ISSN 1123-5055
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Pubblicazione trimestrale
Anno XXXIV
3/2018
Contratto e impresa
Dialoghi con la giurisprudenza civile e commerciale
RIVISTA FONDATA DA XXXXXXXXX XXXXXXX
Tariffa R.O.C Poste Italiane s.p.a.- Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. I, comma I, DCB Milano
• Le regole europee sul trattamento dei dati personali
• Regolamentazione finanziaria e responsabilità civile
• Obbligazione e contratti
Nullità contrattuale e limiti all’autonomia privata Restituzioni e rimedi contrattuali
Ancora sulle clausole claims made
Acquisto progressivo della proprietà immobiliare
• Impresa e società
Fusione e scissione eterogenee di società cooperative
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DIBATTITI
Autonomia privata e limiti alla disponibilita` della nullita` contrattuale
1. – Disponibilita` della nullita` ed etero integrazione del contratto nullo: l’ambito dell’indagine
Il contratto nullo per essere cosı` qualificato si connota, a differenza di quello inesistente, per avere caratteristiche tali che ne consentano la rico- noscibilita` sociale come contratto. La dottrina per anni si e` confrontata sul tema dei connotati minimi necessari per consentire la qualificazione in termini di nullita` del contratto; dibattito solo in apparenza di rilievo esclu- sivamente dogmatico giacche´ dalla qualificazione in concreto della fatti- specie in termini di contratto nullo, e non in termini di contratto inesi- stente, puo` conseguire l’attitudine della stessa a creare situazioni di appa- rente titolarita` e, quindi, ad essere fonte di affidamento precario delle parti in buona fede e dei terzi (Il riconoscimento, nell’ipotesi di contratto nullo, di uno spazio minimo di tutela dell’affidamento per le parti ed i terzi, si giustifica in ragione del fatto che il contratto nullo, a differenza di quello inesistente, puo` essere socialmente percepito come un contratto valido. Cio` accade allorquando sussistono quei requisiti minimi che consentano di individuare almeno la sussistenza di un accordo finalizzato ad uno scambio economico oppure all’assunzione di un impegno economicamente valuta- bile anche se, con riferimento al caso specifico, posto in violazione di un divieto dell’ordinamento o, piu` in generale, di norma precettiva o proibi- tiva di natura imperativa. Sul punto, con una certa chiarezza, DI MARZIO, La nullita` del contratto, Padova, 2008, p. 42 s.; e, per maggiori approfon- dimenti, v. FILANTI, Inesistenza e nullita` del negozio giuridico, Napoli, 1983, passim).
Aggiungasi che l’ordinamento, in ragione di tale affidamento ma anche del principio di conservazione dell’attivita` giuridica, riconosce al contratto nullo, non a quello inesistente, un’efficacia strumentale per l’idoneita` di esso a divenire parte integrante, integrandone la struttura, di fattispecie complesse, produttive di effetti, sia pure diversi da quelli che sarebbero originati dal contratto laddove fosse stato valido.
Di qui la giuridica rilevanza del contratto nullo (sia pure come fatti- specie distinta da quella del contratto valido) rispetto al quale, in talune
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ipotesi, l’ordinamento consente perfino all’autonomia privata di interveni- re con efficacia dispositiva della nullita`, senza nel contempo contraddire, per lo meno a parere di chi scrive, alla regola codicistica dell’insanabilita`, tramite convalida (1423 c.c.), riferibile, senza eccezioni, quantomeno al caso delle nullita` c.d. tradizionali [A tal riguardo e` noto l’orientamento assolutamente prevalente che riduce la riserva contenuta nell’art. 1423 c.c. ad una mera formula di rinvio, priva di un reale contenuto normativo, pur non negando che una serie di norme e comportamenti della prassi aprono brecce significative verso il recupero del contratto nullo nel sistema giuri- dico. Come e` noto le nullita` di protezione a legittimazione relativa, in ragione della loro strumentalita` rispetto alla tutela del contraente destina- tario della disciplina di protezione, hanno indotto una parte della dottrina ad ipotizzare la sussistenza di un potere di convalida da parte di quest’ul- timo; e, xxxxxx`, si e` sostenuto, con riferimento alle nullita` di cui all’art. 36
c. cons., che poiche´ la trattativa individuale vale ex ante ad escludere la vessatorieta` della clausola, sarebbe irragionevole “denegare un (pari) va- lore validativo al contegno (successivo) del consumatore che sia espressio- ne di una consapevole volonta` sanante”, in tal senso PAGLIANTINI, La nullita` di protezione tra rilevabilita` d’ufficio e convalida: lettere da Parigi e dalla Corte di Giustizia, in Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, a cura di Xxxxx Xxxxx, Milano, 2010, vol. II, p. 1255].
In queste pagine si tentera` di ricostruire talune piu` significative ipotesi in cui cio` si verifica individuando nel contempo i limiti che lo stesso ordinamento pone sia alla disponibilita` del rimedio che al recupero del contratto nullo, anche quale segmento necessario di altre fattispecie com- plesse [Con argomentazioni convincenti e condivisibili si e` affermato (MANTOVANI, Le nullita`e il contratto nullo, in Trattato del contratto diretto da Xxxxx, a cura di Xxxxxxx, Milano, 2006, p. 139) che il “recupero” del contratto nullo non necessariamente si traduce in una eccezione al divieto di convalida, trovando piuttosto migliore collocazione tra le eccezioni alla regola non scritta della assoluta improduttivita` di effetti di esso. Come ebbi ad osservare nel saggio La recuperabilita` del contratto nullo, in Nota- riato, 2009, n. 2, se riferito al contratto nullo il termine “recupero”, ben- che´ atecnico, generico e polisenso, senz’altro induce, sul piano descrittivo, l’idea del superamento di una condizione di negativita` dell’atto di auto- nomia privata. In altre parole il termine recupero suggerisce un approdo del contratto nullo nel sistema giuridico e, cosı`, per usare una metafora ispirata dal termine, il superamento delle acque infide e delle nebbie dell’irrilevanza giuridica]. Tema quello della conservazione del vincolo contrattuale affetto da nullita` che, peraltro, appare di sempre maggiore
attualita` anche in ragione del recente reiterarsi di arresti giurisprudenziali, perfino delle sezioni unite, su delicate questioni [da ultimo in materia bancaria (Cass., sez. un., 16 gennaio 2018, n. 898, in Quotidiano giuridico, 2018) e locatizia (Cass., sez. un., 9 ottobre 2017, n. 23601, in Contratti, 2018, 2, 25)] involgenti la possibilita` del recupero al sistema del contratto nullo attraverso modalita` successive alla sua stipulazione, giacche´ ritenute idonee a realizzare comunque gli interessi sottesi alla prevista nullita`.
2. – I limiti alla disponibilita` dell’azione di nullita` e del giudicato di nullita`
La giurisprudenza in una delle pochissime decisioni edite sul tema della disponibilita` dell’azione di nullita` e del relativo giudicato ha afferma- to che «se e` vero che il negozio giuridico nullo non e` convalidabile, e` pero` anche vero che la parte interessata puo` rinunciare all’azione di nullita` cosı` come puo` rinunciare al giudicato di nullita`, dovendosi configurare queste rinunce come atti di disposizione della situazione sostanziale legittimante all’azione di nullita`. Esse rinunce comportano indirettamente l’impossibi- lita` di divenire titolare dei diritti che eventualmente deriverebbero dalla suddetta situazione sostanziale, ma non possono configurarsi quali rinunce a diritti futuri» (Cass., 8 settembre 1977, n. 3925, in Mass. Giur. It., 1977. Nella fattispecie esaminata la Corte ha ritenuto valida la rinuncia del terzo agli effetti del giudicato di nullita` di un contratto per simulazione assoluta, ed ha, conseguentemente, ritenuto che, per effetto del detto contratto, alcuni diritti reali non fossero venuti a far parte di un’eredita` successiva- mente acquistata dal rinunciante; senza che, con cio`, la rinuncia al giudi- cato potesse configurarsi come rinuncia ad un’eredita` futura).
Precedentemente, con altra pronuncia, la Cassazione aveva evidenziato che «la indisponibilita` dell’esistenza di una causa di nullita` non impedisce al soggetto che ha proposto la domanda diretta alla relativa declaratoria, di rinunziare alle situazioni soggettive cui si ricollegano l’interesse e la legit- timazione all’azione proposta e, quindi, di determinare la cessazione della materia del contendere». Coerentemente con tali premesse precisava, quindi, che il potere del giudice di dichiarare d’ufficio la nullita` di un contratto o di un atto negoziale viene meno in presenza di una causa che determina la cessazione della materia del contendere.
In altri termini, anche alla luce dei precedenti citati, sembra potersi concordare con chi sostiene che «non sussista un nesso di correlazione necessaria tra insanabilita` dell’atto ed indisponibilita` successiva della azio- ne» (XXXXXXXXXX, Note critiche in tema di sanabilita` e rinunziabilita` delle nullita` di protezione, in Persona e Mercato, 2012, 1, 28, che ulteriormente
evidenzia che l’insussistenza della correlazione necessaria tra insanabilita` dell’atto ed indisponibilita` successiva dell’azione trova conferma nelle fat- tispecie in cui sia configurabile una annullabilita` assoluta del negozio che non e` suscettibile di convalida ma che e`, invece, suscettibile di rinunzia all’azione) e, quindi, che la regola della inconvalidabilita` del contratto nullo non esclude sia la disponibilita` dell’azione di nullita` [Analogamente, di recente, XXXXXXXXXX, op. cit., 28, che condivisibilmente sottolinea che
«altro e` la suscettibilita` o meno di sanatoria, altro (...) la disponibilita` negoziale, per il soggetto legittimato ad esperirla, dell’azione di nullita`»], attraverso un atto di rinuncia all’azione medesima, sia la disponibilita` del giudicato relativo alla quaestio nullitatis giacche´ tali atti dispositivi finisco- no per sostanziarsi in atti abdicativi della situazione sostanziale posta, sotto il profilo dell’interesse, a fondamento dell’azione esperita.
Tuttavia quanto innanzi ha ricadute diverse a seconda che, nella fatti- specie concreta, sia ravvisabile la sussistenza di una nullita` assoluta oppure di una nullita` relativa. Ed infatti, solo nella seconda ipotesi la circoscritta legittimazione all’azione consente di affermare che, laddove l’unico sog- getto legittimato rinunci all’azione di nullita` o al giudicato formatosi sulla quaestio nullitatis, tale atto dispositivo, in quanto comportante la rinunzia del diritto in contesa e, quindi, alle situazioni soggettive cui si ricollegano l’interesse e la legittimazione all’azione, finisca in buona sostanza per de- terminare una forma di “sanatoria” della nullita`, non residuando altri soggetti nella titolarita` dell’interesse alla proposizione dell’azione.
Non cosı`, invece, nell’ipotesi di nullita` assoluta; in questo caso l’even- tuale rinuncia all’azione di nullita`, effettuata da uno dei possibili legitti- mati, non esclude che la quaestio nullitatis possa essere fatta valere da altro soggetto che, comunque vi abbia interesse.
