DOCUMENTI SULL’AFFIDO FAMILIARE
DOCUMENTI SULL’AFFIDO FAMILIARE
CNSA
Coordinamento Nazionale Servizi Affido
2 marzo 2023
Il Coordinamento Nazionale Servizi Affido
Il Coordinamento Nazionale Servizi Affido (CNSA) è attivo dal 1996 è stato costituito formalmente nel 1998 con un accordo tra diverse Amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 15 della Legge 241/90, è l’organismo nazionale che offre occasioni di confronto sull’affido familiare ai professionisti dei Servizi socio-sanitari.
Risponde all’esigenza di ampio confronto operativo sul tema complesso della progettualità dell’affido, che tutte le Amministrazioni pubbliche sono tenute a potenziare.
II CNSA, tramite Presidenza e Segreteria Tecnica, ha partecipato ai lavori di stesura delle “Linee di indirizzo per l’affidamento familiare”, al progetto nazionale “Un percorso nell’affido” e al successivo “Parole nuove per l’affido”, sta ora collaborando con il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali per la revisione delle Linee di Indirizzo Nazionali per l’Affido.
Al CNSA aderiscono ed hanno aderito nel corso degli anni oltre 100 Enti Pubblici, Comuni, Province, Aziende Socio Sanitarie appartenenti a quasi tutte le Regioni italiane.
Alcune realtà oggi non partecipano più agli incontri ma altre si sono aggiunte.
Di seguito gli attuali partecipanti al CNSA:
Comuni di:
Agrigento, Albano Laziale, Altamura, Anzio, Ancona, Arcore, Ardea, Bagheria, Barletta, Bologna, Brindisi, Brugherio, Campobasso, Castel Vetrano, Catania, Chieti, Comitini, Cosenza, Cremona, Firenze, Genova, Jesi, Milano, Misilmeri, Modena, Monza Brugherio Villasanta, Napoli, Novara, Nuoro, Olbia, Padova, Palermo, Parma, Pesaro, Pescara, Pistoia, Ragusa, Roma, Sacrofano, San Xxxxxxxx Xxxxxx, San Xxxxxx Xxxxxxxx, San Xxxx al Tagliamento, Savona, Senigallia, Siniscola, Tivoli, Torino, Trieste, Valmontone, Venezia, Vicenza;
Consorzio INT.ES.A/BRÀ, Distretto Socio-Assistenziale “A”, Alatri, Azienda Sociale Cremonese, Comuni Ambito Territoriale Gradara, A.S.C.I. Azienda Sociale Comuni Insieme-Lomazzo, Consorzio Ravenna Cervia Russi; - Asl 7 Ancona, ULSS 3 Bassano del Grappa, Azienda U.L.S.S. n. 1 di Belluno, A.S.L. Rimini, ASL di Sanluri;
Provincia Autonoma di Trento;
Finalità
Il CNSA rappresenta l’occasione di incontro degli operatori dei Servizi sociali e socio-sanitari impegnati nell’affido familiare in cui potersi confrontare e condividere riflessioni, esperienze e che, dal 2001, sono condivise anche con le Associazioni Familiari maggiormente presenti sul territorio nazionale e che sono rappresentate dal Tavolo Nazionale Affido.
Indispensabile nell’affido è il lavoro di rete: formarsi, riflettere e sperimentare insieme modelli e forme di raccordo tra Enti Pubblici e Privato Sociale.
Obiettivi
Il CNSA si prefigge di:
o costituire un ambito permanente di confronto e dibattito sui temi inerenti l’affido familiare e sulle problematiche connesse;
o elaborare percorsi metodologico-operativi comuni ai diversi Servizi Affido operanti sul territorio nazionale;
o offrire consulenza tecnico-organizzativa ai Servizi Affidi esistenti sul territorio nazionale che ne facciano richiesta, con particolare attenzione a quelli di nuova istituzione;
o proporsi come referente tecnico per gli organi delle Amministrazioni Locali e Centrali nell’ambito della programmazione delle politiche locali inerenti l’affido familiare e le problematiche familiari e minorili connesse;
o promuovere iniziative di sensibilizzazione sull’affido e relative tematiche, anche in collaborazione con il privato sociale, sia a livello locale sia nazionale.
Organizzazione
Il CNSA ha tre livelli operativi:
- il Direttivo, composto da soci fondatori e dagli aderenti che ne abbiano fatto esplicita richiesta, che si riunisce in genere tre volte l’anno e si occupa, attraverso gruppi di lavoro, di approfondire tematiche emergenti con la conseguente elaborazione dei documenti, riportati successivamente alla discussione dei soci aderenti in sede assembleare;
- l’Assemblea Nazionale, composta da tutti gli aderenti al Coordinamento, che ha il compito di definire le linee di lavoro, validare i documenti elaborati dal Direttivo, realizzare un confronto fra gli operatori del settore su specifiche tematiche anche avvalendosi del contributo di esperti e/o rappresentanti istituzionali e di verificare l’attività svolta dal Direttivo;
- Presidenza e Segreteria Tecnica, ruoli rivestiti a rotazione dagli Enti aderenti.
Documenti e Metodo di lavoro
Frutto del lavoro di confronto, di riflessione e di condivisione dell’esperienza tecnica sono i diversi documenti elaborati in questi anni, infatti i documenti aggregati in questo fascicolo sono stati prodotti in tempi diversi dal lavoro fatto sia nel corso di incontri di confronto in presenza sia dal lavoro di verifiche tecniche-metodologiche ed esperienziali da parte delle equipe dei servizi per l’affido familiare degli enti pubblici aderenti al CNSA.
Il confronto e lo scambio continuo ci hanno consentito così di diffondere buone prassi e innovazioni, di contribuire a studi e ricerche partecipate dal CNSA nel suo complesso e dai singoli aderenti in sedi locali, regionali e nazionali.
Il lavoro è perennemente in rielaborazione a fronte di bisogni che cambiano, teorie e metodologie in ambito sociale, psicologico ed educativo in continua trasformazione, la rassegna qui presentata è solo un esempio del nostro lavoro.
Inizialmente si è voluto sottolineare la cornice di livello essenziale entro la quale si riteneva che l’Affidamento Familiare potesse essere svolto con successo: questa riflessione ha prodotto nel 1998 il documento chiamato L’affido (linee guida).
Successivamente, in seguito alla modifica della Legge 184 del 1983, il CNSA ha curato sullo stesso tema, la redazione di un articolo sulla Legge n. 149/2001 (2002) per Pianeta Infanzia Questioni e Documenti.
Il dibattito scaturito in quegli anni sulla validità dell’affido familiare e la necessità di definire meglio l’ampio utilizzo dello strumento, ha visto nascere i documenti in allegato, per i quali vi è stato un aggiornamento negli ultimi anni.
Ogni documento rappresenta una sintesi scaturita da una mediazione tra esperienze, professionalità e punti di vista differenti: il principio che ha spinto gli operatori del CNSA ad avventurarsi nei vari temi trattati mettendo instancabilmente in discussione il proprio modo di lavorare è stato sempre il superiore interesse del minore
Le tematiche trattate sono:
o Promozione dell’affido
o Diventare affidatari
o Affido di piccolissimi
o Affido di adolescenti e minori stranieri
o Affidamenti di lunga durata
o Nuove forme di accoglienza
o Proposte di Xxxxx guida sull’affido familiare, linee guida tecniche ed operative sull’affido familiare derivate dall’esperienza consolidata dei Servizi e dal confronto con le Associazioni e confluite poi nel progetto nazionale “ Un percorso per l’Affido” ;
Indice: pag
1. La promozione dell’affido 6
2. Diventare affidatari 11
3. Affido dei piccolissimi 19
4. Affido di adolescenti italiani e stranieri 22
5. Affidi di lunga durata 32
6. Ripensare l’accoglienza 37
Appendice:
Statuto CNSA 45
1. PROMOZIONE DELL’AFFIDO
Il Coordinamento Nazionale Servizi Affidi si propone di offrire un documento relativo al tema della “promozione dell’affido” per i Servizi Sociali Professionali e il privato sociale che si occupano di affido familiare.
