Contratto di servizio
Società in house
e trasferimento di fondi da un Comune ad una società in house: la rilevanza dell’operazione
ai fini IVA
di Xxxxxxxxx Xxxxxxx - Magistrato della Corte dei conti e Xxxxxxxx Xx Xxxxxxx - Xxxxxxx di ricerca in economia internazionale
Con risposta ad un interpello presentato ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. a), Legge n. 212/2000 e pubblicata con nota 30 agosto 2019, n. 363, l’Agenzia delle entrate si pronuncia in merito al trattamento IVA applicabile alle somme trasferite da un Comune ad un proprio ente in house, per l’attività di gestione post-operativa, sorveglianza e controllo di una discarica per rifiuti, in virtù di un contratto di servizio.
Il caso
Con la risposta ad un interpello, di cui alla nota 30 agosto 2019, n. 363 (1), l’Agenzia delle entrate si pronuncia in merito all’applicabilità dell’IVA alle somme trasferite da un Comune ad una società in house, relative ad un contratto di servizio avente ad oggetto l’attività di gestione post-operativa, sorve- glianza e controllo di una discarica per rifiuti.
La risposta presenta profili di interesse principal- mente per due ordini di motivi: il primo, legato ad un approfondimento circa la rilevanza ai fini IVA delle somme che il Comune è tenuto a versare, in
virtù del contratto di servizio, alla società in house e, quindi, sotto un profilo di carattere prettamente tributario; il secondo, collegato alla tormentata natura giuridica delle società in house e, in particolare, alla sussistenza, o meno, di una loro “alterità” rispetto all’ente socio, tale da ritenere sussistente una rela- zione intersoggettiva che giustifichi, di conseguenza, l’applicabilità dell’IVA all’operazione in atto.
La risposta dell’Agenzia delle entrate trae origine da una richiesta di interpello, presentata da un Comune, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. a), Legge n. 212/ 2000 (2), secondo cui un contribuente può
(1) Il testo della risposta è reperibile sul sito istituzionale del- l’Agenzia delle entrate al seguente link: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxx/xxxxxxx/Xxxxxx/Xxx/Xxx- mativa+e+Prassi/Risposte+agli+interpelli/Interpelli/Archivio
+Interpelli/Interpelli+2019/Agosto+2019+Interpelli/? page=normativa.
(2) Legge 27 luglio 2000, n. 212, recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti dei contribuenti”. In particolare, l’art. 11 della Legge in parola disciplina l’istituto dell’interpello, preve- dendo, oltre alla fattispecie di cui al comma 1, lett. a) che disciplina il cd. interpello ordinario, anche altre tre tipologie di interpello, relative a quesiti riguardanti: - la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressa- mente previsti (c.d. Interpello probatorio); - l’applicazione della
disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie (c.d. interpello anti-abuso); - la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano dedu- zioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi (c.d. interpello disapplica- tivo). Un’ultima tipologia riguarda, infine, l’interpello sui nuovi investimenti, per la richiesta di pareri circa il trattamento tributario da applicare a investimenti di valore superiore alla soglia di venti milioni di euro (cd. interpello sui nuovi investimenti). Il nostro ordinamento conosce anche altre forme di interpello, quale quello previsto dall’art. 9 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 (recante “Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’art. 8 della legge 14
interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a “[...] l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali dispo- sizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le proce- dure di cui all’art. 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, intro- dotto dall’art. 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’art. 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”.
Secondo la previsione normativa in parola, la risposta da parte dell’Agenzia, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferi- mento alla questione oggetto dell’istanza e limitata- mente al soggetto richiedente, mentre quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto (in tale ipotesi, novanta giorni), il silenzio equivale a condivisione della soluzione pro- spettata dal contribuente.
Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionato- rio che risulteranno difformi dalla risposta, espressa o tacita, saranno considerati nulli.
Nel caso in esame, il Comune ha prospettato all’A- genzia delle entrate una soluzione dalla stessa non accolta. In particolare, secondo il Comune le somme oggetto del trasferimento non hanno natura di corri- spettivo e, pertanto, sono da considerarsi fuori dal- l’ambito di applicazione dell’IVA, trattandosi “di mero trasferimento di un fondo accantonato negli anni ...”.
