L’art. 45 della Legge Fallimentare nel Concordato Preventivo
L’art. 45 della Legge Fallimentare nel Concordato Preventivo
di
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
Sommario: 1. Premessa. | 2. L’art. 45 nella Giurisprudenza Fallimentare. | 3. Norme applicabili al Concordato Preventivo. | 4. Ambito contrattuale / negoziale di applicazione (nel Concordato Preventivo) a diversa ipotesi di cui agli artt. 653 e 654 c.p.c. in caso di successivo fallimento del debitore ingiunto. | 5. Conclusioni. |
1. Premessa
Nel corso di questi ultimi anni, in uno con l’introduzione degli Istituti para – concorsuali, Accordi ex art. 67 e 182bis l.f., la natura del Concordato Preventivo appare aver assunto alcune connotazioni significativamente diverse rispetto al periodo precedente acquisendo, sempre più, caratteristiche riconducibili ad un sostanziale Accordo tra debitore e creditori la cui strutturazione, definizione ed esecuzione, sono “sorvegliate” dall’Autorità tramite un Commissario Giudiziale1.
1 Si consideri, in particolare, come con riferimento alla fase successiva all’omologa la presenza di un organo nominato dal Tribunale sia prevista per il solo caso di liquidazione mentre, fase peraltro non meno rilevante, in caso di continuità aziendale l’attività è lasciata alla esclusiva competenza dell’imprenditore stesso – pur con la sorveglianza del Commissario Giudiziale che, in ogni caso, apparire circoscritta ad ambiti formali di rispetto del Piano -.
2. L’art. 45 nella Giurisprudenza Fallimentare
Un breve richiamo alla giurisprudenza formatasi in materia fallimentare risulta di ausilio, per definire eventuali personalizzazioni nell’applicazione in sede di concordato preventivo attesa la sua natura sostanzialmente distinta rispetto al primo attesi, non da ultimo, considerare i recenti interventi legislativi che appaiono ridurne il perimetro di spossessamento2.
Il Giudice di legittimità, di recente, in materia di vendita di cosa futura3:
- richiamando la propria precedente giurisprudenza (n. 6851/2001) ha confermato come in tale caso "l'effetto traslativo si verifica nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua completezza" con ciò, anche, implicitamente distinguendola dalle altre ipotesi quanto al momento temporale del suo sorgere;
- ha inoltre sottolineato che “la natura consensuale del contratto di cessione di credito comporta
che esso si perfeziona per effetto del solo consenso dei contraenti, cedente e cessionario, ma non anche che dal perfezionamento del contratto consegua sempre il trasferimento del credito dal cedente al cessionario”. In particolare in tale fattispecie “il trasferimento si verifica soltanto nel momento in cui il credito viene ad esistenza e, anteriormente, il contratto, pur essendo perfetto, esplica efficacia meramente obbligatoria” derivandone come “la cessione, anche se sia stata tempestivamente notificata o accettata ex art. 2914 c.c., n. 2, non è opponibile al fallimento se, alla data della dichiarazione di fallimento, il credito non era ancora sorto e non si era verificato l'effetto traslativo della cessione"4.
2 Il riferimento, definibile “principe”, è costituito dallo spostamento dal Giudice Delegato al Commissario Giudiziale dell’attività di sorveglianza dell’attività dell’imprenditore, in uno con una sensibile riduzione della portata dei compiti di quest’ultimo, e della limitazione dell’intervento giudiziale all’attività di straordinaria amministrazione.
3 Cass. civ. n. 551/2012.
4 Con ciò richiamando e facendo proprio il precedente Cass. civ. n. 17590/2005.
In materia di cessione del credito si osserva la “creazione” 5, nell’ambito di una cessione del credito con riferimento alla sua opponibilità al fallimento e, quindi, non oggetto di applicazione dell’art. 45 l.f., di una species costituita da quegli atti non in grado di vulnerare i diritti della massa dei creditori – nel caso di specie le parti interessate erano terze, per il fallimento6 la cui posizione non veniva mutata rispetto al creditore da soddisfare e, comunque, nei medesimi termini che sarebbero stati riconosciuti al precedente -. La ratio attribuita alla norma fallimentare risulta quella di “impedire un pregiudizio ai creditori conseguente da atti compiuti dopo l’apertura della procedura concorsuale garantendo la cristallizzazione della situazione patrimoniale alla data del fallimento7.
La Suprema Corte, ancora in precedenza8, aveva precisato che:
- all’atto di adempimento del debitore ceduto, e dunque all’acquisto del creditore cessionario quale unico legittimato a ricevere il pagamento, il cedente è ormai estraneo;
- verificatosi il fallimento del cedente solo il negozio di cessione potrà essere, eventualmente, assoggettato a revocatoria ex art. 67 l.f., ma non l’atto di adempimento del debitore ceduto al cessionario, appunto per l’estraneità del cedente al rapporto nel quale l’atto di adempimento viene ad inserirsi.