La sensibilizzazione e, in genere, tutta l’area della promozione, appare come il terreno privilegiato della collaborazione tra i Servizi Sociali locali e le associazioni del privato sociale. Diversi sono i motivi che sostengono questa affermazione e diversi sono i livelli in cui essa può tradursi in concreta prassi, rispetto alla quale diventa fondamentale individuare strategie, percorsi, alleanze e, prima ancora, presupposti. Prioritario diventa definire alcuni punti chiave come premessa ad un lavoro che basa necessariamente il rapporto di collaborazione su interessi, obiettivi comuni e differenze. Differenze relative a competenze e ruoli del pubblico e del privato, nonché interne ai due settori, quello dell’associazionismo e quello del pubblico.
Il contesto in cui opera l’affido è un contesto di aiuto al minore in condizione di disagio sociale e affettivo. Risulta fondamentale riportare all’attenzione dell’associazionismo e dei cittadini il principio originario per il quale è stata emanata la legge sull’affidamento familiare che si basa fondamentalmente su un processo di aiuto a carattere preventivo. Negli anni però l’affido familiare è andato anche connotandosi come intervento di obbligatoria protezione e tutela a fronte di condizioni di rischio e malessere, quando non di danno conclamato, assumendo così anche caratteristiche riparative.
Definizioni, chiarificazioni e condivisioni di principi, di strategie, hanno costituito stimoli e punti di riferimenti di carattere culturale e teorico per quanti hanno interesse per il tema e per l’intervento di affido e sono stati alla base delle riflessioni e dei confronti tradotti poi nelle Linee Nazionali di Indirizzo per l’Affido Familiare
Diventa importante quindi definire il contesto di questo lavoro utilizzando le raccomandazioni in esse contenute.
116 Associazioni e Reti di famiglie affidatarie
La legge n. 184/83, nell’affidare la titolarità della promozione e della gestione dell’affidamento familiare all’Ente Pubblico, prevede un preciso spazio di collaborazione tra questo, le reti e le associazioni familiari: gruppi di famiglie volontarie aggregate, caratterizzati dalla spinta all’accoglienza di bambino in difficoltà e al sostegno della famiglia che possono essere strutturate in varie forme.
Motivazione - Il Servizio pubblico può esercitare appieno le responsabilità collegate all’affidamento familiare attraverso una collaborazione attiva, intenzionale, continua e programmata con le reti di famiglie, l’associazionismo familiare e in generale il privato sociale presenti nel territorio; anch’essi chiamati a svolgere una funzione pubblica. L’appartenenza delle famiglie affidatarie a queste realtà va promossa, riconosciuta e valorizzata.
Raccomandazione 116.1 Chiamare le associazioni e le reti di famiglie affidatarie a partecipare, in integrazione con le istituzioni pubbliche, alla realizzazione di progetti specifici in tema di accoglienza familiare e diritti dei bambini.
AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA La collaborazione tra i servizi pubblici e le associazioni e le reti familiari è formalizzata - ad esempio attraverso protocolli di intesa o forme di convenzione
- per le attività di:
• informazione, sensibilizzazione e promozione dell’affidamento familiare sul territorio;
• confronto e formazione, finalizzate anche al mantenimento della motivazione all’affidamento familiare nelle famiglie;
• accompagnamento e sostegno alle famiglie nell’esperienza dell’affidamento familiare
Il Servizio Sociale locale, come stabilito dalle leggi in materia, spetta il compito di tutela del minore, la responsabilità del Progetto Quadro a sostegno del nucleo familiare e la predisposizione del Progetto di Affido. Inoltre ha il compito di svolgere sostegno educativo e psicologico nei confronti del minore, agevolare i rapporti tra la famiglia d’origine e quella affidataria, avvalendosi di tutte le risorse e i Servizi presenti nel territorio. Non da meno ha il dovere di monitorare il progetto d’affido e avviare tutti gli strumenti necessari per agevolare lo stesso.
Risorse e attenzione devono essere poste dal Servizio Sociale locale nella cura e la manutenzione degli affidi in atto, in quanto l’esperienza ha insegnato che gli affidi ben seguiti sono un’importante forma di sensibilizzazione.
Il “privato sociale” concorre alla realizzazione dell’affido e alla promozione di una cultura della solidarietà e dell’accoglienza, che parte dal riconoscimento delle esigenze dei bambini e degli adolescenti e delle loro famiglie, promuovendo il riconoscimento dei loro diritti.
Viene riconosciuto al “privato sociale” l’impegno e la capacità di testimoniare che la solidarietà e l’accoglienza rappresentano valori importanti e significativi che rendono migliore il contesto in cui noi tutti viviamo.
Anche i presupposti fondamentali per lo sviluppo del rapporto tra Servizio Sociale locale e Privato Sociale nell’ambito della promozione dell’affido sono previsti dalle Linee di Indirizzo.
311 Promozione
La promozione dell’affidamento familiare ha come obiettivo la piena realizzazione del diritto dei bambini a vivere in famiglia attraverso la diffusione di una cultura della solidarietà familiare e di una sensibilità sociale nei confronti dei bambini e delle famiglie in difficoltà. Conseguentemente stimola e fa maturare nuove risorse familiari disponibili a realizzare progetti di affidamento familiare.
Motivazione - Numerose esperienze segnalano come la migliore promozione dell’affidamento familiare sia la testimonianza da parte di famiglie affidatarie, soddisfatte dalla qualità dell’esperienza.
È importante che la promozione sia permanente e non episodica, attuata con modalità e strumenti diversificati, rivolta a target di popolazione differenziata, attenta alle “economie di scala” attraverso collaborazioni inter- istituzionali.
Raccomandazione 311.1 Le attività di promozione devono essere univoche e sistematiche, adottate in maniera coordinata da tutti i diversi soggetti pubblici e privati attivi sul territorio, continue e non episodiche, attuate con modalità e strumenti diversi, utilizzando canali formali e informali di comunicazione e diversificando nel tempo le proposte di promozione.
AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA Si organizzano sui territori gemellaggi e momenti di presentazione e scambi di esperienze per favorire il confronto tra gli operatori, con particolare attenzione allo studio dei fattori replicabili delle pratiche di eccellenza.
AZIONE/INDICAZIONE OPERATIVA Si raccolgono e divulgano le testimonianze positive, in particolare delle famiglie affidatarie, e si diffonde materiale divulgativo realizzato con il contributo di pensieri e riflessioni di tutti i soggetti coinvolti.
Nella gestione delle iniziative di promozione accanto a iniziative comuni in cui rendere visibile la co-progettazione e la promozione condivisa, il valore aggiunto di un sistema di interrelazione tra pubblico e privato, è rappresentato dal moltiplicarsi di occasioni e modi di diffusione della cultura dell’affido.
Nel processo di co-progettazione il Servizio Sociale locale porterà la conoscenza dei bisogni espressi dalle situazioni in carico e le associazioni la conoscenza del territorio nel quale la campagna deve essere realizzata. Indispensabile è definire insieme a chi ci si vuole rivolgere, chi è in nostro target, i contenuti che si vogliono sviluppare e le modalità.
Al Servizio Sociale locale spetterà prioritariamente la produzione di materiale, l’organizzazione di momenti più formali e centrali, in cui le famiglie affidatarie e le associazioni sono i principali testimonial.
Le associazioni possono personalizzare la promozione, utilizzando momenti e strumenti più informali, che hanno la capacità di rendere accessibile e non “minaccioso” l’avvicinarsi all’affido, mostrandolo come un percorso, un processo di avvicinamento.
Il rapporto tra pubblico e privato nell’ambito della promozione ha un suo naturale proseguo nella fase informativa/formativa alle famiglie che sono state sensibilizzate dalle iniziative proposte.
Infine si riconosce la competenza dell’associazionismo nel collaborare per il mantenimento della motivazione all’affido nelle famiglie, sia attraverso progetti specifici condivisi, sia attraverso una continua sollecitazione al pubblico rispetto alle responsabilità che gli sono proprie.
Riteniamo che la promozione dell’affido possa essere efficacemente realizzata solo in un contesto in cui pubblico e privato si ri-conoscono reciprocamente quali portatori di competenze e funzioni diverse, trovando sinergie e linguaggi comuni, rispetto a obiettivi chiari e definiti, basati su principi e valori condivisi.
Con finalità esplicative riteniamo opportuno offrire uno schema dei ruoli e delle competenze del pubblico e del privato; offrendo degli spunti di azione da poter avviare sui territori.