Il Comune, inoltre, evidenzia come in presenza di un affidamento diretto ad una società in house venga meno quella relazione intersoggettiva “che dovrebbe essere il presupposto per configurare una determinata operazione come rilevante ai fini dell’IVA. Diversa- mente, tra le parti si instaura una relazione intraor- ganica, attraverso la quale la Società affidataria costituisce una longa manus del Comune”.
Ciò posto, si ritiene utile evidenziare i principali riferimenti normativi e giurisprudenziali in materia
di IVA e di società in house, funzionali a ripercorrere, successivamente, la risposta data dall’Agenzia delle entrate che, si ribadisce, si pone in una prospettiva diametralmente opposta rispetto a quella proposta dal Comune.
La disciplina dell’IVA
L’imposta sul valore aggiunto (IVA) è un tributo introdotto nel quadro di un processo di armonizza- zione delle legislazioni degli Stati membri dell’U- nione, necessario per la realizzazione di un mercato comune europeo, nel quale le merci ed i servizi potessero circolare senza ostacoli di natura fiscale. Difatti, l’intera struttura impositiva nazionale del- l’IVA è riconducibile al modello impositivo deli- neato dalla normativa unionale (Dir. n. 2006/112/ CE del Consiglio dell’Unione europea del 28 novem- bre 2006), che ha contribuito alla riduzione del margine di discrezionalità riconosciuto al legislatore interno, dettando regole di applicazione uniformi per tutto il territorio dell’Unione ed individuando i principi fondamentali dell’imposta. Nel quadro così delineato, interviene costantemente la Corte di Giu- stizia dell’Unione Europea a garanzia dell’armonizza- zione, contribuendo all’elaborazione di principi giurisprudenziali che vincolano gli operatori e l’interprete.
L’IVA si configura come un tributo indiretto che non colpisce direttamente patrimonio e red- dito ma i consumi, quali manifestazione indiretta della capacità contributiva dei consociati. Al riguardo, giova evidenziare quanto sostenuto da autorevole dottrina circa la funzione tipica del- l’IVA, che è rinvenibile nella “imposizione di operazioni che comportano l’immissione di beni o servizi al consumo” secondo “lo schema tipico del tributo riferito al consumatore finale, mentre i soggetti IVA ... sono coinvolti solamente sul piano formale e strumentale” (3). In altri ter- mini, l’IVA prevede l’esistenza di un contri- buente di diritto (il cosiddetto soggetto passivo che effettua la rivalsa e la detrazione) che è responsabile dell’applicazione dell’imposta, e di
febbraio 2003, n. 30”) che prevede che “1. Gli organismi asso- ciativi a rilevanza nazionale degli Enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggior- mente rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini professionali, possono inoltrare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
La Direzione generale fornisce i relativi chiarimenti d’intesa con le competenti Direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e, qualora interessati dal quesito, sentiti gli enti previdenziali. 2. L’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 esclude l’applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e civili”.
(3) Cfr., X. Xxxxx (a cura di), Diritto tributario europeo, III ed., Xxxxxxx, Milano, pag. 364.
un contribuente di fatto, su cui grava effettiva- mente l’imposta (4).
Sul piano interno, i presupposti dell’IVA (ogget- tivo, soggettivo e territoriale) sono enucleati nel- l’art. 1 del D.P.R. n. 633/1972, che prevede l’applicazione dell’imposta sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato, nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni nonché sulle importazioni da chiunque effettuate.
Il presupposto oggettivo impone che l’operazione considerata rientri tra le cessioni di beni e le pre- stazioni di servizi come delineate dal sopracitato D.P.R., in base al quale costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferi- mento della proprietà ovvero costituzione o trasferi- mento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere (art. 2, D.P.R. n. 633/1972) (5); prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte (art. 3, D.P.R. n. 633/1972) (6). Al riguardo, va osservato che il rapporto sinallagma- tico a titolo oneroso, quale requisito necessario per l’esistenza del presupposto d’imposta, è da rinvenire nella sussistenza di un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscano l’effettivo corrispettivo di una presta- zione (Corte di Giustizia, 3 marzo 1994, C-16/93; Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 0 giugno 1997, C-2/95; Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 00 giugno 2003, C-305/01; Corte di Giu- stizia, 18 luglio 2007, C-277/05) (7).