Un presupposto, tra altri, è il mancato richiamo nella disciplina del concordato preventivo delle norme di cui agli artt. 72 e ss. della legge fallimentare.
- richiamando la previsione dell’art. 2914, n. 2, cod. civ., in applicazione alla
fattispecie anche della cessione di crediti futuri, fa derivare come “al fallimento del cedente possono essere opposte soltanto quelle cessioni di credito che siano state notificate al debitore ceduto o
5 Cass. civ., n. 8438/1012.
6 Intermediari finanziari, parti di un contratto di cessione, ai sensi dell’art. 58 T.U.B.
7 Solo per inciso, in ragione comunque dei riflessi che può spiegare al ricorrere di simili casi, si evidenzia come la non obbligatorietà dell’adempimento della trascrizione della cessione, ante fallimento, è escluso non già da una norma entrata in vigore ante suo sorgere, quanto in sede di opposizione alla mancata ammissione al passivo fallimentare. Ciò in quanto “la sopravvenuta non necessità dell’annotazione ai fini dell’opponibilità alla massa può equipararsi, quanto ai suoi effetti, ad una annotazione effettuata dopo la dichiarazione di fallimento consentita nel caso di specie”.
8 Cass. civ., n. 16235/2000.
dal medesimo accettate con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento – sicchè non può pretendersi che tale opponibilità – e il conseguente obbligo della curatela di riversare ad esso cessionario le somme corrispondenti ai crediti ceduti – discenda direttamente dalla verificata possibilità che l’effetto traslativo della cessione si verifichi in pendenza della procedura di concordato preventivo, e da ciò soltanto, prescindendosi dal compimento di quegli atti (notifica o accettazione) cui l’opponibilità è legata”.
Il principio di diritto che ne appare derivare, nell’ipotesi di “necessitare” la notifica al terzo, in senso lato, ovvero l’accettazione di questi con data certa anteriore al deposito del ricorso per concordato preventivo, comporterebbe una sperequazione rispetto alla consecuzione di procedure, più favorevole quest’ultima al “consolidamento” della cessione, rispetto al mantenimento di quella concordataria, che non troverebbe ratio in una disposizione normativa.
Anche di recente la Corte9 ne ha riaffermato l’applicazione, con riguardo all’opponibilità al fallimento delle cessioni di credito, del principio contenuto nell’art. 2914 cod. civ. n. 2, secondo il quale esse sono inefficaci, nei confronti del creditore xxxxxxxxxx e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, quelle che, sebbene anteriori al pignoramento, siano state notificate al debitore o da lui accettate dopo il pignoramento10. Sempre in tale occasione viene precisato, inoltre, come non risulti necessaria la notifica a mezzo ufficiale giudiziario “costituendo quest’ultima una semplice “species” (prevista esplicitamente dal codice di rito per i soli atti processuali) del più ampio “genus” costituito dalla notificazione intesa come attività diretta a produrre la conoscenza di un atto in capo al destinatario”. La ratio alla base del pronunciato viene così espressa “è pur sempre necessario che una “notifica” al debitore, sia pure nel senso più ampio appena indicato (ovvero un’accettazione da parte sua con atto di data certa) sia intervenuta, pena l’inopponibilità al fallimento del cedente, per esplicito disposto normativo”. Anche qui si osserva la rilevanza che assume, quale presupposto applicativo del richiamo al disposto del’art. 2914,
9 Cass. civ., Sezione I, n. 5516/2006
10 Richiamando anche Cass. civ. 16235/2000.
la terzietà della procedura fallimentare (infra) rispetto al singolo creditore e, di conseguenza, al diritto da questi azionato nei confronti della prima.
Si inserisce in tale percorso giurisprudenziale una recente Pronuncia,11 la quale indica come la ratio dell’art. 45 sia quella di “garantire la cristallizzazione della situazione patrimoniale alla data del fallimento, allo scopo di scongiurare un pregiudizio ai creditori conseguente da atti compiuti dopo l’apertura della procedura concorsuale. L’inopponibilità stabilita dall’art. 45 della l.f. riguarda, quindi, esclusivamente gli atti di disposizione suscettibili di vulnerare i diritti della massa dei creditori”.
