COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) DI STASO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) LONGOBUCCO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) SOLDATI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) SPADAFORA Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore NICOLA DI STASO
Seduta del 30/10/2017
FATTO
Parte ricorrente riferisce di essere cointestataria, insieme ad altri due soggetti (nel frattempo deceduti), di un buono postale fruttifero, appartenente alla serie “P”, emesso nel 1986, e di un secondo buono postale fruttifero emesso nel 1987, appartenente alla serie “Q”. Su entrambi i buoni risulta apposta la clausola con pari facoltà di rimborso. Fa presente che, a gennaio 2017, si recava presso un ufficio dell’intermediario per chiedere il rimborso dei buoni predetti di cui era in possesso, ma che tale rimborso veniva denegato a causa della mancata presentazione di copia dell’ “atto di successione” per ognuno dei contitolari deceduti. Più in particolare, la ricorrente sostiene che sussiste a suo favore il diritto a riscuotere per intero l’importo dei BPF, dietro semplice presentazione dei titoli, in virtù della clausola “P.F.R.” (Pari Facoltà di Xxxxxxxx) apposta sugli stessi, così come affermato dalla più recente giurisprudenza ordinaria. Pertanto illegittima sarebbe la richiesta della controparte relativa alla presentazione del documento fiscale, relativamente agli altri cointestatari.
La parte ricorrente, quindi, chiede che l'ABF intimi alla resistente di procedere al rimborso delle somme di cui ai due buoni postali fruttiferi, essendo la stessa legittimata, sulla base delle disposizioni di emissione, a riscuotere l'intero.
L'intermediario, regolarmente costituitosi nel procedimento ABF, rileva che la ricorrente è cointestataria dei due buoni postali fruttiferi (di cui uno non giunto, alla data delle
controdeduzioni, a piena maturazione, la cui liquidazione anticipata determinerebbe danno ai risparmiatori) unitamente a due persone, entrambe decedute. A proposito delle istanze avversarie, essa ricorda che, per i buoni emessi, come quelli in vertenza, fino al 27.12.2000, giorno antecedente l’entrata in vigore del D.M. 19.12.2000, è applicabile la disciplina prevista dal D.P.R. 29.3.1973, n. 156, e dalle relative norme di attuazione contenute nel D.P.R. 1.6.1989, n. 256, con la conseguenza che: a) l’Ufficio Postale, avuta notizia del decesso di un intestatario, deve procedere all’apposizione immediata del blocco sui titoli, aprendo la pratica di successione; b) la clausola di “P.F.R.” diviene inefficace ed il xxxxxxxx va subordinato alla acquisizione di una quietanza congiunta di tutti gli aventi diritto. Inoltre, l’art. 48 del D.Lgs 346/90 istitutivo dell'imposta di successione, prevede che l'intermediario non può pagare somme o consegnare beni a eredi, legatari o loro aventi causa, se non è stata fornita la prova della presentazione della denuncia di successione con l’indicazione dei crediti e dei beni stessi (in questo caso di buoni postali fruttiferi) o non è stato dichiarato per iscritto dagli interessati che non vi sia obbligo di presentare la dichiarazione (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 5305/13).
L'intermediario, pertanto, chiede che il ricorso sia rigettato in quanto infondato.
DIRITTO
I termini in fatto della controversia appaiono chiari e non si rilevano contrasti tra le parti nella relativa narrazione. Nel 1986 e nel 1987 tre soggetti (la odierna ricorrente e altri due soggetti deceduti nel frattempo), sottoscrissero due buoni postali fruttiferi “con pari facoltà di rimborso”. La ricorrente, davanti al diniego del rimborso chiesto dalla stessa iure proprio, quale cointestataria, in virtù della clausola della pari facoltà di rimborso, chiede tutela all'ABF, ritenendo indebite le richieste dell'intermediario che non riconosce la efficacia della prescrizione contrattuale dalla stessa azionata, a causa dell'avvenuto decesso degli altri due cointestatari.
A tale proposito, corre immediatamente l'obbligo di osservare che, per entrambi i buoni postali fruttiferi, nelle more del procedimento ABF, sono decorsi i termini trentennali di maturazione.
