COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) TRENTO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) SOLDATI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) XXXXXXXXXX Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXX
Seduta del 21/12/2021
FATTO
La parte ricorrente afferma che:
• aveva stipulato con una società di costruzione un contratto preliminare di compraventita versando una caparra di € 63.000,00;
• a seguito del fallimento del costruttore veniva costituita una società cooperativa tra i promissari acquirenti, avente quale scopo quello di ottenere l’assegnazione degli immobili;
• a tal fine, cedeva alla società cooperativa il proprio credito e diritti di insinuazione al fallimento;
• la società cooperativa proponeva di rilasciare una fideiussione alla banca a fronte di un mutuo che i soci avrebbero dovuto sottoscrivere al fine di riacquistare l’immobile;
• in data 31/05/2011 veniva, pertanto, sottoscritto un contratto di fideiussione omnibus;
• a fronte del rilascio della fideiussione, la banca avrebbe dovuto concedere il mutuo per il riacquisto dell’abitazione; ciò non è avvenuto e, pertanto, ha subito una perdita economica pari alla caparra versata, oltre ad aver prestato garanzia sino a
concorrenza dell’importo di € 81.000.
L’intermediario costituitosi, in punto di fatto, deduce che:
• la Società Cooperativa venne costituita nel maggio 2010 da buona parte dei promissari acquirenti degli immobili della Ditta individuale * - dichiarata fallita dal Tribunale in data 01.04.2008 - per la gestione del relativo concordato fallimentare in veste di assuntrice;
• la ditta, infatti, prima del fallimento, aveva in essere diversi cantieri per la realizzazione di complessive 48 unità immobiliari finanziati in larga parte da acconti dei soci;
• la Società Cooperativa nel corso del 2011 presentò proposta di concordato, successivamente approvata dal Tribunale, con la quale veniva stabilita in euro 7.433.855,98 la somma da riconoscere alla procedura a fronte della cessione di tutti gli assets immobiliari;
• alla banca * (confluita nell’intermediario convenuto), veniva chiesto il rilascio di un credito di firma dello stesso importo, nell’interesse della Società Cooperativa, a favore della procedura fallimentare, al fine di garantire l’adempimento del concordato;
• tale impegno era a sua volta controgarantito dalla fideiussione omnibus dei vari acquirenti in misura pari alle caparre da questi già versate per l’acquisto delle singole unità immobiliari;
• contestualmente veniva stabilito che la Società Cooperativa, una volta ottenuto il trasferimento degli immobili a seguito dell’omologa del concordato, avrebbe contratto un mutuo ipotecario sul complesso in corso di costruzione il cui ricavato sarebbe servito ad onorare gli obblighi di pagamento a favore del fallimento;
• in data 28.01.2011 la Società Cooperativa e i singoli soci assegnatari dei lotti hanno formalizzato per iscritto alla banca * le richieste sopra indicate impegnandosi a rilasciare fideiussione omnibus pro quota per un ammontare complessivo di euro 7.433.855,98;
• all’interno di tale atto la ricorrente risulta tra i firmatari dell’impegno, successivamente adempiuto con la sottoscrizione in data 31.05.2011 della fidejussione omnibus n. *857 a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni nei confronti della banca, dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura, già consentite e che venissero in seguito consentite al debitore (Società Cooperativa) sino alla concorrenza dell’importo di euro 81.133,44 (xxx.xx 4 al ricorso);
• in data 05.11.2012, con l’omologa del concordato da parte del Tribunale, la procedura fallimentare veniva chiusa;
• l’importo del mutuo concesso si è man mano ridotto con la vendita delle unità immobiliari, in parte mediante accollo liberatorio agli acquirenti e in parte con pagamento diretto;
• per quel che concerne la situazione specifica della ricorrente dalle evidenze della procedura fidi si rileva che nel mese di maggio 2013 era stato valutato dalla banca l’accollo di una quota parte del mutuo ipotecario di euro 85.000,00; l’operazione tuttavia non si era perfezionata in quanto la ricorrente nel frattempo era divenuta
disoccupata;
