Contratto di opzione su azioni e nozione di contratto "finanziario"
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Contratto di opzione su azioni e nozione di contratto "finanziario"
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01-2013
XLV — gennaio 20 13 , n° 01
| estratto
CONTRATTO DI OPZIONE SU AZIONI E NOZIONE DI CONTRATTO “FINANZIARIO”
commento diValerio Sangiovanni
CONTRATTI FINANZIARI
4 CONTRATTO DI OPZIONE E CONTRATTO FINANZIARIO
TRIBUNALE DI MILANO - 16 MARZO 2012 (ORD.) - EST. RIVA CRUGNOLA
Procedimento civile - Mediazione obbligatoria - Mediazione finalizzata alla conciliazione - Procedimento di mediazione - Contratti finanziari - Contratto di opzione su azioni - Esclusione della qualità di contratto finanziario.
(d.lg. n. 28 del 2010, art. 5)
Il contratto di opzione su azioni stipulato fra privati non rientra nell’ambito delle controversie in materia di «contratti finanziari» ai sensi dell’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010.
(Omissis).
Il G.I. invita le parti a prendere posizione sulla obbligatorietà o meno della mediazione nella presente controversia ai sensi dell’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 che menziona tra le controversie soggette a mediazione obbligatoria quelle relative a “contratti finanziari”.
L’avv. rileva che il contratto di opzione in discussione non va ricondotto alla categoria di
contratto finanziario, trattandosi di contratto tra privati e non concluso con l’intervento di opera- tore professionale e/o emittente.
L’avv. concorda con l’opinione testé espressa da controparte.
(Omissis).
Rigettata quindi la richiesta cautelare, vanno poi assegnati alle parti i termini ex art.183 comma 6 c.p.c. richiesti, non risultando ad avviso del g.i. necessario procedere ad adempimenti ex art. 5 d.lg. n. 28 del 2010.
Riguardo a tale ultimo punto va in particolare osservato che la presente controversia ha ad oggetto un contratto di opzione su azioni stipulato tra privati e dunque non pare rientrare nel- l’ambito delle controversie in materia di “contratti finanziari”, per le quali il legislatore nell’art. 5 citato ha previsto la soggezione alla mediazione obbligatoria.
Come risulta infatti dall’endiadi usata nell’art. 5 “contratti assicurativi, bancari e finanziari” e dalla relazione al d.lg., ove si precisa che con tale endiadi il legislatore ha inteso riferirsi a controversie riguardanti “tipologie contrattuali che conoscono una diffusione di massa” “alla base di una parte non irrilevante del contenzioso”, deve ritenersi che la categoria di controversie in discussione vada individuata in riferimento alla natura “professionale” di una delle parti (rispet- tivamente l’impresa bancaria, l’impresa assicurativa e l’intermediario finanziario) più che in riferimento a specifiche tipologie contrattuali, di per sé stesse di difficile ricostruzione sistematica, posto che il nomen iuris “contratto finanziario” (a differenza di quello di “contratti bancari”, utilizzato nella intestazione del capo capo XVI del titolo II del libro IV del codice civile) non è di per sé stesso utilizzato né nel codice civile né nel d.lg. n. 58 del 1998, ove è data una definizione specifica solo della diversa nozione di “strumenti finanziari”.
Tale conclusione interpretativa è del resto avvalorata dalla previsione — contenuta sempre nell’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 — dell’alternatività alla mediazione obbligatoria (oltre che del procedimento istituito in attuazione dell’art. 128 d.lg. n. 385 del 1993 per la risoluzione delle controversie tra le banche e la clientela) anche del procedimento di conciliazione previsto dal d.lg.
n. 179 del 2007 “per la risoluzione di controversie tra gli investitori” diversi dai clienti professionali e «gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori»: previsione questa che pare confermare l’intenzione del legislatore del d.lg. n. 28 del 2010 di assoggettare alla mediazione obbligatoria appunto le controversie tra imprenditori bancari ovvero intermediari finanziari e i loro “clienti”, per le quali già la legislazione previgente disegnava mezzi di risoluzione alternativa
della lite “facoltativi” e giudicati idonei a sostituire — per tali controversie — il procedimento di mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità.
