L’espulsione
N°1/dicembre 2012
Le brevi di
ACCORDI DI RIAMMISSIONE
La “cooperazione” al servizio dell’espulsione dei migranti
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LA RUBRICA DI MIGREUROP
L’espulsione
“A TUTTI I COSTI”
Gli accordi di riammissione, volti a facilitare l’espulsione degli stranieri in situazione “irregolare”, continuano a essere al centro dell’attualità delle politiche migratorie. Nel solo mese di giugno 2012, la Norvegia e la Svizzera hanno firmato un accordo rispettivamente con Etiopia e Tunisia, mentre l’Unione europea (UE), da parte sua, ha fatto lo stesso con la Turchia dopo diversi anni di negoziati. Presentati come impegni reciproci, questi accordi finiscono sempre per andare a esclusivo vantaggio degli Stati dell’UE. In questo quadro, anche quando si sono impegnati a liberalizzare il regime dei visti, come è stato fatto con diversi paesi dei Balcani, gli Stati europei non esitano a rimettere in
DAL TERRITORIO EUROPEO
Recinzione intorno al centro di detenzione di Melilla (enclave spagnola sul territorio marocchino)
Xxxx Xxxxxxxxxx
L’Unione europea é impegnata, da molti anni, in una politica migratoria repressiva col pretesto della lotta all’immigrazione cosiddetta “clandestina” e alle reti della tratta. Per questo si sforza di coinvolgere gli “Stati terzi”, Stati d’origine o di transito dei migranti, in particolare attraverso la firma di accordi volti a facilitare il rimpatrio forzato degli stranieri “indesiderabili”.
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causa l’effettività degli accordi – e, al
contempo, i diritti fondamentali dei migranti – non appena il numero dei richiedenti asilo gli sembra troppo importante. Migreurop, che ha già a più riprese chiesto la fine delle espulsioni, continua a chiedere alla Commissione di poter accedere al contenuto dei negoziati che conducono agli accordi, per poterne meglio comprendere la posta in gioco: le risposte continuano, però, ad essere parziali. Fino a quando?
partire dagli anni ‘90, l’Unione Europea (UE) si è concentrata sull’“esternalizzazione”
della gestione dei flussi migratori, spostando verso Sud il controllo delle sue frontiere esterne, per trasferirne la responsabilità, in primo luogo, sui propri vicini (Balcani, Libia, Marocco), quindi sui paesi di transito (Africa subsahariana...).
I n questo contesto, gli accordi di riammissione, che siano bilaterali, multilaterali o comunitari, sono diventati uno degli strumenti privilegiati della lotta
all’immigrazione “clandestina”. Un accordo di riammissione è un accordo attraverso il quale gli Stati firmatari si impegnano a riammettere i propri cittadini, ovvero coloro che abbiano transitato sul loro territorio, fermati in situazione irregolare sul territorio dell’UE.
Dalla f xxxx del Trattato di Amsterdam 1 nel 1999, i paesi membri dell’UE si sono
1. Migreurop, « Les frontières assassines de l’Europe », ottobre 2009 e « Aux fron- tières de l’Europe. Contrôles, enfermement,
expulsions », ottobre 2010.
1
impegnati a concludere accordi di riammissione con i paesi di origine o di transito dei migranti. Nel 2002, in occasione del summit di Siviglia, il Consiglio europeo ha confermato questa politica del “dare e avere” imponendo l’inclusione di clausole di riammissione in tutti gli accordi di cooperazione. Da allora, si pone la questione dell’aiuto allo sviluppo e la sua condizionalità rispetto alla “gestione dei flussi migratori” e alla lotta all’immigrazione irregolare, dato che ogni forma di aiuto allo sviluppo, se non di “cooperazione economica o commerciale”, viene oramai subordinata alla negoziazione di accordi di riammissione.
