Allegato 1
Allegato 1
Il Codice Disciplinare per il personale docente recante l’indicazione delle infrazioni e delle relative sanzioni dall’art. 492 all’art.501 del T.U. DLGS 297/94
TITOLO I - PERSONALE DOCENTE, EDUCATIVO, DIRETTIVO E ISPETTIVO
CAPO IV - Disciplina
Sezione I - Sanzioni disciplinari
Art. 492 – Sanzioni (modificato dal DL 28 agosto 1995 n. 361, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 1995 n. 437)
1. Fino al riordinamento degli organi collegiali, le sanzioni disciplinari e le relative procedure di irrogazione sono regolate, per il personale direttivo e docente, dal presente articolo e dagli articoli seguenti.
2. Al personale predetto, nel caso di violazione dei propri doveri, possono essere inflitte le seguenti sanzioni disciplinari:
a) la censura;
b) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio fino a un mese;
c) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio da oltre un mese a sei mesi;
d) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio per un periodo di sei mesi e l'utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva;
e) la destituzione.
3. Per il personale docente il primo grado di sanzione disciplinare è costituito dall'avvertimento scritto, consistente nel richiamo all'osservanza dei propri doveri.
Art. 493 - Censura
1. La censura consiste in una dichiarazione di biasimo scritta e motivata, che viene inflitta per mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente o i doveri di ufficio.
Art. 494 - Sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio fino a un mese
1. La sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio consiste nel divieto di esercitare la funzione docente o direttiva, con la perdita del trattamento economico ordinario, salvo quanto disposto dall'articolo 497. La sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio fino a un mese viene inflitta:
a) per atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze in servizio;
b) per violazione del segreto d'ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità;
c) per avere omesso di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza.
Art. 495 - Sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio da oltre un mese a sei mesi
1. La sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio da oltre un mese a sei mesi è inflitta:
a) nei casi previsti dall'articolo 494 qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità;
b) per uso dell'impiego ai fini di interesse personale;
c) per atti in violazione dei propri doveri che pregiudichino il regolare funzionamento della scuola e per concorso negli stessi atti;
d) per abuso di autorità.
Art. 496 - Sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio per un periodo di sei mesi e utilizzazione in compiti diversi
1. La sanzione della sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio per un periodo di sei mesi e l'utilizzazione, dopo che sia trascorso il tempo di sospensione, nello svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o a quella direttiva connessa al rapporto educativo, è inflitta per il compimento di uno o più atti di particolare gravità integranti reati puniti con pena detentiva non
inferiore nel massimo a tre anni, per i quali sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ovvero sentenza di condanna nel giudizio di primo grado confermata in grado di appello, e in ogni altro caso in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici o della sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori. In ogni caso gli atti per i quali è inflitta la sanzione devono essere non conformi ai doveri specifici inerenti alla funzione e denotare l'incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti del proprio ufficio nell'esplicazione del rapporto educativo
2. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono disposti i compiti diversi, di corrispondente qualifica funzionale, presso l'Amministrazione centrale o gli uffici scolastici regionali e provinciali, ai quali è assegnato il personale che ha riportato detta sanzione.
3. In corrispondenza del numero delle unità di personale utilizzate in compiti diversi ai sensi del presente articolo, sono lasciati vacanti altrettanti posti nel contingente previsto dall'articolo 456 comma 1.
Art. 497 - Effetti della sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio
1. La sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio di cui all'articolo 494 comporta il ritardo di un anno nell'attribuzione dell'aumento periodico dello stipendio.
2. La sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio di cui all'articolo 495, se non superiore a tre mesi, comporta il ritardo di due anni nell'aumento periodico dello stipendio; tale ritardo e elevato a tre anni se la sospensione è superiore a tre mesi.
3. Il ritardo di cui ai commi 1 e 2 ha luogo a decorrere dalla data in cui verrebbe a scadere il primo aumento successivo alla punizione inflitta.
4. Per un biennio dalla data in cui è irrogata la sospensione da uno a tre mesi o per un triennio, se la sospensione è superiore a tre mesi, il personale direttivo e docente non può ottenere il passaggio anticipato a classi superiori di stipendio; non può altresì partecipare a concorsi per l'accesso a carriera
superiore, ai quali va ammesso con riserva se è pendente ricorso avverso il provvedimento che ha inflitto la sanzione.
5. Il tempo di sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio è detratto dal computo dell'anzianità di carriera.
6. Il servizio prestato nell'anno non viene valutato ai fini della progressione economica e dell'anzianità richiesta per l'ammissione ai concorsi direttivo e ispettivo nei confronti del personale che abbia riportato in quell'anno una sanzione disciplinare superiore alla censura, salvo i maggiori effetti della sanzione irrogata.
Art. 498 - Destituzione
1. La destituzione, che consiste nella cessazione dal rapporto d'impiego, è inflitta:
a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
c) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza;
d) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell'esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi;
e) per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio;
f) per gravi abusi di autorità.
Art. 499 - Recidiva
1. In caso di recidiva in una infrazione disciplinare della stessa specie di quella per cui sia stata inflitta la sanzione dell'avvertimento o della censura, va inflitta rispettivamente la sanzione immediatamente più grave di quella prevista per l'infrazione commessa. In caso di recidiva in una infrazione della tessa specie di quella per la quale sia stata inflitta la sanzione di cui alla lettera b), alla lettera c) o alla lettera
d) del comma 2 dell'articolo 492, va inflitta, rispettivamente, la sanzione prevista per la infrazione commessa nella misura massima; nel caso in cui tale misura massima sia stata già irrogata, la sanzione prevista per l'infrazione commessa può essere aumentata sino a un terzo.
Art. 500 - Assegno alimentare
1. Nel periodo di sospensione dall'ufficio è concesso un assegno alimentare in misura pari alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia.
2. La concessione dell'assegno alimentare va disposta dalla stessa autorità competente ad infliggere la sanzione.
Art. 501 - Riabilitazione
1.Trascorsi due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare, il dipendente che, a giudizio del comitato per la valutazione del servizio, abbia mantenuto condotta meritevole, può chiedere che siano resi nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni efficacia retroattiva.
2. Il termine di cui al comma 1 è fissato in cinque anni per il personale che ha riportato la sanzione di cui all'articolo 492, comma 2, lettera d).
allegato 2
Il Codice Disciplinare per il personale A.T.A. recante l’indicazione delle infrazioni e delle relative sanzioni dall’art. 92 all’art. 97 del CCNL/2007
Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto Scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007
SEZIONE II: Personale Amministrativo, tecnico e ausiliario ART.92 - OBBLIGHI DEL DIPENDENTE
1. Il dipendente adegua il proprio comportamento all’obbligo costituzionale di servire esclusivamente la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i princìpi di buon andamento e imparzialità dell'attività amministrativa, anteponendo il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.
2. Il dipendente si comporta in modo tale da favorire l'instaurazione di rapporti di fiducia e collaborazione tra l'Amministrazione e i cittadini.
3. In tale contesto, tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in particolare:
a) esercitare con diligenza, equilibrio e professionalità i compiti costituenti esplicazione del profilo professionale di titolarità;
b) cooperare al buon andamento dell'istituto, osservando le norme del presente contratto, le disposizioni per l'esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall'Amministrazione scolastica, le norme in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro;
c) rispettare il segreto d'ufficio nei casi e nei modi previsti dalle norme vigenti;
d) non utilizzare ai fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
e) nei rapporti con il cittadino, fornire tutte le informazioni cui abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza e di accesso alle attività amministrative previste dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, dai regolamenti attuativi della stessa vigenti nell'Amministrazione, nonché agevolare le procedure ai sensi del D.lgs. n.443/2000 e del DPR n.445/2000 in tema di autocertificazione;
f) favorire ogni forma di informazione e di collaborazione con le famiglie e con gli alunni;
g) rispettare l'orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non assentarsi dal luogo di lavoro senza l'autorizzazione del dirigente scolastico;
h) durante l'orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti condotta uniformata non solo a princìpi generali di correttezza ma, altresì, all'esigenza di coerenza con le specifiche finalità educative dell'intera comunità scolastica, astenendosi da comportamenti lesivi della dignità degli altri dipendenti, degli utenti e degli alunni;
i) non attendere ad occupazioni estranee al servizio e ad attività lavorative, ancorché non remunerate, in periodo di malattia od infortunio;
l) eseguire gli ordini inerenti all'esplicazione delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che l'ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi l'ha impartito dichiarandone le ragioni; se l'ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione. Il dipendente, non deve, comunque, eseguire l'ordine quando l'atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo;
m) tenere i registri e le altre forme di documentazione previste da specifiche disposizioni vigenti per ciascun profilo professionale;
n) assicurare l'integrità degli alunni secondo le attribuzioni di ciascun profilo professionale;
o) avere cura dei locali, mobili, oggetti, macchinari, attrezzi, strumenti ed automezzi a lui affidati;
p) non valersi di quanto è di proprietà dell'Amministrazione per ragioni che non siano di servizio;
q) non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa;
r) osservare scrupolosamente le disposizioni che regolano l'accesso ai locali dell'Amministrazione da parte del personale e non introdurre, salvo che non siano debitamente autorizzate, persone estranee all'Amministrazione stessa in locali non aperti al pubblico;
s) comunicare all'Amministrazione la propria residenza e dimora, ove non coincidenti, ed ogni successivo mutamento delle stesse;
t) in caso di malattia, dare tempestivo avviso all'ufficio di appartenenza, salvo comprovato impedimento;
u) xxxxxxxsi dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente propri interessi finanziari o non finanziari.
ART.93 - SANZIONI E PROCEDURE DISCIPLINARI
1. Le violazioni degli obblighi disciplinati dall'art. 92 del presente contratto danno luogo, secondo la gravità dell'infrazione, previo procedimento disciplinare, all'applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari:
a) rimprovero verbale;
b) rimprovero scritto;
c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
e) licenziamento con preavviso;
f) licenziamento senza preavviso.
2. L'Amministrazione, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente senza previa contestazione scritta dell'addebito - da effettuarsi entro 20 giorni da quando il soggetto competente per la contestazione, di cui al successivo art. 94, è venuto a conoscenza del fatto - e senza averlo sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
3. Il dipendente al quale sono stati contestati i fatti è convocato con lettera per la difesa non prima che siano trascorsi cinque giorni lavorativi dall’accadimento del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione è applicata nei successivi 15 giorni.
4. Nel caso in cui la sanzione da comminare non sia di sua competenza, ai sensi del successivo art. 94, il dirigente scolastico, ai fini del comma 2, segnala entro 10 giorni, all'ufficio competente i fatti da contestare al dipendente per l'istruzione del procedimento, dandone contestuale comunicazione all'interessato.
5. Al dipendente o, su espressa delega al suo difensore, è consentito l'accesso a tutti gli atti istruttori riguardanti il procedimento a suo carico.
6. Il procedimento disciplinare deve concludersi entro 120 giorni dalla data di contestazione di addebito. Qualora non sia stato portato a termine entro tale data, il procedimento si estingue.
