LE SENTENZE ANNOTATE
B
LE SENTENZE ANNOTATE
Il contratto reale di caparra: rilettura obbligata di un dogma
Xxxxxxx Xxxxxx
Avvocato e Ricercatore di Diritto civile
SINTESI
a) La caparra confirmatoria
La caparra è la somma di denaro (o la quantità di altre cose fungi- bili) che una parte, all'atto della conclusione di un contratto, conse- gna all'altra, con l'accordo che nell'ipotesi di inadempimento di que- st'ultimo la medesima potrà recedere dal contratto trattenendola in maniera definitiva, e che, al contrario, in caso di inadempimento della parte che ha ricevuto la caparra, sarà l'altra a potere recedere, avendo anche il diritto di esigere il doppio di quanto versato.
b) La funzione della caparra
Il secondo e il terzo comma dell'art. 1385 cod. civ. costituiscono il ful- cro della norma, disegnando un sistema che attribuisce una serie di rimedi alla parte diligente del rapporto: di fronte all'altrui inadempi- mento, questa parte ha a disposizione una forma di tutela rafforzata che consente una spedita composizione della vicenda che si realizza attraverso la possibilità di sciogliersi dal vincolo, ottenendo, al con- tempo, come liquidazione forfettaria del danno subito, quanto con- segnato a titolo di caparra (se l'inadempimento riguarda il soggetto che ha dato la caparra, questi può invece esigere il doppio di quan- to versato). Ancora, le parti, una volta stipulata una caparra, posso- no sempre domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto se- condo le regole generali.
c) La c.d. natura reale del contratto di caparra
Dal tenore letterale dell'art. 1385 cod. civ., sembra emergere chia- ramente che la caparra è un contratto reale, nel senso che solo con la materiale dazione della somma di denaro (o di una quantità di al- tre cose fungibili) potrebbe intendersi avvenuta la conclusione del negozio: nello schema disegnato dal legislatore la traditio sembre- rebbe atteggiarsi, in altre parole, quale elemento necessario per il perfezionamento della fattispecie.
d) L'ammissibilità di una caparra consensuale
L'autonomia privata ha la possibilità di derogare alla disciplina fis- sata nell'art. 1385 cod. civ.: viene a questo proposito in considera- zione il primo comma della norma, che contiene la parte maggior- mente descrittiva della fattispecie, mentre nel secondo e nel terzo è contenuta una parte di carattere più precettivo. Appare del tutto le- cita e meritevole di tutela, in questo quadro, una caparra puramen- te consensuale, per il perfezionamento della quale, cioè, non vi sa- rebbe bisogno della consegna del denaro o di altre cose fungibili, ma sarebbe sufficiente che le parti manifestino concordemente e defi- nitivamente il loro consenso.
Cassazione civile, 9 agosto 2011, n. 17127
Pres. Triola — Est. Xxxxxxx
Contratto in genere – Clausola del negozio – Caparra confirmatoria – Natura e funzione – Buona fede e correttezza – Responsabilità patrimoniale
Allorquando la caparra venga costituita mediante consegna di un assegno bancario, il comportamento del prenditore del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all'incasso, trattenendo comunque l'assegno e non restituendolo all'acqui- rente, è contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del prenditore l'insorgenza degli obblighi propri della caparra, nel senso che ove risulti inadempiente all'obbligazione cui si riferisce la caparra, egli sarà tenuto al pagamento di una somma pari al doppio di quella indicata nell'assegno (massima redazionale).
» sommario
1. Il ruolo della caparra nella vicenda condotta al vaglio della Corte
2. La struttura della caparra confirmatoria
3. La caparra quale contratto reale
4. L'ammissibilità (oggi forse l'obbligo) di una caparra consensuale
Il fatto
Con citazione notificata il 22.11.1999, D.B.A. conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Pordenone, la Autogrù s.r.l. Autogrù per sentirla condannare alla restituzione del doppio della caparra ver- sata il 6.9.1999.
A sostegno della domanda, l'attore esponeva che aveva acquistato, nella indicata data, un autoveicolo versando al collaboratore della convenuta, Z.F., un assegno bancario dell'importo di L. 5.000.000 in- testato alla convenuta, e che, presentatosi alla concessionaria per ottenere spiegazioni sulla mancata consegna dell'autoveicolo nei tempi stabiliti, si era visto opporre la mancata conclusione di un qualsivoglia contratto e il fatto che la venditrice non aveva mai ri- cevuto l'assegno. Concludeva, quindi, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice e la condanna del- la stessa alla restituzione del doppio della caparra, ovvero al paga- mento della somma di L. 5.000.000 in caso di restituzione dell'asse- gno.
Costituitosi il contraddittorio, la convenuta contestava la doman- da, per non avere mai sottoscritto un contratto di vendita con l'at- tore, e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa Z.F. Questi si costituiva in giudizio aderendo alla ricostruzione dei fatti proposta dall'attore e specificando di aver regolarmente trasmesso l'assegno, dato a titolo di caparra, all'ufficio competente della so- cietà convenuta.
Con sentenza depositata il 19.12.2003, l'adito Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando risolto il contratto e condannando la con- venuta alla restituzione del doppio della caparra. Il Tribunale ritene- va provata la tesi dell'attore circa l'avvenuto versamento della ca- parra e, pur riconoscendo l'incertezza della prova circa la materiale consegna dell'assegno alla società convenuta, evidenziava la culpa in vigilando di quest'ultima nei confronti del suo collaboratore.
La Autogrù s.r.l. proponeva appello, cui resisteva il D.B.
La Corte d'Appello di Trieste, con sentenza depositata il 12.8.2005, accoglieva parzialmente il gravame e rigettava la domanda di paga- mento del doppio della caparra, condannando il D.B. al pagamento delle spese del doppio grado.
La Corte d'Appello riteneva che la censura relativa alla conclusione del contratto, pur se in ipotesi fondata, era male impostata, atte- so che, da un lato, l'appellante avrebbe colpevolmente consentito ad un venditore esterno alla propria organizzazione di promuovere la conclusione di contratti nei propri locali e, dall'altro, l'appellato avrebbe dovuto avvedersi della clausola n. 8 contenuta nel modulo sottoscritto, nella quale si affermava che la società si riservava l'ac- cettazione del singolo contratto stipulato con il singolo venditore, in tal modo manifestando l'esistenza di una limitazione al potere del singolo preposto alla vendita.
Peraltro, pur sussistendo dubbi sull'avvenuta conclusione di un con- tratto, la Corte riteneva invece positivamente escluso che tra le par- ti fosse mai stato stipulato un valido contratto di caparra, non es- sendosi mai verificata la traditio del denaro dall'acquirente al ven- ditore, posto che detto denaro non era mai uscito dalla disponibilità dell'acquirente per entrare in quella della venditrice anche tramite il suo rappresentante, falso o no che fosse. La caparra, osservava la Corte, ha natura reale, con il corollario della improduttività degli ef- fetti giuridici suoi propri ove non si consegni una somma di denaro. Nella specie, doveva ritenersi accertato che l'assegno non era mai stato incassato dalla venditrice appellante né da chiunque altro, sicché il denaro doveva ritenersi rimasto sempre nella disponibilità dell'acquirente. Il prenditore dell'assegno non lo aveva consegnato alla società, né aveva provveduto personalmente a porlo all'incas- so, sicché doveva escludersi che tra le parti fosse stato stipulato un contratto di caparra. Né poteva ritenersi sussistente la prospettata
equiparazione tra assegno e denaro, atteso che tale assimilabilità è esclusa dalla giurisprudenza di legittimità.