Il presupposto soggettivo è, invece, desumibile dagli artt. 4 e 5, D.P.R. n. 633/1972 che impongono,
affinché una qualunque prestazione abbia rilevanza ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, che questa sia realizzata da un soggetto che agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione. Quanto all’esercizio d’impresa, è necessario che la stessa sia svolta per “professione abituale” da un soggetto che compie, con regolarità, sistematicità e ripetitività, una pluralità di atti economici coordinati finalizzati al raggiungimento di uno scopo, con esclusione quindi delle ipotesi di atti economici posti in essere in via meramente occasionale (8). Con ciò rilevando, dun- que, il carattere economico dell’attività organizzata in modo professionale e generalmente caratterizzata dal- l’intento di generare profitti (Corte di Giustizia, 20 giugno 1991, causa C-60/90; Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 00 giugno 1993, C-333/91; Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 00 giugno 1996, C-155/94) (9). In tema di arti e professioni rileva, invece, ogni attività di lavoro autonomo e, quindi, di esercizio di attività professionale purché abituale e verso corrispettivo (10).
Da ultimo, il presupposto territoriale richiede che la fattispecie prevista dalla norma tributaria si realizzi nel territorio dello Stato da intendersi, ai sensi del- l’art. 7, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 633/1972, coincidente con il territorio della Repubblica ita- liana, con esclusione dei comuni di Livigno e Cam- pione d’Italia e delle acque italiane del lago di Lugano, nel tratto racchiuso tra Ponte Tresa e Ponte Ceresio. In sostanza, il criterio di collegamento territoriale è basato sull’oggettiva effettuazione nel territorio dello Stato di un’operazione imponibile, non essendo prevista l’imponibilità delle cessioni all’esportazione, delle operazioni assimilate e dei ser- vizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (11).
(4) I soggetti incisi sono i consumatori finali ovvero gli stessi soggetti d’imposta che trovino limitazioni alla detraibilità dell’IVA sugli acquisti in relazione a quanto previsto dall’art. 19, D.P.R. n. 633/1972.
(5) Al riguardo, è interessante notare che la nozione di cessione di beni delineata dall’art. 14 della Dir. 2006/112/CE diverge da quella delineata dal legislatore nazionale, comprendendo qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra a disporre di fatto di tale bene come se fosse proprietario.
(6) Si precisa che l’art. 24 Direttiva IVA fornisce una definizione in negativo di carattere generale e residuale delle prestazioni di servizi in base alla quale si considera “prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce una cessione di beni.
(7) Sono escluse dall’ambito di applicazione dell’IVA le cessioni effettuate a titolo gratuito, ad eccezione di quelle che costitui- scono oggetto dell’attività propria dell’impresa.
(8) Al riguardo, si veda la ris. min. 29 novembre 1988, n. 550326. Sul punto, giova precisare, tuttavia, che l’esercizio abituale di un’attività economica può derivare anche da un solo affare purché comporti una complessa struttura organizzativa oppure una rile- vante entità economica. Inoltre, si veda l’art. 4, comma 1, D.P.R. n.
633/1972: “Per l’esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività com- merciali e agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del Codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 del Codice civile”.
(9) Cfr., altresì, la Ris. 7 agosto 2002, n. 273, che recita “perché ricorra la figura dell’imprenditore commerciale non è necessario che la funzione organizzativa dell’imprenditore costituisca un apparato strumentale fisicamente percepibile, poiché quest’ul- timo può ridursi al solo impiego di mezzi finanziari, sicché la qualifica di imprenditore deve essere attribuita anche a chi utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi”.
(10) Art. 5, D.P.R. n. 633/1972: “Per esercizio di arti e profes- sioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associa- zioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse”.
(11) Cfr., X. Xxxxxxx, “Sul principio di territorialità nell’imposta sul valore aggiunto”, in Rass. tributaria, 1999, 3 (nota a sentenza), pag. 946 ss.
Gli enti in house
La disciplina delle società in house catalizza, ormai da anni, l’attenzione di dottrina e giurisprudenza, per i poliedrici profili che la caratterizzano e per la rile- vanza che la stessa assume in concreto, considerata anche la numerosità degli enti che possono qualifi- carsi come tali e che sono titolari dello svolgimento di attività e di servizi, soprattutto a livello locale (12). Il fenomeno dell’in house providing può essere ricol- legato all’applicazione dei principi di elasticità degli enti e di neutralità delle forme (13) secondo cui, ai fini classificatori, è irrilevante la forma privatistica o pubblicistica di un ente, essendo, invece, dirimente attenzionare una serie di indici di carattere sostan- ziale, da cui poter desumere la sua natura e la possibile conseguente applicazione di regimi derogatori.
