Enc. dir., XXXXX, Xxxxxxx, 1988, 853 ss.].
La rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c. è un negozio di natura personale avente ad oggetto un’obbligazione di dare periodico di cose fungibili – specialmente denaro – per tutta la durata della vita del beneficiario quale controprestazione della cessione di un bene mobile, di un bene immobile ovvero di un capitale. Nonostante la definizione appena menzionata appaia definire un contratto dai marcati caratteri dell’onerosità, autorevole dottrina individua anche ipotesi di rendite vitalizie di carattere gratuito, sostenendo che a caratterizzare la rendita non sia esclusivamente il carattere dell’aleatorietà, ma il rispetto dei parametri della meritevolezza e della proporzionalità tra le prestazioni. Infatti, un corrispettivo può dirsi adeguato in concreto e non in astratto e soddisfare un interesse del vitaliziato di natura anche non patrimoniale [Ci si riferisce al pensiero di X. XXXXXXXXXXX, La scelta della disciplina applicabile ai cc.dd. “vitalizi impropri”. Riflessioni in tema di aleatorietà della rendita vitalizia e di tipicità e atipicità nei contratti, in Actualidad Juridica Iberoamericana, 2015, 2, 196 ss.].
Spostando nuovamente il focus della trattazione sul contratto atipico di mantenimento e di vitalizio alimentare, la mancanza di definizione normativa ha dato luogo ad una riflessione circa la natura di questi ultimi e, nello specifico, se potessero essere davvero considerati negozi atipici ovvero se dovessero essere ricondotti alla figura
della rendita vitalizia [Sulla natura tipica o atipica di tali negozi si veda, tra i tanti, TROJANI, op. cit.; XXXXXXXX, op. cit., 133; XXXXXX, Xxxxxxx xxxxxxxxx e tipicità del contratto, ESI, 2012, 119 ss., spec. 129 ss; XXXXXXXXXX, Il contratto vitalizio assistenziale: un caso di atipicità, in Giust. civ., 1997, 1, 2237; più specificamente, sulla natura tipica ed atipica dei contratti sia consentito rinviare a XXXXXXXX, Tipicità e atipicità dei contratti, in L’incidenza della dottrina sulla giurisprudenza nel diritto dei contratti a cura di X. Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxx, ESI, 2016, 165 ss.].
Per la dottrina prevalente [CALÒ, Contratto di mantenimento e proprietà temporanea, in Foro it., 1989, I, 1, 1165; XXXXXX, Autonomia privata e mantenimento: i contratti di vitalizio atipico, in Fam. dir., 2008, 3, 307; GRECO, Funzione di adeguamento e contratto di mantenimento, in Notariato, 2009, 2, 196.] il contratto di mantenimento, come accennato, consiste in un accordo mediante il quale il cessionario si obbliga verso il disponente – a fronte del trasferimento di un bene ovvero di un capitale – a mantenerlo vita natural durante, assumendosi l’obbligo di soddisfare ogni bisogno che potrebbe presentarsi durante il corso della vita del beneficiario. Di contro, il vitalizio alimentare è l’accordo con cui una parte si obbliga a corrispondere gli alimenti all’altra parte per tutta la durata della vita, a fronte del trasferimento a titolo oneroso di un bene oppure di un capitale.
A fronte delle menzionate definizioni, all’accorto lettore non sfuggirà di certo che la più rilevante differenza tra il contratto atipico di mantenimento e il vitalizio alimentare consiste nell’oggetto della prestazione del cessionario, che si obbliga a mantenere vita natural durante il cedente nel primo e semplicemente a corrispondergli gli alimenti nel secondo.