Compiti dei Servizi Sociali territoriali:
• Diffusione della cultura dell’affido sia all’interno dell’Ente che all’esterno attraverso adeguate risorse e disponibilità;
• Promuovere Iniziative continuative di promozione e produrre materiale informativo ad alta visibilità per richiamare interesse e motivazione;
• Individuare filtri territoriali centralizzati e diffusi;
• Avviare incontri di gruppo informativi con il coinvolgimento dei Servizi socio-sanitari ed educativi del territorio;
• Avviare percorsi di formazione nell’ambito territoriale, all’interno del quale viene riservato un incontro per la partecipazione di famiglie affidatarie, famiglie di origine e ex affidati che attraverso la loro testimonianza, basata sul proprio vissuto, riescono ad incidere sull’emotività dell’aspirante affidatario;
• Offrire supporto alle Famiglie aspiranti all’ affido, anche attraverso la gestione dei Gruppi di Famiglie Affidatarie
• Avviare una Sensibilizzazione nell’area politica del territorio;
Compiti delle Associazioni Territoriali:
• Sostegno nella diffusione della Cultura dell’Affido;
• Sensibilizzazione territoriali attraverso contatti e conoscenze propri, anche informali (passaparola);
• Organizzazione di iniziative di informazione e promozione autonome anche attraverso la propria testimonianza;
• Predisposizione e cura di materiale di diffusione, bibliografico, informativo, con la collaborazione con il Servizio Pubblico;
• Contributo culturale al dibattito pubblico sul tema attraverso la presenza in contesti rappresentativi politici/ culturali;
• Partecipazione attiva all'interno delle campagne di promozione dell'Ente Locale nelle diverse fasi, attraverso l’avvio di una co-progettazione;
• Supporto alle famiglie e gestione attività di sensibilizzazione, informazione e promozione in proprio tra una campagna e l'altra
• Testimonianza dell’esperienza diretta attraverso partecipazione a incontri come Famiglie Affidatarie, su iniziativa propria e/o del Servizio;
• Disponibilità a incontri personalizzati
• Proporsi come tramite tra le Famiglie Affidatarie e il Servizio;
• Avviare la Costruzione di un'identità di Famiglie Affidatarie sul territorio;
• Cura di iniziative di comunità (feste, incontri, ec.) che costruiscano rapporti, offrano "calore" e condivisione;
• Offrire occasioni di condivisione e conoscenza, frequentazione, riconoscimento reciproco anche per i minori in affido.
In conclusione possiamo affermare che l’affido è un luogo di cambiamento, è il luogo di relazioni che modificano la fiducia che si costruisce tra i soggetti coinvolti; è motore e presupposto dell’evoluzione positiva della vita del bambino, della famiglia di origine e della famiglia affidataria.
Similmente la relazione tra Servizio Sociale locale e Privato sociale, attraverso il superamento delle differenze e l’instaurarsi di relazioni di fiducia, costruite attraverso il lavorare assieme, permette la realizzazione di percorsi di progettualità comune in grado di ribadire la valenza sociale dell’affido familiare.
L’affido si colloca da un lato come salvaguardia dell’imprescindibile diritto del bambino alla famiglia e dall’altra come crescita della famiglia affidataria che diventa promotrice nella società di una cultura di solidarietà e condivisione.
L’Ente Pubblico e le Associazioni, nell’ambito delle rispettive competenze, si impegnano a curare e coltivare la motivazione e la disponibilità delle Famiglie Affidatarie quando la mancanza di bambini con le caratteristiche richieste comporta "attese" anche lunghe.
Documento rivisto dal CNSA marzo 2021
2. DIVENTARE AFFIDATARI
PREMESSA
Il CNSA riconosce e valorizza le specificità di ciascun Ente Locale, delle singole professionalità e delle peculiari metodologie di lavoro. Considera contributo fondamentale al processo d’affido la collaborazione e il confronto con gli organismi del Xxxxx Xxxxxxx.
Sostiene, allo stesso tempo, attraverso il continuo scambio di esperienze, l’individuazione di un modello condiviso sui principali temi che caratterizzano l’affido familiare.
Un elemento comune tra gli operatori è il riconoscimento degli affidatari come soggetti attivi e come collaboratori indispensabili per la realizzazione del progetto.
In questo documento il CNSA intende tracciare delle linee d’indirizzo rispetto al percorso che le famiglie e le persone singole intraprendono, insieme agli operatori, dal momento in cui si propongono per l’accoglienza di minori.
L’intervento di conoscenza e di riscontro della compatibilità a un possibile progetto di affido è un percorso di consapevolezza che si offre alle persone coinvolte permettendo di riflettere su sé stesse.
Il CNSA vuole evidenziare la progressiva maturazione in cui sono coinvolti gli operatori e le famiglie durante il percorso. Questa dimensione non si esaurisce nel tempo definito degli incontri di formazione, poiché continua a crescere durante tutte le fasi dell’esperienza d’affido. La recente ricerca effettuata dal Distretto socio Assistenziale di Frosinone in collaborazione con l’Isfol e il CNSA ha individuato, attraverso un’analisi comparata, gli “Standard Minimi di Competenza per gli Affidatari” che, sostanzialmente, confermano la riflessione emersa dal confronto tra gli operatori del CNSA.
Le macro aree identificate nella ricerca riguardano:
⮚ la sfera dell’Autoriflessione, associata alla capacità di mettere in discussione se stessi e il proprio nucleo familiare;
⮚ l’area del Metodo dove si fa riferimento, fra l’altro, alla capacità di relazione con il minore e la sua famiglia;
⮚ l’area di Sistema che attiene alla capacità di essere parte attiva nella rete.
Le stesse caratteristiche sono richieste agli operatori per realizzare un valido progetto d’affido. Il percorso di compatibilità a un potenziale progetto d’affido si sviluppa attraverso quattro fasi: Informazione- formazione-conoscenza e valutazione- formazione permanente
Le figure professionali dell’assistente sociale e dello psicologo sono indispensabili in tutte le fasi. E’ buona prassi coinvolgere le famiglie affidatarie preparate. Si possono associare altre figure professionali con compiti specifici, come quella dell’educatore professionale o altra equivalente.
Riteniamo, come già espresso rispetto alla promozione/sensibilizzazione all’affido, che rappresenta la fase precedente a quella descritta nel presente documento, che il percorso di
conoscenza possa essere efficacemente realizzato solo in un contesto in cui pubblico e privato si ri-conoscono reciprocamente quali portatori di competenze e funzioni diverse, trovando sinergie e linguaggi comuni, rispetto a obiettivi chiari e definiti, basati su principi e valori condivisi.
L’affidamento familiare è regolamentato dalla Legge n°184/1983, così come modificata dalla Legge n° 149/2001, ed attuato nell’ambito di quanto previsto dalla Legge n°328/2000 che “assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato d’interventi e servizi sociali…”.
Il CNSA in accordo con le Associazioni del Terzo Settore al fine di garantire il necessario livello qualitativo, organizzativo ed economico dell’affido familiare, nel rispetto e in attuazione della Legge 328/2000 e della Legge 149/2001, ha già espresso e sottolineato i punti fondamentali da tenere presenti nel documento CNSA “PROPOSTE DI LINEE GUIDA PER L’AFFIDAMENTO FAMILIARE”, 2007 ( vd. Linee Nazionali di Indirizzo per l’Affidamento Familiare, 2012).
Gli strumenti di sostegno all’affidamento, in specifico, sono previsti dall'art. 5 comma 4 della L. 149/2001: "lo Stato, le Regioni e gli Enti locali nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria”. L’articolo 38, inoltre, prevede che "le Regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l'idoneità all'accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche".
L’articolazione del lavoro svolto dalle diverse figure professionali viene definito dalle realtà territoriali con modalità che possono variare ma che devono comunque garantire uno standard minimo indicato per ogni fase. Ogni Ente, inoltre, articolerà le diverse azioni e la loro sequenza secondo le proprie dimensioni territoriali e relativi assetti organizzativi.
Il presente documento indica gli obiettivi da raggiungere, i contenuti annessi e gli strumenti generalmente utilizzati per ogni fase. Un buon percorso di conoscenza e formazione delle persone orientate all’affido permette, infatti, di realizzare il miglior abbinamento possibile fra il minore in difficoltà con i suoi specifici bisogni e l’unicità delle caratteristiche degli affidatari che possono farsene carico.
INFORMAZIONE
Questa fase può essere condotta da diverse figure professionali, preferibilmente dall’ Assistente sociale, meglio se con la presenza dello Psicologo e dell’Educatore. L’informazione si può esaurire in un solo incontro arrivando a un massimo di tre.
L’informazione può essere effettuata:
• Individualmente
• In gruppo Obiettivi:
✓ Fornire alle persone che si candidano all’affido le informazioni necessarie per orientarsi verso una scelta consapevole e responsabile.