In conclusione, in difetto della prova dell'avvenuta consegna alla venditrice, o a un suo incaricato, vero o falso che fosse, di una som- ma di denaro, la pretesa dell'acquirente di vedersi corrisposta una somma pari o doppia a quella recata dall'assegno bancario risulta- va infondata.
Per la cassazione di questa sentenza D.B.A. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, cui ha resistito, con controricorso, Autogrù s.r.l., ora Gruppo Scalon s.p.a. Z. F. non ha svolto attività difensiva. La resistente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.
Le spese di causa seguono la soccombenza: dette spese vengono li- quidate, peraltro, in ragione dell'effettivo credito riconosciuto a fa- vore della ditta attrice, in euro 300,00 per esborsi, euro 900,00 per diritti ed euro 1.250,00 per onorari, oltre accessori di legge se fiscal- mente dovuti.
La motivazione
Con l'unico motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 1197, 1277, 1289 e 1385 cod. civ. e vizio di motivazione.
Premesso che l'art. 1197 cod. civ., comma 1, consente al debitore di liberarsi dell'obbligazione eseguendo una prestazione diversa con il consenso del debitore e che se il contratto ha per oggetto un'obbli- gazione pecuniaria e il debitore, in luogo del pagamento del debito, versa un assegno bancario emesso in favore del creditore, il consen- so di quest'ultimo è desumibile dall'avere accettato un mezzo e un luogo di pagamento diversi da quelli dovuti per legge, il ricorrente ritiene che la Corte d'Xxxxxxx abbia violato le indicate disposizioni. Nel caso di specie, osserva il ricorrente, era infatti pacifico che con la Autogrù s.r.l., tramite lo Z., era intervenuto un contratto di ven- dita relativo ad un veicolo oggetto della proposta di acquisto, così come era pacifica l'accettazione, come caparra confirmatoria, di un assegno bancario che, per il deteriorarsi dei rapporti tra la Autogrù e lo Z. non era stato posto all'incasso.
Peraltro, la mancata riscossione dell'assegno da parte del credito- re, per ragioni a lui imputabili, non impediva che l'acquirente do- vesse considerarsi adempiente alla propria obbligazione, sicché la caparra confirmatoria doveva ritenersi validamente data, con tut- te le conseguenze del caso per l'inadempimento del venditore. D'al- tra parte, se si consente che colui il quale riceve la caparra a mez- zo assegno bancario, ove non voglia più dare esecuzione al contrat- to, possa liberarsi dalle proprie obbligazioni semplicemente non po- nendo all'incasso l'assegno, risulterebbe evidente il deficit di tutela in favore della parte adempiente.
In ogni caso, osserva il ricorrente, l'assegno, ancorché non posto al- l'incasso, era pur sempre rimasto nella disponibilità o della Autogrù
s.r.l. o dello Z., non avendo del resto né l'una né l'altro denunciato lo smarrimento del titolo, sicché egli aveva diritto alla restituzione del doppio della caparra.
Il ricorso è fondato.
La Corte d'Xxxxxxx ha ritenuto di poter risolvere la controversia ar- gomentando sulla base del rilievo che, a parte ogni dubbio sulla va- lida conclusione del contratto principale, non vi era in atti la prova della avvenuta conclusione del contratto di caparra, non essendo la somma recata dall'assegno mai entrata nella disponibilità del ven- ditore, uscendo dalla sfera di disponibilità dell'acquirente.
La caparra, ha osservato la Corte d'Appello, ha natura reale, sicché gli effetti giuridici della stessa non si verificano nel caso in cui la somma di denaro (o l'altra cosa fungibile) non venga consegnata al venditore.
Questa ultima affermazione della sentenza impugnata è senz'al- tro condivisibile, nel senso che, oltre ad essere conforme alla lette- ra dell'art. 1885 cod. civ., comma 1, trova il conforto della giurispru- denza di questa Corte (Cass., n. 5424 del 2002, secondo cui la capar- ra confirmatoria costituisce un contratto che si perfeziona con la consegna che una parte fa all'altra di una somma di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d'inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato, ed. contratto principale).
Il problema che si pone è peraltro quello di verificare se l'effetto pro- prio della conclusione di un contratto di caparra possa avere luogo anche nel caso in cui venga consegnato dall'acquirente al venditore un assegno bancario, allorquando il detto assegno venga ricevuto dall'acquirente e dallo stesso non posto all'incasso. La risposta da dare al quesito deve, ad avviso del Collegio, essere positiva.
Invero, tenuto conto della funzione dell'assegno bancario, la capar- ra ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario, perfezionandosi l'effetto proprio della caparra al momen- to della riscossione della somma recata dall'assegno, e quindi salvo buon fine. Allorquando il venditore accetti la dazione della caparra con assegno bancario, è suo onere quello di porre all'incasso il tito- lo, nel senso che, ove l'assegno non venga posto in riscossione, il mancato buon fine dell'assegno bancario – che preclude il raggiun- gimento dello scopo proprio della consegna della caparra – è riferi- bile unicamente al comportamento del prenditore.
Questa Corte, del resto, ha avuto modo di affermare che «in base alla regola di correttezza posta dall'art. 1175 cod. civ., l'obbligazio- ne del debitore si estingue a seguito della mancata tempestiva pre- sentazione all'incasso del titolo di credito (assegno bancario, nella specie) da parte del creditore, che in tal modo, viene meno al suo dovere di cooperare in modo leale e fattivo all'adempimento del de- bitore. Deve quindi ritenersi che, se il creditore omette, violando la predetta regola di correttezza, di compiere gli adempimenti neces- sari affinché il titolo sia pagato, nei termini di legge, dalla banca trattaria (o da altro istituto bancario), tale comportamento omissi- vo deve essere equiparato, a tutti gli effetti di legge, all'avvenuta esecuzione della diversa prestazione, con conseguente estinzione dell'obbligazione, ex art. 1197 cod. civ.» (Cass., n. 12079 del 2007).
Ed ancora si è chiarito che «in caso di pagamento effettuato me- diante assegni di conto corrente, l'effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo; tuttavia, poiché l'assegno, in quanto titolo pa- gabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell'obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l'avvenuta emissione e la con- segna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del man- cato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla leg- ge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del cre- ditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento» (Cass., n. 17749 del 2009).
Ne consegue che, allorquando la caparra venga costituita mediante consegna di un assegno bancario, il comportamento del prendito- re del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all'incasso, trattenendo comunque l'assegno e non restituen- dolo all'acquirente, è contrario a correttezza e buona fede e com- porta a carico del prenditore l'insorgenza degli obblighi propri della caparra, nel senso che ove risulti inadempiente all'obbligazione cui si riferisce la caparra, egli sarà tenuto al pagamento di una somma pari al doppio di quella indicata nell'assegno.
La Corte d'Appello di Trieste, dunque, nell'accogliere il gravame pro- posto dalla Autogrù s.r.l., è incorsa nella denunciata violazione di legge.
In applicazione dell'indicato principio, la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accerta- menti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi del- l'art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto dell'appello.
La novità della questione sottoposta all'esame di questa Corte e l'e- sito contrastante dei giudizi di merito, giustificano la compensazio- ne delle spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, deciden- do nel merito, rigetta l'appello; compensa le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità.
1. Il ruolo della caparra nella vicenda condotta al vaglio della Corte
La vicenda portata all'esame della Cassazione risulta di parti- colare interesse in relazione all'indagine sulla sussistenza di un valido ed efficace contratto di caparra confirmatoria an- che nel caso in cui l'acquirente consegni al venditore, in luogo del denaro, un assegno bancario da quest'ultimo mai posto all'incasso(1).
Il signor D.B.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Pordenone la Autogrù s.r.l. chiedendo la condanna alla resti- tuzione del doppio della caparra versata per l'acquisto di un autoveicolo oggetto di un contratto di vendita stipulato con l'agente Z.F., collaboratore esterno della concessionaria con- venuta.