Tuttavia, si contrappone a questa impostazione altra autorevole dottrina [Nello specifico è possibile rifarsi al pensiero di XXXXXXXX, Rendita perpetua. Xxxxxxx xxxxxxxxx, cit., 77 ss.], per la quale le due figure sono perfettamente sovrapponibili e alternative tra di loro, configurandosi la medesima fattispecie negoziale. A quest’ultima impostazione ha aderito anche la giurisprudenza dominante [Ci si riferisce alla nota pronuncia Cass., sez. un., 18 agosto 1990, n. 8432, cit., che, in verità, affrontando il rapporto tra rendita vitalizia e vitalizio alimentare, e statuendo che «Per queste Sezioni Unite dei due orientamenti è giuridicamente corretto quello che propende per l’atipicità del contratto di vitalizio alimentare, la quale deve ammettersi, sia per le evidenziate ragioni attinenti alla particolarità dell’alea e delle prestazioni del vitaliziante, sia per la diversità dell’elemento della causa negoziale, la quale fissa la tipicità di un determinato contratto, in quanto l’ intento delle parti, mentre nella rendita vitalizia è diretto allo scambio di un immobile o di un capitale con delle prestazioni periodiche di denaro o di altre cose fungibili, nel vitalizio alimentare mira allo scambio di un immobile o di un capitale con il mantenimento del vitaliziato […]», finisce per dichiarare che l’oggetto della prestazione di vitalizio alimentare sia proprio il mantenimento del vitaliziato; più recentemente, invece, Trib. Roma, 30 marzo 2018, n. 3713 in Contratti, 2019, 3, 305 con nota di A. CINQUE, Il
contratto di mantenimento fra aleatorietà e risolubilità.] che definisce come vitalizio alimentare o come contratto atipico di mantenimento l’accordo attraverso il quale il vitaliziante assume l’obbligo di fornire al vitaliziato assistenza materiale e morale, sottolineando la presenza del duplice carattere di aleatorietà del contratto.
3. Sulla natura del contratto atipico di mantenimento: patrimonialità e fungibilità della prestazione
Il nodo gordiano della sentenza in commento consiste nella necessaria patrimonialità della prestazione del vitaliziante. Infatti, la Corte di secondo grado aveva ritenuto non suscettibile di valutazione economica l’insieme delle prestazioni eseguite dal resistente verso la vitaliziata, sostenendo che prestazioni quali «l’affetto, la presenza costante, la compagnia, l’ascolto, la quotidianità» non potessero essere ricondotte a parametri matematici. Di contro, il Supremo Consesso censurava tale approdo, sostenendo, invece, che non potesse essere negato il carattere della patrimonialità della prestazione del vitaliziante in quanto essa costituisce il corrispettivo della prestazione del vitaliziato.
Il contratto di rendita vitalizia, al quale per larghi tratti, ut supra descritto, può essere ricondotto – con talune particolarità – il contratto atipico di mantenimento o di vitalizio assistenziale, si presenta come uno strumento per perseguire finalità previdenziali o assistenziali. Più precipuamente, tale pattuizione viene in rilievo qualora una delle parti, a fronte della cessione di un bene o di un capitale, si obblighi a compiere prestazioni periodiche di dare o di fare relative alla vita del beneficiario.
La menzionata finalità assistenziale nulla toglie al configurarsi di un vero e proprio negozio giuridico, come tale necessitante di una prestazione suscettibile di valutazione economica ai sensi dell’art. 1174 c.c. [Si veda POLACCO, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, ESI, 1915, 185. Cfr. MENGONI, L’oggetto della obbligazione, in Jus, 1952, 2, 168 che specifica «è fuor dubbio che l’art. 1174 intende per “prestazione” non la semplice attività del debitore, ma un’attività seguita da un risultato di valore economico». v. anche X’XXXXXX, Lezioni di diritto civile. Introduzione al diritto generale delle obbligazioni, Xxxxxxxxxxxx, 2014, 134 ss.].