✓ Contenuti:
✓ cornice legislativa: L. 149/2001 – Normativa Regionale – Regolamento dell’Ente Locale;
✓ descrizione della modalità e degli obiettivi del percorso delle famiglie e delle persone singole;
✓ spiegazione delle diverse tipologie di affido e delle relative finalità;
✓ gli attori dell’affido: il minore, la sua famiglia, la famiglia affidataria, l’ Autorità Giudiziaria e i Servizi territoriali sociali e sanitari; le reti di famiglie e il ruolo del Xxxxx Xxxxxxx.
Strumenti:
materiale informativo: testo della Legge, articoli sull’affido, Normativa Regionale ed eventuali Linee guida Regionali, Regolamento dell’Ente, opuscoli informativi, segnalazione di eventuali siti web, materiale interattivo.
FORMAZIONE
La formazione può essere effettuata prima, durante e dopo la fase della conoscenza e valutazione delle persone che vogliono accogliere.
Questa fase deve essere condotta dall’ Assistente sociale e dallo Psicologo e dove presente anche dall’ Educatore.
Il contesto privilegiato per la piena realizzazione di questa fase è rappresentato dal gruppo. I conduttori si trovano a gestire un doppio ruolo: quello di realizzare un clima favorevole all’apertura autentica di ogni partecipante e quello di “esaminatori” rispetto alle caratteristiche importanti per determinare il grado di compatibilità all’affido.
Questo doppio compito, accogliere e valutare, può essere vissuto in modo discordante dagli operatori stessi e dalle famiglie che si mettono in gioco nell’interazione di gruppo.
In base all’esperienza, per sciogliere questo “nodo” insito nella formazione, risulta utile esplicitare l’implicito e condividere apertamente con il gruppo l’importanza della valutazione da parte degli operatori. I conduttori devono aver cura di rendere consapevoli i partecipanti che la valutazione e la propria auto- valutazione sono un processo protettivo indispensabile non solo per i minori che si vogliono aiutare, ma per i nuclei affidatari stessi.
Si devono prevedere da 4 a 6 incontri a cadenza ravvicinata.
Obiettivi:
✓ Favorire negli affidatari la consapevolezza del proprio ruolo all’interno della rete dell’affido;
✓ Stimolare una riflessione critica sulle dinamiche emotivo- relazionali che si attivano negli affidatari durante il progetto di affido;
✓ Stimolare la visione del cambiamento che la famiglia affronterà durante il progetto d’affido.
✓ Contenuti:
✓ Diritti e doveri degli affidatari;
✓ Il progetto di affido e il ruolo attivo degli affidatari nella definizione e nella realizzazione degli obiettivi ad essi attribuiti;
✓ Rappresentazione delle situazioni a prevalente impatto emotivo:
✓ storia, vissuti, appartenenza, bisogni e potenzialità dei minori;
✓ riflessione inerente le implicazioni dell’inserimento del minore in relazione ai figli della coppia;
✓ la famiglia del minore e i rapporti tra le due famiglie;
✓ la doppia appartenenza del minore, il conflitto di lealtà;
✓ la durata dell’affido e la conclusione del progetto;
Metodologia e Strumenti:
La formazione si attua preferibilmente in gruppo in quanto contesto privilegiato che permette l’attivazione di dinamiche relazionali specifiche a ciascuno e favorisce lo scambio di punti di vista differenti.
E’ opportuno che il gruppo di formazione sia composto da persone allo stesso livello di esperienza rispetto all’affido. Si possono utilizzare le diverse tecniche di conduzione dei gruppi con l’obiettivo di sollecitare l’emergere di contenuti di tipo emotivo.
E’auspicabile l’utilizzo di strumenti diversi, quali ad esempio:
• la testimonianza di una famiglia affidataria
• la lettura di un progetto di affido
• la visione di filmati sull’argomento
• giochi di ruolo
CONOSCENZA e VALUTAZIONE
Questa fase deve essere condotta dall’ Assistente Sociale e dallo Psicologo, ove presente anche dall’ Educatore.
E’ opportuno prevedere che le informazioni siano racchiuse in una fascicolo che possa contenere i dati acquisiti durante tutto il percorso. Gli operatori potranno ottenere, in questo modo, una scheda per ogni risorsa affidataria inserita in Banca Dati che sarà utile per ottenere il miglior abbinamento.
Si devono prevedere da 3 a 6 colloqui più la visita domiciliare.
Nel caso di famiglia con figli è necessario il loro coinvolgimento nel percorso di conoscenza con modalità concordate insieme ai genitori e compatibilmente con la loro età. Allo stesso modo, gli operatori si preoccuperanno di coinvolgere gli adulti conviventi con gli aspiranti affidatari. Il concetto di “compatibilità all’affido” per una famiglia, una coppia o una persona singola non vuole rappresentare un giudizio immodificabile nel tempo, richiama piuttosto la possibilità che le persone possano presentare o meno caratteristiche adeguate all’accoglienza di un minore in difficoltà, durante il ciclo vitale di quel particolare momento evolutivo che il nucleo o il singolo individuo presentano.
Obiettivi :
✓ creare una relazione di fiducia reciproca tra i futuri affidatari e gli operatori;
✓ raccogliere le informazioni necessarie per conoscere le caratteristiche specifiche della famiglia o della persona singola;
✓ stimolare nei futuri affidatari la comprensione delle proprie risorse e limiti nel fronteggiare gli eventi critici della vita;
✓ favorire nelle persone una riflessione sulla propria motivazione all’affido;
✓ delineare il tipo di accoglienza compatibile e sostenibile per i futuri affidatari.
Contenuti:
Gli operatori dovranno considerare gli indicatori di compatibilità all’affido:
✓ Capacità riflessiva
✓ Capacità empatica
✓ Capacità genitoriale sociale
✓ Capacità educativa
✓ Flessibilità e apertura al cambiamento
✓ Capacità di collaborare all’interno di un sistema di relazioni complesse
✓ Modalità efficace di reazione in situazioni stressanti
Aree di approfondimento :
✓ motivazionale esplicita e implicita
✓ storia personale di coppia e familiare
✓ organizzazione familiare
✓ dimensione affettivo relazionale e stili educativi
✓ rete familiare
✓ rete sociale
✓ rappresentazione dell’affido
✓ esperienze di solidarietà e/o volontariato pregresse o in corso
Strumenti :
✓ Scheda o fascicolo del nucleo affidatario
✓ Colloqui individuali
✓ Colloqui di coppia
✓ Strumenti psicodiagnostici
✓ Genogramma familiare
✓ Visita domiciliare
COLLOQUIO DI RESTITUZIONE
La scheda del nucleo affidatario è arricchita, alla fine del percorso, da ciò che emerge durante il colloquio di restituzione in cui sia gli affidatari sia gli operatori s’impegnano in una rilettura del percorso effettuato.
Gli affidatari devono essere sollecitati a descrivere l’evoluzione ottenuta dal percorso rispetto all’idea iniziale sull’affido, sui minori in difficoltà e sulle loro famiglie. E’ opportuno definire insieme la disponibilità anche in base alle diverse tipologie dell’affido. E’ importante lasciare che le persone parlino apertamente delle loro paure e delimitino una disponibilità all’affido in base a quelli che riconoscono essere i loro punti di forza e di debolezza.
Obiettivi:
✓ definizione delle risorse e limiti individuali e familiari;
✓ definizione della disponibilità;
✓ descrizione della maturazione avvenuta rispetto all’iniziale disponibilità.
Contenuti:
✓ Riflessione sulla formazione e sulla propria modalità all’interno del gruppo.
✓ Progetto di affido ritenuto compatibile.
✓ Strumenti:
✓ colloquio psico-sociale
FORMAZIONE PERMANENTE
La fase dell’attesa di un abbinamento è un periodo molto delicato e importante in quanto la famiglia o la persona singola può continuare a maturare la scelta procedendo a elaborare il proprio vissuto interno.
L’aspirante affidatario ha bisogno di strumenti che gli permettano di essere supportato ed accompagnato in questa fase.
Obiettivo: Evitare la dispersione rispetto all’esperienza del percorso.
