NOTE SUL CONTRATTO ENTI LOCALI
POSTE ITALIANE SPA
SPEDIZIONE IN A. P. 70% - ROMA
6 /2003
AGENZIA PER LA RAPPRESENTANZA
NEGOZIALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
NOVEMBRE/DICEMBRE 2003
REDAZIONE XXX XXX XXXXX 000
00000 XXXX
XX MMENTI
NOTE SUL CONTRATTO ENTI LOCALI
CCNL ENTI LOCALI:
ASPETTI RETRIBUTIVI
OSSERVATORIO
UNIONE EUROPEA
IL SISTEMA DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN SVEZIA:
CENTRALIZZAZIONE E DECENTRAMENTO
CO M PARTI
ESPERO,
FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE
PER I LAVORATORI DELLA SCUOLA
INSERTO
IL DIALOGO SOCIALE A LIVELLO EUROPEO
NEL SETTORE OSPEDALIERO
numero 6 • novembre/dicembre 2003
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DIRETTORE
Xxxxx Xxxxxxx
DIRETTORE RESPONSABILE
Xxxx Xxxxx Xxxxxxxx
XXXX XXXX TECNICO-SCIENTIFICO
Xxxxxxxx Di Xxxxx Xxxxxxxxx D’Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx
Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Xxxxxx Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx
SEGRETERIA DI REDAZIONE
Xxxxxxx Xx Xxxxxx
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE
Xxxxxx Xxxxxxxx
REDAZIONE
Telefono 0000000000
Fax 0000000000
e-mail: xxxxxxxx@xxxxxxxxxxx.xx
STAMPA
EDITORIALE
Discutere su dati oggettivi
di Xxxxx Xxxxxxx 3
CO MMENTI
Note sul contratto Enti locali 4
di Xxxxxxxx Xx Xxxxx
CCNL Enti locali: aspetti retributivi
di Xxxxxx Xxxxxxxxxx 8
OSSERVATORIO UNIONE EUROPEA
Il sistema di contrattazione collettiva in Svezia: centralizzazione e decentramento
Presentazione
di Xxxxxx Xxxxxxxxxx 10
Autonomia del contratto decentrato
per le politiche retributive nella p.a. svedese
di Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx 11
Autonomia, decentramento e politiche del personale nel modello
del lavoro pubblico svedese
di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx 15
Employement in the public administration in Sweden
di Ake Fagrell 29
Il vertice sociale tripartito alla vigilia del consiglio europeo di Bruxelles del 12 e 13 dicembre
di Xxxxxxx Xxxxxxxx 00
FLASH NOTIZIE
a cura di Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx
Attività svolta dall’Aran 36
LEGISLAZIO NE
Provvedimenti pubblicati ed attività parlamentare
di Xxxxxxx Xx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxx 41
Aut. Tribunale di Roma
n. 630 del 27.12.95
Sped. In Abb. post. L. 662/96 art. 2 C. 20/c
ANNO VIII N. 6
CO MPARTI
Espero, fondo di previdenza complementare per i lavoratori della scuola
di Xxxxxxx De Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxx 46
NOVEMBRE-DICEMBRE 2003
INSERTO
Il dialogo sociale a livello europeo nel settore ospedaliero
di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
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DISCUTERE SU DATI OGGETTIVI
La recente sottoscrizione dell’ipotesi di accordo per i circa 570mila lavoratori del Comparto Sanità rappresenta
un evidente esempio della possibilità di garantire - sia pure tra mille difficoltà
– un accettabile clima di coesione sociale all’interno del paese Italia.
Si tratta di un risultato raggiunto anche grazie alla caparbietà dell’Agenzia, che non ha mai ceduto al “ pessimismo della ragione”, pur in presenza
di una serie di ostacoli di natura sia oggettiva sia soggettiva.
Sul piano oggettivo, i contratti riguardanti il sistema delle autonomie (Regioni ed Enti locali, Sanità) hanno posto in evidenza la necessità di ripensare - al termine del percorso che porterà questo paese al cosiddetto “ federalismo” – un sistema di regole anche procedurali tipico
di un’altra fase storica.
Non è un mistero che da più parti si sia affacciata l’ipotesi in base
alla quale l’ARAN non sarebbe più titolare alla rappresentanza negoziale delle autonomie, ormai tutte
costituzionalmente protette.
La questione, che pure esiste, è più complessa, in quanto si incrocia, da un lato, con le problematiche
delle competenze previste o prevedibili dal testo della Costituzione in materia di rapporti di lavoro e sindacali,
e dall’altro con le vicende relative ai livelli di contrattazione.
Se per il contratto nazionale, come a noi sembra ovvio, deve continuare
ad esistere anche un soggetto datoriale abilitato a sottoscriverlo, il problema
si sposta sul mero piano degli organi
decisionali di qualche soggetto.
Altra questione è quella dell’atteggiamento dei cosiddetti “ poteri forti ” e di alcuni
“ maitres à penser ”.
La ricorrente accusa, mossa all’ARAN, di “contiguità” al sindacato e di realizzare contratti troppo costosi si presta
ad osservazioni che qui esprimerò
in maniera molto sintetica, riservandomi di approfondirle in momenti e sedi più appropriate.
Da quando esiste l’ARAN, la qualità
dei contratti collettivi della P.A. è cambiata in meglio e in più occasioni lo abbiamo dimostrato fornendo dati, informazioni e riscontri. Siamo sempre disposti
al dibattito, ma vorremmo che i nostri interlocutori discutessero su dati oggettivi e non su sensazioni
o sui pregiudizi riguardo il fatto che i contratti che fa l’ARAN sono troppo costosi.
A questo proposito ce la potremmo cavare sostenendo che – come è noto – le risorse economiche da mettere
a disposizione dei contratti non sono nella discrezionalità dell’Agenzia bensì dei Comitati di settore, cosicché il dato economico non è imputabile all’ARAN. Ma potrebbe sembrare una inelegante e ingiustificata presa di distanza
dai nostri mandanti che non intendiamo utilizzare. Preferiamo ripetere ciò che
in più occasioni abbiamo detto
e dimostrato “ per tabulas”, e cioè che a partire dal 1993 le retribuzioni contrattuali del pubblico impiego sono state in sostanziale equilibrio
con le retribuzioni contrattuali del settore privato.
L’ARAN, per quanto la riguarda, continuerà a svolgere la propria attività senza farsi
intimidire.
Xxxxx Xxxxxxx
Presidente ARAN
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NOTESUL CONTRATTO ENTI LOCALI
Il documento siglato, come ipotesi
di accordo, in data 16.10.2003, per il rinnovo del CCNL del Comparto delle Regioni
e delle Autonomie locali, presenta aspetti di novità di indubbio interesse che attengono, in particolare, alle seguenti problematiche:
a) i distinti ruoli della contrattazione decentrata integrativa e della concertazione;
b) la tutela delle unioni di comuni, dei servizi in convenzione
e dei comuni di ridotte dimensioni demografiche;
c) la valorizzazione delle alte professionalità;
d) il sistema di determinazione e di controllo delle risorse decentrate;
e) l’istituzione di una nuova voce retributiva: la indennità di comparto
CONTRATTAZIONE DECENTRATA E CONCERTAZIONE
Sul primo aspetto dobbiamo registrare
la estrema correttezza delle parti negoziali che hanno concordemente ritenuto
di riaffermare con molta chiarezza
la diversità dei due modelli relazionali della contrattazione decentrata integrativa e della concertazione. Questo risultato
di chiarezza viene conseguito attraverso semplici interventi di “qualificata manutenzione” inseriti nell’ambito della
previgente disciplina della concertazione. Si prevede, infatti, che:
1) le materie affidate alla concertazione non possono essere trattate con
altri e diversi modelli relazionali; con ciò escludendo il ricorso
sia al più informale modello della
informazione sia al più impegnativo vincolo derivante dalle procedure di contrattazione;
2) la parte datoriale, al tavolo
di concertazione, è rappresentata dai soggetti competenti di volta
in volta individuati in base alla materia oggetto del confronto;
in tal modo si vuole espressamente evitare che la delegazione trattante di parte pubblica sia coinvolta anche nelle procedure concertative, restando formalmente e correttamente impegnata solo per la negoziazione decentrata.
Un ulteriore e rilevante elemento di chiarimento è contenuto
nella dichiarazione congiunta n. 4,
ove si afferma che gli impegni correlati ai diversi modelli relazionali in sede
decentrata (contrattazione e concertazione comprese) devono svolgersi al di fuori dell’orario di lavoro in modo da consentire ai rappresentanti sindacali di soddisfare correttamente il proprio ruolo nelle sedi locali senza pregiudizi derivanti
da eventuali problemi di fruibilità delle prerogative sindacali e, quindi,
senza dover far ricorso necessariamente alla fruizione dei permessi.
Sulla base delle novità illustrate si può ritenere che i prossimi impegni che ogni ente dovrà sostenere, dopo la sottoscrizione definitiva del CCNL, saranno caratterizzati
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da comportamenti più collaborativi da entrambe le parti, tali da evitare,
in ogni caso, il permanere di soluzioni non perfettamente coerenti con i vincoli legislativi e contrattuali vigenti.
Auspichiamo, quindi, contratti decentrati realmente rivolti alla regolazione
delle materie e delle risorse affidate a tale sede negoziale dal CCNL. Auspichiamo, anche, un costruttivo e partecipato confronto in sede
di concertazione, in modo da favorire soluzioni condivise nell’interesse degli enti e dei lavoratori interessati.
UNIONI DI COMUNI, SERVIZI
IN CONVENZIONEE COMUNI MINORI
Con riferimento alle problematiche delle unioni di comuni, dei piccoli comuni e dei servizi in convenzione,
l’ipotesi in esame offre le novità di maggiore interesse, rivolte a sostenere e ad incentivare la funzionalità di queste realtà emergenti. Si pone rimedio, in particolare, ad una carenza dei precedenti rinnovi contrattuali, affrontando una problematica del tutto peculiare: le realtà associative
in sede locale e le specificità organizzative degli enti minori.
Vengono, a tal fine, definite discipline più articolate sia per quanto riguarda
la gestione del rapporto di lavoro del personale, sia per la costruzione
e utilizzazione delle risorse decentrate, sia per la individuazione di specifici incentivi economici al personale coinvolto in prestazioni di interesse di più enti.
Tra gli elementi di innovazione merita
di essere citato quello rivolto a disciplinare uno speciale ed innovativo rapporto
di lavoro che consente a due enti di poter utilizzare consensualmente il medesimo lavoratore, distribuendo tra gli stessi l’ordinario tempo di lavoro settimanale.
A titolo di provocazione potremmo affermare che l’accordo consentirà di costruire una ipotesi di rapporto del tutto inversa a quella del “ lavoro di coppia” di cui al recente D.Lgs.
n. 276/2003 (che peraltro non trova applicazione nelle pubbliche amministrazioni).
Nella ipotesi del legislatore delegato, infatti, due distinti lavoratori assumono un impegno diretto e personale per
soddisfare una unica prestazione
di lavoro nei confronti di un unico datore di lavoro. Nel caso della ipotesi di accordo in esame, un solo lavoratore è legittimato a distribuire la sua prestazione ordinaria a favore di due datori di lavoro.
Sarà una soluzione che auspichiamo troverà ampi consensi nell’ambito delle piccole realtà locali che devono sempre far fronte a serie difficoltà
di bilancio; potrà essere anche evitato
il ricorso al cosiddetto “scavalco” troppo spesso utilizzato con criteri discutibili e, comunque, privi di una autorevole fonte di legittimazione.
ALTE PROFESSIONALITÀ
Il testo contrattuale interviene con molta determinazione per favorire la valorizzazione degli incarichi destinati al personale della categoria D, attraverso una forte incentivazione delle responsabilità correlate all’assolvimento di impegni rilevanti di natura professionale o svolti nel campo della ricerca e della analisi delle problematiche di preminente interesse istituzionale.
La nuova disciplina, in pratica, si inserisce nel previgente quadro regolativo delle posizioni organizzative di cui agli artt. 8, 9, 10 e 11 del CCNL del 31.3.1999
e sollecita l’interesse degli enti verso tipologie di incarico, già genericamente previste dalle fonti negoziali sopra citate, ma piuttosto trascurate in sede applicativa.
Gli enti hanno, in genere, dimostrato interesse prevalente per le funzioni di responsabilità di struttura (lett. a)
dell’art. 8 del CCNL del 31.3.1999), usando la manovra di costruzione degli uffici anche in modo eccessivo, provocando spesso una inutile e dannosa parcellizzazione delle competenze. Tipico è il caso degli enti di ridotte dimensioni che ricorrono alla duplicazione dell’ufficio tecnico
in due distinte strutture: ufficio lavori pubblico e ufficio urbanistico.
Si intende, ora, stimolare una nuova
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e diversa sensibilità organizzativa che consenta di premiare con incarichi mirati sul singolo professionista o sul singolo esperto, senza ricorrere a modifiche degli assetti organizzativi, ma lavorando piuttosto sugli obiettivi e sui risultati attesi.
L’interesse per tale finalità è così rilevante che si prevede anche una specifica fonte di finanziamento. Viene a tal fine individuato un incremento dello 0,20% del monte salari dell’anno 2001, esclusa la dirigenza, il cui ammontare, per espressa previsione contrattuale, è vincolato alla esclusiva remunerazione degli incarichi delle alte professionalità.
Come ulteriore intervento incentivante, si prevede che la retribuzione di posizione e di risultato possa essere più elevata
di quella attualmente prevista per
le posizioni strutturate (uffici o servizi). Per la retribuzione di posizione il valore massimo è elevato a € 16.000,00 (in luogo di € 12.911,42) e per il risultato la percentuale è fissata al 30% (in luogo del 25%).
L’innegabile privilegio economico riconosciuto alle alte professionalità dovrà essere gestito con molto senso di equilibrio dai singoli enti, per evitare comprensibili conflitti interni specie se
le scelte non saranno sorrette da acclarati meriti professionali e da innegabile onerosità e rilevanza degli incarichi affidati. Non bisogna trascurare, infatti, il vincolo previsto dal comma 1, dell’art. 8,
del CCNL del 31.3.1999, che richiede per tutti gli incarichi delle posizioni organizzative (ivi compresi, quindi, anche quelli delle alte professionalità) la “assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e di risultato ”.
COSTRUZIONEE UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE DECENTRATE
Sulle risorse decentrate, l’ipotesi di accordo conferma sostanzialmente l’insieme delle fonti che regolano il sistema
di finanziamento in sede locale
e interviene solo per definire la natura delle medesime risorse e le relative
modalità di utilizzazione, secondo le finalità definite in sede
di contrattazione decentrata integrativa. A tal fine le predette fonti di finanziamento sono distinte in due categorie:
a) quelle qualificabili come “risorse decentrate stabili ”,
b) quelle che possono essere definite come “risorse decentrate variabili ”.
Per ognuna di esse sono indicate le specifiche clausole contrattuali di riferimento.
Le risorse stabili sono evidentemente destinate prioritariamente al sostegno di oneri stabili e continuativi nel tempo (come quelli per le progressioni
economiche orizzontali) senza escludere utilizzi anche incentivanti di altra natura; le risorse variabili definiscono, invece, l’ambito di finanziamento degli istituti tipici del salario accessorio con esclusione, quindi, di ogni destinazione alle progressioni orizzontali.
L’intervento di razionalizzazione previsto dall’accordo intende, in sostanza, realizzare due ben precise finalità
di indubbio interesse pubblico:
a) favorire nei datori di lavoro
e nei negoziatori decentrati una più esatta percezione delle risorse finanziarie che possono essere utilizzate per le diverse finalità consentite dal CCNL, sia di natura stabile che variabile;
b) evitare il verificarsi di ingiustificati aumenti di oneri a carico dei bilanci degli enti, attraverso la trasformazione di risorse variabili in impieghi stabili nel tempo;
c) assicurare un maggiore controllo della spesa in sede locale, anche mediante la messa a disposizione di strumenti più incisivi di conoscenza e di valutazione.
La prevedibile condizione di carenza o di ridotta disponibilità della quota delle risorse decentrate stabili, viene temperata dalla ipotesi di accordo attraverso la previsione di progressivi e costanti recuperi che sono correlati alla riacquisizione degli importi
in godimento da parte del personale
al momento della relativa cessazione dal servizio o della fruizione di un percorso
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verticale di sviluppo professionale. I predetti recuperi sono correlati alle seguenti voci retributive:
a) compensi fruiti per effetto delle progressioni orizzontali secondo la disciplina dell’art. 5, del CCNL del 31.3.1999;
b) quote del finanziamento della
indennità di comparto, per le parti prelevate dalle risorse decentrate stabili;
c) gli assegni ad personam comunque in godimento e le quote della retribuzione individuale di anzianità.
Il costante rifinanziamento delle risorse decentrate stabili, per le causali sopra indicate, è da valutare positivamente
in quanto permette di programmare nel tempo corretti momenti di incentivazione professionale, sulla base e nei limiti delle disponibilità di volta in volta accertate.
Si auspica, in particolare, che le nuove regole consentano agli enti di disporre di elementi di conoscenza più concreti in ordine alla natura e alla consistenza delle risorse effettivamente disponibili ed utilizzabili per le diverse finalità della contrattazione decentrata;
in particolare, anche per soddisfare prioritarie esigenze di tutela degli equilibri di bilancio, sarà comunque considerato un fatto estremamente positivo se
le medesime regole riusciranno
ad evitare, per il futuro, il diffuso utilizzo delle risorse variabili, anche di quelle
“ una tantum ”, per finanziamento di istituti stabili come le progressioni orizzontali.
INDENNITÀ DI COMPARTO
Sempre in tema di trattamento economico, l’ipotesi di accordo istituisce, con effetto dal gennaio 2002, una nuova voce retributiva denominata: indennità di comparto, anche per conseguire obiettivi di omogenizzazione con il sistema retributivo di altri comparti pubblici come i ministeri e gli enti pubblici non economici.
L’indennità ha carattere di generalità e, quindi, deve essere corrisposta a tutto il personale in servizio, a tempo indeterminato e a tempo determinato, ivi compresi gli incaricati
di una posizione organizzativa.
Per il finanziamento degli oneri di prima applicazione si utilizzano in parte
le risorse assegnate alla sede nazionale per il rinnovo del CCNL (si fa riferimento all’importo che deve essere corrisposto dal gennaio 2002) e, in parte, le risorse aventi carattere di stabilità assegnate alla sede decentrata (si fa riferimento
ai diversi e successivi incrementi previsti con decorrenza dal gennaio 2003
e dal gennaio 2004).
Le somme prelevate dalle risorse decentrate stabili ritornano nella disponibilità
della sede decentrata in occasione della cessazione dal servizio
del personale che ne ha beneficiato; le stesse somme contribuiranno
al finanziamento della indennità di comparto dei lavoratori assunti
successivamente sui medesimi posti lasciati liberi dai cessati (il confronto deve essere effettuato con riferimento
alla categoria e al profilo professionale).
Nei confronti dei lavoratori assunti su posti vacanti nel periodo di prima
applicazione della disciplina contrattuale sulla indennità di comparto o su posti
di nuova istituzione nella dotazione organica, gli oneri per il pagamento della medesima indennità saranno totalmente a carico dei bilanci degli enti; le relative risorse dovranno essere quantificate in sede di programmazione dei fabbisogni i cui contenuti non possono non tener conto anche del più elevato costo unitario del personale, derivante sia dall’incremento
del trattamento tabellare sia
dalla istituzione della nuova indennità.
Concludiamo annunciando che ulteriori e più dettagliati elementi di chiarimento sulla complessiva disciplina del testo contrattuale, saranno resi disponibili, dopo la sottoscrizione definitiva
del CCNL, mediante la pubblicazione della relativa relazione illustrativa.