Il requisito della patrimonialità della prestazione viene spiegato innanzitutto considerando che, come noto, il libro quarto, al titolo terzo del codice si occupa esclusivamente dei singoli contratti di natura patrimoniale. In secondo luogo, vanno considerate diverse disposizioni di legge che evidenziano come il legislatore abbia inteso conferire alla prestazione un significato economico. [Ci si riferisce alla nota disposizione del codice di cui all’art. 1174 c.c., per la quale «la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore»; sulla patrimonialità della
prestazione si veda, tra i tanti, XXXXX, La patrimonialità della prestazione e l’interesse del creditore. Brevi note sull’art. 1174 c.c., in Jus, 2008, 2-3, 488; XXXXXXXX, voce Obbligazioni (diritto privato), in Enc. dir., XXIX, Xxxxxxx, 1979, 182.; CIAN, Interesse del creditore e patrimonialità della prestazione, in Riv. dir. civ., 1968, 1, 241; LA ROCCA, Diritti e denaro. Il valore della patrimonialità, Xxxxxxx, 2006, 37.].
Nella pronuncia in esame i giudici di legittimità valutano la patrimonialità della prestazione del vitaliziante quale elemento essenziale, agli effetti degli artt. 1321 e 1174 c.c., per la negoziabilità del comportamento, come limite dell’autonomia privata. È, infatti, necessario sottolineare che un accordo nel quale venga pattuita una prestazione non suscettibile di valutazione economica non può essere definito un negozio giuridico produttivo di obbligazioni in senso tecnico. Nell’ambito del contratto atipico di mantenimento, il vitaliziante si obbliga, dietro corrispettivo all’alienazione di un bene, a prestare al vitaliziato assistenza e mantenimento vita natural durante; le prestazioni a cui è tenuto sono senza dubbio suscettibili di valutazione economica.
Tali prestazioni, secondo la dottrina dominante, sono anche infungibili, di contro alcuni autori negano che tale carattere sia necessario e, soprattutto, non condividono la tesi secondo la quale l’infungibilità sarebbe un elemento capace di distinguere nettamente la rendita vitalizia dai cc.dd. vitalizi impropri [Sulla questione si è espresso X. XXXXXXXXXXX, op. cit., 181 ss.].
Sebbene il contratto atipico di mantenimento non sia totalmente riconducibile alla figura della rendita vitalizia, ciò non toglie che la caratteristica della fungibilità della prestazione si possa trasmettere anche al primo. Infatti, non corrisponde al vero il convincimento secondo il quale la prestazione della rendita vitalizia si connota di fungibilità mentre nei vitalizi impropri, ex adverso, rilevano le caratteristiche personali del debitore, che configurano un negozio intuitu personae. Infatti, a prescindere dalla mera qualificazione della singola prestazione del vitaliziante, quale fungibile o infungibile, è necessario riferirsi al concreto e complessivo assetto di interessi voluto dalle parti. Ad esempio, non si può escludere che una prestazione di assistenza, morale o materiale, possa rivestire, contrariamente alle apparenze, i caratteri della fungibilità e della convertibilità in denaro, se ciò corrisponde all’interesse del creditore [Sulla fungibilità, si può richiamare la clausola, spesso presente nei cosiddetti vitalizi impropri, che abilita il vitaliziante a sostituire la prestazione di alimenti o di mantenimento in natura con una prestazione di natura patrimoniale, come il pagamento di una somma di denaro. In questo senso si veda il pensiero di XXXXXX, op. cit., 129; LANDRISCINA, Obbligazioni vitalizie di “facere infungibile e inattuazione del rapporto contrattuale”, in Giur. it., 1994, I, 1, 831.].
Dunque, sarà la concreta sintesi degli interessi delle parti a fornire la risposta circa la fungibilità o meno di una prestazione assistenziale, in quanto, se è vero che «l’obbligo di mantenimento comprende la somministrazione di tutto quanto necessario ai bisogni del vitaliziato e si concreta nella prestazione promiscua di cose e di servizi» [Così, testualmente, in Cass., 18 marzo 1958, n. 905, in Foro pad., 1958, I, 1155.], è anche vero
che talvolta nel concreto del rapporto giuridico la prestazione assistenziale di fare si può convertire in denaro [Cfr. X. XXXXXXXXXXX, op. cit., 185].