Contenuti:
✓ Il progetto di affido e il ruolo attivo degli affidatari nella definizione e nella realizzazione degli obiettivi ad essi attribuiti;
✓ Le situazioni a prevalente impatto emotivo e strategie di fronteggiamento
Strumenti:
✓ incontri individuali con altri affidatari;
✓ partecipazione a gruppi di sostegno e mutuo-aiuto;
✓ partecipazione ad iniziative dell’Ente Pubblico o dell’Organismo privato (feste, convegni, dibattiti);
✓ affiancamento a una famiglia affidataria in veste di famiglia di appoggio;
✓ esperienza di volontariato presso una struttura per minori o all’interno di progetti educativi territoriali sulla base di un percorso strutturato e supervisionato dal Servizio Pubblico anche in collaborazione con il Xxxxx Xxxxxxx.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Il percorso di accompagnamento per diventare affidatari necessita di specifiche competenze degli operatori che devono essere adeguatamente formati e prevalentemente dedicati all’ attività di affido familiare, possibilmente all’interno di un servizio affidi pubblico.
Una volta avviato l’affido, è di fondamentale importanza mantenere anche uno spazio di riflessione per la famiglia affidataria, spazio che deve essere utilizzato per un confronto sui vissuti della famiglia in relazione alla congruità del progetto.
Per il buon andamento del progetto d’affido è importante inoltre che tutti gli operatori che hanno un ruolo diverso in tale progetto si integrino prevedendo momenti comuni per la realizzazione di un buon sostegno e monitoraggio .
Sarà responsabilità di tutti gli operatori trasmettere alla famiglia affidataria chiarezza rispetto alle loro competenze e ruoli.
Prima Stesura a cura del CNSA settembre 2018
Aggiornamento al documento Diventare Affidatari
Principali criticità nel percorso di conoscenza delle famiglie, coppie o singoli affidatari
Il presente lavoro è frutto del confronto e dell’approfondimento con gli operatori, assistenti sociali, psicologi e educatori dei Servizi affido familiare che aderiscono al CNSA e rappresenta l’aggiornamento derivato dall’esperienza fatta con l’utilizzo continuativo nei percorsi di conoscenza, del documento precedente ” Diventare Affidatari”
Elementi critici predittivi
Sono elementi da non sottovalutare ed eventualmente trattare adeguatamente con gli affidatari per la complessiva valutazione della disponibilità all’affido degli adulti incontrati nel percorso di Formazione/Conoscenza:
⮚ Disponibilità a pensare al futuro, mentalizzare o immaginare le diverse opzioni del progetto di affido
La famiglia/single non concorda in modo esplicito con le ipotesi di abbinamento fatte dagli operatori, dà disponibilità minime e rigide sia per il tempo messo a disposizione per l’esperienza di affido, che sull’età e caratteristiche del bambino eventualmente abbinabile, ad es. solo bambini italiani, solo entro i 3 anni etc.
⮚ Competenze nell’area socialità
La coppia/single non ha una rete relazionale (parentale, amicale) stabile e supportiva, capace di sostenerla ed aiutarla nel progetto di affido e negli inevitabili imprevisti che qualsiasi affido comporta, appare” isolata” nel proprio contesto di vita quotidiana.
⮚ Capacità di tollerare – accogliere e contenere l’altro diverso da sé, capacità di tollerare la doppia appartenenza del minore tra FA e FO e il suo legame concreto o solo fantasmatico con la Famiglia d’Origine
• La coppia/single manifesta rigidità in ordine ai propri riferimenti valoriali ed educativi che si traduce spesso in aspettative alte e difficoltà a reggere la frustrazione dei mancati risultati richiesti o mancate adesioni valoriali del minore affidato stesso.
• Non si intravvede nella coppia e/o single la necessità/disponibilità/curiosità in ordine alla filiazione/affiliazione con il bambino, ma di assimilazione e adattamento del bambino agli adulti; in altri termini l’affidamento è immaginato come aggiunta di un elemento non come modifica reciproca di ritmi, stili, tempi e significati del proprio vivere insieme quotidiano e non.
• Emergono problemi di difficile relazione ancora presenti, con la propria storia personale di figli, oppure si evidenziano fragilità/traumi ed esperienze più o meno problematiche pregresse ma non affrontate, non risolte, non trattate. In riferimento a tali esperienze personali, familiari o di coppia, non si intravvedono possibilità di cambiamento e/o modifica dei propri convincimenti/atteggiamenti che potrebbero anche diventare elementi critici nell’incontro con problematiche affini di cui il minore affidato è portatore.
• La coppia/single non manifesta modalità efficaci di reazione a situazioni stressanti
⮚ La coppia/single non ha visibilmente acquisito una propria serenità personale e/o di coppia
La famiglia/single è alla ricerca di un figlio naturale ed è ancora in un percorso che non permette di individuarla, al momento, come famiglia che ha compreso la genitorialità affidataria.
⮚ La coppia/single non è unita e sintonica verso il progetto di affido (uno dei due è motivato, l’altro defilato o aderente solo per compiacere il partner)
Xxxxxx competenza narrativa ed assenza di pensiero critico riguardo alla propria infanzia Idealizzazione o al contrario svalutazione eccessiva delle proprie figure genitoriali: espressione in colloquio di eccessiva attivazione (pianto, chiusura, rabbia) rispetto ad elementi ed episodi critici della propria storia di figli (ipotesi che non ci sia stata un’effettiva elaborazione) nella relazione coi propri genitori e fratelli;
Incapacità di elaborare e rendersi consapevoli rispetto alle proprie esperienze reali come figlio e come genitore al proprio mondo interno, quindi la capacità genitoriale / di accudimento e il proprio modello familiare implicito non risulta consapevolmente connessa alla personale esperienza di figlio/figlia.
⮚ Difficoltà marcate nella possibilità di nominare, esprimere e gestire le emozioni Quando questa caratteristica emerge in modo preciso durante i colloqui di conoscenza e non permette agli operatori di andare più a fondo di quello che la coppia/single dichiara come presentazione “preconfezionata” di sé e della propria storia.
In tali situazioni non si riesce a conoscere le persone realmente ai fini di un progetto di affido.
⮚ La coppia/single non è in grado di “comprendere” e collocarsi nel Sistema affido
Si evidenziano autoreferenzialità eccessiva e una incapacità di “tenere dentro”, stare dentro la Rete del Sistema Affido: quindi non dimostra di essere in grado di interagire con tutti gli attori del progetto affido ai fini di un reale accompagnamento del minore nel quotidiano e nel percorso futuro della relazione con tutti gli attori in campo dai servizi ai parenti, alle istituzioni etc.
Stesura a cura del CNSA aprile 2021
3. AFFIDAMENTO FAMILIARE DI BAMBINI PICCOLISSIMI(0 – 24 MESI)
Con il presente documento il Coordinamento Nazionale Servizi Affidi intende proporre alcune riflessioni già condivise con le Associazioni del privato sociale che si occupano di affido familiare.
Riteniamo che l’affidamento dei bambini piccolissimi, per il tempo necessario ad effettuare una valutazione sulla situazione complessiva del minore e sulla capacità di svolgere funzioni genitoriali da parte dei genitori o di altre figure vicarianti nell’ambito della famiglia di nascita, sia un’area delicata e di particolare importanza cui dedicare un’attenzione specifica.
E’ infatti un tema prioritario proprio per la sua valenza preventiva e per la fondamentale importanza che viene ad assumere il fattore “tempo”. Poiché si tratta di un periodo di vita, quello relativo ai primissimi anni, che incide significativamente e profondamente sulla vita futura, non solo gli anni ed i mesi sono importanti, ma lo sono anche i singoli giorni.
E’ proprio nei primi mesi di vita, come sappiamo, che si creano le condizioni perché i bimbi costruiscano quell’attaccamento sicuro che permette loro di esplorare in modo sereno l’ambiente esterno sapendo di poter tornare a quella “base sicura” che è rappresentata dalla relazione speciale che si crea tra il bambino e la figura stabile di accudimento; è la possibilità di stabilire relazioni di vicinanza e fiducia che consentirà loro di crescere con sicurezza e serenità.
Il gruppo di lavoro ha intrapreso negli anni una riflessione ed un confronto a partire dalle realtà consolidate di affidamento di bimbi piccolissimi che ormai dagli anni ’90 danno risposte a questa esigenza; attraversando anche le nuove sperimentazioni, i progetti in itinere esistenti nelle varie realtà locali, si è consapevoli di non svolgere un’analisi completa ed esaustiva ma tuttavia carica di tanti elementi di riflessione e complessità e di un bagaglio di esperienza ormai molto significativo.
