LA RILEVANZA DEL CONTRATTO VERSO I TERZI
LA RILEVANZA DEL CONTRATTO VERSO I TERZI
di XXXXXXX XXXXXXXX
SOMMARIO: 1. Gli effetti del contratto: le parti e i terzi. – 2. Qualche cenno sull’art. 1372, comma 2º, c.c. – 3. Gli effetti apparenti, gli effetti diretti, la rilevanza, la opponibilità del contratto. – 4. Gli effetti del contratto come fatto giuridico. – 5. Le azioni dirette nel sistema delle fonti delle obbligazioni. – 6. Il collegamento contrattuale e il contratto accessorio. – 7. L’assicurazione della responsabilità civile. – 8. La novazione e la transazione nelle obbligazioni solidali. – 9. Il contratto normativo e l’art. 1332 c.c. –
10. La ulteriore casistica in punto di contratto rilevante verso i terzi.
1. Gli effetti del contratto: le parti e i terzi.
La nozione di parte del contratto coincide con quella di contraente; e indica la persona che determina la vicenda della quale beneficia o della quale sopporta gli effetti, ai sensi dell’art. 1372, comma 1º, c.c. All’opposto si devono ritenere terzi tutti coloro che, non essendo contraenti, non hanno creato alcun vincolo, neppure avendo agito in nome di altri (1). I terzi possono essere destinatari di effetti non voluti soltanto in via di eccezione, come dispone l’art. 1372, comma 2º, c.c. che riafferma l’antico principio: res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest. Peraltro questa lineare semplificazione soffre di qualche eccezione: si pensi alla posizione degli eredi e degli aventi causa del contraente. Il modo di operare di questa eccezione dipende da come l’originario contratto si pone rispetto alla successiva circolazione dei beni o dei diritti oggetto della vicenda.
Per esprimere la regola dell’efficacia del contratto, il legislatore del ’42 non ha certo impiegato mezzi termini: «il contratto ha forza di legge tra le parti». Il riferimento alla “legge”, com’è stato dimostrato (2), è soltanto un mezzo, forse ridondante (3), per ribadire che l’autonomia privata, se
(1) È ancora attuale MESSINEO, voce Contratto nei rapporti col terzo, in Enc. del dir., X, Milano, 1962, p. 198 ss.
(2) Cfr. XXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1993, sub art. 1372, p. 1 ss., il quale ripercorre l’origine storica della
norma attraverso il codice previgente (art. 1123), (art. 1225) il codice Albertino, il code Napoléon (art. 1134: «il contratto tiene luogo della legge per coloro che lo hanno fatto») e i lavori preparatori di quest’ultimo. Non pare che questa norma sia mai stata oggetto di particolari discussioni nel corso delle diverse codificazioni, salvo quella di cui si dirà nella nota seg.
(3) Cfr. MESSINEO, voce Contratto (dir. priv.: teoria gen.), in Enc. del dir., cit., p. 957, che ne sottolinea il «carattere enfatico e di mero traslato». La ridondanza fu la ragione
normalmente non soffre di limitazioni al momento della scelta sull’an, sul quando e sul quomodo dell’atto da compiere, si esaurisce una volta che questo sia compiuto. Per di più è stato ricordato che questa formula, attinta dalla giurisprudenza della Cassazione francese, «ha precedenti nel diritto romano e nella tradizione di diritto comune, e appare altresì congeniale al giusnaturalismo del diciassettesimo e diciottesimo secolo» (4). L’influenza dei francesi è stata importante, sebbene l’art. 1165 code Napoléon e l’art. 1130 c.c. 1865 abbiano omesso alcun riferimento alla legge nell’indicare gli effetti del contratto.
Più che voler affermare il dogma della volontà e la possibilità di equiparare ontologicamente l’atto di autonomia privata alla norma giuridica (5), il riferimento alla legge qui vale ad affermare un principio di sicurezza nella circolazione giuridica: ciascuno può confidare che, se il contratto è concluso, le parti dovranno darvi esecuzione, secondo il noto adagio pacta sunt servanda. In questo modo si chiude un cerchio immaginario che vede nel contempo il contratto come fonte di obbligazioni, secondo l’art. 1173 c.c., e lo stesso contratto come mezzo per trasferire la proprietà, secondo gli artt. 952 e 1376 c.c. Queste funzioni possono compiersi, dato che il contratto ha forza di legge tra le parti: la nascita di obbligazioni e l’effetto reale sono le normali, tipiche, necessarie conseguenze della sua perfezione, non una mera eventualità.
2. Qualche cenno sull’art. 1372, comma 2º, c.c.
Nonostante il principio di relatività degli effetti, il contratto, comportando
per la quale quella formula fu eliminata nell’art. 239 del progetto preliminare del c.c., come spiega la Relazione del Guardasigilli n. 218. Ma fu riprodotta nel testo definitivo, nonostante quella critica.
(4) XXXXXXX, Degli effetti del contratto, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, cit., sub art. 1372, p. 1. L’a. riporta un passo di LOCRÈ, Legislazione civile, commerciale e criminale, IV, Napoli, 1840, p. 253, nel quale attribuiva al contratto il carattere della
«sacralità», non meno della legge, sicché il codice civile si era reso «garante dei contratti come degli averi dei privati». La Relaz. al Re, n. 627, così descrive la portata della norma: «nel sistema dei limiti alla autonomia della volontà sul quale è costruito il nuovo codice civile, la regola dell’art. 1123, comma 1º, del codice precedente, secondo cui il contratto è legge tra le parti, non può avere perduto il significato di affermare la giuridicità del rapporto convenzionale; per tale sua funzione, e solo per questa, essa è stata riprodotta nell’art. 1372, comma 1º, in pieno collegamento con l’art. 1173, di cui applica il principio secondo cui la volontà privata non può creare in modo indipendente effetti giuridici (Cfr. anche artt. 1987 e 2004). Questo principio afferma l’immanente e perenne soggezione della volontà individuale al comando della legge. E se ne intende la necessità, in base alla considerazione che il riconoscimento della giuridicità si fonda sulla valutazione dell’utilità generale degli effetti che ne derivano; il compito di fare questa valutazione non può attribuirsi al singolo senza porre in pericolo l’uniformità a cui essa deve ispirarsi, senza cioè fare luogo ad una relatività dl giudizi che scompone disordinatamente gli scopi, della pluralità organizzata. È escluso ogni arbitrio individuale anche nella. determinazione dell’estensione soggettiva dei contratti. L’effetto di questi è limitato in via di massima alla sfera di coloro che contraggono (art. 1372, comma 2º), perché l’autonomia non può legittimare invasioni nell’orbita dei diritti del terzo».
(5) Proprio in questi termini, FERRI L., L’autonomia privata, Milano, 1959, p. 56 ss.
una modificazione dello status quo ante, può sempre interessare i terzi. Così, seppure la sfera giuridica dei terzi non venga colpita, il fatto che A venda un certo bene a B è una circostanza della quale i terzi devono tenere conto. Tale circostanza può assumere pregio nell’ipotesi in cui qualcuno decida di contrattare con A, confidando nella sua garanzia patrimoniale o nella particolare qualità che il bene alienato gli attribuiva (6); per effetto di quella alienazione la condizione giuridica di A è mutata, dunque il terzo dovrà valutarlo nell’esercizio dell’autonomia privata. Senonché quella vendita originaria non produce effetti di rilievo giuridico per il terzo e non avrà altro significato se non quello di un fatto storico ormai consumato. Da questo fatto storico il terzo non potrà ricevere pregiudizi e neppure vantaggi, salvo che non si tratti di un contratto riconducibile allo schema del contratto a favore di terzi per volontà delle parti (7). Allo stesso modo la servitù di non edificazione comporta che anche i proprietari confinanti del fondo dominante si avvantaggino di quella situazione, tuttavia nessuno di loro può pretendere alcunché da quel contratto. Qualora le parti convengano che il pagamento del canone di locazione avvenga mediante rimesse nel conto corrente bancario del locatore, anche la banca riceverà un vantaggio da quella disposizione, tuttavia non potrà reclamare alcunché, essendo terza rispetto al contratto la cui clausola non è direttamente a favore della banca stessa.
In questa prospettiva è pure da considerare il c.d. «contratto sul patrimonio del terzo» (8): si pensi alla vendita, alla donazione, all’ipoteca convenzionale di cosa altrui. Qui il terzo, che non assume la veste di rappresentato, non è direttamente interessato dal contratto concluso, il quale ha come carattere proprio quello della alienità della cosa. Senonché la cessione del suo diritto automaticamente fa produrre gli effetti al precedente contratto con il quale da altri si è già disposto, seppure condizionatamente.
Diversa è l’ipotesi nella quale il terzo sia creditore di A e questi, per effetto dell’alienazione, diminuisca la propria garanzia patrimoniale, così da poter legittimare l’esercizio dell’azione revocatoria o la richiesta di nullità, secondo l’art. 1421 c.c. se, ad esempio, la vendita sia stata
(6) Ad esempio essere titolare di una importante pacchetto di controllo di una società oppure essere proprietario di un prestigioso complesso immobiliare.