Ciò chiarito, questo Collegio è in sostanza chiamato a valutare se le ragioni giuridiche sostenute dall'intermediario per opporsi al rimborso dei due buoni postali siano valide o meno. Esse possono essere così sintetizzate:
l'evento morte di un cointestatario determina, per effetto delle norme contenute nel DPR 256/89 (in vigore per i buoni oggetto del ricorso, sebbene abrogate), l'inefficacia della clausola di pari facoltà di rimborso, sì da imporre all'intermediario, al fine di liquidare il dovuto, la quietanza congiunta di tutti i legittimati (compresi quindi gli eredi/successori mortis causa del cointestatario defunto);
l'evento morte fa sì che i buoni postali fruttiferi entrino nell'asse ereditario del defunto e, dunque, l'intermediario è obbligato, a' sensi della legge fiscale, a richiedere la presentazione della dichiarazione debitamente registrata presso la competente Agenzia delle Entrate, in mancanza della quale le somme contenute nei titoli sono sottoposte al ben noto vincolo di indisponibilità a carico degli intermediari.
Così riassunte, si deve far presente che le motivazioni fornite dall'intermediario al diniego di pagare alla cointestataria le somme contenute nei buoni postali sono state fatte proprie da alcuni pronunciamenti ABF, al fine di respingere le istanze dei ricorrenti (ci si riferisce ad esempio a Collegio di Roma n. 11308/2016).
Ciò premesso, questo Xxxxxxxx ritiene di non condividere le valutazioni già fatte proprie dai Collegi territoriali e che la domanda della ricorrente sia meritevole di tutela, anche alla luce della copiosa produzione della giurisprudenza ordinaria (di merito e di legittimità) e della prassi ministeriale in materia.
Si osserva in proposito quanto segue.
L'intermediario ritiene che ai buoni postali fruttiferi con pari facoltà di rimborso sia applicabile, ratione temporis, la normativa contenuta nel combinato disposto degli articoli 187 e 203 del DPR 256/89. In particolare, tale provvedimento, sebbene caducato a' sensi del DM 19 dicembre 2000, continuerebbe ad avere vigenza per i due buoni postali fruttiferi (emessi negli anni ottanta). Sul punto, il Collegio osserva che la ricostruzione in tema di successione temporale dei citati provvedimenti normativi sia corretta ma che non sia condivisibile l'estensione ai buoni postali fruttiferi di una norma, quella contenuta nell'art.
187 DPR 256, dedicata in verità ai libretti postali. A mente di tale articolo, infatti, si prevede(va) che “il rimborso a saldo del credito del libretto intestato a persona defunta oppure cointestato anche con la clausola della pari facoltà a due o più persone, una delle quali sia deceduta, viene eseguito con quietanza di tutti gli aventi diritto”. Tuttavia, ritiene questo Collegio che tale norma non sia applicabile ai buoni postali fruttiferi, neppure attraverso il rinvio di cui all'art. 203 DPR 256 (rinvio, in realtà, non esteso all'intera disciplina dei libretti come testimonia l'inciso “in quanto applicabili” ivi contenuto), trattandosi di una disposizione limitativa di diritti e, come tale, da interpretare in modo tassativo e, dunque, da limitare alla sola fattispecie negoziale per la quale è stata formulata, ossia quella dei libretti postali cointestati (anche con clausola della pari facoltà di rimborso). Ne deriva che, come già accertato dalla giurisprudenza ordinaria (cfr. Tribunale di Lecco 20 febbraio 2015), la clausola di pari facoltà di rimborso “costituisce vera e propria obbligazione contrattuale alla quale l'intermediario non si può sottrarre” che si conserva pure in caso di morte, anche in considerazione del fatto che l'articolo citato (art. 187 DPR 256) “nulla dice(va) circa i buoni fruttiferi”. Una tale posizione non è, a ben vedere, estranea neanche ai pronunciamenti dell'ABF. Ci si riferisce alla decisione n. 4540/14 del Collegio di Napoli (confermata nel principio giuridico espresso da successiva decisione del medesimo Collegio n. 6048/16), laddove si legge che “l’importo da rimborsare potrebbe ritenersi infatti retrocedibile al cointestatario sulla base del suo potere dispositivo e indipendentemente dalla successione ereditaria, dovendo piuttosto porsi un problema di cointestazione con eventuali altri coeredi subentranti, risolvibile, però, sulla base delle normali regole di solidarietà interna. La giurisprudenza di legittimità – richiamata da parte ricorrente – ha precisato che non si può “unilateralmente modificare una clausola inserita nel titolo, posto che il vincolo contrattuale tra l'emittente ed il sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti" (Cass. civ. sez. Un. 15.6.2007 n. 13979). La scarsa giurisprudenza di merito esistente sul punto pare confermare questo orientamento, condannando al rimborso del titolo nei confronti del contitolare superstite in casi in cui il buono postale fruttifero è dotato della clausola P.F.R. (Trib. Cosenza 2.7.2010; Trib. Cosenza 31.1.2011, richiamate dalla ricorrente; cfr. anche Trib. Genova, sez. VI, 27.02.2006)”.