Xxxxxxxx Xx Xxxxx Direttore Generale Servizio Contrattazione III, ARAN
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CCNL ENTI LOCALI: ASPETTI RETRIBUTIVI
L’ipotesi di accordo per il personale del Comparto Regioni ed Autonomie locali è basata, per ciò che concerne gli aspetti economici, sulle linee
di politica salariale tracciate
dal Governo per le amministrazioni statali. Occorre ricordare che non si è trattato di una scelta del Comitato di settore bensì di un obbligo imposto dal legislatore già dall’anno 2002.
La Legge n. 448/2001 (legge finanziaria per l’anno 2002), infatti, nel ribadire che gli oneri derivanti dai rinnovi
contrattuali per le amministrazioni
non statali sono a carico delle stesse, nell’ambito delle disponibilità
dei rispettivi bilanci, stabilisce che i Comitati di settore, in sede
di deliberazione degli atti di indirizzo all’ARAN, si attengono, anche per
la contrattazione integrativa, ai criteri definiti dal Governo in qualità
di Comitato di settore per le proprie amministrazioni e provvedono,
inoltre, alla quantificazione
delle risorse necessarie per i rinnovi contrattuali.
Resta peraltro difficile immaginare cosa sarebbe accaduto qualora
il legislatore non fosse intervenuto
ponendo rigidi vincoli alle dinamiche retributive del personale delle
amministrazioni non statali.
La precedente tornata contrattuale fu, infatti, caratterizzata da una maggiore “generosità” dei Comitati di settore delle amministrazioni non statali ma, nell’attuale stagione contrattuale,
il cosiddetto “accordo Fini” (5,66% di aumento complessivo per il biennio) neppure può essere giudicato
particolarmente restrittivo.
In ogni caso, al di là delle legittime preoccupazioni delle autonomie
sull’onerosità dei contratti 2002 – 2003, va detto che appare poco convincente il meccanismo introdotto dalla Legge Finanziaria del 2002 di limitazione
alle scelte del Comitato di settore, perché, se è vero che in alcuni casi si sono verificati comportamenti poco virtuosi, è altrettanto vero che per
coloro che invece hanno iniziato
ad interpretare correttamente il ruolo di responsabili datori di lavoro,
questa disposizione rappresenta uno sgradito passo indietro che rischia
di deresponsabilizzare sempre più
gli attori del processo di decentramento delle funzioni svolte dalle
amministrazioni.
Non si tratta di preferire o meno una organizzazione delle funzioni delle pubbliche amministrazioni orientata al decentramento ma,
semplicemente, di manifestare
un atteggiamento coerente con le scelte che il legislatore ha già operato,
rispondendo ad una spinta
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uniformemente condivisa e proveniente dai diversi settori della politica,
dell’economia e della società. Andando più nel dettaglio, nei contenuti dell’accordo si rintracciano, come già accennato, le medesime scelte
individuate in accordi sottoscritti alcuni mesi prima (ministeri e parastato). La retribuzione fissa è stata, infatti,
rivalutata nel suo complesso di circa 6 punti percentuali, rispondendo
ad una generalizzata richiesta
sindacale di colmare, anche in corso di biennio, almeno parte dello scarto che si determina tra inflazione reale e programmata.
Occorre ricordare che l’inflazione programmata del biennio è pari
a 3,1% (1,7% per il 2002 e 1,4% per
il 2003) ed è già evidente, al termine dell’anno 2003, che il differenziale
tra tali valori e quelli riferiti
alla crescita dei prezzi al consumo è senza dubbio significativo.
In termini di crescita della massa salariale, la rivalutazione della
retribuzione fissa del 6% determina una crescita del 4% circa, ovvero,
rispetto al 5,66% complessivo un 4% è stato finalizzato alla rivalutazione delle retribuzioni fisse.
Anche in questo Comparto è stata assorbita l’indennità integrativa speciale nella voce stipendio,
nel tentativo di semplificare la busta paga ma, a differenza di altri settori, nei quali questa operazione ha
comportato dei costi aggiuntivi,
nel caso delle Autonomie locali non si determinano effetti indiretti di tipo
previdenziale ed assistenziale, per cui non è stato necessario assorbire
risorse dal 5,66% disponibile.
Altro aspetto di particolare rilievo rappresenta l’istituzione di una indennità di Comparto da corrispondere
mensilmente a tutto il personale con lo scopo di perequare
i trattamenti economici a carattere
mensile corrisposti ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Per conferire una certa significatività al nuovo emolumento, considerando le risorse disponibili, è stato
necessario abbinare due distinte fonti di finanziamento.
La prima, in fase di istituzione, è di tipo tradizionale in quanto
utilizza risorse del biennio economico prelevandole dal 5,66%, la seconda, a carattere eccezionale, è costituita
dal prelievo, una tantum , dalle risorse del fondo di ente.
La restante parte delle risorse
complessive, con la sola eccezione di una modesta rivalutazione
dell’indennità corrisposta al personale dell’area della vigilanza, è confluita nei fondi per la contrattazione
integrativa; tali fondi, peraltro,
possono essere anche aumentati
di un ulteriore importo, pari allo 0,5% del monte retributivo, solo
in presenza di specifici andamenti positivi di indicatori di bilancio.
Quest’ultima previsione chiarisce un punto particolarmente delicato del precedente contratto collettivo nazionale, che attribuiva la facoltà di incremento dei fondi per
la contrattazione integrativa senza vincoli quantitativi, unicamente
condizionata al superamento
di specifici indici di bilancio il cui valore, però, era rimesso alla
contrattazione integrativa.
Con l’attuale previsione questa facoltà è stata abolita e sostituita con una indicazione più chiara, quantificata e quantificabile.
Xxxxxx Xxxxxxxxxx
Direttore Generale Servizio Studi ARAN
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IL SISTEMA
DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN SVEZIA: CENTRALIZZAZIONE
E DECENTRAMENTO
PRESENTAZIONE Dopo circa dieci anni dalla sua istituzione l’ARAN avverte il bisogno di aprire alcune prime riflessioni sulla propria attività osservando, tra l’altro, in che modo sia cambiato il sistema delle relazioni sindacali nel settore pubblico in concomitanza delle importanti riforme varate in questo stesso periodo. Le numerose riforme della “ macchina amministrativa” hanno formato oggetto di acceso dibattito in cui non sono mancati momenti di intenso confronto con le organizzazioni sindacali. Si tratta, ovviamente, di temi particolarmente ampi e che hanno bis ogno di essere affrontati con particolare approfondimento. Per questo l’attività di un Servizio Studi deve permettere agli addetti ai lavori di disporre di quanti più elementi di conoscenza ed analisi siano possibili per alimentare il confronto tra le idee e per individuare le soluzioni più adatte al raggiungimento di interessi collettivi. E’ evidentemente un compito assai arduo ma al contempo molto stimolante. In questa direzione un fronte di grande interesse da esplorare riguarda l’osservazione delle regole del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dei principali paesi europei. Per questa ragione l’ARAN, già da qualche anno, promuove visite di studio all’estero ed organizza incontri con rappresentanti di paesi europei al fine di condividere esperienze ed approfondire tematiche collegate all’organizzazione del sistema della relazioni sindacali, ai sistemi retributivi o, più in generale, alle politiche del lavoro nelle pubbliche amministrazioni. In questo contesto si è da poco concluso un viaggio di studio in Svezia, organizzato in collaborazione con il Forme z, cui hanno partecipato alcuni rappresentanti di amministrazioni locali e centrali. Si è trattato indiscutibilmente di una iniziativa molto stimolante perché permette di valutare problemi simili attraverso chiavi di lettura profondamente diverse. Il Prof. Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx, il xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx, dirigente ARAN, ed il dott. Ake Fagrell, in rappresentanza delle amministrazioni svedesi, hanno fornito un contributo che sintetizza alcuni degli argomenti che sono stati trattati nella visita di studio, nell’auspicio che l’interesse dei temi affrontati possa stimolare una più ampia partecipazione a prossime iniziative che l’ARAN intende proporre in futuro. Xxxxxx Xxxxxxxxxx Direttore Generale Servizio Studi ARAN |
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CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN SVEZIA
AUTONOMIA
DEL CONTRATTO DECENTRATO PER LE POLITICHE RETRIBUTIVE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONESVEDESE
1. IL CONTRATTO DECENTRATO
Chi ha avuto occasione di conoscere il sistema contrattuale nella pubblica
amministrazione svedese non può non rimarcare le differenze con quello italiano. Differenze inerenti la snellezza nei controlli e la flessibilità
e decentramento della struttura contrattuale e della determinazione delle retribuzioni, entrambi dimensioni imprescindibili per l’efficacia e l’efficienza dei servizi pubblici, considerati, per questo paese, tra i migliori in Europa
e nel mondo. E’ questa la principale impressione che si è avuto durante
il viaggio di studio in Svezia organizzato dall’ARAN e dal FORMEZ per funzionari e dirigenti responsabili della contrattazione, sia a livello nazionale che locale.
Quest’iniziativa fa parte della convenzione di reciproca collaborazione tra XXXX
e FORMEZ finalizzata alla formazione e assistenza per lo sviluppo delle competenze professionali dei dirigenti del personale delle amministrazioni pubbliche. Viaggio organizzato anche con il contributo essenziale,
per la qualità del programma, dalla: “Swedish Agency for Government Employer” (SAGE) nella persona di Xxx Xxxxxxx a cui vanno tutti i nostri ringraziamenti.
Quello che maggiormente stupisce del sistema svedese, rispetto a quello italiano, è il ruolo di primo piano della contrattazione locale, sino a stabilire
il salario tabellare dei dipendenti,
e la diversa articolazione della struttura organizzativa della pubblica amministrazione.
Nel valutare il decentramento della contrattazione, dopo un lungo periodo di politiche retributive centralizzate, non bisogna commettere l’errore
di attribuirlo solo alle capacità di riforma del sistema contrattuale senza considerare le innovazioni nella struttura istituzionale e organizzativa e la forma che ha assunto il nuovo bilancio pubblico.
Se si considera anche questo secondo aspetto si capisce come l’enfasi sulla contrattazione locale rispetto a quella nazionale non inficia quella che è stata nel passato una delle politiche
dei redditi più efficaci e durature sullo scenario mondiale.
Essa trova invece oggi, con l’autonomia contrattuale delle amministrazioni,
una sua continuità grazie ad un sistema di definizione degli incrementi retributivi e di controllo dei costi, costituito su procedure snelle e senza le eccessive pesantezze giuridico normativo dei CCNL o delle procedure contabili di controllo della spesa dovuta alla contrattazione collettiva.
Tre infatti sono le caratteristiche distintive della contrattazione: l’intera attribuzione del salario è definita
a livello locale (non è più possibile distinguere come si fa in Italia tra
la quota del salario che viene attribuita a livello nazionale e la quota che viene attribuita a livello di amministrazione);
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le singole amministrazioni sono vincolate dal governo da una procedura di budget che non da indicazioni precise sulle quote da spendere in salari o per altre singole voci di spesa; la dinamica retributiva segue una logica di incrementi annuali stabiliti non sulla base dell’indice di incremento dell’inflazione. Il tutto avviene attraverso un negoziato con interlocutori stabili e convinti, quanto
il Governo, che il bene più rilevante del sistema paese è dato dall’efficienza dei servizi e del welfare pubblico.
2. IL SISTEMA DI DETERMINAZIONE DELLE RETRIBUZIONI
Come nel passato le confederazioni sindacali: LO (Confederazione dei lavoratori manuali), TCO (Confederazione
degli impiegati e tecnici), SACO (Confederazione dei professionisti e accademici), si incontrano con
il governo e con le organizzazioni dei datori di lavoro e fissano per tutti
i settori un indice di crescita dell’insieme delle retribuzioni sulla base dell’andamento dei salari delle imprese esposte alla competizione internazionale. Con tale indice, che vincola la crescita delle retribuzioni pubbliche al settore privato, le responsabilità successive
del come incrementare e articolare le retribuzioni è demandata, quasi
esclusivamente, alle singole amministrazioni. Prima del 1998 gli incrementi erano invece stabiliti attraverso minimi retributivi annuali e triennali, fissati
dal CCNL, oltre che dalle risorse stabilite per la contrattazione locale.
Il CCNL diventa in questo modo
un contratto esclusivamente procedurale in cui sono definite la durata i contenuti, le procedure di ricorso nel caso le parti sociali non riescono a raggiungere
un accordo a livello locale, l’organizzazione degli orari di lavoro, le norme generali
di disciplina delle assunzioni
e licenziamenti, l’assistenza e tutto ciò che di solito fa parte di ogni CCNL.
Nel caso dei professionisti e accademici rappresentati dal loro sindacato SACO, è stato di recente fatto ancora un passo più avanti; il CCNL è stato abolito
e la determinazione anche delle norme inerenti le condizioni di lavoro è demandata, per intero, a livello locale.
Un altro e importante aspetto della dinamica retributiva è la logica
degli incrementi annuali individuali
sul salario tabellare.
Gli aumenti sono contrattati a livello locale e sono stabiliti sulla base dell’indice di incremento fattibile del monte salario complessivo
del pubblico impiego, stimato sulla base di quanto è avvenuto nel settore privato. Gli incrementi retributivi individuali annuali sul salario tabellare semplificano, secondo le parti sociali,
la struttura delle paghe e lo stesso sistema di incentivazione del lavoro.
Secondo l’agenzia negoziale per le amministrazioni centrali (SAGE)
una dinamica retributiva che ha come maggiore referente il salario tabellare contribuisce a “ pulire” la busta paga delle molte voci aggiuntive, ed ad evitare effetti di dispersione rendendola
in questo modo più chiara e leggibile, oltre che ad enfatizzare la stessa assegnazione per merito degli aumenti individuali annuali. .
Con la formula degli incrementi annuali, differenziati dalla valutazione
delle prestazioni individuali, si raggiungono gli stessi scopi d’incentivazione conseguiti con gli istituti che in Italia sono parte del salario aggiuntivo, e si ha allo stesso tempo, con una minore dispersione, un maggiore controllo
dei costi e della dinamica retributiva.
Questa politica retributiva ha sostituito la formula dell’ordinamento professionale centralizzato di comparto o di settore negoziato nel CCNL. Infatti, nonostante il riconoscimento della contrattazione collettiva e la privatizzazione
del rapporto di lavoro del 1965 il sistema di governo della dinamica retributiva
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rimaneva sostanzialmente rigido. Secondo Xxxxxx e Xxxxxxxxx nel loro intervento fatto al seminario dell’ARAN (Recenti riforme del governo centrale sulle politiche del lavoro e della retribuzione nell’amministrazione pubblica in Svezia, in Razionalizzazione e relazioni industriali nella pubblica amministrazione, a cura di C. Xxxx’Xxxxxx, X Xxxxx Xxxxx, Quaderni ARAN , Xxxxxx Xxxxxx 1999) tale ordinamento, nel caso del comparto delle municipalità, prevedeva
ad esempio 60 gradi distribuiti a loro volta per livelli retributivi, il passaggio
da un livello o grado ad un altro avveniva, a sua volta, ogni anno automaticamente. Le posizioni o i ruoli di riferimento,
e i corrispettivi gradi, non erano stabiliti dalla singola agenzia o ente locale
ma lo erano centralmente.
Gli effetti di tale sistema, nonostante il numero di gradi, non dava luogo
ad un’elevata differenziazione; gli effetti principali erano invece rilevabili
(se confrontate con le retribuzioni nel settore privato) nella rigidità
nella gestione e con effetti distorcenti sul mercato, nel quale le posizioni meno qualificate erano nel pubblico impiego, meglio pagate che non quelle del settore privato mentre all’opposto le posizioni più qualificate lo erano, in generale,
di meno. Tale fenomeno rendeva difficile, da parte delle amministrazioni, un controllo del turnover, in particolare delle uscite del personale più qualificato, molto richiesto in un mercato del lavoro competitivo come quello svedese.
3. L’AMMINISTRAZIONE SNELLA
Questo cambiamento del sistema
di contrattazione collettiva non avrebbe potuto essere possibile se non fosse stato accompagnato da una struttura amministrativa e da procedure
di bilancio e controllo snelle. In primo luogo l’intera pubblica amministrazione è suddivisa in soli tre grandi comparti: le amministrazioni centrali dello Stato, le regioni e le municipalità.
Altre aziende, agenzie, servizi come
la scuola o la sanità sono inclusi in uno di questi tre comparti.
Tale semplificazione avviene nonostante la dimensione e la rilevanza del settore pubblico. Se si guarda al numero
di dipendenti questi costituiscono il 39
% della forza lavoro occupata contro il 61% del settore privato.
In particolare la struttura organizzativa dell’amministrazione centrale è costituita da agenzie con compiti
e responsabilità separate da quelle dei ministeri mentre tutto il settore
della scuola (insegnanti sino alle scuole superiori) è decentrato ai Comuni, mentre la Sanità è parte integrante dell’organico e delle Regioni.
Le funzioni dello Stato centrale rimangono quelle tradizionali: esteri, difesa, giustizia, ordine pubblico, università
con alcune funzioni proprie del welfare quali lavoro, sicurezza sociale, cultura. Il governo e la gestione di queste funzioni è organizzata su due livelli:
da un lato ministeri di piccole dimensioni che stabiliscono le politiche e ne verificano l’attuazione e dall’altro da agenzie indipendenti che attuano
in modo autonomo gli orientamenti
del governo. Tale tipo di struttura esiste dal 1700, essa ha sempre avuto come fine quello di garantire una separazione
tra chi è responsabile di dare obiettivi e linee guida e chi è responsabile della loro realizzazione.
Le agenzie costituiscono la parte più rilevante e peculiare dell’amministrazione pubblica centrale svedese. Secondo i dati rilevati il primo settembre 2003 nell’amministrazione centrale vi sono 250 agenzie. Il numero di persone impiegate in ciascuna agenzia varia da un massimo di 30.000, come quella delle entrate ad un minimo di una, sono infatti due le agenzie che impiegavano una sola persona.
Un secondo comparto è composto dalle contee o regioni. Le funzioni principali
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di questo tipo di amministrazioni sono in ordine di importanza l’assistenza sanitaria, la formazione del personale medico e paramedico, i trasporti regionali. Un terzo comparto è infine composto dai Comuni. le cui funzioni principali sono l’istruzione, dalla scuola elementare alle superiori, l’assistenza all’infanzia e agli anziani, l’assistenza sociale di solito a domicilio, l’arte
e la cultura, i trasporti urbani, i servizi dei vigili del fuoco e della sicurezza civile ecc.
Oltre ad una struttura dei comparti e dell’amministrazione centrale
semplificata un altro importante aspetto, forse il principale, riguarda l’allocazione e il controllo delle risorse.
Da questo ulteriore punto di vista in primo luogo va sottolineato come le autonomie locali siano, in parte, autonome nell’acquisire risorse
finanziarie. In virtù della costituzione le autonomie locali hanno la possibilità di fissare i dazi e le imposte necessarie a finanziare i loro servizi. In questo modo i comuni e regioni, rilevano,
in media. oltre il 50% dell’intero gettito fiscale. Le sovvenzioni dello Stato sono tuttavia una fonte delle entrate
(1/5 del totale); ad esempio secondo
il Ministero del Tesoro, ancora una parte importante dei costi della scuola di base e superiore sono finanziati centralmente.
In secondo luogo le altre forme di finanziamento e il controllo
della spesa è ottenuto non per norme
e procedure contabili specifiche ma per macro obiettivi e risultati.
Agli inizi degli anni 90 è stato, ad esempio, introdotto un cambiamento radicale
nel sistema di finanziamento e controllo annuale delle attività delle agenzie.
Le decisioni, come in Italia, relative al funzionamento dello Stato e al suo finanziamento sono prese, in Svezia,
dal parlamento sulla base di una proposta
di un budget finanziario presentato dal governo.
Le attività, le classi di budget e i risultati attesi sono definiti nella legge finanziaria sotto la forma di lettere di stanziamento di crediti alle diverse agenzie.