(7) Cfr. Cass., 27 marzo 1985, n. 2155, in Foro it., 1987, I, c. 3124: «l’accordo con il
quale i venditori della partecipazione di controllo in una società di capitali garantiscono l’inesistenza di passività sociali e si obbligano al pagamento delle eventuali sopravvenienze verso i cessionari, non ha effetto nei riguardi della società, che, in particolare, non è legittimata a richiederne giudizialmente l’esecuzione». Cass., 14 ottobre 1980, n. 5496, in Giust. civ., 1981, I, p. 537; e in Resp. civ., 1981, p. 401:
«poiché il contratto ha forza di legge tra le parti e non produce effetti né favorevoli né sfavorevoli rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge, qualora in una vendita immobiliare sia convenuto che l’immobile viene trasferito nello stato di fatto in cui si trova, tale clausola produce effetti solo tra le parti e non a favore di un terzo cui sia addebitabile una lesione, posta in essere precedentemente alla vendita, del diritto di proprietà dell’immobile alienato, e non potrà quindi essere da quest’ultimo invocata per sottrarsi alle conseguenze del suo operato, né essere opposta all’acquirente dell’immobile per negargli la tutela del suo diritto di proprietà».
(8) MESSINEO, voce Contratto nei rapporti col terzo, in Enc. del dir., cit., p. 198.
fiduciaria a scopo di garanzia. In questo caso, il contratto concluso finisce per provocare effetti verso il terzo (creditore).
Allo stesso modo un contratto può provocare effetti diretti nei confronti dei terzi, nelle ipotesi in cui questo sia lo strumento per impedire l’esecuzione di un altro contratto: si pensi allo storno di dipendenti nel quale il nuovo contratto di lavoro è il mezzo per impedire l’esecuzione del contratto di lavoro precedente. Queste ipotesi, in passato già definite come ipotesi di «contratto a danno del terzo» (9), ora vengono catalogate come figure che danno luogo ad una tutela aquiliana del contratto o ad una responsabilità extracontrattuale da contratto o ad una induzione all’inadempimento mediante contratto (10).
Gli esempi fatti servono soltanto per delimitare il campo di indagine alle sole ipotesi nelle quali, in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1372, comma 2º, c.c., la legge consente che un contratto possa produrre effetti rispetto ai terzi (11). Sulla natura di questi effetti occorre distinguere le ipotesi nelle quali:
a) il contratto apparentemente produce effetti rispetto ai terzi;
b) il contratto produce effetti direttamente rispetto ai terzi;
c) il contratto, pur non producendo direttamente effetti, tuttavia ha rilievo verso i terzi;
d) il contratto produce effetto rispetto ai terzi sotto il profilo della sua opponibilità.
3. Gli effetti apparenti, gli effetti diretti, la rilevanza, la opponibilità del contratto.
La prima delle ipotesi appena ricordate riguarda i casi che didascalicamente vengono portati dalla manualistica come estranei all’ambito di applicazione dell’art. 1372, comma 2º, c.c.: alludo alla promessa del fatto o dell’obbligazione del terzo (art. 1381 c.c.), alla prelazione volontaria, al divieto di alienazione (art. 1379 c.c.).
Le ulteriori ipotesi menzionate nelle supra, § prec., lett. b-d), impongono una riflessione sul modo in cui l’atto di autonomia privata assume rilievo per l’ordinamento giuridico. Il contratto va osservato come atto e come rapporto, al primo sono riconducibili i vizi genetici, mentre al secondo quelli funzionali. Entrambe le partizioni riguardano il contratto considerato come negozio giuridico, quindi prendono in considerazione l’atto quale vicenda giuridica che comporta la nascita, l’estinzione delle obbligazioni o la produzione dell’effetto reale. Tuttavia il contratto può essere riguardato anche come fatto giuridico, al quale l’ordinamento
(9) MESSINEO, voce Contratto nei rapporti col terzo, in Enc. del dir., cit., p. 197.
(10) Cfr. XXXXXXXX, L’illecito, Milano, 2010, p. 359, a proposito del contratto simulato in danno dei terzi; p. 1002 ss., a proposito degli illeciti per induzione e degli illeciti di derivazione concorrenziale; p. 1007, a proposito delle figure di responsabilità extracontrattuale da contratto come la doppia vendita immobiliare.
(11) Va segnalato che l’art. 44 del Progetto italo-francese delle obbligazioni disponeva: «i contratti […] non pregiudicano i terzi ma possono loro giovare nei casi previsti dalla
legge».
collega effetti a prescindere dalla loro volontarietà (12).
Quando si affronta il tema degli effetti del contratto verso i terzi, proprio il contratto come fatto giuridico rappresenta un momento essenziale nell’indagine. Si pensi all’ipotesi nella quale l’obbligazione di un contratto diventi un elemento della fattispecie complessa che fa nascere un’obbligazione il cui titolo è un altro contratto (supra, § prec., lett. c). È questo il caso del contratto concluso tra il cliente e il preponente che fa nascere l’obbligazione di corrispondere la provvigione all’agente in esecuzione del diverso contratto di agenzia (13); è il caso del contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile che obbliga l’assicuratore a corrispondere l’indennità al terzo danneggiato; è ancora il caso della electio amici effettuata in esecuzione del contratto per persona da nominare rispetto al contratto successivamente concluso tra il venditore e il nominato.
Si pensi ancora a tutte le ipotesi nelle quali un contratto diventa opponibile così da privare gli effetti di un altro (supra, § prec., lett. d). Il fenomeno non riguarda soltanto la trascrizione, per gli effetti dell’art. 2644 c.c., ma anche tutte le altre ipotesi nelle quali si verifichi un conflitto tra titoli attributivi di diritti (14). Così è ad esempio nella doppia cessione di crediti, nella doppia cessione di un diritto personale di godimento, nella ripetizione conseguente ad una pronuncia di annullamento di un precedente contratto, se il bene oggetto di trasferimento abbia successivamente circolato; nell’ipotesi in cui l’accertamento dei crediti debba essere svolto in concorso fra tutti i creditori, per effetto di una procedura concorsuale (art. 45 l. fall.).
Fin da ora preme sottolineare che, esaminando il contratto nei rapporti con il terzo, è bene impiegare la terminologia che lo definisce come atto o come fatto giuridico, anziché quella derivata da coloro che distinguono tra effetti diretti ed effetti riflessi: Reflexwirkung (15). Quest’ultima teoria presuppone l’idea che il negozio giuridico sia comunque l’elemento centrale del prodursi degli effetti, ancorché questi non siano stati neppure considerati dai dichiaranti le volontà. Viceversa, nel considerare il contratto come fatto giuridico, si sposta l’attenzione dal negozio alla
(12) Cfr. XXXXXXXXXX, I contratti – parte generale, Torino, 1994, p. 131, qualifica questi come effetti indiretti: tali sono quelli che «non discendono dalla valutazione del regolamento contrattuale ma dalla contemplazione dell’esistenza materiale del contratto. L’incidenza di questi effetti sulla sfera giuridica di terzi non è il portato dell’esercizio dell’autonomia privata e, perciò, non può costituire violazione dei limiti propri della stessa».
(13) Situazione corrispondente si ha nella mediazione, poiché dalla conclusione del contratto tra le parti messe in contatto dal mediatore matura il diritto alla mediazione secondo l’art. 1755 c.c.
(14) Cfr. XXXXXX, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1984, p. 544: «il conflitto non si
pone propriamente tra i diritti ma tra gli atti, e in particolare tra gli atti in quanto programmano vicende giuridiche in tutto o in parte incompatibili».
(15) Come è noto questa espressione risale a XXXXXXX: da ultimo ne ha dato conto criticamente VETTORI, Consenso traslativo e circolazione dei beni, Milano, 1995, p. 35
ss. Proprio per evitare di incorrere in ambiguità XXXXXXX, Degli effetti del contratto, cit., sub art. 1372, p. 32 ss., preferisce impiegare il concetto più neutro di «effetti esterni del contratto».
circolazione giuridica dei beni e dei diritti e da questa si muove per comprendere la natura e la portata dell’efficacia degli atti. Com’è stato sostenuto molto convincentemente, «l’autoregolamento [il negozio giuridico] assume rilievo di un fatto in presenza del quale la norma dispone certi effetti, la cui natura non può riferirsi, in alcun modo, al contratto, ma ai criteri che di volta in volta il sistema reputa di assumere per la soluzione dei conflitti» (16). Si può fin da ora osservare che il principio consensualistico e le regole dell’opponibilità del contratto non operano sullo stesso piano, di conseguenza non si può sinteticamente affermare che la regola dell’opponibilità prevale sul principio consensualistico. Anche se l’effetto concreto porta al sacrificio di un contratto rispetto ad un altro contratto, il punto è che il consenso ne regola la nascita, mentre la opponibilità governa i conflitti fra diritti derivanti dai titoli contrattuali. La funzione dell’uno e la funzione dell’altra sono distinte, sicché non può porsi un problema di prevalenza, posto che è diverso l’abito di operatività in vista dello scopo: il consenso permette la circolazione; la opponibilità governa i conflitti che ne derivano.