• il 15.03.2021 veniva inoltrata alla ricorrente, garante in forza della fideiussione omnibus sopra indicata, raccomandata a.r. di sollecito alla regolarizzazione del mutuo ipotecario n. *171 concesso alla Società Cooperativa nei limiti della fideiussione concessa;
• in data 10.06.2021 la ricorrente – per il tramite del proprio legale - eccepiva la nullità della fideiussione omnibus precedentemente rilasciata sulla base dell’“ormai unanime giurisprudenza della Corte di Cassazione” invitando l’intermediario a provvedere alla sua immediata rimozione;
• tale comunicazione veniva indirizzata anche al soggetto garantito; in particolare, la ricorrente imputava alla Società Cooperativa la sua estromissione dalla compagine sociale a seguito della mancata concessione del mutuo da parte della banca, nonostante le rassicurazioni avute in proposito;
• la summenzionata richiesta veniva respinta dall’ufficio reclami della banca per quanto di sua competenza, precisando che secondo la stessa Corte di Cassazione l’eventuale nullità di alcune clausole non è tale da inficiare la validità dell’intero impegno fideiussorio, che resta valido nelle relative disposizioni;
• con il ricorso la ricorrente richiede che sia l’Arbitro a dichiarare la nullità della fidejussione omnibus n. *857 dalla medesima prestata sul presupposto che la banca avrebbe dovuto concederle il mutuo per il riacquisto dell’immobile.
In diritto, l’intermediario eccepisce:
• in via preliminare, la qualifica di “non consumatore” della ricorrente in quanto era socia della Società Cooperativa nell’interesse del quale la fideiussione era stata prestata;
• la ricorrente aveva, pertanto, al momento della sottoscrizione della garanzia personale un collegamento “funzionale” con la società garantita (cfr. CGUE, 19 novembre 2015, C-74/15; Collegio di Bologna nella decisione n. 9728 del 03.05.2018);
• nel merito, la “totale genericità” delle motivazioni addotte a sostegno delle richieste avanzate, atteso che la ricorrente – che non ha mai contestato il credito vantato dalla banca nei confronti del debitore - ha lamentato l’invalidità della fideiussione senza addurre alcuna argomentazione tecnico giuridica e senza specificare quali siano le pattuizioni eventualmente illegittime (cfr. decisione n. 12146/2021 del Collegio di Bari);
• a sostegno della nullità della garanzia viene dapprima genericamente richiamata l’“ormai unanime giurisprudenza della Corte di Cassazione”, mentre in sede di ricorso la richiesta viene motivata col fatto che la banca avrebbe dovuto concedere alla ricorrente il mutuo per l’acquisto dell’abitazione;
• a fronte di una richiesta di declaratoria di nullità della fideiussione poiché recante clausole in contrasto con la legge antitrust (L. n. 287/1990), il Collegio di Bologna, con la decisione n. n. 18418 del 25.07.2019 ha ritenuto che “La materia che implica l’analisi dei profili civilistici (nullità/risarcimento) conseguenti alla violazione di norme di diritto antitrust, esula tuttavia dal perimetro di competenza dell’ABF. Anche sotto
tale profilo, la domanda proposta risulta dunque inammissibile ratione materiae e andrà coltivata semmai in sede giudiziaria”;
• per mero scrupolo difensivo si evidenzia che la Corte di Cassazione ha optato per la soluzione della nullità parziale del contratto di fideiussione in cui siano inserite le clausole 2, 6 e 8 dello schema A.B.I. del 2003 (la c.d. reviviscenza della garanzia, la rinuncia del fideiussore ai termini di cui al 1957 c.c. e l’obbligo di pagamento “a prima richiesta”) e, in conformità al principio di conservazione del negozio, dovrebbe trovare applicazione l’art.1419 comma 1 cod. civ.;
• nel caso di specie, le clausole non sono essenziali all’esistenza del contratto (cfr. Collegio di Coordinamento nella decisione n. 14555 del 19.08.2020);
• la richiesta di nullità totale della fidejussione va respinta sulla base del dispositivo della sentenza di Cassazione del 26.09.2019 n. 24044: “Dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti a valle, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti.”;
• in ordine alla mancata concessione del mutuo per l’acquisto dell’abitazione, osserva che gli intermediari non possono prescindere da valutazioni attinenti il c.d. merito di credito volte ad accertare la capacità di rimborso della clientela;