7. L'ufficio competente per i procedimenti disciplinari sulla base degli accertamenti effettuati e delle giustificazioni addotte dal dipendente, irroga la sanzione applicabile tra quelle indicate al comma 1.
Quando il medesimo ufficio ritenga che non vi sia luogo a procedere disciplinarmente dispone la chiusura del procedimento, dandone comunicazione all'interessato.
8. I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il lavoratore dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso.
9. I termini di cui al presente articolo devono intendersi come perentori.
10. Per quanto non previsto dalla presente disposizione si rinvia all'art. 55 del D.L.vo 165/2001.
11. Per quanto riguarda conciliazione ed arbitrato, si rinvia al capo XII del presente CCNL.
ART.94 - COMPETENZE
1. Il rimprovero verbale, il rimprovero scritto e la multa sono inflitti dal dirigente scolastico.
2. La sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni, il licenziamento con preavviso e il licenziamento senza preavviso sono inflitti dal Direttore Generale Regionale.
ART.95 - CODICE DISCIPLINARE
1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza ed in conformità di quanto previsto dall'art. 55 del D.L.vo n. 165/2001, il tipo e l'entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza, e imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell'evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all'Amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell'ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f) al concorso nel fatto di più lavoratori in accordo tra loro.
2. La recidiva in mancanze già sanzionate nel biennio di riferimento comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell'ambito della medesima fattispecie.
3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con /più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
4. La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a quattro ore di retribuzione si applica, graduando l'entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell'orario di lavoro;
b) condotta non conforme a princìpi di correttezza verso i superiori o altri dipendenti o nei confronti dei genitori, degli alunni o del pubblico;
c) negligenza nell'esecuzione dei compiti assegnati ovvero nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti affidati al dipendente o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare azione di vigilanza;
d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia derivato danno o disservizio;
e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell'Amministrazione, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 6 della legge n. 300 del 1970;
f) insufficiente rendimento, rispetto a carichi di lavoro e, comunque, nell'assolvimento dei compiti assegnati;
g) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all'Amministrazione, agli utenti o ai terzi.
5. L'importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio della scuola e destinato ad attività sociali a favore degli alunni.
6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni si applica, graduando l'entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:
a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4 che abbiano comportato l'applicazione del massimo della multa;
b) particolare gravità delle mancanze previste nel comma 4;
c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l'entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell'assenza o dell'abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all'Amministrazione, agli utenti o ai terzi;
d) ingiustificato ritardo, fino a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dai superiori;
e) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa;
f) comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti dei superiori, di altri dipendenti, dei genitori, degli alunni o dei terzi;
g) alterchi con ricorso a vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con genitori, alunni o terzi;
h) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell'Amministrazione, esulanti dal rispetto della libertà di pensiero, ai sensi dell'art. 1 della legge 300 del 1970;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;
l) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno all'Amministrazione, ai genitori, agli alunni o a terzi.
7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso di applica per:
a) recidiva plurima, almeno tre volte nell'anno, nelle mancanze previste nel comma 6, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato l'applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione;
b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell'Amministrazione o ad essa affidati;
c) rifiuto espresso del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio;
d) assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi lavorativi;
e) persistente insufficiente rendimento o fatti che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;
f) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità;
g) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale, secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
8. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per:
a) terza recidiva nel biennio di: minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico o altri dipendenti; alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;
b) accertamento che l'impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con mezzi fraudolenti;
c)condanne passate in giudicato:
1. di cui art. 58 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267 ,nonchè per i reati di cui agli art.
316 e 316 bis del codice penale;
2. quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai pubblici uffici;
3. per i delitti indicati dall’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001.
d) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in xxx xxxxxxx xx xxxxxxxx xx xxxxxx, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità;
e) commissione in genere di fatti o atti dolosi, anche non consistenti in illeciti di rilevanza penale per i quali vi sia obbligo di denuncia, anche nei confronti di xxxxx, di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
9. Al codice disciplinare di cui al presente articolo deve essere data la massima pubblicità mediante affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale forma di pubblicità è tassativa e non può essere sostituita con altre.
ART.96 - RAPPORTO TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO PENALE
1. Nel caso di commissione in servizio di gravi fatti illeciti, commessi in servizio, di rilevanza penale l'amministrazione inizia il procedimento disciplinare ed inoltra la denuncia penale. Il procedimento disciplinare rimane tuttavia sospeso fino alla sentenza definitiva. Analoga sospensione è disposta anche nel caso in cui l'obbligo della denuncia penale emerga nel corso del procedimento disciplinare già avviato.
2. Al di fuori dei casi previsti nel comma precedente, quando l'amministrazione venga a conoscenza dell'esistenza di un procedimento penale a carico del dipendente per i medesimi fatti oggetto di procedimento disciplinare, questo è sospeso fino alla sentenza definitiva.
3. Fatte salve le ipotesi di cui all'art. 5, commi 2 e 4, della legge 97 del 2001, negli altri casi il procedimento disciplinare sospeso ai sensi del presente articolo è riattivato entro 180 giorni da quando l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza definitiva e si conclude entro 120 giorni dalla sua riattivazione.
4. Per i casi previsti all'art. 5, comma 4, della legge 97 del 2001, il procedimento disciplinare precedentemente sospeso è riattivato entro 90 giorni da quando l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza definitiva e deve concludersi entro i successivi 120 giorni dalla sua riattivazione.
5. L'applicazione della sanzione prevista dall’art. 95, come conseguenza delle condanne penali citate nei commi 7, lett. f) e 8, lett. c) e d), non ha carattere automatico, essendo correlata all'esperimento del procedimento disciplinare, salvo quanto previsto dall'art. 5, comma 2 della legge n. 97 del 2001.
6. In caso di assoluzione si applica quanto previsto dall'art. 653 c.p.p.- Xxx nel procedimento disciplinare sospeso al dipendente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni, il procedimento medesimo riprende per dette infrazioni.
7. In caso di proscioglimento si procede analogamente al comma 6.
8. In caso di sentenza irrevocabile di condanna trova applicazione l'art. 1 della legge 97 del 2001.
9. Il dipendente licenziato ai sensi dell'art. 95, comma 8, lettera f) e comma 9, lettere c) e d), e successivamente assolto a seguito di revisione del processo, ha diritto, dalla data della sentenza di assoluzione, alla riammissione in servizio nella medesima sede o in altra su sua richiesta, anche in soprannumero, nella medesima qualifica e con decorrenza dell'anzianità posseduta all'atto del licenziamento.
10. Il dipendente riammesso ai sensi del comma 9, è reinquadrato, nell'area e nella posizione economica in cui è confluita la qualifica posseduta al momento del licenziamento qualora sia intervenuta una nuova classificazione del personale. In caso di premorienza, il coniuge o il convivente superstite e i figli hanno diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati attribuiti al dipendente nel periodo di sospensione o di licenziamento, escluse le indennità comunque legate alla presenza in servizio ovvero alla prestazione di lavoro straordinario.
ART.97 - SOSPENSIONE CAUTELARE IN CASO DI PROCEDIMENTO PENALE
1. Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d'ufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà.
2. L'amministrazione, ai sensi del presente articolo, cessato lo stato di restrizione della libertà personale, può prolungare il periodo di sospensione del dipendente, fino alla sentenza definitiva alle medesime condizioni del comma 3.
3. Il dipendente, può essere sospeso dal servizio con privazione della retribuzione anche nel caso in cui sia sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque per fatti tali da comportare, se accertati, l'applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell'art. 95, commi 8 e 9.
4. Resta fermo l'obbligo di sospensione cautelare dal servizio per i reati indicati dall'art. 58 del D.lgs. n.267/2000.
5. Nel caso dei reati previsti all'art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, in alternativa alla sospensione di cui al presente articolo, possono essere applicate le misure previste dallo stesso art. 3. Per i medesimi reati, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, si applica l'art. 4, comma 1, della citata legge 97 del 2001.
6. Nei casi indicati ai commi precedenti si applica quanto previsto dall'art. 96 in tema di rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
7. Al dipendente sospeso ai sensi dei commi da 1 a 5 sono corrisposti un'indennità pari al 50% della retribuzione fondamentale di cui all'art. 77 del presente CCNL, comma 1, nonchè gli assegni del nucleo familiare, ove spettanti.
8. Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento, ai sensi dell’art. 92, commi 6 e 7, quanto corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità sarà conguagliato con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi speciali o per prestazioni di carattere straordinario. Ove il giudizio disciplinare riprenda, per altre infrazioni, ai sensi del medesimo art. 92, comma 6, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
9. In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso sarà conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi e funzioni speciali o per prestazioni di carattere straordinario, nonchè i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
10. Quando vi sia stata sospensione cautelare del servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dipendente riammesso in
servizio. Il procedimento disciplinare rimane, comunque, sospeso sino all'esito del procedimento penale.
11. I procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del presente contratto vanno portati a termine secondo le procedure vigenti alla data del loro inizio.
allegato 3
Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici per il personale docente e per il personale A.T.A. dall’art. 67 all’art. 73 del DLGS 150/2009.
DECRETO LEGISLATIVO 27 ottobre 2009 , n. 150 CAPO V
Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici Art. 67. Oggetto e finalità
1. In attuazione dell'articolo 7 della legge 4 marzo 2009, n. 15, le disposizioni del presente Capo recano modifiche in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche in relazione ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo.
2. Resta ferma la devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative al
procedimento e alle sanzioni disciplinari, ai sensi dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Art. 68. Ambito di applicazione, codice disciplinare, procedure di conciliazione
1. L'articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:
«Art. 55 (Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative).
1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all'articolo 55-octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile,
e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2.
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l'articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale dell'amministrazione del codice disciplinare, recante l'indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all'ingresso della sede di lavoro.
3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell'addebito e comunque prima dell'irrogazione della sanzione. La sanzione concordemente determinata all'esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l'infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della procedura conciliativa che ne determinano l'inizio e la conclusione. 4. Fermo quanto previsto nell'articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55- sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell'articolo 19, comma 3.».
Art. 69. Disposizioni relative al procedimento disciplinare
1. Dopo l'articolo 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono inseriti i seguenti: «Art. 55-bis (Forme e termini del procedimento disciplinare).
1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.
2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l'addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa. Dopo l'espletamento dell'eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l'atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell'addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all'ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all'interessato.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l'addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l'eventuale sospensione ai sensi dell'articolo 55-ter. Il termine per la contestazione dell'addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l'ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell'infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell'infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l'amministrazione, la decadenza dall'azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall'esercizio del diritto di difesa.
5. Ogni comunicazione al dipendente, nell'ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell'addebito, il dipendente può indicare, altresì, un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all'uso della posta elettronica certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. È esclusa l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.
6. Nel corso dell'istruttoria, il capo della struttura o l'ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, ne' il differimento dei relativi termini.
7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell'incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di
informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall'autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all'applicazione, da parte dell'amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell'illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni.
8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un'altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest'ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell'addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento.
