N O T A I O
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxx
N O T A I O
Xxxxx Xxxxxxxxx, 00 - Xxxxxxxx (XX) Tel. 0000.000000 - Fax 0000.000000
E-mail: xxxxxxxxx@xxxxxxxxx.xx
Cod.Fisc. XXX XXX 00X00 F848T X. XXX 00000000000
La convenzione arbitrale Clausola compromissoria e compromesso
Fonti normative 1
- Necessità di valutazione caso per caso della opportunità o meno della devoluzione ad arbitri di controversie civili o commerciali: la lunghezza del processo ed il relativo costo; perdurante esperibilità dinanzi all'autorità giudiziaria dei procedimenti cautelari (artt. 669-quinquies e 818 c.p.c.); procedimento monitorio ex art. 633 c.p.c., e possibile declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo in sede di giudizio di opposizione.
- Opportunità di prevedere una procedura di conciliazione stragiudiziale; clausole multi-step con previsione sia della conciliazione che dell'arbitrato
- Ragioni di opportunità dell'arbitrato amministrato
- Distinzione tra compromesso e clausola compromissoria; il riferimento a liti già insorte, ovvero a liti future
- Distinzione tra arbitrato, ed arbitraggio ex art. 1349 c.c.
- Distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale; svantaggi della seconda modalità di arbitrato
- Forma scritta a pena di nullità della convenzione arbitrale (art. 807 c.p.c.). Necessità della sottoscrizione. "Messaggio telematico" e documento elettronico: ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del D. Lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (codice dell'amministrazione digitale), come modificato dal D. Lgs. 4 aprile 2006 n. 159, "l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dal comma 2". Ai sensi dell'art. 20, comma 2, "il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71, che garantiscano l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell'articolo 21, comma 2, e soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall'articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile". Conseguentemente, anche il documento informatico privo di firma (ad esempio, la e-mail non certificata) può essere valutato dal giudice come idonea prova scritta, ferma restando l'inidoneità dello stesso ai fini dell'art. 1350 c.c. L'art. 807, comma 2, c.p.c. peraltro dichiara idonei anche mezzi quali telegrafo, telefacsimile ecc., e ciò
1 Traccia della relazione al Corso di introduzione all'arbitrato, organizzato dalla Camera di Commercio del Verbano Cusio Ossola - Baveno, 25 ottobre 2006.
potrebbe far propendere per un'interpretazione meno rigorosa della disposizione quanto al "messaggio telematico" (in cui si richiamano le disposizioni su ricezione e trasmissione, e quindi quelle sulla "posta elettronica certificata").
- Tecniche redazionali della clausola compromissoria. Necessità di indicazione:
- della volontà di compromettere in arbitri;
- dell'oggetto della controversia, ed in particolare del contratto o rapporto cui la clausola si riferisce (art. 807, comma 1, e art. 808-quater c.p.c.);
- nell'arbitrato societario, indicazione del numero e delle modalità di nomina degli arbitri, conferendo a pena di nullità il potere di nomina degli arbitri a soggetto estraneo alla società (art. 34, comma 2, del d. lgs. n. 5/2003).
Non necessità di indicazione:
- della natura rituale dell'arbitrato (che si presume);
- del dovere degli arbitri di decidere secondo diritto (art. 822 c.p.c.);
- della facoltà degli arbitri di accogliere l'eccezione di compensazione (art. 817-bis c.p.c.). Indicazioni non consentite:
- non ha effetto la rinuncia alle impugnazioni previste dall'art. 829, comma 1, c.p.c., e dall'art. 808-
ter c.p.c.;
- non ha effetto la rinuncia alla revocazione del lodo ex art. 831 c.p.c.;
- nell'arbitrato societario, non ha effetto l'esclusione della facoltà di impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, relativamente alle questioni pregiudiziali non compromettibili ed alla validità delle delibere assembleari (art. 36 del d. lgs. n. 5/2003);
- nell'arbitrato societario, non ha effetto l'autorizzazione agli arbitri a decidere secondo equità (art. 36 del d. lgs. n. 5/2003).
Indicazioni opzionali:
- ambito delle controversie inerenti il rapporto contrattuale (art. 808-quater c.p.c.);
- rinvio ad un regolamento arbitrale precostituito (art. 832, comma 1, c.p.c.);
- rinvio fisso al regolamento arbitrale precostituito vigente al momento della stipula della clausola compromissoria, o comunque in un momento diverso dall'inizio del procedimento arbitrale (art. 832, comma 3, c.p.c.);
- deroghe espresse al regolamento arbitrale precostituito (art. 832, comma 2, c.p.c.);
- volontà di ricorrere all'arbitrato irrituale (art. 808-ter c.p.c.);
- autorizzazione agli arbitri a giudicare secondo equità (art. 822 c.p.c.);
- sede dell'arbitrato (art. 816, comma 1, c.p.c.; natura italiana dell'arbitrato; competenza del tribunale ex art. 810, commi 2 e 4, c.p.c.; competenza ai fini del deposito del lodo ex art. 825, comma 1, c.p.c.; competenza della corte d'appello ex art. 828, comma 1, c.p.c.);
- tribunale competente alla nomina degli arbitri (art. 810, comma 4, c.p.c.);
- numero degli arbitri e relative modalità di nomina (art. 809 c.p.c.);
- identificazione del rapporto giuridico da cui nascono le controversie extracontrattuali (art. 808-bis c.p.c.);
- criteri per la sostituzione degli arbitri (art. 811 c.p.c.);
- conseguenze dell'omissione o ritardo di atti da parte degli arbitri (art. 813-bis c.p.c.);
- luogo del compimento di atti istruttori, udienze, deliberazioni da parte degli arbitri (art. 816, comma 3, c.p.c.);
- norme procedurali (art. 816-bis, comma 1, c.p.c.);
- lingua dell'arbitrato (art. 816-bis, comma 1, c.p.c.);
- fissazione di un termine per la pronuncia del lodo (art. 820, comma 1, c.p.c.);
- previsione della facoltà di impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia (art. 829, comma 3, c.p.c.);
- esclusione convenzionale, per il caso di annullamento del lodo, del potere della corte d'appello di decidere la controversia nel merito (art. 830, comma 2, c.p.c.);
- nell'arbitrato internazionale, previsione affermativa, per il caso di annullamento del lodo, del potere della corte d'appello di decidere la controversia nel merito (art. 830, comma 3, c.p.c.);
- consenso preventivo alla "cessione" della clausola compromissoria in caso di cessione del credito;
- previsione espressa di arbitrato estero (art. 810, comma 3, c.p.c.);
- nell'arbitrato societario, inclusione delle controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti (art. 34, comma 4, del d. lgs. n. 5/2003).
