COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) SANTONI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) FERRARI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) XXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) ORLANDI
Nella seduta del 17/12/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Espone parte ricorrente di aver lavorato come dipendente della Banca odierna convenuta dal 2/11/2000 all’8/10/2014, data in cui è stato licenziato ai sensi dell’art. 2118 c.c.
In qualità di dipendente della Banca, aveva stipulato, in data 30/05/06, un contratto di mutuo a condizioni agevolate, il quale prevedeva l’applicazione di un tasso annuo pari al tasso BCE maggiorato di uno spread pari all’8% del citato xxxxx. In data 14/10/14, tramite comunicazione ex art. 118 TUB, la Banca comunicava che, “in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro” “il tasso annuo verrà determinato maggiorando di uno spread di 2 punti il saggio di interesse annuo, risultante dalla media aritmetica semplice dei tassi giornalieri EURIBOR/365 (Euro lnterbank Offered Rate) a sei mesi relativa al mese precedente ed arrotondata allo 0,05 di punto superiore rilevata il 02/01 - 01/07 con validità per il semestre solare in corso”.
Il ricorrente, con reclamo del 12/11/14, contestava la modifica in quanto “lo ius variandi previsto dall’art. 118 TUB per i contratti di durata non può essere esercitato sulle clausole relative ai tassi di interess[e]”, sostenendo, pertanto, che la previsione contrattuale di possibilità di modifica unilaterale risulterebbe “nulla per contrarietà a norme imperative”.
L’intermediario non forniva alcun ulteriore riscontro e, dunque, la parte attrice si rivolgeva all’ABF.
Replica parte resistente che “il [ricorrente] ha lavorato con qualifica di dirigente alle dipendenze della Banca […] dal 02.11.2000 al 08.10.2014, data in cui è stato licenziato ai sensi dell'art. 2118 C.C. “Quale dipendente il [ricorrente] ha sottoscritto con la Banca il 30.05.2006 un contratto di mutuo a condizioni agevolate per i dipendenti”. “La Banca […] a seguito del predetto licenziamento, con lettera 14.10.14 ha comunicato […] la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali agevolate con previsione di applicazione di nuove condizioni. Le nuove condizioni paiono senza dubbio perfettamente in linea con le migliori condizioni applicate alla clientela ordinaria nel periodo di riferimento, come risulta dal foglio informativo del mese di novembre 2014 che si allega. “Il [ricorrente] ha contestato la modifica unilaterale, ritenendo inapplicabile lo ius variandi eseguito dalla Banca. In primo luogo […] precisa[…] che la Banca […] ha continuato ad applicare le condizioni agevolate […] comunque fino al momento in cui è rimasto in essere il rapporto di lavoro dipendente. “Contrariamente a quanto sostenuto dal [cliente], l'art. 5 del regolamento mutui (allegato A al contratto di mutuo) prevede espressamente che l'interruzione del rapporto di lavoro per licenziamento del dipendente mutuatario comporta la decadenza delle condizioni agevolate previste dal regolamento. “Il mutuatario autorizza espressamente la Banca ad apportare le modifiche sui tassi e sulle altre condizioni ai sensi dell'art. 118 TUB”. “Il testo dell'art. 118 TUB all' epoca della sottoscrizione consentiva di apportare tali modifiche e, quindi, legittimamente il contratto prevedeva che, al venir meno della condizione di dipendente, il mutuatario perdesse il diritto di ottenere condizioni di tasso agevolato e che le nuove condizioni sarebbero state comunicate con le modalità di cui all'art. 118 TUB”. “Venendo all'esame delle condizioni concretamente applicate, con lettera del 14.10.2014, la Banca ha comunicato al ricorrente che, con decorrenza dicembre 2014, gli sarebbe stato applicato un tasso pari all'Euribor 6 mesi maggiorato di 2% di spread a fronte di uno spread massimo applicabile alla clientela ordinaria di 6%, come risulta dal Foglio informativo mutui ipotecari vigente nel mese di novembre 2014”.
Il ricorrente invoca la nullità della modifica unilaterale effettuata dalla Banca.
L’intermediario insiste per il rigetto.
DIRITTO
Muoviamo dalla disciplina del contratto di mutuo, stipulato il 30 maggio 2006.