La terzietà del Curatore
Tal qualità è stata anche di recente ribadita dalla Corte di Cassazione12, in materia di applicabilità soltanto tra imprenditori del regime probatorio delineato dall’art. 2710, nei seguenti termini “il curatore certamente non è un imprenditore e dunque, una volta escluso che la sua posizione sia quella successoria in un rapporto già facente capo al fallito, essendo viceversa a lui attribuite esclusivamente la funzione di semplice gestore del patrimonio di quest’ultimo”. Non vi è chi non rilevi, inoltre, una riaffermazione dell’istituto dello spossessamento del quale la terzietà costituisce uno degli effetti ponendo, forse legittimando lo, per il Concordato Preventivo come ora normato, il sorgere del dubbio sull’attuale spiegamento di detto effetto nei confronti di quest’ultimo (infra). Il principio espresso da tale pronuncia è il seguente “nei confronti del creditore che proponga istanza di ammissione al passivo del fallimento, in ragione di un suo preteso credito, il curatore è terzo e non parte, circostanza da cui discende l’applicabilità dei limiti probatori indicati dall’art. 2704 c.c.”. si xxxxxxx, inoltre, come nella stessa pronuncia è stato altresì chiarito “se è del tutto condivisibile il richiamo agli artt. 44 e 52 l.f. ai fini della delibazione delle istanze di ammissione al passivo, ciò non comporta che per questo solo fatto debba mutare il regime probatorio conseguente all’atto originariamente posto in essere, atteso che l’art. 2704 non risulta richiamato da
11 Cass. civ. 19 giugno 2008, n. 16669 (in materia di surroga nel credito in costanza di fallimento).
12 Cass. civ., S.U., n. 4213/2013.
alcuna disposizione della legge fallimentare”. L’articolata argomentazione, quindi, lascerebbe intendere come l’applicazione necessitata dell’art. 2704 cod. civ. sia strettamente e, forse limitatamente, vincolata al ricorrere della terzietà in capo al soggetto nei cui confronti l’atto viene opposto, prescindendo dalla natura di procedura concorsuale che il contesto probatorio viene ad assumere.
Rilievo, non di secondario valore soprattutto per gli aspetti pratici legati all’operatività specificatamente in ambito bancario – finanziario, assume la pronuncia di legittimità13 nella parte in cui, richiamando precedente giurisprudenza14, precisa:
- “in tema di efficacia della scrittura privata nei confronti dei terzi, se la scrittura privata non
autenticata forma un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro [nel caso di specie si trattava atto di fideiussione con impresso sul retro della terza pagina un timbro postale], la data risultante da quest’ultimo deve ritenersi data certa della scrittura, poiché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita”;
- “grava sulla parte che contesti la certezza della data di provare la redazione della scrittura in un
momento diverso; a tal fine basta la prova contraria non occorrendo far ricorso alla querela di falso”.
3. Norme applicabili al Concordato Preventivo
L’art. 45 trova applicazione al concordato preventivo, in ragione dell’espresso richiamo che ne fa l’art. 169, primo comma, l.f. mentre il terzo comma dell’art. 168 dispone come i creditori non possano acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salva l’autorizzazione del giudice nei casi di cui al secondo comma del precedente art. 167.
13 Cass. civ., Sezione I, n. 8438/1012.
14 Cass. civ., nn. 13912/2007, 6472/2003, 10873/1999, 21814/2006.
Una prima considerazione merita il coordinamento tra le due disposizioni, tenuto presente anche come il richiamo all’applicazione dell’art. 45 derivi dall'art. 144 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, mentre la seconda sia stata introdotta, successivamente, dall'art. 33, comma 1, lettera c), numero 2), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.
Le due disposizioni appaiono rispondere a diverse esigenze, analogamente a quanto previsto per il fallimento e cioè, da un lato, la tutela della par condicio creditorum come esistente al momento del sorgere degli effetti della procedura, quanto all’opponibilità ai terzi dei propri diritti e, dall’altro, il divieto di acquistare diritti di prelazione rispetto ai creditori concorrenti successivamente a detta data.
Un aspetto che merita approfondimento, per una completa analisi atteso quanto dianzi considerato in materia di terzietà, è la posizione che assume il Concordato preventivo nei confronti del fallimento e, di conseguenza, l’eventuale diversa portata applicativa del disposto dell’art. 45 l.f., atteso come l’art. 167, primo comma disponga come il debitore conservi l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.
Prendendo le mosse da uno dei principi indicati dalla Corte di Cassazione15, costituito dall’esclusione della natura, in capo al curatore, di successore nei rapporti in capo al fallito quanto investito dell’attività gestoria del suo patrimonio [nell’interesse della massa dei creditori], ed attesa la rilevanza di una sostanziale differenza tra le due procedure in uno con il mantenimento della gestione dell’impresa in capo all’imprenditore16, parrebbe derivarne la non applicabilità del concetto di terzietà nel caso del C.P. Si richiama all’attenzione come, tale eventuale natura, verrebbe a sorgere fin dal deposito del ricorso ex art. 161, sesto comma l.f., cui può derivare, come noto, non solo l’apertura di un Concordato Preventivo (nella forma liquidatoria ovvero “in continuità”), quanto un
15 S.U., n. 4213/2013, supra.
16 Soprattutto nell’ipotesi di Concordato in Continuità ove, come previsto dall’art. 182, primo comma l.f., non si viene dato luogo alla nomina del Liquidatore Giudiziale.