- nell'arbitrato societario, inclusione delle controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari (art. 35, comma 5, del d. lgs. n. 5/2003);
- nell'arbitrato societario, inclusione dei contrasti tra gli amministratori come oggetto di decisione da parte di uno o più terzi (c.d. arbitrato gestionale: art. 37 del d. lgs. n. 5/2003).
- Poteri per la stipula della clausola compromissoria: non è necessaria previsione ad hoc nella procura a contrarre, ai sensi dell'art. 1708, comma 2, c.c., contrariamente a quanto disposto dal vecchio art. 807, comma 3, c.p.c. (art. 808, comma 2, c.p.c.); la clausola compromissoria non si considera più atto di straordinaria amministrazione, neanche agli effetti della comunione legale tra coniugi e dei poteri degli amministratori di società ed enti.
- Contratti per adesione: necessità di approvazione specifica e di doppia sottoscrizione nel caso in cui la clausola compromissoria sia contenuta in condizioni generali di contratto (artt. 1341-1342 c.c.).
- Contratti dei consumatori (conclusi tra un "consumatore" ed un "professionista", come definiti dall'art. 3 del d. lgs. n. 206/2005). Si considerano vessatorie, fino a prova contraria (e salvo che sia intervenuta trattativa sulla clausola), le clausole compromissorie ed in genere quelle che hanno per effetto di sancire deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria (art. 33, comma 2, lett. t), del d. lgs. n. 206/2005). Ai sensi dell'art. 141, comma 4, del medesimo decreto, "non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle dipsosizioni di cui al presente articolo". Tuttavia, ai sensi dell'art. 141, comma 5, "il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della procedura di composizione extragiudiziale".
- Nomina degli arbitri: possibilità di nomina ad opera delle parti, ex art. 810, comma 1, c.p.c.; deroga a tale regola nell'arbitrato societario, ex art. 34, comma 2, del d. lgs. n. 5/2003; arbitrato con pluralità di parti (art. 816-quater c.p.c.); a norma del nuovo art. 812 c.p.c., è ostativa alla nomina come arbitro l'incapacità di agire, ma non lo è più la qualità di fallito; necessaria imparzialità degli arbitri, ancorché nominati dalle parti (art. 815 c.p.c.).
- Domanda di arbitrato: trascrivibilità ai sensi degli artt. 2652-2653 c.c.
- Trascrizione del lodo arbitrale rituale: trascrivibilità solo dopo il deposito in cancelleria e la dichiarazione di esecutività con decreto del tribunale, ex art. 825, comma 1, c.p.c.; non necessità di sottoscrizioni autenticate. Reclamabilità del decreto che dichiara esecutivo il lodo entro trenta giorni dalla comunicazione (art. 825, ult. comma, c.p.c.). Impugnazione del lodo e possibile sospensione della relativa efficacia ad opera del giudice (art. 830, ult. comma, c.p.c.).
- Arbitrato irrituale: pluralità degli arbitri; impugnative negoziali ed impugnativa ex art. 808-ter c.p.c.; inapplicabilità delle altre disposizioni in tema di arbitrato; assenza di preclusioni riguardo all'imparzialità degli arbitri; inapplicabilità del deposito; trascrivibilità solo in base alle norme di
diritto comune, previa formalizzazione del lodo come atto pubblico o scrittura privata autenticata sia del lodo che della clausola compromissoria; dichiarazioni urbanistiche.
Provvedimenti normativi in materia di arbitrato
D. Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (1).
Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione
nomofilattica e di arbitrato, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 14 maggio 2005, n. 80.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 febbraio 2006, n. 38, S.O.
Capo II - Modificazioni al codice di procedura civile in materia di arbitrato
20. Modifiche al capo I, titolo VIII, libro IV.
1. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo I è sostituito dal seguente:
«Capo I - della convenzione d'arbitrato - 806 (Controversie arbitrabili). - Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.
Le controversie di cui all'articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.
807 (Compromesso). - Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l'oggetto della controversia.
La forma scritta s'intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi.
808 (Clausola compromissoria). - Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d'arbitrato La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall'articolo 807.
La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria.
808-bis (Convenzione di arbitrato in materia non contrattuale). - Le parti possono stabilire, con apposita convenzione, che siano decise da arbitri le controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati La convenzione deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall'articolo 807.
808-ter (Arbitrato irrituale). - Le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall'articolo 824-bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo.
Il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente secondo le disposizioni del libro I:
1) se la convenzione dell'arbitrato è invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale;
2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale;
3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812;
4) se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo;
5) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. Al lodo contrattuale non si applica l'articolo 825.
808-quater (Interpretazione della convenzione d'arbitrato). - Nel dubbio, la convenzione d'arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce.
808-quinquies (Efficacia della convenzione d'arbitrato). - La conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito, non toglie efficacia alla convenzione d'arbitrato.».
21. Modifiche al capo II, titolo VIII, libro IV.
1. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo II è sostituito dal seguente:
«Capo II - degli arbitri - 809 (Numero degli arbitri). - Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari.
La convenzione d'arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli.
In caso d'indicazione di un numero pari di arbitri, un ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810. Se manca l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordano al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810.
810 (Nomina degli arbitri). - Quando a norma della convenzione d'arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna, di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare per iscritto, nei venti giorni successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati.
In mancanza, la parte che ha fatto l'invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato oppure, se tale luogo è all'estero, al presidente del tribunale di Roma.
Il presidente del tribunale competente provvede alla nomina richiestagli, se la convenzione d'arbitrato non è manifestamente inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero.
Le stesse disposizioni si applicano se la nomina di uno o più arbitri è demandata dalla convenzione d'arbitrato all'autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi ha provveduto.