A sostegno della domanda, l'attore esponeva di avere acqui- stato l'autoveicolo versando al collaboratore della convenu- ta, Z.F., un assegno bancario dell'importo di L. 5.000.000 (cir- ca 2.500 euro attuali(2)) intestato alla convenuta medesima, e che, presentatosi alla concessionaria per ottenere spiegazio- ni sulla mancata consegna dell'autoveicolo nei tempi stabili- ti, si era visto opporre la mancata conclusione di un qualsivo- glia contratto ed il fatto che la venditrice non aveva mai xxxx-
vuto l'assegno. L'attore concludeva, quindi, chiedendo la ri- soluzione del contratto per inadempimento della venditrice e la condanna della stessa alla restituzione del doppio della ca- parra confirmatoria.
In primo grado, il Tribunale, accogliendo la domanda, dichia- rava la risoluzione del contratto e condannava la ditta conve- nuta alla restituzione del doppio della caparra, sulla base del fatto che, pur essendo incerto che la società convenuta fosse effettivamente entrata in possesso dell'assegno, ad ogni mo- do si doveva ascrivere a detta società la culpa in vigilando nei confronti del suo collaboratore, Z.F., attraverso il quale pro- muoveva la conclusione di contratti all'interno dei propri lo- cali commerciali.
La società Autogrù s.r.l. proponeva appello alla competente Corte d'Appello di Trieste, cui resisteva il D.B.
Il giudice di secondo grado riteneva fondata la censura rela- tiva alla conclusione del contratto, osservando che se da un lato, l'appellante aveva colpevolmente consentito allo Z.F. di promuovere la conclusione di contratti all'interno dei locali commerciali della società, dall'altro, l'appellato avrebbe do- vuto accorgersi della clausola contrattuale ove si leggeva che la società si riservava il diritto di accettare il singolo contratto
stipulato con l'agente, manifestando così una limitazione al potere del soggetto preposto alla vendita.
La Corte d'Appello, quindi, argomentava sulla base del rilie- vo che, prescindendo dalla valida conclusione del contratto di vendita – che come ora evidenziato veniva ritenuto esistente
– non vi era la prova dell'avvenuta conclusione del contratto di xxxxxxx, dal momento che la somma oggetto dell'assegno non era mai entrata nella disponibilità della società venditri- ce, e, di conseguenza, non era mai uscita dalla disponibilità del patrimonio del D.B.
È facile osservare come il ragionamento della Corte d'Appello ruoti intorno alla natura reale della caparra, che si perfezione- rebbe mediante la traditio del denaro dall'acquirente al ven- ditore(3). Il giudice della fase di gravame, abbracciando quel- l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la caparra avrebbe natura reale, e, dunque, non produr- rebbe gli effetti suoi propri laddove non si consegni una som- ma di denaro, ha accolto il motivo di gravame, considerato che l'assegno bancario, pur rappresentando un titolo di cre- dito, è subordinato alla clausola “salvo buon fine”, ed in sé non è equiparabile al denaro liquido, solo a seguito della da- zione del quale potrebbe considerarsi raggiunto lo scopo del- la caparra.
L'appellato decideva di promuovere ricorso in Cassazione, la- mentando la violazione degli artt. 1175, 1197, 1277, 1289 e 1385 cod. civ. e vizio di motivazione, sostenendo che nella mancata presentazione all'incasso dell'assegno bancario da parte del creditore sarebbe stata da ravvisare una violazio- ne della regola di correttezza di cui all'art. 1175 cod. civ. e che l'obbligazione del debitore sarebbe stata da considera- re estinta, dal momento che il comportamento del credito- re avrebbe dovuto essere assimilato all'avvenuta esecuzione della diversa prestazione di cui parla l'art. 1197 cod. civ.
La quaestio iuris sulla quale il Xxxxxxxx ha ritenuto di soffer- marsi verte sull'accertamento circa il verificarsi dell'effetto proprio della conclusione di un contratto di caparra nono- stante la consegna al venditore, in luogo di una somma di de- naro, di un assegno bancario, allorquando il detto assegno non venga posto all'incasso. La Suprema Corte, nel risolvere positivamente il quesito, ha argomentato attraverso l'analisi di due profili: da un lato, soffermandosi sulla natura dell'as- segno bancario e, dall'altro, valutando il comportamento del prenditore dell'assegno che ha omesso di porlo all'incasso. Relativamente al primo profilo, occorre osservare come la Corte abbia ritenuto che, vista la funzione dell'assegno ban- cario(4), la caparra possa validamente essere costituita anche mediante la consegna di un assegno, perfezionandosi l'effet- to proprio della caparra al momento della riscossione della somma recata dall'assegno, e quindi salvo buon fine.
In relazione, poi, al secondo profilo, la Corte ha concluso ri-
tenendo applicabile la disciplina della caparra confirmatoria anche alla fattispecie in oggetto, considerando che in garan- zia era stato posto un assegno bancario non incassato a causa del deteriorarsi dei rapporti tra la società venditrice e l'agen- te-prenditore dello stesso, e non per circostanze ascrivibili al debitore (per circostanze, dunque, estranee alla sfera di con- trollo del debitore). Ciò in quanto, laddove l'assegno non ven-
ga riscosso per inerzia del prenditore, si configurerebbe una violazione degli obblighi di correttezza di cui all'art. 1175 cod. civ. L'obbligazione del debitore si estinguerebbe pertanto a seguito della mancata tempestiva presentazione all'incasso del titolo da parte del creditore, in quanto, così facendo, do- vrebbe considerarsi essere venuto meno al suo dovere di coo- perare in modo leale e fattivo all'adempimento del debitore. In altri termini, dovrebbe ritenersi che se il creditore, violando la regola di correttezza, ometta di compiere gli adempimen- ti necessari affinché il titolo sia pagato, tale omissione sia da equiparare all'avvenuta esecuzione di una diversa prestazio- ne, con conseguente estinzione dell'obbligazione a carico del debitore a norma dell'art. 1197 cod. civ., rimanendo, a carico del debitore, soltanto la prova dell'emissione del titolo, della consegna dello stesso e della disponibilità dei fondi sul conto corrente cui il titolo di credito inerisce
2. La struttura della caparra confirmatoria
Ai sensi dell'art. 1385 cod. civ., la caparra è la somma di de- naro o la quantità di altre cose fungibili che una parte, all'at- to della conclusione di un contratto (principale), consegna al- l'altra, con l'accordo che nell'ipotesi di un suo inadempimen- to l'altra parte potrà recedere dal contratto e trattenere in ma- niera definitiva il denaro, o la quantità di altre cose ricevute, e che, al contrario, in caso di inadempimento della parte che ha ricevuto la caparra, l'altra potrà recedere dal negozio e avrà diritto di esigere il doppio della caparra versata(5).
Il meccanismo che si ritrova nell'art. 1385 cod. civ. ben si atta- glia a quei negozi nei quali in ciascuna delle parti si rinviene, al contempo, una posizione di debito e una di credito non an- cora (o non del tutto) esaurite. Il secondo e il terzo comma del- la disposizione costituiscono il fulcro della norma, disegnan- do un sistema che attribuisce una serie di rimedi alla parte diligente del rapporto: di fronte all'altrui inadempimento, la parte ha a disposizione una forma di tutela rafforzata idonea a consentire una spedita composizione della vicenda, che si realizza attraverso la possibilità di sciogliersi dal vincolo otte- nendo, al contempo, come liquidazione forfettaria del danno subìto, quanto consegnato a titolo di caparra (se l'inadempi- mento riguarda il soggetto che ha dato la caparra, questi può invece esigere il doppio di quanto versato). Ancora, le parti, una volta stipulata una caparra, possono sempre domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto secondo le regole generali (v. il terzo comma dell'art. 1385 cod. civ.). Entrambe le previsioni, quella del secondo e quella del terzo comma del- l'art. 1385 cod. civ., sono volte a rendere possibile lo sciogli- mento del vincolo da parte del contraente non inadempiente, una per via giudiziale, l'altra per via extragiudiziale(6).