• come già anticipato, nel maggio 2013 la Banca * aveva valutato la possibilità dell'accollo di una quota parte del mutuo ipotecario di euro 85.000,00;
• l’operazione non venne, tuttavia, perfezionata in quanto dalle informazioni reperibili nella procedura fidi dell’epoca la ricorrente risultava al momento disoccupata avendo perso il lavoro da dipendente di cui godeva in precedenza;
• nessuna promessa in tal senso era stata in precedenza fatta dalla Banca * alla ricorrente;
• la futura valutazione del merito di credito dell’attuale ricorrente era infatti – come nella generalità dei casi - un passaggio assolutamente irrinunciabile per il perfezionamento dell’operazione di accollo;
• non si comprende quale atteggiamento scorretto (nelle precisazioni al ricorso qualificato addirittura come “al limite della truffa”) avrebbe tenuto la banca;
• l’operatività in questione è stata posta in essere all’interno di una procedura concorsuale che per sua natura prevede un controllo di tipo giurisdizionale;
• la banca * ha dato corso alle richieste provenienti dai promissari acquirenti e dalla società cooperativa dai medesimi costituita concedendo il mutuo necessario al pagamento degli asset immobiliari in capo alla curatela fallimentare, nonché un credito di firma a favore della medesima nell’attesa di perfezionare l’erogazione del finanziamento medesimo;
• la fideiussione omnibus dei singoli soci della cooperativa, controgaranzia perfettamente coerente con l’attività prestata dalla banca nell’ambito dell’operazione in questione, è stata del resto spontaneamente offerta dai singoli soci come si evince dall’Atto di richiesta di credito di firma e mutuo ipotecario;
• la cessione del credito da parte dei promissari acquirenti (già ammessi al passivo del fallimento) era un passaggio propedeutico al perfezionamento del concordato, e
- per quel che qui più conta non ha riguardato la banca finanziatrice essendosi perfezionato tra ciascun socio e la Società Cooperativa in veste di cessionaria;
• la ricorrente, infine, non ha mai contestato in precedenza la fideiussione in questione, né il debito della Società Cooperativa nei confronti della banca.
Nelle repliche, parte ricorrente ha ulteriormente dedotto quanto segue:
• per quanto riguarda l’eccezione inerente la qualifica di consumatore, ha firmato personalmente la fideiussione e non in qualità di socia (cfr. all. 1);
• inoltre, la fideiussione veniva sottoscritta per fini personali essendo stati i sottoscriventi coinvolti nel fallimento;
• difetta uno degli elementi essenziali del contratto previsto dall’art. 1341 c.c. ossia la causa del contratto di fideiussione;
• ha sottoscritto la fideiussione omnibus in quanto la Banca avrebbe dovuto concedergli il mutuo per l’acquisto dell’abitazione di importo pari alla fideiussione;
• nella richiesta di fideiussione prodotta da controparte a pag. 3, clausola 2 si evince chiaramente che la fideiussione è subordinata alla richiesta di un mutuo ipotecario di euro 7.433,855,98 al fine di procedere al pagamento in favore della procedura fallimentare e, conseguentemente, all’acquisto definitivo degli immobili che la società fallita si era impegnata a vendere su preliminare;
• il contratto di fideiussione è nullo oltre che per difetto di causa anche per contrasto con il disposto dell’articolo 2 della L. n. 287 del 1990 in quanto contenente le clausole indicate nel Modello ABI di cui la B.I. (Provv. n. 55 del 2 maggio 2005) ha sancito il contrasto con le regole poste a presidio della concorrenza;
• l’ordinanza n. 29810 del 2017 resa dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione Civile, ha stabilito che sono nulle le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie (c.d. “fideiussioni omnibus”) conformi allo schema predisposto dall’ABI;
• sebbene la Corte di Cassazione né con la pronuncia n. 29810/2017 né con quella
n. 13846/2019 abbia precisato se le clausole vietate determinino la nullità dell’intero contratto o la sostituzione delle stesse con la normativa codicistica, deve escludersi l’applicabilità della nullità parziale ex art. 1419 c.c. perché la gravità delle violazioni in esame – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni.