Dal 1996 in poi il controllo dettagliato su ciascuna voce di budget è stato eliminato. La precisione di dettaglio per le differenti voci di credito, che erano
definite nelle diverse lettere di impegno, è stata abbandonata e sostituita
con una lettera di credito quadro, in cui sono sottoscritte gli obiettivi e i risultati attesi e le risorse disponibili complessivamente per agenzia.
Sulla base degli obiettivi impartiti dal governo le agenzie pianificano
le loro attività entro i limiti delle risorse a loro assegnate.
Tale quadro di riferimento si riferisce, anche su più anni e non solo alla singola annualità, come nel periodo precedente, ciascuna agenzia è tuttavia tenuta
a compilare un rapporto annuale
sulla propria attività al proprio ministero di competenza.
Il nuovo sistema permette, a ciascun ministero, di dedicare meno tempo ed energie a registrare e a controllare le attività per ciascuna voce di costo delle agenzie, e di conseguenza poter concentrare la propria attenzione
sulla valutazione dei risultati e dei costi complessivi.
Tale nuova procedura non costituisce una riduzione del controllo del governo sulle attività delle agenzie ma è semplicemente una nuova forma
di controllo.
Tassazione diretta, sistema di bilancio per risultati consentono una maggiore responsabilità degli attori a livello decentrato. Le singole amministrazioni sono autonome nel privilegiare
le diverse voci di spesa, inclusa quella da destinare agli incrementi contrattuali annuali, nell’ambito però dei risultati attesi e delle risorse disponibili.
Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxx
Collaboratore ARAN
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CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN SVEZIA
AUTONOMIA, DECENTRAMENTO EPOLITICHE DEL PERSONALE NEL MODELLO DEL LAVORO PUBBLICO SVEDESE
1. PREMESSA
Queste note intendono presentare
un quadro sintetico delle caratteristiche del modello svedese di governo
del lavoro pubblico.
L’analisi si è basata prevalentemente sui materiali raccolti e gli incontri avuti nel corso del viaggio di studio in Svezia, organizzato da Xxxx e Xxxxxx
nel settembre del 2003.
Per operare tale ricostruzione, senza perdersi nell’abbondanza di informazioni acquisite e di spunti di analisi, saranno affrontati in successione i seguenti punti:
✔ il sistema della contrattazione collettiva: quali sono i livelli
ed i soggetti che vi operano, il peso e l’estensione della contrattazione nazionale e della contrattazione decentrata (paragrafo 3);
✔ un focus di approfondimento, sul sistema di determinazione
dei salari individuali, che è apparso come uno degli aspetti più
interessanti e peculiari del modello svedese (paragrafo 4);
✔ riflessioni conclusive su come sono assicurati il governo complessivo del sistema e la gestione delle
singole amministrazioni, in un quadro di forte decentramento delle decisioni al livello locale (paragrafo 5).
Naturalmente, il tema del lavoro pubblico – in Svezia, come altrove – è correlato alle caratteristiche generali del settore pubblico. Per questa
ragione, sembra opportuno fornire qualche breve cenno introduttivo sul sistema amministrativo svedese (paragrafo 2 e figura 1) 1.
2. IL SISTEMA AMMINISTRATIVO
I ministeri svedesi sono strutture molto leggere, cui sono attribuite esclusivamente funzioni di indirizzo:
vi lavora, infatti, solo il 2% dei dipendenti dell’amministrazione centrale.
Le funzioni operative e di intervento sono invece affidate ad “agenzie”, autonome sia dal punto di vista organizzativo che finanziario
(figura 1).2
Complessivamente, sono presenti ben 270 agenzie, di dimensioni piuttosto diverse (alcune sono piccole organizzazioni con pochi dipendenti, altre hanno dimensioni ragguardevoli con migliaia di addetti), localizzate
sia a Stoccolma sia nel resto del paese. Le agenzie godono di notevole autonomia rispetto al Governo.
La loro indipendenza è sancita
dalla stessa costituzione svedese, che vieta ai singoli ministri di influenzarne la gestione e di occuparsi di aspetti specifici della loro attività.
Esse hanno una completa autonomia su tutte le politiche di gestione
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FIGURA 1 QUADRO SINTETICO DEL SETTORE PUBBLICO SVEDESE |
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(ad esempio, sul reclutamento del personale, sulle politiche
retributive, sulle scelte di bilancio) 3.
L’influenza del Parlamento (“Riksdag”) e del Governo (soprattutto attraverso
il ministero di riferimento) si esercita solo attraverso:
✔ la definizione degli obiettivi, di un budget complessivo per le spese di funzionamento 4, nonché di budget più specifici
assegnati ai programmi di intervento 5;
✔ il controllo sul conseguimento degli obiettivi assegnati
e la valutazione dei risultati 6;
✔ la scelta del direttore generale,
che è di nomina governativa.
Il sistema delle autonomie locali comprende due tipi di enti territoriali:
✔ kommuner (si tratta dei comuni svedesi);
✔ län (enti territoriali di livello superiore, per alcuni aspetti
riconducibili alle province e regioni italiane, ma con un profilo
di competenze e di funzioni del tutto peculiare).
Complessivamente, sono presenti 290 “ kommuner” e 20 “ län ”.
Ciascun “ län” contiene più “ kommuner ”, ma non esiste una relazione gerarchica fra questi due livelli: entrambi sono entità amministrative autonome, responsabili su differenti pacchetti
di funzioni. 7
La popolazione di un tipico “ kommuner” svedese è di circa 15.000 abitanti,
con differenze comunque apprezzabili
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tra i grandi centri urbani (Stoccolma conta più di 700.000 abitanti) e i piccoli comuni (ad esempio, il comune
di Bjurholm, con circa 3.000 abitanti). I “ län” hanno una popolazione media di 424.000 abitanti.
Il più grande (il “ län” di Stoccolma) ha
1.839.000 abitanti. Il più piccolo (il “ län” del Gotland) ha 57.000 abitanti.
Le autonomie locali svedesi hanno
un proprio potere d’imposizione fiscale. Tale potere riguarda, in particolare,
le imposte sul reddito: 8 ciascun
“ kommuner” decide in autonomia l’aliquota fiscale dell’imposta
sul proprio territorio.
La media nazionale di tale aliquota si aggira attorno al 30%.
Mediamente, il 20% è riscosso dai “ kommuner” e il 10% dai “ län ”.
Le entrate tributarie rappresentano circa i 2/3 delle entrate delle autonomie locali. Il sistema delle autonomie ha un peso ragguardevole all’interno del settore pubblico svedese.
Basti pensare che nei “ kommuner” e nei “ län” è impiegato il 33%
della forza lavoro del paese (in pratica, ogni tre lavoratori svedesi, uno lavora negli enti locali), contro il 6%
di occupati dell’amministrazione centrale (circa uno ogni venti).
La maggior parte delle funzioni
di competenza dei “ kommuner” riguarda servizi alla persona o, comunque, servizi correlati alla struttura demografica della popolazione (figura 1).
Le funzioni dei “ län” coprono invece tre principale aree: servizi sanitari, 9 pianificazione economica e territoriale, trasporto pubblico regionale.
3. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SVEDESE
La contrattazione collettiva nella pubblica amministrazione esiste in Svezia
dal 1965.10 Da quella data, è riconosciuto
anche il diritto di sciopero e tutte le differenze tra settore pubblico e settore privato sono state sostanzialmente superate.11
Sin dai suoi esordi, il modello svedese ha riservato un notevole spazio
alla contrattazione collettiva,
con un ruolo assai limitato della legge. 12
Esiste, in teoria, la possibilità che il parlamento possa intervenire
in materia di conflitti sindacali
e di esercizio del diritto di sciopero, ma tale potere viene esercitato assai raramente.
I contratti collettivi nazionali sono stipulati tra rappresentanti delle pubbliche
amministrazioni e rappresentanti dei diversi sindacati.
La rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni viene assicurata da:
✔ Arbetsgivarverket (Swedish Agency for Government Employers - SAGE), agenzia che rappresenta le pubbliche amministrazioni centrali (Ministeri e Agenzie);
✔ Svenska Kommunforbundet (Swedish Association of Local Authorities – SALA), associazione che rappresenta i comuni svedesi (“ kommuner”);
✔ Landstings Forbundet (Swedish Federation of County Councils – SFCC), federazione dei “ län ”.
L’adesione a SAGE, da parte delle amministrazioni centrali, ai fini della rappresentanza negoziale, è
obbligatoria (vi è infatti una legge che sancisce il potere di rappresentanza
di SAGE e obbliga tutte le amministrazioni a farsi rappresentare).
Viceversa, SALA e SFCC sono libere associazioni, alle quali si aderisce su base volontaria (ma, al momento,
tutte le amministrazioni locali svedesi sono associate a SALA e SFCC).
SiaSAGEche SALA e SFCC sono controllate e finanziate dalle amministrazioni che vi aderiscono.
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SAGE rappresenta circa 250
amministrazioni (quasi esclusivamente Agenzie), che impiegano complessivamente circa 235.000 dipendenti. È governata attraverso:
✔ un consiglio formato da 80 membri eletti dai circa 270 direttori delle agenzie (una sorta di comitato
dei datori di lavoro
dell’amministrazione centrale);
✔ da un “Board” composto di 15 direttori generali (nominati dal Consiglio), scelti in modo da rappresentare i diversi interessi e i diversi settori di attività dell’amministrazione centrale; al “ board” spetta
individuare le direttive cui l’Agenzia deve attenersi durante il negoziato;
✔ da un direttore generale, nominato dal Board;
✔ infine, da delegazioni consultive formate da autorevoli esperti esterni, scelti da SAGE stessa, con il compito di supportare dal
punto di vista tecnico il negoziato.
SALA è la più grande associazione datoriale del paese.
SALA e SFCC rappresentano, insieme, 290 “kommuner”, 20 “län” e il “kommuner- län” del Gotland.
Sia in SAGE che in SALA/SFCC, accanto alle attività negoziali (che rappresentano il “core” delle attività), assumono
un peso molto rilevante - e nel tempo sempre più importante - il supporto, l’assistenza e la consulenza ai propri associati.13
I sindacati con cui SAGE, SALA e SFCC stipulano accordi sono “sindacati
di mestiere”. Ad esempio, nelle
amministrazioni centrali OFR (circa
100.000 iscritti) è il sindacato
degli impiegati; SACO-S è il sindacato dei “ laureati e delle elevate
professionalità” (circa 70.000 iscritti);
SEKO è il sindacato degli operai e dei prestatori d’opera manuale (circa 30.000 iscritti).
Nelle autonomie locali vi sono sindacati che rappresentano una sola categoria (ad esempio, il sindacato degli infermieri); oppure categorie rappresentate da più sigle sindacali (ad esempio, i due
sindacati degli insegnanti).
Le trattative per il contratto collettivo nazionale si svolgono tra SAGE e singoli sindacati di mestiere, per le
amministrazioni centrali; tra SALA e SFCC (congiuntamente) e singoli
sindacati di mestiere per le autonomie locali. Normalmente, viene stipulato un accordo per ciascun sindacato.
Al momento della sua introduzione, la contrattazione collettiva si svolgeva essenzialmente a livello nazionale.
Il sistema delle regole definite
centralmente era, in quegli anni, assai esteso, con una limitata autonomia delle singole amministrazioni
di derogarvi.
Questo stato di cose si è progressivamente modificato nel corso degli anni.
Già a partire dagli anni ’70 venne sperimentata l’introduzione
di un “sistema di bande salariali ”, in un accordo tra SALA e Swedish Municipal Workers’ Union.
Negli anni successivi, il sistema si è gradualmente modificato, con un peso sempre maggiore riservato agli accordi conclusi su base locale ed una progressiva riduzione dei contenuti degli accordi nazionali (fino all’introduzione
del sistema di determinazione dei salari su base individuale, di cui diremo
tra breve).14
Nell’assetto attuale, i contratti nazionali si limitano a definire poche fondamentali regole per la determinazione del salario (che avviene comunque su base locale), per la disciplina del rapporto di lavoro
e delle relazioni sindacali.
A livello nazionale, per le amministrazioni centrali, vengono definiti due tipi di accordi:
✔ i “basic and cooperation agreements”, sorta di accordi quadro nazionali, stipulati da SAGE con i tre principali
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sindacati e approvati dal Governo; essi definiscono le regole di base del sistema di negoziazione
e stabiliscono le “regole del gioco” cui le parti devono attenersi in caso di conflitto e in caso di sciopero;
in questi accordi, vengono anche individuati alcuni principi generali di cooperazione tra le parti,
a partire dalla fissazione di obiettivi comuni e condivisi;
✔ i “central agreements” (contratti nazionali), stipulati da SAGE con ciascuno dei sindacati
(un accordo per ogni sindacato), di durata variabile (1, 2 o 3 anni);
in questi accordi sono fissati i limiti (solo “ minimi”) che vincolano
le parti a livello locale nella
determinazione del salario; si tratta di minimi stabiliti in cifra percentuale sulla massa salariale complessiva (i “ minimi ”, quindi, sono per l’insieme dei lavoratori
e non per i singoli); altre materie trattate nei “central agreements” sono: l’orario di lavoro, le ferie, la malattia, le varie tipologie
di assenze dal lavoro e altri aspetti concernenti le condizioni generali del rapporto di lavoro. 15
Una volta concluso e stipulato il “central agreement ”, prendono il via i negoziati a livello locale per la stipulazione
dei “ local agreements” (contratti decentrati). In questi negoziati, sono coinvolti le singole Agenzie e i sindacati locali.16
I “ local agreements” trattano sia
della determinazione del salario, sia delle condizioni generali del rapporto di lavoro. Essi non possono essere
in contrasto con gli accordi definiti a livello nazionale, ma non sono sottoposti a particolari vincoli (per
esempio, le materie oggetto di trattativa non sono rigidamente definite
dal contratto nazionale né sottostanno ad alcun vincolo di carattere finanziario). Per quanto riguarda i salari, i “ local agreements”, nel rispetto dei limiti
minimi fissati a livello nazionale,
definiscono le regole di dettaglio per la determinazione dei salari individuali. 17 Negli stessi “ local agreements” sono anche stabilite le regole sulle condizioni generali del rapporto di lavoro,
ad integrazione e completamento delle clausole definite nel “central agreement ”.
Le principali materie trattate sono: l’orario di lavoro, lo straordinario, la reperibilità, la malattia, le ferie,
le relazioni sindacali a livello locale.
4. LA DETERMINAZIONE DEI SALARI A LIVELLO INDIVIDUALE
Il sistema della determinazione
dei salari a livello individuale è stato introdotto all’inizio degli anni ‘90
e rappresenta il momento culminante di un lungo processo di decentramento delle decisioni sulla gestione
del rapporto di lavoro al livello locale. Prima, i salari erano determinati, per una parte consistente, dal contratto nazionale, che definiva centralmente
il sistema di classificazione dei mestieri e delle professionalità e le relative
“ tabelle retributive”.
Oggi, dopo l’introduzione del nuovo sistema, non ci sono più “ tabelle retributive” e la struttura del salario
risulta estremamente semplificata, essendo composta solo di retribuzione individuale e compensi
per lo straordinario.
E’ un sistema che, tra l’altro, riesce
a realizzare un interessante connubio tra autonomia collettiva (infatti, è
il contratto collettivo nazionale
a definire le regole del sistema ed è
il contratto collettivo locale a definire le retribuzioni individuali) ed autonomia individuale (il salario individuale viene proposto dal dirigente e discusso
con il dipendente).
I motivi per i quali si è deciso il passaggio
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FIGURA 2 IL VECCHIO E NUOVO MODELLO DI DETERMINAZIONE DEI SALARI NELLA PA SVEDESE |
al nuovo sistema sono essenzialmente riconducibili a:
✔ un generale orientamento favorevole al decentramento delle decisioni
ed allo spostamento di potere decisionale dal livello centrale
a livello locale (iniziato già a partire dalla fine degli anni ’70);
✔ una crescente domanda di autonomia, proveniente soprattutto dagli enti
locali;
✔ la necessità di migliorare
la performance delle amministrazioni (qualità dei servizi ed efficacia
dell’azione pubblica), ma anche di contenere il crescente deficit pubblico, nel presupposto che
la determinazione dei salari a livello locale, accompagnata da una
rigorosa pianificazione budgetaria della spesa delle singole
amministrazioni e da una forte responsabilizzazione di queste ultime sui risultati, potesse rappresentare un buon sistema per favorire comportamenti virtuosi;
✔ la necessità di “competere” con il mercato del lavoro privato,
nell’acquisizione delle professionalità necessarie per il buon funzionamento delle amministrazioni; 18
✔ l’esigenza di attuare una politica retributiva più equa 19 e “realmente” incentivante nei confronti
degli individui. 20
La differenza di impostazione
e di filosofia tra il vecchio ed il nuovo modello di determinazione dei salari è rappresentato in figura 2.
Essa mostra il rapporto tra i due livelli negoziali: quello centrale, che si limita a fissare minimi garantiti di incremento sulla massa salariale complessiva;21 quello locale, in cui si arriva alla
determinazione del salario individuale. Tra i due livelli non c’è relazione gerarchica: essi sono, infatti, relativamente indipendenti l’uno
dall’altro, dal momento che il livello centrale condiziona in modo molto blando la determinazione individuale del salario: se, ad esempio, a livello nazionale si stabilisce un livello minimo di incremento della massa salariale pari
al 3%, a livello locale può essere concesso un aumento anche superiore a tale minimo (purché il bilancio
della singola amministrazione sia in grado di farvi fronte senza compromettere il raggiungimento degli obiettivi assegnati); inoltre, gli incrementi ottenuti dai singoli
20
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FIGURA 3 FATTORI UTILIZZATI PER LA DETERMINAZIONE DEL SALARIO INDIVIDUALE |
possono avere una banda di oscillazione ancora maggiore (ad esempio, alcuni dipendenti possono ottenere incrementi molto consistenti ben al di sopra
della media di incremento sulla massa salariale ed altri un aumento al di sotto della media, in teoria anche nessun aumento).
Tra i due negoziati collettivi, quello nazionale sui minimi complessivi
e quello locale sul salario individuale, si inseriscono negoziati individuali tra i dirigenti e singoli dipendenti.
Questi ultimi sono condotti dal capo diretto, il quale tiene conto dei limiti di budget stabiliti per il suo ufficio.
Normalmente, sono tre i fattori presi
in considerazione per la determinazione della retribuzione individuale (figura 3):
✔ la difficoltà del lavoro;
✔ la performance;
✔ il mercato.
La “difficoltà del lavoro” viene valutata attraverso un’analisi accurata della posizione, con metodi analoghi a quelli utilizzati per la “ job evaluation ” . 22
Si tratta, in sintesi, di apprezzare
un ventaglio ampio di caratteristiche del lavoro direttamente correlate
alla “difficoltà per il dipendente”
ed alla complessità che questi deve fronteggiare.
Ad esempio, le abilità richieste
dalla posizione, il livello di istruzione,
lo stress fisico e mentale, il livello di responsabilità eccetera.
Il secondo fattore preso in considerazione, la performance, rimanda alla valutazione degli individui sul lavoro: delle loro competenze ed abilità, dei risultati ottenuti.
Questo tipo di valutazione non è ancora pienamente entrato
nell’amministrazione svedese, ma è evidente che l’introduzione del salario su base individuale costituisce
un fattore che spinge sempre di più a valutare, non solo la posizione
di lavoro dell’individuo, ma anche le capacità che questi riesce
ad esprimere sul lavoro.
Infine, il salario individuale è influenzato da tutti quei fattori di mercato che consentono alle amministrazioni
di competere efficacemente con altre “organizzazioni ” sul mercato, per
reclutare e mantenere al lavoro tutte le professionalità di cui esse hanno bisogno (si veda la figura 4).