La relazione che si instaura tra la caparra e il negozio prin-
cipale cui questa accede rappresenta un punto di vista privi- legiato per comprendere la ratio della norma e, soprattutto, per valutare la funzione svolta dall'art. 1385 cod. civ. nell'eco- nomia del rapporto: nell'esaminare la funzione della caparra, non si può trascurare il fatto che questa sia collegata indisso- lubilmente, con un rapporto di dipendenza, ad un altro nego- zio, di modo che la sorte e il modo d'essere del negozio prin- cipale non possono non condizionare il ruolo e la finalità del- la caparra(7).
La caparra segue l'evolversi complessivo del rapporto (dal momento iniziale sino alla fase dell'adempimento o dell'ina- dempimento) e si adatta alle esigenze della parte in risposta ai comportamenti dell'altro contraente, risultando poco effica- ce ogni tentativo di fissarne in una sola formula scopo e fun- zione. Quello che emerge nello studio della caparra e della sua funzione è il fatto che a seconda delle varie fasi del rapporto e delle esigenze del contraente fedele possono venire in rilie- vo diverse finalità, alcune sicuramente tipiche (o forti(8)) della caparra, altre comunque fruibili dalla parte (o deboli(9)) che se ne può servire perché si verifica una coincidenza tra la si- tuazione di fatto e gli effetti giuridici che si vogliono (e si pos- sono grazie alla caparra) perseguire.
Non vi è una regola per stabilire chi tra le parti debba dare o ricevere la caparra: si può dubitare del fatto che l'accipiens sia tale perché nel negozio principale che lo vincola al tradens sia il soggetto più esposto all'altrui inadempimento(10). Infatti, se si guarda alla prassi delle contrattazioni, risulta che di norma il tradens è il soggetto che deve effettuare una prestazione di natura monetaria (deve versare il prezzo della vendita, o il ca- none d'affitto, ecc.), mentre l'accipiens deve adempiere pre- stando un bene diverso dal denaro (procedere alla consegna della res, fare godere il bene locato, ecc.)(11). Oltre ad essere diversa dal denaro, normalmente, la prestazione a cui si ob- bliga l'accipiens è anche indivisibile, di modo che non se ne può staccare una parte per darla a titolo di caparra. Proprio l'esempio della vendita dimostra, semmai, stanti soprattutto le regole che governano il passaggio della proprietà e del ri- schio in questa tipologia negoziale, che il soggetto più esposto all'inadempimento è l'acquirente, che di norma è il tradens, e non il venditore, che nella maggioranza dei casi è, invece, l'accipiens. Dunque, quella di tradens o di accipiens sono po- sizioni legate al modo d'essere di ogni singolo negozio, riflet- tendo la natura delle prestazioni dedotte e gli interessi perse- guiti dalla parti del contratto principale, cui si conforma ne- cessariamente anche il negozio di caparra.
3. La caparra quale contratto reale
Dal tenore letterale della disposizione, sembra emergere assai chiaramente che la caparra è un contratto reale(12), e cioè un contratto che si conclude solo con la materiale dazione del- la somma di denaro (o di una quantità di altre cose fungibi- li)(13). Nello schema disegnato dal legislatore, la traditio è ele- mento necessario per il perfezionamento della fattispecie, e le espressioni “versamento della caparra” o simili, comune- mente usate nella prassi, rivelano più di altre il fatto che è so- lo con il passaggio della res (denaro o altre cose fungibili) tra le parti che la caparra può dirsi effettivamente operante e ini- ziare a dispiegare i suoi effetti(14).
In questo quadro, è utile ricordare una diversa ricostruzione proposta dalla dottrina secondo la quale per formare la fatti- specie sarebbero necessari due negozi, uno reale e l'altro me- ramente obbligatorio(15). L'esistenza di questi due negozi sa- rebbe testimoniata dalla diversa posizione del tradens e del- l'accipiens all'interno della fattispecie: il negozio reale sareb- be funzionale alla posizione dell'accipiens, che, nel momento in cui recede essendosi verificato un inadempimento dell'al-
tra parte, ha il diritto di trattenere la caparra ricevuta; il nego- zio puramente obbligatorio opererebbe, invece, in favore del tradens, che, avendone maturato il diritto, decida di recede- re, svolgendo la funzione di obbligare l'accipiens a corrispon- dergli una somma di denaro o altra quantità di cose fungibi- li dello stesso genere e con le medesime qualità di quelle og- getto della caparra a suo tempo versata(16). La datio rei rap- presenterebbe, così, solamente un valido presupposto per il diritto dell'accipiens di ritenere la caparra ricevuta nel caso di inadempimento del tradens; mentre non potrebbe giustifica- re né il diritto di computare la caparra nella prestazione do- vuta né l'obbligazione di restituire la stessa nel caso di adem- pimento dell'accipiens.
In realtà, la tesi richiamata finisce col raggiungere i medesimi risultati che già si ottengono con l'inquadramento della fatti- specie all'interno della categoria dei contratti reali, posto che è la norma stessa, una volta che è stata effettuata la traditio, a prevedere nel secondo e nel terzo comma dell'art. 1385 cod. civ. le varie conseguenze per le parti (con una ripartizione tra le stesse di diritti e obblighi diversi a seconda del modo di con- clusione della vicenda riguardante il contratto principale).
La possibilità di ricondurre la caparra all'interno della cate- goria dei contratti reali è supportata da quanti evidenziano il carattere confirmatorio della stessa(17): nell'evoluzione dei traffici giuridici, la datio rei ha rappresentato, più di ogni altro fattore, un indice assai significativo per testimoniare la con- clusione di un negozio, e, nel caso della caparra, un suo raf- forzamento. Tuttavia, non appare condivisibile l'assunto in base al quale un semplice accordo sulla caparra privo della consegna sarebbe irrilevante rispetto al contratto principale, poiché non sarebbe idoneo a modificarne la disciplina(18). Al contrario, la comune volontà di porre in essere il negozio di caparra, e di obbligarsi al riguardo, già può ritenersi consen- tire alle parti di servirsi del meccanismo che si ritrova nel se- condo e nel terzo comma dell'art. 1385 cod. civ., condizio- nando il regolamento del negozio principale sia per quan- to riguarda la fase dell'adempimento sia per quanto riguarda quella (eventuale) dell'inadempimento. Si tratta di un assun- to che appare in linea con il sistema disegnato dagli artt. 1321 e 1322 cod. civ. Secondo la prima norma, invero, è contratto ogni accordo con cui le parti creano, modificano o estinguono rapporti giuridici patrimoniali, e questa definizione riguarda tutte le tipologie di contratto, siano essi consensuali o reali, tipici o atipici, di modo che è l'accordo l'elemento comune a tutti i negozi. E se questo è vero, vero è anche che nei con- tratti reali la fattispecie costitutiva è più complessa, dovendo- si avere, oltre all'accordo, anche la consegna. Ebbene, proprio l'applicazione corretta degli artt. 1321 e 1322 cod. civ. porta ad affermare che nel nostro ordinamento, tutte le volte in cui si conclude un contratto reale (così come disciplinato nei sin- goli tipi), ancora prima di completare la fattispecie costitutiva complessa del singolo negozio, se ne può realizzare, a segui- to dell'accordo e della comune dichiarazione di volontà del- le parti, uno consensuale atipico (in cui la consegna non sia conditio sine qua non)(19). L'importante è che si tratti di fatti- specie meritevole di tutela, e che si rispettino i requisiti posti dall'art. 1325 cod. civ. Né è possibile argomentare sostenen-
do che, fuori dalla struttura reale, la variante consensuale non è mai ammessa perché non risponderebbe ad interessi meri- tevoli di tutela. In altri termini, non appare sostenibile la tesi secondo cui una variante consensuale del comodato, del mu- tuo o della caparra non sarebbe meritevole di tutela, e perciò non potrebbe trovare cittadinanza nel sistema. Se le parti so- no d'accordo, e l'accordo rispetta i requisiti richiesti dall'art. 1325 cod. civ., è possibile costruire in chiave consensualisti- ca tutte le tipologie di contratti reali presenti nel libro quarto del codice, proprio in virtù del meccanismo prescelto dal le- gislatore che ha imposto nei contratti reali un quid pluris (la consegna) che non si ritrova nello schema base già di per sé valido ed efficace posto negli artt. 1321 e 1322 cod. civ.(20).