P.Q.M. - visto l’art. 700 c.p.c., rigetta l’istanza cautelare di parte convenuta;
visto l’art.183 c.p.c., assegna alle parti i termini di cui al comma 6 di tale norma, fissando per la decisione sulle eventuali istanze istruttorie l’udienza del 25 giugno 2012 ore 10.
(Omissis).
CONTRATTO DI OPZIONE SU AZIONI E NOZIONE DI CONTRATTO «FINANZIARIO»
Il Tribunale di Milano esclude che un contratto di opzione su azioni fra privati possa considerarsi come un «contratto finanziario» ai sensi dell’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010. Sotto il profilo della corretta qualificazione dei rapporti contrattuali, la materia bancaria e finanziaria si presenta come particolarmente delicata, stante l’assenza di chiare definizioni legislative delle relazioni contrat- tuali rientranti in tali aree.
Sommario 1. I contratti bancari e finanziari. — 2. Il contratto di opzione in generale. — 3. Il contratto di opzione nel contesto societario. — 4. Il contratto di opzione fra privati non è un contratto finanziario.
1. I CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI
L’ordinanza del Tribunale di Milano in commento è una delle prime pronunce giudi- ziarie che traccia la linea di confine fra i casi in cui la mediazione è obbligatoria e i casi in cui non lo è (2). Bisogna dire che, molto recentemente, questa problematica è dive- nuta meno importante, atteso che la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previsione obbligatoria della mediazione (3). Ciò nonostante, il provvedimento in commento appare interessante in quanto contribuisce a tracciare la linea di confine fra le nozioni di «materia societaria» e «materia finanziaria».
di
Xxxxxxx
Xxxxxxxxxxx (1)
—
Avvocato in Milano e Rechtsanwalt in Francoforte sul Meno
(1) L’autore è componente dell’organo decidente dell’Arbitro Bancario Finanziario (collegio di Mila- no). Le opinioni espresse in questa nota hanno però natura personale e non possono, ovviamente, vinco- lare l’organo di appartenenza.
(2) La dottrina sulla mediazione, pubblicata a se- guito dell’emanazione del d.lg. n. 28 del 2010, è già molto ampia. A titolo esemplificativo cfr. i volumi di AA.VV., La mediazione delle controversie, a cura di Martello-Vaccà, Milano, 2010; AA.VV., La mediazio- ne nelle liti civili e commerciali, a cura di Amerio, Milano, 2011; AA.VV., La mediazione per la compo- sizione delle controversie civili e commerciali, a cu- ra di Bove, Padova, 2011; AA.VV., Mediazione e con- ciliazione nel nuovo processo civile, a cura di Xxxxx- xx-Xxxxxxxxx, Xxxx, 0000; CUOMO XXXXX, La media-
zione nel processo civile riformato, Bologna, 2011; XXXXXXX, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011. V. inoltre APPIANO, Contributo al dibattito sulla mediazione civile e commerciale, in Contr. impr. Eur., 2011, 97 ss.; CORBI, La mediazione civile e i sospetti di illegittimità costituzionale per eccesso di delega, in Riv. arb., 2011, 102 ss.; XXXXX, La media- zione nelle controversie commerciali, in Analisi giur. econ., 2011, I, 17 ss.; VIOTTI, Le questioni di legittimità costituzionale sulla mediazione civile e commerciale, in questa Rivista, 2011, 1944 ss.
(3) C. cost., sent. 24 ottobre 2012, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, per ec- cesso di delega legislativa, del d.lg. 4 marzo 2010, n. 28, nella parte in cui ha previsto il carattere obbliga- torio della mediazione.
L’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 si avvale di categorie generiche, come «condo- minio» piuttosto che «diritti reali», imponendo al giudice — di volta in volta — di valutare se il caso che è sottoposto alla sua attenzione rientri nelle fattispecie indicate dalla legge. Il provvedimento del Tribunale di Milano è significativo in quanto sottoli- nea l’esclusione della materia societaria dall’obbligo di mediazione obbligatoria. La questione potrebbe apparire banale, atteso che la legge fa riferimento a contratti
«bancari» e «finanziari», e non menziona affatto la materia «societaria»: esistono tut- tavia casi in cui l’oggetto della controversia — come nella fattispecie in esame del contratto di opzione — si trova sulla linea di confine fra la materia societaria e quella bancaria o finanziaria, imponendo un certo sforzo interpretativo.