Nelle controrepliche l’intermediario ha ulteriormente dedotto che:
• in ordine alla qualifica di parte ricorrente, prende atto che la firma della cliente sulla fideiussione non è accompagnata dalla dicitura “in qualità di socia”;
• richiama nuovamente la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (19/11/2015 C-74/15) nonché la decisione del Collegio di Bologna n. 9728 del 03.05.2018;
• per quanto riguarda le censure di nullità della fideiussione, la giurisprudenza di
legittimità ha avuto modo di chiarire che la causa del contratto fideiussorio, che intercorre tra fideiussore e creditore è la funzione di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento della base soggettiva passiva;
• dopo la delibera di affidamento conclusasi negativamente per assenza di occupazione, controparte non ha mai richiesto all’intermediario una ulteriore valutazione sostenuta da nuovi parametri reddituali;
• la pronuncia menzionata dalla parte ricorrente (Cass., Sez. I, ordinanza del 12 dicembre 2017, n. 29810) non si inserisce in un consolidato orientamento;
• nelle controdeduzioni ha fatto riferimento ad una - più recente - sentenza in cui la Suprema Corte chiarisce che la nullità di alcune clausole presenti nello schema contrattuale predisposto dall’ABI non comporta l’automatica e integrale nullità della fideiussione stipulata sulla base di tale modello (Cass., Sez. I, sentenza del 26 settembre 2019, n. 24044);
• che la posizione della giurisprudenza non sia al momento unanime lo dimostra il fatto che di recente la presente questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. I, ordinanza del 30 aprile 2021, n. 11486);
• contraria alla nullità totale dell’atto di fideiussione è la giurisprudenza ABF (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 14555/2020 e Coll. di Bologna, decisione n. 6543/2021).
Parte ricorrente ha formulato come segue le proprie conclusioni, all’atto del ricorso.
Le conclusioni formulate nelle memorie di replica appaiono di contro più dettagliate.
Parte resistente chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato.
DIRITTO
Per quanto concerne la contestazione dell’intermediario circa la qualifica del ricorrente come consumatore, si osserva che la presente controversia verte sull’accertamento della nullità di una fideiussione omnibus rilasciata a garanzia delle obbligazioni di una società cooperativa di cui la parte ricorrente risultava socia.
Secondo le affermazioni di parte ricorrente, tale società era stata costituita dai promissari acquirenti di immobili in costruzione, al fine di ottenerne l’assegnazione a seguito del fallimento del costruttore.
In proposito il Collegio di Xxxxxxxxxxxxx, nella decisione n. 5368/2016 ha stabilito che “nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta al Collegio giudicante determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata”. Nella fattispecie allora esaminata, il Collegio ha rilevato che “non risultano agli atti elementi tali da indurre a contestare l’esposizione del ricorrente, che come anticipato si è autoqualificato come “consumatore”. Non emerge il possesso al momento del rilascio della garanzia di una partecipazione non trascurabile al capitale della società, oppure l’assunzione di cariche sociali. Al contrario, la natura di cooperativa edilizia della società garantita e le finalità stesse della garanzia (agevolare la concessione di un finanziamento alla società per la realizzazione degli immobili programmati) lascia ipotizzare che il garante non sia stato mosso esclusivamente da favor societatis ma anche dall’interesse mutualistico a diventare proprietario di un immobile.
Accertata la qualifica di consumatore del ricorrente, e risolta in tal modo la questione di competenza sollevata dal Collegio di Napoli, ne consegue che il presente Collegio di coordinamento non può anche decidere nel merito la domanda, in quanto riunito in composizione “non consumatori”. Il ricorso deve essere pertanto rimesso nuovamente al Collegio di Napoli, affinché ne prosegua la trattazione nella composizione “consumatori”.
Più di recente, il Collegio di Coordinamento ha ribadito tali principi (decisione n. 14555/20), richiamando il proprio precedente del 2016 e l’ordinanza della Corte di Giustizia UE del 19 novembre 2015 nella causa C-74/15.
In tal senso va anche il recente intervento della Suprema Corte (ord. 742/2020) che ha considerato consumatore “il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (a anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio)”.