0.Xx caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Art. 55-ter (Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale). –
1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, di cui all'articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all'articolo 55- bis, comma 1, secondo periodo, l'ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l'irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l'autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall'irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l'atto conclusivo in relazione all'esito del giudizio penale.
3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l'archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l'autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all'esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell'istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell'addebito da parte dell'autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell'articolo 55-bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l'autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell'articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale.
Art. 55-quater (Licenziamento disciplinare). –
1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi: a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione
dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione; c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio; d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera; e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui; f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.
2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54.
3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso.
Art. 55-quinquies (False attestazioni o certificazioni). –
1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati ne' oggettivamente documentati.
Art. 55-sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della responsabilità per l'esercizio dell'azione disciplinare).
1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54, comporta l'applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all'entità del risarcimento.
2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all'esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 33, comma 8, e all'articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l'eventuale ricollocamento.
Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.
3. Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare, dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell'infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo.
4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave.
Art. 55-septies (Controlli sulle assenze).
- 1. Nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all'Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri previsto dall'articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto dall'articolo 1,
comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all'amministrazione interessata.
3.L'Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
4. L'inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta l'applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi. 5. L'Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto all'amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l'osservanza delle disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità dell'ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55- sexies, comma 3.
Art. 55-octies (Permanente inidoneità psicofisica). –
1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 2, comma 2, l'amministrazione può risolvere il rapporto
di lavoro. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non economici: a) la procedura da adottare per la verifica dell'idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell'Amministrazione; b) la possibilità per l'amministrazione, nei casi di pericolo per l'incolumità del dipendente interessato nonché per la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio, in attesa dell'effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo; c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall'amministrazione in seguito all'effettuazione della visita di idoneità; d) la possibilità, per l'amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità. Art. 55-novies (Identificazione del personale a contatto con il pubblico). –
1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l'uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.
2.Dall'obbligo di cui al comma 1 è escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, su proposta del Ministro competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.».
Art. 70. Comunicazione della sentenza
1. Dopo l'articolo 154-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente: «Art.
154-ter (Comunicazione della sentenza).
- 1. La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un'amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all'amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del deposito.».
Art. 71. Ampliamento dei poteri ispettivi
1. All'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il comma 6 è sostituito dal seguente: «6.
Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica è istituito l'Ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato. L'Ispettorato vigila e svolge verifiche sulla conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull'efficacia della sua attività con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto conferimento degli incarichi, sull'esercizio dei poteri disciplinari, sull'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro. Collabora alle verifiche ispettive di cui al comma 5. Nell'ambito delle proprie verifiche, l'Ispettorato può avvalersi della Guardia di Finanza che opera nell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalle leggi vigenti. Per le
predette finalità l'Ispettorato si avvale altresì di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra esperti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, o comunque tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, per il quale si applicano l'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l'articolo 56, comma 7, del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l'esercizio delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 53. L'Ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o
pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall'ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell'individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all'articolo 55, per l'amministrazione medesima. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate.».
Art. 72. Abrogazioni
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 71, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
b) articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
c) l'articolo 56 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 2. All'articolo 5, comma 4, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «, salvi termini diversi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro,» sono soppresse.
Art. 73. Norme transitorie
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto non è ammessa, a pena di nullità, l'impugnazione di sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina. I procedimenti di impugnazione di sanzioni disciplinari pendenti dinanzi ai predetti collegi alla data di entrata in vigore del presente decreto sono definiti, a pena di nullità degli atti, entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla predetta data.
2. L'obbligo di esposizione di cartellini o targhe identificativi, previsto dall'articolo 55- novies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'articolo 69 del presente decreto, decorre dal novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni di legge, non incompatibili con quelle del presente decreto, concernenti singole amministrazioni e recanti fattispecie sanzionatorie specificamente concernenti i rapporti di lavoro del personale di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, continuano ad essere applicabili fino al primo rinnovo del contratto collettivo di settore successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Allegato 4
C.M. n. 88 dell’8 novembre 2010
Indicazioni e istruzioni per l’applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150
► A) SINTESI DEL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
► B) ORGANI E PROCEDIMENTO
► 1. INFRAZIONI DI MINORE GRAVITÀ
► 2. UFFICIO PER I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI E RELATIVE COMPETENZE
► C) RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO PENALE
► D) NUOVI ILLECITI DISCIPLINARI
► RIFIUTO DI COLLABORARE AL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE SENZA GIUSTIFICATO MOTIVO
► OMISSIONI E RITARDI NELL’ESERCIZIO DELL’AZIONE DISCIPLINARE; VALUTAZIONI IRRAGIONEVOLI O MANIFESTAMENTE INFONDATE
► LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
► ASSENZE PER MALATTIA
► CONDANNA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE AL RISARCIMENTO DEL DANNO
► E) NUOVA FATTISPECIE DI ILLECITO PENALE
► F) LA SOSPENSIONE CAUTELARE
► PERSONALE DOCENTE ED EDUCATIVO
► PERSONALE AMMINISTRATIVO, TECNICO ED AUSILIARIO
► PERSONALE CON QUALIFICA DIRIGENZIALE
* * * * * * * * * * * * *
A) SINTESI DEL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Le innovazioni in materia disciplinare e di responsabilità dei dipendenti riguardano i rapporti tra le fonti regolatrici della materia, i profili procedurali, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni.
Il nuovo rapporto tra le fonti regolatrici della materia
Rimane, invece, immutata la devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative al procedimento e alle sanzioni, ai sensi dell’articolo 63 del decreto legislativo n. 165
del 2001 (cfr., articolo 67 del decreto legislativo n. 150 del 2009).
La prima novità da evidenziare è il recupero da parte della fonte legale di significativi spazi di disciplina che nel previgente ordinamento erano occupati, in via principale, dalla fonte negoziale.
Trattasi, specificamente, degli spazi relativi a materie concernenti gli organi competenti ad irrogare le sanzioni, le modalità di svolgimento dei relativi procedimenti e le impugnazioni esperibili, che risultano ora dettagliatamente regolate nel Capo V del Titolo IV del decreto legislativo in questione, da disposizioni che, per espressa volontà del legislatore, «costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile».
Viene meno, quindi, la riserva originariamente prevista dall’articolo 55 del decreto n. 165 del 2001 a favore della contrattazione collettiva, il cui ambito, secondo quanto dispone il nuovo testo della norma, interamente riscritto dall’articolo 68 del D.Lgsl. n. 150 del 2009, è ora ristretto alla sola definizione della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni (cfr., in particolare, i commi 1, 2 e 3, in combinato disposto con il riformulato articolo 40 del D.Lgsl n. 165 del 2001).
L’obbligo di pubblicità del codice disciplinare
Il comma 2, del medesimo articolo 55, riformulato, dispone, inoltre, che la pubblicazione nel sito istituzionale dell’Amministrazione del codice disciplinare,
recante l’indicazione delle infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro. Si tratta di un profilo innovativo non trascurabile, posto che
l’inosservanza del suddetto adempimento determina l’illegittimità della sanzione irrogata (cfr., articolo 7, legge n. 300 del 1970, Statuto dei lavoratori). Ciò vale anche per le infrazioni e relative sanzioni applicabili al personale docente e ATA che presta servizio nelle istituzioni scolastiche autonome; di conseguenza il dirigente scolastico avrà cura di disporre la prescritta pubblicazione dei relativi codici disciplinari nel sito web della scuola. Per quanto riguarda gli insegnanti, in attesa che il relativo codice disciplinare sia definito dalla contrattazione collettiva di comparto (di cui si dirà più diffusamente appresso), le fattispecie sanzionatorie cui fare riferimento ai fini della predetta pubblicazione rimangono quelle disciplinate dal decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico delle norme generali sull’istruzione). Per quanto riguarda i dirigenti scolastici, la pubblicazione del relativo codice disciplinare nel sito web dell’Ufficio scolastico regionale e disposta dal direttore generale competente.
Divieto di istituire con il CCNL procedure di impugnazione
Il successivo comma 3, poi, restringe ulteriormente l’operatività della fonte negoziale vietando alla contrattazione collettiva di istituire procedure di
Ammissibilità, entro precisi limiti, di procedure conciliative non obbligatorie
impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Il legislatore, pero, fa salva la possibilità di disciplinare mediante i contratti collettivi «procedure di conciliazione non obbligatoria», purché fuori dai casi per i quali è prevista la sanzione del licenziamento. Tali procedure devono concludersi
entro un termine non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e, comunque, prima dell’irrogazione della sanzione. La sanzione, concordemente
determinata, non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione della stessa con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della procedura che ne determinano l’inizio e la definizione.
No a impugnazioni innanzi a collegi arbitrali di disciplina
A tale riguardo, si deve anche evidenziare che dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009 (15 novembre 2009) non è ammessa, a pena di nullità, l’impugnazione di sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di
disciplina. I procedimenti pendenti dinanzi ai predetti collegi devono essere definiti entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla medesima data, a pena di nullità dei relativi atti (cfr., il comma 1 dell’articolo 73 del decreto legislativo n. 150 del 2009).
Conseguenze della riforma sul personale docente: il venir meno delle funzioni dei Consigli di disciplina
Per quel che concerne il settore scolastico, e specificamente i procedimenti sanzionatori nei confronti del personale docente, per effetto di quanto disposto dall’articolo 72 della novella, sono espressamente abrogati gli articoli da 502 a 507
del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico delle norme generali sull’istruzione), i quali disciplinavano, com’e noto, le funzioni attribuite in materia ai consigli di disciplina operanti presso il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e i Consigli Scolastici Provinciali.
Inoltre, nel nuovo testo dell’articolo 55, sopra richiamato, non è più contemplata la deroga di cui all’originario comma 10, che rinviava al momento del riordino degli organi collegiali della scuola, la piena contrattualizzazione della materia disciplinare per il personale docente.
Temporanea validità delle infrazioni e relative sanzioni previste dal T.U.
Va, poi, precisato che nell’ambito della disciplina transitoria dettata dal decreto legislativo n. 150 del 2009, l’articolo 73 prevede l’ulteriore applicabilità delle disposizioni di legge previgenti riguardanti «singole amministrazioni e recanti
fattispecie sanzionatorie specificamente concernenti i rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», a condizione pero che le stesse siano «non incompatibili» con le nuove e, comunque, non oltre «il primo rinnovo del contratto collettivo di settore successivo alla data di entrata in vigore del decreto».
Per quanto qui interessa, stando alla lettera della norma, che fa esplicito riferimento alle «fattispecie sanzionatorie», rimangono applicabili, fino al primo rinnovo del CCNL di Comparto successivo all’entrata in vigore della riforma, esclusivamente le disposizioni contenute negli articoli da 492 a 501 (docenti a tempo indeterminato) e da 535 a 537 (docenti a tempo determinato) del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, e non anche quelle riguardanti gli organi, i procedimenti e le impugnazioni.