In questa nota approfondiremo le nozioni di contratto «bancario» e «finanziario» nonché di materia «societaria». Complessivamente riteniamo di aderire alla soluzione fatta propria dal Tribunale di Milano: un contratto di opzione su azioni non può essere qualificato come un contratto finanziario, in particolare in considerazione del fatto che le parti di tale contratto sono soggetti privati e non vi è l’intervento di alcun interme- diario finanziario come invece succede nei contratti finanziari. L’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 menziona i contratti «bancari» e «finanziari» e trascura, invece, la materia societaria. Sia per i contratti bancari sia per quelli finanziari, l’individuazione dei casi specifici in cui è obbligatoria la mediazione può risultare difficile, in quanto nel nostro ordinamento — almeno a livello legislativo — non è rinvenibile una definizione di tali categorie.
Volendo anzitutto accennare ai contratti «bancari», il codice civile li disciplina espressamente, ma senza darne una definizione. Il titolo III del libro IV del codice civile è dedicato ai contratti tipici e nella lunga elencazione di tali contratti vi è anche un capo (il XVII) dedicato, letteralmente, ai «contratti bancari» (si tratta degli articoli da 1834 a 1860 c.c.). In tale sede si trova la disciplina dei depositi bancari, del servizio bancario delle cassette di sicurezza, dell’apertura di credito bancario, dell’anticipazio- ne bancaria, delle operazioni bancarie in conto corrente e dello sconto bancario, ma non si rinviene una definizione generale di contratti bancari. Analogamente avviene nel testo unico bancario. Al riguardo la prima osservazione da farsi è che il testo unico bancario disciplina i contratti bancari in generale, diversamente dal codice civile che disciplina alcuni tipi di contratti bancari. Anche nel testo unico bancario, tuttavia, non si rinviene una definizione di contratti bancari di carattere generale. L’art. 117 d.lg. n. 385 del 1993 determina la disciplina generale dei contratti bancari, ma non indica quando un contratto possa considerarsi tale. Ad esempio si prevede che i contratti sono redatti per iscritto (art. 117 comma 1 d.lg. n. 385 del 1993), ma ciò non basta di certo per far assurgere un qualsivoglia contratto a contratto bancario.
Anche i contratti «finanziari» non ricevono una vera e propria definizione da parte
dell’ordinamento giuridico (4). Al riguardo la disposizione di riferimento è l’art. 23 comma 1 d.lg. n. 58 del 1998, secondo cui i contratti relativi alla prestazione dei servizi
(4) In materia di contratti d’intermediazione fi- nanziaria cfr. XXXXXXXXX, La forma scritta e i c.d. contratti di intermediazione finanziaria nella rico- struzione giurisprudenziale, in Resp. civ., 2010, 688 ss.; XXXXXXXX, Mancato adeguamento del contratto
quadro tra «nullità sopravvenuta parziale» e ineffi- cacia, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 610 ss.; XXXXXXXXX, Le controversie in tema di contratti di investimento: forma, informazione, ripensamento e operatore qualificato, in Corr. giur., 2011, 35 ss.; MA-
d’investimento sono redatti per iscritto. In questo modo la disposizione rinvia alla norma che identifica i servizi d’investimento: negoziazione per conto proprio; esecu- zione di ordini per conto dei clienti; sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; gestione di portafogli; ricezione e trasmissione di ordini; consulenza in materia di investimenti; gestione di sistemi multilaterali di negoziazione (art. 1 comma 5 d.lg. n. 58 del 1998). Come si può notare, non vi è definizione di contratto «finanziario», ma rinvio alla descrizione di quelli che sono i servizi d’investimento.