4. Gli effetti del contratto come fatto giuridico.
L’indagine si soffermerà sulle ipotesi ricordate supra, § 2, alla lett. c): il contratto, pur non producendo direttamente effetti, tuttavia ha rilievo verso i terzi. Rispetto alla stipulazione a favore di terzo si differenzia, poiché gli effetti esterni non costituiscono la ragione propria dell’atto. Tuttavia l’esistenza del contratto influisce direttamente sulla condizione giuridica dei terzi, talvolta favorendola, talaltra limitandola. Rispetto all’opponibilità la rilevanza si differenzia, poiché questa opera a prescindere da una situazione di vero e proprio conflitto di diritti derivanti da una pluralità di titoli.
5. Le azioni dirette nel sistema delle fonti delle obbligazioni.
Un fenomeno sempre più ricorrente di contratto da valersi come fatto giuridico per la tutela della condizione giuridica dei terzi è data dalla figura delle azioni dirette: la legge prevede che un terzo possa pretendere l’esecuzione di una prestazione dalla parte di un contratto o che pretenda da questa l’adempimento di un’obbligazione, anche se questa non costituisce oggetto del contratto, inteso come vicenda giuridica. Casi tipici della prima specie sono quelli delle azioni dirette previste nell’assicurazione, dove il danneggiato può agire direttamente verso l’assicuratore del danneggiante per ottenere l’indennizzo (17); casi tipici
(16) XXXXXXX, Consenso traslativo e circolazione dei beni, cit., p. 55; analogamente CATAUDELLA, I contratti – parte generale, cit., p. 131.
(17) Senza alcuna pretesa di completezza, un’azione diretta è prevista dall’art. 112 d.p.r.
30 giugno 1965, n. 1124, in materia di infortuni; l’art. 8 l. 27 dicembre 1977, n. 968, sulla disciplina della caccia, attribuisce al danneggiato un’azione diretta contro la compagnia assicuratrice presso di cui il cacciatore, responsabile dell’incidente, ha
della seconda specie sono quelli dell’art. 1676 c.c. nella quale è previsto che i dipendenti dell’appaltatore possano agire direttamente verso il committente per ottenere il pagamento dei loro corrispettivi, nei limiti della somma da questi dovuta verso l’appaltatore (18).
Se si dà per assodato il fatto che i terzi vantino verso la parte del contratto un diritto proprio, e si esclude pertanto l’esercizio di un’azione surrogatoria, si deve osservare che in queste ipotesi il contratto non vale per il proprio contenuto negoziale, bensì per gli effetti che la legge vi collega quale fatto giuridico. Una chiara dimostrazione che il terzo vanta un diritto proprio per effetto dell’azione diretta si ha esaminando le vicende conseguenti al fallimento dell’appaltatore, nell’art. 1676 c.c., e del fallimento dell’assicurato, nell’art. 144 d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private). In entrambi i casi si è ritenuto che l’azione permanga e che debba essere svolta o proseguita innanzi al giudice ordinario (19): proprio perché non si tratta di un’azione surrogatoria, l’esercizio dell’azione non comporta una violazione della par condicio creditorum (20), e resta nella competenza del giudice del
stipulato la polizza di responsabilità civile; l’art. 1015 cod. nav. concede l’azione diretta verso l’assicuratore dell’esercente dell’aeromobile, responsabile del sinistro avvenuto in superficie; l’art. 17 l. 31 dicembre 1962, n. 1860, attribuisce al danneggiato dall’esercente un impianto nucleare azione diretta verso il suo assicuratore della responsabilità civile o coloro che hanno prestato garanzia finanziaria (art. 21).
(18) Per la singolarità del caso, cfr. Cass., 27 luglio 1987, n. 6505, in Mass. Foro it., 1987: «la domanda, con la quale il dipendente di una società, appaltatrice di pubblico
servizio, chieda il pagamento delle proprie competenze lavorative nei confronti sia di detta società, sia della amministrazione committente, ai sensi dell’art. 1676 c.c. e fino a concorrenza dei debiti della seconda verso la prima, spetta alla cognizione del giudice ordinario anche per quanto riguarda la pretesa sollevata contro l’amministrazione, vertendosi in tema di obbligazione pecuniaria discendente dalla citata norma e non ricollegabile ad un rapporto di pubblico impiego con essa committente». L’azione non trova ostacolo nel fallimento dell’appaltatore (Cass., 10 luglio 1984, n. 4051, in Arch. civ., 1985, p. 34), mentre si ritiene che la competenza sia quella del giudice del lavoro (Cass., 6 giugno 1983, n. 3855, in Mass. Foro it., 1983). «Sussistendo i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, il giudice, con provvedimento urgente può emettere ordine al committente di pagamento diretto delle retribuzioni ai dipendenti dell’appaltatore»: Pret. Roma, 19 maggio 1995, in Giur. lav. Lazio, 1995, p. 714, con nota di XXXXXXX.
(19) Per la prima ipotesi, cfr. XXXXXXX, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca – Legge fallimentare, a cura di
Bricola, Xxxxxxx, Santini, Bologna-Roma, 1979, sub art. 81, p. 397 s.; per la seconda, cfr. XXXXXXXX , Degli effetti del contratto (art. 1372-1373), Milano, 2013, sub art. 1372, Cap. II, sez. I, § 4.2.1.
(20) Cfr. Cass., 10 luglio 1984, n. 4051, in Giust. civ., 1985, I, p. 1744, con nota di XXXXXXXXXXX, Azione diretta degli ausiliari dell’appaltatore, pubblica amministrazione,
fallimento: «l’azione verso il committente ex art. 1676 c.c. degli ausiliari dell’appaltatore per “quanto è loro dovuto”, non trova ostacolo nel sopravvenuto fallimento di quest’ultimo, trattandosi di azione diretta tra terzi rispetto al fallito (ausiliare o committente) e, quindi, non soggetta alla disciplina dell’art. 52 l. fall., che inquadra nel sistema concorsuale solo le azioni e i diritti contro il fallito». Conf. Pret. Torino, 12 luglio 1994, in Mass. giur. lav., 1994, p. 727, con nota di XXXXXX, Fallimento e azione diretta degli ausiliari nei confronti del committente; Pret. Roma, 29 luglio 1994, in Giur. merito, 1995, p. 739, con nota di XXXXXXXXXX; Pret. Torino, 5 novembre 1987, in Lavoro 80, 1988, p. 1137.
lavoro (21). Analogamente si è ritenuto per il pagamento dei canoni scaduti, qualora fallisca il conduttore che abbia sublocato: si ammette l’esercizio dell’azione diretta del locatore verso il subconduttore ai sensi dell’art. 1595 c.c. (22).
Nelle figure catalogabili come azioni dirette non si è in presenza di una disposizione riconducibile allo schema dell’art. 1374 c.c., poiché la norma che attribuisce il diritto al terzo non integra il regolamento, così da diventare contenuto del contratto al pari della volontà delle parti. Si è alla presenza di una disposizione che interviene esclusivamente sugli effetti del (fatto) contratto, imponendo obblighi eventuali in capo a soggetti predeterminati. Basti pensare che l’assicuratore non può opporre al terzo che pretende il risarcimento del danno eccezioni fondate sul contratto d’assicurazione con il danneggiante, ai sensi dell’art. 144, comma 2º, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), se si esclude quella del massimale di polizza e quella di nullità del contratto, quest’ultima, peraltro, di interesse soltanto teorico.
La chiara dimostrazione si trae dal dibattito successivo all’entrata in vigore della l. 24 dicembre 1969, n. 990, sull’assicurazione obbligatoria della r.c.a., ora sostituita dal codice dell’assicurazione, dal quale chiaramente emerse che l’art. 18 non ha avuto l’effetto di trasformare l’assicurazione dell’art. 1917 c.c. in un contratto a favore di terzo o per conto di chi spetta (il danneggiato) o in un altro schema contrattuale ancora (23).
Ormai si può definitivamente concludere che, per effetto di un’azione diretta, il diritto del terzo ha una fonte composita: da un lato il presupposto che fa nascere il suo diritto verso un debitore (il sinistro nell’assicurazione, l’obbligo di corrispondere il salario nell’art. 1676 c.c.); dall’altro un contratto che consente di individuare un ulteriore soggetto tenuto ad adempiere per legge, al quale il terzo resta estraneo (l’assicurazione, l’appalto). Ai nostri fini non ha eccessivo rilievo
(21) Cfr. Cass., sez. lav., 24 ottobre 1996, n. 9303, in Mass. Foro it., 1996; Pret. Chivasso, 12 dicembre 1983, in Foro it., 1984, I, c. 872: «l’azione diretta degli ausiliari dell’appaltatore contro il committente non dà luogo ad un litisconsorzio necessario dell’appaltatore; pertanto, essendo la causa promossa contro il committente scindibile da quella promossa contro l’appaltatore, il giudice può dichiarare la propria competenza rispetto alla prima e la improcedibilità della seconda (nella specie: presentato dal lavoratore il ricorso con rito del lavoro sia contro il committente, sia contro l’appaltatore, di quest’ultimo era stato dichiarato il fallimento nelle more del processo)».
