Contract
IL COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
- Prof. Avv. Xxxxxx Xxxxxx. Presidente
- Dott. Comm. Xxxxxxxx Xxxxxxxx. Membro designato dalla Banca d'Italia
- Prof. Avv. Xxxxxxxxx Xxxxxxx. Membro designato dalla Banca d'Italia
- Prof.ssa Xxxxx Xxxxxxx………………………… Membro designato dal Conciliatore
Bancario Finanziario (estensore)
- Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxx………………….. Membro designato da Confindustria di
concerto con Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
nella seduta del 15 giugno 2010 dopo aver esaminato
• il ricorso e la documentazione allegata;
• le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
• la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, titolare di un contratto di leasing stipulato con l’intermediario resistente in data 30 settembre 2006, chiedeva nel novembre 2009 il riscatto anticipato del bene locato e la conseguente estinzione del relativo finanziamento.
Con nota del 2 dicembre 2009 l’intermediario, nel comunicare l’accoglimento della richiesta, liquidava in € 14.546,00 l’importo dovuto dall’utilizzatore per l’acquisto del bene, pari all’ammontare dei venti canoni residui attualizzati (€ 11.950,71), maggiorati di IVA e spese per “estinzione anticipata” e “trapasso”.
L’utilizzatore, ritenendo eccessivo l’importo liquidato, formulava reclamo nei confronti dell’intermediario in data 9 gennaio 2010. Questi replicava il 19 gennaio 2010, precisando che il contratto non prevede un’opzione di riscatto anticipato a favore dell’utilizzatore e che, in conformità alla propria prassi interna, l’importo dei canoni residui, comprensivo degli interessi maturandi, è stato attualizzato applicando un tasso di sconto dell’1%.
Non soddisfatto dei chiarimenti forniti dall’intermediario, il cliente ha presentato ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario in data 8 marzo 2010. Preso atto della mancata previsione nel contratto della facoltà di riscatto anticipato e, tuttavia, dell’accoglimento della richiesta in tal senso avanzata nel caso di specie, il ricorrente si richiama alle “regole del mercato” e chiede l’intervento dell’Arbitro affinché: a) il prezzo di riscatto sia equamente ricondotto all’importo dei venti canoni a scadere (al momento della formulazione della richiesta), senza applicare gli interessi maturandi e/o ulteriori penalità; b) che siano forniti adeguati chiarimenti sulle spese addebitate.
L’intermediario ha replicato al ricorso con controdeduzioni depositate il 15 aprile 2010. Dopo aver riportato nel dettaglio le spese conteggiate (€ 11.950,71 costituiti dall’ammontare dei canoni residui, maggiorato di € 300 quale prezzo per l’opzione di acquisto, nonché € 171,65 per spese di estinzione e trapasso), ed aver ribadito che l’importo del credito residuo è stato attualizzato applicando un tasso dell’1%, ha sottolineato che la mancata previsione della facoltà di estinzione anticipata del rapporto sarebbe coerente con la peculiare natura del leasing finanziario, generalmente caratterizzato da un piano di ammortamento di durata predeterminata, non coincidente di regola (anzi, di gran lunga inferiore) rispetto alla vita economica del bene.
Il riscatto anticipato sarebbe, dunque, da considerarsi operazione di natura “straordinaria”, il cui prezzo non può non tener conto dei finanziamenti accesi dalla società di leasing per l’operazione, nonché dei tempi di ammortamento delle spese di gestione del contratto.
L’intermediario ha chiesto, perciò, il rigetto del ricorso.
DIRITTO
0.Xx controversia portata alla cognizione del Collegio richiede di esaminare la questione della disciplina applicabile per l’estinzione anticipata dei contratti bancari e parabancari a tempo determinato.
Dall’esame della documentazione contrattuale emerge, infatti, la mancata previsione della facoltà di riscatto anticipato del bene e di estinzione del rapporto prima della sua naturale scadenza. La stessa indicazione nel documento di sintesi di spese per “riscatto anticipato” nella misura di € 51,65 si riferisce verosimilmente all’ipotesi — questa, invece, contemplata nelle condizioni generali di contratto — di deterioramento del bene imputabile al locatario ovvero di furto o perdita, al cui verificarsi il cliente è tenuto a corrispondere — al netto degli
eventuali indennizzi assicurativi — l’importo dei canoni a scadere, attualizzato al tasso ufficiale di sconto (TUR). È appena il caso di notare che questo tasso — fissato, al momento della presentazione della richiesta di riscatto anticipato del bene da parte del ricorrente, nella misura dell’1% e pari al costo della liquidità presso la Banca centrale — è stato applicato dall’intermediario per attualizzare l’ammontare del credito residuo.
Ne discende — ad avviso del Collegio — l’operatività nella vicenda negoziale in esame della regola di diritto comune relativa al pagamento del termine fissato a favore sia del creditore sia del debitore.