In chiave comparatistica non si può sottacere l’esistenza di un’importante pronuncia della Cour de Cassation, che in Francia ha risolto il problema del sopravvenire di dissidi tra le parti di un contratto di vitalizio alimentare. Secondo l’opinione dei giudici d’oltralpe, qualora nel corso del rapporto si manifesti un dissapore tra le parti tale da rendere intollerabile la prosecuzione dello stesso, non sarebbe necessario procedere alla risoluzione del contratto come se fosse intuitu personae, ma si potrebbe ricorrere alla esecuzione per equivalente della prestazione non ancora eseguita, mediante la conversione della stessa in denaro [Così deciso dalla Suprema Corte francese l’8 gennaio 1980 con la pronuncia raccolta in Rec. Dalloz, 1983, J, 306.]. Pertanto, spetterebbe alla scelta del creditore procedere attraverso la risoluzione contrattuale oppure attraverso il sequestro e la vendita dei beni del debitore.
Alla luce di quanto fin qui detto, appare chiaro che la fungibilità propria del contratto tipico di rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c. compare anche quale carattere della prestazione dedotta nel contratto atipico di mantenimento, qualora l’infungibilità non emerga dalla volontà delle parti. In verità, l’impostazione per la quale la prestazione di mantenimento sarebbe di facere infungibile risponde soltanto ad un retaggio della tradizione, ma non è assolutamente diffusa nella pratica e non riflette le istanze emergenti dagli usi. Il venir meno del necessario carattere dell’infungibilità della prestazione dedotta all’interno di un contratto di vitalizio alimentare si configura quale argomento a sostegno della tesi per la quale non sussiste alcuna differenza tra rendita vitalizia, vitalizio alimentare e contratto atipico di mantenimento. La sentenza in commento, di contro, sembra negare tale assimilazione, esplicitamente stabilendo che il contratto atipico di mantenimento sia una figura speciale del vitalizio oneroso e che entrambi siano figure diverse rispetto alla tipica rendita vitalizia [Anche autorevole dottrina ha criticato l’appiattimento del contratto atipico di mantenimento sulla rendita vitalizia. Segnatamente si veda LUMINOSO, Vitalizio alimentare e clausole risolutive per inadempimento, in Riv. dir. civ., 1966, 2, 486; XXXXXXXX, op. cit.; XXXXXXXX XXXXXXXX, voce Vitalizio, in Dig. disc. priv. – Sez. civ., XIXX, Utet, 1999, 745.].
4. Segue. L’aleatorietà della prestazione
Elemento proprio, tanto del contratto di rendita vitalizia quanto del contratto atipico di mantenimento è, come noto, quello dell’aleatorietà [A favore della tesi della necessaria aleatorietà, si veda XXXXXXXX, Fonti e natura giuridica della rendita vitalizia, Xxxxxxx, 1939, 10 ss.; XXXXXXXXX, op. cit., 153; XXXXXXX, Della rendita perpetua, in Commentario teorico-pratico al codice civile diretto da Xx Xxxxxxx, Libro IV, Delle obbligazioni, Zanichelli, 1975, 67 ss.; XXXXXXXX, Rendita perpetua. Xxxxxxx xxxxxxxxx, cit., 81; Contra si
xxxx XXXX, Il difetto di alea nella costituzione di rendita vitalizia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 353, secondo il quale non è necessaria l’aleatorietà del risultato economico ai fini dell’esistenza e della validità della rendita vitalizia]. Tale elemento ricorre allorché l’entità della prestazione dipenda dalla sorte, ovvero da fatti incerti o ignoti alle parti [La letteratura sui contratti aleatori può dirsi davvero sterminata. Ex plurimis, XXXXXXX, voce Alea, aleatori (contratti), in Dig. it., II, Utet, 1893, 253; XXXXXXXXX, voce Alea, in Nuovo dig. it., I, Xxxx, 1937, 306 ss.; XXXXXXXX, Dottrina generale del contratto, Xxxxxxx, 1946, 203; XXXXXXX, Xxxxxxx, alea ed alea normale del contratto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 769 ss.; XXXXXXXXX, Alea e rischio nel contratto, ESI, 1997, passim.], volendo gli stipulanti assumersi il rischio di vedere accrescere o diminuire l’entità delle prestazioni dedotte in contratto.