Naturalmente, esistono differenti mercati per i diversi tipi di lavoro.
Per alcune professionalità il mercato è locale, mentre per altre può essere regionale o nazionale. 23
21
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FIGURA 4
5. CONCLUSIONI
Il modello di determinazione dei salari a livello individuale, presentato
nel paragrafo 4, induce a qualche riflessione conclusiva.
Due, in particolare, sono le domande che il modello suggerisce: 24
✔ primo, come sia possibile il governo complessivo di un sistema (sia
nell’ottica datoriale sia nell’ottica sindacale) in cui il livello negoziale centrale si limita a fissare poche regole (per lo più indirizzi e
principi generali), rinunciando
a predeterminare comportamenti e a stabilire “ paletti”;
✔ secondo, come le singole amministrazione riescono a “gestire” la maggiore complessità, negoziale ed organizzativa, che certamente un modello di questo tipo presenta.
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Le risposte vanno cercate in almeno due direzioni.
Innanzitutto, nella forte coesione sociale e nell’elevato livello di partecipazione, che appaiono come caratteristiche dominanti del modello svedese (non solo, quindi, nell’ambito della pubblica amministrazione, qui preso in
considerazione).
Anche gli incontri avuti, hanno rivelato che tutte le scelte effettuate sull’evoluzione e lo sviluppo del sistema (compresa la più recente innovazione del salario individuale) sono state compiute con un elevato livello
di condivisione e partecipazione. Colpisce anche, in questo contesto, la forte tensione che tutte le parti manifestano (sia datori di lavoro
pubblici, sia sindacati) nella indicazione delle future mete di sviluppo
del sistema e nel superamento
delle attuali “criticità” di funzionamento, all’interno comunque di un percorso che tutti sentono “comune”.
Le parti a livello nazionale hanno dedicato molto impegno alla
individuazione di principi ispiratori e criteri di riferimento che devono
guidare questo percorso comune. In un accordo quadro nazionale sottoscritto da SAGE e dai principali sindacati nel settembre 1997, significativamente
intitolato “cooperation for
development ”, sono fissati alcuni di tali orientamenti condivisi.
L’accordo si apre con un preambolo in cui si parte dal comune riconoscimento della necessità di un’evoluzione organizzativa e gestionale delle
amministrazioni, all’interno di un quadro generale che richiede più efficienza e flessibilità. Si afferma anche che tale cambiamento deve comunque essere guidato dalla esigenza di rispondere al meglio alle domande che provengono dai cittadini. L’accordo prosegue indicando una
22
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serie di pre-condizioni affinché possano migliorare le “ performance” delle amministrazioni e,
contemporaneamente, la motivazione
individuale (una sorta di decalogo della “ buona organizzazione”). Ad esempio: gli obiettivi devono essere chiari per tutti i lavoratori; deve esserci una chiara relazione tra gli obiettivi cha ciascun lavoratore ha nel proprio lavoro ed i
risultati conseguiti; l’autorità deve essere “ bilanciata” dalla responsabilità; il lavoro deve essere organizzato in
modo tale che l’esperienza, l’abilità e le conoscenza dei lavoratori possano
circolare ed essere condivise; deve esserci parità tra i sessi eccetera.
Si passa quindi a tracciare un quadro dei principi e criteri che devono guidare i comportamenti del management, dei
sindacati e dei lavoratori a livello locale.
Ad esempio: favorire la cooperazione in un clima di fiducia (“ trustful cooperation”); rendere effettiva
la partecipazione dei lavoratori alle scelte ed allo sviluppo dell’organizzazione
e dei risultati; individuare le diverse forme di cooperazione e partecipazione in funzione della dimensione organizzativa e degli ambiti di riferimento (pianificazione dei momenti di dialogo con i singoli lavoratori, riunioni
e incontri sul posto di lavoro, comitati, gruppi di progetto ecc.); fare in modo che il dialogo tra chi è impegnato
in attività operative e chi è responsabile dell’impostazione delle politiche sia xxxxxx ed aperto; in particolare, far sì che gli orientamenti e i punti di vista
di chi lavora in attività operative sia tenuto in grande considerazione dagli uffici di staff.
In generale, in questo accordo, si riconosce che la cooperazione tra
management e lavoratori, la fiducia reciproca, lo sviluppo di relazioni collaborative a livello locale siano condizioni assolutamente imprescindibili per lo sviluppo organizzativo.
Dunque, il modello del salario
individuale - e, più in generale, le scelte
di forte decentramento delle decisioni che caratterizzano il modello del lavoro pubblico svedese - non possono essere compresi se non a partire da questo “sfondo” di forte coesione sociale,
che si ricava anche dalla lettura
degli accordi e dei documenti ufficiali. Una seconda direzione di approfondimento, per la comprensione “ più in profondità” della scelta
del salario individuale, riguarda, da un lato, le procedure e i sistemi
di governo che consentono una forte responsabilizzazione delle singole amministrazioni, in una logica
di “accountability” e, dall’altro, l’elevato livello di sviluppo dei sistemi
di gestione del personale.
Il contratto nazionale, lo abbiamo visto, non obbliga le amministrazioni
al rispetto di alcun vincolo o tetto di spesa.
Il livello salariale è completamente deciso a livello locale e la politica retributiva è assolutamente sotto
il governo ed il controllo degli enti.
Non esiste, insomma, niente di simile ai “ fondi” dei contratti pubblici
italiani25 né sono stabilite “retribuzioni base” all’interno di tabelle retributive.
Tuttavia, ciò non significa che
le amministrazioni siano “ libere” nella spesa.
La caratteristica peculiare del modello svedese è che ogni agenzia, ogni ente locale fa le sue scelte di politica retributiva all’interno di “ limiti ”
e “compatibilità” derivanti da un budget complessivo per le spese
di funzionamento e da obiettivi preventivamente assegnati, di cui occorre render conto (le Agenzie
al Governo ed al Parlamento; gli enti locali agli elettori).
Il controllo della spesa è insomma
23
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FIGURA 5 LA POLITICA RETRIBUTIVA NEL COMUNE DI BOTKYRKA |
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assicurato attraverso “ procedure responsabilizzanti ”, basate su sistemi di budgeting e di misurazione ex post dei risultati a fronte di obiettivi dei quali si è responsabili. 26
Nell’ambito del Ministero delle Finanze (“ Ministry of Finance”), è istituita
una Divisione per le Politiche
del Personale, che si occupa delle linee strategiche di politica del personale
del governo centrale.
Tra le altre cose, tale divisione ha il compito di “ pianificare” la spesa
di personale delle amministrazioni centrali (ministeri e agenzie), supportando il processo di assegnazione dei budget per le spese di funzionamento.
Il processo di piano prevede che
la spesa di personale sia determinata
sulla base dei seguenti fattori 27:
✔ del piano di attività delle agenzie, degli obiettivi su cui sono impegnate e delle conseguenti necessità
di reclutamento delle nuove professionalità necessarie per attuare il piano;
✔ delle previsioni relative alle cessazioni, alla mobilità ed al turn-over;
✔ degli obiettivi strategici di politica del personale stabiliti dal governo (ad esempio: presenza di immigrati, riduzione delle assenze per malattia, incremento della quota delle dirigenti donne);
✔ di una crescita retributiva media complessiva calcolata sulla base della previsione di crescita dei salari dell’industria dell’export 28.
Come si vede, quindi, l’attenzione alle compatibilità economiche
e macroeconomiche è comunque molto elevata, pur all’interno di un
sistema che ha attuato un consistente
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FIGURA 6 FASI DEL PROCESSO DI DETERMINAZIONE DEI SALARI PRESSO LA SWEDISH NATIONAL FOOD ADMINISTRATION |
spostamento di decisioni dal centro alla periferia.
Non ci sono “ fondi” definiti contrattualmente, ma limiti e compatibilità di spesa, che derivano dal perseguimento di finalità proprie del datore di lavoro pubblico. 29
In un simile contesto, ai singoli enti ed agenzie sono richieste grandi capacità gestionali.
Questo dato è emerso, in particolare, negli incontri con i rappresentanti del Comune di Botkyrka (città poco
a Nord di Stoccolma) e con quelli della Swedish National Food
Administration (Agenzia che si occupa di alimenti, inclusa l’acqua potabile).
In entrambi i casi, è apparso chiaro che le amministrazioni sono chiamate
a “ presidiare” con molta attenzione tutte le variabili di politica del personale: dalla politica retributiva, alle relazioni sindacali, alla politiche di reclutamento. 30
Ad esempio, nel Comune di Botkyrka,
l’ufficio che si occupa di politiche del personale ha, tra le altre cose, il compito di definire ed adeguare nel tempo la politica retributiva del comune.
A tal fine, vengono utilizzati strumenti di analisi delle diverse posizioni
di lavoro che tengono conto sia di fattori interni organizzativi (come le caratteristiche della posizione: complessità, difficoltà, livello di responsabilità ecc.) sia
di fattori esterni di mercato (livelli retributive di analoghe posizioni
negli altri comuni e nel settore privato). Al termine di queste valutazioni,
il Comune è in grado di definire
un proprio piano di politica retributiva per gli anni futuri, in cui sono stabiliti, per ciascuna posizione, i livelli obiettivo delle retribuzioni
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e le differenze rispetto alle retribuzioni attuali (si veda il grafico di figura 5,
che presenta sull’asse orizzontale
le diverse posizioni di lavoro e sull’asse verticale i livelli retributivi; per ogni posizione, sono indicati su sfondo chiaro i livelli retributivi obiettivo e su sfondo scuro i livelli retributivi attuali). Nella Swedish National Food Administration, il percorso per arrivare alla sottoscrizione dell’accordo locale è scandito da fasi e tappe ben precise (si veda figura 6) e, comunque, è preceduto da un’attenta ricognizione dei vincoli finanziari, sia a livello complessivo di agenzia sia a livello
dei singoli centri di costo-responsabilità.
Quando si arriva alla proposta di salario individuale – fatta da ciascun capo diretto ai propri collaboratori – sono
già chiari, a monte, i vincoli ed i limiti di budget, all’interno dei quali i diversi “decisori ” coinvolti possono muoversi.
Da questi due esempi – certo non rappresentativi dell’intera realtà svedese, ma comunque molto significativi – emerge dunque che la forte autonomia di cui gli enti godono a livello locale si accompagna ad una buona capacità
di questi ultimi di gestire il personale con strumenti avanzati.
Il legame tra sviluppo organizzativo e decentramento delle scelte
(sia negoziali che gestionali) è costantemente richiamato in tutti i documenti analizzati.
Il decentramento è infatti concepito come “ mezzo” per rafforzare e promuovere lo sviluppo organizzativo; nello stesso tempo, però, un certo
livello di sviluppo organizzativo
e di “qualità” delle relazioni interne è indicato sempre come presupposto per la sua attuazione.
Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx
Dirigente ARAN
BIBLIOGRAFIA
Accordo nazionale quadro, “Cooperation for development ” del 19 settembre 1997, Registration no. 9709-0628-ALF-41
Ales E., Modelli del lavoro pubblico in Europa, Quaderni Aran, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1996
Arbetsgivarverket, Central government and delegated employer responsibility: a Swedish model, Stockholm, 2003
Xxxx’Xxxxxx X., Xxxxx Xxxxx X. (a cura di), Razionalizzazione e relazioni industriali nella pubblica amministrazione, Quaderni Aran, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1999
Xxxxx Xxxxx X., La politica salariale nella pubblica amministrazione svedese, in Della Rocca G. (a cura di), La valutazione e la retribuzione delle prestazioni: esperienze e materiali, Presidenza del Consiglio- Dipartimento Funzione pubblica, Progetto finalizzato “Ripensare il lavoro pubblico ”, Rubbettino Editore, 2001
Xxx Xxxxxx X., La pubblica amministrazione: un’analisi comparata, Il Mulino, Bologna, 1989
Shanger N.H., Xxxxxxxxx X., Recenti riforme del governo centrale sulle politiche del lavoro e della retribuzione nell’amministrazione pubblica in Svezia, in Dell’Aringa C., Xxxxx Xxxxx G., Razionalizzazione e relazioni industriali nella pubblica amministrazione,
Quaderni Aran, Xxxxxx Xxxxxx, Milano, 1999
Svenska Kommunforbundet, Collective agreements in Swedish Local Authorities, Stockholm, 2002
Svenska Kommunforbundet, Pay determination – facing up to the new policy, Xxxxxxx Xxxxx, 1997
26
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NOTE
1 Per ulteriori approfondimenti sul contesto svedese, si rimanda a Xxxxxx e Xxxxxxxxx, 1999, pp. 50 e segg.
2 Il numero di funzioni attribuite e delegate alle agenzie è notevolmente cresciuto negli ultimi 20 anni.
3 Ad esempio, è l’agenzia a decidere se privilegiare una politica di alte retribuzioni o una politica di investimenti in tecnologie informatiche.
4 IL budget per le spese di funzionamento è definito attraverso un importo complessivo, senza vincoli di destinazione alle varie voci di spesa.
5 I programmi di intervento sono però definiti in termini molto generali e lasciano alle agenzie notevoli margini di autonomia nella gestione del budget.
6 I controlli e le valutazioni sono effettuati sia dal Governo sia dal Parlamento, attraverso le loro rispettive “audit authorities”.
7 L’unica eccezione è Gotland, un’isola del mar Baltico, dove il “ kommuner” gestisce anche le funzioni normalmente affidate ai “ län”
8 Le imposte sul patrimonio sono invece riscosse dal governo centrale.
9 Ai “ län” fanno capo più di 70 ospedali di livello provinciale e 9 ospedali universitari di livello regionale. Lavora in ambito sanitario circa il 75% del personale dei “ län ”, con una spesa complessiva che si aggira attorno al 90% del bilancio gestito.
10 Prima del 1965 la retribuzione dei dipendenti pubblici era determinata unilateralmente dal Governo, previa consultazione con i sindacati.
11 Alla pubblica amministrazione è riconosciuto anche il diritto di serrata.
12 Alcuni autori collocano la Svezia all’interno di un “ modello privatistico puro” (vedi Ales, 1996).
13 L’assistenza non viene prestata solo su questioni giuridiche, ma anche su problemi organizzativi e di gestione delle risorse umane.
14 Per una ricostruzione più puntuale delle principali tappe di sviluppo del sistema
svedese da un assetto accentrato ad un assetto decentrato, si vedano Xxxxxx e Xxxxxxxxx, 0000.
15 Anche su queste materie, comunque, il “central agreement ” si limita solo alla fissazione di regole generali, lasciando molto spazio agli accordi su base locale; i “central agreements” regolano anche i trattamenti pensionistici.
16 In taluni casi, sono stipulati anche dei “ local agreements” di secondo livello nelle sedi decentrate delle agenzie, tra il management locale di queste ultime e i sindacati locali.
17 La trattativa sui salari individuali si svolge dopo che i dirigenti hanno proposto e discusso il salario individuale di ciascun dipendente.
18 Questa motivazione si ritrova, già nel 1988, all’interno di un accordo tra SALA e Swedish Municipal Workers’ Union: “Pay policies must promote the improvement of functions and services and help to assure the recruitment of qualified personnel in the short and long term ”. Si tenga anche conto che alla fine degli anni ’80 si è sviluppato un acceso dibattito in Svezia sul divario salariale tra retribuzioni pubbliche e retribuzioni private (si veda Zetteberg, 1989, La struttura del salario e il doppio squilibrio, citata in Xxxxxx e Xxxxxxxxx, 1999).
19 Più volte, durante gli incontri con i rappresentanti delle amministrazioni svedesi e con i rappresentanti sindacali, è stato sottolineato che una politica retributiva equa è quella che riesce a cogliere le differenze tra gli individui. Il richiamo all’equità si ritrova anche in alcuni accordi, ad esempio il pay agreement del 1994 (art. 1) tra SALA e Swedish Municipal Workers’ Union: “ It is therefore important that employees should perceive their pay as fair ”
20 Le motivazioni che hanno spinto ad adottare il nuovo sistema si desumono anche dalle dichiarazioni di principio che hanno accompagnato, nei vari accordi stipulati, l’introduzione del nuovo sistema. Si veda, per tutti, l’art. 2 dell’accordo tra SALA e i sindacati TCO e SACO sottoscritto nel 1994: “ Wage formation and pay determination shall be such as to contribute to the municipality’s / county council’s achievement of its operational goals.
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One of the aims of pay determination shall be to promote improvements in effectiveness and efficiency, productivity and quality. Each employee’s pay shall therefore be individual and flexible and shall be determined on the basis of the employee’s contribution to improvements in functions and services, the level of responsibility, the degree of difficulty and the duties associated with the post and the employee’s performance and ability. The same principles with respect to pay determination shall apply to women and men and to younger and older employees”.
21 In un recente accordo stipulato tra SAGE e SACO-S (sindacato degli “accademici ”), il contratto nazionale ha rinunciato a fissare anche il minimo garantito di incremento sulla massa salariale. Si tratta di un ulteriore passo avanti verso il completo spostamento delle decisioni sulla determinazione dei salari a livello locale. Questa scelta potrebbe essere ripetuta anche nei contratti con gli altri sindacati. Il rappresentante di SACO-S ha dichiarato, nel corso dell’incontro con la nostra delegazione, che questa scelta è stata fatta nell’interesse dei lavoratori e nel presupposto che “ le capacità e il valore dei loro associati sarà meglio riconosciuto su base locale in assenza di un minimo garantito definito centralmente”.
22 In un documento di SALA sulla determinazione individuale del salario, c’è un importante richiamo alla “cautela”che deve accompagnare l’utilizzo, nelle pubbliche amministrazioni, dei metodi di “ job evalutation ”, normalmente utilizzati nel privato: “There are several systematic job evaluation models in the market. One thing they all have in common is that they are designed for and used in the private sector. This means that they cannot be used in municipalities without modification. They are usually designed for use in hierarchic organizations, while the current trend in the public sector is towards a ‘flatter’ organization structure”.
23 Nello stesso documento di SALA citato nella nota precedente, si suggerisce di non attribuire al mercato una importanza eccessiva o, comunque, preponderante, nella determinazione del salario, poiché si correrebbe il rischio di compromettere la percezione di ‘equità’ del sistema: “ However, it is wrong to attach too much importance to the
market, since it is an external and anonymous factor. We know from the research that pay determination that is based on factors that employees cannot influence is regarded as unfair. Therefore, employees’ skills and performance are important points of reference. It is easier to understand pay levels if they are related to performance”
24 Queste domande si pongono, in modo particolare, per un osservatore italiano.
25 I fondi, intesi come limiti di budget, ci sono, ma sono definiti dal datore di lavoro pubblico, in autonomia, fuori dal contratto.
26 I deficit degli enti e delle agenzie non sono mai ripianati dal governo ed esistono procedure che, in caso di deficit, obbligano le amministrazioni al ripiano nell’arco di tre anni.
27 Sulla base della previsione di spesa di personale è costruito il budget delle spese di funzionamento. Ricordiamo infatti che le Agenzie hanno un budget complessivo per le spese di funzionamento e non un budget per la spesa di personale. In teoria, le Agenzie potrebbero anche “decidere” una politica di alti salari, ma questo implicherebbe, per la necessità di far quadrare i conti, un taglio su altre spese.
28 Ricordiamo che la Svezia ricava una quota molto significativa del proprio PIL dalle esportazioni. Quindi, in ottica datoriale, la scelta di avere l’industria dell’export come punto di riferimento per la crescita retributiva nel settore pubblico appare assolutamente coerente e ragionevole.
29 Tali finalità riguardano sia il livello macroeconomico sia quello gestionale interno alle singole amministrazioni.
30 Tra l’altro, emerge che, anche all’interno delle amministrazioni, è attuato un forte decentramento delle decisioni: nel Comune di Botkyrka le procedure di reclutamento del personale nelle scuole comunali sono completamente gestite dai presidi.