Oltre che reale, la caparra confirmatoria è poi un contratto ad effetti reali, posto che con la sua conclusione si determina il trasferimento della proprietà del denaro o delle altre cose fun- gibili che ne formano l'oggetto(21). La natura fungibile del de- naro o delle altre cose comporta, una volta intervenuta la con- segna, la loro confusione nel patrimonio dell'accipiens, deter- minandone l'acquisto automatico della proprietà.
Se pure non si volesse ammettere l'efficacia traslativa del ne- gozio di caparra, non si potrebbe comunque negare l'acquisto delle res da parte dell'accipiens, attesa la funzione svolta dal- la caparra di anticipato (e parziale) adempimento della pre- stazione(22). Infatti, una tale funzione non potrebbe svolger- si se non fosse intervenuto il trasferimento della proprietà tra le parti. Da questo punto di vista, la caparra precede l'adem- pimento definitivo, che implica ovviamente il trasferimento della prestazione dalla sfera giuridica del debitore a quella del creditore, e ne anticipa gli effetti(23).
Inoltre, nel caso oggigiorno più frequente di caparra, quello, cioè, della caparra avente ad oggetto una somma di denaro, è regola generale del nostro ordinamento quella per cui il de- naro passa in proprietà di chi lo percepisce, «diventando par- te indistinta del suo patrimonio»(24).
Tuttavia, è bene ricordare che nel caso in cui la caparra ab- bia ad oggetto una somma di denaro, questa non è produtti- va di interessi nel periodo in cui è nella disponibilità dell'acci- piens(25), cioè nel lasso di tempo che intercorre tra la data del versamento e quella in cui, verificatasi l'esecuzione del con- tratto principale, sorge l'obbligo per la parte di imputarla alla prestazione o di restituirla.
4. L'ammissibilità (oggi forse l'obbligo) di una caparra consensuale
La formulazione dell'art. 1385 cod. civ. non sembrerebbe la- sciare dubbi sul fatto che il modello di xxxxxxx avuto presen- te dal legislatore del '42 segue lo schema del contratto reale, dove è solo con la consegna delle cose che ne formano l'og- getto che l'operazione può dirsi conclusa. L'interprete, tut- tavia, sollecitato anche dai dati provenienti dalla pratica, ha l'opportunità, quando anche non la necessità, di individuare schemi diversi da quello legale, comunque in linea con la ra- tio dell'istituto, e adeguati alle moderne tecniche di contrat- tazione(26). Il riferimento è, senza dubbio, per quanto qui in- teressa, alla possibilità di configurare una caparra puramen- te consensuale(27), dove cioè per il perfezionamento del con-
tratto non vi sia bisogno della consegna del denaro o delle al- tre cose fungibili, ma sia sufficiente che le parti manifestino concordemente e definitivamente il loro consenso (v. il pri- mo comma dell'art. 1326 cod. civ.). In particolare, per quanto concerne un patto di caparra di tal fatta, occorrerà verificare se le parti abbiano voluto vincolarsi, perseguendo gli scopi di cui all'art. 1385 cod. civ., indipendentemente dalla consegna della res(28).
Un primo dato da cui partire riguarda la possibilità (e i limi- ti) per l'autonomia privata di derogare alla disciplina fissa- ta nell'art. 1385 cod. civ. Viene qui in considerazione il pri- mo comma della norma, che contiene la parte maggiormen- te descrittiva della fattispecie, mentre nel secondo e nel ter- zo è contenuta una parte di carattere più precettivo (che però non interessa ai fini della possibilità di configurare una capar- ra consensuale)(29). Già nel periodo immediatamente succes- sivo all'emanazione del codice non si era mancato di rilevare che la caparra è assoggettata a disciplina «squisitamente di- spositiva, desunta – come del resto tutta la disciplina dei con- tratti, salvo rare eccezioni – dalla pratica secolare degli affari, senza la minima traccia di un intervento imperativo» del legi- slatore(30). Seguendo questa linea ricostruttiva, occorrerebbe concludere che sarebbe contrario ai princìpi dell'ordinamen- to vietare alle parti di configurare una caparra consensuale pienamente efficace e produttiva di effetti, in cui il denaro sia semplicemente promesso, ma non consegnato(31): se i con- traenti si sono così accordati, non potrebbe restare che segui- re ed attuare il regolamento negoziale per come è stato voluto dalle parti stesse.
Per quanti, invece, pongono in primo piano la funzione con-
firmatoria (quella cioè di prova dell'avvenuta conclusione del contratto), la consegna sembrerebbe essere elemento ineli- minabile della fattispecie, operante già sul piano della conclu- sione del contratto, e non solo su quello della semplice esecu- zione, posto che in mancanza della consegna la caparra non potrebbe costituire quell'indice esteriore e tangibile dell'esi- stenza del contratto principale che ne costituirebbe necessa- rio contrassegno(32).
A questo proposito, è importante sottolineare due aspetti.
In primo luogo, la caparra, per come è stata configurata dal legislatore, non ha sempre e soltanto funzione confirmatoria: quest'ultima è il frutto di una tradizione secolare che non de- ve essere accantonata, ma che va riletta alla luce dell'evolu- zione normativa(33).
In secondo luogo, il termine caparra ha un duplice significa- to, venendo utilizzato anche per indicare l'oggetto del con- tratto (il denaro o l'altra quantità di cose fungibili); ma in tale prospettiva si svaluta l'elemento negoziale, e di conseguenza l'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 cod. civ.(34).
Per converso, a volere negare che è solo con la traditio che si verifica la conclusione del contratto, si potrebbe giungere alla conseguenza pratica che al tradens, che non abbia anco- ra adempiuto l'obbligo di consegnare la caparra(35), sarebbe comunque possibile pretendere l'adempimento del negozio principale(36).
Ciò nonostante, la giurisprudenza ha da tempo ammesso che anche un assegno bancario possa essere dato a titolo di ca- parra(37).
L'assegno, che rappresenta sicuramente un mezzo di paga- mento, non realizza quell'effettivo incremento patrimoniale (che è il risultato pratico che si consegue, invece, con la tra- ditio effettiva), sin tanto che il portatore del titolo, ponendolo all'incasso, non vede acquisita nel proprio patrimonio la som- ma indicata(38).
Come emerge anche dalla sentenza in commento, sempre più di frequente nella prassi delle negoziazioni l'assegno è consi- derato un mezzo normale di pagamento, che sostituisce il de- naro e, anzi, nel caso di pagamenti di notevole entità, è ano- malo (nonché contrario alla normativa in vigore) che il debi- tore si rechi dalla propria controparte con un'ingente somma di denaro in contante(39). La ragione del carattere reale del- la caparra non può, dunque, essere ricercata nel fatto che se manca un effettivo spostamento patrimoniale dal tradens al- l'accipiens non si avrebbe, da un lato, la prova tangibile della conclusione del contratto principale e, dall'altro, il suo raffor- zamento rappresentato dalla somma già tutta a disposizione dell'accipiens come liquidazione forfettaria del (futuro e del tutto eventuale) danno da inadempimento.