L’attenzione al fenomeno dell’in house providing nasce nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici e, più in generale, in riferimento alla tutela della concorrenza.
Con l’espressione “in house providing” si fa, difatti, riferimento all’affidamento di un appalto (o di una concessione) a favore di una società controllata da un ente pubblico, senza ricorrere alle procedure di evi- denza pubblica, in ragione della sussistenza di
specifiche condizioni (14) che caratterizzano la rela- zione che intercorre tra l’ente pubblico e la società affidataria dell’appalto.
In buona sostanza, risulta legittimo reperire o erogare beni e servizi avvalendosi di un organismo che, sep- pur formalmente distinto dall’ente di appartenenza, costituisce una longa manus dello stesso, dato lo stretto legame di interdipendenza esistente; ciò in ragione del principio di c.d. autorganizzazione e autoproduzione, in virtù del quale si può derogare alle regole dell’evidenza pubblica, laddove l’ente decida di utilizzare un modello organizzativo interno, per soddisfare i propri bisogni e quelli della comunità amministrata.
La disciplina dell’in house providing, attenzionata non solo dalla giurisprudenza comunitaria ma anche da quella nazionale (15), è stata di recente oggetto di positivizzazione, nel corpo del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) e del D.Lgs. n. 175/ 2016 (Testo unico in materia di società a partecipa- zione pubblica).
In particolare, l’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016 identi- fica nel modello in house uno dei casi in cui non si applicano le regole dell’evidenza pubblica in pre- senza delle seguenti condizioni:
a) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controlloanalogoa quello esercitato sui propri servizi;
b) oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi;
c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Il secondo comma del medesimo art. 5 delinea i requisiti del c.d. controllo analogo, mentre l’art.
192 (16) dello stesso X.Xxx. n. 50/2016 (regime
speciale degli affidamenti in house) prevede l’istitu- zione, presso l’ANAC, dell’elenco delle amministra- zioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che
(12) Nella deliberazione della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, n. 23/SEZAUT/2018/FRG, avente ad oggetto la rela- zione 2018 sugli organismi partecipati dagli enti territoriali, si legge, nella tabella 2, pag. 69, che gli organismi (società, consorzi, associazioni, fondazioni, istituzioni, aziende speciali e altre forme) per cui risulta una partecipazione totalmente pubblica con unico partecipante/socio sono pari a n. 1380, quelli con partecipazione totalmente pubblica con più partecipanti/soci sono pari a n. 799, mentre quelli con partecipazione mista a prevalenza pubblica sono pari a n. 1821. Anche se tali dati non danno un’informazione specifica in merito al numero di organismi aventi i requisiti dell’in house, e tenuto conto delle informazioni presenti nelle banche dati esaminate, gli stessi possono comunque costituire una proxy circa la numerosità del fenomeno.
(13) X. Xxxxxxxxxx, I principi del diritto amministrativo, III ed., Dike Giuridica editrice, 2018, pag. 219 ss.
(14) Cfr. la nota sentenza Xxxxxx, Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 novembre 1999, causa C-107/98, Xxxxxx s.r.l. c. Comune di Viano; ancora, ex multis, Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 gennaio 2005,
X-00/00, Xxxxx Xxxxx; Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 ottobre 2005, C-458- 00, Xxxxxxx Xxxxxx XxxX; Xxxxx xx Xxxxxxxxx 0 dicembre 2016 C- 553/15. La giurisprudenza comunitaria individua le caratteristiche tipiche del fenomeno dell’in house, nel controllo analogo da parte dell’ente socio sull’ente in house, nello svolgimento dell’attività prevalente dell’ente in house a favore dell’ente affidatario e nella partecipazione pubblica totalitaria. Con riferimento a tale ultimo requisito, anche alla luce delle recenti previsioni normative, si ammette la possibilità di una partecipazione privatistica, purché tale partecipazione sia prevista exlege e le forme di partecipazione privata non comportino controllo o poteri di veto.