La facoltà potestativa di modifica unilaterale (ex 118 TUB) è prevista dall’art. 1, il quale così recita:
Tale clausola appare conforme alla disciplina vigente al tempo della conclusione del contratto, recata dall’art. 118 TUB, in vigore dal 1 gennaio 1994 al 3 luglio 2006 ( nel testo precedente le modifiche apportate dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223), a tenore del quale:
“1. Se nei contratti di durata è convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, le variazioni sfavorevoli sono comunicate al cliente nei modi e nei termini stabiliti dal CICR.
2. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci.
3. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, ovvero dell'effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma 1, il cliente ha diritto di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l'applicazione delle condizioni precedentemente praticate”.
Il contratto prevede espressamente che il finanziamento sia erogato “a condizioni di favore” per i dipendenti dell’Istituto stesso. In particolare, l’all. A al contratto di mutuo prevede “la decadenza delle condizioni” in caso di perdita della qualifica di dipendente. La clausola non indica tuttavia la misura ordinaria del tasso, ossia non determina l’obbligazione feneratizia alternativa alle “condizioni di favore” applicate ai dipendenti.
La controversia si restringe allora alla ammissibilità di un ius variandi nei contratti di mutuo del consumatore, ancorché sottoposti alla condizione risolutiva del venir meno del rapporto di lavoro. Sembra al Collegio che tale diritto potestativo non sia ammissibile per indeterminatezza del tasso, applicabile al mutuo dopo l’avveramento della condizione. Da rammentare come ampia parte della dottrina e precedenti pronunce dell’Ombudsman Bancario e dello stesso Arbitro Bancario e Finanziario hanno affermato l’inapplicabilità dell’art. 118 del TUB (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali) ai contratti di mutuo e l’inefficacia di successive modifiche unilaterali degli interessi. In caso di esercizio dello ius variandi da parte della banca, la facoltà di recesso del mutuatario risulterebbe infatti priva di senso, essendo egli comunque tenuto alla immediata restituzione del debito residuo.
Questa linea è stata condivisa dal Ministero dello Sviluppo Economico che, con nota esplicativa del 21 febbraio 2007, n. 5574, ha affermato che risultano esclusi dal campo di applicazione dell’articolo 118 del TUB (come sostituito dall’articolo 10 del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 e dalla legge di conversione n. 248 del 4 agosto 2006) i contratti di mutuo, nei quali lo svolgimento del rapporto in un arco temporale concordato tra le parti costituisce un elemento essenziale, a tutela degli interessi di entrambi i contraenti. Il Ministero dello Sviluppo Economico precisa che l’espressa volontà del legislatore, in sede di conversione nella legge n. 248/2006, è stata quella di voler escludere “i contratti di durata aventi una natura peculiare e regolati da leggi speciali”, come quello di mutuo (e, a tale proposito, si
ricorda che l’art. 40 TUB stabilisce una disciplina speciale, diversa da quella dell’art. 118, per l’estinzione anticipata delle operazioni di credito fondiario).
Sotto questa luce, il nuovo testo dell’art. 118 (come aggiornato dall’art. 4, comma 2, X.Xxx. 13 agosto 2010, n. 141 – in vigore al momento dell’esercizio dello ius variandi) del D. Lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (TUB) raccoglie tale indirizzo e cosi prevede:
“1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale puo' essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo”.
La ratio della disposizione, che può essere estesa al nostro caso, appare chiara e ha riguardo alla certezza del rapporto di mutuo, e segnatamente della misura del relativo tasso di interesse, il quale in nessun caso potrebbe essere modificato per decisione unilaterale del mutuante. Tale decisione finirebbe infatti per precludere qualsiasi tutela del consumatore-mutuatario, il quale risulterebbe stretto da una implacabile alternativa: o accettare la modifica in peius; o recedere, così perdendo il beneficio del termine con conseguente immediata restituzione dell’intera somma.
Il meccanismo condizionale, invocato dalla resistente, postulerebbe invece la risoluzione della sola clausola di favore (che riduce il costo del finanziamento per i dipendenti), e la entrata in vigore di altra clausola, già determinata al momento della conclusione del contratto, che preveda un tasso diverso e più alto. In difetto di tale preventiva determinazione, lo ius variandi potestativo in corso di rapporto deve reputarsi precluso.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie il ricorso e dichiara l’inefficacia della modifica del tasso di interesse.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1