AC 2763
“Disposizioni concernenti la rinegoziazione dei contratti di locazione di
immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l’anno 2021 in conseguenza dell’epidemia di COVID-19”
AC 2763
OSSERVAZIONI CONFCOMMERCIO – IMPRESE PER L’ITALIA
Roma, 4 maggio 2021
1. Premessa
Desideriamo innanzitutto ringraziare la Commissione per averci fornito l’opportunità di contribuire alla discussione sulla proposta di legge in esame apportando il punto di vista delle imprese del terziario di mercato.
Confcommercio - Imprese per l'Italia, Confederazione Generale Italiana delle Imprese, delle Attività Professionali e del Lavoro Autonomo, è, infatti, la principale rappresentanza d'impresa italiana dell’area del terziario di mercato, che ricomprende commercio, turismo, cultura, trasporti e logistica, lavoro autonomo professionale, servizi in generale.
E’ l’area delle attività più colpite dall’impatto economico della pandemia e, in particolare, da un crollo dei consumi pari, nel 2020, a circa 107 miliardi di euro. Essa comunque continua a contribuire alla formazione del PIL e dell’occupazione del Paese per circa il 40% del totale.
Pubblici esercizi, alberghi e strutture ricettive, negozi e molte altre attività ancora sono dunque rimasti gravati da costi fissi che si sono mantenuti costanti anche mentre le attività erano chiuse o deserte e il fatturato precipitava.
Nella maggior parte dei casi, il costo principale è rappresentato dal canone di locazione.
Si tratta di un profilo rispetto al quale gli allarmi si sono moltiplicati fin dal principio di questa emergenza ma che, finora, è stato affrontato principalmente tramite la previsione di un credito d’imposta a beneficio dei conduttori. Occorre inoltre promuovere il riequilibrio dei rapporti di locazione al fine di adeguarli alle mutate condizioni di mercato e renderli maggiormente sostenibili per gli operatori.
La proposta di legge in esame affronta dunque uno dei principali nodi che minacciano la sopravvivenza delle centinaia di migliaia di imprese che costituiscono il tessuto della nostra economia.
Emergono, tuttavia, alcune criticità che riteniamo utile evidenziare affinché si possa giungere alla definizione di uno strumento che sia il più possibile di aiuto per le imprese e, con esse, per la stessa proprietà immobiliare.
2. L’ambito di applicazione
La proposta di legge riconosce la possibilità di rinegoziare i contratti di locazione ai soggetti conduttori di immobili rientranti nelle categorie catastali C1 (Negozi e botteghe), C3
(Laboratori per arti e mestieri) e D2 (Alberghi e pensioni), nei quali esercitino attività d’impresa, arte o professione (art. 1, comma 1).
La scelta di introdurre un rigido criterio basato sulla categoria catastale rischia, tuttavia, da un lato, di escludere dalla misura attività d’impresa o professionali meritevoli di tutela e, dall’altro, di includere attività che, non avendo subito riduzioni del giro d’affari, sono tuttora in grado di autosostenersi.
Sarebbe, dunque, opportuno definire l’ambito di applicazione della misura, in modo da renderla applicabile alle attività d’impresa o professionali, svolte su immobili gestiti in regime di locazione indipendentemente dalla categoria catastale, che abbiano registrato un calo di fatturato, ovvero, indipendentemente dal calo di fatturato, siano state interessate da misure restrittive che ne abbiano imposto la chiusura anche parziale.
Appare consigliabile, cioè, evitare, come avvenuto in altri provvedimenti emergenziali, di individuare in modo specifico determinati requisiti o presupposti agevolativi (ad esempio: le categorie di attività ammesse sulla base dei codici ATECO interessati dalle misure restrittive di carattere nazionale o anche le aree territoriali, poiché spesso, anche quanti non hanno subito limitazioni ad opera del legislatore statale, sono stati oggetto di misure restrittive e chiusure a livello locale). Da questo punto di vista il criterio della riduzione di fatturato appare dunque il più equo a condizione che sia individuata una soglia minima sensibilmente più bassa rispetto a quella prevista per l’accesso al contributo a fondo perduto del DL sostegni (che era pari al 30%).
Seguendo la medesima logica è, inoltre, indispensabile che la misura sia estesa anche ad altre fattispecie, quali l’affitto di azienda ed alle imprese che operano su concessioni pubbliche che, ad oggi, non hanno beneficiato di alcuno sconto sui canoni concessori.