Personale docente non di ruolo: disciplina applicabile
Va, tuttavia, sottolineato che le sanzioni speciali previste per il personale docente non di ruolo dall’articolo 535 del D.Lgsl. n. 297 del 1994 (ammonizione, censura,
sospensione dalla retribuzione fino a un mese, sospensione dalla retribuzione e dall’insegnamento da
un mese ad un anno, esclusione dall’insegnamento da un mese a un anno, esclusione definitiva dall’insegnamento) devono intendersi sostituite da quelle previste per il personale di ruolo dall’art.
492 (avvertimento scritto, censura, sospensione dall’insegnamento fino a un mese, sospensione dall’insegnamento da uno a sei mesi, destituzione).
Ciò per effetto del combinato disposto degli articoli 55 e 69 del D.Lgsl. n. 165 del 2001, pre riforma, e dell’articolo 91 del CCNL, Comparto Scuola, 2006/2009.
Se da un lato, infatti, il vecchio testo dell’articolo 55, citato, conteneva una disposizione derogatoria che salvava dalla contrattualizzazione soltanto le norme procedimentali in materia disciplinare di cui agli articoli da 502 a 507 del D.Lgsl. n. 297 del 1994, oggi abrogate - salvataggio poi ampliato dalla contrattazione collettiva a tutte le disposizioni del capo IV (articoli da 492 a 501) - in generale il primo comma dell’articolo 69, citato, tutt’ora vigente, ha reso inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati, «le norme generali e speciali del pubblico impiego», vigenti alla data del 13 gennaio 1994. Queste ultime cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 1998/2001.
Di conseguenza, gli artt. da 537 a 549 del D.Lgs. n 297/1994, meramente ricognitivi di disposizioni legislative che, anteriormente alla data sopra citata, disciplinavano sanzioni, organi e procedimento disciplinare nei confronti del personale docente a tempo determinato, non potevano ritenersi “salvati” dalla privatizzazione, non essendo stati presi in considerazione ne dal vecchio testo dell’art. 55 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (che richiamava articolo per articolo le norme salvaguardate dalla contrattualizzazione), ne dal citato articolo 91 del CCNL, Comparto Scuola, 2006 2009 (che salvaguardava dalla contrattualizzazione il Capo IV del D.Lgs. n. 297 del 1994 dedicato alla disciplina del personale di ruolo).
Si deve, infine, precisare che il venir meno della sanzione dell’esclusione dall’insegnamento, originariamente prevista dall’articolo 535, comma 1, nn. 5 e 6, citato, non impedisce all’Amministrazione di conseguire gli stessi effetti disciplinati dall’articolo 537 (esclusione dalle graduatorie per l’assunzione in ruolo e per le supplenze). Infatti, con riguardo ai requisiti di accesso
all’impiego pubblico, la normativa generale di riferimento contenuta nel D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, prevede all’articolo 2 che non possano accedere, fra gli altri, «coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero siano stati dichiarati decaduti da un impiego statale, ai sensi dell’articolo 127, primo comma, lettera d), del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3». Ne consegue che il docente a tempo determinato che incorresse nella sanzione disciplinare della destituzione (che costituisce al di la del nomen iuris licenziamento disciplinare) vedrebbe preclusa la possibilità di partecipare alla procedura selettiva per l’assunzione a tempo indeterminato o determinato, non diversamente da colui che sia incorso nella sanzione dell’esclusione dall’insegnamento.
Con riguardo, invece, al personale ATA e alla dirigenza scolastica, le infrazioni disciplinari e le relative sanzioni rimangono quelle regolate dai rispettivi contratti collettivi nazionali di
Indicazioni per l’applicazione delle nuove norme nella fase transitoria: Circolare 9/2009 del Dipartimento per la
lavoro.
Inoltre, sempre sotto il profilo del diritto intertemporale, si richiama l’attenzione di codesti Uffici sulla circostanza che il Dipartimento della funzione Pubblica con la circolare n. 9 del 27 novembre 2009 ha chiarito che le nuove disposizioni
procedurali si applicano a tutti i fatti rilevanti la cui notizia sia stata acquisita dal dirigente responsabile della struttura, ovvero dal competente ufficio per i procedimenti disciplinari, cioè dall’organo dell’amministrazione deputato a promuovere la relativa azione, dopo l’entrata in vigore della riforma.
La medesima circolare ha anche precisato, per quanto riguarda la disciplina sostanziale relativa ad infrazioni e sanzioni, che, in virtù del principio di legalità, le nuove fattispecie disciplinari e penali, con le correlate sanzioni e pene, non possono trovare applicazione con riguardo a fatti che si sono verificati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo di cui trattasi, in quanto più sfavorevoli all’incolpato. Quindi, anche nell’ipotesi in cui si sia avuta notizia dopo l’entrata in vigore delle nuove norme di fatti commessi prima di tale momento, per gli aspetti sostanziali l’Amministrazione deve
comunque far riferimento alla normativa contrattuale e legislativa previgente, anche se, per gli aspetti procedurali, come già precisato, deve in ogni caso trovare applicazione il regime previsto dalla riforma.
Se si riepiloga quanto sopra puntualizzato a proposito della disciplina applicabile al personale docente, risulta che l’assetto prefigurato dal legislatore è il seguente:
a) la disciplina sostanziale relativa ad infrazioni e sanzioni rimane quella prevista dagli articoli da 492 a 501 (docenti a tempo indeterminato e determinato) del D.Lgsl. 297/94, fino al prossimo rinnovo contrattuale;
b) tale disciplina è ancora applicabile:
- alle infrazioni di cui l’amministrazione abbia avuto notizia prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009 (e, dunque, ai procedimenti in corso), da parte degli organi allora competenti e secondo l’impianto procedurale precedente;
- alle infrazioni di cui l’amministrazione abbia avuto notizia dopo l’entrata in vigore della riforma e fino alla scadenza indicata al punto a), ma in tali casi gli organi competenti e le procedure sono regolate dalle nuove disposizioni;
c) in quest’ultima ipotesi, e ovviamente a regime, viene meno la competenza degli organi collegiali (Consigli di disciplina) sopra richiamati.
B) ORGANI E PROCEDIMENTO
Per quanto concerne gli organi, le forme e i termini del procedimento disciplinare, la relativa disciplina è ora dettata dagli articoli 55-bis e 55-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotti ex novo dall’art. 69 del decreto legislativo 150 del 2009.
In sintesi, le norme succitate prevedono quanto segue.
1. Infrazioni di minore gravità.
Ampliamento dei poteri e delle responsabilità
Per le infrazioni di minore gravita, punite con sanzioni superiori al rimprovero verbale e inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione
per più di dieci giorni, l’autorità disciplinare competente è individuata nel responsabile, con qualifica
dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora anche se in posizione di comando o fuori ruolo. In questi casi, il dirigente, quando ha notizia dell’illecito disciplinare, «senza indugio» e comunque non oltre venti giorni dal ricevimento della stessa, deve contestare per iscritto l’addebito al dipendente e convocarlo, con un preavviso di almeno dieci giorni, per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore o di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa. Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La mancata osservanza dei termini sopra richiamati comporta, per l’Amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare e, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa (cfr., commi 1 e 2 dell’articolo 55-bis, sopra citato).
Organi e competenze: personale docente
Per il personale docente, a tempo indeterminato e determinato, l’organo competente a gestire i procedimenti sopra descritti è il dirigente dell’istituzione
scolastica presso cui l’insegnante presta servizio. Le infrazioni e le relative sanzioni che rientrano nell’ambito applicativo delle disposizioni di cui trattasi, sono, fino all’entrata in vigore del prossimo CCNL di comparto, quelle disciplinate dagli articoli 492 (avvertimento scritto), 493 (censura) e 494 (sospensione dall’insegnamento fino a un massimo di dieci giorni, con la perdita del trattamento economico ordinario, salvo quanto disposto dall’articolo 497) del decreto legislativo n. 297 del 1994, già citato.
Libertà di insegnamento e autonomia della
Con riferimento alla sospensione dall’insegnamento fino a un massimo di dieci giorni, la valutazione circa l’entità della sanzione da applicare in rapporto alla gravità dell’infrazione commessa deve essere compiuta dal dirigente scolastico ex ante. Qualora vi sia incertezza circa
l’inquadramento della fattispecie concreta come comportamento sanzionabile con la predetta tipologia di sospensione, gli atti devono essere trasmessi all’ufficio per i procedimenti disciplinari nei tempi e con le modalità illustrati nel punto 2 del presente paragrafo.
Il dirigente scolastico deve in ogni caso assicurare che l’esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell’insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, l’autonomia della funzione docente.
Personale ATA
Per il personale ATA, il dirigente dell’istituzione scolastica presso cui il dipendente
presta servizio e, altresì, responsabile della gestione dei procedimenti relativi alle sanzioni previste dall’articolo 93, lettere da b) a d), del CCNL, Comparto scuola, 2006-2009.
Scuole rette da presidi e direttori didattici incaricati
Come si dirà più diffusamente al punto 2 del presente paragrafo, nel caso in cui l’istituzione scolastica sia affidata, con apposito incarico annuale, a personale
appartenente al ruolo docente (già presidi incaricati), la competenza ad esercitare il potere disciplinare per le infrazioni di cui trattasi appartiene all’ufficio per i procedimenti disciplinari.
Dirigenti scolastici
Per i dirigenti scolastici, l’esercizio del potere disciplinare spetta al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale competente. Le sanzioni applicabili alle
infrazioni di cui trattasi sono disciplinate dalle disposizioni del Titolo VI del CCNL 15 luglio 2010, personale dirigente dell’Area V.
2. Ufficio per i procedimenti disciplinari e relative competenze.
Qualora il responsabile della struttura non abbia la qualifica dirigenziale o nel caso in cui il responsabile abbia tale qualifica, ma la sanzione da applicare sia più grave della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, gli atti sono trasmessi, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio per i procedimenti disciplinari individuato ai sensi del comma 4, dell’articolo 55-bis citato, dandone contestuale comunicazione all’interessato (cfr., commi 1 e 3 dell’articolo 55-bis, sopra citato).
Vale la pena ribadire che rientra nella prima ipotesi (responsabile della struttura privo di qualifica dirigenziale) anche il caso dell’istituzione scolastica affidata, con apposito incarico annuale, a personale appartenente al ruolo docente (vedi sopra).
L’ufficio per i procedimenti disciplinari contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento, ma, se la sanzione da applicare è più grave della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, tutti i termini indicati al punto 1 (non oltre venti giorni dalla notizia del fatto per la contestazione degli addebiti; preavviso di almeno dieci giorni per la convocazione del dipendente al contraddittorio; sessanta giorni dalla contestazione per concludere il procedimento) si raddoppiano (salva l’eventuale sospensione in pendenza di procedimento penale, di cui si dirà più avanti).
Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi o dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre il termine a quo per la conclusione del procedimento resta comunque fissato alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se tale notizia sia stata acquisita dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La inosservanza dei suddetti termini comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare e, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa (cfr., il comma 4 dell’articolo 55-bis, sopra citato).