E’ evidente che la posta in gioco per gli Stati europei è quella di rimpatriare il più facilmente possibile le persone in situazione irregolare. La cooperazione si riduce oggi alle trattative con i paesi di transito o di partenza per superare ogni ostacolo giuridico o amministrativo ai rimpatri. D’altra parte, anche nel caso in cui la riammissione sia prevista nel quadro di accordi detti di “gestione congiunta dei flussi migratori” o “partenariati per la mobilità”, questa permette in ogni caso agli Stati membri di salvaguardare i propri interessi economici. Al di là del “rischio migratorio” che rappresenterebbero, alcuni paesi forniscono, infatti, la manodopera a buon mercato necessaria alla sopravvivenza di alcuni settori dell’economia europea.
Accordi di riammissione, fonte di violazioni
dei diritti dei migranti
Gli accordi di riammissione si iscrivono in una logica securitaria globale, il cui fondamento resta la protezione “a tutti i costi” delle frontiere europee, in primo luogo, impedendo l’accesso degli “indesiderabili” e, successivamente, espellendo coloro che, nonostante tutte le precauzioni, siano comunque riusciti ad entrare.
Questi accordi peraltro non garantiscono che i “rimpatri” delle persone in situazione irregolare verso lo Stato in questione si realizzino
nel pieno rispetto delle norme internazionali e di protezione dei diritti fondamentali. Ne sono un esempio gli accordi tra la Turchia e la Grecia, o tra quest’ultima e l’Italia, che Migreurop ha analizzato nei suoi rapporti sulle frontiere del 2009 e 2010.
Barca di migranti nel Mediterraneo.
Xxxx Xxxxxxxxxx
La questione delle persone in transito solleva ulteriori preoccupazioni. Troppo spesso, queste ultime vengono rimpatriate in un paese con il quale non hanno alcun legame e dove i loro diritti fondamentali non sempre sono garantiti.
Si consideri inoltre che, con la conclusione di tali accordi, gli Stati europei obbligano i paesi terzi a controllare le proprie frontiere, e talvolta a prevedere che i propri cittadini – compresi i richiedenti asilo
– non possano più godere del diritto di lasciare liberamente il proprio paese. In caso di rimpatrio, le persone rischiano di essere oggetto di azione penale laddove le legislazioni, come nel caso del Marocco e dell’Algeria, prevedano il reato di “emigrazione clandestina”, o di essere sottoposte a misure di detenzione in caso di rimpatrio in un paese diverso da quello d’origine.
Infine, numerosi rimpatri si effettuano verso regioni in cui, anche in assenza di accordi, gli stati interessati ricorrono a tutti i mezzi a loro disposizione per procedere ai rinvii. È il caso, ad esempio, delle frontiere Mali/Mauritania e Mali/ Algeria.
Gli Accordi Comunitari
2002: Macao
2003: Hong Kong
2004: Xxx Xxxxx
0000: Albania
2006: Russia
2007: Xxxxxx-Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxxxx
0000: Pakistan
2010: Georgia
2012: Turchia, Capoverde Attualmente in discussione: Marocco, Cina, Algeria, Armenia e
Azerbaigian
Migreurop si mobilita contro gli accordi di riammissione
La rete Migreurop ha costituito un gruppo di lavoro con l’obiettivo di denunciare gli accordi di riammissione, cardine del processo di esternalizzazione delle politiche
europee di immigrazione e asilo, e di sensibilizzazione sulle conseguenze
della loro attuazione.
In questo modo, gli organi comunitari (Commissione europea, Consiglio dell’UE, parlamentari, Agenzia europea per i diritti fondamentali) e nazionali vengono regolarmente interpellati sulla questione, com’è stato recentemente il caso a proposito del bilancio
sugli accordi comunitari di riammissione presentato dalla Commissione nel febbraio 2011 o delle richieste di accesso ai documenti del
Consiglio.
Il gruppo di lavoro si è focalizzato sul censimento degli accordi di riammissione esistenti e, nonostante le difficoltà, è riuscito a riunire un buon numero di testi dei trattati conclusi, con l’obiettivo di monitorarne l’attuazione.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica, Migreurop ha inoltre curato l’edizione di una raccolta di testimonianze di migranti, dal titolo “Paroles d’expulsés” (“Parole di espulsi-e”), pubblicato nel
dicembre 2011.