3. La rinegoziazione del canone
La proposta di legge collega la possibilità di rinegoziare il canone di locazione alla stipula di un nuovo contratto tra le parti (art. 1, comma 1) destinato ad applicarsi fino al 31 dicembre 2021 – o comunque, come sembra ragionevole ritenere, per un periodo di tempo limitato (art. 1, comma 3) –, trascorso il quale tornerebbe ad essere efficace il contratto previgente (art. 1, comma 4).
A ben guardare, tali modalità di applicazione della misura sembrano attagliarsi meglio a una rimodulazione temporanea del canone che faccia salvo il contratto previgente piuttosto che alla stipula di un nuovo contratto.
La stessa proposta sembra far emergere tale consapevolezza nei passaggi in cui si riferisce al “contratto rinegoziato” (ad es. art. 1, comma 4, e art. 5, comma 1) piuttosto che al “nuovo contratto”.
Tra l’altro, sarebbe più corretto e in linea con le disposizioni legislative in materia di locazioni di cui alla legge 392 del 1978, parlare di un accordo novativo per il solo ammontare del canone di locazione per un periodo prestabilito e non eccedente il 31 dicembre 2021, anziché di un “nuovo contratto” che, stante la impropria locuzione utilizzata, in termini di durata (31 dicembre 2021) violerebbe quella minima prevista dall’art. 27 della legge 392/1978.
In tale contesto risulta da approfondire il ruolo assegnato alle Camere di Commercio, la cui posizione non è definita puntualmente dalla proposta, ruolo eventualmente da considerare nell’ambito dei servizi di mediazione che attualmente esse svolgono.
Riguardo alla durata, è necessario prevedere che la stessa sia di almeno un anno dall’entrata in vigore della misura e che questa si applichi anche ai contratti già scaduti o in scadenza nel periodo di vigenza.
4. Gli incentivi fiscali: Contributo a fondo perduto e credito d’imposta (art. 2) - Cessione del credito di imposta (art. 3)
Con gli articoli in esame, sono delineati i benefici fiscali per coloro che si avvalgano della possibilità di rinegoziazione, relativamente al periodo 2021, del contratto di locazione in essere (“previgente”) che ordinariamente riprenderà a produrre i suoi effetti dal 1° gennaio 2022.
In specie, al locatario, dal combinato effetto delle misure agevolative proposte (riduzione al 50% del canone mensile originario e attribuzione di contributo a fondo perduto in misura pari al 25% dello stesso), viene concesso, nel menzionato periodo di riferimento, un beneficio pari al 75% del canone di locazione del contratto originario o previgente, in grado, potenzialmente, di compensare quasi integralmente il costo del canone mensile rinegoziato.
In favore del locatore è, invece, previsto un credito di imposta pari al 50% del canone originario cedibile ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
In relazione all’attuale situazione economica dovuta alla pandemia, la proposta di legge è da valutare positivamente, in quanto delinea la possibilità di un concreto sostegno economico alle imprese maggiormente colpite dall’emergenza sanitaria da COVID-19 che svolgono la propria attività in immobili gestiti in regime di locazione.
Anche in ragione dell’esigenza di una maggiore inclusività dell’intervento, rapportando come prima segnalato l’applicabilità delle misure al parametro del calo di fatturato e alle chiusure obbligatorie, andrebbe conseguentemente verificata la possibilità di una maggiore copertura finanziaria nell’ambito dei programmati scostamenti di bilancio.
La proposta necessita, tuttavia, di alcune rettifiche di ordine temporale riferibili sia alla data iniziale di cessione del credito d’imposta, (la cessione potrà avvenire a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge e fino al 1° maggio 2021), sia alla durata di efficacia civilistica del contratto con canone rinegoziato (sarebbe opportuno prevedere anche oltre il 31 dicembre 2021).
Appare evidente, nell’ipotesi ultima, che la data del 31 dicembre 2021 dovrà, comunque, rappresentare il termine finale delle citate misure d’intervento di natura agevolativa (contributo a fondo perduto e credito d’imposta), anche in ottemperanza alle disposizioni temporanee di aiuto concesse agli Stati membri (Temporary framework).