Ufficio competente: criteri di individuazione e
Le competenze inderogabilmente attribuite dalla norma in esame all’ufficio per i procedimenti disciplinari sono esercitate dagli uffici di livello dirigenziale non
generale presso cui si trova attualmente allocata la funzione disciplinare ai sensi delle disposizioni organizzative dettate dai Decreti ministeriali emanati in data 29 dicembre 2009, in attuazione del
D.P.R. 19 gennaio 2009, n. 17.
Le SS.LL., nel rispetto della norma di cui trattasi e, più in generale, dei principi che informano il nuovo sistema disciplinare, avranno cura di attribuire la titolarità dei predetti uffici esclusivamente a personale munito di qualifica dirigenziale.
In relazione ai docenti, di ruolo e a tempo determinato, la trasmissione degli atti, entro 5 giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio per i procedimenti disciplinari, è effettuata a cura del dirigente (o del
preside o direttore didattico incaricato) dell’istituzione scolastica presso cui l’insegnante presta servizio, quando la condotta rilevante sul piano disciplinare integra infrazioni punibili con una sanzione compresa tra la sospensione dall’insegnamento per un periodo superiore a dieci giorni e la destituzione (cfr. articoli da 494 a 498 del decreto legislativo n. 297 del 1994, citato).
Libertà di insegnamento e autonomia della
Come prima evidenziato, la riforma ha abrogato espressamente gli organismi collegiali (collegi di disciplina) previsti dal decreto legislativo n. 297 del 1994. Al
riguardo, si richiama la particolare attenzione delle SS.LL. sulla necessità di assicurare, da parte dei competenti uffici, che l’esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose e non a sindacare, neppure indirettamente, l’autonomia della funzione docente.
Quanto al personale ATA, il predetto adempimento (trasmissione degli atti all’U.P.D.) grava sul medesimo dirigente scolastico, quando la condotta rilevante sul piano disciplinare integra infrazioni punibili con una sanzione compresa tra la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni e il licenziamento senza preavviso (cfr. articolo 93, lettere e ed f, del CCNL, Comparto scuola, 2006-2009).
Sanzioni ai dirigenti scolastici: il ruolo dei direttori generali degli UU.SS.RR..
In relazione ai dirigenti scolastici, l’ufficio per i procedimenti disciplinari, individuato per il tramite dei Decreti ministeriali sopra richiamati, è competente a svolgere l’istruttoria in ordine alle condotte che integrano infrazioni punibili con
una sanzione compresa tra la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un periodo superiore a dieci giorni e il licenziamento senza preavviso. Tali infrazioni sono disciplinate
dalle disposizioni del Titolo VI del CCNL 15 luglio 2010, personale dirigente dell’Area X. Xx competenza ad adottare i provvedimenti conclusivi spetta unicamente ai direttori generali degli Uffici scolastici regionali.
Sospensione cautelare: rinvio
Per quanto concerne l’adozione nei confronti del personale scolastico dei provvedimenti di sospensione cautelare connessi a procedimenti penali e/o a
procedimenti disciplinari pendenti si rinvia alle indicazioni applicative formulate nel paragrafo F) della presente circolare.
C) RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO PENALE.
Continua il procedimento disciplinare anche se concomitante con
Significative innovazioni riguardano la disciplina dei rapporti tra il procedimento disciplinare e il procedimento penale. Infatti, diversamente da quanto previsto nel previgente sistema, il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in
parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Viene meno, così, il principio della c.d. pregiudizialità penale sia per le infrazioni di minore gravità, di cui al punto 1, sia per quelle di maggiore gravità, di cui al punto 2.
Ammessa la sospensione cautelativa del
Sospensione ammessa solo in casi eccezionali
Unica eccezione, relativamente alle infrazioni di maggiore gravita, riguarda le ipotesi in cui gli accertamenti da compiere sono caratterizzati da particolare complessità, da motivare adeguatamente, o quando l’ufficio per i procedimenti disciplinari all’esito dell’istruttoria non disponga di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione.
E fatta, in ogni caso, salva la possibilità di adottare la sospensione o altre misure cautelari nei confronti del dipendente (si veda il comma 1 dell’articolo 55-ter, sopra citato, e, più diffusamente, il paragrafo F della presente circolare).
Riapertura del procedimento disciplinare non
Al fine, poi, di evitare eventuali contrasti fra gli esiti dei due accertamenti, il legislatore ha previsto che il procedimento disciplinare non sospeso possa essere riaperto dall’Amministrazione quando:
- si concluda con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale venga definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosca che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso. In questo caso, l’autorità competente, ad istanza di parte, da proporre entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare
per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale (cfr., il commi 2 dell’articolo 55-ter, citato);
- si concluda con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna. In tale ipotesi, l’autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale (cfr., il comma 3 dell’articolo 55-ter, citato);
- dalla sentenza irrevocabile di condanna risulti che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa (cfr., il comma 3 dell’articolo 55-ter, citato).
Modalità di riapertura o ripresa del procedimento disciplinare non
Quanto alle modalità procedurali, la norma in esame prevede che la ripresa o la riapertura del procedimento disciplinare avvengano entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’Amministrazione di appartenenza del lavoratore o
dalla presentazione dell’istanza di riapertura e sia concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura.
La ripresa o la riapertura devono avvenire mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo le modalità previste nel citato articolo 55-bis, richiamate al paragrafo B).
L’articolo richiamato prevede, poi, che, ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente applichi le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale, le quali dispongono, rispettivamente, che, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto:
- la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale;
- la sentenza irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.
Nuove regole per la comunicazione della sentenza penale all’Amministrazione
Infine, si deve considerare che l’articolo 70 del decreto legislativo n. 150 del 2009, aggiunge dopo l’articolo 154-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,
l’articolo 154-ter, secondo cui «la cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento. La comunicazione e la trasmissione sono effettuate con modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro trenta giorni dalla data del deposito».
D) NUOVI ILLECITI DISCIPLINARI
Applicabilità anche ai dirigenti scolastici
La riforma ha introdotto nuove ipotesi di illecito disciplinare sanzionate ex lege, in aggiunta alle infrazioni e alle relative sanzioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, sulle quali è opportuno richiamare la particolare attenzione delle SS.LL..
Rifiuto di collaborare al procedimento disciplinare senza giustificato motivo.
Il comma 7 dell’articolo 55-bis, citato, dispone che «il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni».
Omissioni e ritardi nell’esercizio dell’azione disciplinare; valutazioni irragionevoli o manifestamente infondate.
Il comma 3 del nuovo articolo 55-sexies, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dall’articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009, dispone che «il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non
perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo».
L’articolo 55 citato, limitatamente alle infrazioni disciplinari richiamate ai punti precedenti, prevede, al comma 4, che quando le stesse sono ascrivibili al dirigente, fermo quanto previsto nell’articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, citato, «ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3».
Competenza esclusiva del direttore generale dell’USR
E utile ricordare che nei confronti dei dirigenti scolastici quest’ultima regola procedurale, che fissa in capo all’organo di vertice dell’Amministrazione la
competenza ad irrogare le richiamate specifiche sanzioni, opera in via generale per tutte le tipologie di infrazioni gravi agli stessi riferibili (cfr., le indicazioni fornite al paragrafo B).
Licenziamento disciplinare.
L’articolo 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto ex novo dall’articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009, disciplina una serie di infrazioni per la commissione delle quali è prevista l’irrogazione della sanzione espulsiva del licenziamento disciplinare. Si riportano di seguito le singole fattispecie, applicabili nei confronti di tutte le categorie di dipendenti, ivi compreso il personale scolastico:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci
anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro o di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici o l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;
Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (cfr., il comma 2 dell’articolo in questione).
Limiti all’applicabilità dell’infrazione ai docenti
Nelle more della definizione, attraverso l’apposito strumento previsto dall’articolo 74, comma 4, del decreto legislativo n. 150 del 2009 (decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, adottato di concerto con i Ministri dell’istruzione, università e ricerca e dell’Economia e finanze), dei limiti e delle modalità di applicazione del sistema di valutazione delle performance e di riconoscimento della premialità disciplinato nei Titoli II e III del medesimo decreto legislativo, continua ad applicarsi nei confronti del personale docente ed educativo, l’istituto della dispensa dal servizio per «incapacità o persistente insufficiente rendimento», disciplinato dall’articolo 512 del decreto legislativo n. 297 del 1994.
Nei casi di cui alle lettere a), d), e) ed f), di cui sopra, il licenziamento è comminato senza preavviso.
Assenze per malattia.
Per quanto attiene alle assenze per malattia, l’articolo 55-septies, introdotto ex novo dall’articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009, individua nuove modalità di controllo che prevedono una certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il SSN, per le assenze superiori a 10 giorni e dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare. Il medico o la struttura sanitaria sono inoltre tenuti a trasmettere il certificato medico all’INPS per via telematica, ai fini dell’attivazione dei controlli nei confronti del dipendente.
L’inosservanza di tale obbligo costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta l’applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
Responsabilità del dirigente per inosservanza delle norme sui controlli
Il comma 6, dell’articolo 55-septies, citato, prevede, infine, che «il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto all’amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano
l’osservanza delle disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare,
nell’interesse della funzionalità dell’ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies, comma 3».
Condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno.
Conseguenze disciplinari
A norma del già citato articolo 55-sexies, la violazione, da parte del dipendente, degli obblighi legati alla prestazione lavorativa - stabiliti da norme legislative o
regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti o provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54 - alla quale consegua la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l’irrogazione di un’altra sanzione disciplinare, della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 3 giorni a 3 mesi, in proporzione dell’entità del risarcimento (cfr., il comma 1 dell’articolo in questione).
Fuori da questi casi, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell’ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall’Amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, con conseguente applicazione nei suoi confronti delle disposizioni di cui all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce anche le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l’eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti (cfr., il comma 2 dell’articolo in questione).
Con riferimento a quest’ultima fattispecie, si richiama quanto detto sopra (pag. 8) a proposito del licenziamento disciplinare con preavviso per insufficiente rendimento.
Libertà di insegnamento e autonomia della
Richiamando quanto già sottolineato più volte, gli organi disciplinari competenti, qualora le condotte integranti le nuove fattispecie di illecito siano riferibili agli
insegnanti, devono assicurare che l’esercizio del relativo potere sia effettivamente rivolto alla repressione di comportamenti antidoverosi e non a sindacare, neppure indirettamente, l’autonomia della funzione docente.
Responsabilità civile del dirigente: limiti
Il legislatore, infine, ha previsto che la eventuale responsabilità civile del dirigente
conseguente al non corretto esercizio dell’azione disciplinare, sia limitata, in conformità ai principi generali, ai soli casi di dolo e colpa grave (cfr., il comma 4, dell’ articolo 55 sexies, citato).
E) NUOVA FATTISPECIE DI ILLECITO PENALE
Falsa attestazione della presenza in
L’articolo 55-quinques del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto ex novo dall’articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009, disciplina una ipotesi di reato
specifica per il dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, o giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia. Le sanzioni previste sono la reclusione da uno a cinque anni e la multa da euro 400 ad euro 1.600. Le medesime pene si applicano al medico e a chiunque altro concorra nella commissione del delitto.