L’applicazione opaca degli accordi di riammissione
Nonostante i flussi migratori siano principalmente intra-africani e i movimenti da Sud verso Nord estremamente minoritari, gli Stati del Sud, sotto pressione, accettano di partecipare a questo processo globale di lotta all’immigrazione irregolare, in cambio di contropartite diverse, e a detrimento dei diritti delle persone migranti.
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Scena di attesa in un centro di detenzione greco.
li accordi di riammissione servono essenzialmente gli interessi dei paesi
europei, che devono poter disporre di “incentivi sufficientemente efficaci” (per citare le parole della Commissione Europea) per ottenere la collaborazione dei paesi terzi interessati1. In questo modo, dietro sedicenti «partenariati per la mobilità», o accordi di “gestione concertata dei flussi migratori”, o ancora alla promessa dell’adesione all’UE, si svela il vero volto della riammissione: i migranti sono presi in ostaggio, diventando a tutti gli effetti moneta di scambio.
Questo spiega, almeno in parte, il motivo per cui la negoziazione di questi accordi avviene in condizioni di grande opacità: il Parlamento europeo non vi ha accesso se non a negoziati conclusi, nonostante, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, sia richiesta l’approvazione da parte del Parlamento. A giochi fatti, però.
Inoltre, soltanto la Commissione Europea e i rappresentanti degli Stati
1. « Émigration illégale » : un notion à bannir, Xxxxxx Xxxxxx, Libération, 13 giugno 2006. xxxx://xxx.xxxxxx- xxx.xxx/xxxxxxx000.xxxx
membri partecipano al “comitato misto per la riammissione”, incaricato di vegliare all’esecuzione degli accordi, mentre i membri del Parlamento europeo dovrebbero potervi accedere, almeno in qualità di osservatori.
Degli accordi segreti?
La Turchia, nuova guardia dell’Europa
In conseguenza delle operazioni di controllo condotte ai confini del Mediterraneo (in particolare Marocco, Tunisia, Algeria, Libia), la Turchia è diventata un punto di passaggio/transito imprescindibile per numerosi migranti: motivo per cui ha assunto un ruolo di primo piano nella politica di esternalizzazione dell’UE. Dal 2000, l’Unione ha esercitato forti pressioni sul paese in vista della firma di un accordo di riammissione. Al prezzo di ricatti reciproci dove i migranti sono presi in ostaggio, questo accordo è stato concluso. La posta in gioco, tra interessi economici e prospettive di entrata nell’UE, spinge la Turchia ad agire con zelo contro i migranti, vittime di questo cinico mercanteggiare.
Anche se può apparire in contraddizione con i principi di società cosiddette democratiche, è difficile, per non dire impossibile, ottenere il testo di un accordo di riammissione bilaterale concluso tra uno Stato membro e un paese terzo. É il caso, ad esempio, dell’Italia e del suo “famoso” accordo con la Libia. La raccolta delle informazioni si complica ulteriormente quando le clausole di riammissione sono
inserite in patti dal contenuto più ampio vertente su temi politici, commerciali o economici.
Xxxx Xxxxxxxxxx
Infine, le ONG e la società civile non dispongono di un diritto d’accesso ai documenti del Consiglio: la richiesta di accesso ad un accordo concluso con un determinato paese viene spesso rifiutata con il pretesto che si tratta di deliberazioni “politicamente delicate” del Consiglio o di documenti che possono avere un impatto sulla futura gestione dei negoziati internazionali in materia di riammissione. Peraltro, spesso nemmeno i documenti che forniscono orientamenti generali quali “le priorità da rispettare per garantire il successo di una politica comune di riammissione” vengono resi pubblici, con la scusa del “rischio per le relazioni internazionali”. Questo lascia pensare che tutto ciò che concerne la riammissione debba restare sotto il vincolo della confidenzialità, perché riguarda necessariamente le relazioni tra gli Stati.