811 (Sostituzione di arbitri). - Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la loro nomina nella convenzione d'arbitrato. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede, o se la convenzione d'arbitrato nulla dispone al riguardo, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.
812 (Incapacità di essere arbitro). - Non può essere arbitro chi è privo, in tutto o in parte, della capacità legale di agire.
813 (Accettazione degli arbitri). - L'accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può risultare dalla sottoscrizione del compromesso o del verbale della prima riunione.
Xxxx arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. 813-bis (Decadenza degli arbitri). - Se le parti non hanno diversamente convenuto, l'arbitro che omette, o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d'accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dalla convenzione d'arbitrato. In mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera raccomandata all'arbitro per ottenere l'atto, ciascuna delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale a norma dell'articolo 810, secondo xxxxx. Il presidente, sentiti gli arbitri e le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, se accerta l'omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell'arbitro e provvede alla sua sostituzione.
813-ter (Responsabilità degli arbitri). - Risponde dei danni cagionati alle parti l'arbitro che:
1) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciato all'incarico senza giustificato motivo;
2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826.
Fuori dai precedenti casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dall'articolo 2, commi 2 e 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117.
L'azione di responsabilità può essere proposta in pendenza del giudizio arbitrale soltanto nel caso previsto dal primo comma, n. 1).
Se è stato pronunciato il lodo, l'azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l'accoglimento dell'impugnazione con sentenza. passata in giudicato e per i motivi per cui l'impugnazione è stata accolta.
Se la responsabilità non dipende da dolo dell'arbitro, la misura del risarcimento non può superare una somma pari al triplo del compensò convenuto o, in mancanza di determinazione convenzionale, pari al triplo del compenso previsto dalla tariffa applicabile.
Nei casi di responsabilità dell'arbitro il corrispettivo e il rimborso delle spese non gli sono dovuti o, nel caso di nullità parziale del lodo, sono soggetti a riduzione.
Ciascun arbitro risponde solo del fatto proprio.
814 (Diritti degli arbitri). - Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all'onorario per l'opera prestata, se non vi hanno rinunciato al momento dell'accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro.
Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell'onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l'accettano. In tal caso l'ammontare delle spese e dell'onorario è determinato con ordinanza dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo xxxxx, su ricorso degli arbitri e sentite le parti.
L'ordinanza è titolo esecutivo contro le parti ed è soggetta a reclamo a norma dell'articolo 825, quarto comma. Si applica l'articolo 830, quarto comma.
815 (Ricusazione degli arbitri). - Un arbitro può essere ricusato:
1) se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti;
2) se egli stesso, o un ente, associazione o società di cui sia amministratore, ha interesse nella causa;
3) se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti, o di alcuno dei difensori;
4) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori;
5) se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l'indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti;
6) se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone.
Una parte non può ricusare l'arbitro che essa ha nominato o contribuito a nominare se non per motivi conosciuti dopo la nomina.
La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo xxxxx, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l'arbitro ricusato e le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni. Con ordinanza il presidente provvede sulle spese. Nel caso di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza dell'istanza di ricusazione condanna la parte che l'ha proposta al pagamento, in favore dell'altra parte, di una somma equitativamente determinata non superiore al triplo del massimo del compenso spettante all'arbitro singolo in base alla tariffa forense.
La proposizione dell'istanza di ricusazione non sospende il procedimento arbitrale, salvo diversa determinazione degli arbitri. Tuttavia, se l'istanza è accolta, l'attività compiuta dall'arbitro ricusato o con il suo concorso è inefficace.».
22. Modifiche al capo III, titolo VIII, libro IV.
1. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo III è sostituito dal seguente:
«Capo III - del procedimento - 816 (Sede dell'arbitrato). - Le parti determinano la sede dell'arbitrato nel territorio della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri.
Se le parti e gli arbitri non hanno determinato la sede dell'arbitrato, questa è nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato. Se tale luogo non si trova nel territorio nazionale, la sede è a Roma.
Se la convenzione d'arbitrato non dispone diversamente, gli arbitri possono tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare ed apporre le loro sottoscrizioni al lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell'arbitrato ed anche all'estero.
816-bis (Svolgimento del procedimento). - Le parti possono stabilire nella convenzione d'arbitrato, o con atto scritto separato, purché anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento e la lingua dell'arbitrato. In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio e determinare la lingua dell'arbitrato nel modo che ritengono più opportuno. Essi debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. Le parti possono stare in arbitrato per mezzo di difensori. In mancanza di espressa limitazione, la procura al difensore si estende a qualsiasi atto processuale, ivi compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo. In ogni caso, il difensore può essere destinatario della comunicazione della notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione.
Le parti o gli altri arbitri possono autorizzare il presidente del collegio arbitrale a deliberare le ordinanze circa lo svolgimento del procedimento.
Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli arbitri, se non ritengono di provvedere con lodo non definitivo, provvedono con ordinanza revocabile non soggetta a deposito. 816-ter (Istruzione probatoria). - L'istruttoria o singoli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri ad uno di essi.
Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sé la testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono.
Se un testimone rifiuta di comparire davanti agli arbitri, questi, quando lo ritengono opportuno secondo le circostanze, possono richiedere al presidente del tribunale della sede dell'arbitrato, che ne ordini la comparizione davanti a loro.
Nell'ipotesi prevista dal precedente comma il termine per la pronuncia del lodo è sospeso dalla data dell'ordinanza alla data dell'udienza fissata per l'assunzione della testimonianza.
Gli arbitri possono farsi assistere da uno o più consulenti tecnici. Possono essere nominati consulenti tecnici sia persone fisiche, sia enti.
Gli arbitri possono chiedere alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'amministrazione stessa, che è necessario acquisire al giudizio.
816-quater (Pluralità di parti). - Qualora più di due parti siano vincolate dalla stessa convenzione d'arbitrato, ciascuna parte può convenire tutte o alcune delle altre nel medesimo procedimento arbitrale se la convenzione d'arbitrato devolve a un terzo la nomina degli arbitri, se gli arbitri sono nominati con l'accordo di tutte le parti, ovvero se le altre parti, dopo che la prima ha nominato l'arbitro o gli arbitri, nominano d'accordo un ugual numero di arbitri o ne affidano a un terzo la nomina.