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CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN SVEZIA
EMPLOYEMENT
IN THE PUBLIC ADMINISTRATION
IN SWEDEN
PRE-REFORM WAGE STRUCTURE
It has been claimed that after the Second World War, Sweden had one of the most highly centralised systems of wage bargaining in the world, but
while the level of co-ordination
between employees and employers in Swedish labour markets may well have been among the highest in the world during the first three decades after the war, since that time, there have been substantial changes in the way that wages are determined.
Until the late 1980’s, pay within central government was characterised by a very rigid pay and grading structure.
In addition pay agreements were
much centralised and any negotiated increases applied to the entire civil service. The increases were generally also given a low-wage profile.
However, because this was not necessarily a policy pursued by the private sector, a gap soon emerged
between the pay levels of many public and private sector employees. This gap has been referred to as the
‘double imbalance’ for it consisted of overpaying low skilled public sector workers and underpaying high skilled public sector workers relative to the
private sector
A LONG PROCESS OF DEVOLUTION
In 1978 an element of decentralised bargaining over pay was introduced.
Up to 1 per cent of pay was bargained over at the local level. A further break from the traditional centralised
bargaining came in 1985 with the passage of a bill called Personnel
Policy in the Government Sector. This bill formalised the process of
decentralisation and represented a
substantial move away from the policy of equality of pay. The bill stated that pay policy in the different agencies
should be set to allow for the efficient operation and supply of services
produced by the agency. Common grading across the civil service still survived, however, until the
framework agreement of 1989 abolished the traditional grading system.
DEVELOPMENTS IN CENTRAL
GOVERNMENT WAGE DETERMINATION
Since 1989, pay negotiations have taken place on two levels. There are still central general framework agreements negotiated between the SAGE, and the central government
unions respectively. Initially the
central negotiations determined the scope for local pay increases, from a ‘pay kitty’, the size of which was established by negotiating a formula
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which determined each individual’s contribution.
The distribution of this kitty was then the subject to bargaining at the local level between the unions and
individuals agencies. Today the social partners have entered a path leaving the concept of a pay kitty, even if
central agreements still may result in a minimum increase in earnings.
Today the SAGE and the unions bargain over the central framework agreement, determining the parameters to be established for local bargaining.
Once the framework agreement has been struck, the unions and separate agencies then bargain at the local level over the distribution of the agreed wage increases to determine how this average will be distributed.
TWO DIFFERENT EXAMPLES OF CENTRAL FRAMEWORK
The current framework agreement on pay on national level for Central Government administrations stipulates only a minimum sum expressed
in percentages, which shall be
distributed on agency level, unless the local social partners agree otherwise. It is the local partners - the management of each public authority and the local
trade unions - which are to negotiate and conclude collective agreements on pay increases and the distribution between individuals.
In the latest framework agreement the union for professionals and SAGE have agreed not to state any minimum level for the increase in earnings.
The level is up to the local counterparts to decide (or even not to decide).
Furthermore the agreement promote
that the individual level of pay should be set in a dialogue directly between the line managers and their
subordinates.
If the manager and the single
employee come to an agreement
there is no further need for the local social partners to negotiate.
THE SWEDISH SYSTEM AND DEVELOPMENTS IN BRIEF
An essential feature of the new Swedish system was the move away from national pay scales to individual and differentiated pay. Today more
than 90 % of the Swedish Government employees are on individually
differentiated salaries.
There are, however, some exceptions among the police, armed services, and judges. Central government has also abolished a common grading
structure, although the TNS (the occupation based statistic job
classification system, started in 1991) system does enable pay analyses and statistic comparison within the
government sector.
The salary will, nevertheless, be set at the level the agency regards
as appropriate for the requirements of the job
Every individual’s salary is negotiated at the local level and is open to public scrutiny. The effect of this openness, when combined with a history where the emphasis was on wage equality, is to minimize the differences between
the pay of individuals doing the same job at the same performance level.
FRAMED BUDGETS FACILITATE THE PROCESS OF DECENTRALISATION AND DIVISION OF RESPONSIBILITY
The amount of money available to the agencies for pay and other items of current expenditure is determined by the Ministry of Finance.
The amount of money available to each agency, their cash limit or ‘frame
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grant’, is determined by a formula,
which among other things takes into account private sector pay movements.
The frame grant is determined
through the budgetary process by the Ministry of Finance who inform
the SAGE, agencies, and unions of the size of the grant and what assumptions they made about pay. If ‘extra
investment’ is needed, the amount provided will be adjusted up by
the government, or if costs need to be controlled, it will be adjusted down
If the collective agreements on pay increases are higher than the index,
there is no extra compensation given. The yearly adjustments of the budgets are instead made through an index, reflecting the development of labour cost in the industrial sector - two years earlier.
The agencies then have to reduce
their costs, either by giving notice to staff or by other means.
The government agencies are fully responsible for the results and
consequences of their collective agreements both at national and local level.
The decentralised system in Central Government means a lot of extra work for the top managers of each public administration, but no one would like
to go back to the old centralised system. Modernisation of public sector cannot be successful without flexibility on the local level.
The employer agency serves the members with experts and consultants.
It also develops employer policies in different fields.
These policies are discussed and
formed by the members in meetings and networks. It is very important that the members are in close contact with each other and cooperate in matters of social dialogue in order to be
a strong and brave social partner both at national and local level.
BASIC RULES
Public staff of all categories, even the military and the police staff, have the same legal rights to negotiate and to strike as other employees.
Public staff acquired these rights
in 1965. As a part of that reform, an important collective agreement was
concluded between Government and three national confederations of trade unions representing different groups of staff in the public administration.
The employer side has always refused to conclude agreements with trade
unions who are not affiliated to these three confederations and who are not partners of the Basic Agreement.
The Basic Agreement sets up some exemptions from the right to strike. The purpose of these exemptions is to protect vital interests of society and to guarantee a minimum service level.
Changes in the Basic Agreement must be approved by Government.
According to the Basic Agreement, a Joint Consultation Board shall - on
request of one of the social partners – consider whether a particular strike
or other industrial action constitutes a danger to the public safety.
The social partners are expected to respect the recommendations of the Board. The Board consists of eight members. Three of them are
appointed by the employers and three by the trade unions.
The remaining two are appointed jointly by the two parties. One of
these two independent members is the chairman and has casting vote.
Ake Fagrell
Swedish Agency for Government Employies
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IL VERTICESOCIALE TRIPARTITO ALLA VIGILIA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI BRUXELLES
DEL 12 E 13 DICEMBRE
In data 11 dicembre si è svolto a Bruxelles un vertice sociale tripartito straordinario, alla vigilia del tanto atteso Consiglio Europeo di Dicembre, che, secondo
le previsioni più ottimistiche, avrebbe dovuto rappresentare la chiusura della Conferenza Intergovernativa.
La composizione del vertice era quella usuale. Si è cioè riunita la cosiddetta “Troika”:
1. I vertici della presidenza del Consiglio in corso, accompagnati dai capi
di stato e di governo delle due presidenze successive (quindi,
nella fattispecie, presidenza italiana, presidenza irlandese e presidenza olandese);
2. Il presidente della Commissione europea, accompagnato dai più alti rappresentanti della direzione generale lavoro e politiche sociali;
3. Le parti sociali europee (CES, CEEP, UNICE/UEAPME)
La straordinarietà dell’evento è costituita dal periodo in cui si è svolto.
Il protocollo prevede, infatti, che
il vertice sociale per l’occupazione e la crescita si tenga alla vigilia
del Consiglio europeo di primavera. Una pratica, questa, del tutto recente,
istituita, in seguito alla proposta contenuta nella COM(2002)341, da una decisione
del Consiglio del Giugno 2002.
Con questa decisione si è istituzionalizzata la pratica dei summit sociali informali,
iniziata con il Consiglio Europeo
di Nizza del dicembre 2000, durante il quale le parti sociali erano state
invitate a presentare una sorta di “relazione annuale” sulle azioni intraprese per
la realizzazione della strategia di Lisbona.
E’ ciò che è effettivamente accaduto alla vigilia dei vertici di Stoccolma di
marzo 2001 e di Barcellona nel marzo 2002. Il 20 marzo scorso si è tenuto il primo vertice tripartito a livello ufficiale,
e l’esercizio si ripeterà il 24 marzo 2004. In tale occasione CEEP, UNICE/UEAPME e CES concentreranno il loro intervento sulla presentazione di due testi:
✔ il primo rapporto annuale sulla contribuzione ed il coinvolgimento delle parti sociali nella messa in atto dei Piani d’Azione Nazionali
per l’occupazione e della strategia europea per l’impiego,
✔ il secondo bilancio annuale sulle attività realizzate dalle parti sociali a livello nazionale, sulla base
del quadro d’azione per lo sviluppo delle competenze e dei livelli
di qualificazione lungo tutto l’arco della vita, siglato da CEEP, UNICE/ UEAPME e CES nel febbraio 2002.
Due iniziative, queste, integrate
nell’ambizioso programma congiunto triennale (2003-2005), firmato dalle tre organizzazioni il 28 ottobre 2002.
L’istituzione del vertice tripartito per
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la crescita e l’impiego ha rappresentato un passo fondamentale verso
il riconoscimento del ruolo diretto che le parti sociali europee possono
e devono giocare per il raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona. La riunione tenutasi in dicembre è un’ulteriore conferma del riconoscimento di tali potenzialità, come ribadito
dallo stesso Xxxxx che, nel presentare l’evento di fronte al Parlamento Europeo il 3 dicembre scorso, ha affermato che
“ il coinvolgimento dei sindacati
e delle organizzazioni degli imprenditori europei è la migliore garanzia di successo di ogni iniziativa a favore dell’occupazione”. Crescita ed occupazione sono infatti stati i due temi principali dell’incontro, durante il quale la Troika è intervenuta su due specifici documenti:
l’iniziativa europea per la crescita;
il rapporto elaborato dalla Task Force per l’impiego, diretta da Xxx Xxx.
L’INIZIATIVA EUROPEA DELLA CRESCITA
Viene così comunemente denominata la Comunicazione della Commissione “ Un’iniziativa europea per la crescita: investire nelle reti e nella conoscenza per la crescita e l’occupazione”.
Si tratta di un programma lanciato in seguito al consiglio di Bruxelles del 16 e 17 ottobre scorsi, durante
il quale era stata sottolineata l’importanza di creare rapidamente reti europee
dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, nonché aumentare gli investimenti nel capitale umano, elemento fondamentale per promuovere la crescita, favorire l’integrazione
dei futuri stati membri, e migliorare la produttività e competitività delle
imprese europee sui mercati mondiali Il rapporto, per la redazione del quale la Commissione ha lavorato a stretto contatto con la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) e con la Direzione Generale Imprese, conferma la validità del “ policy mix”, cioè un più stretto collegamento ed una più stretta
sincronizzazione tra politiche macroeconomiche e politiche per l’impiego: un approccio, questo,
da tempo indicato quale fondamentale dalle parti sociali europee, sia dal lato datoriale che dal lato dei lavoratori.
Nel testo si spiega in dettaglio quali azioni sia necessario intraprendere per riattivare gli investimenti nelle reti e nella conoscenza in tutta l’Unione europea.
In particolare, l’iniziativa della Commissione evidenzia due questioni importanti:
✔ sottolinea l’importanza dell’abolizione delle barriere amministrative
e normative che frenano
gli investimenti. In alcuni casi si tratta di accelerare il processo decisionale sulle riforme in corso. In altri, si tratta di adottare dei provvedimenti concreti, quali
la nomina di un coordinatore unico per i progetti transfrontalieri complessi, al fine di sincronizzare gli sforzi di entrambi i lati
della frontiera, e di permettere
ai progetti di superare gli ostacoli amministrativi e finanziari che spesso incontrano.
✔ indica come possano essere finanziati tali progetti, proponendo una combinazione di finanziamenti dell’UE e nazionali, di aiuti della BEI e di investimenti privati.
La commistione di tali diverse fonti di finanziamento varierà da
un progetto all’altro, ma la forza dell’iniziativa verrà valutata in base alla sua capacità di assicurare
il funzionamento congiunto di tutti questi elementi.
Parimenti, saranno impiegate forme innovative di finanziamento, quali
il nuovo strumento di garanzia che la Commissione sta proponendo,
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e di cui la BEI è una delle principali protagoniste.
Componente fondamentale della Comunicazione è poi il “ programma ad avvio rapido ”, in cui sono inseriti soltanto progetti che rispondono a quattro criteri:
1. maturità, cioè capacità di avviarsi entro i prossimi tre anni,
2. dimensione transfrontaliera,
3. impatto sulla crescita e sulle innovazioni,
4. effetti positivi sull’ambiente.
Tra questi progetti, il cui elenco, come precisato nel testo, potrà arricchirsi se verranno integrati i requisiti necessari, troviamo, tra l’altro, nel settore
dei trasporti, il completamento
della galleria del Brennero, e nel settore dell’energia, un aumento di capacità
di interconnessione elettrica tra l’Italia e la Francia, l’Austria e la Svizzera.
Senza voler entrare ulteriormente nel dettaglio di tale Comunicazione,
che presenta elementi tecnici alquanto complessi, preme qui sottolineare come i partners sociali abbiano ovviamente accolto con favore questa iniziativa, quale possibile catalizzatore per la crescita e la competitività
dell’Unione.
Allo stesso tempo sottolineando però la necessità di corredare le misure previste con un rinnovato investimento nelle riforme strutturali, senza le quali le azioni programmate dalla Commissione avrebbero ripercussioni solo a medio termine.
Di fondamentale importanza sarà poi il monitoraggio dei risultati di tale iniziativa, per verificarne il reale
impatto sulla crescita, sull’occupazione e sulla coesione nell’Unione allargata.
IL RAPPORTO DELLA TASK FORCE PER L’IMPIEGO
Tale rapporto, il cui titolo nella versione inglese è particolarmente incisivo (Jobs, Jobs, Jobs. Creating more
employment in Europe) è il risultato di un approfondito studio condotto
in seguito ad una decisione del Consiglio europeo del marzo scorso.
In tale sede è stata concordata
la costituzione di un gruppo di esperti con il preciso mandato di individuare le sfide poste dalla nuova Strategia europea per l’Impiego, nonché
le misure che ciascun Stato membro avrebbe dovuto adottare con maggiore urgenza per fronteggiarle.
Xxx Xxx, ex primo ministro olandese, ha presieduto la task force nominata
in seguito a tale decisione e composta da figure di primo piano, tra cui
il professor Xxxxx xxxx’Xxxxxx, ben noto ai lettori di questa rivista.
Il risultato dei lavori, iniziati ad Aprile, è stato pubblicato il 26 Novembre;
in tempo, cioè, per fornire un input concreto alla redazione del Rapporto congiunto per l’impiego pubblicato su base annuale dal Consiglio
e dalla Commissione.
Il testo ha riscosso un consenso unanime da parte degli “addetti
ai lavori ”, intendendosi per tali non solo i “ tecnocrati ”, ma anche coloro che con le tematiche dell’impiego hanno un confronto quotidiano, cioè le parti sociali.
Il giudizio positivo si estende sia al contenuto che alla forma del rapporto.
Sotto il primo punto di vista, è
da sottolineare l’abilità che gli autori hanno espresso nel fornire un quadro d’insieme di un’Europa a venticinque. Nell’analisi, infatti, gli stati di nuova adesione sono totalmente integrati.
Colpisce inoltre la puntualità e l’efficacia con cui sono stati individuati quattro temi chiave, fattori di successo indispensabili alla rivitalizzazione
delle politiche dell’occupazione:
1. una maggiore adattabilità
dei lavoratori e delle imprese
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alle variazioni esterne ed interne al mercato del lavoro,
2. una rinnovata capacità di attrarre nuova manodopera,
3. un più importante ed effettivo
investimento nel capitale umano,
4. una più effettiva messa in atto delle riforme strutturali grazie ad una governance europea più incisiva.
Sarebbe del tutto inesatto definire tali priorità originali, dato che toccano tematiche da tempo individuate come fondamentali nell’ottica della strategia d Lisbona. Del tutto originale è però l’approccio con cui la task force ha affrontato questi temi, fornendo prospettive troppo spesso ignorate.
Basti citare il fatto che argomenti quali l’invecchiamento della forza lavoro, o il cosiddetto “gender gap”, non vengono trattati soltanto nella tradizionale ottica difensiva, ma anche in quanto opportunità di apertura di nuovi
“ mercati”: quello, nel primo caso,
dell’assistenza agli anziani, e quello, nel secondo, delle strutture per l’infanzia, la cui inadeguatezza è spesso un freno all’entrata delle donne nel mondo del lavoro, specie se a livello manageriale. Secondo il rapporto, in numerosi Stati membri (e l’Italia viene citata tra questi) l’offerta in tali settori è ampiamente superiore alla domanda.
Di grande efficacia è poi il taglio estremamente pragmatico con cui i singoli temi vengono trattati.
L’analisi, puntuale ed omnicomprensiva, dei quattro punti sopra citati, cui corrispondono i quattro capitoli principali del rapporto, viene ogni volta corredata da esempi di
“ buone pratiche” sperimentate nei vari stati dell’Unione. Allo stesso tempo, ogni stato viene invitato ad adottare
misure adeguate nei settori in cui il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona sembra più lontano. A tale proposito, data l’esplicita intenzione di Commissione e Consiglio di utilizzare il
rapporto quale base del loro documento annuale congiunto, è facile presagire che gli “appelli” contenuti nel testo qui analizzato si trasformeranno nelle Raccomandazioni rinforzate in materia di Strategia europea per l’Impiego che l’Unione rivolge
abitualmente ad ogni stato membro nel mese di Aprile.
Per quanto riguarda la forma, il linguaggio utilizzato si sposa perfettamente con l’approccio pragmatico sopracitato. Il testo rifugge dallo stile accademico che spesso caratterizza i tanti rapporti che la Commissione affida ad equipes di esperti. Ciò contribuisce ad una più efficace interpretazione dei tanti messaggi contenuti nel rapporto che si rivolge, nel richiedere input concreti, non solo agli stati membri, ma anche ad imprese e lavoratori.
A tale proposito, le parti sociali presenti al vertice tripartito straordinario, durante il quale il contributo della task force è stato al centro della
discussione, si sono dichiarate pronte, anche se con modalità e secondo priorità diverse, ad agire nelle direzioni indicate nel testo.
Hanno tuttavia espresso il timore, per non dire il legittimo sospetto, che il rapporto rimanga lettera morta se non sarà chiara la volontà dell’Unione di operare un continuo monitoraggio nelle quattro aree di priorità da esso
indicate e di approntare misure che, pur nel rispetto del principio di sussidiarietà, si rivelino più efficaci di quelle attuali nel mettere gli stati membri di fronte alle proprie responsabilità in tema di politiche per l’impiego.