(15) Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 3 marzo 2008, n. 1; Consiglio di Stato, sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660; Cass., sez. II, 14 marzo 2016, n. 4938; Cass., SS.UU., 23 gennaio 2015, n. 1237; Corte conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 306/2019/VSG.
(16) Cfr., sul punto, le linee guida di ANAC n. 7 di cui alla delibera
20 settembre 2017, n. 951, reperibili sul sito istituzionale dell’Autorità.
operano mediante affidamenti diretti, al fine di garantire adeguati livelli di pubblicità e trasparenza nei contratti pubblici (17).
La disciplina delineata dal Codice dei contratti pub- blici va, altresì, coordinata con quella del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
A tale proposito, l’art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 175/ 2016 stabilisce che le società in house hanno come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) del comma 2 (18) e che, salvo quanto previsto dall’art. 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o parteci- panti o affidanti; l’art. 16 del medesimo Decreto legislativo, inoltre, prevede che le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministra- zioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’in- fluenza determinante sulla società controllata. Sono, altresì, previsti specifici vincoli all’autonomia statu- taria di tali società, quali:
a) gli statuti delle società per azioni possono conte- nere clausole in deroga delle disposizioni dell’art. 2380-bis e dell’art. 2409-novies del Cod. civ.;
b) gli statuti delle società a responsabilità limitata possono prevedere l’attribuzione all’ente o agli enti pubblici soci di particolari diritti, ai sensi dell’art. 2468, comma III, Cod. civ.;
c) in ogni caso, i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante la conclu- sione di appositi patti parasociali; tali patti possono avere durata superiore a cinque anni, in deroga all’art. 2341-bis, comma I, Cod. civ.
Inoltre, gli statuti delle società in parola devono prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fat- turato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’Ente pubblico o dagli Enti pubblici soci; la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui sopra, che può essere rivolta anche a finalità diverse, è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società.
Ciò posto, nonostante la disciplina delle società in house abbia trovato una migliore e più compiuta razionalizzazione ad opera dei provvedimenti legisla- tivi sopra indicati, le problematiche legate alla loro discussa natura giuridica sono quanto mai attuali, soprattutto da un punto di vista pratico ed operativo, come dimostra la fattispecie concreta sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle entrate nel parere in commento.
A tale riguardo, il riconoscimento di una autonoma soggettività giuridica alle società in house non pare concepibile in senso “universale”, posto che tale riconoscimento risulta strettamente correlato all’am- bito e al settore di applicazione, nonché agli interessi giuridici che vengono in rilievo e che l’ordinamento intende tutelare.
Di seguito, si riportano alcune esemplificazioni, per un’analisi più dettagliata, a chiarimento di quanto sostenuto.
In primo luogo, si ritiene utile citare, in estrema sintesi, l’annosa querelle (19) in merito all’affer- mazione della giurisdizione ordinaria o contabile, nelle ipotesi di responsabilità degli organi sociali. Sul punto, gli ultimi approdi giurisprudenziali hanno stabilito un criterio di riparto, tale per cui la Corte dei conti ha cognizione dei danni subiti dal socio pubblico, mentre al giudice ordi-
(17) Si fa presente che il Consiglio di Stato, con le ordinanze nn. 138, 293 e 296 del 2019 ha rimesso alla CGUE due questioni pregiudiziali sull’affidamento in house. In particolare, in merito all’art. 192, D.Lgs. n. 50/2016, si chiede alla CGUE se sia compa- tibile con la normativa europea la previsione di cui al secondo comma di tale articolo, nella parte in cui gli affidamenti in house sono posti su un piano eccezionale (e subordinato) rispetto agli affidamenti tramite procedure ad evidenza pubblica, richiedendo una valutazione preventiva sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.
(18) [...] a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi compresa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti
funzionali ai servizi medesimi; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 193 del decreto legi- slativo n. 50 del 2016; d) autoproduzione di beni o servizi stru- mentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento; e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 3, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 50/2016.