Del resto l’espressione di contratto «finanziario» è imprecisa, poiché tale termine si riferisce sia a un’attività che può essere definita bancaria in senso tecnico sia a un’at- tività che andrebbe più propriamente definita come finanziaria. L’attività svolta dalle banche consiste nella raccolta di risparmio tra il pubblico e nell’esercizio del credito (art. 10 comma 1 d.lg. n. 385 del 1993). Tale attività viene posta in essere mediante rapporti contrattuali con i clienti. Completamente diversa è invece l’attività che viene svolta dagli intermediari finanziari: nell’intermediazione non si ha alcun esercizio del credito, in quanto il rapporto che si instaura fra l’intermediario e l’investitore è di mera intermediazione. L’intermediario finanziario mette a disposizione del risparmiatore la propria assistenza e le proprie strutture affinché questi possa compiere attività d’inve- stimento. Nel settore dell’intermediazione finanziaria bisogna poi distinguere accura- tamente fra il contratto quadro e le singole operazioni d’investimento che fanno segui- to al master agreement (5). L’art. 23 d.lg. n. 58 del 1998 disciplina il solo contratto quadro e non si occupa delle successive operazioni di borsa. Il master agreement non deter- mina alcuno spostamento patrimoniale, costituendo invece il mero presupposto nego- ziale affinché possano successivamente essere effettuati investimenti. Gli spostamenti patrimoniali sono dati dagli ordini di borsa, i quali però prevedono un trasferimento solo in uscita dal patrimonio dell’investitore. Mentre insomma l’attività bancaria può consistere anche nella concessione di credito (flusso di danaro dalla banca al cliente), nell’intermediazione finanziaria ciò non avviene: il flusso è dall’investitore all’inter- mediario finanziario, il quale utilizza il danaro per effettuare gli investimenti.
La distinzione fra contratti bancari e finanziari riveste una significativa importanza pratica attesa la presenza, in queste aree del diritto, di due distinti procedimenti di mediazione speciale. L’art. 5 comma 1 d.lg. n. 28 del 2010 menziona difatti la possibilità di avvalersi della conciliazione Consob nella materia finanziaria (6) e del ricorso
RAGNO, La nullità del contratto di intermediazione di valori mobiliari per difetto di sottoscrizione dell’in- termediario, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 932 ss.; SANGIOVANNI, Il contratto d’intermediazione fi- nanziaria, in Obbl. contr., 2011, 770 ss.
(5) Relativamente agli ordini di investimento cfr. DELLA VEDOVA, Xxxxx forma degli ordini di borsa, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, 000 xx.; XXXXX, Negoziazione, gestione di portafoglio e ordini telefonici, in Giur. comm., 2009, I, 171 ss.; GRECO, Privacy e registrazio- ne telefonica degli ordini di banca, in Dir. banca
mer. fin., 2004, I, 160 ss.; XXXXXXXXX, La perdita di chances nel caso di omessa comunicazione della mancata esecuzione di ordine di investimento, in Foro padano, 2009, I, 317 ss.; PACE, Gli ordini di bor- sa tra forma e mera archiviazione, in Banca borsa tit. cred., 2010, II, 118 ss.
(6) Sulla procedura di conciliazione in materia di servizi d’investimento istituita presso la Consob sia consentito il rinvio a SANGIOVANNI, La conciliazione stragiudiziale presso la Consob, in Riv. arb., 2010, 213 ss.
all’Arbitro Bancario Finanziario in materia bancaria (7). Si tratta di due organismi di mediazione a oggetto limitato, rispettivamente, alla materia finanziaria e bancaria. La qualificazione del rapporto contrattuale intercorso fra le parti è dunque di fondamen- tale importanza anche al fine di affermare (o, a seconda dei casi, di negare) la compe- tenza della Camera di conciliazione presso la Consob o dell’Arbitro Bancario Finan- ziario.
2. IL CONTRATTO DI OPZIONE IN GENERALE
Nel caso affrontato dal Tribunale di Milano era stato concluso fra le parti un contratto di opzione, nel quale l’oggetto era rappresentato da azioni. Bisogna peraltro rilevare che il contratto di opzione non è necessariamente legato al contesto societario, ma può ricorrere anche in ambiti completamente diversi.
Il contratto di opzione, così come il contratto bancario e quello finanziario, non è definito dal nostro legislatore (8). Se ne trova cenno nel titolo del codice civile dedicato ai contratti in generale, con la previsione secondo cui, quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’art. 1329 c.c. (art. 1331 comma 1 c.c.). E tale effetto consiste nel fatto che, se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto (art. 1329 comma 1 c.c.). Attesa l’irrevocabilità della proposta, il contratto si perfeziona per il solo fatto che l’altra parte dichiari di accettare la proposta.