Appare, allora, di tutta evidenza il limite al potere dispositivo del rinunciante che, in ipotesi di nullita` assoluta, non comporta la coincidenza tra la dismissione della situazione sostanziale legittimante all’azione di nullita` ed una sostanziale sanatoria del vizio per sopravvenuta insussistenza dell’interesse alla declaratoria di nullita` dell’atto.
Aggiungasi che nella ricorrenza di una nullita` assoluta l’effetto diri- mente puo` essere determinato anche dal giudice nell’esercizio dei suoi poteri officiosi, il che, invece, non puo` verificarsi laddove ricorra una nullita` relativa ove la legittimazione circoscritta esclude, per le nullita` tradizionali, l’esercizio dei poteri officiosi, mentre per le nullita` di prote- zione ne ammette l’esercizio purche´, pero`, cio` non contrasti con l’interesse del consumatore. Contrasto che diverrebbe palese nell’ipotesi in cui questi
abbia rinunciato all’azione di nullita` proposta od al giudicato sulla quaestio nullitatis.
In ogni caso, la rinuncia, per essere validamente effettuata, deve ri- guardare un diritto attuale a fare valere la nullita`, non puo` quindi confi- gurarsi in patti o negozi unilaterali conclusi prima o, piu` probabilmente, coevamente al contratto nullo.
Nell’ambito delle nullita` di protezione merita pero` una riflessione a parte l’ipotesi, pur presente in varie disposizioni, in cui il legislatore non abbia contemplato una specifica limitazione circoscritta al contraente de- bole della possibilita` di fare valere la nullita`. Esempi del genere si trovano nel codice del consumo, ove l’art. 143 dispone l’irrinunciabilita` dei diritti del consumatore e la nullita` di ogni pattuizione in contrasto con le dispo- sizioni del codice, ma anche, nei rapporti tra imprese, negli artt. 2, 6, 9 della l. n. 192 del 1998 e nell’art. 7 d.lgs. n. 231 del 2002.
Ipotesi tutte ove il carattere non esplicitato del carattere unidirezionale della nullita` apre il problema della possibile legittimazione assoluta all’a- zione, seguendo la regola generale contenuta nell’art. 1421 c.c., con la conseguenza, rispetto al tema qui affrontato, che la rinuncia all’azione da parte del contraente destinatario diretto della normativa di protezione non sarebbe sufficiente ad escludere che altri, comunque interessati al prodursi dell’effetto dirimente, possano fare valere la nullita`.
La questione, peraltro, ha rilevanti ricadute operative, anche in ambito specificamente notarile: infatti, non v’e` chi non veda che l’escludere la legittimazione relativa – riservata al contraente debole – quale carattere necessariamente proprio delle nullita` di protezione, significa ridurre dra- sticamente il carattere dispositivo delle nullita` in questione e, quindi, lascia spazio alla possibile applicazione dell’art. 28 l. not. nonche´, di conseguen- za, alla stessa possibilita` per il notaio di rifiutare la stipula del contratto che si presenti in contrasto con le previsioni di cui innanzi. Sotto il profilo pratico cio` finirebbe di fatto per privare il contraente debole dell’accesso stesso al contratto e quindi della possibilita` di ottenere il bene o il servizio di cui ha bisogno, equiparando cosı` la nullita` protettiva ad una nullita` di tipo tradizionale con una consequenziale indebita negazione delle peculia- xxxx` che sotto il profilo degli interessi in gioco, nella loro complessiva graduazione, connotano e differenziano profondamente le prime dalle seconde.
Il problema non e` di facile soluzione, ed infatti, si e` giustamente
rilevato (POLIDORI, Nullita` di protezione e sistematica delle invalidita` nego- ziali, Napoli, 2016, p. 48) che se da un lato si deve negare alle nullita` di protezione il connotato riduttivo di eccezioni al modello tradizionale della
nullita` come indicato nel codice civile, dall’altro neppure sarebbe corretto
«cedere alla tentazione di istituire una corrispondenza necessaria fra fina- lita` protettive della patologia e legittimazione (in ogni caso) riservata al contraente debole», giacche´ osta a questo automatismo la eterogeneita` dei contesti applicativi che fanno da sfondo alle nullita` di protezione in ragio- ne della complessita` degli interessi dalle stesse tutelati. Ed e` proprio in ragione della possibile tutela di tali interessi ultronei rispetto a quello principale e diretto del contraente debole che puo` porsi il problema di una legittimazione allargata a farli valere residuando, all’esito della rinun- cia all’azione da parte del contraente debole, oppure in conseguenza del- l’immobilismo di quest’ultimo, l’interesse e quindi la legittimazione a sol- levare la quaestio nullitatis da parte di terzi che dal contratto ricevano un pregiudizio, sia pure riflesso.
Tale eventualita`, pero`, non muta la posizione del notaio in relazione alla stipulazione di contratti contenenti nullita` di protezione sia pure con- notate da legittimazione assoluta a fare valere l’effetto dirimente; ed infatti, ritenere che nell’ipotesi in questione il notaio dovrebbe rifiutare il proprio magistero, incorrendo, in mancanza, nelle sanzioni di cui all’art. 28 l. not., significa non tenere conto della considerazione che in ogni nullita` di pro- tezione, a legittimazione relativa od assoluta che sia, la previsione civilistica della nullita` ha funzione essenzialmente rimediale in quanto per lo piu` mira alla conservazione del contratto mondato della clausola o del patto con il quale si concreta l’abuso in danno del contraente debole. Non a caso e` molto spesso contemplata la necessaria parziarieta` dell’effetto dirimente. Come si e` efficacemente detto la nullita` e` nel contratto non del con- tratto, perche´ la vigenza dello stesso, anche all’esito dell’esperita nullita`, e` da un lato essenziale per la tutela del destinatario della normativa di protezione, dall’altro e` lo strumento piu` efficace per perseguire la tutela generale del mercato, restituendo ad esso un contratto non piu` abusivo, e, nel contempo, penalizzando/sanzionando cosı` il predisponente che, suo malgrado, si trovera` vincolato da un contratto che, in quanto carente dei patti con i quali e` stato realizzato l’abuso in danno del contraente debole, e` divenuto non piu` conveniente (in definitiva il mantenimento in vita del contratto deprivato della clausola vessatoria e` funzionale al perseguimento anche dell’ulteriore, benche´ succedaneo, obiettivo di moralizzazione del mercato proprio in quanto atto a penalizzare il predisponente per il quale non rappresenta certamente un deterrente la nullita` dell’intero contratto quanto, piuttosto, che esso permanga in essere senza quelle clausole ves- satorie sulla cui vigenza ed operativita` aveva, invece, fatto affidamento e
costruito la sua offerta commerciale).
In altri termini il funzionamento dei meccanismi di tutela sottesi alle nullita` protettive necessitano della stipula del contratto, perche´ solo da tale vicenda, che assicura alla parte debole l’accesso ai beni o servizi di cui necessita, possono nascere i correttivi, i rimedi a tutela tanto della parte o dei terzi che da quel contratto o da quei patti subiscono pregiudizio, quanto del mercato.
Le esposte considerazioni, tuttavia, non escludono che nella ricorrenza di nullita` di protezione a legittimazione assoluta, laddove tale connotato sia confermato da una lettura in chiave finalistica della previsione di nullita` e non sia supinamente desunta a contrario dalla sola carenza di una espressa legittimazione relativa, la rinuncia all’azione o al giudicato sulla nullita` effettuata dal contraente debole non comportera` alcuna sanatoria di fatto della fattispecie giacche´ residuera` pur sempre la legittimazione a far valere la nullita` da parte dei terzi interessati.
Non parimenti potra`, invece, ritenersi sussistente la legittimazione dello stesso contraente che, abusando del proprio potere contrattuale, conseguenza per lo piu` della propria supremazia economica, abbia impo- sto il patto nullo, di cui successivamente intenda liberarsi per sopravvenute convenienze economiche.
Va da se´ che tale paradossale conseguenza se sarebbe in astratto congruente con una legittimazione assoluta a fare valere la nullita`, nel contempo cozzerebbe irrimediabilmente con una lettura in chiave finali- stica e rimediale delle nullita` di protezione che consente di affermare che con esse si vuole dare un supplemento di tutela ai soggetti destinatari della finalita` protettiva assicurandogli, successivamente alla conclusione del con- tratto e, poi, nel processo, una posizione di vantaggio rispetto al contraen- te che abusi del proprio potere negoziale; posizione di vantaggio inconci- liabile con la possibilita` che della nullita` si avvalga, per una sopravvenuta convenienza, lo stesso contraente che l’abbia predisposta ed imposta.
Come si e` opportunamente messo in rilievo (POLIDORI, Nullita` di protezione e sistematica delle invalidita` negoziali, cit., p. 50 s.), per scon- giurare tale evenienza, frutto della meccanica operativita` del precetto nor- mativo, ben puo` applicarsi alla fattispecie in questione la exceptio doli generalis al fine di escludere detta operativita` ogni qual volta essa sia connotata da contrarieta` alla buona fede e conduca a risultati sostanzial- mente iniqui, considerati gli interessi in gioco.
In tale contesto non puo` escludersi che l’eccezione in questione, poi- che´ posta a presidio di un principio generale del sistema normativo che impone al giudice il controllo non solo sulla fondatezza formale del diritto ma anche sul carattere non abusivo del suo concreto esercizio, possa essere
fatta valere anche d’ufficio ogni qual volta dalle emergenze probatorie acquisite agli atti del giudizio risulti evidente il contrasto tra la pretesa formalmente corretta e le esigenze di giustizia sostanziale che ne impon- gano, invece, il rigetto in ragione della sua abusivita` in concreto.
3. – Il problema della disponibilita` delle nullita` di protezione alla luce del contegno processuale del contraente protetto
Il processo e le sue dinamiche evocano ulteriori questioni relativamen- te alla disponibilita` delle nullita` di protezione ed alla rilevanza anche ai fini sostanziali del contegno processuale assunto dal contraente protetto.
Il tema e` divenuto di particolare attualita` all’esito di talune pronunzie della Corte di Giustizia della CE che condizionano il rilievo d’ufficio delle nullita` di protezione a legittimazione relativa all’interpello preventivo del consumatore escludendo che la nullita` possa essere dichiarata qualora questi, all’esito dell’informazione ed interpello ricevuti, vi si opponga (X. xxxxx. Ce, 4 giugno 2009, C-243/08, in Contratti, 2009, 12, p. 1115 ss., con nota di XXXXXXXXXX, La rilevabilita` d’ufficio condizionata della nullita` di protezione: il nuovo “atto” della Xxxxx xx Xxxxxxxxx; X. xxxxx. Xx, 00 dicem- bre 2009, C-227/08).
Il primo caso prospettabile e` quello in cui il contraente destinatario della disciplina di protezione, all’esito della indicazione da parte del giu- dice, in virtu` dei propri poteri officiosi, di una possibile nullita` di una clausola in odore di vessatorieta`, o dichiari che non intende invocarne la natura abusiva e non vincolante o nulla dica al riguardo ma si difenda nel merito.