Accordo di Ristrutturazione ex art. 182bis in costanza del quale, non v’è dubbio, non sia ipotizzabile la natura di terzo in capo all’imprenditore rimanendo questi l’unico soggetto che rimane controparte dei creditori17.
Gli stessi interventi legislativi di questi ultimo anni hanno contribuito a distinguere, sempre maggiormente, le due procedure: si pensi all’introduzione del concordato in continuità, all’affievolimento della posizione dello stesso Xxxxxxx Delegato attribuendo la vigilanza al Commissario Giudiziale, impregiudicata la competenza gestionale dell’impresa all’imprenditore18.
Da quanto precede, in particolare dal richiamato indirizzo delle S.U., appare desumersi come il concetto di terzietà non sia strettamente connaturato al, né costituisce elemento presupposto del, disposto dell’art. 45 l.f. assumendo, piuttosto, la connotazione di condizione per la sua più ampia applicazione con riferimento al Curatore fallimentare, in quanto soggetto avente caratteristiche tali da nettamente distinguerlo dall’imprenditore fallito19e, non da ultimo , gestore di una “massa terza”. Da una simile impostazione deriverebbe non già una diversa applicazione della norma, in caso di C.P. od Accordo di Ristrutturazione, quanto piuttosto ad una sua distinta modulazione in ragione dell’assenza di un elemento distintivo (per certi versi forse anche presupposto) rispetto al fallimento.
L’Accordo di Ristrutturazione ex art. 182bis
17 Xxxxx ipotizzare una sorta di effetto sospensivo con riferimento alle questioni, si pensi all’efficacia di garanzie, cessione dei crediti, patti di compensazione, etc. che, tenuto conto del silenzio a tal proposito della norma, non appare argomentabile positivamente.
18 Tra le altre anche attraverso una NewCo appositamente, e sovente in limine con il deposito del ricorso prenotativo, cui concedere in affitto l’azienda.
19 Si richiama, a tale proposito, quanto affermato dalla Suprema Corte quanto alla sua posizione rispetto al patrimonio concorsuale identificabile quale suo “semplice gestore” (Cass. civ. n.4213/2013, cit).
Alcune brevi considerazioni in merito all’applicabilità, in quali termini e limiti, agli accordi di ristrutturazione dell’istituto qui considerato. Le disposizioni normative che qui rilevano sono:
i) il terzo comma dell’art. 182bis, nella parte in cui dispone che: a) dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore ad essa non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, ne' acquisire titoli di prelazione se non concordati, b) trova applicazione l'articolo 168, 2° c., in materia di sospensione delle prescrizioni e mancata verifica delle decadenze20.
ii) l’art. 182bis nella parte in cui il divieto, previsto dal precedente terzo comma in materia di azioni esecutive e cautelari (supra), può trovare applicazione anche nel corso delle trattative, in sede di accoglimento di apposita richiesta presentata dall’imprenditore;
iii) l’art. 161, sesto comma, con riferimento allo spiegarsi degli “effetti prodotti dal ricorso” sino all’omologazione”;
iv) l’art. 169, con riferimento alla presentazione della domanda di concordato, quanto all’applicazione, tra gli altri, dell’art. 45 l.f., secondo un’interpretazione estensiva dell’accezione, contenuta nel suo sesto comma “nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma”.
Merita, fin da subito, considerare la portata della previsione normativa di cui al punto “iv)” supra, eseguendo una sua analisi esegetica la quale, in ogni caso, non può prescindere dalla natura contrattuale di tale Accordo e dall’intervento del Tribunale consistente in un’omologazione, o meno, di quanto definito, strutturato, stipulato, dall’imprenditore con i propri creditori (o comunque parte di essi costituenti una percentuale ex lege definita)
20 Comma modificato dall'articolo 33, comma 1, lettera e), numero 2), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83.
senza alcun controllo o sorveglianza da parte di un Organo Giudiziario ovvero da questo nominato21.