Un ruolo importante è giocato nel contratto di opzione dal termine entro il quale la parte beneficiata ha diritto di accettare la proposta irrevocabile, determinando così la conclusione del negozio. Nella proposta irrevocabile il termine è elemento costitutivo
(7) In tema di Arbitro Bancario Finanziario cfr. il volume di FINOCCHIARO, L’Arbitro Bancario Finan- ziario tra funzioni di tutela e di vigilanza, Milano, 2012. V. inoltre AULETTA, Arbitro bancario finanzia- rio e «sistemi di risoluzione stragiudiziale delle con- troversie», in Società, 2011, 83 ss.; CONSOLO-STELLA, Il ruolo prognostico-deflattivo, irriducibile a quello dell’arbitro, del nuovo ABF, «scrutatore» di torti e ragioni nelle liti in materia bancaria, in Corr. giur., 2011, 1653 ss.; XXXXXXXXXX, L’Arbitro bancario finan- ziario, in Foro it., 2010, V, 278 ss.; DESARIO, Profili d’impatto delle decisioni dell’Arbitro Bancario Fi- nanziario sugli intermediari, in Banca borsa tit. cred., 2011, I, 492 ss.; XXXXXXXX, L’arbitro bancario finanziario quale sistema di risoluzione alternativa delle controversie tra investitore e intermediario, in Resp. civ., 2010, 855 ss.; XXXXXXXX-RUSSO, L’arbitro bancario finanziario, in Nuove leggi civ. comm., 2010, 475 ss.; XXXXXX, L’Arbitro Bancario Finanziario nell’ambito dei sistemi di ADR: brevi note intorno al valore delle decisioni dell’ABF, in Società, 2011, 1216 ss.; XXXXXX, Forma e sostanza nelle delibere dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Società, 2012, 437 ss.; XXXXXXXX, L’arbitrato bancario finanziario,
in AA.VV., Disegno sistematico dell’arbitrato, a cura di Xxxxx, 2ª ed., III, Padova, 2012, 287 ss.; XXXXXXXX, L’Arbitro Bancario e Finanziario, in AA.VV., Arbi- trato, a cura di Xxxxxxx Erede Xxxxxxxxxx Studio Le- gale, Milano, 2012, 341 ss.; RUPERTO, L’«arbitro ban- cario finanziario», in Banca, borsa, tit. cred., 2010, I, 325 ss.; XXXXXXXXXXX, Regole procedurali e poteri de- cisori dell’Arbitro Bancario Finanziario, in Società, 2012, 953 ss.; XXXXXXXXX, L’Arbitro Bancario Finan- ziario (un altro episodio de «I nuovi mostri»), in Corr. giur., 2011, 1021 ss.; VECCHIO, L’arbitro banca- rio e finanziario si confronta con i «danni punitivi», in Vita not., 2010, I, 1341 ss.
(8) Sui contratti di opzione cfr. XXXXX, Contratto preliminare, opzione ed eccessiva onerosità so- pravvenuta, in Obbl. contr., 2012, 216 ss.; DI XXXXXXX, Ammissibilità del contratto di opzione a favore di terzo, in Notariato, 2005, 2005, 149 ss.; LOGOTETA, Patto di opzione e negozi preparatori, in Xxxxxxxxx, 2010, 151 ss.; UNGARI XXXXXXXX, Il patto di opzione: una figura controversa, in Riv. not., 2003, II, 1249 ss.; VENTRICINI, Il contratto d’opzione quale conclusione dell’affare tra le parti poste in relazione attraverso una mediazione, in Riv. dir. civ., 2005, II, 635 ss.
della proposta medesima, atteso che l’art. 1329 comma 1 c.c. fa espresso riferimento al fatto di mantenerla ferma «per un certo tempo». Nella diversa disciplina del contratto di opzione, il termine potrebbe anche non essere previsto, anche se — nella prassi — è del tutto usuale che un termine per l’accettazione sia previsto. Non potendosi del resto ragionevolmente considerare vincolato all’infinito il soggetto che concede all’altro il diritto di opzione, la legge si premura di disciplinare questa evenienza, statuendo che
— se per l’accettazione non è stato fissato un termine — questo può essere stabilito dal giudice (art. 1331 comma 2 c.c.).