Ancora, è stato osservato che lo stesso risultato che si otter- rebbe ritenendo ammissibile una caparra consensuale si con- seguirebbe, dal punto di vista pratico, se le parti all'interno del negozio prevedessero un diritto di recesso per giusta cau- sa, accompagnato da una clausola penale per la predetermi- nazione dei danni da inadempimento(40). In questo modo, al tradens che abbia omesso di versare la caparra si contrappor- rebbe il potere di recedere dell'altro contraente(41), a cui spet- terebbe, come risarcimento dei danni, la somma in preceden- za stabilita nella clausola penale(42). Ma anche l'accipiens po- trebbe trarre un ingiusto vantaggio: se la caparra fosse costi- tuita da un assegno bancario, l'accipiens, sapendo di non vo- lere adempiere, potrebbe decidere di non procedere alla ri- scossione, per sottrarsi al regime sanzionatorio previsto nel negozio. Potrebbe invocare, al contempo, il mancato perfe- zionamento del patto di caparra, non essendo intervenuto al- cun effettivo incremento della propria sfera giuridico-patri- moniale(43).
Nella ricostruzione della caparra come un contratto consen- suale sono necessarie una serie di ulteriori valutazioni. Un primo dato da cui partire è costituito dal fatto che un princi- pio generale del nostro ordinamento è quello che vede il con- tratto concluso (e, dunque, pienamente vincolante ed effica- ce in ogni suo aspetto) con il solo consenso legittimamente manifestato dalle parti. Nel momento in cui queste si accor- dano su di uno specifico programma negoziale, non si vede
per quale ragione richiedere la consegna come ulteriore ele- mento cui subordinare la conclusione del negozio: i più rile- vanti contratti (vendita, locazione, affitto, appalto) seguono questa regola generale, ed essendo l'accordo «il fatto nel qua- le si identifica il contratto»(44), è l'accordo stesso, senza altre formalità, quali ad esempio la consegna, ad impegnare le par- ti a rispettare il programma che si sono date.
In quest'ottica, il primo comma dell'art. 1385 cod. civ. ha più la funzione di descrivere il meccanismo operazionale tipico della caparra (l'id quod accidit), piuttosto che indicare la con- segna come elemento essenziale senza il quale non si può ar- rivare al perfezionamento del contratto. Inoltre, come osser- vato in precedenza, gli effetti previsti nel secondo e nel ter- zo comma dell'art. 1385 cod. civ. si possono ugualmente rag- giungere tramite una combinazione di clausole e istituti al- l'interno del regolamento negoziale (clausola penale, reces- so convenzionale, clausola risolutiva espressa) che per essere validamente operanti all'interno di un contratto necessitano unicamente del consenso delle parti, senza ulteriori formali- tà. Per la caparra, essendo rivolta al perseguimento di effetti analoghi, non dovrebbero valere regole più stringenti, anche perché, se è vero che la caparra è strumentale rispetto al nego- zio principale e si appone proprio per realizzarne più efficace- mente il risultato, vero è anche che di norma il negozio prin- cipale è un contratto consensuale. Non sono pertanto chiare le ragioni per cui per la validità e l'efficacia di quest'ultimo è sufficiente il consenso, mentre per la caparra, che è un quid minus, vengono richieste formalità più rigorose.
L'aspetto essenziale della caparra è di costituire una fattispe-
cie tipica di risoluzione stragiudiziale del contratto, oltre a quelle già contenute negli artt. 1454 ss. cod. civ.: nella confi- gurazione del negozio, la consegna non aggiunge altro ai fini del perfezionamento del meccanismo disegnato nel secondo e nel terzo comma dell'art. 1385 cod. civ.
Perfino in ordinamenti dove la consegna continua a svolge- re un ruolo centrale nell'economia dei contratti si è preferito modificare il carattere reale del mutuo, stabilendo che già in forza del consenso sul mutuo il mutuatante è obbligato a da- re le cose al mutuatario (basta dunque l'accordo per la con- clusione del contratto, da cui nascono effetti obbligatori tra le parti)(45).
Anche il primo comma dell'art. 1385 cod. civ. deve essere let- to alla luce della possibilità per le parti, attraverso il consenso legittimamente manifestato, di vincolarsi pienamente, dando vita ad una serie di effetti diversi rispetto al modello tipizzato; in questo modo, l'attività materiale di consegna del denaro o delle altre cose fungibili, non si collocherà più sul piano del- la conclusione del contratto, ma dovrà essere considerata so- lamente strumentale al raggiungimento delle ulteriori finalità proprie della caparra(46). ■
(1) Per un primo, breve commento alla sentenza x. Xxxxx, xx Xxxx xx, 0000, X, 000.
(2) Il dato numerico è importante, perché, se all'epoca dei fatti di cau- sa l'importo poteva ben essere pagato in denaro contante, oggigiorno, co- me si avrà modo di osservare, questo non è più possibile. Alla decisione in commento, si può stare certi, se ne aggiungeranno altre dello stesso teno- re, considerati i recenti interventi normativi (su cui, v. infra nel testo).
(3) V. in particolare infra § 3.
(4) Oggigiorno, la possibilità di adoperare l'assegno bancario quale mez- zo di pagamento in luogo della dazione di denaro contante deve ritenersi
oggetto di un principio incontestabile, anche in virtù degli obblighi impo- sti sempre più di frequente dal legislatore, che, per diverse finalità, non ul- timo il contrasto al riciclaggio e all'evasione fiscale, vieta trasferimenti in denaro sopra i 1.000 euro (v. art. 12 del D.l. 6.12.2011, n. 201).
(5) Xxx. X'Xxxxxx, Xxxxxxx, xx Xxxxxx. xxx. xx., XX, Xxxxxx, 0000, 893 ss.; Protettì, Clausola penale e caparra, in Enc. Forense, II, Milano, 1958, 231; Trimarchi, Caparra (dir. civ.), in Enc. del dir., VI, Milano, 1960, 191 ss.; Bavetta, La caparra, Milano, 1963, 5 s.; Xxxxxx, Caparra (dir. civ.), in Enc. giur., V, Roma, 1988, 1; De Nova, Xxxxxxx, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), II, Torino, 1988, 240 s.; Bellante, La caparra, Milano, 2008, 4 s.
(6) Per una lettura in chiave rimediale di questa doppia possibilità di uscita dal contratto offerta alla parte diligente del rapporto v. di Majo, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 222 s.
(7) La dottrina ha sempre cercato di enucleare, tra le tante che si sono an- date storicamente affermando, la funzione cardine (e preminente rispetto alle altre) della caparra, senza mai giungere, tuttavia, a una conclusione condivisa e definitiva: sul punto, cfr., infatti, Lombardi, La funzione della caparra secondo il nuovo codice, in Giur. it., 1946, IV, 46 ss.; Xxxxxxx, La caparra, cit., 60 ss.; Bellante, La caparra, cit., 5 s.; Xxxxxxxxx, Sulla qua- lificazione giuridica della caparra confirmatoria, nota a Cass., 4.3.2004, n. 4411, in Xxxxxxxxx, 2004, 991 s.; Xxxxxx, La caparra confirmatoria, in Obbl. e contratti, 2006, 635 s.
(8) Senza dubbio è una funzione forte della caparra quella di essere uno strumento per la rapida ed efficace composizione della vicenda, consen- tendo lo scioglimento del contratto principale con la contestuale liquida- zione del danno (meccanismo del secondo e terzo comma dell'art. 1385 cod. civ.).