Xxxxxxx Xxxxxxxx Consulente Affari Sociali CEEP- Bruxelles
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
15 settembre 2003 L’interpretazione autentica è stata richiesta Comparto Ministeri dal Tribunale di Bari – Sezione lavoro. Verbale della riunione La questione concerne l'interpretazione autentica per l'interpretazione del CCNL del 16 febbraio 1999 e in particolare autentica dell'articolo 33 "se la norma di cui all'art. 33 del medesimo CCNL del CCNL 1998 - 2001 sia valida ed efficace e non in contrasto con la sottoscritto il 16 febbraio disposizione normativa prevista dall'art. 45, comma 1999 per il personale del 2, del D.Lgs. n. 165/2001" ove è previsto che Comparto dei Ministeri " le pubbliche amministrazioni garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale". Considerato che la sigla sindacale CGIL/FP ha dichiarato la propria indisponibilità, in linea di principio e per tutti i comparti, a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche e che tale presa di posizione costituisce di fatto un impedimento al raggiungimento dell’accordo di interpretazione autentica in questione, in considerazione del fatto che il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i suindicati accordi interpretativi, ai fini della loro validità, devono essere sottoscritti all’unanimità da tutte le parti che hanno a suo tempo stipulato il contratto collettivo da interpretare. L’ARAN, pertanto, ha attestato la sussistenza del mancato accordo. |
8 ottobre 2003 L’interpretazione autentica è stata richiesta Sanità dal Tribunale di Genova – Sezione lavoro. Dirigenza Sanità area III La questione concerne l'interpretazione autentica (amministrativa, dell'art. 5 del CCNL 8 giugno 2000 – II biennio sanitaria, tecnica e economico per l'area della dirigenza dei ruoli professionale) sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo, Verbale della riunione in particolare se, ai fini della valutazione per l'interpretazione dell'esperienza professionale, risulti utile la sola autentica dell'art. 5 del anzianità maturata nel profilo di dirigente ovvero CCNL 8 giugno 2000, II se possa essere invece utilmente calcolata tutta biennio economico, la anzianità maturata dal dirigente senza soluzione dell'area della dirigenza di continuità alle dipendenze di aziende o enti sanitaria, professionale, del Comparto Sanità di cui al CCNQ 2 giugno 1998, tecnica ed ivi compresa l'anzianità maturata in qualifica amministrativa. non dirigenziale. Considerato che la sigla sindacale CGIL/FP ha dichiarato la propria indisponibilità, in linea di principio e per tutti i comparti, a partecipare alle trattative per le interpretazioni autentiche e che tale presa di posizione costituisce di fatto un impedimento al raggiungimento dell’accordo di interpretazione autentica in questione, in considerazione del fatto che il Consiglio di Stato, nel parere n. 955 del 2001, ha ritenuto che i suindicati accordi interpretativi, ai fini della loro validità, devono essere sottoscritti all’unanimità |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
da tutte le parti che hanno a suo tempo stipulato il contratto collettivo da interpretare. L’ARAN, pertanto, ha attestato la sussistenza del mancato accordo. |
8 ottobre 2003 L’Organizzazione sindacale RDB PI e la Comparto Ministeri Confederazione RDB-CUB hanno dato la propria CCNL relativo al adesione al contratto di cui a lato, sottoscrivendone personale dei livelli del il testo in data 8 ottobre c.a. Comparto Ministeri per il quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 |
9 ottobre 2003 Riguarda circa 60 mila lavoratori del Comparto in cui Comparto Enti pubblici sono ricompresi gli Enti previdenziali (INAIL, INPS, non economici INPDAP, IPOST, ecc.), i Consigli e gli Ordini CCNL per il personale professionali, gli Enti Parco, l’ACI e le rispettive non dirigente del strutture provinciali, il CCNL è il terzo firmato, dopo Comparto degli Enti quello dei Ministeri e della Scuola. pubblici non economici L’aumento medio complessivo a regime è di 128 quadriennio normativo euro mensili per tredici mensilità. Sono previste due 2002-2005 e biennio tranches di aumento stipendiale al 1° gennaio 2002 economico 2002-2003 e al 1° gennaio 2003 per complessivi 87 euro. (G.U. n. 182 del 25 E’ stata istituita l’indennità di Ente finanziata in gran novembre 2003, parte con risorse precedentemente erogate sotto supplemento ordinario altra forma ed in quota residuale (17 euro mensili alla G. U. n. 274 del 25 con risorse di questo contratto). novembre 2003) Il fondo per il salario variabile, definito in contrattazione integrativa, è stato integrato con circa 12 euro al mese. E' stata razionalizzata la busta paga con il conglobamento dell’ indennità integrativa speciale nella voce stipendio. Detta indennità integrativa speciale concorre, però, ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità in ragione del 70% anziché del 30% attuale. Questa operazione, quindi, permetterà di avere una indennità di anzianità più elevata a chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2003 in poi. Gli aumenti stabiliti consentono la crescita della retribuzione media complessiva del 5,66% così come definito nell’accordo del febbraio 2002 tra Governo e Sindacati e confermato dalla legge finanziaria per il 2003. Per gli aspetti normativi è stato dato ampio risalto allo sviluppo delle attività di aggiornamento e formazione del personale ed inoltre è stato deciso di costituire una commissione paritetica per l’approfondimento delle novità da introdurre nel sistema di classificazione del personale per rispondere in modo più efficace alla domanda di servizi da parte dell’utenza sul territorio. |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE
16 ottobre 2003 Comparto Regioni ed Autonomie locali Ipotesi di accordo relativa al CCNL del personale del Comparto delle Regioni e Autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003
I benefici economici previsti per il personale
del Comparto - circa 590 mila unità - complessivamente ammontano a 94,5 Euro pari al 5,66% di crescita
delle retribuzioni, cui si aggiungono ulteriori 11,5 Euro, pari allo 0,5% più lo 0,2% per gli Enti
in possesso dei requisiti di “salute finanziaria”, per un totale complessivo a regime di 106 Euro mensili pro-capite.
L’aumento medio mensile a regime, così calcolato, è pari a 77,6 Euro suddiviso in due tranches:
il 1° gennaio 2002 e il 1° gennaio 2003.
L’indennità integrativa speciale è conglobata nella voce stipendio al fine di semplificare la busta paga. Le risorse destinate alla contrattazione integrativa sono, poi, aumentate, dal 1° gennaio 2003, di:
- 10,5 Euro mensili pro-capite per tutti gli enti di Comparto;
- 8,3 Euro mensili pro-capite solo per quegli Enti che non siano in stato di deficit o dissesto e che rispettino i parametri di spesa personale entro precisi limiti di bilancio;
- 3,2 Euro mensili pro-capite anch’esso condizionato alla salute finanziaria dell’ente e con vincolo di destinazione per
la valorizzazione della professionalità.
E’ istituita una “ indennità di Comparto” il cui
importo complessivo medio mensile è pari a 40 Euro, dei quali però solo 3,8 Euro mensili provengono dalle risorse fresche di contratto mentre la restante parte riutilizza risorse già
finalizzate alla contrattazione integrativa,
includendo tra queste anche parte degli aumenti definiti nel presente biennio.
Completa il quadro degli utilizzi delle risorse
l’importo mensile di 2,6 Euro mensili pro-capite finalizzati alla rivalutazione di 25 Euro mensili
dell’indennità per il personale dell’area di vigilanza. E’ stata soppressa la norma (art.5 del CCNL 5/10/2001) che dava spazio agli enti di aumentare senza limiti le risorse della contrattazione
integrativa sussistendo dati di bilancio di particolare virtuosità.
Il Contratto presenta anche significativi e rilevanti elementi di novità dal punto di vista normativo.
In particolare, per le relazioni sindacali è stata semplificata la disciplina della concertazione e della contrattazione decentrata integrativa,
venendo incontro alle richieste degli Enti di ridotte dimensioni demografiche.
Sicuramente innovativa è la nuova disciplina della costruzione delle risorse destinate
alla contrattazione decentrata integrativa, d’ora
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
in poi distinte in fisse e variabili: le prime costituiscono un ammontare stabile nel tempo, salvo i futuri incrementi derivanti dalla contrattazione nazionale, le seconde, possono variare di anno in anno nel rispetto delle regole prescritte. E’ stata nuovamente disciplinata la produttività ed è precisato che i compensi a tale titolo possono essere corrisposti solo a seguito di valutazioni dei risultati conseguiti. |
11 dicembre 2003 La definizione dell'ipotesi d'accordo è stata siglata Comparto Sanità dopo il parere del Comitato di settore, che, Ipotesi di CCNL del una volta presa conoscenza del verbale siglato Comparto del personale dalle parti sociali il 25 novembre scorso, del SSN parte normativa ha formalizzato gli aspetti finanziari relativi quadriennio 2002-2005 e al complesso delle risorse disponibili. parte economica biennio Nell’ipotesi, che riguarda 573.000 addetti del settore, 2002-2003 sono previsti aumenti medi pari a 109 euro mensili a regime. Importanti innovazioni sono apportate, su indicazione del Comitato di settore, in alcune materie cruciali. In linea con il federalismo, le regioni, con loro linee di indirizzo, potranno guidare la contrattazione integrativa delle Aziende verso l’utilizzo flessibile delle risorse dei fondi per aumentare la produttività e la qualità dei servizi. Sono previsti limiti biennali alla mobilità territoriale al fine di consentire alle Aziende di avere un ritorno certo degli investimenti effettuati per la formazione e l’aggiornamento. Per ciò che concerne il part-time, l’intesa privilegia quelle forme di lavoro a tempo parziale che consentano l’impiego del personale anche nei turni. Il contratto ha individuato alcune priorità per migliorare i servizi delle Asl destinandovi una quota di risorse. Sono previste indennità per incentivare il personale che svolge il servizio di assistenza a domicilio, migliorando la qualità di vita dei malati e anche riducendo i costi della ospedalizzazione. E’ istituita un’indennità per il personale che opera nei servizi rivolti ai tossicodipendenti (Sert) e sono aumentate le indennità per il lavoro notturno e festivo. Il sistema di inquadramento professionale stabilito nello scorso quadriennio è sostanzialmente confermato, ma per alcune figure le parti hanno ritenuto opportuno adottare adeguate politiche di sviluppo professionale. E’ il caso del personale infermieristico collocato nella categoria D investito di particolari funzioni di coordinamento, per il quale |
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EVENTO | CONTENUTO/NOTE |
è previsto, con varie modalità, il passaggio al livello economico superiore. Analogamente, il personale del ruolo sanitario e tecnico della categoria BS potrà, dopo procedure selettive, accedere ai nuovi profili appositamente istituiti nella categoria C. Altre clausole riguardano il personale dei ruoli professionali e amministrativi dei quali il contratto agevola i passaggi verticali e le carriere economiche. Per quanto riguarda la formazione continua resa obbligatoria da recenti leggi per il personale del ruolo sanitario, è ribadito l’obbligo per le Aziende di organizzarla e garantirla. Sono previste penalizzazioni di carriera per i lavoratori che immotivatamente vi si sottraggono. Nuove norme riguardano infine le materie delle sanzioni disciplinari e del mobbing. | |
28 novembre 2003 | L’Organizzazione sindacale RDB PI |
Comparto Enti pubblici | e la Confederazione RDB-CUB hanno dato |
non economici | la propria adesione al contratto di cui a lato, |
CCNL relativo al | sottoscrivendone il testo in data 28 novembre c.a. |
personale del Comparto | |
degli Enti pubblici non | |
economici per il | |
quadriennio normativo | |
2002-2005 e biennio | |
economico 2002-2003 | |
(firme: organizzazione | |
sindacale RDB PI e | |
confederazione RDB – | |
CUB) |
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PROVVEDIMENTI PUBBLICATI
PERIODO ESAMINATO: 22 OTTOBRE 2003 – 10 GENNAIO 2004
Decreto Legislativo 8 luglio 2003, n. 277
“Attuazione della direttiva 2001/19/CE che modifica le direttive del Consiglio relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali
e le direttive del Consiglio concernenti le professioni di infermiere professionale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico ”.
(G.U. 14 ottobre 2003 n. 239, S.O. n. 161)
Decreto Legislativo 16 ottobre 2003, n. 288
“Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3”.
(G.U. 27 ottobre 2003 n. 250)
Deliberazione 25 luglio 2003, n. 40 (Comitato interministeriale per la programmazione economica)
“Fondo sanitario nazionale 2002. Ripartizione tra le regioni delle somme destinate al Fondo per l’esclusività del rapporto per il personale dirigente del ruolo sanitario ”.
(G.U. 8 novembre 2003 n. 260)
Decreto 6 giugno 2003 (Ministero dell’economia e delle finanze)
“Rettifica al decreto di determinazione, in unità euro, delle diarie di missione all’estero del personale statale, civile e militare, delle università e della scuola”.
(G.U. 11 novembre 2003 n. 262)
Legge 6 novembre 2003, n. 301
“ Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2003”.
(G.U. 11 novembre 2003 n. 262, S.O. n. 169/L)
Legge 24 novembre 2003, n. 326
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003,
n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici ”.
(G.U. 25 novembre 2003 n. 274, S.O. n. 181)
Testo coordinato del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269
“Testo del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, coordinato con la legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, recante: Disposizioni urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici ”.
(G.U. 25 novembre 2003 n. 274, S.O. n. 181)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
“Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale non dirigente
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del comparto degli enti pubblici non economici per il quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002-2003”.
(G.U. 25 novembre 2003 n. 274, S.O. n. 182)
Deliberazione 4 dicembre 2003 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione)
“Regolamento sulle procedure relative alle modifiche degli statuti dei fondi pensione negoziali e alle convenzioni di cui all’art. 6 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124”.
(G.U. 16 dicembre 2003 n. 291)
Deliberazione 4 dicembre 2003 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione)
“Regolamento sulle procedure relative alle modifiche dei regolamenti dei fondi pensione aperti ”.
(G.U. 16 dicembre 2003 n. 291)
Deliberazione 4 dicembre 2003 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione)
“Regolamento sulle procedure relative alle modifiche degli statuti dei fondi pensione di cui all’art. 18 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (fondi pensione preesistenti)”.
(G.U. 16 dicembre 2003 n. 291)
Deliberazione 4 dicembre 2003 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione)
“ Integrazione al - Regolamento sulle procedure per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività dei fondi pensione - adottato con deliberazione del 22 maggio 2001”.
(G.U. 16 dicembre 2003 n. 291)
Deliberazione 4 dicembre 2003 (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) “Linee guida in materia di organizzazione interna dei fondi pensione negoziali ”. (G.U. 16 dicembre 2003 n. 291)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
“Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale non dirigente
del comparto degli enti pubblici non economici quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002-2003”.
(G.U. 19 dicembre 2003 n. 294)
Legge 24 dicembre 2003, n. 350
“ Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2004)”.
(G.U. 27 dicembre 2003 n. 299, S.O. n. 196)
Legge 24 dicembre 2003, n. 351
“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2004 e bilancio pluriennale per il triennio 2004-2006”.
(G.U. 27 dicembre 2003 n. 299, S.O. n. 197)
Decreto-legge 29dicembre 2003, n. 356
“Abrogazione del comma 78 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria)”.
(G.U. 29 dicembre 2003 n. 300)
Decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 2003
“ Determinazione del contingente di personale della scuola da assumere con contratto a tempo indeterminato per l’anno scolastico 2004-2005”.
(G.U. 30 dicembre 2003 n. 301)
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Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2003
“Ripartizione tra i singoli istituti universitari delle assunzioni di personale autorizzate con decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2003”.
(G.U. 30 dicembre 2003 n. 301)
Decreto 29 dicembre 2003 (Ministero dell’economia e delle finanze)
Ripartizione in capitoli delle unita’ previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2004”.
(G.U. 31 dicembre 2003 n. 302, S.O. n. 200)
Decreto 9 dicembre 2003 (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca)
“ Modifica di progetti autonomi già ammessi al finanziamento del Fondo per le agevolazioni alla ricerca”.
(G.U. 2 gennaio 2004 n. 1)
Circolare 18 novembre 2003, n. 36 (Ministero del lavoro e delle politiche sociali)
“Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua. Criteri
e modalità per la gestione delle risorse finanziarie di cui ai commi 10 e 12, lettera
b) dell’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), e successive modificazioni ”.
(G.U. 8 gennaio 2004 n. 5)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni:
Comunicato
“ Interpretazione autentica dell’art. 9 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999, in relazione agli articoli 8 e 16 dello stesso contratto collettivo nazionale di lavoro nonché in relazione agli articoli 4 e 17, comma 2,
lettera c) del contratto collettivo nazionale di lavoro del 1° aprile 1999”.
(G.U. 9 gennaio 2004 n. 6)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni:
Comunicato
“ Interpretazione autentica dell’art. 7, comma 5, del contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999, in relazione all’art. 29 del contratto collettivo
nazionale di lavoro del 14 settembre 2000”.
(G.U. 9 gennaio 2004 n. 6)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni:
Comunicato
“ Interpretazione autentica dell’art. 7, comma 5, del contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999”.
(G.U. 9 gennaio 2004 n. 6)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni:
Comunicato
“ Interpretazione autentica dell’art. 26 e seguenti del contratto collettivo nazionale di lavoro del 5 ottobre 2001”.
(G.U. 9 gennaio 2004 n. 6)
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ATTIVITÀ PARLAMENTARE SITUAZIONE AL 12 GENNAIO 2004 Disposizioni per garantire la validità delle graduatorie dei concorsi nelle pubbliche amministrazioni ai fini dell’assunzione di tutti gli idonei (A.C. 4495) Da assegnare Disciplina della professione di educatore di asilo nido e istituzione del relativo albo professionale (A.C. 4328) Assegnato alla Commissione Affari sociali (XII) in sede referente non ancora in esame Modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2002, n. 461, in materia di semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio (A.C. 4131) Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame Norme per favorire il reinserimento dei lavoratori espulsi precocemente dal mondo del lavoro (A.C. 4112) Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame Istituzione di un fondo di previdenza integrativa a favore di lavoratori e di pensionati affetti da gravi patologie a carattere irreversibile (A.C. 3704) Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame Interventi finanziari per la formazione dei medici specialisti (A.S. 2577) Assegnato alla Commissione Igiene e Sanità (XII) in sede referente non ancora in esame |
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Norme per il riordino delle competenze sanitarie in materia di salute visiva, nonché disciplina della professione sanitaria dell’ottico e della professione sanitaria di ortottista-assistente tecnico di oftalmologia (A.S. 2568) Assegnato alla Commissione Igiene e Sanità (XII) in sede referente non ancora in esame Disciplina dello stato giuridico dei professionisti dipendenti delle regioni, degli enti locali e delle amministrazioni dello Stato (A.S. 2567) Assegnato alla Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame Istituzione dell’Agenzia italiana nanotecnologie (A.S. 2423) Assegnato alle Commissioni riunite Istruzione pubblica, Beni culturali (VII) Industria, Commercio, Turismo (X) in sede referente non ancora in esame |
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ESPERO,
FONDO DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE
PER I LAVORATORI DELLA SCUOLA
Il 17 novembre 2003, è stato sottoscritto, dai rappresentanti legali dell’ARAN
e delle XX.XX. della scuola, l’atto costitutivo del Fondo di previdenza complementare per i lavoratori della Scuola, denominato “Espero ”, al quale sono interessati oltre un milione
di potenziali iscritti.
Il Fondo Espero costituisce la prima esperienza di previdenza complementare nella Pubblica Amministrazione e si basa su un sistema di finanziamento
a contribuzione definita ed
a capitalizzazione individuale.
Molto impegnativo è stato il cammino dall’Accordo istitutivo del Fondo,
risalente al 14 marzo 2001, fino
alla sottoscrizione del rogito notarile contenente l’atto costitutivo.
Una ragguardevole opera
di completamento della strumentazione normativa si è resa necessaria per adeguare l’impianto giuridico preesistente, soprattutto quello
riguardante il sistema di designazione dei primi organi collegiali del Fondo.
I problemi si sono articolati secondo due percorsi: il primo riguardante
la determinazione della competenza alla designazione, che il DPCM 2 maggio 2003 (pubblicato in G.U. n. 201 del 30/08/2003) ha risolto affidandola, per il Comparto e l’Area della Scuola, al Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, indicando che “ sono fatti salvi
i provvedimenti già adottati per l’avvio del costituendo Fondo nazionale pensione complementare per
i lavoratori della scuola ” e stabilendo che per i “…fondi pensione relativi al personale dipendente
da amministrazioni statali o che accorpino, ai fini della previdenza complementare, il predetto personale a quello di amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato, i componenti
dei primi organi collegiali, rappresentanti di parte datoriale,
sono designati con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
e nominati in sede di atto costitutivo,
ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124,
come modificato dall’art. 74, comma 5,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388”; il secondo attinente la determinazione dei requisiti di professionalità, necessari all’assunzione di alcune
cariche del Fondo, che solo il D.M. lavoro 20 giugno 2003 (G.U. n. 155
del 07/07/2003) ha provveduto a definire integrando le funzioni dirigenziali presso Amministrazioni o Enti pubblici tra quelle già ritenute utili.