Alla luce di tali disposizioni di legge, non meraviglia pertanto la definizione che dà la giurisprudenza del contratto di opzione, quale negozio giuridico bilaterale che dà luogo a una proposta irrevocabile cui corrisponde la facoltà di una delle parti di accet- tarla, configurando uno degli elementi di una fattispecie a formazione successiva, costituita inizialmente dall’accordo avente a oggetto l’irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall’accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto (9). Secondo altro intervento giurisprudenziale il patto di opzione è un vero e proprio contratto, nel quale il consenso attualmente manifestato dalle parti si esplica nell’attribuzione al «favorito» di un potere di decisione rispetto alla conclusione di un contratto ulteriore già determinato nel suo contenuto, di guisa che, una volta che il potere sia stato esercitato, tale contratto ulteriore giunge a perfezione senz’altro, e immediatamente attinge gli effetti costitutivi o traslativi propri del tipo cui appartiene (10). La giurisprudenza ha altresì specificato che la dichiarazione resa vin- colante per una delle parti da un patto di opzione deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere in modo da consentire la conclusione di tale contratto nel momento e per effetto dell’adesione dell’altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, assumendo, in mancanza, carattere di mero accordo preparatorio destinato a inserirsi nell’iter formativo del futuro contratto con l’effetto di fissarne solo gli elementi già concordati (11). Nell’opzione il solo proponente rimane vincolato dalla propria dichiarazione, mentre la controparte è libera sia di accettare puramente e semplicemente la proposta stessa, sia di formulare una controproposta che, contenen- do elementi non compresi nella già prevista struttura del contratto finale, non può determinare la conclusione di questo in conformità alla concessa opzione, ma consente di pervenire a un diverso contratto qualora venga accettata dal destinatario (12).
Tipicamente il contratto di opzione è legato a un negozio di compravendita, nel
senso che l’accettazione della proposta contenuta nel patto di opzione fa sì che si perfezioni un contratto di compravendita. A seconda dei casi l’opzione consiste nel diritto di vendere (put option) oppure nel diritto di comprare (call option) un determi- nato bene.
Per completezza può infine essere utile segnalare che il contratto di opzione, oltre che nel contesto generale del codice civile, viene menzionato anche nel testo unico finanziario. Segnatamente questo testo normativo contiene la complessa nozione di
«strumenti finanziari» (art. 1 comma 2 d.lg. n. 385 del 1993), all’interno della quale vengono elencati anche i contratti di opzione. Una definizione di contratto di opzione è
(9) Cass. 10 ottobre 0000, x. 00000.
(10) Cass. 27 giugno 1978, n. 3170.
(11) Cass. 29 ottobre 0000, x. 00000.
(12) Cass. 25 maggio 1983, n. 3625.
rinvenibile nel regolamento di Borsa Italiana s.p.a.: per contratto di opzione si intende uno strumento finanziario con il quale una delle parti, dietro pagamento di un corri- spettivo (premio), acquista la facoltà di acquistare (opzione call) o di vendere (opzione put), alla o entro la data di scadenza, un certo quantitativo dell’attività sottostante a un prezzo prestabilito (prezzo di esercizio). La liquidazione del contratto può altresì av- venire mediante lo scambio di una somma di denaro determinata, per le opzioni call, come differenza tra il prezzo di liquidazione dell’attività sottostante e il prezzo di esercizio, ovvero, per le opzioni put, come differenza tra il prezzo di esercizio e il prezzo di liquidazione dell’attività sottostante, il giorno in cui la facoltà è esercitata o alla scadenza (art. 5.1.1. del regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a.) (13).
3. IL CONTRATTO DI OPZIONE NEL CONTESTO SOCIETARIO I contratti di opzione sono piuttosto diffusi nella prassi societaria, in particolare nel contesto della compravendita di partecipazioni societarie. Va premesso che il contratto di compravendita della partecipazione è un contratto a sé stante, che gode di piena autonomia (14). Esso, tuttavia, può essere affiancato da un secondo contratto, di opzio- ne: i contratti di opzione vengono tipicamente conclusi dal venditore e dal compratore di una partecipazione societaria, i quali concordano che una parte del capitale sociale
— non ceduta fra essi in un primo momento — potrà essere oggetto di una successiva compravendita fra le medesime parti (15).