Da tale verifica è emerso un quadro molto variegato rispetto ai progetti attuati in relazione alla problematicità delle famiglie d’origine e alle risorse disponibili.
In alcune realtà il ricorso all’inserimento di neonati in strutture di accoglienza costituisce purtroppo ancora l’intervento predominante se non esclusivo. Si tratta di strutture gestite o da famiglie (casa famiglia, comunità familiare) o da personale educativo (comunità di tipo familiare, comunità alloggio, ex istituti) che vengono definite in maniera non omogenea a livello nazionale e che pertanto, nelle diverse Regioni, assumono peculiarità anche molto diverse tra loro.
Si è inoltre cercato di evidenziare gli aspetti di complessità, i nodi problematici, e le condizioni necessarie per poter attuare progetti coerenti con gli obiettivi individuati.
Alcune premesse
E’ necessario precisare che si escludono dalle riflessioni del presente documento le situazioni in cui esistono le condizioni per poter tentare un intervento a sostegno della genitorialità, svolto prioritariamente presso il domicilio delle persone interessate, nonché quelle in cui sia sostenibile proporre un inserimento in comunità della madre (più raramente anche del padre) con il bambino, ipotesi progettuale percorsa sempre più frequentemente dall’Autorità giudiziaria minorile e dai Servizi.
L’affido per i piccolissimi ha come presupposto e fondamento scientifico la necessità per il bambino di vivere in un contesto familiare in cui trovare figure stabili di accudimento e cura che gli permettano di instaurare relazioni affettive e di fiducia, che offrano quella “base” che può favorire lo sviluppo di un attaccamento sicuro.
L’analisi si concentra invece su quelle situazioni in cui i Servizi sociali e sanitari e, soprattutto, l’Autorità Giudiziaria hanno ritenuto non protettiva, al momento della nascita o successivamente, la permanenza
del bimbo presso il nucleo d’origine, sia esso formato dalla sola madre, dalla coppia genitoriale o dalla famiglia xxxxxxxxx. Essa riguarda in particolare i progetti elaborati dal Servizio affidi dei Comuni di Bologna, Firenze, Genova, Milano, Torino, Trento, Trieste, Vicenza,
In questi progetti, pur nelle loro differenze e specificità, vengono prese in considerazione quelle situazioni in cui la condotta dei genitori viene ritenuta pregiudizievole nei confronti del figlio ma dove, non essendoci sufficienti elementi per formulare una diagnosi ed una prognosi sulla situazione, è necessario effettuare una valutazione.
In questi casi, l’affidamento familiare tempestivo e per il tempo necessario ad approfondire la conoscenza della situazione per fornire all’Autorità Giudiziaria tutti gli elementi utili ad assumere una decisione, costituisce l’intervento più adeguato.
Esso risponde dunque a due obiettivi fondamentali:
1) offrire nel più breve tempo possibile una situazione di tutela al neonato esposto altrimenti ad una situazione di grave rischio;
2) consentire agli operatori di approfondire, in tempi brevi, la conoscenza e la valutazione delle capacità genitoriali e la possibilità di un loro recupero, anche con il supporto dei servizi specialistici, che consenta di formulare un progetto più a lungo termine per il futuro del bambino. L’esito di tale percorso, che sarà delineato nel provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, può prevedere o il rientro nella famiglia di nascita, anche allargata, o l’apertura di una procedura per la dichiarazione di adottabilità, o, ancora ma tendenzialmente residuale, il prosieguo dell’affidamento familiare.
A seguito della valutazione dunque, si aprono due vie e sarà necessario:
A) predisporre progetti di intervento a supporto dei genitori necessari per potenziare e sviluppare le capacità residue e il senso di responsabilità quando si ritiene possibile il rientro del bambino in famiglia (anche nella famiglia allargata).
B) predisporre gli atti necessari per richiedere l’apertura del procedimento di adottabilità.
Caratteristiche e bisogni dei bambini presi in considerazione.
✓ Bambini nati da genitori per i quali si è evidenziata la necessità di una valutazione diagnostica e prognostica delle loro capacità gravemente compromesse (genitori tossicodipendenti, portatori di malattie mentali o di patologie invalidanti, gravi fragilità sociali e psicologiche, ecc.).
✓ Bambini in stato di abbandono o sottratti d’urgenza ai familiari a fronte di maltrattamenti o abusi (ex art. 403 del c.c.).
✓ Bambini rispetto ai quali si è interrotto il progetto di inserimento con il/i genitori in struttura protetta (es. comunità terapeutica, comunità genitore/bambino).
✓ Bambini che nascono con problemi sanitari di tale gravità per cui si riscontra l’impossibilità o l’inadeguatezza da parte dei genitori biologici di accudirli e di provvedere alle loro esigenze psicologiche e sanitarie.
Nel corso dell’affidamento e per tutto il periodo della valutazione occorre monitorare la relazione genitori/figlio, garantendo gli incontri necessari tra gli stessi, mediati dalla presenza di personale specializzato che svolge la duplice funzione di osservare (per fornire ulteriori elementi di valutazione) e sostenere la relazione.
Un’altra tipologia di bimbi va ricordata anche se l’affidamento in questo caso assume caratteristiche molto diverse; i bimbi infatti transitano nelle famiglie affidatarie per un tempo brevissimo, quello necessario al TM per individuare una famiglia avente i requisiti per l’adozione: Bambini non riconosciuti alla nascita per i quali, evidentemente, non si effettuano valutazioni né incontri in LN.
Caratteristiche delle famiglie affidatarie
La riflessione sulle famiglie affidatarie ha portato ad individuare alcune caratteristiche che qui elenchiamo ritenute fondamentali per poter attuare con congruità i progetti elaborati:
✓ E’ indispensabile che la famiglia sia capace di creare fin da subito un contesto affettivo ed un legame intenso e, nel contempo, sia preparata a saper accettare la separazione al momento opportuno collaborando per garantire un accompagnamento sereno al nuovo contesto di vita, dando il “permesso” al bimbo di creare nuovi legami, lasciandolo andare con fiducia e non “trattenendolo”.
✓ E’ preferibile che non siano famiglie alla prima esperienza genitoriale e affidataria; pertanto, non sono risorse reperibili mediante generiche campagne per l’affidamento. In particolare è necessario prestare estrema attenzione alle coppie senza figli o che provengono da percorsi adottivi che non si sono conclusi con un abbinamento.
✓ E’ considerato un elemento di positività la presenza di figli biologici, possibilmente non troppo piccoli e in grado di comprendere il passaggio di bambini all’interno della loro famiglia e la successiva separazione.
✓ E’ necessario valutare la disponibilità della famiglia ad attivarsi ed organizzarsi per il pronto intervento poiché in molti casi l’avvio di un affido di bambini piccolissimi avviene in tempi molto brevi, talvolta nell’arco di poche ore.
✓ E’ auspicabile la presenza di una rete di solidarietà familiare o tra famiglie disponibili all’affidamento.
Condizioni e garanzie di fattibilità.
Affinché il progetto di affidamento dei bimbi piccolissimi, così delicato e complesso, possa nascere, svilupparsi e consolidarsi è necessario che le amministrazioni locali:
✓ Xxxxxxxxxx adeguatamente la scelta dell’affidamento familiare, investendo nella formazione e nel numero degli operatori nonché nella formazione e sostegno delle famiglie affidatarie.
✓ Definiscano preventivamente accordi tra Enti Locali, A.S.L., Associazioni di Famiglie affidatarie e con le A.A.G.G (Procura Minori, Tribunale per i Minorenni, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Corte d’Appello); è necessario infatti condividere riflessioni ed obiettivi e creare le condizioni che consentano di coordinare gli interventi di competenza tra tutti i soggetti coinvolti e promuovere istruttorie e provvedimenti relativi alle singole situazioni che tengano conto della specificità del progetto e dei tempi del bambino.
✓ Garantiscano la presa in carico tempestiva, da parte dei Servizi Socio-Sanitari per contenere nel tempo strettamente necessario la fase della valutazione e delle decisioni sul futuro del bambino.
✓ Prevedano anche la presenza dell’educatore come figura di supporto per il bambino e per la famiglia affidataria soprattutto nelle fasi più delicate del progetto (in particolare l’avvio ed il passaggio) e per l’osservazione ed il sostegno alla relazione durante gli incontri in luogo neutro fra la famiglia d’origine ed il bambino. Si raccomanda, quando possibile, la creazione di servizi di Luogo Neutro dedicati al progetto o la formazione specifica di educatori dedicati.