Al di là della comunanza che, con riferimento al periodo intermedio, accomuna un Concordato Preventivo ed un Accordo di Ristrutturazione nella fase preliminare che va dal deposito del Ricorso ex art. 161, sesto comma l.f., fino al deposito della documentazione nei termini definiti dal Tribunale ai sensi della medesima norma, concretandosi nell’indistinta applicazione dell’169 l.f. “Norme applicabili”, molteplici appaiono le incompatibilità, o comunque incongruenze, tra le norme richiamate da quest’ultimo e l’accordo ex art. 182bis:
- proprio la natura di accordo tra le Parti, consacrato tra le altre dall’obbligo per
l’imprenditore che vi faccia ricorso di onorare integralmente le obbligazioni dei creditori che non vi aderiscano, esclude di fatto l’applicazione dell’art. 45 con riferimento all’interpretazione della necessità di notifica al, ovvero accettazione del, debitore considerata in primis l’assenza totale di terzietà ed, in secondo luogo, la possibilità di prevedere, in sede di accordo, la validità – in quanto non espressamente negata - di tali cessioni anche in assenza di notifica, circostanza che apparirebbe non ammissibile in sede concordataria (sempre secondo l’opinione che si intenderebbe qui confutare22).
21 Eccezione fatta per l’istanza prevista dal sesto comma dall’art. 182bis, finalizzata ad ottenere un Provvedimento volto a vedere disposto il “divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive”, da parte dei creditori, sul patrimonio aziendale. In tale caso il tribunale: i) verifica la completezza della documentazione depositata, ii) fissa con decreto un’apposita udienza, disponendone la comunicazione ai creditori della documentazione stessa, iii) ove riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti, nei termini previsti dalla norma, dispone con decreto motivato. Come si rileva l’intervento giudiziario, risulta limitato ad un’attività di legittimità e non di merito rispondendo ad un’esigenza, dell’imprenditore, finalizzata a non veder contrastata l’iniziativa di ristrutturazione dallo stesso avviata, in un contesto più di level playing field di partenza piuttosto che di par condicio potendo, infatti come si rileva nella pratica, svilupparsi ben oltre la “mera” distinzione in classi prevista per il Concordato Preventivo.
22 Avuto riguardo, in primis, all’asserita lesione della par condicio creditorum che, in un contesto di Accordo di Ristrutturazione ex art. 181bis viene sostanzialmente meno (supra), atteso come pur assumendo una struttura composita e complessiva pone i creditori, e le rispettive obbligazioni, su piani differenti non secondo l’applicazione di norme di legge quanto, piuttosto, in base ad accordi raggiunti vis a vis ovvero in ragione del loro mancato raggiungimento, tenuto conto delle disponibilità che il
Un discorso a parte merita l’art. 169bis, sempre con riferimento alla sua applicabilità, nel periodo intermedio, nell’ipotesi in cui al Riscorso segua un Accordo di Ristrutturazione, quantomeno nella parte in cui ne verrebbe alterata la sua natura strettamente contrattuale, venendo anche a ridurre significativamente e sostanzialmente l’autonomia decisionale, nonché l’esercizio dei propri diritti, in capo ai quei creditori i cui contratti verrebbero sciolti ovvero sospesi23. Si rammenti che la norma prevede espressamente come i creditori che rimangano estranei all’accordo, debbano vedere soddisfatti integralmente i propri crediti entro 120 giorni dall’omologazione dell’accordo, ovvero dalla scadenza della rispettiva obbligazione a seconda che si tratti di debiti scaduti, o meno, rispetto a tale data. Si osserva,sempre nella pratica, una specie di peculiare “attenta gestione” da parte delle imprese in sede di strutturazione del Piano concordatario, fin dalla sua genesi (deposito ex art. 161, sesto comma, l.f.), delle principali poste creditorie ed in specie quelle bancarie per anticipazione al precipuo fine, non da ultimo, di assicurare liquidità all’impresa stessa in un contesto ed ambito che per certi versi costituisce, essa, un’alterazione della par condicio creditorum (infra). Si richiamano, a titolo di esempio, alcune motivazioni addotte da vari ricorrenti:
- evitare che le banche possano esercitare il diritto alla compensazione, prevista
contrattualmente, “a danno degli altri creditori24”;
- con riferimento al fido di cassa e anticipazioni fatture (etc.) lo scioglimento di tali contratti può essere considerato conveniente perché, non trovando applicazione l’art. 56 l.f., relativamente al patto di compensazione, ne consegue che eventuali rimesse
xxxxxxxx ha o ritiene, secondo una valutazione prospettica di cash flow, di avere nell’arco di tempo nel corso del quale si svilupperebbe il Piano.
23 Qui venendosi ad alterare, come dianzi considerato, il level playing field, quanto alla libertà contrattuale in capo ai singoli creditori.