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Per saperne di più…
Siti utili
〉 Cultures et conflits xxxxxxxx.xxxxxx.xxx/
〉 Sito della politica europea di vicinato xx.xxxxxx.xx/xxxxx/xxx/xxxxx_ fr.htm
〉 Liberty and Security Challenge xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx/
〉 Statewatch xxx.xxxxxxxxxx.xxx/
〉 “Xx xxxxxxxx xx x’xxxxxxx 00 xxx xx xxxxxxxxx xx l’accord de Cotonou. Quel
ENJEU POUR LES PAYS ACP?”, European Center for Developement and Policy Management-ECDPM, Xxxxxxxx Xxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, dicembre
2009.
xxxx://xxx.xxxxx.xxx/Xxx_XXXXX/Xxx/Xx_Xxxxxxx/Xxxxxxxxxx.xxx/xxxxx0?XxxxXxxx
〉 “Les accords relatifs à la gestion concertée des flux migratoires et au
CODÉVELOPPEMENT”, Documento di analisi. Cimade, ottobre 2008.
〉 “Les implications de la politique européenne de voisinage dans le cadre des contrôles aux frontières: accords de réadmission, politique des visas, droits de
L’HOMME”, Xxxxxxx Xxxxxx, nota per la Commissione Libertà civili, sicurezza e giustizia del Parlamento europeo, marzo 2008. xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx0000.xxxx
〉 “Unbalanced reciprocities: Cooperation on readmission in the Euro-
MEDITERRANEAN AREA”, Xxxx-Xxxxxx Xxxxxxxxx, Middle East Institute.
xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx0000.xxxx
〉 “Accords de réadmission et respect des droits de l’homme dans les pays tiers.
BILAN ET PERSPECTIVE POUR LE PARLEMENT EUROPÉEN”, studio per la
sotto-commissione Diritti dell’uomo del Parlamento europeo, Xxxxxxx Xxxxxxx, ottobre 2007.
xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx0000.xxxx
〉 Migreurop, Atlas des migrants en Europe. Géographie critique des politiques
MIGRATOIRES, Editore Xxxxxx Xxxxx, novembre 2012.
〉 “LA POLITIQUE DE RÉADMISSION DANS L’UNION EUROPÉENNE”, Xxxx-Xxxxxx
Xxxxxxxxx, studio per la Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni
del Parlamento europeo, settembre 2010.
Migreurop
Migreurop è una rete di associazioni, attivisti-e e ricercatori-trici provenienti da diversi paesi dell’Unione Europea, dell’Africa Sub- sahariana, del Maghreb e del Vicino Oriente, il cui obiettivo è identificare, far conoscere e denunciare le politiche europee di marginalizzazione dei-delle migranti (detenzione, espulsioni, esternalizzazione dei controlli migratori) giudicati-e indesiderabili sul territorio europeo, così come le conseguenze di queste politiche sui paesi del Sud. L’originalità della rete consiste nel mettere in sinergia il lavoro degli attori del Nord e del Sud al fine di giungere ad una visione e ad un’analisi condivise di questi processi, in particolare per quanto riguarda le dimensioni dell’esternalizzazione delle politiche di gestione dei flussi migratori, la detenzione dei- delle migranti e il rafforzamento della securizzazione delle frontiere.
Migreurop sensibilizza su queste questioni attraverso campagne specifiche, la cartografia, la fotografia o ancora attraverso incontri internazionali annuali al fine di elaborare strategie comuni per analizzare e lottare contro le politiche e i processi che violano i diritti dei-delle migranti.
Le brevi di
INDIRIZZO: XXXX
00xxx, xxx Xxxxxxxx 00000 Xxxxx
LETTERA DI INFORMAZIONE N° 01
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SEGRETARIO DI REDAZIONE
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HANNO CONTRIBUITO
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