(9) È debole, ad esempio, la funzione di acconto, che è del tutto eventua- le e rappresenta poco più di una descrizione fattuale di una parte del mec- canismo codificato nell'art. 1385 cod. civ.; altrettanto debole è la funzione di prova del contratto principale, evidenziata già dalle fonti romane.
(10) Di questa come una regola «coerente e razionale» parla Bellante, La caparra, cit., 10.
(11) In questo contesto, ha giocato un ruolo non trascurabile la c.d. com- mercializzazione del codice civile: la scelta del legislatore del 1942 di uni- ficare il diritto privato e di fare confluire la materia commerciale nel codice civile ha fatto sì che le regole proprie dei contratti commerciali divenissero quelle di diritto comune. Anche la vendita ha risentito di questo fenome- no, tant'è vero che gli artt. 1470 ss. cod. civ. sono orientati nel senso del venditore (il commerciante del vecchio codice), piuttosto che sul compra- tore, e questo potrebbe essere uno dei motivi perché tradens venga ad es- sere l'acquirente, e non l'alienante.
(12) «Al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra» è l'espressione inequivocabile usata dal legislatore del '42, che si rinviene, ad esempio, con una formulazione simile nell'art. 1803 cod. civ. in tema di comodato, o nell'art. 1813 cod. civ. in materia di mutuo, entrambi negozi tipicamente reali.
(13) Tra la dottrina, che è pressoché unanime sul punto, v. Xxxxxx, Di- ritto civile X. Xx xxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 369; d'Avanzo, Caparra, cit., 896; Marini, Caparra, cit., 2 s.; Xxxxxxx, La clausola penale e la caparra, in I contratti in generale a cura di Xxxxxxxxx, II, in Trattato dei contratti diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1999, 908 s.; Xxxxxxx, La caparra, cit., 85; Xxxxxxxxx, La clausola penale e la caparra, cit., 430 s.; Xx Xxxx, La caparra, cit., 342. Una parte della dottrina sotto il vecchio codice affermava «la giuridica ine- sistenza di caparra, ove ciò che questa costituisce non fosse stato conse- gnato», v. Gabba, Della caparra in diritto italiano, Città di Castello, 1927, 19.
(14) «La caparra confirmatoria costituisce un contratto che si perfeziona con la consegna che una parte fa all'altra di una somma di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d'inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. con- tratto principale)»: così Cass., 15.4.2002, n. 5424, in Riv. not., 2002, 1573. Negli stessi termini x. Xxxx., 00.0.0000, x. 0000, xx Xxx. Xxxx xx., 1999, voce Contratto in genere, n. 464; Cass., 23.8.1997, n. 7935, in Rep. Foro it., 1997, voce Contratto in genere, n. 429; Cass., 15.4.1982, n. 2268, in Rep. Foro it., 1982, voce Contratto in genere, n. 127; Cass. 7.6.1978, n. 2870, in Rep. Foro it., 1978, voce Contratto in genere, n. 192.
(15) La tesi si deve a Trimarchi, Caparra, cit., 196.
(16) X. xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, xxx., 000.
(17) Sul punto, v. Xxxxxxx, La caparra, cit., 88 s. A livello di inquadra- mento generale sull'essenzialità della consegna per il perfezionamento dei contratti reali, per l'impossibilità «astratta di concepire un obbligo di re- stituire una cosa che non sia stata ancora ricevuta in consegna», v. For- chielli, I contratti reali, Milano, 1952, 36.
(18) Infatti, secondo Xxxxxxx, La caparra, cit., 88, i contraenti non fareb- bero altro che esprimere «due volte la stessa volontà: esse, in sostanza, po- nendo in essere il contratto principale, manifesterebbero un volere che, contestualmente, costituendo la caparra, riconfermerebbero».
(19) Nel diritto dei contratti, per come disegnato dal legislatore, la fatti- specie consensuale (tipica o atipica) viene ad esistenza prima di quella cor- rispondete reale, di modo che, da una parte, per i contraenti, sarà più faci- le porre in essere negozi consensuali, dall'altra, i contraenti medesimi, per giungere alla conclusione di un contratto reale, non potranno che passare (anche solo astrattamente) attraverso uno schema consensuale potenzial- mente idoneo a raggiungere i medesimi effetti del corrispondete negozio reale.
(20) In altri termini, la complessità strutturale, propria di ogni contratto reale è messa in discussione dalle stesse norme del codice che prevedono al loro interno un meccanismo meno complesso per giungere al medesi- mo risultato, vale a dire un contratto consensuale (atipico) perfettamente valido e produttivo di effetti.
(21) V. al riguardo D'Avanzo, Xxxxxxx, cit., 896; Xxxxxx, Xxxxxxx, cit., 3; Xxxxxxxx, La caparra, cit., 26; Xx Xxxx, La caparra, cit., 343 s. È rimasta isolata in dottrina la tesi (x. Xxxxxxxxx, Caparra, cit., 198) che inquadra, di
xxxxx, la caparra tra i contratti ad effetti obbligatori, e richiede, per aversi l'effetto traslativo, un accordo specifico (tacito o espresso).
(22) La giurisprudenza ha rilevato che «la mancata restituzione della ca- parra non configura l'ipotesi criminosa di cui all'art. 646 c.p. difettando il presupposto essenziale dell'impossessamento di cosa altrui, poiché la somma (o la cosa fungibile) data a tale titolo passa nel patrimonio dell'ac- cipiens, il quale ne diventa proprietario ed è tenuto in caso di adempimen- to ad imputarla alla prestazione dovutagli e in caso di inadempimento alla restituzione trattandosi di cose fungibili, di denaro o cose dello stesso ge- nere in quantità doppia» (x. Xxxx. pen., 5.2.1982, in Rep. Foro it., 1983,voce Appropriazione indebita, n. 4); e che «salva espressa pattuizione contraria, i beni fungibili (nella specie, titoli di Stato) oggetto di caparra confirmato- ria si trasferiscono nel patrimonio dell'accipiens, che ha diritto di percepi- re gli interessi» (v. App. Roma, 27.4.1993, in Foro it., 1994, I, 2230).
(23) A seguito dell'adempimento, tutta la prestazione si trasferisce a tito- lo definitivo da un contraente all'altro, e, con il meccanismo della caparra, risultando di fatto anticipata una parte della prestazione, si realizza il me- desimo effetto. In giurisprudenza, x. Xxxx., 4.2.1988, n. 1101, in Rep. Foro it., 1988, voce Contratto in genere, n. 321; Cass., 30.1.1980, n. 727, in Rep. Foro it., 1980, voce Contratto in genere, n. 229; Cass., 31.5.1971, n. 1646, in Rep. Foro it., 1971, voce Contratto in genere, n. 288.
(24) Così Xxxxxx, Diritto civile VI. La proprietà, Milano, 1999, 393.
(25) V. in particolare Xxxxxxxx, La caparra, cit., 27 s.
(26) Secondo la sentenza qui annotata, a titolo di caparra si potrebbero infatti versare assegni bancari, come pure sottoscrivere obbligazioni (o al- tro genere di titoli) emessi dall'accipiens.
(27) Cfr. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, cit., 196 s.; Xxxxxxxxxx, I contratti reali, cit., 123; Xxxxxxx, La caparra, cit., 86 s.; Xxxxxxxx, La caparra, cit., 34 ss.; Xx Xxxx, La caparra, cit., 342 s.