La rendita vitalizia di cui all’art. 1872 c.c., benchè non rientrante espressamente tra i contratti aleatori, rimane assoggettata ad un elevato grado di incertezza per cui la mancanza dell’alea determina la nullità del contratto per assenza di un requisito strutturale dello stesso [Cfr. XXXXXXX, “Vitalizio assistenziale” e nullità per mancanza di alea, in Notariato, 2010, 3, 274.]. Anche in giurisprudenza si sostiene che l’alea sia un requisito essenziale del contratto di rendita vitalizia e che essa manchi qualora i vantaggi e le perdite dei contraenti siano già determinati al momento della conclusione dell’accordo [Ci si riferisce, tra le tante, alle seguenti pronunce. Cass., 15 maggio 1996, n. 4503, in Corr. giur., 1996, 11, 1265, con nota di XXXXX, Contratto di rendita vitalizia e nullità per mancanza di alea; Cass., 15 giugno 2009, n. 13869, in Notariato, 2010, 3, 271, con nota di MALVANO, “Vitalizio assistenziale” e nullità per mancanza di alea].
Precipuamente, si sostiene che l’alea debba ritenersi mancante qualora la rendita sia inferiore, pari o appena superiore al valore dei beni alienati a titolo di corrispettivo, ovvero qualora il vitaliziato sia affetto da grave malattia o sia di età particolarmente avanzata, tale da far presagire la sua morte in un lasso di tempo ravvicinato rispetto alla stipulazione del contratto. Naturalmente, come ampiamente risaputo, il giudizio di equivalenza o di sproporzione delle prestazioni delle parti ha rilievo soltanto all’atto della conclusione dell’accordo, essendo, irrilevante, ai fini dell’indagine sulla sussistenza dell’alea, il momento successivo [Il principio è ribadito in Cass., 19 luglio 2011, n. 15848, in Mass. Giust. civ., 2011, 7-8, 1085.].
Per un filone giurisprudenziale [Cass., sez. un., 18 agosto 1990, n. 8432, cit., Cass., 9 ottobre 1996, n. 8825, in Giust. civ., 1996, 1, 3143] il requisito dell’aleatorietà, sebbene sia comune al contratto di mantenimento ed alla rendita vitalizia, nel primo assume una maggiore valenza. Infatti, per la menzionata giurisprudenza, l’alea del contratto di mantenimento sarebbe divergente da quella della rendita vitalizia poiché ad essere incerta non sarebbe soltanto la durata della vita del beneficiario, ma anche, e soprattutto, l’ammontare delle prestazioni dovute dal vitaliziante.
Sulla scorta di tali pronunce, parte della dottrina [TORRENTE, Vitalizio alimentare e risoluzione per inadempimento, in Giust. civ., 1958, 1, 604.; LANDRISCINA, op. cit., 822.]
evidenzia la diversità tra contratto atipico di mantenimento e rendita vitalizia osservando che la maggior incertezza del primo pervade la causa del contratto, caratterizzandolo attraverso la duplice alea dell’ammontare delle prestazioni dedotte e della durata della vita del vitaliziato.