Fuori dei casi previsti nel precedente comma il procedimento iniziato da una parte nei confronti di altre si scinde in tanti procedimenti quante sono queste ultime.
Se non si verifica l'ipotesi prevista nel primo comma e si versa in caso di litisconsorzio necessario, l'arbitrato è improcedibile.
816-quinquies (Intervento di terzi e successione nel diritto controverso). - L'intervento volontario o la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammessi solo con l'accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri.
Sono sempre ammessi l'intervento previsto dal secondo comma dell'articolo 105 e l'intervento del litisconsorte necessario.
Si applica l'articolo 111.
816-sexies (Morte, estinzione o perdita di capacità della parte). - Se la parte viene meno per morte o altra causa, ovvero perde la capacità legale, gli arbitri assumono le misure idonee a garantire l'applicazione del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio. Essi possono sospendere il procedimento.
Se nessuna delle parti ottempera alle disposizioni degli arbitri per la prosecuzione del giudizio, gli arbitri possono rinunciare all'incarico.
816-septies (Anticipazione delle spese). - Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell'anticipazione a carico di ciascuna parte.
Se una delle parti non presta l'anticipazione richiestale, l'altra può anticipare la totalità delle spese. Se le parti non provvedono all'anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale.
817 (Eccezione d'incompetenza). - Se la validità, il contenuto o l'ampiezza della convenzione d'arbitrato o la regolare costituzione degli arbitri sono contestate nel corso dell'arbitrato, gli arbitri decidono sulla propria competenza.
Questa disposizione si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri l'incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d'arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile.
La parte, che non eccepisce nel corso dell'arbitrato che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo, impugnare il lodo.
817-bis (Compensazione). - Gli arbitri sono competenti a conoscere dell'eccezione di compensazione, nei limiti del valore della domanda, anche se il controcredito non è compreso nell'àmbito della convenzione di arbitrato.
818 (Provvedimenti cautelari). - Gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari, salva diversa disposizione di legge.
819 (Questioni pregiudiziali di merito). - Gli arbitri risolvono senza autorità di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato, salvo che debbano essere decise con efficacia di giudicato per legge.
Su domanda di parte, le questioni pregiudiziali sono decise con efficacia di giudicato se vertono su materie che possono essere oggetto di convenzione di arbitrato. Se tali questioni non sono comprese nella convenzione di arbitrato, la decisione con efficacia di giudicato è subordinata alla richiesta di tutte le parti.
819-bis (Sospensione del procedimento arbitrale). - Ferma l'applicazione dell'articolo 816-sexies, gli arbitri sospendono il procedimento arbitrale con ordinanza motivata nei seguenti casi:
1) quando il processo dovrebbe essere sospeso a norma del comma terzo dell'articolo 75 del codice di procedura penale, se la controversia fosse pendente davanti all'autorità giudiziaria;
2) se sorge questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione d'arbitrato e per legge deve essere decisa con autorità di giudicato;
3) quando rimettono alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Se nel procedimento arbitrale è invocata l'autorità di una sentenza e questa è impugnata, si applica il secondo comma dell'articolo 337.
Una volta disposta la sospensione, il procedimento si estingue se nessuna parte deposita presso gli arbitri istanza di prosecuzione entro il termine fissato dagli arbitri stessi o, in difetto, entro un anno dalla cessazione della causa di sospensione. Nel caso previsto dal primo comma, numero 2), il procedimento si estingue altresì se entro novanta giorni dall'ordinanza di sospensione nessuna parte deposita presso gli arbitri copia autentica dell'atto con il quale la controversia sulla questione pregiudiziale è proposta davanti all'autorità giudiziaria.
819-ter (Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria). - La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice. La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d'arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43. L'eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell'eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio.
Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295.
In pendenza del procedimento arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l'invalidità o inefficacia della convenzione d'arbitrato.».
23. Modifiche al capo IV, titolo VIII, libro IV.
1. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il capo IV è sostituito dal seguente:
«Capo IV - del lodo - 820 (Termine per la decisione). - Le parti possono, con la convenzione di arbitrato o con accordo anteriore all'accettazione degli arbitri, fissare un termine per la pronuncia del lodo.
Se non è stato fissato un termine per la pronuncia del lodo, gli arbitri debbono pronunciare il lodo nel termine di duecentoquaranta giorni dall'accettazione della nomina.
In ogni caso il termine può essere prorogato:
a) mediante dichiarazioni scritte di tutte le parti indirizzate agli arbitri;
b) dal presidente del tribunale indicato nell'articolo 810, secondo xxxxx, su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti; il termine può essere prorogato solo prima della sua scadenza.
Se le parti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato di centottanta giorni nei casi seguenti e per non più di una volta nell'àmbito di ciascuno di essi:
a) se debbono, essere assunti mezzi di prova;
b) se è disposta consulenza tecnica d'ufficio;
c) se è pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale;
d) se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è sostituito l'arbitro unico. Il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante la sospensione del procedimento. In ogni caso, dopo la ripresa del procedimento, il termine residuo, se inferiore, è esteso a novanta giorni.
821 (Rilevanza del decorso del termine). - Il decorso del termine indicato nell'articolo precedente non può essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte, prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alle altre parti e agli arbitri che intende far valere la loro decadenza.
Se la parte fa valere la decadenza degli arbitri, questi, verificato il decorso del termine, dichiarano estinto il procedimento.
822 (Norme per la deliberazione). - Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli arbitri pronunciano secondo equità.
823 (Deliberazione e requisiti del lodo). - Il lodo è deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri ed è quindi redatto per iscritto. Ciascun arbitro può chiedere che il lodo, o una parte di esso, sia deliberato dagli arbitri riuniti in conferenza personale.
Il lodo deve contenere:
1) il nome degli arbitri;
2) l'indicazione della sede dell'arbitrato;
3) l'indicazione delle parti;
4) l'indicazione della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti;
5) l'esposizione sommaria dei motivi;
6) il dispositivo;
7) la sottoscrizione degli arbitri. La sottoscrizione della maggioranza degli arbitri è sufficiente, se accompagnata dalla dichiarazione che esso è stato deliberato con la partecipazione di tutti e che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo;
8) la data delle sottoscrizioni.