(22) Cfr. Xxxx., 24 gennaio 1995, n. 836, in Arch. locazioni, 1995, p. 317: «la sentenza dichiarativa di fallimento non solo non produce un’esigibilità in senso tecnico in quanto incide soltanto sulla fase satisfattiva ed esecutiva del credito (il che ne presuppone l’esigibilità) assoggettandola alla disciplina della concorsualità, ma addirittura sia pure ai
soli effetti fallimentari, determina una situazione giuridica di esigibilità anche con riferimento ai crediti non scaduti e, per certi versi, a quelli condizionali (art. 55 l. fall.); pertanto, la dichiarazione di fallimento del conduttore, non determinando l’inesigibilità del credito del locatore nei suoi confronti per il canone, non determina la carenza del requisito per l’esercizio dell’azione ex art. 1595 c.c. da parte del locatore stesso nei confronti del subconduttore per l’esazione del canone di sublocazione del quale costui è ancora debitore verso il sublocatore».
(23) Cfr. XXXXXXXX, Il terzo danneggiato nell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, cit., p. 23 ss., dove ho esaminato criticamente le diverse tesi.
ricondurre l’obbligo dell’assicuratore di pagare al danneggiato (o dell’appaltatore di pagare i dipendenti del subappaltatore), in termini di responsabilità indiretta, alla stregua del datore di lavoro secondo l’art. 2049 c.c. (24), oppure in termini di un obbligo nascente da un fatto diverso dal fatto illecito, alla stregua dell’art. 1173 c.c., ultima parte (25). Resta che, in tutte queste ipotesi, il contratto ha rilevanza rispetto ai terzi, pur non producendo direttamente effetti rispetto a loro.
Diversa è l’ipotesi del terzo che agisca in surrogatoria verso l’assicuratore, questione questa che non ha mai destato obiezioni (26). Qui, infatti, il terzo ex art. 2900 c.c. non fa valere un diritto proprio, bensì il diritto dell’assicurato inerte. Così, ad esempio, inerte è stato ritenuto il comportamento dell’assicurato che non si sia avvalso del potere di far gestire la lite all’assicuratore (27).
Senza alcuna pretesa di completezza, altre ipotesi di azioni dirette oltre a quelle già menzionate in precedenza sono quelle previste dall’art. 1717, comma 4º, c.c., con la quale «il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario»; altre si trovano nel codice della navigazione: è il caso dell’art. 572 cod. nav., come quello più generale a favore del creditore ipotecario posto dall’art. 2742 c.c., che prevede il vincolo sull’indennità assicurativa a favore del creditore avente ipoteca sulla nave (28); dell’art. 454 cod. nav., che concede l’azione diretta al ricevitore nei confronti dell’impresa di sbarco e del depositario (29); l’art. 965 cod. nav., sulla responsabilità per danni a terzi sulla superficie, dalla quale dipende la responsabilità dell’assicuratore del danneggiante.
6. Il collegamento contrattuale e il contratto accessorio.
Altro esempio di rilevanza esterna del contratto è data dal collegamento contrattuale; questo assume diverse specie: quella del contratto derivato, nella forma del subcontratto; quella del contratto accessorio; oppure quella del rapporto che si crea tra più contratti nei quali non necessariamente le parti sono le stesse, ma rispetto ai quali vi sia una unitarietà nella operazione economica da realizzare (30). Alla prima di
(24) Così XXXXXXXX, Il terzo danneggiato nell’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile, cit., p. 43 ss., quanto all’obbligo dell’assicuratore.
(25) Così VECCHI, L’azione diretta, Padova, 1990, passim.
(26) Cfr. App. Genova, 12 giugno 1963, Temi genovese, 1963, p. 193; DONATI, Trattato del diritto delle assicurazioni private, II, Milano, 1954, p. 427; SALANDRA, Dell’assicurazione, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1966, sub art. 1917, p. 376.
(27) Cfr. App. Milano, 25 gennaio 1985, Arch. circolaz., 1985, p. 429; contra, Cass., 9 gennaio 1991, n. 155, Vita notar., 1991, p. 488, se l’assicurato abbia posto in essere
iniziative e accorgimenti diretti a mantenere integra la garanzia del proprio diritto all’indennizzo verso l’assicuratore.
(28) Cfr. Trib. Genova, 4 settembre 1987, in Assicurazioni, 1988, II, 2, p. 78, con nota di XXXXXXXXX.
(29) Cfr. Trib. Genova, 30 marzo 1984, in Dir. maritt., 1985, p. 817, con nota di XXXXX.
(30) Per finalità didascaliche cito Cass., 17 maggio 2010, n. 11974, in Mass. Foro it., 2010; Cass., 8 ottobre 2008, n. 24792, ivi., 2008.
queste appartengono il submandato, il subappalto, la sublocazione, la subagenzia; alla seconda appartiene la fideiussione disciplinata nell’art. 1936 c.c.; alla terza appartiene, ad esempio, il contratto di fornitura di prodotti informatici, quando la vendita sia eseguita da un soggetto mentre l’assistenza, l’aggiornamento del software e la manutenzione delle macchine siano eseguite da altro o da altri soggetti.
Il leasing finanziario realizza una figura di collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, sicché le vicende del secondo, ad esempio la mancata consegna del bene, diventano rilevanti anche nel primo contratto (31). È un collegamento contrattuale quello fra il contratto di acquisto e di negoziazione di strumenti finanziari e il conto corrente bancario, stipulati dal cliente con una banca fuori dai locali commerciali (32). Ulteriore esempio è dato dal Projet financing, nel quale il rischio per la realizzazione di un’opera pubblica di rilevanti dimensioni viene contrattualmente frazionato in capo a tutti i soggetti che vi partecipano, in considerazione dell’interesse proprio che hanno: a finanziare, a costruire, ad utilizzare l’opera (33). La giurisprudenza spesso ha deciso che «le parti, alla stregua della loro autonomia contrattuale, possono concludere, con un solo atto, diversi e distinti contratti i quali, pur conservando le caratteristiche proprie di ciascuno schema negoziale, e rimanendo sottoposti alla relativa disciplina, possono essere tuttavia collegati tra loro dal punto di vista funzionale, in rapporto di reciproca interdipendenza; sì che la vicenda dell’uno si ripercuota sugli altri, condizionandone la validità, la durata e l’esecuzione» (34).
Il tratto caratteristico di tutte le specie è che le vicende dell’un rapporto interferiscono su quelle dell’altro. Così le vicende della locazione influiscono sulla sublocazione, a stabilirlo in modo inequivoco è l’art. 1595, comma 3º, c.c., secondo il quale «la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche nei confronti di lui». Quest’ultima disposizione è una chiara applicazione dell’art. 2909 c.c., sugli effetti del giudicato anche nei confronti degli
(31) Cfr. Cass., 23 maggio 2012, n. 8101, in Mass. Foro it., 2012; Cass. [ord.], sez. VI, 12 ottobre 2012, n. 17604, ivi, 2012; Cass., 15 ottobre 0000, x. 00000, in Contratti, 2010, p. 342, ha escluso che sia tale il factoring, che è invece un negozio unico anche se coinvolge più parti.
(32) Cfr. Cass. [ord.], sez. VI, 8 febbraio 2012, n. 1875, in Contratti, 2012, p. 337, nella specie, la suprema corte ha ritenuto applicabile, in forza del collegamento negoziale, la
clausola di deroga della competenza territoriale contenuta nel solo contratto di conto corrente bancario.
(33) Cfr. XXXXXXX, Projet financing e collegamento contrattuale, in Contratto e impr., 1996, p. 224; Cass., 20 gennaio 1994, n. 474, in Foro it., 1994, I, c. 3094.
(34) Cass., 14 giugno 1990, n. 5777, in Arch. locazioni, 1990, p. 712; in Giust. civ., 1991,
I, p. 79; e in Giur. it., 1991, I, 1, c. 452: nella specie, si trattava di un collegamento funzionale tra un contratto d’appalto di servizi e la proprietà esclusiva delle varie parti d’immobile dei singoli condomini, conseguita mediante i relativi atti di compravendita; nel senso che, «stipulandosi contemporaneamente alla compravendita anche l’appalto dei servizi connessi alla casa-albergo, il secondo contratto è in funzione del primo in quanto costituisce un elemento essenziale per il godimento del bene acquistato, secondo le caratteristiche ad esso proprie e la sua destinazione».
aventi causa delle parti (35). Le vicende del rapporto principale influiscono sulla fideiussione quale contratto accessorio (artt. 1939, 1944, 1945, 1955 e 1956 c.c.) (36), le vicende di un contratto influiscono su quelle del negozio collegato, ancorché le parti siano diverse (37).