La seconda ipotesi prospettabile concerne il caso in cui il consumatore radichi la controversia in conformita` alla clausola abusiva che, in tesi, gli sarebbe sfavorevole. Ad esempio qualora la clausola indichi quale foro esclusivo competente per le controversie quello del professionista ed il consumatore, in veste di attore, incardini la causa presso detto foro, op- pure, convenuto in giudizio dal professionista nel foro ove ha il domicilio o la residenza, eccepisca l’incompetenza del giudice adito, invocando a so- stegno dell’eccezione spiegata l’applicazione della clausola che deroga al foro del consumatore, contenuta nel contratto.
La terza ipotesi nella quale il consumatore, convenuto in giudizio dal professionista che invochi l’applicabilita` di una clausola vessatoria, riman- ga contumace.
Sono tutti casi, quelli prospettati, in cui c’e` da interrogarsi su quale ricaduta sostanziale abbiano detti comportamenti processuali del consu-
matore ed in che misura essi finiscano per poter configurare una convalida espressa o tacita della nullita`, o, comunque, una forma di sanatoria di essa.
Ovviamente le soluzioni prospettabili non possono essere univoche per la casistica sopra rappresentata: ed infatti, deve concordarsi, per il caso della contumacia, con chi ha posto in evidenza l’opacita` del compor- tamento del contumace (PAGLIANTINI, Nullita` virtuali di protezione?, in Contratti, 2009, p. 1040; ID., La nullita` di protezione tra rilevabilita` d’uffi- cio e convalida, in Persona e mercato, 2009, I, 28; ma v. anche X. X’XXXX- XXXXXX, Sui rapporti tra la sentenza Xxxxxxx Xxxxx e gli artt. 817, comma 2, ed 829, n. 1, c.p.c., in Riv. Arb. 2006, p. 693); detto comportamento, com’e` noto, non equivale ad alcuna manifestazione di volonta` favorevole alla pretesa di controparte e lascia del tutto inalterato il substrato di contrap- posizione su cui si articola il contraddittorio anche per quel che concerne i fatti costitutivi della domanda.
Dunque, non puo` riconoscersi alla contumacia un indice della volonta`, sia pure implicita, del consumatore di non volere impugnare la clausola abusiva.
E` senz’altro da escludere, pertanto, che da tale scelta processuale del
consumatore possa conseguire una qualsivoglia valenza di convalida tacita della clausola in odore di vessatorieta`.
L’altra ipotesi prospettata e` quella in cui il consumatore, benche´ in- terpellato dal Giudice circa l’intenzione di invocare o meno la natura abusiva della clausola, nulla dica al riguardo e si difenda nel merito.
Un siffatto comportamento processuale, considerata la legittimazione circoscritta al solo consumatore a fare valere la nullita` della clausola, potrebbe rappresentare un indice inequivoco dell’intenzione di questi di non impugnare la clausola ma, secondo una tesi piu` radicale, potrebbe, se ben si comprende, addirittura assumere una valenza sostanziale atta a determinarne la convalida tacita (cfr., PAGLIANTINI, La nullita`di protezione tra rilevabilita` d’ufficio e convalida, in Le forme della nullita` a cura di Xxxxxxxxxxx, Torino, 2009, p. 28 ss.).
E` di tutta evidenza che le due prospettazioni non sono affatto equi-
valenti: infatti, va considerato che mentre la rinuncia implicita a fare valere la nullita` ha una valenza limitata al processo, impedendo al giudice l’eser- cizio dei suoi poteri officiosi nonche´ escludendo l’ammissibilita` di un successivo gravame sul punto, viceversa attribuire al comportamento pro- cessuale del consumatore il valore di convalida tacita finirebbe per avere una valenza sostanziale e, dunque, una ricaduta anche extraprocessuale in virtu` della ipotizzata definitiva sanatoria della clausola vessatoria in que- stione [in questo senso PAGLIANTINI, op. e loc. ult. cit., che sebbene condi-
visibilmente sostenga che «se dalle carte emerge che il consumatore si e` costituito e difeso nel merito, non si vede per quale ragione dovrebbe poi essere ammesso ad eccepire la nullita` o a beneficiare di una rilevabilita` officiosa» poi, invece, questa volta non condivisibilmente, conclude (ri- prendendo un’affermazione di X. X’Xxxxx) che cio` si giustifica in quanto
«la nullita` non potra` essere rilevata (...) per la semplice ragione che essa non sussiste piu`», il che, come gia` ho avuto modo di evidenziare (cfr. XXXXXXXXXX, La rilevabilita`d’ufficio condizionata della nullita`di protezione: il nuovo “atto” della Corte di Giustizia, in Contratti, 2009, 12, p. 1123, nt. 14), significa attribuire ad un contegno processuale conseguenze disposi- tive di diritto sostanziale, validative della clausola vessatoria, non previste dalla legge. Alla tesi di Xxxxxxxxxxx ha prestato successiva adesione XXXXXXX, La sanabilita` delle nullita` contrattuali, Napoli, 2015, 131 e ss.].
Su queste premesse potrebbe sostenersi che detta prospettazione esca rafforzata alla luce di quel condivisibile orientamento giurisprudenziale che, in materia di nullita` di protezione, specie se a legittimazione relativa, subordina l’esercizio dei poteri officiosi del giudicante all’interpello del consumatore, affinche´ questi manifesti o meno una volonta` all’impugnati- va della clausola (in termini, in particolare, XXXXXXX, op. cit., 135 che afferma: «in seguito all’avviso ed all’informazione, che il magistrato forni- sce al consumatore, quest’ultimo diviene in grado di esprimere, in risposta all’interpello giudiziale, una dichiarazione sufficientemente consapevole, tale da poter esplicare un effetto di blocco del potere di rilievo ufficioso, e, quindi, alla fine, un effetto sanante della nullita` stessa»).
Interpello che rappresenta da un lato un passaggio essenziale per poi procedere o meno alla declaratoria d’ufficio della nullita` della pattuizione abusiva, dall’altro spazza via il dubbio circa l’eventuale carenza di consa- pevolezza del consumatore sui propri diritti all’impugnativa.
In altri termini al contegno consapevole (perche´ espressamente inter- pellato) del consumatore che, snobbando la quaestio nullitatis, si difenda nel merito andrebbe attribuito valore validativo della clausola ai sensi del comma 2 dell’art. 1444 c.c.
La conclusione non e` pero` condivisibile.
Ed infatti, al di la` della dibattuta questione circa l’ammissibilita` o meno di una convalida delle nullita` di protezione, sul quale ci si soffermera` appresso, sembra, invero, difficile sostenere che un comportamento pro- cessuale, quale il mancato esercizio di una mera difesa come e` quella relativa alla quaestio nullitatis della clausola, possa correttamente interpre- tarsi quale espressione di un intento validativo di essa (sul punto concorda
X. Xxxxxxxxxxx, La convalida delle nullita` di protezione e la sanatoria dei
xxxxxx xxxxxxxxx, Napoli, 2009, 70 che sottolinea «la ragionevolezza della regola secondo la quale la mancata eccezione di nullita` non comporta convalida» evidenziando, opportunamente, che cio` va ribadito «in parti- colare quando l’interesse finale protetto dalla norma e` ancora attuale e non e` stato soddisfatto»). Diversamente opinando si ricollegherebbero conse- guenze non previste dalla legge ad una scelta meramente difensiva del consumatore [Non e` un caso che nell’art. 817, comma 2, c.p.c., il legisla- tore abbia ravvisato la necessita` di attribuire espressamente al comporta- mento del convenuto che compaia di fronte agli arbitri e si difenda nel merito, dando cosı` spontanea esecuzione al patto compromissorio di cui conosceva la causa di nullita` (segnatamente difetto di forma), valenza impeditiva dell’impugnativa del lodo. Secondo un orientamento (PAGLIAN- TINI, La nullita` di protezione tra rilevabilita` d’ufficio e convalida, cit., p. 25;
X. X’Xxxxxxxxxx, Sui rapporti tra la sentenza Xxxxxxx Xxxxx e gli artt. 817, comma 2, ed 829, n. 1, c.p.c., cit., p. 692) cio` comporterebbe una sostan- ziale di convalida del patto arbitrale (MENCHINI, Impugnazione del lodo “rituale”, in Riv. Arb. 2005, p. 849, attribuisce alla carenza della tempestiva eccezione d’inesistenza della convenzione arbitrale valenza di sanatoria del vizio); detta conclusione invero non convince xxxxxx´ non desumibile dal testo della norma che, anzi, come gia` detto, si limita a sancire esclusiva- mente una preclusione processuale (in tal senso BOVE, Aspetti problematici della nuova disciplina della convenzione d’arbitrato rituale, in Il giusto processo civile 2006, p. 57 ss.) impeditiva della successiva impugnazione per nullita` del lodo. Cio` significa, a parere di chi scrive, che laddove, in relazione allo stesso rapporto negoziale contenente il patto compromisso- rio nullo, sorga una nuova controversia, la parte che era rimasta inerte nel precedente giudizio arbitrale subendo le conseguenze previste dalla norma in oggetto xxxx` appieno legittimata a sollevare l’eccezione d’incompetenza del collegio per invalidita` della convenzione di arbitrato il che sarebbe viceversa precluso laddove si ritenga che l’art. 817, comma 2, c.p.c., espri- ma un’eccezione al divieto di convalida del contratto nullo] che non ha, ne´ potrebbe avere, quel connotato di inequivocita` ed assenza di riserve in ordine all’intento di sanare la patologia dell’atto. Connotato che, per orientamento consolidato [Cass., 26 giugno 1979, n. 3553, in Giust. civ., 1979, I, p. 1852], deve invece plasmare il comportamento idoneo a de- terminare una convalida tacita [X. X’XXXXXXXXXX, Sui rapporti tra la sen- tenza Mostaza Claro e gli artt. 817, comma 2, ed 829, n. 1, c.p.c., cit., p. 693-694, argomentando dalla valenza di diritto sostanziale della previsione contenuta nell’art. 817, comma 2, c.p.c., sostiene l’impossibilita` di «attri- buire valore di comportamento concludente al contegno omissivo tenuto
nella prima difesa di fronte agli arbitri dal convenuto: semplicemente perche´ la validita` di una clausola abusiva e` subordinata alla sussistenza di una specifica contrattazione tra le parti e, dunque, implica un contegno attivo e consapevole del consumatore»].
D’altra parte si e` pure opportunamente fatto notare, con riferimento alla portata della citata giurisprudenza comunitaria, che la «Corte non si esprime affatto circa il riflesso sostanziale sia del mancato esperimento dell’azione di nullita` da parte del contraente legittimato, sia della “oppo- sizione” da questi espressa al rilievo d’ufficio» [XXXXXXXXXX, Note critiche in tema di sanabilita`e rinunzi abilita`delle nullita`di protezione, cit., 25, che evidenzia anche come «la portata di quelle pronunzie sembra tuttavia insuscettibile di avvalorare un simile assunto in termini generali: per piu` ragioni»].