824 (Originali e copie del lodo). - Gli arbitri redigono il lodo in uno o più originali. Gli arbitri danno comunicazione del lodo a ciascuna parte mediante consegna di un originale, o di una copia attestata conforme dagli stessi arbitri, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del lodo.
824-bis (Efficacia del lodo). - Salvo quanto disposto dall'articolo 825, il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria.
825 (Deposito del lodo). - La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto.
Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti dell'articolo 133, secondo comma.
Contro il decreto che nega o concede l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d'appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza.
826 (Correzione del lodo). - Ciascuna parte può chiedere agli arbitri entro un anno dalla comunicazione del lodo:
a) di correggere nel testo del lodo omissioni o errori materiali o di calcolo, anche se hanno determinato una divergenza fra i diversi originali del lodo pure se relativa alla sottoscrizione degli arbitri;
b) di integrare il lodo con uno degli elementi indicati nell'articolo 823, numeri 1), 2), 3), 4).
Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro il termine di sessanta giorni. Della correzione è data comunicazione alle parti a norma dell'articolo 824.
Se gli arbitri non provvedono, l'istanza di correzione è proposta al tribunale nel cui circondario ha sede l'arbitrato.
Se il lodo è stato depositato, la correzione è richiesta al tribunale del luogo in cui è stato depositato. Si applicano le disposizioni dell'articolo 288, in quanto compatibili. Alla correzione può provvedere anche il giudice di fronte al quale il lodo è stato impugnato o fatto valere.».
24. Modifiche al capo V, titolo VIII, libro IV.
1. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo V è sostituito dal seguente:
«Capo X - xxxxx xxxxxxxxxxxx - 000 (Xxxxx di impugnazione). - Il lodo è soggetto all'impugnazione per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo.
I mezzi d'impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo.
Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo.
828 (Impugnazione per nullità). - L'impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d'appello nel cui distretto è la sede dell'arbitrato.
L'impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell'ultima sottoscrizione. L'istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l'impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla comunicazione dell'atto di correzione.
829 (Casi di nullità). - L'impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti:
1) se la convenzione d'arbitrato è invalida, ferma la disposizione dell'articolo 817, terzo comma;
2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi II e VI del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;
3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell'articolo 812;
4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d'arbitrato, ferma la disposizione dell'articolo 817, quarto comma, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso;
5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei numeri 5), 6), 7) dell'articolo 823;
6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell'articolo 821;
7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata;
8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento;
9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;
10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri;
11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie;
12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato.
La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo.
L'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l'impugnazione delle decisioni per contrarietà all'ordine pubblico.
L'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è sempre ammessa:
1) nelle controversie previste dall'articolo 409;
2) se la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione di arbitrato.
Nelle controversie previste dall'articolo 409, il lodo è soggetto ad impugnazione anche per violazione dei contratti e accordi collettivi.
830 (Decisione sull'impugnazione per nullità). - La corte d'appello decide sull'impugnazione per nullità e, se l'accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.
Se il lodo è annullato per i motivi di cui all'articolo 829, commi primo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto o quinto, la corte d'appello decide la controversia nel merito salvo che le parti
non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo. Tuttavia, se una delle parti, alla data della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all'estero, la corte d'appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta.
Quando la corte d'appello non decide nel merito, alla controversia si applica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità o inefficacia.
Su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell'impugnazione, la corte d'appello può sospendere con ordinanza l'efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi.
831 (Revocazione ed opposizione di terzo). - Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, è soggetto a revocazione nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6) dell'articolo 395, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo.
Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso del processo di impugnazione per nullità, il termine per la proposizione della domanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla nullità.
Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati nell'articolo 404. Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si propongono davanti alla corte d'appello nel cui distretto è la sede dell'arbitrato, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo.
La corte d'appello può riunire le impugnazioni per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, se lo stato della causa preventivamente proposta consente l'esauriente trattazione e decisione delle altre cause.».
25. Modifiche al capo VI, titolo VIII, libro IV.
1. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo VI è sostituito dal seguente:
«Capo VI - dell'arbitrato secondo regolamenti precostituiti - 832 (Rinvio a regolamenti arbitrali). - La convenzione d'arbitrato può fare rinvio a un regolamento arbitrale precostituito.
Nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato.
Se le parti non hanno diversamente convenuto, si applica il regolamento in vigore al momento in cui il procedimento arbitrale ha inizio.
Le istituzioni di carattere associativo e quelle costituite per la rappresentanza degli interessi di categorie professionali non possono nominare arbitri nelle controversie che contrappongono i propri associati o appartenenti alla categoria professionale a terzi.
Il regolamento può prevedere ulteriori casi di sostituzione e ricusazione degli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge.
Se l'istituzione arbitrale rifiuta di amministrare l'arbitrato, la convenzione d'arbitrato mantiene efficacia e si applicano i precedenti capi di questo titolo.».
Capo III - Disposizioni finali
26. Modifiche all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
1. All'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al quinto comma, le parole: «ricorribile per cassazione» sono sostituite dalla seguente:
«appellabile»;
b) l'ultimo comma è abrogato.
27. Disciplina transitoria.
1. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
2. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni dell'articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Le disposizioni dell'articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
28. Abrogazioni.
1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli 833, 834, 835, 836, 837, 838 del codice di procedura civile.
D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (1).
Codice del consumo, a norma dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 ottobre 2005, n. 235, S.O.
33. Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore.
1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o dando alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) escludere o limitare l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo;
d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo;
g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal
consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
l) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
r) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore;
s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;
t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
v) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell'articolo 1355 del codice civile.
3. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga alle lettere h) e m) del comma 2:
a) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore;
b) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.
4. Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga alle lettere n) e o) del comma 2, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.
5. Le lettere h), m), n) e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.
6. Le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte.
34. Accertamento della vessatorietà delle clausole.
1. La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.
2. La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell'oggetto del contratto, né all'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.
3. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che siano riproduttive di disposizioni o attuative di princìpi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell'Unione europea o l'Unione europea.
4. Non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.
5. Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.
35. Forma e interpretazione.
1. Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile.
2. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l'interpretazione più favorevole al consumatore.
3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei casi di cui all'articolo 37.
36. Nullità di protezione.
1. Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto.
2. Sono nulle le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
3. La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.
4. Il venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria di nullità delle clausole dichiarate abusive.
5. È nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l'effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente capo, laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell'Unione europea.
141. Composizione extragiudiziale delle controversie.
1. Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica.
2. Il Ministero delle attività produttive, d'intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea l'elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai princìpi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i princìpi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i princìpi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. Il Ministero delle attività produttive, d'intesa con il Ministero della giustizia, assicura, altresì, gli ulteriori adempimenti connessi all'attuazione della risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo.
3. In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell'articolo 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
4. Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo.
5. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della procedura di composizione extragiudiziale.
142. Modifiche al codice civile.
Parte VI
Disposizioni finali.
1. Gli articoli 1469-bis, 1469-ter, 1469-quater, 1469-quinquies e 1469-sexies del codice civile sono sostituiti dal seguente:
«Art. 1469-bis Contratti del consumatore.
Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.».
143. Irrinunciabilità dei diritti.
1. I diritti attribuiti al consumatore dal codice sono irrinunciabili. È nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice.
2. Ove le parti abbiano scelto di applicare al contratto una legislazione diversa da quella italiana, al consumatore devono comunque essere riconosciute le condizioni minime di tutela previste dal codice.
D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (1).
Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma
5, della L. 14 maggio 2005, n. 80.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 gennaio 2006, n. 12, S.O.
69. Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
1. Dopo l'articolo 83 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è inserito il seguente:
«Art. 83-bis (Clausola arbitrale). - Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito.».
Codice civile.
1. Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.
2. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilita`, facolta` di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facolta` di opporre eccezioni, restrizioni alla liberta` contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorita` giudiziaria.
1. Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto e` deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa e` manifestamente iniqua o erronea, la determinazione e` fatta dal giudice.
2. La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si puo` impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto e` nullo.
3. Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento.
1. Le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo, eletto nel contratto o da eleggere posteriormente.
2. Se il terzo non vuole o non puo` accettare l'incarico, ovvero le parti non si accordano per la sua nomina o per la sua sostituzione, la nomina, su richiesta di una delle parti, e` fatta dal presidente del tribunale del luogo in cui e` stato concluso il contratto.
Codice di procedura civile.
Se la controversia e` oggetto di clausola compromissoria o e` compromessa in arbitri anche non rituali (1) o se e` pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito.
(1) Modificato dal D.L. 14 marzo 2006 n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005 n. 80.
D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 (1).
Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366.
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 gennaio 2003, n. 17, S.O.
TITOLO I
Nuove norme di procedura.
1. Àmbito di applicazione.
1. Si osservano le disposizioni del presente decreto legislativo in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile, relative a:
a) rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati (2);
b) trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;
c) xxxxx xxxxxxxxxxx, anche diversi da quelli disciplinati dall' articolo 2341-bis del codice civile, e accordi di collaborazione di cui all' articolo 0000-xxx, xxxxxx comma, del codice civile;
d) rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa;
e) materie di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio;
f) credito per le opere pubbliche.
2. Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla corte d'appello tutte le controversie di cui agli articoli 145 decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e 195 decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
3. Salvo che nelle controversie di cui al comma 1, lettera e), il tribunale giudica a norma del capo I del titolo II del presente decreto in composizione collegiale. Nelle azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio il tribunale giudica in composizione collegiale anche se relative alle materie di cui al comma 1, lettera e) (3).
4. Per quanto non diversamente disciplinato dal presente decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili.
5. Quando rileva che una causa relativa ad uno dei rapporti di cui al comma 1 è stata proposta in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone con ordinanza il mutamento di rito e la cancellazione della causa dal ruolo; dalla comunicazione dell'ordinanza decorrono, se emessa a seguito dell'udienza di prima comparizione, i termini di cui all'articolo 6 ovvero, in ogni altro caso, i termini di cui all'articolo 7; restano ferme le decadenze già maturate (4).
(2) Lettera così modificata dall'art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37.
(3) Comma così modificato dall'art. 4, X.Xxx. 6 febbraio 2004, n. 37.
(4) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003.
TITOLO V
Dell'arbitrato.
34. Oggetto ed effetti di clausole compromissorie statutarie.
1. Gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell' articolo 2325-bis del codice civile, possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.
2. La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale.
3. La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia.
4. Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell'accettazione dell'incarico, è vincolante per costoro.
5. Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l'intervento obbligatorio del pubblico ministero.
6. Le modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso (53).
(53) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003.
35. Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale.
1. La domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il registro delle imprese ed è accessibile ai soci.
2. Nel procedimento arbitrale promosso a seguito della clausola compromissoria di cui all'articolo 34, l'intervento di terzi a norma dell' articolo 105 del codice di procedura civile nonché l'intervento di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 dello stesso codice è ammesso fino alla prima udienza di trattazione. Si applica l' articolo 820, comma secondo, del codice di procedura civile.
3. Nel procedimento arbitrale non si applica l' articolo 819, primo comma, del codice di procedura civile; tuttavia il lodo è sempre impugnabile, anche in deroga a quanto previsto per l'arbitrato internazionale dall' articolo 838 del codice di procedura civile, a norma degli articoli 829, primo comma, e 831 dello stesso codice.
4. Le statuizioni del lodo sono vincolanti per la società.
5. La devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell' articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell'efficacia della delibera (54).
5-bis. I dispositivi dell'ordinanza di sospensione e del lodo che decide sull'impugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese (55) (56).
(54) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003.
(55) Comma aggiunto dall'art. 4, D.Lgs. 6 febbraio 2004, n. 37.
(56) Vedi, anche, l'art. 245, X.Xxx. 10 febbraio 2005, n. 30.
36. Decisione secondo diritto.
1. Anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equità ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell' articolo 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibili ovvero quando l'oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari.
2. La presente disposizione si applica anche al lodo emesso in un arbitrato internazionale (57).
(57) Vedi, anche, l'art. 245, X.Xxx. 10 febbraio 2005, n. 30.