Al profilo dell’aleatorietà della prestazione è collegato quello inerente alla liberalità ovvero all’onerosità del negozio stesso. Sussistendo il contratto aleatorio quando i contraenti non abbiano precipuamente ab origine determinato la consistenza dei vantaggi e degli svantaggi, la mera sproporzione tra le prestazioni potrebbe indurre a considerare il negozio un contratto mixtum cum donatione. Anche nel caso di specie, uno dei motivi del ricorso per Cassazione, in particolare il secondo, era finalizzato ad ottenere una riqualificazione del contratto atipico di mantenimento come «donazione indiretta e/o negozio misto con donazione». In verità, lo squilibrio tra le prestazioni comporta causa liberale soltanto qualora emerga chiaramente l’animus donandi in capo all’alienante. Difatti, è sempre necessario indagare in concreto la volontà delle parti al fine di stabilire se il negozio stipulato abbia causa onerosa o liberale [BOTTA, Alea e causa del contratto di mantenimento, in Notariato, 1999, 217 ss.; Cass., 29 maggio 2000, n. 7033, in Contratti, 2000, 869, con nota di XXXXXXXX, Ancora in tema di vitalizio assistenziale, il quale riflette sulla sproporzione tra le prestazioni che potrebbe qualificare il contratto mixtum cum donatione o donazione modale soltanto qualora si accerti che la sproporzione sia voluta per spirito di liberalità in capo al donante; ancora in tema NATALI, Nuovi tasselli per la disciplina del vitalizio alimentare, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 1, 177.].
Nella sentenza in commento, i giudici di legittimità non dubitano dell’esistenza dell’aleatorietà del contratto e, anche in tema di negozio misto con donazione, statuiscono testualmente che «Con costante orientamento, questa Corte ha però affermato che il cosiddetto contratto atipico di mantenimento (o di vitalizio alimentare o assistenziale), quale quello oggetto di lite, è essenzialmente caratterizzato dall’aleatorietà, la cui individuazione postula effettivamente la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei - ovvero la capitalizzazione della rendita reale del bene-capitale trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante -, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato. A ciò si aggiunge, peraltro, che avendosi riguardo all’età ed allo stato di salute del vitaliziato, l’alea debba comunque escludersi - ed il contratto va perciò dichiarato nullo - se, al momento della conclusione, il beneficiario stesso fosse affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, e che ne abbia in effetti provocato la morte dopo breve tempo, o se questi avesse un’età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile. In alcuni precedenti di legittimità si è arrivati a concludere che
l’originaria macroscopica sproporzione del valore del cespite rispetto al minor valore delle prestazioni fa presumere lo spirito di liberalità tipico della donazione, eventualmente gravata da modus. L’indicata comparazione e l’indagine circa la descritta incertezza rappresentano apprezzamenti di fatto, incensurabili in sede di legittimità se tuttavia congruamente motivati […]».
Essendo queste, dunque, valutazioni di fatto, la Cassazione ritiene di dover censurare, invece, esclusivamente l’affermazione di diritto della Corte di secondo grado per la quale la prestazione del vitaliziante sarebbe svincolata da qualsiasi quantificazione economica. Alla luce del ragionamento sviluppato in sentenza, pertanto, vengono accolti i primi quattro motivi del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
5. Riflessioni conclusive: il fine assistenziale non esclude la patrimonialità della prestazione
Il negozio di rendita vitalizia, nella definizione più ampia possibile, consiste in un contratto in forza del quale il vitaliziante si obbliga ad effettuare una prestazione periodica o continuativa di dare o di fare in favore del vitaliziato per tutta la durata della sua vita. Qualora tale prestazione venga identificata con quella di mantenimento o quella alimentare, il contratto sarà definito atipico di mantenimento o di vitalizio alimentare.
Pertanto, la funzione assistenziale non si qualifica quale elemento caratterizzante di ogni rendita vitalizia. Basti pensare a quelle rendite costituite a titolo gratuito o di liberalità, poiché «non vi è previdenza, là dove non vi è sacrificio in vista di eventuali esigenze future» [L’espressione è tratta da A. XXXXXXX, L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Xxxxxxx, 1964, 277.].
Se dovessero ricorrere gli elementi tipici del contratto di donazione, o se la disposizione di vitalizio fosse contenuta in testamento, nulla escluderebbe l’applicabilità delle norme proprie degli atti di liberalità ovvero dei negozi mortis causa. Ancora una volta è il concreto assetto degli interessi che consente di verificare la reale volontà delle parti al fine di stabilire la natura liberale o onerosa del negozio stipulato. Infatti, le medesime disposizioni patrimoniali potrebbero qualificare, tanto una rendita vitalizia onerosa aleatoria, quanto una rendita vitalizia mista a donazione e l’elemento dirimente va ricercato nella presenza o meno dell’animus donandi [Su tale impostazione si veda ancora una volta X. XXXXXXXXXXX, op. cit., 203 ss.].