Naturalmente occorre che, qualora di accessorietà si tratti, le vicende di un contratto influiscano anche su quelle di un altro, una volta che il primo sia stato adempiuto. Così, adempiuta l’obbligazione da parte del fideiussore, anche l’obbligazione del debitore principale si estingue nei
(35) Cfr. Cass., 8 novembre 2007, n. 23302, in Giust. civ., 2008, I, p. 1715; Cass., 24 maggio 1994, n. 5053, in Arch. locazioni, 1994, p. 775: «ai sensi del comma 3º dell’art. 1595 c.c., la sentenza pronunciata per qualsiasi ragione (nullità, risoluzione, scadenza del termine della locazione, rinuncia del conduttore sublocatore al contratto in corso etc.) spiega, nei confronti del subconduttore, ancorché rimasto estraneo al giudizio tra locatore e conduttore, e, quindi, non menzionato in alcun modo nel titolo esecutivo, non solo gli effetti della cosa giudicata sostanziale ma anche l’efficacia del titolo esecutivo per il rilascio; a maggior ragione questa efficacia, che discende dal principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, deve essere riconosciuta nel caso in cui la sublocazione sia inopponibile al locatore». Per la Cass., 6 novembre 1993, n. 11003, in Foro it., 1994, I, c. 58: «l’art. 1595, comma 3º, c.c., che permette l’esplicazione degli effetti della risoluzione del contratto di locazione, anche nei confronti del subconduttore, opera indipendentemente dal fatto che la durata del contratto di sublocazione sia stata programmata dalle parti (o prorogata per legge) in modo da durare oltre la data di cessazione del contratto di locazione».
(36) Proprio su queste norme si è incentrato il dibattito sulla validità della fideiussione
omnibus e sul contratto autonomo di garanzia.
Segnalo soltanto che, per interpretazione assolutamente unanime, il fatto del creditore che può pregiudicare la surrogazione del fideiussore verso il debitore principale, e cagionare l’estinzione della garanzia ai sensi dell’art. 1955 c.c., non può essere la mera inazione, «ma deve integrare una colposa violazione da parte di quest’ultimo di un dovere giuridico imposto dalla legge e dal contratto»: Cass., 16 marzo 1995, n. 3080, in Mass. Foro it., 1995; questo dictum si ripete costante: Cass., 20 agosto 1992, n. 9719, in Foro it., 1993, I, c. 2173, con nota di VALCAVI; e in Giur. it., 1993, I, 1, c. 1256; Cass., 15 marzo 1991, n. 2790, in Foro it., 1991, I, c. 2060; Cass., 27 marzo 1990, n. 2472, in
Banca, borsa, tit. cred., 1991, II, p. 350; Cass., 7 gennaio 1982, n. 63, ivi, 1982, II, p. 263; anche nella giurisprudenza di merito: Trib. Milano, 16 giugno 1994, ivi, 1996, II, p. 233; Trib. Cosenza, 19 novembre 1987, ivi, 1989, II, p. 492, con nota di SCOGNAMIGLIO, secondo la quale «la circostanza che il creditore beneficiario della garanzia fideiussoria abbia espresso voto favorevole (e determinante) per l’ammissione del debitore principale al concordato preventivo non integra gli estremi del fatto estintivo della obbligazione di garanzia previsto dall’art. 1955 c.c.»; Trib. Milano, 28 dicembre 1981, ivi, 1983, II, p. 75, con nota di XXXXXXXXXX, Postergazione dell’ipoteca a garanzia del debito principale e liberazione del fideiussore ex art. 1955 c.c.
(37) Cfr. Cass., 27 aprile 1995, n. 4645, in Rass. locazioni e condominio, 1995, p. 488; «il collegamento contrattuale, che può risultare tipizzato legislativamente, come nel caso della sub locazione, o può essere espressione dell’autonomia negoziale, è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e
complesso non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, ciascuno dei quali, pur conservando una causa autonoma, è finalizzato ad un unico regolamento di interessi, sicché le vicende che investono uno dei contratti, quali quelle relative all’invalidità, l’inefficacia o la risoluzione, possono ripercuotersi sull’altro; pertanto il criterio distintivo fra contratto unico e contratto collegato, non è dato da elementi formali quali l’unità o la pluralità dei documenti contrattuali (ben potendo un contratto essere unico anche se ricavabile da più testi e, per converso, un unico testo riunire più contratti) o la mera contestualità delle stipulazioni, ma dall’elemento sostanziale consistente nell’unicità o pluralità degli interessi perseguiti».
confronti del creditore garantito. Il fideiussore avrà diritto al regresso verso il debitore principale, sempre che la fideiussione sia da ritenersi accessoria al contratto dal quale nasce l’obbligo di pagare il creditore garantito (38). La rilevanza del contratto nella fideiussione opera, dunque, sotto un duplice profilo: subisce la rilevanza del contratto dal quale nasce l’obbligo di pagare del debitore principale, nel momento in cui c’è l’escussione del creditore garantito; esercita la rilevanza, quando il fideiussore che ha pagato si surroga, esercitando il regresso verso il debitore principale.
Senza poter dar conto in questa sede delle specifiche caratteristiche proprie di queste figure, qui preme evidenziare che anche nel contratto reso collegato per volontà delle parti (39), quando l’adempimento o l’inadempimento di un’obbligazione incida sulla esecuzione (40) o sulla validità (41) dell’intero rapporto, la regola cui fare riferimento non è quella desumibile dal singolo autoregolamento degli interessi, poiché questo ha rilievo agli effetti dell’art. 1372, comma 2º, c.c. Il punto è che, anche funzionalmente, la causa del contratto derivato sussiste se e in quanto vi sia il contratto principale, il venir meno di questo comporta il venir meno anche di quello derivato (42).
Ciò implica che il contratto principale si configura come fatto giuridico rispetto al contratto derivato al punto da assumere rilievo rispetto al terzo (43). Ciò è quanto fa dire nella massimazione che «il collegamento
(38) Xxxxxxx in proposito un caso in cui al fideiussore per il debito per la dilazione dell’imposta doganale non è stata riconosciuta la surrogazione e il regresso nei confronti del proprietario della merce importata, sul presupposto che l’obbligazione principale gravava soltanto nei confronti dello spedizioniere e non anche dell’importatore: Xxxx., sez. un., 15 gennaio 1993, n. 499, in Mass. Foro it., 1993.
(39) Cass., 6 settembre 1991, n. 9388, in Mass. Foro it., 1991.
(40) Ad es., la Cass., 11 marzo 1981, n. 1389, in Giur. it., 1982, I, 1, c. 378, con nota di XXXXXXX, ha deciso che «l’eccezione d’inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., è deducibile in relazione a prestazioni legate da vincolo di corrispettività, e, pertanto, con riguardo a prestazioni scaturenti da contratti giuridicamente autonomi, solo quando gli stessi siano posti dalle parti in un rapporto di collegamento e interdipendenza, sì da configurare espressione di un unico complessivo assetto economico».
(41) Ad es. «ai contratti collegati è applicabile la disposizione dell’art. 1419 c.c., per
modo che la nullità parziale del contratto o la nullità di singole clausole di un contratto importa la nullità dei vari contratti, nullità che può essere rilevata d’ufficio, allorché sia stato accertato il collegamento funzionale tra i negozi stessi»: Cass., 18 gennaio 1988, n. 321, in Giust. civ., 1988, I, p. 1214; Cass., 12 febbraio 1980, n. 1007, in Giur. it., 1981,
I, 1, c. 1537.
(42) Xxx. Xxxx., 00 xxxxxxxx 0000, x. 00000, in Mass. Foro it., 1992; Cass., 10 giugno 1991, n. 6567, ivi, 1991: «perché possa configurarsi un collegamento di negozi in senso tecnico, che, come tale, imponga la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un profilo oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, sia un
profilo soggettivo, costituito dal comune intento delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il collegamento e il coordinamento di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, non essendo sufficiente che detto fine sia perseguito da una sola parte all’insaputa e senza la partecipazione dell’altro; resta comunque ferma la necessità che i detti negozi si caratterizzino, ai fini della loro autonoma validità, ciascuno in funzione di una propria causa e conservino ciascuno una propria giuridica individualità».
(43) Cfr. Cass., 30 ottobre 1991, n. 11638, in Mass. Foro it., 1991, secondo la quale «il collegamento fra negozi è configurabile anche quando siano stipulati tra soggetti diversi,
negoziale non dà luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi» (44).
7. L’assicurazione della responsabilità civile.
L’assicurazione della responsabilità civile appartiene al genere delle assicurazioni contro i danni, ancorché non si presenti come assicurazione sulle cose. Con essa, infatti, si solleva l’assicurato dal rischio di dover pagare un risarcimento ad un terzo, in conseguenza della commissione di un fatto illecito. Può definirsi come assicurazione sul patrimonio (45), derivante dal rischio occasionato dall’insorgere di un debito che lo diminuirebbe (46).