37. Risoluzione di contrasti sulla gestione di società.
1. Gli atti costitutivi delle società a responsabilità limitata e delle società di persone possono anche contenere clausole con le quali si deferiscono ad uno o più terzi i contrasti tra coloro che hanno il potere di amministrazione in ordine alle decisioni da adottare nella gestione della società.
2. Gli atti costitutivi possono prevedere che la decisione sia reclamabile davanti ad un collegio, nei termini e con le modalità dagli stessi stabilite (58).
3. Gli atti costitutivi possono altresì prevedere che il soggetto o il collegio chiamato a dirimere i contrasti di cui ai commi 1 e 2 può dare indicazioni vincolanti anche sulle questioni collegate con quelle espressamente deferitegli.
4. La decisione resa ai sensi del presente articolo è impugnabile a norma dell' articolo 1349, comma secondo, del codice civile.
(58) Comma così modificato dall'art. 4, X.Xxx. 6 febbraio 2004, n. 37.
TITOLO VI
Della conciliazione stragiudiziale.
38. Organismi di conciliazione.
1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire un tentativo di conciliazione delle controversie nelle materie di cui all'articolo 1 del presente decreto. Tali organismi debbono essere iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia.
2. Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 1, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Con lo stesso decreto sono disciplinate altresì la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, hanno diritto ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel registro (59).
3. L'organismo di conciliazione, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali variazioni. Al regolamento debbono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti privati, proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 39.
(59) Comma così modificato dall'art. 6, X.Xxx. 28 dicembre 2004, n. 310. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 luglio 2004, n. 222.
39. Imposte e spese. Esenzione fiscale.
1. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
2. Il verbale di conciliazione è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di venticinquemila euro.
3. Con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti l'ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti pubblici e il criterio di calcolo, nonché i criteri per l'approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati (60).
4. L'ammontare dell'indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente.
5. Le tabelle delle indennità, determinate a norma del presente articolo, debbono essere allegate al regolamento di procedura.
(60) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 luglio 2004, n. 223.
40. Procedimento di conciliazione.
1. I regolamenti di procedura debbono prevedere la riservatezza del procedimento e modalità di nomina del conciliatore che ne garantiscano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico.
2. Se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l'accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è
disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all'esperimento del tentativo di conciliazione (61).
3. Le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono essere utilizzate, salvo quanto previsto dal comma 5, nel giudizio promosso a seguito dell'insuccesso del tentativo di conciliazione, nè possono essere oggetto di prova testimoniale.
4. Dal momento della comunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a dimostrare l'avvenuta ricezione, l'istanza di conciliazione proposta agli organismi istituiti a norma dell'articolo 38 produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. La decadenza è impedita, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale di cui al comma 2 presso la segreteria dell'organismo di conciliazione.
5. La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice nell'eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell' articolo 96 del codice di procedura civile. Il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente.
6. Qualora il contratto ovvero lo statuto della società prevedano una clausola di conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice, su istanza della parte interessata proposta nella prima difesa, dispone la sospensione del procedimento pendente davanti a lui fissando un termine di durata compresa tra trenta e sessanta giorni per il deposito dell'istanza di conciliazione davanti ad un organismo di conciliazione ovvero quello indicato dal contratto o dallo statuto. Il processo può essere riassunto dalla parte interessata se l'istanza di conciliazione non è depositata nel termine fissato. Se il tentativo non riesce, all'atto di riassunzione è allegato il verbale di cui al comma 2. In ogni caso, la causa di sospensione si intende cessata, a norma dell' articolo 297, primo comma, del codice di procedura civile, decorsi sei mesi dal provvedimento di sospensione.
7. Nel verbale conclusivo del procedimento debbono essere indicati gli estremi dell'iscrizione dell'organismo di conciliazione nel registro di cui all'articolo 38.
8. Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Il verbale, previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (62).
(61) Comma così modificato dall'art. 4, X.Xxx. 6 febbraio 2004, n. 37.
(62) Articolo così rettificato con Comunicato 9 settembre 2003.
TITOLO VII
Norme transitorie e finali.
41. Disciplina transitoria.
1. Ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto si applicano le disposizioni anteriormente vigenti; si applica comunque l'articolo 24 alle domande cautelari proposte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Alle modifiche deliberate a norma degli articoli 223-bis e 223-duodecies delle disposizioni di attuazione del codice civile, per adeguare le clausole compromissorie preesistenti alle disposizioni inderogabili del presente decreto legislativo non si applica l'articolo 34, comma 6 (63).
Giurisprudenza
Cass., sez. I, 22-12-2005, n. 28497.
La cessione del contratto, per la sua autonomia, non comporta automaticamente la successione nella clausola compromissoria in esso inserita, ma nemmeno esclude in via di principio tale successione, la quale può seguire o ad una manifestazione esplicita delle parti in tal senso, ovvero ad un nesso funzionale tra la clausola stessa ed il rapporto ceduto tale che gli stessi simul stabunt vel simul cadent, ossia tale che debba dedursi che il voluto contrattuale si realizza se la successione riguarda anche la opzione per una forma di soluzione della possibile controversia diversa da quella offerta dalla giurisdizione dello stato.
Nel Repertorio: 2005, Arbitrato [0480], n. 104
Cass., sez. I, 21-06-1996, n. 5761.
La cessione del contratto, realizzando una successione a titolo particolare nel rapporto giuridico contrattuale, mediante la sostituzione di un nuovo soggetto (cessionario) nella posizione giuridica attiva e passiva di uno degli originari contraenti (cedente), comporta anche il trasferimento del vincolo nascente dalla clausola compromissoria con la quale le parti originarie si siano impegnate a deferire ad arbitri rituali ogni e qualsiasi controversia insorta tra le parti circa l’attuazione, l’interpretazione e la risoluzione del contratto.
Riv. arbitrato, 1996, 699, x. XXXXXXXXX
Cass., sez. II, 16-02-1993, n. 1930.
La cessione del contratto che, di per sé non implica né esclude quella del compromesso, comporta anche la successione del cessionario nel rapporto nascente dal compromesso tutte le volte in cui questo abbia una funzione complementare o integrativa dello scopo del negozio ceduto, come nel caso di contratto preliminare, che è diretto a regolare tanto il normale svolgimento di un rapporto in fieri quanto i rimedi per le eventuali vicende patologiche, ai quali la clausola compromissoria si ricollega.