In questi casi, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’Amministrazione.
La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestino dati clinici non direttamente constatati ne oggettivamente documentati.
Principio di legalità e regime transitorio
Richiamando quando detto più sopra a proposito delle questioni attinenti all’applicazione della riforma nel regime transitorio, è opportuno ribadire che in
ossequio al principio di legalità le nuove previsioni di illecito disciplinare e penale, di cui ai paragrafi
C) e D), non possono essere applicate a condotte verificatesi anteriormente alla loro entrata in vigore.
Tuttavia, nel caso in cui la notizia di fatti corrispondenti a queste ultime condotte sia stata acquisita dopo tale momento, l’amministrazione sarà comunque tenuta ad osservare le regole procedurali dettate dal decreto legislativo n. 150 del 2009, anche se, per i profili sostanziali, continuerà a fare riferimento alla disciplina previgente.
Pertanto, nell’ipotesi considerata, la sanzione sarà applicata dai nuovi organi con le modalità procedimentali introdotte dalla riforma, ma le singole fattispecie concrete dovranno essere inquadrate entro le previsioni astratte di illecito disciplinare rinvenibili nella normativa contrattuale, per il personale ATA e i dirigenti scolastici, o legislativa antecedente, per il personale docente di ruolo e a tempo determinato (cfr., la Circolare n. 9 del 27 novembre 2009, Dipartimento funzione pubblica, già citata a pag. 3).
F) LA SOSPENSIONE CAUTELARE
l decreto legislativo n. 150 del 2009 nulla dispone in ordine alla sospensione cautelare del lavoratore prima che sia iniziato o esaurito il procedimento disciplinare.
Nel silenzio del legislatore è da ritenere che occorre continuare a fare riferimento alla disciplina previgente, concernente i presupposti in presenza dei quali può essere assunta la predetta misura e le modalità procedurali da seguire a garanzia del lavoratore.
Ed, invero, ad orientare in tal senso concorre anche una indicazione testuale proveniente dall’articolo 69, che, introducendo nel decreto legislativo n. 165 del 2001 il nuovo regime dei rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale (di cui all’articolo 55-ter), fa salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
Sospensione cautelare e correlazione con il principio di buon andamento
Ma anche in assenza del suddetto esplicito richiamo, la necessità di ricorrere all’attivazione di rimedi cautelari che, in presenza di fattori gravi e non procrastinabili, consentano il ripristino immediato delle condizioni di normalità e
serenità dell’ambiente lavorativo, è insita al sistema, in quanto funzionale al rispetto del principio costituzionale del buon andamento.
Pertanto, le fattispecie di sospensione cautelare continuano ad essere disciplinate dalle norme specifiche, applicabili a tutti i dipendenti pubblici, contenute nelle leggi antecedenti alla riforma e dai contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti per i singoli comparti, le cui disposizioni, com’e noto, fatta eccezione per il personale docente della scuola (di cui si dirà appresso), hanno sostituito quelle di cui agli articoli 91-99 del Testo unico degli impiegati civili dello Stato, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
Più precisamente, le norme cui fare riferimento sono le seguenti:
- articolo 97 del CCNL 29 novembre 2007, comparto Scuola, per il personale ATA;
- gli artt. 17, 18 e 19, CCNL del 15 luglio 2010, personale dirigente dell’Area V, per i dirigenti scolastici.
Un discorso a parte, si diceva, deve essere fatto con riferimento al personale docente ed educativo della scuola, per il quale occorre necessariamente partire da una ricostruzione sintetica del regime precedente. Si procederà, pertanto, a una trattazione separata per ciascuna categoria di personale della scuola.
Personale docente ed educativo.
Regime giuridico ante riforma
Nei confronti di detto personale, stante il rinvio della contrattualizzazione dei profili disciplinari del relativo rapporto di lavoro, di cui si è già parlato (v., paragrafo A), la
materia in questione era disciplinata dagli articoli 91-99 del D.P.R. n. 3 del 1957, già richiamati, in virtù dell’esplicito rinvio operato dall’articolo 506 del decreto legislativo n. 297 del 1994, nonché dalla legislazione successiva applicabile a tutti i pubblici dipendenti, tuttora vigente e di cui si è fatto cenno sopra.
Da tale impianto emergevano due tipi di intervento cautelare: la sospensione obbligatoria e quella facoltativa.
La sospensione obbligatoria operava quando:
- era stata disposta dall’autorità giudiziaria procedente una misura cautelare restrittiva della liberta personale (art. 91, comma 1, seconda parte, D.P.R. n. 3/57, citato);
- il dipendente, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, era stato condannato anche con sentenza non definitiva, e, ancorché in costanza di sospensione condizionale della pena, per reati tassativamente indicati: peculato, concussione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e corruzione di persona incaricata di pubblico servizio.
In presenza di queste fattispecie l’adozione del provvedimento cautelare era del tutto svincolata da qualsiasi valutazione dell’Amministrazione che doveva pertanto disporla ricorrendo circostanze obbiettive poste dalla norma. La Corte costituzionale, con sentenza 22 aprile-3maggio 2002, n. 145 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18 - Prima serie speciale), dichiarava, tra l’altro, l’illegittimità del suddetto comma, nei sensi di cui in motivazione, nella parte in cui disponeva che la sospensione perdeva efficacia decorso il periodo di tempo pari a quello della prescrizione del reato.
Sempre con riferimento alle ipotesi di sospensione cautelare obbligatoria giova, altresì, evidenziare che ai sensi del comma 5, dell’articolo 506, sopra richiamato, la sospensione cautelare doveva essere disposta d’ufficio quando ricorreva uno dei casi ostativi alla candidatura presso organi elettivi delle regioni e degli enti locali, tassativamente contemplati dall’articolo 1, comma 1, della legge 18 gennaio 1992, n. 16. A seguito dell’abrogazione di quest’ultima disposizione da parte dell’articolo 274 del D.Lgsl. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), in forza della norma finale dettata dal successivo articolo 275, il richiamo deve oggi intendersi riferito alle sole ipotesi individuate dall’articolo 15 del medesimo decreto legislativo.
La sospensione cautelare era invece facoltativa in due casi:
- quando il dipendente era sottoposto ad un procedimento penale per un reato particolarmente grave (art. 91, comma 1, prima parte, D.P.R. n. 3/57, citato);
- quando ricorrevano gravi motivi, indipendentemente dalla loro rilevanza penale, «anche prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare» (art. 92, comma 1,D.P.R. n. 3/57, cit.). La valutazione
in ordine alla gravità dei motivi era rimessa al prudente apprezzamento dell’organo competente ad adottare il provvedimento.
In entrambe le suddette ipotesi di sospensione facoltativa, doveva essere compiuto un apprezzamento in merito all’interesse pubblico concretamente configurabile ed alla valutazione se esso fosse tale da richiedere l’allontanamento provvisorio del dipendente dal servizio. Diveniva rilevante, in particolare, sia la particolare gravita del reato, sia l’opportunità di adottare il relativo provvedimento con riguardo ai precedenti ed alla personalità del dipendente, ed all’interesse dei fruitori del servizio scolastico e dell’Amministrazione stessa.
Doveva comunque essere effettuata una tempestiva e rigorosa valutazione nei seguenti casi:
a) nei confronti di chi era imputato di reati (609 bis - violenza sessuale - e seguenti del codice penale) in danno di minori affidati;
b) quando la gravità dei reati contestati tendeva ad inficiare quel rapporto di fiducia intercorrente tra il dipendente e l’Amministrazione, tanto da non consentire la prosecuzione di un corretto rapporto di lavoro;
c) quando i fatti contestati apparivano in evidente, palese contrasto con la funzione (dirigenziale, docente o amministrativa) istituzionalmente espletata o non conformi, in maniera grave, ai doveri specifici inerenti alla funzione stessa.
L’interesse del docente rimesso in liberta ad essere reintegrato nel posto di lavoro, pertanto, doveva essere comparato con l’eventuale pregiudizio che tale reintegro poteva arrecare alla regolarità del servizio ed al prestigio della scuola.
Ricostruzione del sistema previgente secondo la Circolare del Ministro della pubblica istruzione 19
dicembre 2006, n. 72
Il comma 4 del art. 506 del decreto legislativo n. 297 del 1994, citato, prevedeva poi una norma di chiusura volta a regolamentare quelle ipotesi residuali in cui la necessità del provvedimento cautelare derivasse da «ragioni di particolare urgenza». Detta norma, in particolare, disponeva che la sospensione cautelare potesse essere assunta dal direttore didattico o dal preside,
sentito il collegio dei docenti per il personale docente, salvo convalida da parte dell’autorità competente cui il provvedimento doveva essere immediatamente
comunicato. In mancanza di convalida entro il termine di dieci giorni dall’adozione, il provvedimento di sospensione si intendeva revocato di diritto.
La circolare ministeriale n. 72 del 19 dicembre 2006, recante le linee di indirizzo generali per i procedimenti e le sanzioni disciplinari nel comparto scuola, aveva chiarito che la competenza ad adottare i provvedimenti di sospensione cautelare, sia obbligatori che facoltativi, spettava al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale o al dirigente munito di specifica delega.
Nei casi, ricordati sopra, in cui ricorrevano le «ragioni di particolare urgenza», da valutare con prudente ed attento apprezzamento, la medesima circolare affidava al dirigente scolastico la competenza ad adottare il provvedimento di sospensione e al direttore generale regionale quella relativa alla convalida.
Innovazioni introdotte dal decreto legge n.
147 del 2007
Relativamente sempre a queste ultime ipotesi, va, infine, richiamato, l’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito dalla
legge 25 ottobre 2007, n. 176, che, innovando rispetto alla precedente disciplina, aveva previsto che la sospensione cautelare nei confronti del personale docente, fosse adottata dal dirigente scolastico senza la previa consultazione del collegio dei docenti. Il relativo provvedimento doveva essere
«immediatamente comunicato al dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale» che entro i successivi dieci giorni procedeva alla convalida, «pena la revoca di diritto della sospensione» (cfr., il comma 4, dell’articolo 506, citato, come riformulato dal medesimo decreto legge).
La norma di cui trattasi aveva anche regolato in modo esplicito la possibilità che la sospensione cautelare in parola riguardasse il dirigente scolastico, affidando il relativo potere al dirigente generale dell’ufficio scolastico regionale. Analogamente a quanto accadeva per i docenti, in mancanza di conferma entro il medesimo termine sopra richiamato, il provvedimento si intendeva revocato di diritto (cfr., sempre il comma 4, dell’articolo 506, citato, come riformulato dal medesimo decreto legge).
Articolo 72 del D.Lgsl. n. 150 del 2009 e conseguenze negative delle abrogazioni disposte
Su tale impianto normativo, che secondo la ricostruzione ermeneutica effettuata nel presente paragrafo, avrebbe dovuto disciplinare la materia relativa alla sospensione
cautelare anche dopo la riforma, impatta l’articolo 72 del decreto legislativo n. 150 del 2009, già richiamato. Ed infatti tale disposizione espungendo dall’ordinamento gli articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 297 del 1994, travolge anche l’articolo 506, come riformulato dal decreto legge n. 147 del 2007, citato.