(19) Per un inquadramento dell’evoluzione giurisprudenziale sul riparto di giurisdizione in materia di società a partecipazione pubblica, vedi X. Xxxxxxxxxx, F.M. Xxxxxxxx, X. Bottega, Codice ragionato delle società pubbliche, Dike Giuridica editrice, 2018, pag. 97 ss. In particolare, si segnala Cass. n. 26806/2009 e, con specifico riferimento alle società in house, Cass n. 26283/2013.
nario compete la valutazione dei danni patiti dalla società (20). In sostanza, in merito al riparto della giurisdizione “il baricentro si è spostato dalla qualità del soggetto (privato o
pubblico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti” (21). La previsione di cui all’art. 12, D.Lgs. n. 175/2016 va in tale direzione, laddove stabilisce che:
“I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. È devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2. Costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione”.
In una recentissima ordinanza della Corte di Cassa- zione (22), si legge “quanto alle società in house (v. da ultimo, Cass., SS.UU., 21 giugno 0000, x. 00000;
Cass., SS.UU., 13 settembre 2018, n. 22409; Cass., SS.UU., 13 aprile 2016, n. 7293), la relativa configu- razione alla stregua di articolazioni interne alla P.A. giustifica che l’attività dell’ente e dei suoi organi ... non sia riconducibile ad un soggetto privato dotato di una autonoma soggettività ma resti sostanzialmente imputata alla P.A. medesima ... è da ritenersi che gli amministratori e i dipendenti della società siano alla
P.A. personalmente legati da un vero e proprio rap- porto di servizio, non diversamente da quanto accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico, sicché il rapporto di servizio con l’ente pubblico è immanente a siffatta formula orga- nizzativa. Ne consegue che il danno dai medesimi arrecato rileva come danno al patrimonio dell’Ente pubblico, seppur formalmente separato dallo schermo societario, il che radica la giurisdizione della Corte dei conti sulla relativa azione di respon- sabilità (v., da ultimo, Cass., SS.UU., 27 dicembre 2017, n. 30978)”.
In definitiva, si può concludere che sotto il profilo della responsabilità degli amministratori delle società in house - e del conseguente riparto di giurisdizione - prevale la natura “sostanzialmente” pubblica delle stesse (quale longa manus dell’ente socio) e la conse- guente necessità di tutelare il patrimonio dell’ente pubblico con l’azione esercitabile dalla procura contabile.
In merito, poi, alla possibilità delle società in house di attivare l’attività consultiva della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 7, comma 8, Legge n. 131/2003, si fa presente come la giurisprudenza contabile sia consolidata nell’escludere siffatta possibilità, in ragione del fatto che la previsione normativa in parola circoscrive la possibilità di richiesta di pareri alla Corte dei conti ai soli enti specificamente indi- cati nella legge stessa (23), non riconoscendo, per- tanto, alcun tipo di immedesimazione soggettiva tra un Ente territoriale e una società in house.
Con riferimento alla materia dei contratti pubblici, solo in presenza delle specifiche condizioni previste dal Legislatore (come sopra riportate) - e, quindi, nelle ipotesi in cui sussista uno stretto legame di interdipendenza tra l’ente controllante e la società affidataria - sarà possibile derogare alle regole dell’e- videnza pubblica e ciò al fine di non pregiudicare il regolare andamento del regime concorrenziale.
Si evidenzia, inoltre, che l’art. 2331 Cod. civ., nel prevedere che le società acquistano la personalità giuridica con l’iscrizione nel registro delle imprese, riconosce un’autonoma soggettività giuridica a cui le società in house non possono sfuggire, stante l’importanza di tutelare i soggetti terzi e i creditori della società.
A tale proposito, nell’ambito della tutela dell’affida- mento dei soggetti terzi che entrano in rapporto con le società pubbliche, si collega la tematica relativa alla possibilità di fallimento per le società in house, che ormai ha trovato un proprio riferimento
(20) Cfr. I. Cavallini - X. Xxxxxxx, “Società partecipate: il confine tra la giurisdizione ordinaria e quella contabile”, in questa Rivista, n. 8-9/2019, pag. 1234 ss.
(21) Cfr. Cass., SS.UU., 3 marzo 2010, n. 5019, in Foro it., 2010, 11, 1, 3101.
(22) Cfr. Ordinanza Cass., SS.UU., n. 22712/2019 (depositata in cancelleria in data 11 settembre 2019).