L’opzione difensiva in questione, dunque, va interpretata come un mero accadimento che si attua tutto nel processo e resta nel processo, ambito nel quale esclusivamente si consumano i suoi effetti (MONTICELLI, La rilevabilita` d’ufficio condizionata della nullita` di protezione: il nuovo “atto” della Corte di Giustizia, cit., p. 1124; analogamente XXXXXXXXXX, op. loc. cit., che evidenzia altresı` che la nullita` potrebbe «essere fatta valere in un diverso processo ed anche in via surrogatoria». Merita anche segna- lare che la Cassazione penale, a sezioni unite, con sentenza del 30 ottobre 2008, n. 46088, in CffD Cass. pen. 2008, 241357, ha significativamente escluso che possa configurarsi la remissione tacita della querela in caso di omessa comparizione all’udienza del querelante, nonostante la sollecitazio- ne del giudice a comparire con l’avvertimento rivolto al querelante che la sua assenza all’udienza successiva sarebbe stata interpretata quale remis- sione tacita della querela).
Essa, percio`, avra` la valenza sia d’impedire l’esercizio dei poteri offi- ciosi, in quanto altrimenti sarebbero esercitati in contrasto con l’interesse del consumatore come esternato nel contegno processuale, sia di non consentire al consumatore, vincolato dal principio del non venire contra factum proprium, un gravame incentrato sulla quaestio nullitatis (Sul punto cfr., pure, LA SPINA, Destrutturazione della nullita` e inefficacia adeguata, Milano, 2012, p. 350, che evidenzia che «in sede processuale, il mancato rilievo dell’eccezione di nullita` e l’inibizione del rilievo officioso, piu` che convalidare il contratto sul piano sostanziale, consentono sul piano squi- sitamente processuale che si formi il giudicato implicito sulla validita`, il che lungi dal determinare una sanatoria, semplicemente preclude ulteriori indagini sulla medesima questione»).
Circoscritti al solo piano processuale gli effetti del comportamento difensivo del consumatore, ne seguira` che, laddove il giudizio si estingua oppure relativamente allo stesso rapporto consumeristico sia incardinato un successivo diverso giudizio, questi, ove intenda adottare una differente linea di difesa rispetto a quella in precedenza prescelta, ben potra` fare valere quel diritto alla declaratoria di nullita` della clausola vessatoria (in questi termini gia` in MONTICELLI, La rilevabilita` d’ufficio condizionata della nullita` di protezione, cit., p. 1124).
In conclusione tanto la dichiarazione resa in sede processuale dal consumatore di non intendere avvalersi della nullita` della clausola vessa- toria, quanto il comportamento processuale del consumatore incompati- bile con la volonta` di questi all’impugnativa della clausola, costituiscono vicende che restano circoscritte all’ambito processuale in cui rispettiva- mente la dichiarazione e` resa o il comportamento e` tenuto, ad essi non e` dato attribuire valenza dispositiva del diritto o di sanatoria, in senso sostanziale, della nullita` della clausola.
Se si condivide quanto fin qui esposto dovra` anche convenirsi che le conclusioni tracciate ben si attagliano anche alla ulteriore ipotesi in cui il consumatore radichi la controversia in conformita` alla clausola abusiva
che, in tesi, gli sarebbe sfavorevole. E` quanto potrebbe accadere ad esem-
xxx xxxxxxx nel contratto vi sia una clausola derogatoria del foro esclusivo del consumatore e questi, in ossequio alla previsione contrattuale, conven- ga il professionista innanzi al foro convenzionalmente stabilito, ovvero, convenuto in giudizio dal professionista nel foro ove egli risiede o domi- cilia, eccepisca l’incompetenza del giudice adito, invocando a sostegno dell’eccezione spiegata l’applicazione della clausola che deroga al foro del consumatore, contenuta nel contratto [In relazione all’ipotesi da ultima indicata nel testo si segnala una recente, quanto discutibile, ordinanza della Cassazione (Sezione VI, 28 settembre 2016, n. 19061, in Jus Civile 2017, 5, con nota di MECCOLA) secondo cui «Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorieta` ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professio- nista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorieta` della clausola, com- pete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale
dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari alla vessatorieta` indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto». La decisione e` incondivisibile perche´ si pone in palese contrasto con la ratio della disciplina sulle clausole vessatorie che vuole che, come bene sottolineato dalla giurisprudenza della Xxxxx xx Xxxxxxxxx (X. xxxxx. Xx, 0 giugno 2009, C-243/08, cit.), sia il consumatore arbitro della possibilita` di far valere o meno la vessatorieta` della clausola, inibendo al giudice l’esercizio dei poteri officiosi qualora, all’esito dell’in- terpello del consumatore circa la quaestio nullitatis, questi dichiari di non volere avvalersene. Di qui consegue che alcun onere probatorio puo` pre- tendersi gravi sul consumatore circa la non vessatorieta` della clausola che convenzionalmente determini il foro per le controversie in un luogo di- verso da quello della residenza o del domicilio del consumatore, essendo sufficiente che questi scelga di volersi avvalere della clausola in questione, indipendentemente dalla eventuale vessatorieta` di essa perche´ non nego- ziata, impedendone cosı` la declaratoria della nullita`, operante non a caso solo nell’interesse del consumatore].
Ebbene, se e` innegabile che dette scelte difensive sono incompatibili sia con la volonta` di far valere nel giudizio in cui sono effettuate la nullita` della clausola abusiva sia con l’esercizio d’ufficio del potere del giudicante declaratorio della nullita`, laddove il consumatore interpellato dal giudice circa la quaestio nullitatis dichiari di non volersene avvalere, e` altrettanto innegabile, per quanto gia` detto, che esse sono scelte irrimediabilmente legate al processo e che in esso si esauriscono. Attribuire a dette scelte anche una valenza sostanziale, extraprocessuale, validativa della clausola vessatoria, costituisce, a parere di chi scrive, un procedimento ermeneutico censurabile che non trova conforto in alcuna norma, anzi confligge con i principi che informano l’ordinamento processuale vigente.
4. – La disponibilita` dell’azione di nullita` relativa e l’indisponibilita` degli effetti dell’azione
Il problema dei limiti alla disponibilita` dell’azione di nullita` e soprat- tutto della portata di tale disponibilita` e` oggetto di un recente dibattito con riferimento ad una ipotesi di nullita` formale a legittimazione relativa, di cui all’art. 23 del TUF. La norma impone la forma scritta per la con- clusione dei contratti aventi ad oggetto la futura negoziazione di strumenti d’investimento (c.d. contratto quadro), contemplando, per l’ipotesi dell’i-
nosservanza, la nullita` del contratto che puo` essere fatta valere solo dal cliente.
Secondo la prevalente opinione il contratto quadro va qualificato come mandato, mentre le successive operazioni finanziarie – ordini di borsa – sono considerate ora quali meri atti di esecuzione, ora quali contratti collegati da esso funzionalmente dipendenti.
Conseguenza comune ad entrambe le ipotesi ricostruttive e` che la mancanza o la nullita` del contratto quadro, per lo piu` dovuta alla carenza della forma scritta prescritta, si riverbera sulla validita` dei successivi ordini di borsa privando di causa dette successive operazioni negoziali [L’ipotesi che si prende in considerazione e` quella dell’assenza del contratto quadro non quella, molto frequente e parimenti dibattuta, del contratto quadro
c.d. monofirma, ossia sottoscritto dal solo cliente ma non dalla banca. Su tale ultima fattispecie si sono da ultimo pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione, 16 gennaio 2018, n. 898, cit., evidenziando che la prescrizione di forma in questione e` posta nell’interesse esclusivo del cliente ed e` intesa ad assicurare a quest’ultimo, da parte dell’Intermediario, la piena indica- zione degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalita` di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalita` proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicita`, dei contenuti e della documentazione da fornire in sede di rendicontazione ed altro come spe- cificamente indicato, considerato che e` l’investitore che abbisogna di co- noscere onde potere all’occorrenza verificare, nel corso del rapporto, il rispetto delle modalita` di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto. Se questa e` la ratio della norma, proseguono le Sezioni Unite, il vincolo di forma da essa imposto va inteso secondo quella che e` la funzione propria della norma e non automaticamente richiamando la disciplina generale della nullita`: la specificita` della disciplina consente infatti di scindere i due profili del documento come certezza della regola contrattuale e dell’accordo. Di qui l’irrilevanza della sottoscrizione del delegato della banca sul contratto quadro, quando questo e` firmato dal- l’investitore ed una copia gli e` stata consegnata ed il contratto ha avuto esecuzione, rimanendo quindi assorbito l’elemento strutturale della sotto- scrizione di quella parte, l’intermediario, che, reso certo il raggiungimento dello scopo normativo con la sottoscrizione del cliente sul modulo con- trattuale predisposto dall’intermediario e la consegna dell’esemplare della scrittura in oggetto, non verrebbe a svolgere alcuna specifica funzione]. E, pero`, deve anche evidenziarsi che molto spesso alla conclusione del contratto quadro, perche´ carente dell’osservanza della forma, non fa af- fatto seguito nell’immediato l’esperimento da parte del cliente dell’azione
di nullita` bensı` essa e` esercitata solo dopo che siano state eseguite svariate operazioni finanziarie che nella validita`, iniziale o sopravvenuta, del con- tratto quadro hanno trovato il loro presupposto; nullita` che viene invocata dal cliente-investitore con la finalita` di fare annullare solo un’operazione finanziaria andata male. In altri termini si invoca una nullita` c.d. xxxxxxxxx, ossia non di tutti gli ordini di borsa susseguenti alla stipulazione del contratto quadro bensı` solo di quello o quelli che hanno avuto un esito sfavorevole per l’investitore.
Taluna giurisprudenza, di merito come di legittimita`, accede a tale possibilita` ed emblematica e` la recente decisione della Cassazione in cui si legge che la nullita` di protezione in questione «puo` essere eccepita dall’investitore anche limitatamente ad alcuni degli ordini di acquisto a mezzo dei quali e` stato data esecuzione al contratto viziato» (Cass., sez. I, 27 aprile 2016, n. 8395, in Corriere Giur., 2016, 8-9, p. 1110 con nota di XXXXX ed in Contratti, 2016, 12, p. 1094 con nota di XXXXXXXX; cfr., pero`, in una diversa prospettiva Xxxx., sez. I, 11 aprile 2016, n. 7068, in Contratti, 2016, 12, p. 1093). Tale orientamento e` tanto piu` significativo se si consi- dera la circostanza che la banca, convenuta in giudizio, laddove decida di eccepire che la invocata nullita` del contratto presupposto si ripercuote su tutte le operazioni finanziarie poste in sua esecuzione, potrebbe vedersi opposta che il carattere relativo della nullita` in questione non la legittima a fare valere una eccezione di tal genere. Nel contempo potrebbe sostenersi che analogo impedimento ad estendere la nullita` avrebbe il giudice nel- l’esercizio dei suoi poteri officiosi giacche´ essi verrebbero indebitamente esercitati contra clientem.