Si è trattato di un lungo periodo
di lavoro ed impegno comuni che ha coinvolto l’ARAN e tutti i Dicasteri
interessati (Funzione pubblica, Istruzione, Lavoro, Economia e Finanze). L’Agenzia, che ha curato tutte le vicende
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di questo periodo anche in raccordo con le Organizzazioni Sindacali
del settore, può esprimere la propria viva soddisfazione per il risultato acquisito, frutto di una costante collaborazione con la COVIP, Commissione di Vigilanza sui Fondi
Pensione, e l’INPDAP, Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti
dell’Amministrazione Pubblica, e che segna anche la strada per
l’implementazione del secondo pilastro della previdenza, quello complementare di fonte negoziale parallelo al sistema generale obbligatorio, in tutti
i comparti e le aree della Pubblica Amministrazione.
Ovviamente, tutto ciò si realizzerà nei tempi necessari all’ulteriore adeguamento normativo e dovrà
implicare i medesimi contributi costruttivi e la stessa coesione di tutte le parti precedentemente citate, già
riscontrata per il comparto e l’area della scuola.
L’atto costitutivo prevede anche, all’art. 8, la designazione di tutti i componenti dei primi organi di amministrazione
e di controllo che per la parte datoriale saranno: la prof.ssa Xxxx Xxxxxxx,
il xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx,
il dott. Xxxxxxxx Xxxx, il xxxx. Xxxxxx Xxxx, la dott.ssa Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, il xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx,
il xxxx. Xxxxxx Xxxxx, il xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, il xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx; mentre per la parte sindacale saranno: il prof. Xxxxxxxxx D’Assisi Xxxxxxx,
il xxxx. Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx,
il dott. Xxxxxx X’Xxxxx, il xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxx, il xxxx. Xxxxx Xxxxx,
il xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxx, il xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx, il xxxx. Xxxxxxx Xx Xxxxxx, il xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx.
Alla carica di Presidente del Fondo è stato indicato il xxxx. Xxxxxx Xxxx
ed a comporre il collegio dei revisori contabili sono stati chiamati
il xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx e il xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx.
Il Fondo ha, per espressa definizione dell’atto costitutivo, una durata illimitata e i suoi esercizi si chiuderanno il 31 dicembre di ogni anno (il primo
esercizio si chiuderà il 31/12/2004).
Il sistema di finanziamento, molto complesso, si fonderà su due distinte fonti: la prima derivante da contribuzioni reali composte da somme che
i lavoratori iscritti destineranno
al Fondo per il tramite del loro datore di lavoro che, a seguito di delega
scritta, tratterrà quanto dovuto con una quota pari all’1%
dello stipendio tabellare, dell’indennità integrativa speciale (ormai conglobata) e della tredicesima mensilità
(saranno inoltre tenuti al versamento di una quota di iscrizione una tantum che il primo C.d.A. potrà determinare) e da un contributo pari all’1%,
da calcolare sulle medesime voci retributive, erogato dalle strutture datoriali.
A queste somme “.. nell’ambito delle risorse finanziarie complessivamente disponibili a carico del bilancio dello stato ”, l’art 12 dell’Accordo istitutivo del Fondo aggiunge che , “…al fine di incentivare l’avvio del Fondo,
il contributo del datore di lavoro è maggiorato di una quota aggiuntiva pari all’1% per coloro che si iscrivono
nel primo anno dall’entrata in esercizio del fondo e solo per dodici mesi.
Per coloro che si iscrivono nel secondo anno la quota aggiuntiva è pari
allo 0.50% sempre per una durata di soli 12 mesi ” (sul punto vedi anche DPCM 2 marzo 2001 art.1 comma 1); la seconda fonte è basata, invece, su un sistema
di natura “virtuale”, cioè elusivamente contabile, originato dalla destinazione delle quote di TFR degli iscritti
(2% della retribuzione annua utile
al calcolo del TFR per i dipendenti già occupati al 31/12/1995 e quelli impiegati nel periodo dall’1/01/1996 al 31/12/2000, ovvero 100% del TFR per gli assunti
dall’1/01/2001) che però si sostanzierà solo al momento della liquidazione
delle prestazioni con una devoluzione,
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curata dall’INPDAP, di quanto dovuto a favore del Fondo e quindi
del beneficiario.
A questa seconda fonte virtuale si aggiungerà un bonus pari all’1,5% della base contributiva di riferimento del trattamento di fine servizio concesso a coloro che, ancora
in regime di Trattamento di Fine Servizio, opteranno per il passaggio al Fondo e quindi al TFR.
Le due quote, quella composta da somme reali e quella costituita
da mere registrazioni contabili e perciò detta “virtuale”, seguiranno procedure distinte di rivalutazione.
Mentre la prima seguirà il rendimento tipico del fondo, sul figurativo-virtuale saranno calcolati interessi al tasso medio di un paniere di fondi definito con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Al fine di consentire una pronta
operatività del Fondo, gli organi collegiali in carica si occuperanno, in via prioritaria: di redigere la scheda informativa, di procedere
alla presentazione alla COVIP della richiesta di autorizzazione
all’esercizio dell’attività di raccolta delle adesioni (che dovrebbero raggiungere almeno le 30.000 unità) e di proporre domanda di
riconoscimento dell’Associazione costituente il Fondo al Ministero del Lavoro.
Si tratta certo di una indicazione non esaustiva dei prossimi impegni operativi di Xxxxxx, che saranno
indubbiamente molto più complessi ed articolati, ma il cammino ormai
intrapreso ci auguriamo possa condurre in tempi ragionevoli
al passaggio alla fase di ordinaria gestione del Fondo che concorrerà a migliorare in modo significativo le prestazioni previdenziali
dei dipendenti che si iscriveranno.
Xxxxxx Xxxxxx
Consulente XXXX
Xxxxxxx De Xxxxxxx
Collaboratore ARAN
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NOVEMBRE DICEMBRE 2003
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IL DIALOGO SOCIALE A LIVELLO EUROPEO NEL SETTORE OSPEDALIERO
A CURA DI XXXXXXX XXXXXXXXXX
DIRETTORE GENERALE SERVIZIO CONTRATTAZIONE I, ARAN
1. IL DIALOGO SOCIALE NEL SETTORE OSPEDALIERO.
LE CONFERENZE DEL 2000 E 2002
Il dialogo sociale a livello europeo è un tema di grande delicatezza ed è
ritenuto di fondamentale importanza per lo sviluppo europeo, contribuendo alla crescita, alla capacità concorrenziale ed alla promozione dell’occupazione
e della giustizia sociale.
Il dialogo sociale viene definito dall’Organizzazione internazionale del Lavoro (International Labour Organisation – ILO) in termini assai generali come “ogni tipo
di negoziazione, consultazione
o informazione tra Governi, datori di lavoro e sindacati per sviluppare il consenso sulle azioni politiche
e sulle concrete misure per assicurare un equo sviluppo sociale ed economico.” La Commissione dell’Unione Europea svolge un intenso programma
di promozione e supporto del dialogo sociale nei differenti Paesi de ll’Unione Europea (UE) e nei vari settori.
Negli ultimi cinque anni particolare attenzione è stata dedicata all’avvio dello sviluppo del dialogo sociale nel settore della sanità, caratterizzato nei vari paesi da molti e significativi
processi di riforma alla cui affermazione
e consolidamento il dialogo sociale può offrire un valido contributo.
La prima Conferenza sul dialogo sociale nel settore ospedaliero (parte comune di tutti i servizi sanitari dei vari paesi dell’Unione), organizzata il 12 – 13 maggio 2000 dall’EPSU e dal CEEP1, ha rappresentato il primo gradino verso
la costruzione di un dialogo sociale di livello europeo in tale settore.
Partendo dalle conclusioni
della Conferenza, le parti sociali hanno continuato nella ricerca di materie comuni sulle quali sviluppare
il cammino intrapreso dando luogo
ad una seconda Conferenza congiunta il 4 – 5 febbraio 20022 (dal titolo:
“Lo sviluppo del dialogo sociale nel settore ospedaliero), la quale -
soprattutto alla luce dell’allargamento dell’UE ad altre nazioni – ha affrontato temi di grande rilievo come il confronto dei modelli di dialogo sociale esistenti nel settore ospedaliero e la libera
circolazione dei lavoratori nei paesi dell’UE e connessi problemi, caratterizzati nel settore sanitario, specialmente del nord Europa
e dell’Inghilterra, dalle carenze
di personale infermieristico e medico.
Con riguardo a tale specifico tema
gli argomenti trattati nella Conferenza hanno affrontato i problemi
del reclutamento del suddetto personale da altri paesi dell’UE - compresi quelli
in attesa di entrarvi - ovvero da paesi terzi (Cina, Filippine, India etc)
e della verifica dell’equiparabilità dei diplomi conseguiti.
Grande rilievo è stato anche dato
II
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alla soluzione di problemi pratici legati all’integrazione del personale proveniente dall’estero, per il superamento
di barriere derivanti dall’incontro
di culture, razze e lingue diverse, al fine di evitarne il disagio sociale e salvaguardare i diritti di siffatti lavoratori.
Di non minore rilevanza è stato l’esame dei problemi etici relativi ai rapporti
tra paesi, poiché “ l’esportazione
di manodopera” altamente qualificata - attratta dalle migliori retribuzioni
dei paesi ricchi e dalla curiosità e desiderio di una esperienza professionale assai qualificante - determina un ulteriore
impoverimento dei paesi ancora in via di sviluppo, rendendo loro impossibile trarre profitto dai propri investimenti formativi e facilitando la cosiddetta fuga dei cervelli in una sorta
di involontaria concorrenza.
La Conferenza, nel mettere, dunque, in luce una crescente mancanza
di personale qualificato nel settore ospedaliero, ha sottolineato
la necessità di affrontare i problemi che ne derivano mediante sforzi concertati e coordinati delle parti sociali tra i quali assume carattere prioritario la creazione e lo sviluppo di una maggiore
e migliore qualificazione professionale del personale, che non si esaurisce
con la verifica delle capacità e conoscenze all’atto del reclutamento, ma continua nell’arco della vita lavorativa come condizione essenziale per qualificare la forza lavoro e la qualità dei servizi resi all’interno del settore assistenziale e sanitario.
La Conferenza ha messo in risalto anche il potenziale positivo delle diversità
il cui rispetto è una responsabilità comune.
In tale contesto si è inteso sottolineare che le questioni di politica sanitaria devono essere integrate in altre politiche (come quelle della concorrenza, quelle economiche, ambientali, del mercato del lavoro, del commercio e dell’industria) dal momento che ospedali ben funzionanti e di alta qualità rappresentano, ovunque, una priorità assoluta 3.
In tale quadro di riferimento il dialogo sociale e la volontà di proseguire
nel suo sviluppo rappresentano uno strumento essenziale per trattare
le questioni comuni del settore ospedaliero a livello europeo.
2. LA CONFERENZA SUL DIALOGO SOCIALE NEL SETTORE OSPEDALIERO DEL 2 – 3 FEBBRAIO 2004
Per sostenere tale processo le parti sociali organizzatrici della Conferenza del 2002 hanno stabilito di formare
un gruppo di lavoro permanente, costituito da rappresentanti di parte datoriale (CEEP e CEMR) e sindacale (EPSU), per formulare un programma di lavoro come base per una nuova Conferenza, nonché proposte
congiunte di approfondimento dei temi esaminati. Gli obiettivi del gruppo
di lavoro hanno avuto per oggetto
il miglioramento della conoscenza tra le parti delle priorità delle aree tematiche sulle quali concordare
la necessità di sviluppo del dialogo sociale attraverso una franca ed ampia discussione su argomenti di comune
interesse ed una particolare apertura ai paesi in attesa di entrare nella UE consentendo loro la partecipazione alle riunioni del gruppo.
I lavori si sono svolti per tutto l’arco del 2002 – 2003 ed hanno messo
in evidenza l’effettiva utilità
di una ulteriore Conferenza tematica nell’ambito della quale trattare argomenti di attualità nel settore ospedaliero sui quali lo sviluppo
del dialogo sociale può svolgere un ruolo di rilievo nella soluzione dei problemi emergenti.
Questa terza Conferenza congiunta si terrà a Bruxelles il 2 – 3 febbraio 2004 ed avrà per oggetto “ Il potenziamento del dialogo sociale nel settore
ospedaliero. Valutazioni dello sviluppo a livello europeo ”.
Gli argomenti trattati sono di estrema
III
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importanza ed attualità e riguardano:
✔ con riferimento alla carenza
di figure professionali, in particolare di infermieri e dottori, i sistemi
di reclutamento adottati nei vari paesi dell’UE ed i provvedimenti per evitare il pensionamento anticipato del personale con il ricorso ad incentivi ed altre eventuali agevolazioni;
✔ con riguardo alla qualificazione professionale, i sistemi
di valutazione ed i provvedimenti atti a garantirla per tutto l’arco della vita lavorativa;
✔ con riguardo all’invecchiamento della forza lavoro (problema collegato ai precedenti argomenti), oltre ai provvedimenti di carattere generale, anche quelli specifici
idonei al recupero ed utilizzo dell’esperienza professionale
maturata dal personale più anziano.
I lavori della Conferenza si svolgeranno attraverso riunioni plenarie, in cui esperti del settore affronteranno
in generale gli argomenti individuati, ed attraverso sessioni di lavoro appositamente dedicate, durante
le quali potrà essere svolto un dibattito anche con brevi presentazioni di casi di eccellenza in cui il dialogo sociale ha avviato a soluzione i problemi
della singola azienda ospedaliera.
Dal momento che i tempi previsti non consentiranno a tutti i paesi
di intervenire, con il presente articolo, attraverso un breve quadro della
situazione italiana, si intende fornire un contributo ai lavori della Conferenza, segnalando alcune interessanti
soluzioni relative ai problemi trattati, ottenute attraverso la contrattazione collettiva nazionale (e, quindi, mediante il dialogo sociale), individuata spesso dalla legislazione di riforma
del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e del pubblico impiego come fonte deputata alla soluzione di problematiche emergenti del rapporto di lavoro
dei dipendenti del settore ospedaliero.
3. IL SISTEMA DELLE ASSUNZIONI E LA CRISI INFERMIERISTICA. INCENTIVI ALLA PERMANENZA IN SERVIZIO.
Il reclutamento del personale e dei dirigenti in via permanente, benché sia intervenuta la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, avviene attraverso
il concorso pubblico nel rispetto dell’art. 97 della Costituzione al fine
di assicurare condizioni di imparzialità e selettività nella scelta dei candidati.
Nel SSN, per ragioni di uniformità ed uguaglianza, le regole, i requisiti
e le procedure sono stabiliti in appositi regolamenti nazionali 4, applicati
dalle aziende sanitarie che pubblicano i bandi concorsuali ed individuano
le prove selettive.
La legislazione di riforma sanitaria
e le flessibilità del rapporto di lavoro pubblico, consentite dalla riforma del pubblico impiego in armonia con il settore privato, hanno permesso
di introdurre nel SSN anche forme di assunzione a termine con prove
selettive diverse dal pubblico concorso (quasi sempre per ragioni sostitutive
di altro personale assente) ovvero mediante il conferimento di incarichi fiduciari non superiori a percentuali prestabilite della dotazione organica 5. La crisi infermieristica nel nostro paese inizia a profilarsi verso la fine degli anni ’80 ed è dovuta ad una caduta
delle iscrizioni nelle scuole di formazione a causa degli stipendi troppo bassi
in rapporto alle pesanti condizioni di lavoro.
Gli interventi per arginare la crisi tra
il 1990 e 1991 hanno agito su due fronti: sul versante legislativo è stata consentita la possibilità alle aziende sanitarie ed ospedaliere di reclutare
infermieri anche non comunitari per un periodo di due anni allo scopo
IV
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di superare l’emergenza; sul versante contrattuale sono state rinvenute soluzioni economiche per compensare meglio le condizioni di lavoro con
l’incremento delle indennità di turno e della produttività mentre, per evitare il pensionamento anticipato, è stata prevista l’istituzione di un’indennità
di valore economico crescente con l’anzianità. I risultati sono stati tangibili e nei due – tre anni successivi
la situazione è stata abbastanza sotto controllo con una ripresa delle iscrizioni nelle scuole di formazione 6.
Con la legge di riforma del SSN, al fine di allineare l’Italia al resto dell’Europa, con decorrenza dal 1994 si è stabilita la nuova disciplina dei corsi
di formazione delle professioni sanitarie tra cui, in particolare, quella degli infermieri professionali.
Si è così passati da un regime che prevedeva come requisito
di ammissione dieci anni di scolarità più tre anni di corso in una scuola ospedaliera, ad un sistema che, per il conseguimento del diploma
di abilitazione alla professione sanitaria prescelta, richiede il titolo di studio
di scuola media superiore e tre anni di corso di livello universitario
(dal 2001 diploma di laurea).
La prima reazione è stata di nuovo un’improvvisa caduta delle iscrizioni nei corsi delle professioni sanitarie, in particolare quella dell’infermiere,
in quanto a parità di corsi universitari i giovani hanno preferito altre facoltà che avrebbero dato prospettive
di lavoro meno pesante e meglio retribuito.
Due successive leggi del 1999 e del 20007 hanno consentito l’equiparazione
dei precedenti diplomi professionali con quelli nuovi ed hanno stabilito la possibilità di un ulteriore biennio di specializzazione aperto a tutti
i profili sanitari (infermieri professionali compresi) per conseguire la laurea specialistica utile per partecipare
ai concorsi per dirigente nelle rispettive professioni, posizione di recente istituita dalla legge, che rappresenta una novità ed apertura di carriera assolutamente inedita per tale personale.
L’evoluzione dei corsi di studio
e di formazione della professione
V
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infermieristica (e di tutte le altre professioni sanitarie) ha indotto le parti negoziali, con l’accordo delle Regioni, a rivedere la politica salariale
e di carriera del personale interessato.
Così il contratto collettivo nazionale
di lavoro (CCNL) del biennio 2000-2001 ha finanziato il passaggio di tale personale nella categoria superiore 8, prevedendo anche cospicue indennità per particolari compiti di responsabilità, mentre il contratto dei dirigenti ha stabilito le condizioni economiche
ed il rapporto di lavoro della nuova figura dirigenziale delle professioni sanitarie che sarà presto operativa 9. Nel frattempo le Università stanno promuovendo attivamente i corsi per
le professionalità sanitarie, tutti a numero chiuso, con successo per alcune
discipline (come la riabilitazione ed
i tecnici di laboratorio e di radiologia) e con incoraggianti segnali di ripresa per la professione di infermiere.
Infatti in questo caso si è passati
da n. 4.400 iscrizioni del 1997 a n. 10.500
del 2002 su n. 11.619 posti disponibili 10. Un altro intervento legislativo del 2002 11, supportato dal successivo CCNL 12 appena siglato alla fine del 2003, hanno consentito altri interventi economici relativi alla produttività del personale
infermieristico, anche consentendo prestazioni aggiuntive a titolo di attività libero professionale interna nonché benefici di carriera idonei ad incentivare
la permanenza in servizio del personale interessato.
Il CCNL del 2001 e poi la stessa legge del 2002 hanno facilitato il rientro
in servizio del personale sanitario
ritiratosi prematuramente dall’attività lavorativa da non oltre cinque anni, favorendo così, in particolare,
la riassunzione delle donne, categoria più soggetta, tra gli infermieri,
all’abbandono del lavoro per motivi familiari.