5. Gli incentivi fiscali a regime per favorire la rinegoziazione dei contratti di locazioni degli immobili ad uso commerciale: La cedolare secca e l’esonero parziale dal pagamento dell’IMU
Naturalmente le misure fiscali previste dalla proposta di legge hanno carattere transitorio in quanto sono finalizzate a fronteggiare la crisi economica e finanziaria che, a seguito della pandemia, ha colpito, soprattutto, determinate categorie economiche.
Ma il problema della desertificazione commerciale dei centri urbani, e in particolar modo dei centri storici, ed il conseguente degrado delle aree urbane è un problema strutturale ancora in cerca di adeguate soluzioni ed a cui bisogna dare risposte strutturali.
Al fine di favorire la rinegoziazione dei contratti di locazione degli immobili diversi da quelli ad uso abitativo sarebbe, quindi, opportuno introdurre nell’ordinamento - quale misura fiscale a carattere strutturale - il regime della cedolare secca, nella misura del 10%, per i contratti di locazione relativi a tale tipologia di immobili, a condizione che il relativo canone di locazione venga ridotto contrattualmente di una percentuale predefinita. Inoltre si potrebbe ipotizzare in favore del locatore uno sconto dell’IMU, per il periodo nel quale è concessa la rinegoziazione del canone, in grado di compensare in tutto o in parte il mancato introito.
6. La riduzione degli oneri delle bollette
Sebbene la misura immaginata rappresenti un indubbio segnale di attenzione nei confronti delle imprese, l’impatto dei costi fissi connessi alla fornitura di energia elettrica non è paragonabile a quello rappresentato dal canone di locazione.
Si tratta, oltretutto, di una previsione non omogenea con il resto del provvedimento e concettualmente distinta che, per tale ragione, potrebbe essere stralciata al fine di riutilizzare tali importi per incrementare i fondi a disposizione delle rinegoziazioni.
Non è chiara, inoltre, la ragione sottesa alla scelta di consentire la riduzione degli oneri delle bollette elettriche soltanto a favore di chi concordi la rimodulazione dei canoni di
locazione, dal momento che si tratta di una misura di interesse generale, che opererebbe automaticamente, senza richiedere accordo tra le parti. Tale collegamento non appare neppure suscettibile di incoraggiare i locatori a concedere la rimodulazione, dal momento che i costi fissi che intende aggredire sono comunque a carico dei conduttori, che risulterebbero gli unici beneficiari della riduzione.
Per tale ragione, se si dovesse decidere di mantenerla, sarebbe comunque opportuno prevederne un’applicabilità generalizzata, slegata dal buon esito dell’accordo di rinegoziazione.
7. Il mancato pagamento
La proposta di legge prevede l’automatica decadenza del contratto nel caso di mancato tempestivo pagamento del canone di locazione.
Al di là della scelta di utilizzare un termine che appare più consono a un beneficio concesso piuttosto che a un nuovo contratto – rispetto al quale sembrerebbe più corretto parlare di “risoluzione” – la conseguenza immaginata appare troppo penalizzante. Sarebbe opportuno prevedere che ciò possa avvenire soltanto una volta trascorsi 15 o 30 giorni dalla preventiva diffida ad adempiere da parte del locatore.
La proposta, inoltre, non specifica le ulteriori conseguenze connesse al mancato pagamento. In particolare non è chiaro se in tale circostanza possa essere avviato il procedimento per convalida di sfratto o se, come sarebbe auspicabile, tale possibilità sia invece posticipata al definitivo mancato pagamento dei canoni secondo l’importo previgente.
A tal proposito, ugualmente sproporzionata appare la scelta di prevedere l’obbligo di restituzione dell’intero importo del canone di locazione previgente. È ragionevole immaginare, infatti, che un eventuale mancato pagamento sia dovuto al persistere della crisi di liquidità del conduttore, di modo che imporgli la restituzione di una somma ancora maggiore di quella che già non è stato in grado di corrispondere appare inutilmente punitivo.
Non è esplicitato, inoltre, se l’obbligo di restituzione riguardi l’intero importo di tutti i canoni previgenti (rectius: della differenza tra essi e quanto effettivamente pagato) o se si riferisca soltanto alle mensilità non corrisposte.
Altrettanto oscuro appare, in tale eventualità, il destino dei contributi di cui all’art. 2, rispetto ai quali l’articolo 5 nulla dice, inducendo a ritenere, ad esempio, che il locatore potrebbe continuare a beneficiare del credito d’imposta di cui all’art. 2, comma 4, anche una volta che fosse venuto meno l’accordo di rinegoziazione.