In tema, dunque, di legittimazione alla richiesta di rimborso per l'intero dell'ammontare dei buoni postali fruttiferi, questo Collegio ritiene che al cointestatario con pari facoltà di rimborso, il quale, nonostante il decesso di altro cointestatario, agisca iure proprio, sulla base delle condizioni contrattuali pattuite al momento dell'emissione del buono, l'intermediario non possa richiedere la quietanza di tutti gli aventi diritto (ossia anche i successori mortis causa dei cointestatari defunti), in quanto richiesta non fondata su una specifica norma di legge e basata su una illegittima e surrettizia modificazione delle
condizioni contrattuali (conclusione, questa, lo si sottolinea, perfettamente coerente con quanto statuito dal Collegio di Coordinamento nella decisione n. 5305/13), condizioni che, come ben noto, hanno forza di legge tra le parti e che, del pari, possono essere modificate solo a seguito di loro libero accordo modificativo (art. 1372 c.c.).
È del tutto evidente che, in tal modo, l'intermediario si libererà nei confronti del creditore (ossia del singolo cointestatario con pari facoltà di rimborso) versando l'intero dovuto recante dai buoni, in omaggio alla disciplina generale in tema di obbligazioni solidali attive (cfr. art. 1292 c.c.), essendo confinata ai soli rapporti interni tra contitolari – sfera esulante dal sindacato dell'intermediario - la ripartizione di quanto pervenuto dall'esercizio dei diritti garantiti dalla pari facoltà di rimborso (in questo senso si è espressa anche la giurisprudenza ordinaria con specifico riferimento ai buoni postali, cfr. Tribunale di Ascoli Xxxxxx 1 marzo 2016. In generale, cfr. Cassazione n. 15231/2002).
La seconda ragione con la quale viene opposto il diniego alla liquidazione dei buoni alla ricorrente è costituita dalla necessità di presentazione, a suo carico, della dichiarazione di successione dei contititolari defunti. In assenza, l'intermediario sarebbe impossibilitato a effettuare alcun tipo di pagamento, in quanto sulle somme si sarebbe impresso, a seguito dell'evento morte di uno dei cointestatari, un vincolo di indisponibilità, a mente dell'art. 48 d.lgs. 346/90.
Non sfugge a questo Collegio che, in sede ABF, il Collegio di Coordinamento (la già richiamata decisione n. 5305/13) ebbe a statuire, in relazione però alla fattispecie (diversa da quella attuale ed è circostanza questa, lo si vedrà, dirimente) dei libretti di risparmio, che l'art. 48 d.lgs. 346 “non incide sul profilo relativo alla legittimazione dei cointestatari, che resta regolata dalle disposizioni del codice civile; essa, peraltro, impone un adempimento che può essere qualificato alla stregua di un vero e proprio vincolo di indisponibilità della somma. Da ciò deriva che la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi, ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del medesimo t.u., costituisce una condizione senza la quale il debitore può legittimamente opporre il mancato pagamento nei confronti del creditore, pur legittimato ad esigere la liquidazione della intera somma portata dal libretto. Tenuto conto di ciò, la permanenza della legittimazione in capo ai cointestatari nonostante la morte di uno di essi, dunque, è vicenda che attiene esclusivamente al rapporto negoziale inter partes, che non può pregiudicare le posizioni dei terzi, quale in questo caso, deve essere considerata l’Amministrazione finanziaria. Tanto più se i diritti dei terzi siano riconosciuti da una disposizione avente natura imperativa, qual è certamente quella in materia tributaria. È infatti agevole osservare che, ragionando a contrario, l’insussistenza di tale vincolo consentirebbe facili pratiche elusive della normativa fiscale, consentendo agli eredi di evitare il pagamento della imposta sulla successione, semplicemente cointestando un libretto di deposito a risparmio. La disposizione di cui all’art. 48, comma 4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di una impossibilità giuridica sopravvenuta, come descritta dall’ordinanza di rimessione), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione rappresentata dalla presentazione della denuncia di successione; non a caso, la normativa speciale prevede l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 53 t.u., nel caso in cui l’istituto di credito provveda comunque alla liquidazione della quota ereditaria. Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità che grava sulla quota caduta nell’asse ereditario, possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri contestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano alla presentazione della documentazione successoria”.