(23) Cfr. deliberazione Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, n. 192/2019/PAR, del 19 luglio 2019. L’art. 7, comma 8, Legge n. 131/2003, espressamente prevede che “Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collabora- zione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini
della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché’ pareri in materia di contabilità pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane. Richieste di parere nella medesima materia possono essere rivolte direttamente alla Sezione delle autonomie della Corte dei conti: per le Regioni, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome; per i Comuni, le Province e le Città metropolitane, dalle rispettive componenti rappresenta- tive nell’ambito della Conferenza unificata”.
normativo nell’art. 14, D.Lgs. n. 175/2016, secondo cui le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato pre- ventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Sul punto, recente giurisprudenza (24) ha eviden- ziato che le società in house, in quanto persone giu- ridiche private e centri di imputazione di rapporti giuridici diversi dall’ente partecipante, operano nel- l’esercizio della propria autonomia negoziale, assu- mendosi tutti gli eventuali rischi connessi alla propria insolvenza (25). Giova, peraltro, rammen- tare che anche la recente normativa sulle procedure concorsuali esclude dall’ambito di applicazione della concorsualità gli Enti pubblici, ma non le società pubbliche. L’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 14/ 2019 (26), difatti, espressamente recita “Il presente codice disciplina le situazioni di crisi o insolvenza del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agri- cola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici”.
Da ultimo, merita menzione la disciplina relativa alla gestione del personale delle società a controllo pubblico, delineata dall’art. 19, D.Lgs. n. 175/2016, da cui deriva che ai rapporti di lavoro dei dipen- denti di tali società si applicano le disposizioni del
Codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e dai contratti collettivi. In materia di reclutamento del perso- nale, vanno comunque rispettati i principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e i principi di cui all’art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 165/2001. Nella materia giuslavoristica, dunque, come sostenuto in dottrina (27), “si registra in modo particolarmente marcato l’esi- genza di bilanciare la duplice anima delle società a partecipazione pubblica ...”.
Ciò posto, è evidente come la qualificazione delle società in house, ora in termini più “pubblicistici” ora in termini più “privatistici”, non possa prescindere dai diversi ambiti di applicazione e interessi da tute- lare; anche la fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle entrate non esula da tale conside- razione, in virtù della specifica disciplina giuridica dell’IVA e dell’esistenza di un contratto di servizio tra le parti, dal quale si rinviene l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le stesse e, dunque, di un’opera- zione rilevante ai fini dell’applicazione dell’IVA.
La risposta dell’Agenzia dell’entrate
Come anticipato, l’Agenzia delle entrate non acco- glie la soluzione proposta dal Comune, ritenendo le somme trasferite alla società in house soggette all’applicazione dell’IVA, dato che:
- le società in house devono considerarsi organismi aventi una loro autonoma soggettività giuridica rispetto all’ente o agli enti di appartenenza (presupposto soggettivo);
- valutato il concreto assetto degli interessi, e a valle dell’analisi svolta sul contratto di servizio, sussiste tra le parti un rapporto giuridico sinallagmatico con rispettivi obblighi e doveri (presupposto oggettivo).
Con riferimento al primo aspetto, l’Agenzia eviden- zia come le operazioni realizzate dalle società in house - che sono comunque costituite in forma di società di capitali - sono da considerarsi effettuate nell’esercizio
d’impresa, ai sensi dell’art. 4, secondo capoverso,
D.P.R. n. 633/1972 (28), anche se riconducibili alle funzioni istituzionali dell’ente o degli enti di appartenenza. Il parere rinvia, inoltre, ad una
(24) Cfr. Cass., sez. I, n. 5346/2019, Ord. Ancora, vedi Cass., sez. I, n. 3196/2017, in cui si evidenzia come alla scelta del Legislatore di consentire il perseguimento dell’interesse pubblico attraverso strumenti privatistici, ad opera, quindi, di società di capitale, consegue la necessaria assunzione dei rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con tali società entrano in rapporto.
(25) Per completezza espositiva, si fa presente che, in dottrina, ancora si discute sull’applicabilità dell’art. 14, D.Lgs. n. 175/2016 alle società in house, per una ritenuta incompatibilità tra la defini- zione di partecipazione pubblica e il requisito del controllo analogo. Sul punto, vedi X. Xxxxxxxxxx, F.M. Xxxxxxxx, X. Bottega, Codice ragionato delle società pubbliche, cit., pag. 109 ss.
(26) Si tratta del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della Legge 19 ottobre 2017, n. 155”.