24 Anche il pegno e l’ipoteca, acquisiti in termini opponibili alla procedura concordataria, consentono al rispettivo creditore garantito di portare a decurtazione del proprio credito, e fino a sua concorrenza, il controvalore derivante dalla realizzazione dell’oggetto della garanzia e, con ciò, non viene chiesta la sospensione / risoluzione del relativo contratto (né potrebbe essere).
incassate dagli istituti dopo la pubblicazione del ricorso di concordato preventivo dovrebbero essere riversate alla procedura;
- lo scioglimento dei contratti di anticipazione bancaria può essere considerato
conveniente, perché la pubblicazione del ricorso di concordato determinerebbe la cristallizzazione delle posizioni debitorie nei confronti della banca e creditorie nei confronti della procedura relativamente agli incassi avvenuti dagli istituti con obbligo di restituzione;
- si è giunto, in alcuni casi, a motivare considerando come la prosecuzione dei
contratti in corso con gli istituti di credito determinerebbe pregiudizio in capo ai creditori sociali, in quanto le somme incassate dalle banche successivamente alla data di pubblicazione del ricorso di concordato sarebbero trattenute definitivamente dagli istituti in violazione della par condicio creditorum.25
Si osservi, principalmente con riferimento alla compensazione operabile in forza di un incasso fondato su una cessione (pro-solvendo) stipulata antecedentemente, come attraverso l’istituto giuridico citato si giunga alla sostanziale revocatoria di una garanzia stipulata, legittimamente ed in termini di per sé opponibili al fallimento, al di fuori dei casi e nel rispetto di termini e forme previste dalla legge fallimentare determinandosi, qui anche, una reale alterazione della par condicio creditorum anche quale mancato riconoscimento di xxxxxxxx e/o privilegi ammessi e/o consentiti dalla stesa norma.
Anche con riferimento all’esecuzione del Concordato si rileva il sostanziale affievolimento della presenza amministrativo – gestionale degli Organi Giudiziari, con effetti anche riguardo all’istituto della terzietà, atteso come ai sensi dell’art. 182, primo comma l.f., nell’ipotesi di concordato liquidatorio, e non sia disposto diversamente, il Tribunale nomina uno o più liquidatori od un comitato per “assistere alla liquidazione”; medesimi compiti sono attribuiti al Commissario Giudiziale ai sensi dell’art. 185, primo comma l.f.
25 Infra quanto a tale ultimo aspetto.
4. Ambito contrattuale / negoziale di applicazione (nel Concordato Preventivo)
La cessione del credito
Con riferimento a fattispecie antecedente la riforma del Diritto Fallimentare, ma in termini che non appaiono influenzati da quest’ultima per l’aspetto in analisi, è stato affermato26 come:
- la cessione “pro solvendo” ed al fine di garanzia non vale ad impedire l’effetto
traslativo27, tanto comportando unicamente che il rischio dell’insolvenza del debitore ceduto non si trasferisce al cessionario, come avviene nella cessione “pro soluto” [si osservi come, tale forma dell’istituto, sia la più usata dalle Banche in sede di anticipazione di fatture, contratti, portafoglio, etc.];
- muovendo dalla considerazione che la cessione di credito è negozio a causa
variabile, in giurisprudenza si ammette che sia stipulata a fine di garanzia senza che venga meno l’effetto traslativo della titolarità del credito, tipico di ogni specie di cessione, perché la garanzia si attua proprio attraverso tale effetto.
Con riferimento ad un’ipotesi regolata ante riforma la pronuncia fondava l’opponibilità della cessione all’impresa, cedente, per il solo scambio dei consenti “non solo perché manca una norma che ne regoli in modo diverso l’efficacia, ma non è neppure possibile applicare in via di interpretazione estensiva l’art. 2914, n. 2 c.c.”, proseguendo, nel raffronto con il fallimento, che “l’equiparazione al pignoramento delineata in tale norma
26 Xxxx, civ. sez. III, n. 17162 del 3 dicembre 2002.
27 La Pronuncia distingue l’ipotesi di cessione di crediti futuri nel qual caso, pur essendo il negozio perfetto, l’effetto traslativo si produce quando il credito viene ad esistenza, come pure nel caso di cessione con funzione di garanzia qualora, secondo quanto previsto dalle clausole contrattuali, si desuma la volontà del cedente di non privarsi della titolarità del credito e di realizzare effetti minori quali, ad esempio, la mera legittimazione dell’apparente cessionario alla riscossione del credito. Appare legittimo ritenere come tale ultima ipotesi, nell’enunciazione che ne fa la Suprema Corte ed atteso come costituirebbe un’eccezione al principio della translatio connaturata nell’istituto della cessione, debba nascere da una espressa e chiara volontà in tal senso comune ad entrambe le parti, quale elemento ulteriore e “derogativo” del principio generale voluto e dedotto nel contratto stipulato tra le parti.
ha, infatti, ragione di essere, ai sensi degli artt. 54, comma 3, e 45 L.F., per il fallimento e non per il concordato preventivo che non priva l’imprenditore dell’esercizio dell’impresa e dell’amministrazione del suo patrimonio28, dando luogo ad una limitata disponibilità dei beni. Da quanto precede derivava che “la cessione, purchè stipulata prima della domanda di concordato, poteva essere notificata o accettata dopo, rimanendo indifferente l’eventuale successivo fallimento del cedente29”.