In contrapposizione a tali radicali e, per quanto si dira`, non condivi- sibili conclusioni, vi e`, pero` , un altro orientamento della giurisprudenza (Trib. Verona, sez. IV, 28 giugno 2012, in Xxxxxx.xx, 2012; Trib. Verona, 22 lulgio 2010, in Societa`, 2011, 6, p. 675, con nota di DELLA VECCHIA) che, partendo proprio dal carattere relativo della nullita` in questione, ha con- siderato applicabile, per analogia, l’istituto della convalida tacita. Si legge che «Dato un contratto quadro nullo per mancanza della forma scritta, l’esercizio dell’azione di nullita` rivolto solo ad alcune delle operazioni esprime la volonta` di conservare le cedole incassate in relazione ai restanti ordini d’acquisto, e pertanto di avvalersi degli effetti del contratto quadro in base al quale sono stati effettuati: cio` si configura come una convalida integrale di tale contratto, in coerenza con il principio di buona fede, di cui l’istituto della convalida costituisce un’espressione. Di conseguenza, l’azione selettiva di nullita` e` da respingere poiche´ riguarda un contratto divenuto valido».
L’argomentazione riferita appare ragionevole ed in linea con i principi generali che governano l’esercizio dell’autonomia privata, ma da per scon- tata l’ammissibilita` della convalida del contratto nullo sia pure a legittima- zione relativa, il che e`, invece, fortemente discusso e da molti negato; pur tuttavia laddove si ritenesse l’inconfigurabilita` della convalida, come, pe- raltro, piu` volte ribadito anche dalla giurisprudenza (per tutte cfr. Cass., sez. I, 24 marzo 2016, n. 5919, in Xxxxxx.xx, 2016; Cass., sez. I, 11 aprile 2016, n. 7068, cit.) con riferimento alla fattispecie in oggetto, stante il disposto dell’art. 1423 c.c., si ritiene che vi siano altri argomenti che comunque escludano l’operativita` di una nullita` selettiva secondo i canoni sopra declinati.
Ed infatti, va considerato che la previsione di una legittimazione rela- tiva a fare valere la nullita` del contratto presupposto se da un lato esclude che la quaestio nullitatis possa essere sollevata da soggetti diversi dal legittimato ed implica che il giudice debba conformare l’esercizio dei propri poteri d’ufficio in funzione dell’interesse del solo legittimato all’a- zione, dall’altro, pero`, non puo` anche comportare che il soggetto legitti- mato, una volta che decida liberamente di esercitare il potere conferitogli, diventi anche arbitro degli effetti che da tale esercizio naturalmente con- seguano.
E` del tutto evidente, infatti, che l’accertata nullita` del contratto pre-
supposto fa venire meno la giustificazione causale di tutte le negoziazioni che in esso traggono fondamento, essendo queste ultime null’altro che atti posti in esecuzione del primo senza del quale non avrebbero potuto vali- damente concludersi [sul punto e` interessante e condivisibile quanto di- spone la Cassazione nella sentenza 11 aprile 2016, n. 7068, cit., ove si legge: «L’accordo quadro sottoscritto dal solo cliente e non dal rappre- sentante della banca stessa e` nullo per violazione dell’articolo 23 TUF, non potendo la stipulazione essere desunta, in via indiretta, da dichiarazioni (di scienza o ricognitive) di contenuto differente. Dopo la stipulazione del contratto di negoziazione, gli ordini di acquisto e le operazioni di com- pravendita danno luogo ad atti sicuramente negoziali, ma non a veri e propri contratti, per di piu` autonomi rispetto all’originale contratto qua- dro di cui essi costituiscono attuazione ed adempimento. La nullita` del contratto incide dunque sulla validita` dei successivi ordini di acquisto stante anche l’esclusione di ogni forma di convalida del contratto nullo ex art. 1423 c.c.»].
Se cosı` stanno le cose non v’e` spazio per una nullita` selettiva giacche´ il
legittimato relativo a farla valere esaurisce il suo potere dispositivo, con- seguente alla legittimazione relativa, nella decisione di proporre o meno
l’azione, esercitata tale facolta` si esaurisce ogni disponibilita` degli effetti che dall’azione proposta derivano, in quanto essi sono predeterminati dall’ordinamento.
Di qui consegue che laddove la banca, convenuta in giudizio, eccepi- sca nelle proprie difese che dalla nullita` del contratto quadro vengono pregiudicate e caducate tutte le operazioni finanziarie poste in esecuzione di esso, non xxxx` sostenibile che tale eccezione e` inammissibile perche´ comporterebbe riconoscere alla banca una legittimazione a fare valere la nullita` che non ha, in quanto tale ineluttabile conseguenza e` gia` nel sistema e discende dall’applicazione generale del principio dell’inefficacia del con- tratto nullo.
Ma v’e` di piu` anche il giudice, d’ufficio, potra` rilevare la nullita` di tutte le negoziazioni di borsa poste a valle del contratto quadro giacche´ la nullita` di essa consegue ineluttabilmente dalla sopravvenuta carenza cau- sale che le connota, in ragione della eccepita nullita` del contratto presup- posto.
Si accredita, in definitiva, nel caso prospettato, un limite esterno, e fondato sui principi generali del contratto, alla disponibilita` (c.d. selettiva) della nullita` di protezione, disponibilita` circoscritta all’azione non gia` agli effetti che dalla proposizione dell’azione poi derivano.
5. – (segue): le ricadute della declaratoria di nullita` di protezione ex art. 34, comma 2, c. cons. sulla nullita` totale del contratto
D’altra parte il citato meccanismo limitativo della disponibilita` degli effetti conseguenti alla eccepita nullita` non e` nuovo per le nullita` di pro- tezione: ed infatti, basti pensare alla previsione contenuta nell’art. 34 del
C.d.c. ove puo` rinvenirsi una breccia significativa alla previsione della conservazione del contratto deprivato della clausola nulla.
Ed infatti, l’art. 34, comma 2, c. cons., dispone che la valutazione della vessatorieta` della clausola «non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, ne´ all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi» ma poi precisa «purche´ tali elementi siano individuati in modo chiaro e com- prensibile».
Il limite ermeneutico imposto dalla norma e` da intendersi non gia` nel senso di escludere ogni valutazione che tenga conto dell’oggetto del con- tratto e della perequazione tra il prezzo ed i beni o servizi oggetto dello scambio quanto, piuttosto, nel senso di ritenere le clausole in questione soltanto tendenzialmente sottratte al giudizio di vessatorieta`.
Ebbene, una formulazione oscura o poco comprensibile della clausola
– non consentendo al consumatore di comprendere quale sia l’oggetto o,
piu` concretamente, i limiti dell’oggetto (si pensi ad esempio ai rischi in- clusi od esclusi dalla copertura assicurativa) relativi alla negoziazione con- clusa, oppure contenendo una formula equivoca in ordine ai termini eco- nomici dello scambio – comporta, dunque, la rimozione di ogni limite alla valutazione di vessatorieta`.
Di fronte a questa eventualita`, nonostante la previsione di salvaguardia contenuta nel primo comma dell’art. 36 c. cons., sembra difficile sostenere che la nullita` resti confinata alla clausola e non, piuttosto, che essa diventi totale e, dunque, contamini il contratto perche´ divenuto carente di un requisito essenziale, segnatamente per la indeterminatezza ed indetermi- nabilita` dell’oggetto (cfr., in proposito, anche per maggiori approfondi- menti, MONTICELLI, Dalla inefficacia della clausola vessatoria alla nullita` del contratto, in Rass. dir.civ., 1997, p. 565 ss.; ID., Considerazioni in tema di nullita` parziale, regole di comportamento e responsabilita` del notaio, in Riv. dir. priv., 2009, 4, p. 103 ss.; in senso conforme DI XXXXXX, La nullita` del contratto, cit., p. 858; ma v. anche, sebbene in una diversa prospettiva, XXXXXXXXXX, Profili della disciplina nuova delle cl. vessatorie cioe` abusive, in ffur. dir. priv., 1998, p. 38; D’ADDA, Nullita` parziale e tecniche di adat- tamento del contratto, Padova, 2007, p. 9 ss. e 231 ss.).
D’altra parte una conferma alle esposte conclusioni puo` anche rinve- nirsi nell’art. 6, par. 1, della direttiva sulle clausole abusive laddove sanci- sce la vincolativita` del contratto depurato dalla clausola abusiva non in- condizionatamente, ma «sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive» (Sul punto DI MARZIO, op. cit., p. 858. Si e` rilevato, D’ADDA, op. cit., p. 256, che la contaminazione della nullita` all’intero contratto sara` evitata anche nell’ipotesi in cui sia il legislatore a prevedere un complesso di norme dispositive volte a garantire il funzionamento del contratto non compiutamente determinato dalle parti contraenti, ipotesi questa partico- larmente frequente nei contratti d’impresa il che indurrebbe, nei fatti, a svalutare il problema della nullita` di tali contratti per indeterminatezza dell’oggetto).
Aggiungasi che l’art. 34, comma 1, c. cons., tiene conto che la prassi delle negoziazioni, specie in campo commerciale, impone alle parti di realizzare il risultato auspicato avvalendosi di operazioni complesse che comportano il collegamento tra piu` contratti; ne segue che, ai sensi della norma citata, nella valutazione della vessatorieta` della clausola non si potra` prescindere da una valutazione della piu` complessa operazione negoziale di cui la clausola in odore di vessatorieta` costituisce un tassello. In questo contesto, la formulazione in modo trasparente della clausola dovra` valu- tarsi anche tenendo conto della riformulazione che essa potra` avere alla
luce dei patti aggiunti al contratto, degli accordi individuali a latere o, comunque, di altre negoziazioni collegate.
Nell’ipotesi in cui da tale indagine ermeneutica risulti oltremodo in- certa l’individuazione dei beni forniti, dei servizi resi o dei relativi corri- spettivi il giudizio di vessatorieta` e, dunque, la declaratoria di nullita`, travolgera` necessariamente non solo la clausola che definisce in modo non trasparente l’oggetto del contratto ma anche l’intero contratto che la contiene per l’indeterminatezza del suo oggetto nonche´, infine, l’insieme dei contratti collegati per il legame funzionale ed il rapporto di reciproca interdipendenza che li unisce [MONTICELLI, Dalla inefficacia della clausola vessatoria alla nullita` del contratto, cit., p. 571. Si evidenzia (cfr. D’ADDA, op. cit., p. 34), inoltre, che in taluni casi, il carattere vessatorio di una clausola puo` essere desunto solo tenendo conto dell’insieme delle previ- sioni che compongono il regolamento negoziale, in tali ipotesi puo` essere difficile per l’interprete «l’opera di selezione del materiale negoziale disap- provato e la conseguente identificazione della parte “sana” del contratto; come accade quando il carattere abusivo di una condizione normativa, od anche economica, possa cogliersi solo avendo riguardo ad altre condizioni gravanti sulla controparte e quindi a seguito di una valutazione comples- siva del regolamento negoziale (cioe` della sua causa)»].
Il passaggio dalla nullita` parziale della clausola alla nullita` totale del contratto od anche dei contratti funzionalmente collegati potra` conseguire anche all’esito dell’esercizio dei poteri officiosi del giudicante, purche´ cio` avvenga nel pieno rispetto del contraddittorio delle parti investite sulla maggiore ampiezza della quaestio nullitatis, onde evitare sentenze a sor- presa, lesive del diritto di difesa e, quindi, in contrasto con l’art. 101, comma 2, c.p.c.