Visto dal lato del compratore, chi compra una partecipazione societaria può voler acquistare solo una parte del capitale sociale e riservarsi il diritto di acquistarne una restante parte in un secondo momento. I motivi che spingono a questa scelta possono essere diversi. Una ragione particolarmente lineare è quella che il compratore può non disporre immediatamente di tutte le risorse necessarie per l’acquisto. Se non vuole ricorrere all’indebitamento bancario, può cercare di ottenere un’opzione all’acquisto, che gli consenta — entro un certo termine (e quando avrà le risorse necessarie) — di procedervi. Per realizzare il risultato di garantirsi l’acquisto di una partecipazione più ampia di quella originariamente comprata può essere concordata fra le parti dell’ori- ginario contratto di compravendita un’opzione di acquisto (call option) in forza della quale il compratore può, a determinate condizioni, decidere di acquistare dal medesi- mo venditore una seconda parte del capitale sociale. Visto dal lato del venditore, questi può similmente riservarsi il diritto di vendere in un secondo momento una seconda parte del capitale sociale rilasciando un’apposita dichiarazione in tal senso. In questo caso viene pattuita un’opzione di vendita (put option) che andrà esercitata mediante dichiarazione unilaterale del venditore.
(13) Il testo aggiornato del regolamento può esse- re reperito sul sito xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx.
(14) Sul contratto di compravendita di partecipa- zioni sociali cfr. AA.VV., I contratti di acquisizione di società ed aziende, a cura di Draetta-Monesi, Mila- no, 2007; DE NOVA, Il Sale and Purchase Agreement: un contratto commentato, Torino, 2011; XXXXXX, Con- tratti di acquisto di partecipazioni azionarie, Mila-
no, 1995; XXXX, Il contratto di acquisizione di parte- cipazioni azionarie, Milano, 2007.
(15) In materia di opzioni di acquisto e di vendita nel contesto societario cfr. MANGANELLI, Pattuizioni particolari tra acquirente e venditore, in AA.VV., I contratti di acquisizione di società ed aziende, a cura di Draetta-Monesi, Milano, 2007, 578 ss.
Tre elementi sono particolarmente delicati nella strutturazione dei contratti di opzione: la definizione del termine di esercizio dell’opzione, la determinazione del prezzo della partecipazione da compravendersi e il divieto di alienazione della parte- cipazione in pendenza del termine per l’esercizio dell’opzione.
Con riferimento al termine, ci siamo già occupati sopra del fatto che la parte che deve subire l’esercizio del diritto di opzione non può, ragionevolmente, rimanere esposta all’infinito alla possibile scelta della controparte. Di qui la possibilità, in assen- za di un originario accordo delle parti sul punto, di ricorrere al giudice per ottenere la fissazione di un termine (16). Nella prassi dei contratti societari di opzione, il termine riceve però usualmente una specifica disciplina, talvolta anche piuttosto analitica. Si prevederà pertanto di norma con esattezza il termine entro il quale potrà essere esercitata l’opzione (ad esempio entro il 31 dicembre 2013). Talvolta viene concordato anche un dies a quo, a partire dal quale l’opzione può essere esercitata (ad esempio fra il 1 gennaio 2013 e il 31 dicembre 2013). La possibilità di esercitare l’opzione di acquisto o di vendita può essere legata a determinati eventi dedotti in contratto. Il caso tipico può essere quello del raggiungimento di determinati obiettivi di fatturato e/o utili. Per esempio il compratore di una partecipazione in una società può riservarsi il diritto di comprare la restante parte del capitale sociale entro un dato termine a condizione che la società ottenga, entro un termine intermedio, determinati risultati. Contestualmente può riservarsi di «restituire» la partecipazione, cioè di esercitare un’opzione di vendita, entro un dato termine se tali risultati non saranno raggiunti entro un termine intermedio.