Orbene, nel caso di specie, risulta in atti copia della visura della società cooperativa aggiornata al 17/07/2020, dalla quale non possono desumere gli indici presuntivi della qualifica di “non consumatore” indicati dal Collegio di Coordinamento (“l’amministrazione” della società o “una partecipazione non trascurabile alla società”).
La ricorrente non è infatti amministratrice della società; i soci di quest’ultima sono 47.
Ne deriva in conclusione che parte ricorrente può effettivamente essere considerata alla stregua di un consumatore.
Tanto precisato, l’intermediario, sebbene non abbia formulato una specifica eccezione di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione materiae dell’ABF, ha poi richiamato, nelle proprie controdeduzioni, un orientamento del Collegio di Bologna, espresso nella decisione n. 18418/2019, secondo cui la domanda di nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust esulerebbe dalla competenza ratione materiae dell’ABF. Sulla questione è intervenuto il Collegio di Coordinamento, con la decisione n. 14555/20, rilevando che: “ … ai sensi dell’art. 33, 2° comma, della legge n. 287 del 1990 (e successive modificazioni), le sezioni specializzate in materia d’impresa sono esclusivamente competenti per «le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle
disposizioni di cui ai titoli dal I al IV». Secondo quanto è stato già chiarito da questo Arbitro (ad es., nella già citata decisione del Collegio di Milano, n. 16588 del 4 luglio 2019), tale disposizione legislativa è applicabile alle domande di accertamento della nullità di intese anticoncorrenziali e di condanna al conseguente risarcimento del danno, ma non alle domande di accertamento della nullità dei contratti stipulati “a valle” di tali intese. Poiché nel presente giudizio si tratta non della nullità dell’intesa anticoncorrenziale raggiunta mediante lo schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI, ma della nullità del contratto di fidejussione stipulato tra una delle banche che hanno partecipato a tale intesa e un suo cliente, l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente è palesemente infondata e deve essere pertanto respinta”.
La posizione del Collegio di Coordinamento è stata avallata dalle più recenti decisioni assunte dai Collegi ABF: ex multis Collegio di Bologna, n. 17928/2021e Collegio di Bari n. 13895/2021.
L’eccezione è dunque infondata.
Infine, in merito all’eccepita genericità delle richieste di parte ricorrente, si rammenta che nel procedimento ABF “il ricorrente è tenuto a formulare una domanda che sia articolata nel petitum (il provvedimento o il bene della vita richiesto) e nella causa petendi (la situazione giuridica giustificatrice della domanda) e a produrre la documentazione dimostrativa” (cfr. Collegio di Coordinamento con la decisione n. 10929/16), potendo, al più, ribadire e puntualizzare, in sede di repliche, la domanda già formulata in sede di ricorso, non essendo ammessa una mutatio libelli (cfr. Collegio di Bologna, n. 21459/2021; Collegio di Torino, n. 4374/2020; Collegio di Roma, decisione n. 4821/2019, Collegio di Milano n. 20926/2021).
Orbene, nel caso di specie, la parte ricorrente, in sede di ricorso, chiede l’accertamento della nullità della fideiussione, lamentando che la mancata concessione del mutuo da parte della banca le avrebbe precluso di riacquistare l’immobile oggetto di contratto preliminare di compravendita.
In sede di reclamo, l’odierna ricorrente rilevava unicamente la nullità della fideiussione “alla luce della ormai unanime giurisprudenza della cassazione” e lamentava di non essere riuscita ad acquistare l’immobile a causa della mancata concessione del finanziamento.
L’intermediario riscontrava il reclamo, interpretando il riferimento all’“ormai unanime giurisprudenza della cassazione” come richiamo agli orientamenti giurisprudenziali in tema di nullità dei contratti di fideiussione che riproducono le clausole del modello ABI ritenute lesive della libertà di concorrenza.
Orbene, in sede di ricorso, parte ricorrente non ha fornito alcuna precisazione in merito alle ragioni del fondamento della nullità.
È soltanto nelle memorie di replica che la parte ricorrente ha fornito precisazioni in ordine alle cause di nullità della fideiussione:
1) in quanto conforme allo schema ABI che la Banca d’Italia, con provvedimento n. 55 del 02/05/2005, ha ritenuto configurante un’intesa restrittiva della concorrenza, vietata ai sensi dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990.