(27) Cfr. X. Xxxxxxxxxx, F.M. Xxxxxxxx, X. Bottega, Codice ragio- nato delle società pubbliche, cit., pag. 139 ss.
(28) All’art. 0, xxxxxxx xxxxxxxxx, xxx X.X.X. xx xxxxxx, xx legge
“Si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese:
1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all’art. 2507 del codice civile e dalle società di fatto. 2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società
precedente risoluzione (la n. 37/E del 2007) in cui l’Agenzia aveva già chiarito che le società in house sono organismi autonomi, dotati di propria soggetti- vità giuridica, non riconducibili in alcun modo all’ente socio. In particolare, nella risoluzione in parola si legge, inter alia, che, a parere dell’Agenzia, la qualifica di società in house non assume rilevanza in ordine all’individuazione dei presupposti impo- sitivi IVA nell’ambito dei rapporti giuridici che si instaurano tra la società e l’Ente locale.
Si sostiene, dunque, l’irrilevanza dello status di società in house con riferimento all’applicazione della normativa in materia di IVA, rispetto a cui, invece, ciò che conta è la forma giuridica di società di capitali e, conseguentemente, l’autonoma soggetti- vità giuridica dell’ente in house, unitamente alla sussistenza di un rapporto giuridico sinallagmatico, costituito in base al contratto di servizio sottoscritto tra la società e l’Ente.
Considerazioni conclusive
Il parere in esame consente una riflessione sulla qualificazione delle società in house, la cui disciplina, nonostante la recente sistematizzazione ad opera del D.Lgs. n. 50/2016 (in tema di contratti pubblici) e del D.Lgs. n. 175/2016 (in tema di società a partecipa- zione pubblica), continua ad essere al centro del dibattito giurisprudenziale e dottrinale, posto che in alcuni casi risultano prevalenti interessi, attività e normative specifiche che inducono a propendere per una loro qualificazione più “pubblicistica”, men- tre, in altri casi, si propende verso una loro qualifi- cazione più “privatistica”, con conseguente applicazione delle regole previste per le società dalle norme generali di diritto privato (29).
Dall’analisi svolta, le società a controllo pubblico, e più in particolare le società in house, rientrano in un assetto descrittivo e applicativo necessariamente a
“geometria variabile”, che deve tenere conto del settore e della disciplina che, di volta in volta, viene in rilievo, in relazione agli interessi giuridici da tutelare.
Nel caso che ci occupa, con specifico riferimento all’applicazione della disciplina fiscale dell’IVA, assume rilievo la forma giuridica di società di capitali dell’Ente in house e la prestazione di servizi e obblighi a favore dell’Ente locale, dietro sotto- scrizione di un contratto di servizio da cui emerge la natura sinallagmatica del rapporto giuridico in esame e la conseguente applicazione delle regole che l’ordinamento stabilisce in materia di applica- zione dell’IVA. Circa il profilo attenzionato nel parere n. 363/2019, si può ritenere ormai consolidata la posizione dell’Am- ministrazione finanziaria in merito alla sussistenza del presupposto soggettivo e, quindi, in merito al riconoscimento, in linea generale, di una autonoma soggettività di diritto delle società in house rispetto agli Enti di appartenenza, tale per cui non pare possibile riconoscere, ai fini dell’applicabilità della disciplina dell’IVA, nell’Ente locale e nella società il medesimo soggetto giuridico e, quindi, quella “imme- desimazione organica” che costituisce, invece, il tratto peculiare per potere derogare ai principi e alle regole dell’evidenza pubblica.
Ciò che, invece, in casi futuri, potrebbe necessitare di una più approfondita analisi è il presupposto ogget- tivo, ossia l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le parti, sulla base dell’analisi del contratto di servizio e, dunque, del concreto assetto degli interessi delle parti.
Si ribadisce, difatti, che ai sensi dell’art. 11, D.Lgs. n. 212/2000, in materia di interpello tributario, la rispo- sta da parte dell’Agenzia risulta vincolante con esclu- sivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al soggetto richiedente.
semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’eserci- zio di attività commerciali o agricole”.
(29) Del resto, ai sensi dell’art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 175/ 2016, si stabilisce che “Per tutto quanto non derogato dalle
disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a par- tecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel Codice civile e le norme generali di diritto privato”.