Orbene, a seguito della più volte menzionata riforma, al concordato preventivo trova applicazione l’art. 45 l.f., come ora espressamente richiamato dall’art. 169 mentre, in ragione della stessa, la già precedente “limitata disponibilità dei beni” è stata ampliata a favore dell’imprenditore attraverso la minore sostanziale presenza e competenza degli Organi procedurali, sia nella “amministrazione” dell’impresa in concordato sia, non da ultimo e significativo nella portata, nella limitazione di incisività ed intervento del Tribunale anche in sede di omologa, ove raggiunte le maggioranze dei creditori così come ove non raggiunte.
Pur considerando come la Pronuncia applichi la norma fallimentare “ante riforma”, appare utile considerare il sillogismo cui è stato fatto ricorso tenendo presente come, in particolare, l’attuale richiamo espresso che dell’art. 45 fa l’art. 169 l.f. a differenza dell’art. 5430 che, a mente della dianzi citata pronuncia di legittimità pur costituisce, in ambito fallimentare, presupposto per l’applicazione analogica della necessità della notifica al terzo, in uno con la terzietà del soggetto “controparte” del creditore cessionario.
Anche alla luce di quanto sopra richiamato si consideri come la norma codicistica non preveda, per la cessione, quale condizione di efficacia anche per i terzi la notifica al debitore ceduto, ovvero la sua accettazione; si tenga conto inoltre che, come più volte riaffermato dalla Giurisprudenza di legittimità anche qui richiamata, con l’accordo tra le
28 Si sottolinea, anche in tale circostanza, la rilevanza della presenza o meno della terzietà quale discrimine per l’opponibilità di diritti in capo a creditori dell’imprenditore.
29 In ciò richiamando proprio precedente n. 9650 del 22 settembre 1990.
30 Non oggetto di intervento Legislativo in occasione dell’emanazione del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 144 che ha inserito il solo art. 45.
parti (cedente e cessionario31) si perfeziona la relativa uscita dal patrimonio del primo e l’ingresso in quello del secondo. Ben diversa, ad esempio, è la scelta effettuata in materia di partecipazione in società aventi personalità giuridica per le quali il trasferimento è opponibile, anche ai terzi, solo una volta eseguite le formalità di iscrizione a libro soci dell’emittente. Giova osservare, peraltro, come in questo caso il Legislatore abbia inteso assicurare tutela, non da ultimo, ai soci ed altri soggetti “interessati” che, nell’ipotesi di cessione del credito, non appare avere assunto legislativamente una simile meritevolezza di tutela32.
Elemento da considerare, infine, è la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di opponibilità al fallimento di un atto, o documento, una volta accertatane la presenza di una data certa anteriore alla procedura, cui ricondurlo in ragione della terzietà di quest’ultima rispetto al rapporto tra creditore e fallito richiedendo, quale eventuale integrativo elemento, il ricorrere di ulteriori incombenti, sempre muniti della data certa, se ed in quanto previsti dalla specifica normativa di riferimento.
Il sillogismo, così come articolato, porta a ricercare quale norma codicistica, ovvero presente nella legge fallimentare, richieda nell’ambito della procedura di Concordato Preventivo la notifica al debitore ceduto per renderla opponibile anche al terzo che risulti riconducibile al disposto dell’art. 2914, n. 2 il quale, peraltro, da un lato non viene espressamente citato dall’art. 45 e, dall’altro, appare trovare applicazione per orientamento giurisprudenziale, anche di legittimità, in ragione della terzietà che caratterizza il Fallimento e, sotto certi versi, il Concordato Preventivo ante Riforma. Assumendo, quindi, come l’applicazione di tale disposizione codicistica poggi sostanzialmente su detta terzietà e considerato come, proprio anche attraverso la recente introduzione del richiamo
31 Anche nell’ipotesi della cessione pro-soluto con funzione di garanzia – salvo non sia escluso per volontà delle parti (infra) -.