Invero, il predetto articolo 72, nell’intento di ricondurre l’esercizio del potere disciplinare entro regole procedurali uniformi per tutte le amministrazioni, travalica la sua stessa ratio ispiratrice determinando, di fatto, nella materia di cui trattasi, un vuoto legislativo e il conseguente venir meno dei riferimenti giuridici specifici sui quali si basavano gli strumenti cautelari speciali attivabili nei confronti del personale docente ed educativo, soprattutto con riferimento alle ipotesi di sospensione determinata da gravi e urgenti motivi.
Necessità di colmare in via interpretativa il vuoto legislativo con riferimento al personale docente
Considerato, peraltro, che l’azione disciplinare volta a reprimere le condotte antidoverose di detto personale è principalmente preordinata alla tutela dei valori fondamentali che la funzione educativa deve salvaguardare, l’esigenza di preservare
il rapporto fiduciario che si instaura tra l’utente e l’istituzione che eroga il servizio dell’istruzione, assume tuttora per la comunità scolastica una rilevanza del tutto peculiare.
Ne discende che, in presenza di comportamenti contrari ai doveri d’ufficio con carattere di particolare gravita, il suddetto rapporto rischierebbe di incrinarsi laddove venisse confermata la permanenza in servizio e, dunque, la possibilità di agire, di colui che di tali addebiti è chiamato a rispondere.
In effetti, proprio al fine di tutelare il “buon andamento” del servizio di istruzione, ai sensi dell’art. 97 Cost., e quindi di assicurare massima protezione ai beni-interessi sottesi al regolare e corretto esercizio della funzione educativa, l’ordinamento previgente aveva riconosciuto in capo all’Amministrazione il potere di adottare, anche prima che fosse esaurito o iniziato il procedimento disciplinare, specifici provvedimenti di sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni, nel rispetto delle garanzie che devono essere comunque assicurate all’incolpato.
Ricorso ai principi gius-lavoristici in assenza di norme
Alla luce delle considerazioni appena svolte, e in attesa che disposizioni più specifiche sulla materia siano introdotte in occasione del prossimo rinnovo del
contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale docente, occorre dunque verificare se
all’interno dell’ordinamento giuridico esistano i referenti normativi che giustificano la permanenza del potere di sospensione cautelare in capo all’Amministrazione, nonostante l’intervenuta abrogazione dell’articolo 506, più volte citato.
Al riguardo si deve ritenere che, stante la privatizzazione del lavoro pubblico, tale potere non sia più condizionato dall’esistenza di una norma ad hoc, ma possa ben trovare la propria legittimazione giuridica sulla base dei principi gius-lavoristici.
Sospensione cautelare come espressione del potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro e come rifiuto legittimo della prestazione lavorativa: articoli
Difatti, al di fuori dei casi specificamente previsti dalle norme legislative (si vedano le ipotesi considerata dalla già richiamata legge 27 marzo 2001, n. 97, applicabile a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche) o contrattuali (ad es., l’articolo 97 del CCNL Scuola 2006-2009, per il personale ATA, nonché gli articoli 17 e 18 del
CCNL Area V 2006-2009, per i dirigenti scolastici), la sospensione cautelare va ritenuta, come nel settore privato, espressione del potere organizzativo e direttivo dell’Amministrazione datore di lavoro (articolo 2086 del codice civile), che trova il proprio fondamento costituzionale nel principio di libera iniziativa economica di cui all’articolo 41 della Carta fondamentale.
Questa ricostruzione emerge con chiarezza negli orientamenti sia della dottrina civilistica sia della giurisprudenza formatisi nel settore del lavoro privato, che, argomentando dal combinato disposto degli articoli 41 Cost. e 2086 codice civile, riconducono il fondamento dell’istituto all’esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e ne ancorano presupposti e limiti all’articolo 1206 del codice civile, che ammette la mora del creditore (id est, il datore di lavoro) solo nel caso in cui rifiuti la prestazione lavorativa senza un motivo legittimo, xxxx escludendosi la mora accipiendi.
E ciò indipendentemente dal fatto che la sospensione cautelare sia espressamente prevista e disciplinata dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
È utile, al riguardo, richiamare le pronunce più significative.
Orientamenti dottrinali e giurisprudenziali nel
La Suprema Corte, risolvendo in senso positivo la questione dell’ammissibilità della sospensione cautelare assunta in difetto di specifiche disposizioni legali o
contrattuali e al di fuori della correlazione con l’azione disciplinare, ha affermato la legittimità di
disporla da parte del datore di lavoro in quanto rientrante nell’esercizio del potere organizzativo e direttivo riconosciuto dall’articolo 41 Cost. (si veda, per tutte, Cass. lav. 4 marzo 1998, n. 2361). Ad avviso dei giudici, la ratio di tale provvedimento risiede in un duplice motivo: «non solo il tempo necessario per valutare il comportamento in vista di provvedimenti disciplinari, ma anche, indipendentemente, il riflesso, sull’organizzazione interna e sulla immagine esterna dell’impresa, del mantenimento in azienda di un lavoratore colpito ad es. da accuse oggetto di indagine penale. […] Ricondotto il rifiuto della prestazione del lavoratore alla “mora accipiendi”, esso comporta per il datore di lavoro, se non giustificato o non più giustificato (come ad es. nel caso di esito favorevole al datore di lavoro del procedimento penale che ha motivato la sospensione), l’obbligo di risarcire i danni subiti dal dipendente. L’entità e tipicità di tali danni (ad es. quelli associati alla dequalificazione professionale) possono tradursi in una delimitazione dell’estensione del motivo legittimo rispetto a rapporti obbligatori diversi da quelli di lavoro subordinato, ma non sembra dubbio che la sottoposizione del dipendente a procedimento penale possa costituire, in funzione del tipo di addebito, un legittimo motivo di interruzione dell’esecuzione del rapporto indipendente dalle determinazioni (esclusione della rilevanza disciplinare dei fatti addebitati, instaurazione di procedimento disciplinare, attesa dell’esito del procedimento penale) adottate dal datore di lavoro sul piano disciplinare».
Da tali principi ne discende che:
a) la sussistenza di disposizioni ad hoc non è una condizione necessaria per riconoscere in capo al datore di lavoro pubblico il potere di sospensione cautelare, dovendosi ricondurre tale potere nel più ampio potere organizzativo e direttivo a questi riconosciuto ai sensi del combinato disposto degli articoli 41 Cost. e 2086 codice civile;
b) in assenza delle medesime disposizioni, gli effetti di una sospensione cautelare che si riveli ingiustificata possono essere regolati dalla normativa civilistica sul contratto e, specificamente, dall’articolo 1206 del codice civile.
Di conseguenza, l’abrogazione dell’articolo 506 del D.Lgsl. n. 297 del 1994, non determina l’impossibilità giuridica di sospendere cautelativamente il personale docente ed educativo, perche i relativi provvedimenti sono espressione del potere organizzativo e direttivo dell’Amministrazione,
costituzionalmente garantito; ma neppure di definirne presupposti, effetti e limiti, in quanto essi sono rinvenibili nelle norme generali sul contratto.
Con riferimento ai presupposti sostanziali in presenza dei quali è ammesso l’esercizio del potere cautelare in esame, si è detto che l’articolo 1206 c.c. ammette il rifiuto della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro solo in presenza di un motivo legittimo.
Presupposti e limiti della sospensione cautelare del
Nei confronti del personale docente ed educativo, sono suscettibili di integrare tale presupposto:
- le esigenze cautelari connesse con un procedimento penale in corso e/o con un procedimento disciplinare attivato oppure di imminente attivazione;
- il rilievo dell’interesse pubblico garantito attraverso il provvedimento di sospensione. Si tratta di valutare, pur con l’incertezza circa l’esito dell’accertamento penale o della vicenda, in relazione al tipo di reato e al tipo di soggetto passivo (ad esempio, la violenza sessuale nei confronti di alunni), il grave pregiudizio e turbamento provocato (per gli alunni), nonché i riflessi negativi che la permanenza del docente in servizio può causare alla serenità dell’ambiente scolastico.
Questa impostazione trova un supporto interpretativo nella lettera del primo comma dell’articolo 55- ter del D.Lgsl. n. 165 del 2001, come novellato dal D.Lgsl. n. 150 del 2009, che, come già visto nel paragrafo C, consente la sospensione del procedimento disciplinare concomitante con il procedimento penale, solo in relazione alle infrazioni di maggiore gravita, facendo salva, in tali casi, la facoltà di sospendere o di adottare altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
Si deve, dunque, ritenere che il legislatore abbia voluto ricollegare l’esercizio del potere cautelare al ricorrere di uno dei presupposti che legittimano la sospensione del procedimento disciplinare:
- la gravità dell’infrazione commessa, tale da giustificare astrattamente e con valutazione ex ante il licenziamento del dipendente;
- la contestuale pendenza di un procedimento penale;
- la particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente;
- la non sufficienza degli esiti dell’istruttoria disciplinare a motivare l’irrogazione della sanzione.
Necessità di motivare in ordine ai pregiudizi che deriverebbero dalla permanenza in servizio del docente
La ricorrenza di tali presupposti costituisce la condizione necessaria ma non sufficiente a integrare il motivo legittimo di cui all’articolo 1206 codice civile, citato, perche l’Amministrazione sarà comunque tenuta a dar conto, nella motivazione del
provvedimento cautelare, anche di tutti gli elementi di pregiudizio che derivano dalla permanenza in servizio del docente.
Effetti economici: applicazione analogica dell’articolo 500 del D.Lgsl. n. 297
In coerenza con le considerazioni appena svolte, che trovano un valido ancoraggio giuridico nelle indicazioni ricavabili dal citato articolo 55-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, si deve ritenere non consentito, contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza di
legittimità per il settore privato (si veda più sopra), il ricorso alla sospensione o alle altre misure cautelari prima e a prescindere dall’attivazione di un procedimento disciplinare o dalla pendenza di un procedimento penale a carico del docente.
Per quanto riguarda gli effetti della sospensione cautelare dal servizio sulla retribuzione, l’intervenuta abrogazione, oltre che dell’articolo 506, dell’articolo 507 del D.Lgsl. n. 297 del 1994, che rinviava alle disposizioni contenute negli articoli 82 e 92 del D.P.R. n. 3 del 1957, determina la necessità di ricorrere all’applicazione analogica della norma, non abrogata dalla riforma, che disciplina le ricadute economiche della sospensione dall’insegnamento, quale sanzione disciplinare. L’articolo 500 del D.Lgsl. n. 297 del 1994, sotto la rubrica “Assegno alimentare”, dispone al riguardo che «nel periodo di sospensione dall’ufficio è concesso un assegno alimentare pari alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia». La concessione di tale assegno è disposta «dalla stessa autorità competente ad infliggere la sanzione».