2) per difetto di causa non avendo la banca concesso il mutuo per riacquistare l’immobile.
Orbene, tenuto conto che la mancanza di causa, quale ragione di nullità, è stata contestata unicamente in sede di repliche. Il Collegio ritiene pertanto che essa non sia ammissibile in quanto tardiva – siccome non presente nel reclamo, generico, né nel ricorso, del pari inidoneo a fornire delucidazioni in merito, malgrado la chiara presa di posizione dell’intermediario unicamente con riferimento alla nullità di cui al precedente punto 1) – e non possa essere presa in considerazione ai fini del decidere.
Per quanto concerne invece il primo motivo di asserita nullità del contratto, si rammenta che con il Provvedimento n. 55 del 2.5.2005, la Banca d’Italia ha disposto che “gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90”.
Si riportano, di seguito, le clausole contrattuali in questione:
Analizzando il testo della fideiussione oggetto di ricorso emerge che gli artt. 2, c.1, 6 c. 1, e 9 c. 1. riproducono sostanzialmente le clausole di cui agli artt. 8, 2, e 6 del modello predisposto dall’ABI:
In materia, il Collegio di Coordinamento, con decisione n. 14555 del 19.08.20 ha enunciato i seguenti principi di diritto: «1. Qualora un contratto riproduca uniformemente i prezzi di acquisto o di vendita o le altre condizioni contrattuali che un’intesa anticoncorrenziale ha fissato in precedenza, le relative clausole contrattuali sono nulle.
2. Per quanto riguarda il prezzo di acquisto o di vendita, in particolare, la nullità della relativa clausola importa la nullità dell’intero contratto, a meno che non siano previsti dalla legge strumenti per integrare tale lacuna (ad es., secondo quanto prevede l’art. 1474 c.c. a proposito della vendita, ovvero l’art. 117, ult. comma, t.u.b. a proposito dei contratti bancari).
3. Per quanto riguarda le altre condizioni contrattuali, la loro nullità importa la nullità dell’intero contratto soltanto quando esse siano essenziali. Quando esse siano invece accessorie, il contratto resta valido per il resto.
4. A tali fini, le clausole contrattuali sono qualificabili come “accessorie” quando, ove esse
non fossero state apposte al contratto, quest’ultimo avrebbe comunque avuto un oggetto determinato (o almeno determinabile), ai sensi degli artt. 1346 ss. c.c.; dev’essere peraltro fatta salva la volontà delle parti contraenti di pattuire (espressamente ovvero tacitamente) che una qualsiasi clausola del loro accordo sia “essenziale”.
5. Si tratta di una nullità che può essere fatta valere solo dal ricorrente ed è rilevabile d’ufficio soltanto nel suo interesse.
6. Alla nullità (parziale ovvero totale) del contratto consegue il diritto del ricorrente di domandare la restituzione delle prestazioni ivi previste, ove esse siano state nel frattempo eseguite.
7. Qualora il ricorrente provi di aver subìto un danno a causa dell’intesa anticoncorrenziale, potrà pretenderne il risarcimento a titolo di responsabilità extracontrattuale della parte che abbia partecipato a tale intesa».
Si riporta, di seguito, uno stralcio della motivazione:
«Nel merito, si deve anzitutto premettere che la questione della validità dei contratti stipulati “a valle” di intese anticoncorrenziali non è disciplinata dalla legge n. 287 del 1990. Essa è stata pertanto variamente decisa dalla giurisprudenza e costituisce oggetto di un’accesa e sfaccettata discussione dottrinale, la quale non può essere neanche sommariamente riassunta in questa sede.
Ai fini del presente giudizio, si deve preliminarmente rilevare che, secondo quanto accertato dal provvedimento della Banca d’Italia di cui si è già detto, lo schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI ha costituito un’intesa anticoncorrenziale diretta a «fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali», risultando così contrario all’art. 2, 2° comma, lett. a), della legge n. 287 del 1990.
Tale disposizione legislativa dev’essere interpretata nel senso che essa vieti altresì di stipulare contratti i quali uniformemente recepiscano i prezzi di acquisto o di vendita o le altre condizioni che un’intesa anticoncorrenziale abbia fissato in precedenza (Cass., sez. I, 12 dicembre 2017, n. 29810).