(28) L'aspetto volontaristico nell'esame della questione è messo in risal- to da Xxxxxxxxxx, I contratti reali, cit., 123 s., secondo il quale andrebbe riconosciuta piena validità a quegli accordi che, derogando agli schemi le- gislativi che prevedono negozi reali, ravvisano nelle stesse fattispecie con- tratti consensuali (fatte salve, al limite, le ipotesi del riporto e della dona- zione di modico valore).
(29) Il primo comma, rispetto al secondo e al terzo dell'art. 1385 cod. civ., consente un esercizio più ampio dell'autonomia privata e una maggiore possibilità per i contraenti di modellare secondo i comuni intendimenti il negozio di caparra.
(30) La tesi si deve a Xxxxxxxxxx, I contratti reali, cit., 123. Allo stesso mo- do, Xxxxx, Sul regime della caparra confirmatoria, nota a Xxxx., 18.5.1951,
n. 1252, in Giur. Completa Corte Cass., 1951 (III quadr., tomo 1), 297, evi- denzia che la formulazione dell'art. 1385 cod. civ. «lascia, indubbiamente, più largo adito all'esprimersi della volontà negoziale», rispetto a quanto previsto nel codice del '65; viceversa, per la tesi contraria v. Xxxxxxx, La caparra, cit., 86 s.; Xx Xxxx, La caparra, cit., 342 s.
(31) Per la tesi favorevole, x. Xxxxxxxxxx, I contratti reali, cit., 123; Bel- lante, La caparra, cit., 34 s.
(32) Infatti, la consegna rappresenterebbe un quid pluris, che, aggiun- gendosi all'accordo formatosi sul contratto principale, permetterebbe di differenziare da questo il patto di caparra, costituendo al contempo una posta effettiva già a disposizione della parte in caso di inadempimento del tradens, v. Xxxxxxx, La caparra, cit., 87; Xx Xxxx, La caparra, cit., 343.
(33) Secondo parte della dottrina, è, anzi, necessario «che si abbandoni- no le suggestioni derivanti dall'origine storica della figura», x. Xxxxxx, Xx- xxxxx, cit., 1.
(34) Il contratto è fonte di autoregolamentazione di rapporti giuridici a contenuto patrimoniale: la parte ha la possibilità di regolare da sé i propri interessi ed è libera di disciplinare in maniera autonoma, e nel modo che ritiene più conveniente, le relazioni di natura patrimoniale che la riguar- dano.
(35) In più, la parte tenuta ad effettuare la consegna potrebbe anche scientemente decidere di rimandare il più possibile l'adempimento del patto di caparra, sino al limite di scadenza del termine per adempiere il contratto principale, svilendo il ruolo della caparra.
(36) V. ancora Xxxxxxx, La caparra, cit., 87 s.; Xx Xxxx, La caparra, cit., 343.
(37) Al riguardo, x. Xxxxx, La consegna di assegno bancario nel prelimi- nare di vendita: «acconto» o «caparra»?, nota Trib. Monza, 10.9.1994, in Giur. it., 1996, I, 2, 611 ss. Secondo i giudici, «il rilascio di un assegno ban- cario costituisce dazione di caparra confirmatoria se le parti, in relazio- ne alla sua normale funzione di mezzo di pagamento, lo hanno conside- rato assimilabile al denaro». Più in generale, già Cass., S.U., 18.12.2007, n. 26617, in Foro it., 2008, 2, I, 503, aveva precisato che nelle obbligazioni pe- cuniarie (il cui importo sia inferiore a 12.500 euro o per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento), il debitore ha la fa- coltà di pagare in moneta avente corso legale nello Stato, ovvero mediante consegna di un assegno circolare.
(38) Il semplice possesso del titolo non costituisce di per sé un vantaggio economico per la parte, anche perché l'assegno presenta il rischio di non poter essere riscosso per furto o, ad esempio, per falsità. Inoltre, il prendi- tore ha l'onere di verificare l'identità personale del portatore, la regolarità e l'autenticità del titolo e la disponibilità della somma presso la banca. Su tutte queste problematiche, v. Xxxxxx, L'obbligazione, cit., 171 s.; Amato, La consegna di assegno, cit., 614.
(39) V. le considerazioni di Xxxxxx, Diritto civile IV. L'obbligazione, Mila- no, 1993, 172.
(40) In particolare, x. Xxxxxxxx, La caparra, cit., 35, il quale ritiene che la soluzione proposta sia la più equilibrata, atteso che consente alla parte di recedere dal contratto, di fronte all'altrui inadempimento, assicurandogli comunque il risarcimento dei danni nella misura convenuta all'atto della conclusione del contratto.
(41) Si tratta di riconoscere un diritto convenzionale di recedere, subor- dinato al mancato versamento della caparra: v. X. Xxxxxxxx, La caparra, cit., 35. Infatti, è stato rilevato che di norma le parti possono liberamente apporre al negozio condizioni risolutive e, allora, anche il recesso, laddove sia espressione di un interesse meritevole di tutela e sia collegato ad una circostanza rilevante nell'economia del rapporto, è inseribile tra i rimedi a disposizione dei contraenti, costituendo uno strumento più spedito per rimuovere il vincolo, in sostituzione dei normali strumenti di impugnati- va negoziale (su tutto questo, v. X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx contrattale e recesso unilaterale, Milano, 1985, 60 s.).
(42) La clausola con cui si stabilisce che, «in caso di inadempimento del promissario acquirente, il contratto si risolverà a seguito della dichiara- zione del promittente venditore e che questi sarà legittimato a trattenere le somme già corrisposte a titolo di acconto sul corrispettivo e di parziale pagamento delle rate di prezzo, costituisce una clausola risolutiva espres- sa cui si accompagna una clausola penale»: v. Trib. Oristano, 14.4.2005, in Rep. Foro it., 2006, voce Contratto in genere, n. 617.
(43) V. ancora Xxxxxxxx, La caparra, cit., 36, secondo il quale nella ca- parra consensuale, come sanzione per il mancato versamento della som-
ma convenuta, si può applicare analogicamente quanto previsto nell'art. 1186 cod. civ., di modo che la parte inadempiente decade dal beneficio del termine. Difficile, invece, che nell'economia complessiva del contratto un tale comportamento possa costituire grave inadempimento, tale da legit- timarne lo scioglimento.
(44) Così Xxxxxx, Diritto civile III. Il contratto, Milano, 2000, 206.
(45) Ai sensi della nuova formulazione del primo comma del § 488 BGB, attraverso il contratto di mutuo il mutuante viene obbligato a mettere a di- sposizione del mutuatario una somma di denaro nell'ammontare pattuito. Il mutuatario è obbligato a pagare un interesse dovuto e, alla scadenza, a restituire il mutuo messogli a disposizione.
(46) Una parziale apertura della giurisprudenza può essere letta in Trib. Torino, 22.6.2006, in Rep. Foro it., 2007, voce Locazione, n. 107, secondo cui nel corso delle trattative per la stipula di un contratto di locazione la pattuizione inserita di comune accordo tra le parti con la quale si prevede
«a garanzia degli impegni assunti, la consegna di un assegno bancario ef- fettuata da una parte all'altra con l'espressa pattuizione che detto assegno verrà rispettivamente restituito in caso di inadempimento della parte che lo ha ricevuto, oltre al pagamento di una penale, ovvero incassato qualora a essere inadempiente sia la parte che lo ha consegnato, può qualificarsi alla stregua di una convenzione atipica, lecita e meritevole di tutela secon- do l'ordinamento ex art. 1322, 2° comma, c.c.; l'atipicità del suddetto patto discende dalla circostanza che esso è finalizzato a predeterminare le con- seguenze di un illecito extracontrattuale (quale è quello precontrattuale) e la meritevolezza di tutela è evidente in quanto la funzione a esso attribuita e attribuibile è la medesima svolta dagli istituti di cui agli art. 1385 e 1382 c.c.».