Nonostante il contratto per espressa previsione dell’art. 1917, comma 2º,
c.c. possa produrre effetti anche rispetto al terzo danneggiato, esso non è un contratto a favore di terzi (47). Ciò non tanto perché il terzo non possa essere determinato al momento della conclusione del contratto, quanto perché il terzo da quell’atto non vede nascere alcun diritto a proprio favore: solo la volontà dell’assicurato, in sede di esecuzione del rapporto, può obbligare l’assicuratore a pagare direttamente il terzo. Le obbligazioni che nascono dal contratto, dunque, vedono come debitore e creditore esclusivamente le parti. Ciò non impedisce di considerare che tra il diritto all’indennità dell’assicurato e il suo debito verso il danneggiato esista una connessione economico-giuridica. L’assicurato non può destinare a proprio piacimento la somma ricevuta dall’assicuratore a titolo di indennità, come nelle altre assicurazioni contro i danni: l’indennità percepita dall’assicurato costituisce un’entrata patrimoniale destinata al soddisfacimento del terzo (48). Ciò trova conferma nella facoltà dell’assicuratore di pagare direttamente il terzo, anche senza una espressa richiesta da parte dell’assicurato, e nel
purché essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e interdipendenti, al fine di un più completo ed equilibrato regolamento degli interessi».
(44) Fra le tante Xxxx., 12 luglio 2005, n. 14611, in Mass. Foro it., 2005.
(45) Cfr. XXXXXXX, Le assicurazioni, in Tratt. Cicu e Messineo, Milano, 1973, p. 165; SALANDRA, Dell’assicurazione, cit., sub art. 1917, p. 365; SCALFI, I contratti di assicurazione. L’assicurazione danni, Torino, 1991, p. 61; CANDIAN, Responsabilità civile e assicurazione, Milano, 1993, p. 117; Trib. Milano, 29 ottobre 1984, Dir. maritt., 1985, p. 564; Trib. Ancona, 28 ottobre 1980, Resp. civ., 1981, p. 254: «l’assicurazione del conduttore contro l’incendio della cosa locata non è assicurazione contro i danni di cose, ma assicurazione della responsabilità civile».
(46) Cfr. XXXXXX, Trattato del diritto delle assicurazioni private, II, cit., pp. 201, 222; DE XXXXXXXX e XXXXXXX, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 161.
(47) Cfr. Cass., 25 luglio 1990, n. 7510, Arch. circolaz., 1990, p. 924.
(48) Cfr. XXXXXXXX, voce Assicurazione della responsabilità civile, in Enc. del dir., III, Milano, 1958, p. 556; sulla facoltà attribuita al terzo di agire in surrogatoria verso l’assicuratore, cfr. DE XXXXXXXX e XXXXXXX, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 161.
privilegio accordato al danneggiato sulle somme percepite dall’assicurato a titolo di indennità, secondo l’art. 2767 c.c.
Il pagamento del risarcimento del danno al terzo può avvenire in tre modi. Il primo è ad iniziativa dell’assicurato e in questo caso l’indennità assicurativa assume la natura di un rimborso all’assicurato della somma pagata (49). In quest’ipotesi l’assicurato non coinvolge l’assicuratore, pertanto, ancorché abbia concluso una conveniente transazione con il danneggiato, si espone al rischio che la compagnia gli eccepisca sull’an e sul quantum dell’esborso effettuato. Invero l’accordo intervenuto tra assicurato e terzo non vede l’assicuratore come parte, dunque questo non gli può essere opposto (50). Il secondo e il terzo modo sono disciplinati dai commi 2º e 4º dell’art. 1917 c.c.: l’assicuratore, previa comunicazione all’assicurato, può direttamente pagare il danneggiato; mentre diviene obbligato verso il terzo se l’assicurato lo chiede: a tal fine è attribuita all’assicurato la facoltà della chiamata in causa dell’assicuratore nel giudizio promosso contro di lui dal danneggiato.
La natura del pagamento eseguito direttamente nelle mani del terzo da parte dell’assicuratore viene ricondotta alla espromissione dell’art. 1272
c.c. Si suole ritenere che l’offerta di risarcimento del danno rivolta dall’assicuratore al terzo danneggiato sia una proposta di espromissione che, se accettata, conclude il relativo contratto (51). In base a tale disposizione, la compagnia resta solidalmente obbligata con l’assicurato nei confronti del terzo, sicché non ha più valore liberatorio l’eventuale pagamento successivo effettuato a favore dell’assicurato, dopo che sia intervenuta una transazione con il terzo (52). È, comunque, facoltà dell’assicuratore di fornire preventivamente all’assicurato le somme necessarie per soddisfare il terzo. Qualora l’accordo transattivo intervenga successivamente al giudizio da questo instaurato contro il danneggiato, l’assicuratore non è tenuto al pagamento degli onorari in solido con l’assicurato, in quanto è estraneo al giudizio (53).
Il comma ult. della norma in esame prevede espressamente la facoltà di chiamare in causa l’assicuratore nel giudizio promosso dal terzo. Tale facoltà è data anche per l’ipotesi in cui l’assicurato non sia l’unico responsabile del danno. Questa chiamata in causa si configura come garanzia impropria, posto che il titolo o il fatto dai quali deriva non sono oggettivamente connessi con quelli dedotti dall’attore, e legittima il giudice a condannare direttamente l’assicuratore nei confronti del terzo,
(49) Cfr. Cass., 11 febbraio 1989, n. 866, Arch. circolaz., 1989, p. 465.
(50) Cfr. Trib. Monza, 8 novembre 1988, Arch. circolaz., 1989, p. 407; Trib. Roma, 20 giugno 1986, Dir. e pratica assic., 1987, p. 618.
(51) Cfr. Cass., 5 aprile 2001, n. 5076, in Assicurazioni, 2001, II, 2, p. 173, la quale
decide ancora che tale contratto non è soggetto ad onere di forma, pertanto si può concludere anche tacitamente; e che «l’accertamento circa l’avvenuta conclusione di un contratto di espromissione è tipico giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ove sia frutto di indagine condotta senza violazione dei canoni ermeneutici ed immune da vizi logico-giuridici».
(52) Cfr. CASTELLANO e SCARLATELLA, Le assicurazioni private, in Giur. sist. civ. comm., fondata da BIGIAVI, Torino, 1981, p. 527.
(53) Si potrebbe tuttavia obiettare che queste spese potrebbero essere equiparate a quelle
di salvataggio alle quali è tenuto l’assicurato.
ancorché questi non abbia rivolto alcuna domanda contro di lui (54). Anche a questa chiamata in garanzia è applicabile l’art. 32 c.p.c., sicché essa è ammissibile pure qualora la causa principale sia di competenza funzionale di un certo giudice (55); e anche se il giudice della causa principale non sarebbe territorialmente competente a giudicare in base al contratto di assicurazione della responsabilità civile (56).
Da tutto ciò deriva che l’assicurazione della responsabilità civile ha la natura di un contratto con prestazione eventuale al terzo (57); in ciò manifesta la sua rilevanza si fini di questa indagine.
8. La novazione e la transazione nelle obbligazioni solidali.
La novazione come vicenda dell’obbligazione comporta l’estinzione dell’originario debito per effetto della nascita del nuovo. La novazione presuppone un contratto fra debitore e creditore, che muti l’oggetto o il titolo del precedente obbligo. Nel caso in cui l’obbligazione da novare sia solidale, opera l’art. 1300 c.c., secondo il quale la novazione tra il creditore e uno dei debitori solidali libera gli altri. A meno che non si sia voluto disporre della sola quota del debitore solidale, con l’effetto di frazionare l’obbligazione solidale: il condebitore che ha novato è obbligato dal nuovo titolo, mentre gli altri restano vincolati dall’originaria obbligazione. Xxxxxxxxx l’effetto liberatorio per gli altri debitori in solido si estende ai soli rapporti esterni, non comporta invece la rinuncia da parte del condebitore che ha novato verso gli altri condebitori (58).
La medesima norma, al comma 2º esclude l’efficacia della novazione anche nei confronti di chi non sia stato parte del contratto, qualora questa intervenga fra il creditore solidale e il debitore.
In sostanza si è in presenza di un contratto che produce la novazione e che ha efficacia anche nei confronti di chi non sia stato parte: gli altri debitori solidali. Il fenomeno, spiegabile funzionalmente come estensione degli effetti favorevoli delle vicende della solidarietà sui debitori in solido, ai fini della presente indagine si spiega come rilevanza del contratto rispetto ai terzi. Qui è la legge che eccezionalmente consente al contratto che si riflette sulle vicende dell’obbligazione di produrre effetti nei confronti dei terzi, ai sensi dell’art. 1372, comma 2º, c.c. Per evitare la produzione di questi effetti, le parti devono espressamente precisare nel titolo che l’oggetto del contratto riguarda le sole posizioni soggettive e non quelle oggettive dell’obbligazione dalla quale nasce il contratto produttivo di
(54) Cfr. Cass., 6 febbraio 1990, n. 797, in Mass. Foro it., 1990; App. Palermo, 22 gennaio 1987, Riv. giur. circolaz. e trasp., 1987, p. 659.