Per le ragioni già chiaramente esposte dalla decisione dell’ABF Milano n. 16558 del 4 luglio 2019, si ritiene provato ai fini del presente giudizio che le clausole contrattuali di cui si tratta siano oggetto di applicazione uniforme e che sostanzialmente riproducano gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale uniforme predisposto dall’ABI: esse sono state pertanto stipulate in violazione della norma imperativa dettata dall’art. 2, 2° comma, lett. a), della legge n. 287 del 1990.
Poiché tale norma è finalizzata a proteggere l’interesse generale alla tutela della concorrenza e del mercato, si deve ritenere che, ai sensi dell’art. 1418, 1° comma, x.x., xx xxxxxxxx xxxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxx xxxxx (Xxxx., sez. I, 12 dicembre 2017, n. 29810).
Si tratta dunque di una nullità parziale del contratto “a valle”, la quale è assoggettata alla disciplina generale dettata dall’art. 1419 c.c. (Cass., sez. I, 26 settembre 2019, n. 24044); in particolare, essa «importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità» (art. 1419, 1° comma, c.c.).
Com’è stato più in generale chiarito in dottrina, il riferimento a ciò che le parti avrebbero voluto non è il riferimento a un dato reale ma solo una congettura, che sfugge a ogni obiettivo accertamento, e dalla quale non può quindi dipendere la validità o invalidità del
contratto. Ai sensi dell’art. 12 disp. prel. c.c., l’art. 1419 c.c. deve essere piuttosto interpretato teleologicamente, ossia in considerazione della sua ragione giustificativa, che è quella di conservare il contratto salvo che la modifica del contenuto sia tale da non giustificarne obiettivamente il mantenimento. Ciò che si richiede è quindi una valutazione di compatibilità della modifica del contratto con la causa concreta di esso, dovendosi in definitiva accertare se la modifica abbia o no importanza determinante tenuto conto dell’interesse delle parti. Il criterio coincide, così, con quello previsto dall’art. 1420 c.c. per la nullità parziale in senso soggettivo.
In altri termini, si deve ritenere che, qualora la nullità parziale del contratto “a valle” riguardi clausole accessorie, esso resti valido per il resto; qualora invece tale nullità riguardi clausole essenziali, esso sia integralmente nullo, a meno che non siano previsti dalla legge strumenti per integrare la sua lacuna (ad es., secondo quanto prevede l’art. 1474
c.c. a proposito della vendita, ovvero l’art. 117, ult. comma, t.u.b. a proposito dei contratti bancari).
A tali fini, le clausole contrattuali sono qualificabili come “accessorie” quando, ove esse non fossero state apposte al contratto, quest’ultimo avrebbe comunque avuto un oggetto determinato (o almeno determinabile), ai sensi degli artt. 1346 ss. c.c.; dev’essere peraltro fatta salva la volontà delle parti contraenti di pattuire (espressamente ovvero tacitamente) che una qualsiasi clausola del loro accordo sia “essenziale”.
In base a tale criterio, è indubbio che, ai fini del presente giudizio, le clausole specificamente contestate dalla ricorrente siano da qualificarsi come “accessorie”, cosicché la loro nullità non si estende al resto del contratto.
Discende da quanto fin qui osservato che la domanda principale della ricorrente, volta all’accertamento della nullità integrale del contratto da essa stipulato con la banca resistente, può essere accolta solo in parte, ossia limitatamente alle clausole contrattuali che sono state specificamente contestate nel ricorso».
Xxxxxx, con riferimento al caso di specie, si evidenzia che la parte ricorrente afferma che il contratto di fideiussione deve essere assoggettato alla sanzione della nullità totale “perché la gravità delle violazioni in esame, – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo […] ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni”.
Non ha di contro fornito specifici elementi atti a dimostrare il carattere essenziale delle anzidette clausole.
Il Collegio ritiene in conseguenza che debba essere dichiarata la nullità parziale delle sole clausole della fideiussione prese in esame e che non osti a tal fine la domanda formulata, avente ad oggetto la nullità integrale (cfr. Coll. Milano, decisione n. 6498/21; Coll. Bologna, decisione n. 4935/21; Coll. Napoli, decisione n. 19916/20).
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
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