✓ Sensibilizzino, informino e formino le potenziali famiglie affidatarie sulle tematiche giuridiche, sanitarie, sociali e psicologiche attinenti al progetto.
✓ Offrano sostegno e supporto attraverso i Servizi Socio-Sanitari durante lo svolgersi dell’esperienza ed, in particolare, al momento della separazione.
✓ Promuovano l’attivazione di gruppi di sostegno per le famiglie disponibili come contenitore permanente per la condivisione delle emozioni e delle esperienze e per favorire la nascita di reti di sostegno tra famiglie accoglienti.
Documento rivisto dal CNSA settembre 2020
4. L'AFFIDAMENTO FAMILIARE DI ADOLESCENTI ITALIANI E STRANIERI
Premesse
In questa revisione, il Coordinamento Nazionale Servizi Affido unisce due documenti già presentati singolarmente nel 2004, relativi ai temi dell’affidamento familiare di adolescenti e di minori stranieri. La scelta di trattare ed approfondire nuovamente il tema dell’affidamento familiare degli adolescenti e dei minori stranieri nasce da un’analisi della realtà che i Servizi Affido si trovano ad affrontare frequentemente.
Tutti i bambini ed i ragazzi hanno diritto a vivere nell'ambito della propria famiglia e quando questa attraversa un periodo di difficoltà, gli stessi hanno diritto a vivere nell'ambito di un'altra famiglia nonché il diritto di avere risposte ai loro bisogni. I Servizi e la Magistratura Minorile hanno l’obbligo di tutelarli secondo le priorità definite dalla Legge 184/83 (e ss mod.), in particolar modo quando la loro permanenza in struttura si prolunga.
Le Linee di indirizzo per l’affidamento familiare1, alla cui stesura e monitoraggio ha partecipato il CNSA, riconoscono l'affidamento familiare di preadolescenti e adolescenti come tipologia di affidamento per bambini in situazioni particolari. Esso si può presentare come particolarmente complesso poiché tale fase evolutiva si caratterizza per l'attenzione all'emancipazione e differenziazione dalle figure genitoriali e per la costruzione di una nuova identità che trae i suoi riferimenti principalmente dal gruppo dei pari o da altre figure al di fuori della famiglia rimanendo, nel frattempo, le figure genitoriali i fondamentali riferimenti di appartenenza. Le Linee di indirizzo2 invitano a sostenere le particolari situazioni dell'affidamento di preadolescenti e soprattutto adolescenti con specifica attenzione ad un ascolto disponibile, ad una adeguata conoscenza psico-evolutiva, ad una puntuale individuazione di eventuali problematiche psicopatologiche. I Servizi sociali e sanitari individuano singoli o coppie disponibili a questo tipo di affidamento familiare, prevedendo percorsi graduali di avvicinamento e specifici sostegni sia al ragazzo/a sia all'affidatario. Le Amministrazioni promuovono, attraverso eventi di sensibilizzazione, forme di affidamento familiare diversificate attraverso l'attivazione di famiglie allargate, reti di famiglie, persone singole. Ciò permette accoglienze più vicine a modelli di relazioni “aperte e orizzontali” (vari fratelli nel caso di reti di famiglie o famiglie allargate), o verticali-adulte non genitoriali (zii, fratelli maggiori nel caso di single o conviventi senza un rapporto di coppia).
Alcuni dati statistici
Di seguito citiamo alcuni dati dalle ricerche nazionali ad oggi disponibili sull'affidamento familiare, che fanno riferimento al 31/12/20173. I dati risultano al netto dei minori stranieri non accompagnati.
Dall'indagine campionaria emerge che, su tutto il territorio nazionale, i bambini e i ragazzi che a tale data vivevano fuori dalla famiglia d'origine e specificamente in affidamento familiare o nei servizi residenziali per minorenni, risultavano essere 27,111, per un tasso sulla popolazione minorile di riferimento del 2,8 per mille. Di questi, 14.219 erano in
affidamento familiare a singoli, famiglie e parenti per almeno cinque notti alla settimana, e i rimanenti 12.892 risultavano collocati nei servizi residenziali. Tali dati si riferiscono ad allontanamenti dal nucleo familiare d'origine disposti con provvedimento dell'autorità giudiziaria competente.
1 Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, approvate il 25/10/2012 dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni- Autonomie Locali;
2 Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, approvate il 25/10/2012 dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni- Autonomie Locali, raccomandazione 224.c;
3 Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
Tra le le strategie di risposta ai bisogni di presa in carico dei minori fuori famiglia, l'affidamento familiare risulta essere in equilibrio con l'inserimento residenziale, assestandosi a un rapporto di 1,1 minorenni in affidamento familiare ogni minorenne collocato nei servizi residenziali.
Secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali4, al 31/12/2017 i minori stranieri non accompagnati risultavano 18.303. Di questi, al netto di 5.828 che risultavano irreperibili per essersi allontanati, la maggior parte era ospitata nel sistema di accoglienza residenziale di primo o secondo livello. I dati relativi ai progetti di affido familiare dei minori stranieri non accompagnati a quella data risultano incerti. Secondo l'indagine campionaria5, circa 500 risultavano essere accolti in affidamento familiare nello stesso anno.
In una visione diacronica, nell'ultimo decennio si osserva una sostanziale stabilità dei casi, poiché il tasso di collocamento in affidamento familiare e nei servizi residenziali è sostanzialmente stabile in Italia.6
Tra affidamento e servizi residenziali si rileva un andamento sostanzialmente inverso, in quanto a durata, tra i due strumenti dell'accoglienza, più concentrato sulle permanenza lunghe l'affido, più polarizzato sulle permanenze brevi le comunità residenziali. La durata dei progetti di affidamento risulta essere: 18,2% per meno di un anno, 20,4% tra uno e due anni, 20,0% tra due e quattro anni, 37,8% più di quattro anni.7
La distribuzione dell’età media nell’affidamento familiare conferma la sostanziale prevalenza di preadolescenti e adolescenti (29,9% tra gli 11 e i 14 anni e 28,5% tra i 15 e i 17 anni) , così come per l'accoglienza nei servizi residenziali (18,7% tra gli 11 e i 14 anni e 54,3% tra i 15 e i 17 anni).
Viceversa, più concentrati negli anni della prima infanzia risultano essere gli affidamenti familiari: Il 40,3% dei minori tra 0 e 10 anni risulta accolto in affidamento mentre il 24,6% è nelle comunità residenziali.
L'indagine campionaria riferisce anche di una scarsa permeabilità dei due strumenti di accoglienza nella direzione che dai servizi residenziali conduce all'affidamento familiare: dei dimessi dai servizi residenziali nel corso del 2017, il 9,1 per cento viene inserito in una famiglia affidataria.8 All'opposto, risulta che il 17,9% dei minori che terminano un progetto di affido vengono inseriti in struttura residenziale, mentre è del 9,1 la percentuale dei bambini che vengono collocati in altra famiglia affidataria.
La forte presenza di ragazzi della fascia 15-17 anni pone in tutta evidenza il tema dell'adeguato accompagnamento verso percorsi di autonomia, da costruire tempestivamente prima del raggiungimento della maggiore età, tenuto conto che il 37,4% dei minori che terminano l'affidamento rientrano in famiglia.9
E' a partire dalla riflessione su tali dati che il presente lavoro si concentra sulla necessità di realizzare progetti di affidamento per gli adolescenti, così come sulla promozione di un più frequente passaggio dei ragazzi dalle comunità alle famiglie, per rendere reale e accessibile ai ragazzi il diritto di cui ci facciamo portavoce, quello di crescere in una famiglia.
4 Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione-Divisione II-Report mensile minori stranieri non accompagnati in Italia.
5 Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
6 Per una comparazione dei collocamenti fuori famiglia in alcuni Paesi europei cfr Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
7 Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
8 Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
9 Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
Presupposti dell'affido per gli adolescenti
L’adolescente, in quanto persona in una particolare fase evolutiva, deve poter instaurare delle relazioni e dei legami positivi che gli consentano di creare una propria identità e costruire il proprio futuro. È allora doveroso da parte dei Servizi ricercare la soluzione più idonea per ogni minore ed è necessario avere più risorse a disposizione per rispondere adeguatamente alla diverse situazioni, tenendo conto della storia e delle necessità individuali.
I bisogni di un adolescente sono così diversi e molteplici per cui l’affidamento familiare è uno strumento che, più di altri, può fornire una risposta personalizzata e rappresentare la soluzione più idonea per un loro armonico sviluppo.