(55) Cfr. Cass., 20 gennaio 1984, n. 620, in Mass. Foro it., 1984; Cass., 8 agosto 1983, n. 5293, ivi, 1983; l’ipotesi riguardava la competenza funzionale del Pretore quale giudice
del lavoro.
(56) Cfr. Trib. Ancona, 21 settembre 1974, in Assicurazioni, 1975, II, 2, p. 35.
(57) Xxx contratti con prestazioni ai terzi: XXXXXXX, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzi, Napoli, 1962, p. 65 ss.; XXXXXXXX, Studi sull’accollo, Milano, 1958, p. 38; XXXXXXXXXXXX, Il pagamento al terzo, Milano, 1961, pp. 18 s., 79 ss.
(58) Cfr. su questi profili, SCOGNAMIGLIO C., Gli effetti del contratto, in I contratti in generale, diretto da Xxxx e Bessone, IV, 1, Torino, 1991, p. 46.
novazione.
L’immediata proiezione degli effetti nella sfera dei terzi non si produce, invece, nella transazione su un’obbligazione solidale passiva. La conclusione di una transazione da parte di alcuno dei debitori solidali con il creditore legittima gli altri ad avvalersene, ai sensi dell’art. 1304 c.c., senza esserne stati parte, nei limiti in cui l’obbligazione è solidale (59). Qui occorre che espressamente i condebitori rimasti estranei al contratto dichiarino di volersi avvalere degli effetti. A queste condizioni, pur non essendo stati parte del contratto e senza diventare tali successivamente (60), i condebitori terzi si avvantaggiano degli effetti della transazione (61). Fra l’altro quando la transazione abbia ad oggetto l’intero debito, «il diritto degli altri condebitori a profittare della transazione non può essere escluso da eventuali clausole in essa inserite» (62). Per effetto della dichiarazione di voler profittare, le parti della transazione nulla possono opporre, salvo che quel contratto non abbia avuto ad oggetto l’obbligazione solidale, bensì la sola quota di uno dei debitori solidali (63). Anche la dichiarazione di volersi avvalere degli effetti della transazione conclusa da altri è spiegabile come rilevanza del contratto rispetto ai terzi, agli effetti dell’art. 1372, comma 2º, c.c. Il condebitore o il concreditore (rispettivamente art. 1304, comma 1º e comma 2º, c.c.) resta, infatti, terzo se non è stato parte della transazione conclusa da altri.
9. Il contratto normativo e l’art. 1332 c.c.
(59) Cfr. Cass., 1 ottobre 1994, n. 7979, in Mass. Foro it., 1994: «la transazione produce i suoi effetti estintivi dell’obbligazione solidale, nei limiti dell’obbligazione stessa e nei confronti di tutti i debitori solidali che dichiarano di volerne profittare e non si estende a quella parte dell’obbligazione non solidale perché dovuta esclusivamente da uno dei debitori (nella specie si è ritenuto che la transazione del danneggiato con l’impresa assicuratrice del danneggiante, per la sola parte del credito gravante su quella, comportava che quest’ultimo potesse beneficiare della transazione nei soli limiti di quanto dovuto dall’assicuratrice, rimanendo sempre esposto, e da solo, per la parte eccedente)».
(60) Questa precisazione si rende utile, poiché qualche interprete ha voluto spiegare il fenomeno ricorrendo al contratto aperto dell’art. 1332 c.c.; per una critica a questa impostazione, cfr. SCOGNAMIGLIO C., Gli effetti del contratto, cit., p. 47 ss., l’a. si diffonde anche nell’esame della natura negoziale o non negoziale di questa dichiarazione.
(61) Cfr. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, La transazione, Napoli, 1975, p. 301 s.; XXXXXXXX,
Obbligazioni solidali e transazione, Milano, 1978, p. 34 ss.
(62) Xxxx., sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30174, in Foro it., 2012, I, c. 1822; in Contratti, 2012, p. 469, con nota di XXXXXXXXXXX, Transazione pro quota e obbligazione solidale: la clausola che esclude l’approfittamento dei condebitori non stipulanti; in Corriere merito, 2012, p. 260 (m), con nota di TRAVAGLINO, Transazione e obbligazioni solidali; in Giur. it., 2012, p. 1338, con nota di XXXXXX, L’oggetto sociale delle compagnie di assicurazioni e la transazione di obbligazioni solidali al vaglio delle sezioni unite; e in Nuova giur. civ., 2012, I, p. 620, con nota di XXXXXXXX XXXXXXXXXXX, Transazione e condebito: sulla possibilità di impedire ai condebitori non transigenti di profittare del contratto.
(63) Cfr. XXXXXXXX, Obbligazioni solidali e transazione, cit., p. 42 ss.; esattamente in termini, Cass., 24 gennaio 2012, n. 947, in Foro it., 2012, I, c. 1477; Cass., 30 novembre
2011, n. 25553, in Mass. Foro it., 2011.
Il contratto normativo ha lo scopo di dare una regola comune per successivi contratti. Pertanto la conclusione di altri contratti subisce gli effetti della regola posta nel primo, in particolare se le condizioni dei secondi sono peggiorative per una delle parti. Questa è la regola propria dei contratti collettivi di lavoro per i quali i contratti aziendali possono prevedere solo condizioni migliorative per i dipendenti rispetto a quelle previste nella contrattazione collettiva (64).
Al novero di questi contratti possono essere ricondotti anche i contratti per adesione, quei contratti per i quali è dettata la regola dell’art. 1332 c.c., che prevede la c.d. «clausola di apertura». Da qualche tempo gli interpreti hanno maturato la convinzione che questa non possa essere spiegata nei termini di una clausola direttamente attributiva di diritti nei confronti dei terzi. Ragion per cui è perfettamente legittimo il diniego dell’organo preposto a sovrintendere all’esecuzione del contratto, ancorché immotivato. Gli aspiranti soci non vantano una posizione di diritto soggettivo all’ingresso nell’associazione o nella cooperativa, sicché di fronte al rifiuto dell’ente non godono di mezzi d’impugnazione, salvo che la legge espressamente non li preveda (65).
La diversa lettura della clausola di apertura dipende soprattutto dal modo in cui è stata concepita dalle parti. Così, ad esempio, qualora l’organo costituito per l’attuazione del contratto abbia il potere di accogliere o di rifiutare la proposta dell’aspirante contraente, essa si configura come invito a proporre. Qualora, invece, questo potere non sia contemplato, essa varrà come offerta al pubblico ed esporrà gli aspiranti contraenti al solo rischio della revoca, secondo le regole ordinarie dell’art. 1328 c.c. (66).
In definitiva, nel momento della formazione dell’accordo per effetto dell’art. 1332 c.c., il contratto assume rilevanza nei confronti dell’aspirante contraente, ai sensi dell’art. 1372, comma 2º, c.c., poiché il regolamento è già formato. La disciplina del rapporto con il nuovo contraente è la stessa di quella di coloro che sono già parti del contratto, dunque il contenuto della proposta non potrà essere libero. Sicché per l’aspirante socio il contratto per adesione assolve una funzione analoga a quella svolta dal contratto normativo.
10. La ulteriore casistica in punto di contratto rilevante verso i terzi.
Tentiamo ora di offrire un quadro il più esaustivo possibile delle ipotesi nelle quali il contratto, inteso come fatto giuridico, produce effetti verso i terzi, al di fuori delle ipotesi di conflitto di diritti delle quali ci si occuperà nella sezione successiva. Xxxxxxxxx, molte figure si pongono ai confini tra
(64) Cfr. Cass., sez. lav., 8 aprile 2010, n. 8342, in Notiziario giurisprudenza lav., 2010,
p. 682, per la particolarità del caso.
(65) Cfr., per tutti, OPPO, L’essenza della società cooperativa e gli studi recenti, in Riv. dir. civ., 1959, I, p. 381; XXXXXXX, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1974, p. 155 ss. In senso critico CESARO, Contratto aperto e adesione del terzo, Napoli, 1979, p. 117 ss.
(66) Cfr. XXXXXX, Diritto civile, III, cit., p. 250.
una vicenda di efficacia esterna catalogabile come rilevanza e quella di opponibilità, sicché non è possibile attribuire una assoluta certezza a questa classificazione.
A) La cessione dei beni ai creditori prevista dall’art. 1977 ss. c.c., come è noto, è un contratto in forza del quale il debitore incarica i propri creditori o alcuni di essi di liquidare il proprio patrimonio al fine di soddisfare i loro crediti. In forza di questo contratto ai creditori spettano i poteri di ordinaria amministrazione sui beni oggetto di cessione. Pertanto il contratto «si configura, nei rapporti interni tra cedente e cessionari, come un mandato irrevocabile conferito anche nell’interesse dei mandatari e, nei rapporti esterni, come potere di rappresentanza sostanziale e processuale spettante ai cessionari nei confronti del cedente» (67).