Si deve, infatti, ritenere che la ratio che ha indotto il legislatore a disciplinare gli effetti economici della sospensione disciplinare dal servizio lo avrebbe senz’altro portato a regolare nello stesso modo gli effetti economici della sospensione cautelare dal servizio sicché l’applicazione analogica del citato art. 500 trova solida giustificazione. In entrambi i casi si tratta, invero, di contemperare l’interesse del datore di lavoro (alla reazione disciplinare in un caso ed alle regioni cautelari nell’altro caso) con
l’interesse del lavoratore a disporre comunque di una fonte economica di sostentamento (art. 36 Cost.).
Termine di durata massima
Con riferimento alla durata della sospensione cautelare essa va commisurata alla permanenza delle ragioni che l’hanno resa necessaria. Pertanto, si deve ritenere che
i relativi effetti cessino con la definizione del procedimento penale e/o disciplinare dai quali sia originata. Tuttavia, rimane fermo il limite di durata massima previsto dall’articolo 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, il quale dispone che «quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto». Non è quindi necessario che nell’atto con cui si dispone la sospensione cautelare sia indicata tale durata massima, poiché la cessazione degli effetti opererebbe comunque automaticamente.
Direttore generale dell’USR titolare del potere di sospensione cautelare
In coerenza con la ricostruzione ermeneutica sin qui delineata e tenuto conto, in particolare, che la sospensione cautelare di cui trattasi, come già chiarito sopra, può essere disposta solo in presenza di determinati presupposti che, in linea di massima
e fatto salvo l’esito del procedimento disciplinare o penale, coincidono con una situazione di gravità tale da giustificare astrattamente e con valutazione ex ante il licenziamento del docente (destituzione), si ritiene che titolare del relativo potere sia il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale.
Sospensione cautelare provvisoria disposta dal dirigente scolastico nei casi di
Si deve, tuttavia, considerare che nei casi di particolare gravità la distanza di quest’ultimo organo dal contesto in cui i fatti rilevanti si sono verificati, pregiudichi il carattere d’urgenza connaturato allo strumento cautelare, impedendo in concreto
la possibilità di un allontanamento immediato del docente dalla propria sede di servizio finalizzato a ripristinare il clima di serenità. In tali ipotesi, proprio la necessità di assicurare massima protezione ai
beni-interessi sottesi al regolare e corretto esercizio della funzione educativa, richiede che la sospensione cautelare sia provvisoriamente disposta dal dirigente scolastico nell’esercizio dei poteri datoriali riconosciuti dal più volte citato articolo 2086 del codice civile.
Convalida o revoca del provvedimento d’urgenza
Il provvedimento provvisoriamente adottato perde automaticamente efficacia se
entro i successivi dieci giorni il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, organo titolare in via definitiva del potere, non ha provveduto alla sua convalida o lo ha revocato.
Obbligo di
Il dirigente scolastico deve chiaramente esplicitare, nella motivazione del
provvedimento, la gravità dell’infrazione commessa, le ragioni di particolare urgenza che giustificano la sospensione cautelare, la natura provvisoria di quest’ultima e il termine entro cui la stessa dovrà essere necessariamente convalidata o revocata dal direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale.
Effetti della mancata convalida o revoca del provvedimento d’urgenza
Nel caso di mancata convalida o revoca da parte del direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale del provvedimento d’urgenza adottato dal dirigente scolastico, l’insegnante sospeso è immediatamente reintegrato in servizio con il
riconoscimento del trattamento economico integrale e salve le azioni a tutela dei diritti eventualmente lesi previste dalle disposizioni di legge vigenti.
Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
Disciplina
Per il personale ATA, la norma cui si deve fare riferimento permane l’articolo 97 del
vigente C.C.N.L., Comparto scuola, 2006/2009, che non risulta inciso dalla riforma del 2009. La richiamata norma contrattuale disciplina i presupposti e i limiti della sospensione cautelare,
obbligatoria e facoltativa, in corso di procedimento penale, regolando altresì gli effetti del provvedimento sulla retribuzione del dipendente.
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione opera d’ufficio quando il lavoratore è sottoposto a misura restrittiva della liberta personale o a procedimento penale per i reati indicati dall’art. 58 del D.Lgs. n. 267 del 2000.
Fuori da questi casi, l’Amministrazione può facoltativamente disporla quando il dipendente sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque per fatti tali da comportare, se accertati, l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’art. 95, commi 8 e 9 del CCNL vigente.
Nel caso dei reati previsti all’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, in alternativa alla sospensione di cui al presente articolo, possono essere applicate le misure previste dallo stesso art. 3. Per i
medesimi reati, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, si applica l’art. 4, comma 1, della citata legge 97 del 2001.
Organo titolare del potere di sospensione: rinvio
Ai sensi del comma 7, del citato articolo 97, al dipendente sospeso deve essere corrisposta un’indennità pari al 50% della retribuzione fondamentale, nonché gli assegni del nucleo familiare, ove spettanti.
Per quanto riguarda la competenza ad adottare i relativi provvedimenti si rinvia a quanto detto sopra a proposito del personale docente.
Personale con qualifica dirigenziale.
Disciplina
Per i dirigenti scolastici presupposti, limiti ed effetti retributivi della sospensione
cautelare in pendenza di procedimento disciplinare e penale sono disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 17 e 18 del C.C.N.L. 2006/2009.
A norma dell’articolo 17 l’Amministrazione, qualora ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti su fatti addebitati al dirigente, in concomitanza con la contestazione e previa puntuale informazione al dirigente, può disporne, con espressa motivazione, la sospensione cautelare dal lavoro, per un periodo non superiore a trenta giorni, con la corresponsione del trattamento economico complessivo in godimento.
Dalla disposizione contrattuale in esame si ricava che la sospensione cautelare del dirigente:
- è ammessa solo in concomitanza di un procedimento disciplinare, escludendosi la possibilità che sia disposta dall’Amministrazione anteriormente alla sua attivazione;
- è condizionata dalla necessità di espletare ulteriori approfondimenti istruttori sui fatti addebitati al dirigente;
- è soggetta a un limite temporale ristretto perche non può durare oltre trenta giorni;
- non incide sulla retribuzione perche deve essere garantito il trattamento economico complessivo in godimento.
Organo titolare del potere di sospensione
L’articolo 18, invece, disciplina le ipotesi di sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa del dirigente scolastico in caso di procedimento penale. Senza entrare nel dettaglio delle disposizioni ivi contenute, alle quali si rinvia, è utile evidenziare che nelle fattispecie individuate dalla norma l’esercizio del potere cautelare comporta per il dirigente scolastico, oltre alla
sospensione dal servizio e dall’incarico, la privazione della retribuzione, con
conseguente corresponsione di un indennità alimentare pari al 50% dello stipendio tabellare, della retribuzione individuale di anzianità o del maturato economico annuo, ove spettante, nonché degli assegni familiari, qualora ne abbia titolo.
La competenza ad adottare il provvedimento cautelare nei confronti dei dirigenti scolastici spetta al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale.
Le indicazioni applicative che precedono, basate su una ricostruzione complessa dell’istituto in esame, consentono di colmare le incertezze interpretative create dall’abrogazione dell’articolo 506, del decreto legislativo n. 297 del 1994 e di recuperare, con riguardo alla funzione educativa, profili rilevanti di coerenza sistematica.
Trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale: sospensione cautelare nei casi di urgenza ex
È utile richiamare l’attenzione sul fatto che, fuori dall’ambito disciplinare, continua a sussistere, in quanto salvato dalle abrogazioni disposte dalla riforma, il potere di sospensione del dipendente disciplinato dall’articolo 468 del suddetto decreto
legislativo, le cui disposizioni, nel regolare le fattispecie nelle quali si da luogo ai trasferimenti d’ufficio per incompatibilità ambientale, prevedono espressamente la possibilità di adottare, nei confronti del dirigente scolastico e del personale docente, misure cautelari urgenti anche in corso d’anno scolastico.
Tali misure, infatti, prescindono dalla rilevanza disciplinare dei comportamenti e sono finalizzate alla garanzia della regolarità e continuità dell’azione amministrativa e del servizio erogato e alla tutela del prestigio, del decoro e del corretto funzionamento dell’istituzione scolastica.
Organo titolare del potere di sospensione
La sospensione è disposta dal dirigente scolastico, sentito il collegio dei docenti, se trattasi di personale docente ed educativo, o da parte del dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, se trattasi di dirigente scolastico.
Convalida
Il provvedimento deve essere immediatamente comunicato per la convalida al dirigente dell’ufficio scolastico regionale, se disposto nei confronti di personale
docente ed educativo, ovvero al capo del competente dipartimento del Ministero, se riguarda dirigenti scolastici. In mancanza di convalida, e in ogni caso in mancanza di presentazione della richiesta di parere dell’organo collegiale competente, nel termine di dieci giorni dall’adozione, il provvedimento di sospensione è revocato di diritto.
Casi di particolare urgenza
Qualora le ragioni d’urgenza di cui al comma 1, dell’articolo 468, di cui trattasi, siano dovute alla «sussistenza di gravi e comprovati fattori di turbamento dell’ambiente
scolastico e di pregiudizio del rapporto tra l’istituzione scolastica e le famiglie degli alunni, conseguenti a specifici comportamenti di uno o più docenti, lesivi della dignità delle persone che operano nell’ambito
scolastico, degli studenti e dell’istituzione scolastica, tali da risultare incompatibili con la funzione educativa», il dirigente scolastico, nella garanzia del rispetto dei principi costituzionali e del principio di parità di trattamento di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, attuativo della direttiva 2000/78/CE, può adottare il provvedimento di sospensione senza sentire il collegio dei docenti.
Nel caso in cui i fatti richiamati dalla disposizione in esame siano riferibili a comportamenti di dirigenti scolastici, il provvedimento di sospensione è adottato dal dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale e la convalida è operata, entro il termine di dieci giorni, dal capo del competente dipartimento del Ministero.
Diritto di difesa
Nelle ipotesi considerate, è assicurato al docente o dirigente scolastico interessati il
diritto al contraddittorio attraverso memorie difensive che devono essere prodotte all’organo competente a disporre la convalida, entro il termine di cinque giorni dall’adozione del provvedimento di sospensione. In mancanza di convalida, il medesimo provvedimento è revocato di diritto
Ispettorato per la Funzione Pubblica: controlli sui procedimenti
A conclusione della presente circolare, si richiama l’attenzione delle SS.LL. sulle novità riguardanti la disciplina dei controlli. L’articolo 71 del decreto legislativo n. 150 del 2009, integrando quanto già previsto in materia dall’articolo 60 del decreto
legislativo n. 165 del 2001, amplia i poteri ispettivi del Dipartimento della Funzione Pubblica attraverso la creazione dell’Ispettorato per la Funzione Pubblica. Tale struttura, che può avvalersi della collaborazione della Guardia di Finanza, assume compiti di vigilanza e poteri di verifica, fra l’altro, anche sull’esercizio dei poteri disciplinari da parte degli organi dell’Amministrazione a ciò preposti.