Conscio di questo orientamento, questo Collegio ritiene che esso vada articolato (nella fedeltà all'insegnamento ivi contenuto) e modulato a seconda della fattispecie negoziale che viene in rilievo di volta in volta. Orbene, il ricorso odierno attiene a buoni postali fruttiferi, ossia a una forma importante di investimento del risparmio, equiparata, ai fini dell'imposta di successione, ai titoli di stato, perciò pienamente rientrante nel novero di quei titoli che non entrano nell'attivo ereditario, a' sensi dell'art. 12 lett. i) d.lgs. 346/90. Tale esenzione dalla massa attiva (fiscalmente rilevante e su cui si paga l'imposta di successione, al ricorrere delle condizioni di legge) è gravida di conseguenze a livello di redazione della dichiarazione di successione, come testimoniato dalla Risoluzione 13 luglio 1999 n. 115/E del Ministero delle Finanze – Dipartimento delle Entrate, la quale così si è pronunciata in subiecta materia: “chiarito […] il contesto normativo in cui si è pervenuti alla equiparazione dei buoni postali ai titoli di Stato e alla conseguente loro esenzione dal tributo successorio, per quanto riguarda più specificamente la questione […] relativa alla eventuale inclusione o meno di detti titoli nella dichiarazione di successione, si osserva quanto segue. Con risoluzione n. 400203 del 15 luglio 1989, in vigenza quindi dell'art. 49 (diritti ed obblighi a carico di terzi) del più volte citato D.P.R. n. 637 del 19721, la Scrivente ribadiva quanto deliberato [...] in merito alla non tassabilità dei Buoni Ordinari del Tesoro e all'inesistenza di un obbligo da parte del contribuente di denunciarli nella dichiarazione di successione. Al riguardo, considerato che il più volte citato art. 48 del vigente Decreto Legislativo 31 ottobre 1990 n. 346, fatta eccezione per le disposizioni innovative di cui ai commi 1 e 7 che non rilevano ai fini della questione in esame – riproduce il contenuto dell'art. 49 del D.P.R. n. 637 del 1972 e tenuto conto della cennata equiparazione a tutti gli effetti tra i buoni postali e i titoli di Stato, non v'è ragione di ritenere sussistente un obbligo da parte dell'erede di includere detti buoni nella dichiarazione di successione”.
Ne consegue che l'inesistenza di un obbligo giuridico a carico del contribuente (ossia di quei soggetti che sono gravati dal relativo incombente: fondamentalmente i chiamati all'eredità2), di inserimento dei buoni postali nel documento fiscale prescritto dall'art. 28 d.lgs. 346/90 fa sì che, nei confronti dell'intermediario, non si formi, limitatamente a tali titoli, il ben noto vincolo di indisponibilità di cui parla il richiamato Collegio di Coordinamento. In questo senso, la lettura dell'art. 48 comma 4 del d.lgs. 346/90 dà conforto all'interpretazione testè fornita, laddove si specifica che “le aziende e gli istituti di credito [...] non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture ne' ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non e' stata fornita la prova della presentazione [...] della dichiarazione della successione [...] con l'indicazione dei suddetti titoli”. È di tutta evidenza che tale norma lega il dovere di controllo della presentazione della dichiarazione di successione in capo agli intermediari finanziari al solo caso in cui i titoli dagli stessi emessi vadano indicati nel predetto documento tributario. La non debenza dell'indicazione dei titoli fa sì che l'intermediario non possa richiedere legittimamente (e sottoporre a un relativo obbligo anche, in ipotesi, una persona estranea alla delazione ereditaria, come ben potrebbe essere il caso del ricorso odierno) l'esibizione della dichirazione di successione, in quanto l'ordinamento non richiede che essa contenga alcun riferimento ai titoli in vertenza.
1 Si tratta del precedente testo normativo che disciplinava il tributo successorio.
2 Si sottolinea che, nel caso del ricorso, non emerge che la cointestataria ricorrente sia altresì chiamata all'eredità o comunque successore mortis causa e, dunque, destinataria di obblighi dichiarativi tributari, relativi ai defunti cointestatari.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio - in accoglimento del ricorso – dichiara l’intermediario tenuto al rimborso dei buoni postali oggetto del ricorso.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1