In definitiva, dovra` convenirsi che la logica di protezione posta a fondamento di talune previsioni di nullita`, che ha indotto il legislatore a prevedere per esse caratteri, quali la parziarieta` necessaria, peculiari ri- spetto alle nullita` parziali di diritto comune perche´ maggiormente conso- nanti e funzionali rispetto all’interesse del consumatore destinatario della norma di protezione, se normalmente consente l’esclusione delle verifiche di cui al 1˚ comma dell’art. 1419 c.c., dovra` pero` segnare il passo ogni volta che la porzione del xxxxxxxxx xxxxx dalla nullita` sia essenziale a ga- rantire consistenza strutturale al regolamento residuo, soprattutto laddove non sussistano neppure norme dispositive atte ad integrare le lacune so- pravvenute del contenuto del contratto [Sul punto XXXXXXXXXX, op. cit., p. 40, che sottolinea: «Solo quando anche mediante l’attivazione delle norme dispositive il risultato di persistenza del contratto non sia perseguibile, ne
conseguira` il venir meno dell’intero contratto»; analogamente D’ADDA, op. cit., p. 268; l’opinione e` condivisibile anche se le ipotesi in cui sussistano norme dispositive relative all’oggetto del contratto od alla determinazione del corrispettivo dello scambio sono piuttosto circoscritte; certamente il ricorso alle norme dispositive per l’integrazione del contenuto del contrat- to appare opportuno laddove dalla caducazione della clausola vessatoria conseguano ostacoli circa la pratica eseguibilita` di esso. Il problema e` avvertito anche da DI MARZIO, op. cit., p. 860 e 867, che porta ad esempio il caso della nullita` delle clausole che disciplinano il recesso o lo ius variandi nei contratti bancari e finanziari (ID., op. ult. cit., p. 860)].
Si accredita, dunque, anche in questo caso, come in quello indicato nel paragrafo che precede, un limite esterno alla disponibilita` delle nullita` di protezione, limite segnato dall’operativita` dei principi cardine del sistema dell’autonomia privata che nega validita` al contratto carente degli elementi essenziali e segnatamente dell’oggetto, nell’ipotesi appena analizzata o della causa come nel caso esaminato nel precedente paragrafo.
6. – La vexata quaestio della convalida delle nullita` di protezione a legittimazione relativa
Il tema complesso della disponibilita` attraverso lo strumento della convalida delle negoziazioni viziate da nullita` di protezione e` stato nel corso degli ultimi anni oggetto di un vivace dibattito specialmente in dottrina. La questione e` stata affrontata prevalentemente con riferimento alle nullita` di protezione a legittimazione relativa per le quali la circoscritta legittimazione all’azione in capo al contraente protetto, in ragione dell’in- teresse prioritariamente tutelato dalla norma, impone di riflettere sull’am- missibilita` o meno di un atto negoziale dispositivo della nullita` avente consequenziale valenza di sanatoria del contratto o della clausola viziati, dando cosı` corpo alla eccezione contenuta nell’art. 1423 c.c., che, nel disporre che il contratto nullo non puo` essere convalidato, fa salva l’ipotesi che la legge disponga diversamente [tra i vari contributi cfr. G. PERLINGIE- RI, La convalida delle nullita`di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit.; XXXXXXXXXX, op. cit., p. 24 ss.; D’Amico, Nullita` virtuale – Nullita` di protezione (variazioni sulla nullita`), in Le forme di nullita` a cura di Pa- gliantini, Torino, 2009; LA SPINA, Destrutturazione della nullita`e inefficacia inadeguata, Milano, 2012, p. 350; PAGLIANTINI, La nullita` di protezione tra rilevabilita` d’ufficio e convalida, cit.; XXXXXXX, La sanabilita` delle nullita` contrattuali, cit., p. 131 ss.].
E` impossibile in queste pagine dare conto, sia pure in sintesi, dei termini del dibattito per cui ci si limitera` a talune notazioni di metodo e di merito.
E` bene subito chiarire che non va fatta confusione tra il problema
relativo alla ammissibilita` o meno della convalida riferita alle nullita` di protezione a legittimazione relativa, e l’ulteriore questione della recupera- bilita`, anche con efficacia di sanatoria, ma con strumenti diversi dalla convalida, delle negoziazioni affette da nullita`.
E` il caso ad esempio di quelle ipotesi contrattuali in cui la carenza di
un elemento necessario per la validita` della fattispecie, previsto dal legi- slatore in chiave protettiva del contraente debole, intervenga in un mo- mento successivo alla conclusione del contratto; emblematica in tal senso puo` essere la fattispecie disciplinata dall’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 122 del 20 giugno 2005. La disposizione, com’e` noto, prevede che all’atto della stipula di un contratto, che abbia come finalita` il trasferimento non im- mediato della proprieta` o di altro diritto reale di godimento su un immo- bile da costruire o di un atto avente le medesime finalita`, ovvero in un momento precedente, il costruttore e` obbligato, a pena di nullita` del contratto che puo` essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a procu- rare il rilascio ed a consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalita` stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprieta` o di altro diritto reale di godimento.
Da piu` parti in dottrina [cfr., per tutti, X. XXXXXXXXXXX, op. ult. cit., 59 e ss.], e pur in presenza di qualche pronuncia in senso contrario (App. Lecce, 14 maggio 2015, n. 222, secondo cui la consegna della fideiussione deve avvenire, al piu` tardi, all’atto della stipula del contratto preliminare; la mancata consegna non e` rimediabile da successivo comportamento di alcuna delle parti), invero ben poco argomentata, si e` rilevato corretta- mente che qualora la fideiussione venga rilasciata in un momento succes- sivo alla conclusione del contratto non v’e` piu` ragione di ritenere che il contraente protetto possa fare valere la originaria nullita`, giacche´ il vizio e/ o la carenza strutturale della fattispecie negoziale sono venuti meno, cosı` come d’altra parte e` soprattutto venuto meno l’interesse prioritario del contraente destinatario della normativa di protezione a fare valere la nullita` [come in altra sede si e` avuto modo di rilevare (cfr. XXXXXXXXXX, La recuperabilita` del contratto nullo, cit., p. 185) la consegna della garanzia prima della proposizione dell’azione di nullita` fa, in definitiva, venire meno l’interesse all’azione da parte del promittente acquirente unico legittimato,
cio` anche nella considerazione che la nullita` in questione consegue da un comportamento inadempiente del soggetto obbligato ex lege, di qui la contaminazione tra regole di comportamento e regole di validita`] e l’inte- resse finale protetto dalla norma e` stato appieno rispettato [D’altra parte si e` pure condivisibilmente evidenziato, anche in giurisprudenza (Trib. Pa- dova, sez. II, 10 gennaio 2013, in Pluris), che una volta stipulato il con- tratto definitivo si abbia una sorta di “sanatoria implicita” del contratto preliminare nullo per l’omessa consegna della fideiussione. Ed infatti, se la fideiussione, nel caso di stipula di un preliminare, deve garantire il pro- missario acquirente per le somme dallo stesso anticipate, sino al momento del trasferimento della proprieta` (v. art. 3, comma 7, d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122) e se la previsione, in ipotesi di mancato rilascio della fideius- sione, di una nullita` relativa costituisce lo strumento a disposizione del promissario acquirente per rendere effettivo il diritto ad ottenere questa garanzia, ne discende che una volta avvenuto il trasferimento della pro- prieta` e venuti meno “i rischi” che richiedevano l’attivazione della garanzia fideiussoria, vengano meno anche tutte le conseguenze negative previste per il caso in cui la garanzia non sia stata prestata. In altri termini la stipula del definitivo, determinando l’effetto traslativo della proprieta`, finisce per privare un’eventuale azione di nullita` della funzione per la quale essa e` stata prevista dal legislatore, essendo venuto meno il “rischio” da tutelare. Di qui il determinarsi anche in tal caso, come nell’ipotesi di fideiussione rilasciata successivamente alla stipulazione del preliminare, di una sorta di “sanatoria” automatica del contratto preliminare originariamente nullo], sia pure attraverso una procedura cronologica differente da quella tipizza- ta [giustamente in proposito X. XXXXXXXXXXX, La convalida delle nullita` di protezione, cit., p. 59 ss., sottolinea che in casi come quello citato ed in altri ove «l’interesse tutelato dalla norma e` stato sostanzialmente soddisfatto attraverso un atto o un comportamento rispettoso delle forma, ma realiz- zato in tempi diversi da quelli imposti dal legislatore» consegue che «la tecnica della nullita` diviene disponibile» (ID., op. ult. cit., p. 81), giacche´
«l’interesse finale protetto dalla norma non e` stato leso, e` rimasto soddi-
sfatto pur se attraverso procedure diverse da quelle tipicamente o fisiolo- gicamente previste dal legislatore» (ID., op. ult. cit., p. 60)].
Cio` nonostante sebbene non possa dubitarsi che nell’ipotesi citata si abbia una sorta di recupero o, volendo, perfino di sanatoria del contratto nullo non di meno non puo` certamente sostenersi che tale effetto recupe- ratorio consegua da una convalida, giacche´ essa non vi e` mai stata e, peraltro, il fatto – rilascio postumo della fideiussione – da cui consegue la sanatoria proviene non gia` dal soggetto unico legittimato a fare valere la
nullita` e, quindi, eventualmente ad effettuare la convalida, bensı` dall’altra parte del contratto. E` notorio, invece, che puo` qualificarsi convalida ex art. 1444 c.c. solo quella fattispecie ove, tra gli altri requisiti, e` ravvisabile
identita` tra l’autore della convalida ed il soggetto legittimato ad impugnare l’atto invalido [il tema della sanatoria del contratto nullo e` stato evocato in giurisprudenza da un recentissimo arresto delle sezioni unite (Cass., sez. un., 9 ottobre 2017, n. 23601, cit., con nota critica di XXXXXXXXX) che, richiamandosi espressamente all’art. 1423 c.c., ha sancito che «Il contratto di locazione di immobili, sia ad uso abitativo che ad uso diverso, conte- nente ab origine l’indicazione del canone realmente pattuito (e, dunque, in assenza di qualsivoglia fenomeno simulatorio), ove non registrato nei ter- mini di legge, e` nullo ai sensi dell’art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, ma, in caso di tardiva registrazione, da ritenersi consentita in base alle norme tributarie, puo` comunque produrre i suoi effetti con decorren- za ex tunc, atteso che il riconoscimento di una sanatoria “per adempimen- to” e` coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullita` (funzio- nale) “per inadempimento” all’obbligo di registrazione». Invero, al riguar- do sembra da condividersi il rilievo di Xxxxxxxxx (op. cit., p. 43 s.) secondo il quale il richiamo all’art. 1423 c.c. appare discutibile e forzato giacche´ «il Giudicante pare completamente trascurare che la pretesa convalida del negozio nullo viene concretamente fatta discendere non gia` (come xxxxxx- sto dall’art. 1423 c.c.) da una diversa disposizione normativa (che, infatti, espressamente difetta), ma – come si tenta di argomentare nei punti 17 e 18 della motivazione – da una semplice illazione logico-giuridica, dal mo- mento che il riconoscimento di una sanatoria “per adempimento” appare coerente con l’introduzione nell’ordinamento di una nullita` (funzionale) “per inadempimento”». Dette condivisibili considerazioni ovviamente, pe- ro`, non escludono la possibilita` di inquadrare la fattispecie in questione nell’eterogeneo contenitore dei rimedi atti al recupero della nullita`, pur non integrando ipotesi improbabili di convalida. In questa differente otti- ca, che esula da un richiamo improprio all’art. 1423 c.c., il rimedio della registrazione postuma, in quanto reputato funzionale al perseguimento dell’interesse tutelato dalla norma che impone la registrazione del contrat- to, e`, percio`, giustamente ritenuto dalle Sezioni Unite idoneo, sia pure con l’osservanza di una tempistica diversa da quella tipicamente e fisiologica- mente indicata dal legislatore, a «stabilizzare definitivamente gli (assai instabili) effetti del contratto, assicurando piena tutela alla parte debole del rapporto», il conduttore].