Come che sia, elemento necessario del contratto atipico di mantenimento è quello della necessaria patrimonialità della prestazione dovuta dal vitaliziante, ovvero la sua suscettibilità di valutazione economica, che non viene meno per la finalità assistenziale del negozio. La pronuncia in commento accoglie, sulla scorta dei precedenti conformi, infatti, il ricorso proposto dal soggetto che si riteneva leso nei diritti successori laddove la Corte di secondo grado, aveva ritenuto le prestazioni effettuate dal vitaliziante non
economicamente valutabili. Ex adverso, per la Suprema Corte non si può dubitare della patrimonialità della prestazione dedotta in contratto, in quanto essa stessa funge da corrispettivo alla cessione dei beni immobili, stimati in euro 238.000,00.
Ai sensi degli artt. 1321 e 1174 c.c., un comportamento umano, per poter assurgere a prestazione deducibile in obbligazione, e, quindi, per poter essere contrattualizzato, necessita di avere natura patrimoniale, per cui è imprescindibile che anche «l’affetto, la presenza costante, la compagnia, l’ascolto, la quotidianità» siano considerati prestazioni riconducibili a parametri economici.
Volendo esplicitare ancor meglio quanto appena affermato, basti pensare ai caratteri della prestazione di cui all’art. 1174 c.c., a tenore del quale la prestazione idonea ad entrare in obbligazione è solo quella suscettibile di valutazione economica, escludendosi in tal modo che possano divenire oggetto di vincolo giuridico di natura obbligatoria prestazioni diverse e non dotate del carattere della patrimonialità.
A voler negare la patrimonialità della prestazione del vitaliziante, verrebbe meno, nell’ambito di quel contratto atipico di mantenimento, l’elemento della controprestazione rispetto alla cessione dei beni da parte del vitaliziato. Poiché il vitaliziante si obbliga, proprio in corrispettivo alla cessione del bene, ad effettuare prestazioni di carattere alimentare o assistenziale, la rendita vitalizia si deve qualificare come onerosa, per cui entrambe le parti devono sostenere il peso economico dell’operazione.
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, è indubbio che la decisione dei giudici di legittimità, accogliendo il ricorso, appaia confacente alla giurisprudenza precedentemente menzionata e alla dottrina maggioritaria.
Anche a giudizio di chi scrive, la pronuncia in epigrafe appare condivisibile nel suo iter logico-giuridico che è sostenuto da solide argomentazioni. Il principio di diritto enunciato, che sottolinea l’imprescindibilità dei due caratteri dell’aleatorietà e della patrimonialità della prestazione del vitaliziante anche in presenza di un fine assistenziale, si mostra assolutamente in linea con le attese della dottrina prevalente, non contrastando con l’ampia letteratura in materia [Ex multis sul carattere della necessaria patrimonialità della prestazione TERRANOVA, Vitalizio alimentare in cambio di un immobile e rinunzia all’azione di risoluzione, in Foro it., 1976, I, 99, 2879; LUMINOSO, op. cit.; LONG, La contrattualizzazione della assistenza vitalizia agli anziani: dalla rendita vitalizia al contratto di mantenimento, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 12, 601 ss.; DE PAMPHILIS, Il contratto di mantenimento: tra aleatorietà e proporzionalità delle prestazioni, in Nuova giur. civ. comm., 2013, 10, 862 ss.].
In definitiva, anche la Corte di merito a cui è stata rinviata la causa per la decisione
– ponendosi necessariamente nella scia del principio di diritto esposto dalla Suprema Corte – si dovrà conformare all’orientamento di gran lunga maggioritario e, più in generale, tutte le Corti territoriali non potranno fare a meno di valutare questo importante precedente giurisprudenziale nell’ambito del contratto di mantenimento atipico, anche se quest’ultimo ha fine assistenziale.
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