Enrico Vannicola Consulente del Lavoro
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00 marzo 2015
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Oggetto: Contratto di lavoro a tutele crescenti.
Con la pubblicazione del decreto legislativo 23 del 4/03/2015 sulla gazzetta ufficiale del 6/03/2015 entra pienamente in vigore il cosiddetto contratto a tutele crescenti che si applicherà a tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato con la qualifica di operaio, impiegato o quadro, a decorrere dal 7 marzo 2015, indipendentemente dalla dimensione aziendale.
La novità non riguarda la modalità di svolgimento del contratto ma le conseguenze derivanti dall’eventuale risoluzione del rapporto per licenziamento.
A questi lavoratori, salve alcune eccezioni, in caso di licenziamento illegittimo (non giustificato) non sarà più riconosciuta la reintegrazione nel posto di lavoro ma “solo” un risarcimento di tipo economico.
Oltre che a tutti i nuovi assunti a decorrere dal 7 marzo 2015, le nuove regole si applicheranno anche ai lavoratori a tempo determinato che saranno trasformati a tempo indeterminato dopo la data di entrata in vigore della norma e agli apprendisti confermati in servizio dopo il periodo formativo.
Per le piccole aziende *, nel caso in cui, a decorrere dal 7 marzo 2015, dovessero superare la soglia dei 15 dipendenti nello stesso comune o i 60 dipendenti a livello nazionale, le nuove regole si applicheranno anche ai lavoratori già in forza.
Per i dipendenti già assunti a tempo indeterminato da azienda con più di 15 dipendenti nel territorio comunale oppure più di 60 dipendenti a livello nazionale, si applicherà la precedente normativa che prevede la reintegrazione in molti più casi.
Di seguito riportiamo le sanzioni previste nei diversi casi di licenziamenti illegittimo dei lavoratori assunti con contratto a tutele crescenti.
Licenziamenti discriminatori, nulli, inefficaci, per falsa inidoneità fisica o psichica, o licenziamenti collettivi senza forma scritta**.
Per queste tipologie di licenziamento la sanzione prevista è la reintegrazione nel posto di lavoro oltre al pagamento di una indennità pari all’ultima retribuzione calcolata dalla data di licenziamento alla data di reintegra, dedotto quanto eventualmente percepito per lo svolgimento di altra attività .
L’indennità minima non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Il datore di lavoro è obbligato, inoltre, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo.
Il lavoratore può optare, in alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro, per un’ulteriore indennità pari a 15 mesi sulla quale non sono dovuti i contributi.
Licenziamento per motivi disciplinari (giusta causa o giustificato motivo) nel solo caso in cui il fatto all’origine del licenziamento non sussista.
In questo caso la sanzione è la stessa illustrata al punto precedente ma l’indennità è livellata a un massimo di 12 mesi.
In tutti gli altri casi di licenziamento (motivi economici, disciplinari, licenziamenti collettivi) l’unica sanzione che il giudice può stabilire è di tipo economico ed è puntualmente individuata dalla legge (non c’è potere discrezionale) nei seguenti limiti:
due mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità.
Per le piccole aziende* l’indennità è ridotta a una mensilità per ogni anno di servizio con un
minimo di due e un massimo di sei mensilità.
Contratto a tutele crescenti.doc Pagina 2 di 2
L’indennità non è soggetta a contributi previdenziali.
In caso di vizi formali nel licenziamento (tutte le volte che le motivazioni ci sono ma non è stata rispettata una determinata procedura) l’indennizzo è stabilito in una mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di due e un massimo di dodici mensilità.
Per le piccole aziende* l’indennità è ridotta a mezza mensilità per ogni anno di servizio con un minimo di una e un massimo di sei mensilità.
Proposta di conciliazione.
Un’ulteriore novità riguarda la possibilità per il datore di lavoro che intende licenziare e vuole evitare il contenzioso di offrire, entro 60 giorni dal licenziamento, una somma di conciliazione pari a un mese di retribuzione per ogni anno di anzianità con un minimo di due e un massimo di 18 mensilità. Per le piccole aziende* l’offerta è pari a mezza mensilità con un minimo di una e massimo di sei mensilità.
L’offerta deve avvenire mediante presentazione in una sede di conciliazione (Commissioni di conciliazione in sede pubblica o sindacale) di un assegno circolare con l’offerta conciliativa. Se il lavoratore accetta la conciliazione il rapporto si ritiene cessato dalla data del licenziamento. L’indennità ricevuta dal lavoratore è essente da contributi e da IRPEF al fine di incentivare la risoluzione senza ricorrere al giudice.
Se la conciliazione va a buon fine, il datore di lavoro deve comunicare nuovamente la cessazione al centro per l’impiego entro 65 giorni dalla cessazione (sanzione da 100 a 500 euro in caso di omissione).
Tutte le indennità e le somme previste dal Decreto sono calcolate prendendo a riferimento la retribuzione utile per il calcolo del TFR.
Data la portata innovativa della riforma, bisognerà sicuramente attendere le prime pronunce giurisprudenziali o l’eventuale vaglio costituzionale soprattutto alla luce dei possibili profili di discriminazione tra lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015.
Restiamo a disposizione per ogni ulteriore chiarimento. Cordiali saluti.
NOTE
*Piccola azienda: datore di lavoro fino a 15 dipendenti per unità operativa o nello stesso comune oppure fino a 60 dipendenti a livello nazionale. I dipendenti part-time sono computati in proporzione all’orario di lavoro ridotto previsto dai contratti individuali.
** Tipologie di licenziamenti Licenziamenti discriminatori:
-per violazioni delle disposizioni in materia di non discriminazioni ex art. 3, Legge n. 108/1990, (per ragioni di credo politico, di fede religiosa, sindacali, motivi razziali, di lingua, di sesso, di handicap, di età o basate sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali del dipendente.)
Licenziamenti nulli:
- per matrimonio;
- durante il periodo di gravidanza fino al compimento dell’anno di vita del bambino;
- per fruizione dei congedi parentali,
- per motivo illecito ex art. 1345 c.c.,
Licenziamenti inefficaci:
- intimato in forma orale
Licenziamenti per inidoneità fisica o psichica
- intimati a seguito di sopravvenuta incapacità alla prestazione lavorativa.
Licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
- determinati da motivi di natura economica, tecnico-produttiva, organizzativa
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa
- intimati a fronte di una mancanza disciplinare o di cause esterne che non consentono la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Licenziamento collettivo:
- intimato per motivi economici nelle aziende oltre i 15 dipendenti nel caso in cui siano coinvolti almeno 5 lavoratori da licenziare in un arco temporale di 120 giorni.