Considerazioni per certi aspetti analoghe, specie con riferimento alle
nullita` di protezione relative a clausole vessatorie, sottolineano la necessita`
di distinguere tra convalida ed altri atti di disposizione della nullita` con- trattuale. Ci si riferisce in particolare ai diversi strumenti negoziali della transazione o, anche, dell’accordo contenente una rinegoziazione, entram- bi idonei a recuperare il contratto nullo affetto da clausole vessatorie senza, pero`, passare per una convalida dell’atto. In queste ipotesi il possi- bile recupero avviene attraverso una negoziazione postuma rispetto alla conclusione del contratto, negoziazione nella quale, pero` , il contraente protetto, nel disporre della nullita` ad esempio di una clausola vessatoria, non e` piu` in una posizione di sudditanza rispetto al professionista predi- sponente, bens`ı, essendo l’unico legittimato a fare valere la nullita`, ha “in mano” le sorti del regolamento contrattuale. Alla luce di tale mutato contesto ben puo` ritenersi valida la transazione o l’accordo di rinegozia- zione che, in definitiva, assicurano la soddisfazione dell’interesse tutelato dalla norma, sia pure, ancora una volta, in tempi e con modalita` diverse da quelle tipicamente e fisiologicamente indicate dal legislatore, di qui la disponibilita` della nullita` di protezione, rimedio non piu` proporzionato all’interesse tutelato [sul punto cfr. anche i condivisibili rilievi di G. PER- LINGIERI, op. ult. cit., 80-81, che, nell’affrontare il tema in questione, evi- denzia la necessita` di sfuggire da soluzioni astratte e generalizzanti spo- stando l’attenzione sulla natura dell’interesse protetto dalla singola norma statuente la nullita` e sottolineando, ai fini della valutazione della possibilita` di disporre della nullita`, che il criterio guida «dipende dall’interesse finale» ossia «qualora l’interesse protetto dalla norma sia stato in concreto soddi- sfatto, la tecnica della nullita` (ovvero la caducazione) diventa disponibile. Sarebbe una mera petizione di principio consentire l’impugnazione e cosı` negare la convalida»].
Le tecniche di recupero di cui si e` fatto cenno innanzi, pero`, come si e` detto, non rappresentano una convalida in senso proprio (ricorda ad esempio XXXXXXXXXX, op. cit., p. 29 che la transazione su titolo nullo potrebbe essere considerata alla stregua di una «convalida convenzionale a titolo oneroso» o come due negozi unilaterali reciprocamente condizio- nati di rinunzia e riconoscimento) e volendo, quindi, soffermarsi solo sui casi ove quest’ultima sia eventualmente possibile con riferimento alle nul- lita` di protezione a legittimazione relativa concernente clausole vessatorie, riempiendo di contenuti la clausola di salvezza di cui alla seconda parte dell’art. 1423 c.c., si rileva che un primo e rilevantissimo ostacolo a tale ipotizzata possibilita` si ritrova nell’art. 143 c. cons.
La norma, situata nella parte VI del c. cons., tra le disposizioni finali ed avente valenza generale riguardo ai rapporti di consumo, infatti, affatto “dispone diversamente”, bensı` sancisce che «I diritti attribuiti al consu-
matore dal codice sono irrinunciabili» nonche´ la nullita` di «ogni pattui- zione in contrasto con le disposizioni del codice».
Ebbene se la portata della disposizione in questione, come si e` gia` avuto modo di evidenziare (MONTICELLI, L’indisponibilita` dei diritti attri- buiti al consumatore dal codice del consumo e la nullita` dei patti, in Con- tratti, p. 697 ss.; ID., Transazione novativa ed ars notaria, in Jus Civile, 2016, 2, p. 15 ss.), va correttamente interpretata nel senso che essa san- ziona con la nullita` non qualsiasi rinuncia pattizia od unilaterale bensı` la sola rinuncia preventiva ai diritti riconosciuti dal codice del consumo, essendo, invece, valida una rinuncia ex post, effettuata successivamente al sorgere del diritto, appare evidente che mentre xxxx` legittimo rinunciare a diritti maturati in relazione a fatti gia` verificatisi – come ad esempio al diritto di recesso [ad esempio in ordine alla nullita` relativa contemplata dall’art. 30, comma 7, d.lgs. n. 58 del 1998, concernente l’offerta fuori sede dei servizi di investimento, e conseguente all’omessa indicazione nei moduli o formulari della facolta` di recesso del cliente, si e` rilevato (POLI- DORI, Nullita` relativa e potere di convalida, in Rass. dir. civ., 2003, 4, p. 951) che «non si richiede, ai fini della nullita`, che le condizioni contrattuali siano pregiudizievoli per l’aderente, in quanto il diritto di recesso di cui si e` omessa la menzione opera a prescindere dall’iniquita` del regolamento e la mancata informativa e` di per se´ abuso che determina la non vincolativita` ex uno latere». In questa ipotesi, in cui il neoformalismo contrattuale espleta una funzione essenzialmente informativa, non si vede perche´ debba escludersi l’ammissibilita` di una rinuncia al diritto a fare valere la nullita` del contratto da parte del cliente o, in alternativa, di una convalida, qua- lora questi, nella piena consapevolezza della titolarita` del diritto a fare valere la nullita` in conseguenza dell’omissione del predisponente, consideri comunque vantaggioso l’affare e, con una dichiarazione postuma, affermi di considerare il contratto pienamente vincolante o di rinunciare ad impu- gnarlo], al diritto alla riparazione o sostituzione del prodotto difettoso, al diritto al risarcimento del danno cagionato dal prodotto difettoso – non cosı` dovra` ritenersi per quei diritti, quale quello di fare valere la nullita` del contratto o di una clausola di esso, che pur se maturati, in quanto sorti dopo la stipula del contratto, sono suscettibili di divenire effettivi solo se sorgera` una contestazione rispetto a quel contratto od a quella determinata clausola vessatoria.
E quindi, ritenere ammissibile la convalida e per essa la rinuncia
irrevocabile all’azione per l’invalidazione del contratto o della clausola, quale atto isolato e non ricompreso nell’ambito di una transazione su titolo nullo, ove attuare uno “scambio” tra il mantenimento della clausola ed
altre utilita` che il consumatore ritenga piu` convenienti, non solo si por- rebbe in irrimediabile contrasto con l’art. 143 c. cons., ma finirebbe per mortificare le finalita` e gli interessi tutelati dalla norma che commina la nullita` prestandosi, peraltro, a costituire un comodo quanto illegittimo examotage per aggirare, in danno del contraente protetto, con una dichia- razione solo formalmente successiva alla conclusione del contratto affetto da nullita` relativa, il precetto normativo (sul punto concorda anche RIZZU- TI, op. cit., p. 135, che pur favorevole alla possibilita` di una convalida stragiudiziale conviene con il ritenere inammissibili «facili elusioni della tutela accordata dalla legge», quali ad esempio quella prospettata nel testo).
Di qui l’inammissibilita` della convalida e o della rinunzia alla nullita` quale atto isolato da un piu` ampio ed articolato contesto negoziale (per ulteriori approfondimenti sia dato rinviare anche alle considerazioni svolte dallo scrivente nel saggio La recuperabilita` del contratto nullo, cit., p. 186, ove tra l’altro si evidenzia che una rinuncia di carattere generale a fare valere la nullita` di clausole vessatorie, in quanto abdicativa anche per il futuro dell’esercizio del diritto da parte del contraente debole, sarebbe, da un lato, idonea a radicalizzare lo squilibrio del contratto e, dunque, si porrebbe in radicale contrasto con le finalita` della norma prescrittiva dell’effetto dirimente, dall’altro sarebbe dismissiva di diritti non ancora sorti e, percio`, indisponibili ai sensi dell’art. 143 c. cons.) (transazione o rinnovazione/rinegoziazione del contratto) in cui, con modalita` sia pure postume e, percio`, diverse da quelle tipiche, si realizzi comunque l’inte- resse normativo alla effettiva negoziazione della clausola, sotteso alla pre- visione della nullita` di protezione (sul punto cfr., anche, XXXXXXXX, Le nullita` di protezione nel sistema delle invalidita` negoziali, Padova, 2008,
p. 458, che sottolinea, con riferimento alle clausole vessatorie contenute nella c.d. lista grigia, che se «il legislatore ricollega la nullita` delle singole clausole al solo fatto che non vi sia stata trattativa individuale sul punto, non e` difficile immaginare che si possa ammettere che una trattativa po- steriore alla formazione del contratto sia di per se´ sola idonea a condurre ad una sanatoria del vizio», e poi condivisibilmente puntualizza che «in questo caso la sanatoria del negozio non avverrebbe propriamente in virtu` di una manifestazione unilaterale di volonta` da parte del contraente de- bole, ma piuttosto a mezzo di un accordo negoziale modificativo del precedente». Cfr., pero` , Trib. Torino, 28 maggio 2007, in Foro it., 2007, I, c. 2598, secondo cui, in applicazione del comma 1 dell’art. 1972 c.c., posto che la clausola, contenuta in un contratto tra un profes- sionista e un consumatore, con cui si impone a quest’ultimo il pagamento,
a titolo di penale, di una somma d’importo manifestamente eccessivo, in quanto ne sia riconosciuta l’abusivita`, deve ritenersi altresı` illecita sotto il profilo della causa negoziale, va dichiarata d’ufficio la nullita` della transa- zione relativa a detta clausola).
7. – L’illiceita` del contratto ed i limiti alla etero integrazione di esso
La nullita` per illiceita`, com’e` noto, rappresenta una peculiare ipotesi di nullita` nei confronti della quale l’ordinamento si pone in posizione di particolare rigidita`, ponendo, cioe`, limiti tassativi alla possibilita` del recu- pero, mediante tecniche di etero integrazione, della negoziazione o del contratto nullo.
Detti limiti, tuttavia solo per la transazione su titolo illecito sono espressamente declinati, mentre, negli altri casi, sono desumibili in via interpretativa; si pensi alle ipotesi del divieto della conversione del con- tratto illecito e della convalida delle disposizioni testamentarie e delle donazioni illecite.