Come detto, l’altro elemento di centrale rilevanza nei contratti di opzione è la determinazione del prezzo di compravendita. Il problema dei contratti di opzione è che l’acquisto della partecipazione avverrà in un momento futuro e, in genere, la determinazione del valore di una partecipazione risulta complessa anche nel caso in cui la compravendita debba avvenire nell’immediato futuro. La partecipazione contie- ne difatti, pro quota, le attività e le passività facenti capo alla società, in continuo divenire e non sempre di facile quantificazione. La quantificazione del valore della partecipazione a distanza di mesi (e talvolta di anni) dal momento della conclusione del contratto di opzione è foriera di controversie fra le parti. Al fine di eliminare possibili liti è, teoricamente, auspicabile che il contratto di opzione contenga già il prezzo da pagarsi per il futuro acquisto della partecipazione. Ciò peraltro avviene solo raramente nella prassi, in quanto il prezzo deve riflettere anche le condizioni di mercato—e più specificamente la situazione economica, finanziaria e reddituale della società — nel momento in cui la compravendita ha effettivamente luogo. Con la previsione di un prezzo fisso nel contratto di opzione è altamente probabile che la partecipazione venga
(16) Tale possibilità non sussiste invece nel caso di proposta irrevocabile ai sensi dell’art. 1329 comma 1 c.c.: in questo caso, in difetto di una fissazione del termine a opera del proponente stesso, la proposta deve sempre considerarsi revocabile in conformità all’art. 1328 comma 1 c.c. Questa è l’interpretazione offerta da Xxxx. 24 maggio 1975, n. 2103, secondo cui il termine entro il quale il proponente si obbliga a
mantenere ferma la proposta ai sensi dell’art. 1329 comma 1 c.c., costituendo elemento essenziale della proposta irrevocabile, deve essere fissato dallo stes- so proponente: in mancanza di tale predetermina- zione, la proposta, dovendo considerarsi pura e sem- plice, è revocabile a norma dell’art. 1328 comma 1 c.c. finché il contratto non sia concluso.
successivamente compravenduta a un prezzo «sbagliato», nel senso di maggiore o minore rispetto al suo valore di mercato. Per evitare l’arricchimento di una delle parti a svantaggio dell’altra è usuale che il contratto di opzione contenga solo una formula con la quale si può calcolare il futuro prezzo della compravendita. Tale meccanismo deve essere il più neutrale e preciso possibile, per ridurre il rischio di contestazioni fra i contraenti. È inoltre consigliabile prevedere un sistema di arbitraggio in caso di disaccordo fra le parti, con il quale si rimette a un terzo la valutazione della partecipa- zione.
L’aspettativa del potenziale acquirente a esercitare il diritto di opzione potrebbe essere frustrata se la controparte cedesse nel frattempo la partecipazione. Per questa ragione va previsto nel contratto di opzione un divieto di alienazione della partecipa- zione in pendenza del termine. Opportunamente tale divieto va esteso a tutte quelle iniziative che possono limitare la piena disponibilità della partecipazione.
4. IL CONTRATTO DI OPZIONE FRA PRIVATI NON È UN CONTRATTO FINANZIARIO
Ai fini del nostro commento giova rilevare che, in ambedue i casi illustrati di contratti di opzione (opzione di acquisto e opzione di vendita), non ci si trova di fronte a un contratto bancario o finanziario. Tale qualità può essere esclusa sia per ragioni di natura oggettiva sia per ragioni di natura soggettiva.
Dal punto di vista oggettivo, la qualità di contratto bancario può essere esclusa in considerazione del fatto che non è soddisfatto il requisito di attività bancaria dato dall’art. 10 comma 1 d.lg. n. 385 del 1993: non vi è né raccolta del risparmio né esercizio del credito. Allo stesso modo la qualità di contratto finanziario può essere esclusa in quanto la compravendita di una partecipazione sociale fra privati non configura pre- stazione di un servizio d’investimento.
Ma anche dal punto di vista soggettivo, un contratto di opzione fra privati non può essere considerato come un contratto bancario o finanziario. Al riguardo bisogna riflettere sul fatto che l’attività bancaria e quella di intermediazione finanziaria sono riservate. Per quanto concerne le banche, la legge prevede che l’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche (art. 10 comma 2 d.lg. n. 385 del 1993) (17). I soggetti privati che vendono partecipazioni sociali non possono essere, per tale ragione, inqua- drati come banche e l’attività da loro svolta non può essere qualificata come bancaria. Un ragionamento simile a quello appena svolto vale nel seppur diverso contesto del- l’intermediazione finanziaria. La legge prevede che l’esercizio professionale nei con- fronti del pubblico dei servizi e delle attività d’investimento è riservato alle imprese di investimento e alle banche (art. 18 comma 1 d.lg. n. 58 del 1998). Anche in questo caso dei privati che si concedono e poi esercitano un diritto di opzione su azioni non possono essere qualificati come imprese d’investimento.
(17) Della «banca» è fornita anche una nozione legislativa, nel senso della impresa autorizzata al- l’esercizio dell’attività bancaria (art. 1 lett. b d.lg. n. 385 del 1993). Per ottenere questo risultato è neces-
sario esperire un procedimento piuttosto articolato disciplinato dalla legge (art. 13 ss. d.lg. n. 385 del 1993).