Nuova giur. civ., 1993, I, 865, x. XXXXX
Cass., 03-06-1985, n. 3285.
In caso di cessione di contratto la clausola compromissoria contenuta nel contratto originario deve, per essere efficace nei confronti del cessionario, essere oggetto di specifico richiamo nella scrittura di cessione.
Nel Repertorio: 1986, Arbitrato [0480], n. 37
Cass., 14-02-1979, n. 965.
La clausola compromissoria, data la sua natura contrattuale, pur essendo di rigida applicazione, si estende anche a chi subentra nella condizione giuridica di uno dei compromittenti per effetto della cessione del contratto.
Nel Repertorio: 1981, Arbitrato [0480], n. 68
Cass., sez. I, 01-09-2004, n. 17531.
Al cessionario di un credito nascente da contratto nel quale sia stata inserita una clausola compromissoria possono opporsi tutte le eccezioni concernenti l’esistenza, la validità e l’efficacia dell’obbligazione dedotta in causa per l’adempimento, ma, tra tali eccezioni, non è evidentemente compresa quella, fondata sul contratto, concernente il modo stabilito in via convenzionale per la soluzione delle controversie.
Corriere giur., 2005, 1567, x. XXXXXXXXX
Cass., sez. I, 19-09-2003, n. 13893.
A seguito della cessione del credito nascente da contratto, nel quale sia inserita clausola compromissoria, il debitore ceduto può invocarla nei confronti del cessionario mentre a quest’ultimo è interdetta l’utilizzabilità della medesima clausola nei riguardi del debitore ceduto.
Foro it., 2004, I, 638
Cass., sez. II, 17-03-1999, n. 2394.
In tema di cessione di crediti, il debitore ceduto può opporre al creditore cessionario tutte le eccezioni opponibili all’originario creditore cedente, compresa quella relativa alla clausola compromissoria, non comportando la cessione una modificazione oggettiva del rapporto che viene trasferito al cessionario con gli stessi elementi individuatori e perciò con la stessa causa e le eccezioni causali.
Nel Repertorio: 1999, Cessione dei crediti [1230], n. 30
Xxxx., sez. un., 17-12-1998, n. 12616.
Il cessionario del credito nascente da contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria, non subentra nella titolarità di tale negozio, autonomo e distinto rispetto al contratto al quale aderisce e non può pertanto avvalersi a suo favore della clausola nei confronti del debitore ceduto.
Foro it., 1999, I, 2979
Giudice di pace Livorno, 15-03-2001.
Qualora nel giudizio di opposizione si accerti che la controversia deve essere devoluta alla cognizione di arbitri irrituali, il decreto ingiuntivo deve essere revocato, per carenza di giurisdizione del giudice ordinario.
Riv. arbitrato, 2002, 337, x. XXXXXXXX
T. Salerno, 22-01-2000.
Qualora nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sia stata sollevata l'eccezione di compromesso per arbitrato rituale e si accerti che la controversia non rientra nella potestà decisoria del giudice ordinario, in quanto sia devoluta ad arbitri rituali, il decreto ingiuntivo deve essere revocato.
Nel Repertorio: 2005, Ingiunzione (procedimento per) [3570], n. 98
Cass., sez. I, 28-07-1999, n. 8166.
L'esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo (atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l'emissione di provvedimenti inaudita altera parte), ma impone a quest'ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull'esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale rimessione della controversia al giudizio degli arbitri.
Nel Repertorio: 1999, Ingiunzione (procedimento per) [3570], n. 141
T. Milano, 12-10-1998.
Qualora nel giudizio di opposizione si accerti che la controversia risulta devoluta alla cognizione di arbitri rituali, il decreto ingiuntivo deve essere dichiarato nullo.
Giur. it., 1999, 980
P. Catania, 26-11-1998.
In caso di opposizione a decreto ingiuntivo fondata sul fatto che la controversia era stata attribuita dalle parti a giudizio arbitrale, va revocato il provvedimento monitorio e le parti vanno rinviate al collegio arbitrale (fattispecie relativa a contratto di appalto).
Arch. civ., 1998, 1373
X. Xxxxxx Xxxxxx, 04-04-1993.
La clausola compromissoria per arbitrato irrituale inserita in un contratto, rende improponibile l'azione (nella specie decreto ingiuntivo) diretta a conseguire il pagamento del credito nascente dal contratto, dovendo la controversia essere deferita ad arbitro irrituale.
Nel Repertorio: 1994, Arbitrato [0480], n. 103
Cass., sez. II, 29-01-1993, n. 1142.
La parte che ha chiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo, rinunciando ad avvalersi del patto per arbitrato irrituale, non può invocarne l'operatività nel giudizio di opposizione, promosso, senza dedurre la cognizione arbitrale, dall'intimato, per paralizzarne le eccezioni e le domande riconvenzionali.
Foro it., 1993, I, 1091
Cass., 28-10-1991, n. 11460.
Qualora il giudice di primo grado, adito con opposizione a decreto ingiuntivo, rilevi l’esistenza di una valida clausola compromissoria, e quindi l’incompetenza dell’autorità giudiziaria ordinaria, con declaratoria di nullità del provvedimento monitorio e regolamentazione delle spese di causa, la relativa pronuncia non eccede dalla questione della competenza, alla stregua del carattere meramente conseguenziale di dette altre statuizioni, e, pertanto, è impugnabile con il regolamento (necessario) di competenza, non con l’appello (la cui inammissibilità è rilevabile d’ufficio in sede di legittimità, in difetto di una diversa decisione non impugnata del giudice di secondo grado).
Nel Repertorio: 1991, Appello civile [0440], n. 8
T. Messina, 05-10-1982.
L'eccezione di compromesso, fatta valere con l'opposizine a decreto ingiuntivo, determina la revoca del decreto, per incompetenza territoriale derogabile del giudice, soltanto in caso di arbitrato rituale; tale conseguenza, invece, non si verifica quando la clausola si riferisce ad arbitrato irrituale; in questo caso, quindi, il decreto ingiuntivo permane.
Giust. civ., 1983, I, 1634, x. XXXXXXXX