32 Si è di fronte, infatti, ad una “trasformazione” di un asset patrimoniale del cedente cui è corrisposto un pagamento da parte del cessionario (ovvero anticipazione nell’ipotesi di “cessione con funzione di garanzia”), restando tutelati i terzi creditori, eventualmente pregiudicati dall’operazione, di agire in revocatoria (anche ordinaria), per vedere ristabilita la situazione quo ante.
all’art. 45 l.f. nell’art. 169, si sia voluto assicurare una maggiore tutela ai creditori concordatari che risultava affievolita dalla più spiccata autonomia contrattuale e gestionale riconosciuta all’imprenditore a far data dal deposito del Ricorso ex art. 161 l.f., apparirebbe legittimo sostenere la non applicabilità, quantomeno xxx, xxx xxxxxx x. 0 dell’art. 2914. Quale portata, quindi, viene ad assumere l’art. 45 in un contesto concordatario e con riferimento alla cessione del credito risulta da definirsi secondo i canoni che regolano tale istituto e, quindi, il codice civile, relativamente alla sua opponibilità al debitore ceduto, la l. n. 52/1991 in materia di cessione di crediti di impresa33, il r.d. 2440/1923 in materia di cessione di crediti vantati verso la P.A.34.
In materia di normazione dell’opponibilità ai terzi, in via generale, di un atto o di un documento la cui sottoscrizione non sia autenticata, il principale riferimento è l’art. 2704 cod. civ. “Data della scrittura privata nei confronti dei terzi”, nella parte in cui prevede
33 Il suo art. 5 “Efficacia della cessione nei confronti dei terzi”, prevede l’opponibilità, una volta che il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa: a) agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi anteriormente alla data del pagamento, b) al creditore del cedente, che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento e, c) al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento, salvo che il cessionario conoscesse lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e questo sia stato eseguito nell'anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto.
Il successivo comma due recita “È fatta salva per il cessionario la facoltà di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal codice civile”, che introduce la possibilità di utilizzare altre forme, alternative, per l’opponibilità ai terzi della cessione, in termini codicistici senza, peraltro, definirne i contorni ed i riferimenti. Tale inciso, proprio in quanto non richiami specifiche disposizioni del codice civile, potrebbe essere interpretato come un rinvio, in ragione dei singoli istituti di volta in volta applicabili, alle disposizioni in materia di data certa ex art. 2704, opponibilità della cessione al creditore pignorante ad a quelli che abbiano spiegato intervento nella procedura, secondo il disposto del successivo art. 2914 n.2, etc.
2. È fatta salva per il cessionario la facoltà di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal codice civile.
3. È fatta salva l'efficacia liberatoria secondo le norme del codice civile dei pagamenti eseguiti dal debitore a terzi.
34 Il cui art. 69 dispone che devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata, autenticata da notaio, ed essere notificate all'amministrazione centrale ovvero all'ente, ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento
termini e condizioni affinchè divenga opponibile. Il rilievo che qui particolarmente35 interessa, fuori dai casi previsti dall’art, 2914, n. 2, del cod. civ., previsto per l’ipotesi di azioni esecutive (ante), è dove richiama ogni altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento.
L’inopponibilità stabilita dalla L.F., art. 45 riguarda, quindi, esclusivamente gli atti di disposizione suscettibili di vulnerare i diritti della massa dei creditori36 che non siano, in quanto già avvenuti e perfezionatisi in base alle rispettive norme che le regolano, opponibili al Concordato.
5. Conclusioni
Da quanto fin qui esposto appare legittimo sostenere che l’istituto della cessione del credito, nell’ambito della procedura di concordato preventivo, meriti un attento approfondimento alla luce degli impatti che la novellazione intervenuta, su detto istituto della legge fallimentare, nell’ultimo periodo. In particolare considerando peculiari aspetti della sua natura che appaiono distinguerlo maggiormente dal fallimento ponendolo, anche se per taluni peculiari versi, su un piano di maggior controllo di legittimità nel continuum rispetto agli accordi tra debitore e creditore come regolati dagli art. 67 e 182bis l.f.
Tale ultima considerazione, ove si accolgano le argomentazioni dianzi esposte, porterebbe a rilevare un’affievolita tutela dei creditori rispetto alla pregressa situazione che, peraltro, vede come contrappeso, tra le altre, la previsione contenuta nell’art. 180 l.f. quanto al rilievo che assume, in materia di limiti, la contestazione della convenienza della proposta concordataria da parte di una soglia percentuale “qualificata”37, ovvero di un singolo socio
35 In ragione del ricorso, da parte degli istituti di credito, all’apposizione della data certa sulla contrattualistica scambiata con la clientela (es. contratti quadro, contratti relativi a singole operazioni, distinti di presentazione di portafoglio) dalla quale risulti la cessione dei crediti oggetto di anticipazione, solitamente nella forma pro-solvendo quale elemento di ulteriore garanzia.
36 Cass. civ. n. 16669/2008, cit.
37 Venti per cento.
appartenente ad una classe dissenziente, in sede di procedimento di omologa. Detto affievolimento, peraltro, risulterebbe compatibile con la natura maggiormente contrattuale che la procedura di concordato preventivo è venuta ad assumere rispetto al passato,