D’altro canto, che questa sia la regola generale propria di tutti i contratti bancari e parabancari a tempo determinato è dimostrato da diversi ordini di considerazioni. Xxxxxxx, anzitutto, riconoscere la peculiarità della presunzione di termine a favore del debitore di cui all’art. 1184 c.c., la quale può essere superata dalla considerazione delle circostanze concrete del rapporto, senza necessità di una specifica pattuizione sul punto. È quanto mai significativo, inoltre, che siffatta presunzione sia accantonata dallo stesso legislatore con riferimento all’”ipotesi maestra” del mutuo oneroso, ponendo, invece, l’art. 1816 c.c. la presunzione di termine a favore di entrambi i contraenti. Merita, infine, evidenziare — ed il rilievo è dirimente per quanto qui rileva — la natura imprenditoriale svolta dall’intermediario nell’erogazione del credito ed il suo “fisiologico” interesse alla remunerazione del finanziamento concesso fino alla scadenza del termine fissato per la sua restituzione.
Se così è, consegue dai comuni principi generali che il debitore — nelle obbligazioni pecuniarie con termine fissato anche nell’interesse del creditore — può estinguere anticipatamente il debito (e quindi chiudere il rapporto contrattuale) solo versando una somma di denaro pari all’intero montante del medesimo, comprensivo sia della sorte capitale, sia degli interessi a scadenza. Ogni diversa soluzione richiede, perciò, o un consenso del creditore oppure un intervento del legislatore (v. § 3, infra).
2. Certo, il Collegio non ignora la tesi di una dottrina secondo la quale il debitore sarebbe libero di procedere al pagamento anticipato, arrestando così la produzione degli interessi successivi, ma anteriori alla scadenza programmata, fatto salvo un risarcimento danni (di regola minori del quantum degli interessi residui) a carico del solvens, per avere costui promesso di pagare gli interessi in questione.
Eppure, di là dalla difficoltà di risolvere il potenziale contrasto fra la definizione del pagamento anticipato (e “ridotto”) come atto in sé lecito e la contestuale prescrizione di un
obbligo risarcitorio per il debitore, è decisiva la considerazione che tale pagamento si risolve in una modifica unilaterale del contratto che, pur avendo portata meramente accessoria, si volge ad oggettivo svantaggio del creditore, comportando la rinunzia ad una frazione degli interessi pattuiti.
I precedenti rilievi confermano, dunque, che il pagamento anticipato e “ridotto” suppone il consenso del creditore, trattandosi di un atto di accettazione del patto modificativo che il debitore è venuto a proporgli.
Del resto, nulla vieta che il creditore subordini la concessione del suo consenso al riconoscimento di una determinata somma di denaro (di importo minore, va da sé, del quantum degli interessi residui), quale corrispettivo della riduzione del termine dell’obbligazione da lui consentita. Il fenomeno è, anzi, significativamente diffuso nella prassi, dove viene impropriamente designato con l’espressione di “penale” o “clausola penale”.
3. Occorre dare conto, infine, di una linea di tendenza legislativa in tema di pagamento anticipato del debito storicamente improntata all’intento di fornire al cliente tutele di tipo ulteriore. Xxxxx ricordati, al riguardo, l’art. 7 del D.L. n. 7/2007, come modificato dalla legge di conversione n. 40/2007, che stabilisce la nullità di qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, che richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo stipulato o accollato a seguito di frazionamento, anche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005,
n. 122, per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche, sia tenuto ad una determinata prestazione a favore del soggetto mutuante; l’art. 40 del D.lgs. n. 385 del 1993, norma scritta per l’estinzione anticipata delle operazioni di credito fondiario, secondo cui i debitori hanno facoltà di estinguere, in tutto o in parte, il proprio debito, corrispondendo alla banca esclusivamente un compenso onnicomprensivo per l’estinzione contrattualmente stabilito; nonché la disciplina dell’estinzione anticipata nei contratti di credito al consumo contenuta nell’art. 125 del D.lgs. n. 385 del 1993 che, al comma 2°, prevede che le facoltà di adempiere in via anticipata o di recedere dal contratto senza penalità spettano unicamente al consumatore senza possibilità di patto contrario ed aggiunge che se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato, ha diritto a un'equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR.
Di là dalla connotazione in chiave consumeristica della controparte contrattuale dell’intermediario che caratterizza la disposizione da ultimo citata, deve ribadirsi — ad avviso del Collegio — l’operatività, al di fuori delle tre ipotesi particolari testé menzionate, della regola comune del termine a favore di entrambe le parti. Né vale richiamare, in senso contrario, la norma dell’art. 10, comma 2°, l. n. 248 del 2006, per il quale “in ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura”, se non si vuole incorrere nel paradosso sistematico di applicare, nelle ipotesi non riconducibili a nessuna delle tre norme particolari, un regime addirittura più favorevole per il cliente. Xxxxx, del resto, che non pare comunque riferibile ai rapporti di quello qui in esame.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
firma 1
IL PRESIDENTE