B) La cessione del credito verso il debitore ceduto agli effetti dell’art. 1264 c.c. Secondo tale norma il contratto concluso tra cedente e cessionario produce effetto verso il debitore dopo la notifica- comunicazione della cessione (68). L’ipotesi qui considerata è diversa da quella del conflitto tra più cessionari di un medesimo credito, espressamente regolata dal successivo art. 1265 c.c., della quale ci si occuperà nella successiva sezione.
Il debitore ceduto può opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente (69). Sotto questo profilo assume rilievo la cessione come fenomeno di circolazione nella quale il cessionario assume il ruolo di avente causa nella stessa posizione della parte cedente.
C) Nel contratto per persona da nominare, l’electio amici accompagnata dall’accettazione comporta che l’originario contratto estende i propri effetti al nominato, fin dal momento della sua conclusione: art. 1404 c.c. (70). Dunque il contratto per persona da nominare ha rilevanza per il terzo
(67) Cfr. Cass., 16 dicembre 1988, n. 6853, in Mass. Foro it., 1988: «ne consegue il diritto dei cessionari di chiedere al giudice dell’esecuzione e di ottenere la consegna del residuo della somma ricavata dalla vendita forzata di uno dei beni ceduti e assoggettato alla esecuzione da altri creditori, anteriori alla cessione e non partecipanti alla medesima (art. 1980, comma 2º, c.c.), al fine di destinarlo alla ripartizione in soddisfacimento delle loro ragioni (salvo l’obbligo del rendiconto ex art. 1983 c.c.)»; tuttavia «il debitore cedente conserva la titolarità e l’esercizio diretto delle azioni relative alle attività cedute, che può espletare anche nei rapporti interni della cessione, senza che l’esercizio di tali azioni comporti la necessità del litisconsorzio dei creditori cessionari» (Cass., 2 giugno 1990, n. 5177, in Nuova giur. civ., 1991, I, p. 17, con nota di XXXXXX, Questioni in tema di poteri del debitore nella cessione dei beni ai creditori), «quando ciò non implichi contrasto d’interessi con i cessionari» (Cass., 23 giugno 1982, n. 3827, in Mass. Foro it., 1982).
(68) Cfr., tra le tante, Cass., 25 gennaio 2012, n. 1012, in Giust. civ., 2012, I, p. 964: «la cessione di credito produce pieni effetti, nei confronti del debitore ceduto, dal momento in cui gli sia stata notificata, a norma dell’art. 1264 c.c., sicché la sopravvenienza del
fallimento del cedente, dopo detta notificazione, come non legittima il curatore, ancorché erroneamente autorizzato dal giudice delegato, a riscuotere il credito, salvo il preventivo e vittorioso esperimento dell’azione revocatoria dell’atto di cessione, così non comporta l’efficacia liberatoria del pagamento che il debitore stesso abbia effettuato a detto curatore».
(69) Fra le tante, Xxxx., 7 aprile 2009, n. 8373, in Mass. Foro it., 2009; Trib. Milano, 9
giugno 1980, in Foro pad., 1982, I, c. 197, con nota di FRIGNANI, Il regime delle eccezioni opponibili al factor.
(70) Cfr. Cass., 20 giugno 2011, n. 13537, in Mass. Foro it., 2011; Cass., 2 febbraio
eletto, nel senso che l’electio presuppone un contratto del quale il nominato non è stato parte, ma che, per effetto della successiva accettazione, o della procura rilasciata in precedenza, costituisce l’autoregolamento vincolante tra le parti (71).
Sotto questo profilo le ipotesi sub B) e C) si ritrovano anche nella cessione del contratto, nella quale il cessionario si trova ad essere vincolato da un regolamento alla cui stesura non ha partecipato (72).
D) Nel contratto di mandato, il compimento dell’attività giuridica produce effetti sul contratto determinandone l’estinzione o una eventuale responsabilità del mandatario, qualora questi rifiuti di ritrasferire i beni mobili o immobili oggetto di quell’attività compiuta senza rappresentanza. Se al mandato si accompagnasse la rappresentanza, l’attività compiuta in esecuzione del mandato produrrebbe immediatamente effetti verso il mandante; mancando la rappresentanza, l’attività giuridica compiuta dal mandatario ha solo rilevanza verso il mandante.
E) Nel contratto d’agenzia, la conclusione del contratto fra cliente e preponente fa nascere il diritto dell’agente alla provvigione proprio in esecuzione del contratto di agenzia. Lo stesso vale per il diritto alla mediazione da parte del mediatore che abbia contribuito all’incontro delle parti. Quest’ultimo esempio è solo indicativo di una fattispecie complessa, ma non della rilevanza del contratto rispetto ai terzi, poiché la messa in contatto è un fatto, sicché l’attività del mediatore privo di un incarico non è giuridica.
1994, n. 1023, in Foro it., 1995, I, c. 2241; e in Riv. giur. edilizia, 1994, I, p. 986; Cass., 21 giugno 1995, n. 7026, in Mass. Foro it., 1995; e anche Xxxx., 30 maggio 1995, n. 6050, ivi, 1995: «la riserva della facoltà di nomina del contraente, prevista dall’art. 1401 c.c., può essere contenuta anche in un contratto di vendita con effetti immediatamente traslativi concretandosi, essa, in una dichiarazione a priori ambivalente, perché potenzialmente volta a dare vita ad un contratto in nome proprio, cioè con effetti tra i diretti contraenti, qualora non sia seguita, nel termine prescritto, dalla dichiarazione di nomina, ovvero, nella opposta ipotesi, ad un contratto che produce i suoi effetti direttamente ed esclusivamente tra l’altro contraente e il soggetto designato sì da doversi considerare concluso in nome di quest’ultimo».
(71) Cfr. ampiamente XXXXX MASS., Il contratto con riserva di nomina, cit, p. 159 ss.; sui rapporti fra eligendo e stipulante PENNASILICO, Il contratto per persona da nominare, Milano, 1999, p. 481; GAZZONI, voce Contratto per persona da nominare (diritto civile), in Encicl. giur. Treccani, Roma, 1988, p. 6; XXXXXXX, Il contratto per
persona da nominare, in Il contratto in generale, in Tratt. dir. priv., diretto da Xxxxxxx, XII, 6, Torino, 2000, p. 237. Cass., 17 marzo 1995, n. 3115, in Giur. it., 1995, I, 1, c. 2025: «nel contratto per persona da nominare il terzo si considera fin dall’origine unica parte del rapporto costituito dall’originario stipulante; in ciò risiede la differenza con il contratto a favore di terzo i cui effetti si producono sia a favore dello stipulante, che del terzo, il quale ultimo non acquista mai veste di parte contrattuale, né in senso formale, né in senso sostanziale».
(72) Ne dà atto la Cass., 21 giugno 1996, n. 5761, in Mass. Foro it., 1996: «la cessione del contratto, realizzando una successione a titolo particolare nel rapporto giuridico contrattuale, mediante la sostituzione di un nuovo soggetto (cessionario) nella posizione giuridica attiva e passiva di uno degli originari contraenti (cedente), comporta anche il
trasferimento del vincolo nascente dalla clausola compromissoria con la quale le parti originarie si siano impegnate a deferire ad arbitri rituali ogni e qualsiasi controversia insorta tra le parti circa l’attuazione, l’interpretazione e la risoluzione del contratto».
F) Nell’esercizio dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria, il creditore fa valere un diritto il cui esercizio si riflette su un contratto del quale non è stato parte. Quel contratto compiuto in suo danno, nella revocatoria, o l’inerzia del debitore nell’esercizio di un suo diritto, nella surrogatoria, hanno rilevanza verso il creditore (terzo), costituendo il presupposto della sua azione.
G) Il contratto concluso dal falso rappresentante assume rilievo verso il rappresentato che ratifichi ai sensi dell’art. 1399 c.c. Pure in questa ipotesi un contratto produce effetti verso un terzo, il falso rappresentante, del tutto estraneo alla vicenda fino all’atto di ratifica (73). Ai fini di questa indagine, la vicenda è assimilabile a quella della cessione del contratto, nella quale, quando la parte viene sostituita con il consenso dell’altra, verso il subentrato diviene efficace il contratto preesistente.
H) Pur essendo inopponibili al fallimento i contratti privi delle forme richieste per la loro opponibilità ai terzi (art. 45 l. fall.), quei contratti sono rilevanti per il curatore fallimentare, il quale può decidere di rinunciare all’inefficacia prevista in suo favore e subentrare dalla parte del fallito (74).
I) Il contratto d’appalto concluso tra il committente e un consorzio è rilevante per il socio del consorzio stesso che abbia ricevuto in affidamento i lavori da eseguire, in base allo statuto consortile.
(73) È pertinente il richiamo alla Cass., 27 febbraio 1996, n. 1539, in Mass. Foro it., 1996: «perché, a norma dell’art. 1399 c.c., possa darsi ratifica del contratto concluso dal rappresentante senza poteri, occorre che detto contratto sia valido; infatti la mancanza di procura rileva soltanto ai fini dell’efficacia del contratto, che rimane sospesa in attesa della manifestazione di volontà del dominus».
(74) Xxx. xxxxx, § 00.