Da quanto precede è possibile concludere che il ricorso combinato ai due strumenti - legge e contratto collettivo nazionale di lavoro, dove si esprime
al massimo livello il dialogo sociale tra le parti datoriali ed i sindacati - è
stato un esempio di ottima sinergia che ha consentito di affrontare momenti
critici del settore ospedaliero,
in relazione alla mancanza di personale specie infermieristico, con risposte
tempestive e forti soprattutto per quanto attiene i provvedimenti idonei a migliorare le condizioni economiche del personale delle professioni
sanitarie e rendere più interessante il percorso lavorativo; consentendo prospettive di carriera e di crescita
professionale utili, non solo ad attrarre nuovo personale, ma anche a far desistere il personale in servizio, specie gli infermieri, ad abbandonare
la professione anzi tempo 13.
Altri aspetti, tutti strettamente collegati tra di loro, saranno esaminati
nei successivi punti.
4. RECLUTAMENTO DALL’ESTERO
La legislazione italiana consente il reclutamento, anche in via
permanente, solo del personale non dirigenziale proveniente dai paesi dell’UE secondo le normali regole
vigenti del pubblico concorso e ciò vale anche per il SSN. In questi casi si è
in presenza di una mobilità volontaria ed individuale non dovuta
all’emergenza infermieristica.
E’ anche possibile il reclutamento
di cittadini non comunitari nel rispetto di determinate condizioni che riguardano prevalentemente il riconoscimento
dei corsi di formazione.
Infatti, la posizione di coloro che hanno conseguito il diploma in Italia
o in uno dei paesi della UE o ne hanno già avuto il riconoscimento è differente rispetto a coloro che hanno conseguito il diploma nei paesi non comunitari, per i quali il titolo deve essere equiparato attraverso idonee procedure prima dell’assunzione.
La legge n. 1/2002 ha reso più agile
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il processo di ricognizione dei diplomi conseguiti all’estero, coinvolgendo le Regioni interessate alle assunzioni e, quindi, quelle dove la crisi
infermieristica può essere maggiore. I cittadini non comunitari in possesso del requisito professionale possono essere assunti nella Sanità privata
e pubblica con contratti a termine per il periodo coincidente con il loro permesso di soggiorno ed hanno
gli stessi diritti e trattamento economico previsti per i cittadini italiani dai contratti collettivi di lavoro dei rispettivi settori.
Pertanto, pur in presenza della crisi infermieristica, non esistono accordi governativi con altri paesi stranieri per “ l’importazione” di personale qualificato, sicché non si pongono
problemi di concorrenzialità con i paesi più poveri, essendo la circolazione
del personale determinata unicamente dalla libera espressione della volontà dei lavoratori.
I problemi di integrazione hanno caratteristiche abbastanza fisiologiche e non vi è stata segnalazione di tensioni nei posti di lavoro, oltre tutto perché
si tratta di un numero minimo
di lavoratori rispetto al complesso.
5. VALUTAZIONE PROFESSIONALE DEL PERSONALE E FORMAZIONE PERMANENTE CONTINUA
La legislazione di riforma del SSN dedica particolare attenzione
alla qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie per la tutela dei diritti
dei cittadini. In questo ampio contesto si inseriscono i sistemi di valutazione del personale diretti non solo a rendere erogabili le competenze destinate
alla produttività per il raggiungimento degli obiettivi annuali assegnati,
ma anche a fornire elementi per il miglioramento della qualità
dei servizi e delle prestazioni professionali e per soddisfare i bisogni formativi
del personale interessato.
Anche in questo caso le leggi di riforma ed i contratti collettivi nazionali
di lavoro hanno contribuito a formare un quadro di riferimento generale
abbastanza complesso, la cui realizzazione è affidata alle amministrazioni
di ciascun settore pubblico, ciascuna secondo le proprie esigenze
per evidenti ragioni organizzative. Nel SSN non esiste un monitoraggio che consenta di apprezzare come
i sistemi di valutazione generali siano stati attuati nelle singole aziende sanitarie ed ospedaliere cui tale compito è demandato, mentre
i contratti nazionali di lavoro,
nel rispetto della loro competenza, li hanno utilizzati solo per i limitati
effetti collegati al sistema economico premiante (produttività, incrementi retributivi, etc), nel quale la qualità della prestazione ed il merito
dovrebbero essere gli elementi portanti. Limitare però i sistemi di valutazione solo agli effetti dell’erogazione
del trattamento economico sarebbe del tutto riduttivo, privando questo strumento delle potenzialità di cui è portatore, in quanto - come si evince dal titolo della Conferenza - esso è diretto, anche e soprattutto,
a prevedere una strategia di sviluppo delle capacità operative
e della qualificazione del personale
ai differenti livelli all’interno dell’ospedale. Un tale ampio sistema di valutazione coinvolge anche i dirigenti e si basa
su una metodologia di comunicazione interna idonea a verificare il livello
di professionalità raggiunto dagli addetti per porre rimedio ad eventuali vuoti conoscitivi.
In Danimarca è stato studiato
un modello sperimentale i cui risultati sono stati incoraggianti ed hanno dato luogo ad un manuale.
Gli esiti della sperimentazione dovrebbero costituire uno dei casi
di studio di cui si parlerà nell’apposita sessione della Conferenza.
Nel nostro paese, come si è detto, la legislazione di riforma prevede
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l’introduzione dei sistemi
di valutazione nel loro completo significato ed è particolarmente esplicita per i medici per i quali triennalmente è prevista una verifica sulle attività professionali svolte
ed i risultati raggiunti ivi compreso
il livello di partecipazione, con esito positivo, ai programmi di formazione continua. Tali programmi riguardano anche il personale non dirigenziale delle professioni sanitarie, fatto che
implica anche per essi la verifica sulle attività professionali svolte per
capirne le esigenze di implementazione e sviluppo.
La verifica prescinde dagli aspetti economici ma dal suo esito positivo possono dipendere aspetti di carriera. Un sistema di valutazione così ampio, la cui realizzazione è affidata alle singole
aziende sanitarie ed ospedaliere, stenta ad affermarsi con carattere
di generalità, dovendosi scontrare con forti resistenze interne.
Del resto il processo di riforma è recente (questa parte è stata modificata nel 1999 ed avrebbe dovuto produrre
i primi effetti nel 2002) e la materia dovrebbe essere regolata, in via sperimentale, anche con interventi
di coordinamento regionale, trattandosi di aspetti organizzativi comuni
delle stesse aziende. Potrebbe facilitare il sistema di valutazione
delle professionalità anche la diversa organizzazione interna del lavoro, basata sul raggiungimento
degli obiettivi e, quindi, sul lavoro di squadra che - coinvolgendo
in un sistema di responsabilità connesse i dirigenti ed i loro collaboratori a tutti
i livelli – dovrebbe comportare la messa in comune delle conoscenze
e la possibilità di sviluppo delle capacità professionali e di iniziativa dei singoli operatori.
Anche questo modello organizzativo,
introdotto dalla legge di riforma del pubblico impiego e favorito
dai contratti collettivi, non è decollato con carattere di generalità, specie
nel settore delle professioni sanitarie dove intervengono altri fattori, anche di carattere personale, ad impedire
il processo di comunicazione interna. Del resto i principi della riforma,
che ha reso i medici dirigenti, ed il cambiamento intervenuto
nel percorso formativo del restante personale delle professioni sanitarie implicano, per tutti gli operatori –
dirigenti o non -, un forte cambiamento culturale né semplice né agevole
da attuarsi in breve tempo.
Sempre la legislazione di riforma,
con le modifiche del 1999, ha introdotto anche l’obbligo della formazione continua che comprende
l’aggiornamento professionale e la formazione permanente.
Il primo diretto ad adeguare per tutto l’arco della vita lavorativa
le conoscenze professionali, la seconda comprendente tutte le attività
finalizzate a migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche
e manageriali ed i comportamenti degli operatori sanitari in relazione al progresso scientifico.
La regolazione ministeriale prevede – attraverso appositi programmi formativi regionali ed aziendali - l’acquisizione di crediti formativi nel triennio per
i medici e per tutte le altre professioni sanitarie dirigenziali e non,
e l’eventuale mancato rispetto è sottoposto a sanzione.
Le aziende sanitarie ed ospedaliere, dopo il CCNL siglato l’11 dicembre 2003 (ancora in corso di approvazione), dovranno garantire la formazione continua (ritenuta obbligatoria)
al personale non dirigenziale
delle professioni sanitarie nell’ambito delle risorse stanziate.
Agevolazione di non poco conto ai fini economici e di carriera.
Le considerazioni svolte inducono a concludere che la legislazione di riforma ed il dialogo sociale,
attraverso la contrattazione nazionale,
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hanno fornito al nostro paese
una ricchezza di principi e strumenti per la valutazione ed il miglioramento della qualificazione del personale, forse più avanzati della realtà operativa che deve metterli in funzione.
Solo una sistematica organizzazione di tali strumenti attraverso forme
di sperimentazione finalizzate potrà produrre risultati attendibili da valutare con un attento monitoraggio che,
in seguito, consenta di estendere nella pratica gli esempi positivi.
6. L’INVECCHIAMENTO DELLA FORZA LAVORO CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO AL SETTORE OSPEDALIERO
L’argomento dell’invecchiamento della forza lavoro ha guadagnato
una crescente importanza nella politica europea dopo i rapporti demografici degli ultimi anni.
In linea con l’andamento demografico, in molti paesi europei si verifica
una crescente mancanza di personale qualificato nel settore ospedaliero, destinata ad aumentare per
l’invecchiamento degli addetti.
Il rapido mutamento della struttura dell’età della forza lavoro in Europa rende necessario un cambiamento nelle strategie di utilizzo delle risorse umane che ha particolari implicazioni nel settore ospedaliero, poiché
la qualità delle prestazioni nel settore si dovrà basare, in parte,
sulle prestazioni e produttività
di un personale che sta invecchiando e, dall’altra, sull’utilizzazione efficace
dei lavoratori anziani ed esperti che devono essere trattenuti in servizio con incentivi.
Governi e parti sociali in Europa hanno iniziato a rivedere le loro politiche
riguardo a tale materia anche
in relazione alla futura provvista di personale ed allo stesso tempo i lavoratori, a metà della loro vita lavorativa, sono più consapevoli del bisogno di migliorare la loro posizione mediante altri impieghi ed opportunità di carriera,
con il superamento delle
discriminazioni dovute all’età.
Il problema è collegato con quanto trattato nel punto 3 dove abbiamo esaminato le norme, anche contrattuali, del settore sanitario dirette ad evitare nel nostro paese il prematuro
abbandono dei posti di lavoro da parte di personale professionale esperto
e sul quale sono stati effettuati investimenti formativi, fornendogli prospettive di carriera e condizioni economiche più soddisfacenti.
Un altro aspetto dello stesso problema è l’utilizzo del personale più anziano ed esperto in altre attività come,
ad esempio, nella formazione
dei giovani operatori o per prevenire mancanza di personale.
Questa tematica richiede un approccio multi -disciplinare e coordinato che coinvolge i Governi e le parti sociali per rinvenire strumenti idonei
a regolare il fenomeno, evitando che l’invecchiamento della forza lavoro produca gli effetti negativi sopra indicati ed intervenendo in varie direzioni soprattutto per introdurre
misure idonee a combattere le barriere rappresentate dall’età.
In Italia, sotto questo aspetto, abbiamo una legislazione al passo con i tempi dal momento che nel pubblico
impiego, compreso quello del settore sanitario ospedaliero, da diversi anni è stato abolito il limite di età per
la partecipazione ai concorsi pubblici, favorendo in tal modo anche l’impiego di personale non più giovane che
decide di entrare per la prima volta o rientrare nel mondo del lavoro. Leggi e contratti hanno reso,
in generale, possibile anche il rientro in servizio di personale, che
precedentemente lo aveva abbandonato (per gli infermieri vedi punto 3), mentre per l’accesso alla formazione continua obbligatoria, per il personale
delle professionalità sanitarie
in servizio, non vi sono discriminazioni
IX
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dovute all’età, anzi l’aggiornamento professionale del personale più anziano è considerato particolarmente importante soprattutto dopo
il cambiamento dei percorsi formativi (vedi punto 5).
Analogamente non vi sono preclusioni alla carriera interna dovute all’età, essendo tali progressioni legate
al merito ed alla professionalità acquisita.
L’introduzione di flessibilità come il part–time costituisce un altro
strumento generale che può venire
incontro alle esigenze del lavoratore più anziano con la riduzione dell’orario di lavoro e l’uscita dai turni notturni, agevolandone la permanenza
in servizio ma, in realtà, questa opportunità è utilizzata soprattutto dalle donne giovani con carichi
di famiglia ovvero da lavoratori in situazioni di disagio sociale.
Nel settore sanitario è possibile concedere il part–time a non più del 25% dei lavoratori, calcolato
sulla dotazione organica complessiva e poi ripartito tra i profili.
E’ possibile un ulteriore incremento del 10%, da valutarsi in azienda,
in considerazione di particolari situazioni familiari e sociali.
Tuttavia l’applicazione di questa flessibilità - collegata alla mancanza di infermieri – determina, in alcune realtà ospedaliere già in crisi, l’aggravamento della situazione,
imponendo maggiori turni agli altri dipendenti per assicurare il servizio. Solo nel settore privato sono previste specifiche regole che consentono
al personale più anziano, nell’ultimo periodo della attività lavorativa,
di chiedere il passaggio al part–time
invece di accedere al pensionamento anticipato.
Un’altra possibilità esistente in questo settore prevede che il dipendente, pur avendo inoltrato la richiesta di andare
in pensione da una certa data, continui a lavorare a tempo pieno senza pagare più i relativi contributi.
Il vantaggio è duplice: per gli istituti previdenziali che pagheranno
la pensione posticipatamente su quanto già maturato al momento
della domanda; per il lavoratore che riceverà una retribuzione netta e, quindi, più elevata, per l’ulteriore periodo di permanenza in attività.
La regola non è applicabile ancora nel settore pubblico e sarà probabilmente trattata nell’ambito
della nuova legge delega sulle pensioni in discussione al Parlamento.
I contratti collettivi nazionali contengono, inoltre, norme (non specifiche per
gli infermieri ma riguardanti tutto il personale) idonee a garantire
il recupero in attività dei dipendenti in condizioni fisiche parzialmente
ridotte, prevedendone l’utilizzo
nelle medesime mansioni ma in servizi di minor aggravio (dove non sono previsti turni notturni), coerenti
con lo stato di salute e la professionalità raggiunta quali - per gli infermieri -
le attività ambulatoriali, l’assistenza domiciliare, le attività didattiche.
Possiamo, dunque, affermare, in conclusione, che esiste già
un insieme di regole atto a tutelare
i lavoratori non più giovani ma si tratta di tutele generali del rapporto di lavoro valide per tutti. Il cambiamento che viene richiesto dal problema esaminato nella Conferenza con riguardo
al settore ospedaliero, esige, ora, un uso strategico e sistematico degli strumenti esistenti, finalizzato
ad affrontare con misure appropriate l’invecchiamento della forza lavoro
in tale settore specifico, tanto più in previsione di un innalzamento dell’età pensionabile.
7. CONCLUSIONI
I temi affrontati dalla Conferenza sono, come si è visto, strettamente connessi l’uno con l’altro essendo le facce
di una stessa medaglia.
L’esperienza italiana è ricca di strumenti
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che devono essere coordinati tra di loro per una migliore e razionale
utilizzazione ed, in materia di rapporto di lavoro, ciò è possibile, in grande misura, anche attraverso la contrattazione ed il dialogo sociale nazionale.
I cambiamenti demografici e tecnologici in atto, la gravosità delle professioni sanitarie, specie quella infermieristica, la durata dei corsi per il conseguimento della laurea (che collegata alle maggiori opportunità di lavoro esistenti nei paesi più ricchi determinano la carenza
di personale), il reclutamento
dall’estero, l’allargamento della UE ad altri paesi richiedono un confronto sempre più stretto tra le varie
esperienze nazionali per riflettere, in ordine a temi generali comuni di grande respiro, sull’esigenza
di strategie e politiche di gestione delle risorse umane nel settore ospedaliero.
Infatti anche una buona legislazione nazionale o contrattuale di avanguardia deve essere aggiornata alla luce delle nuove realtà operative emergenti nell’UE. La Conferenza del 2 – 3 febbraio 2004, con l’ approfondimento dei temi comuni proposti all’attenzione,
fornisce ai partners sociali di livello europeo una opportunità
di conoscenza dei problemi emergenti nel settore ospedaliero dei vari paesi, per la cui soluzione sarebbe utile pervenire, attraverso un lavoro concertato e coordinato delle stesse parti sociali, ad orientamenti idonei
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a suggerire nuove e comuni modalità di approccio.
NOTE
1 L’EPSU è la sigla della Federazione europea dei sindacati delle pubbliche amministrazioni (European Federation of Public Service Unions). Il CEEP è la sigla del Centro Europeo delle imprese a partecipazione pubblica e delle imprese di interesse economico generale. L’ARAN è iscritta al CEEP per la sezione italiana.
2 In questa seconda Conferenza è stato coinvolto anche il CEMR (Centro europeo delle municipalità e regioni) che da tempo partecipa al dialogo sociale settoriale.
3 Le considerazioni del testo sono tratte dalla dichiarazione finale dei lavori della Conferenza del 2002.
4 DPR.nn. 483 e 484 , entrambi del 1997, per la dirigenza e DPR n. 220 del 2001, per il restante personale.
5 Le assunzioni a tempo determinato di cui si parla sono quelle mediante avviso pubblico in cui la selezione avviene sulla base dei titoli del curriculum e quelle dell’art. 15 septies del d.lgs. 502 del 1992, di riforma del SSN. Le flessibilità del rapporto di lavoro, in genere, sono state previste dall’art. 35 del dlgs. 165 del 2001, testo unico della riforma del pubblico impiego, iniziata nel 1993 e realizzate nel CCNL integrativo del 20 settembre 2001.
6 Si tratta del DPR 384 del 1990, ultimo contratto di natura pubblicistica prima della riforma.
7 Rispettivamente la n. 42 e la n. 251. 8 Il personale è classificato in quattro
categorie. I profili sanitari sono passati dalla
categoria C alla D.
9 Si tratta dell’ipotesi di CCNL integrativo del contratto del 2000, siglato il 7 maggio 2002 ed in corso di sottoscrizione definitiva.
10 Per comprendere le dimensioni del fenomeno occorre sapere che su un complesso di n. 329.620 unità di personale delle professioni sanitarie non dirigenziali,
n.267.509 sono infermieri professionali. La caduta delle iscrizioni ha, quindi, effetti molto gravi per il reclutamento di detto personale.
11 Legge n. 1 del 2002, prorogata con d.l. 355
del 2003.
12 Si tratta del CCNL valido per il quadriennio 2002 – 2005 per la parte normativa e per il biennio 2002 – 2003 per la parte economica. IL contratto è ancora in corso di approvazione essendo stato siglato l’11 dicembre 2003.
13 Va, infine, sottolineato che la crisi infermieristica in Italia è sentita di più al nord che al sud dove si rinvengono anche infermieri professionali in attesa di concorso. La ragione è chiara. Al nord esistono maggiori possibilità di lavoro specie nel settore privato certo migliori di quelle offerte dal SSN, motivo che spinge i giovani a scegliere facoltà diverse. Nel sud le possibilità di lavoro nel settore privato sono inferiori e, quindi, il settore pubblico rappresenta ancora una buona occasione anche se gli stipendi non sono elevati ma non tanto da consentire la mobilità dei lavoratori del settore verso il nord Italia ove il costo della vita è sostenuto.
Diversa è la situazione del personale medico e delle altre professionalità sanitarie divenute dirigenti dopo la riforma del 1992. Per esse si registra un eccesso di disponibilità, parzialmente governato dal numero chiuso alle Università e dalla necessità di conseguire il titolo della specializzazione prima di essere assunti in ospedale.
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