La ragione di tale differente trattamento riservato alla transazione risiede, come gia` in altre occasioni si e` avuto modo di sottolineare (MON- TICELLI, Transazione novativa ed ars notaria, cit., p. 10 ss.; ID., Patologia del contratto e negoziazioni compositive della lite, in Riv. dir. priv., 2002, 1, p. 20 ss.; ID., Contratto nullo e fattispecie giuridica, Padova, 1995, p. 108), non tanto in un’impossibilita` tecnica di effettuare una valida transazione novativa (relativamente ad un titolo nullo la transazione, com’e` noto, non puo` che essere novativa giacche´ la transazione semplice incide sugli effetti del negozio che rimane alla base del rapporto, viceversa poiche´ il negozio nullo e` inidoneo a produrre effetti rispetto ad esso sara` possibile solo una transazione novativa che spazzando via il titolo asseritamente nullo elimini la fonte originaria della lite e crei un nuovo assetto di interessi svincolato del tutto dal rapporto litigioso) relativamente ad un contratto illecito, quanto, piuttosto, in una esplicita scelta politica del legislatore [non a caso
X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, La transazione, rist. 2a ed. (1975), Napoli, 1986, p. 127, nello spiegare la ratio della norma, richiama la riserva di giurisdizione in materia di negozio illecito, della quale l’art. 1972, comma 1, c.c. rap- presenta una delle principali espressioni].
Va considerato, infatti, quanto alla conversione ed alla conferma, che la nullita` per il negozio illecito discende dal giudizio di riprovazione da parte dell’ordinamento dello scopo, dell’intento pratico, voluto dalle parti perche´ contrastante con gli interessi fondamentali della societa` o con i principi etici, ne segue che detto intento pratico non potra` essere perse- guito, neppure in via ridotta, ne´ con quel contratto/negozio illecito ne´ con
l’utilizzazione, in sede di conversione e conferma, di tali fattispecie nel quadro di operazioni di “recupero” e/o “etero integrazione” delle stesse, giacche´ consentendo cio` si raggiungerebbe, sia pure in via indiretta, lo stesso risultato vietato che l’ordinamento censura.
Come si e` giustamente sottolineato «proprio nel risultato risiede la causa del vizio» (DI XXXXXX, op. cit., p. 922).
Ma se riguardo la conversione le ragioni del divieto non espresso possono individuarsi proprio nel rapporto di continenza intercorrente tra la fattispecie risultante dalla conversione ed il negozio nullo e se, parimenti, non puo` dubitarsi della relazione peculiare di dipendenza esi- stente tra la negoziazione nulla ed il negozio di conferma, siffatti legami, viceversa, non sussistono per l’ipotesi di transazione novativa anche se relativa al contratto illecito. Ed infatti, secondo quanto previsto dall’art. 1976 c.c., la transazione novativa implica l’integrale sostituzione del nuovo assetto di interessi delineato dalle parti al rapporto preesistente, il quale, in linea di principio (l’art. 1976, ultima parte, infatti, fa salva l’ipotesi in cui
«il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato»), non puo` essere fatto rivivere nemmeno mediante l’attivazione del rimedio della risoluzione per inadempimento del contratto [in altri termini la transazio- ne novativa e la transazione semplice, pur essendo entrambi negozi c.d. di secondo grado, benche´ evidenziandosi da taluni la natura dichiarativa della seconda a fronte della natura dispositiva della prima, si differenziano peculiarmente, giacche´ la prima a differenza della seconda non puo` con- siderarsi quale negozio ausiliario di quello principale, in quanto la finalita` di conciliare la lite passa, necessariamente, per la totale eliminazione della situazione giuridica – o pretesa tale (e` ammissibile anche la transazione novativa rispetto ad un titolo inesistente) – attorno alla quale verte la lite che viene interamente sostituita dall’assento d’interessi che origina solo dalla transazione. Distinguo questo che sembra dato per acquisito anche in giurisprudenza (ad esempio, Cass., 18 maggio 1999, n. 4811, in Notiz. giur. lav., 1999, p. 690) che, nel differenziare le due ipotesi, pone in evidenza che «caratteristica della transazione novativa e` quella di essere non un negozio ausiliario, bensı` un negozio principale”, sottolineando che “a differenza di quel che accade nella transazione propria, nella quale il contratto di transazione e` complementare rispetto al fatto causativo del rapporto originario ed e` quindi fonte concorrente di diritti ed obblighi, nella transazione novativa il contratto di transazione rappresenta l’unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti». Consequenziale al distinguo di cui innanzi e` che nella transazione semplice, poiche´ non viene sostituito il titolo originario, ma sono modificati solo taluni profili di esso (ad esem-
pio il quantum o le modalita` dell’adempimento etc.), che rimane a fonda- mento del rapporto inizialmente costituito, «la natura dell’obbligazione resta quella originaria, soggetta alle sue vicende». Tale risultato non con- segue, invece, alla transazione novativa fatta salva l’ipotesi in cui vi sia un patto espresso in tal senso secondo quanto dispone l’art. 1232 c.c., in tema di novazione].
In definitiva laddove l’accordo transattivo con valenza novativa inter- venga relativamente ad una negoziazione nulla il risultato cui mirano le parti e` quello di rendere indipendente la validita` del nuovo rapporto fondato sulla transazione dalle vicende relative alla situazione controversa fondate sulla preesistente negoziazione viziata.
Tale effetto e` perseguibile solo creando ex novo un rapporto che in tutto si sostituisce al precedente eliminando la fonte originaria della lite (sul punto concorda anche DI MARZIO, La nullita`del contratto, cit., p. 987, che afferma: «Quanto alla natura necessariamente novativa della transa- zione su contratto nullo, essa appare indiscutibile», rilevando, altresı`, che da tale natura consegue che «gli effetti del contratto faranno data dal momento non del contratto nullo, ma della successiva transazione»); in- fatti, a seguito della transazione novativa l’unica fonte del rapporto tra le parti rimane il negozio transattivo, mentre a seguito della transazione semplice la fonte del rapporto xxxx` costituita sia dal negozio di transazione che dal rapporto preesistente. In questi termini, allora, appare chiaro che non puo` negarsi all’accordo transattivo appieno innovativo l’idoneita` tec- nica a creare un nuovo rapporto perfettamente valido relativamente anche alla situazione litigiosa fondata su un contratto illecito.
Ed infatti, tanto sotto il profilo causale quanto sotto il profilo dell’og- getto, il rapporto derivante dall’accordo transattivo appieno innovativo sara` del tutto autonomo da quello fondato sul contratto nullo, ancorche´ illecito, e, proprio in ragione di tale autonomia, da un lato dovra` negarsi ogni fondamento alla tesi che attribuisce alla transazione su titolo nullo una valenza c.d. recuperatoria e/o di sanatoria del contratto presupposto, da cui origina la lite, in tesi nullo, dall’altro non potra` negarsi che il nuovo rapporto fondato sulla transazione sarebbe immune dai vizi che connota- vano la fattispecie affetta da illiceita` che si e` voluta sostituire (spazzare via) proprio attraverso la transazione.
Se l’argomentazione di cui innanzi convince, xxxxx` riconoscersi al divieto comminato nel I comma dell’art. 1972 c.c. esclusivamente una funzione sanzionatoria giustificata dal particolare disfavore manifestato nei confronti dei rapporti contrattuali nulli per illiceita` (si ricorda, tra le altre norme, anche il disposto dell’art. 2126 c.c.: «La nullita` o l’annulla-
mento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullita` derivi dall’illiceita` del- l’oggetto o della causa») che si risolve, quindi, in un limite a comporre la lite attraverso la transazione.
In altri termini il divieto contenuto nella norma in oggetto, ben lungi dall’essere confermativo di un possibile rifluire della illiceita` del titolo originario nell’accordo transattivo con valenza novativa, ha piuttosto il valore di limite eccezionale dell’autonomia dei privati, limite che ha i connotati propri della sanzione civile e che il legislatore necessariamente ha dovuto porre con un divieto espresso in quanto, in mancanza di esso, nessun impedimento tecnico si sarebbe potuto frapporre ad una valida stipulazione di una transazione novativa (appieno condivisibili appieno i rilievi di DEL PRATO, voce Transazione, cit., p. 845, che opportunamente evidenzia che dal secondo comma dell’art. 1972 c.c. «si desume, infatti, la generale ammissibilita` e l’autonomia dell’accordo volto a superare la con- troversia sulla nullita` del titolo. L’art. 1972, comma 1, limita la portata di questo principio, riservando alla decisione giudiziale ogni questione in materia di illiceita`») relativa ad una negoziazione viziata da illiceita` [sulle argomentazioni svolte nel testo, che riprendono quelle gia` elaborate dal sottoscritto negli scritti citati innanzi, e qui riprese, sembra concordare DI MARZIO, La nullita` del contratto, cit., p. 986 e ss., che, nell’escludere che con la transazione su titolo nullo si operi una sanatoria di esso, realizzan- dosi, piuttosto un nuovo contratto del tutto autonomo dal precedente, conclude che, a rigore, «si dovrebbe perfettamente ammettere la transigi- bilita` del contratto illecito», sebbene evidenzi che la regola espressa dal I comma dell’art. 1972 c.c. non stia ad individuare una sorta di sanzione civile all’autonomia privata bensı` ricalchi la regola affermata dall’art. 2035
c.c. per cui sarebbe contrario al buon costume consentire discussione e
disposizione di situazioni giuridiche ed economiche connesse ad un con- tratto illecito (p. 987). In verita` non mi sembra che l’argomentazione appena riferita escluda la qualificabilita` del divieto espresso dall’art. 1972, comma 1, c.c., in termini di sanzione civile].
In definitiva la disciplina in questione fissa un limite invalicabile, an- corche´ circoscritto ai negozi illeciti, alla disponibilita` successiva della nul- lita`.
8. – Conclusioni
Nel tentare di trarre le fila delle considerazioni svolte, se vi e` la con- sapevolezza che probabilmente non possono considerarsi esaustive di tutte le eterogenee ipotesi in cui sia possibile disporre della nullita` negoziale,
tuttavia esse hanno l’ambizione d’individuare rispetto a queste ultime quantomeno le problematiche piu` ricorrenti ed i limiti che l’autonomia privata incontra a detta disponibilita`, anche considerando le dinamiche processuali. Si e`, quindi, pure cercato di chiarire come la disponibilita` dell’azione di nullita`, connessa alla legittimazione relativa a farla valere con riferimento alle nullita` di protezione, non implichi anche, una volta che detta azione sia liberamente esercitata dal contraente esclusivamente legittimato, la possibilita`, per quest’ultimo di disporre degli effetti che dalla invocata nullita` derivino, qualora essi si rivelino poi pregiudizievoli per lo stesso contraente destinatario della normativa di protezione. Infine, in ordine alla tematica sempre viva della “sanabilita`” del contratto nullo, evocata dalla riserva espressa dall’art. 1423 c.c., si e` tentato di chiarire le ragioni in virtu` delle quali il recupero del contratto nullo non debba necessariamente passare per l’ammissibilita` di una convalida dello stesso, ma che piuttosto vada considerato l’interesse tutelato dalla previsione di nullita` e la possibilita` che esso sia comunque perseguito anche in momenti successivi rispetto alla conclusione del contratto, accreditando, cosı`, dina- miche strutturali diverse da quelle contemplate dal legislatore.
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