Ma la realtà odierna vede poche famiglie disponibili ad accoglierli.
La situazione attuale, inoltre, denota una certa difficoltà degli stessi operatori sociali e sanitari a pensare all’affido per i minori già in età adolescenziale come un intervento possibile e praticabile.
Fra le riflessioni che sottostanno a tale difficoltà vi è quella che, data la tendenza dei giovani a contrapporsi alla propria famiglia, non sia il caso di proporgliene un’altra non propria, con il rischio di innescare una dinamica che potrebbe rilevarsi negativa sia per la famiglia affidataria sia per il ragazzo stesso. Questi giovani, infatti, nel manifestare i loro bisogni di autonomia e di affermazione, agiscono comportamenti a volte oppositivi e provocatori, a volte regressivi e di dipendenza.
L’incontro con la famiglia affidataria, può essere, al contrario, la risposta adeguata ai bisogni di dipendenza a lungo frustrati; può dare una compensazione ad esperienze di adultizzazione precoce permettendo all’adolescente di sperimentare una situazione in cui non si deve occupare di adulti fragili, o di fratelli bisognosi e può permettergli, inoltre, di confrontarsi con dinamiche di vita non legate al disagio, alla sofferenza, alla patologia.
Nello stesso tempo, essere sottratto al coinvolgimento in croniche situazioni di conflittualità della propria famiglia d’origine, può agevolare un maggior investimento su di sé e le proprie risorse, facilitando l’acquisizione di autonomia. Un buon abbinamento, preparato da un giusto avvicinamento, potrà quindi essere decisivo per la costruzione della personalità e del progetto di vita dell’adolescente.
Presupposti irrinunciabili di un giusto abbinamento da parte dei Servizi sociali e sanitari che si occupano del progetto di tutela, sono una buona conoscenza della famiglia d'origine, del minore stesso e della famiglia che si appresta ad accoglierlo. A riguardo si rende indispensabile l'ascolto del ragazzo e della sua famiglia, anche quando si tratti di minore straniero non accompagnato. Risulta sempre più necessario l'utilizzo degli attuali strumenti comunicativi informatici e della mediazione linguistico- culturale. Infatti, senza un'adesione reale, si rischia di vanificare qualsiasi progetto.
Nella fase coincidente con la richiesta di reperimento di famiglia affidataria, occorre inoltre valutare con particolare cura ed attenzione la necessità di mantenere unite eventuali fratrie o, al contrario, di prevedere famiglie diverse qualora le esigenze individuali dovessero superare la necessità di proseguire un percorso di vita comune.
La progettualità deve inoltre prevedere se l'affido avrà come prospettiva l'accompagnamento dell'adolescente alla maggiore età oppure se si tratti di un progetto temporaneo in vista di ulteriori scelte (rientro in famiglia, altre soluzioni). Tali prospettive devono essere preparate con cura, e tutti i soggetti devono essere coinvolti nelle diverse fasi.
Per quale adolescente l’affido
L’esperienza dell’affido può essere possibile per l’adolescente in presenza di alcune caratteristiche di base, che riguardano sia i vissuti del minore sia la sua personalità:
C) avere introiettato un’immagine dei propri genitori o in generale della figura genitoriale non totalmente o troppo compromessa; in caso contrario, l’adolescente potrebbe assumere un atteggiamento di totale rifiuto/difesa dall’adulto;
D) aver iniziato un percorso di elaborazione delle problematiche della famiglia d’origine;
E) aver manifestato il desiderio di esperire ancora nella relazione con un adulto (affidatario) le caratteristiche e gli aspetti della funzione genitoriale;
F) aver maturato uno spazio nel quale poter costruire un’immagine ed una proiezione di Sé come adulto.
Per questo l'affido per gli adolescenti deve essere soprattutto un'occasione per rielaborare il passato, per acquisire consapevolezza della situazione della famiglia d’origine e prendere le distanze/la misura da tale situazione, per la costruzione della propria identità e del proprio futuro. L'affidamento può inoltre divenire spazio per esprimere la volontà di rivedere il proprio percorso, dall'infanzia all'adolescenza, con la consapevolezza che alcuni frammenti di vita che possono risvegliare le sofferenze, devono essere ricuciti con il contributo degli adulti che si prenderanno cura del ragazzo.
Condizioni necessarie per realizzare l’affido degli adolescenti
Per definire il diverso percorso personale (costruzione dell’identità/ cammino verso l’autonomia), bisogna distinguere se l’adolescente inizia il percorso di affido direttamente dalla famiglia d’origine o provenendo da altra collocazione (struttura residenziale, precedente affido).
Nel primo caso occorrerà tenere conto di quanto il minore è coinvolto nelle dinamiche e negli eventi che hanno creato le difficoltà nella sua famiglia e del suo ruolo all’interno della stessa, anche perché dietro ad un allontanamento dal nucleo familiare d’origine durante l’adolescenza, vi sono spesso anni di vita in dolorose situazioni di crisi e numerosi e ripetuti interventi di sostegno che non hanno consentito il superamento di tali difficoltà. La presenza di fratelli e sorelle che rimangono nel nucleo d’ origine o presso strutture residenziali, è un elemento da tenere in considerazione se questi stessi rimangono in famiglia o sono in attesa di un affido familiare, perché questa situazione può scatenare nell’adolescente sensi di colpa o di abbandono che possono rendere particolarmente impegnativo il lavoro con lui.
Nel caso di minore proveniente da una comunità occorrerà considerare quale progettualità era alla base dell'inserimento, quanto tempo il minore vi abbia vissuto, quali relazioni possa avere stabilito.
Diversamente da quanto piuttosto frequentemente accade nel caso di avvio di un affidamento che parte dalla famiglia d'origine, in questo caso sono più facilmente ipotizzabili una conoscenza e un avvicinamento graduali che tengano conto dei tempi del minore, della famiglia d'origine e di quella affidataria, al fine di evitare forzature che potrebbero rivelarsi dannose.
Particolarmente utili sono le indicazioni contenute all'interno delle Linee di Indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali per minorenni.10
Nello specifico, alla conclusione del progetto di accoglienza residenziale, il passaggio alla famiglia affidataria si attua attraverso opportuna preparazione che preveda una ri-progettazione del Progetto Quadro quale base per l'elaborazione del progetto individualizzato di affidamento familiare. Il progetto deve prevedere il coinvolgimento del ragazzo e della sua famiglia e la preparazione ed accompagnamento della famiglia affidataria. Il Servizio residenziale deve essere valorizzato e chiamato a contribuire alla buona riuscita del progetto di affidamento, così come la famiglia affidataria è impegnata a facilitare la continuità dei rapporti significativi maturati dal ragazzo nel Servizio residenziale.
10 Linee di Indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali per minorenni, approvate il 14/12/2017 dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie Locali, raccomandazione 353;
Nel caso di un precedente affido, occorrerà analizzare età e caratteristiche del minore, i motivi e le modalità di conclusione della precedente esperienza, se la scelta di un nuovo progetto di affido sia quella ritenuta più opportuna per quel minore o se possano essere ipotizzate esperienze differenti per accompagnarlo verso la maggiore età. Il passaggio tra le due famiglie dovranno essere curato con particolare attenzione adattando, per analogia, quanto previsto dalle Linee di Indirizzo per l'accoglienza nei servizi residenziali alla conclusione del progetto di accoglienza residenziale.
Ogni situazione va valutata attentamente per mettere in luce i bisogni, le attese, le risorse individuali e gli elementi esterni al soggetto che possono interferire con il progetto o facilitarne la realizzazione, tenendo presente che l’adolescenza è un momento di rapidi cambiamenti e d’improvvisi viraggi di percorso. Ancora più che in altri fasi della vita, infatti la risposta che si propone ha per definizione carattere di transitorietà e richiede revisioni frequenti e delicate messe a punto, quando non veri e propri ribaltamenti di prospettiva.
a) Condivisione del progetto da parte dell’adolescente
Per realizzare un progetto d’affido è indispensabile la reale partecipazione e l’adesione dell’adolescente al progetto stesso. È necessario, quindi, attivare delle modalità che attraverso la contrattualità favoriscano la sua responsabilizzazione.
È fondamentale, inoltre, che sia gli operatori sia la famiglia affidataria sappiano mettersi in una posizione di reale ascolto dell’adolescente, rispettando il contesto socio culturale di provenienza.
b) Caratteristiche e competenze delle famiglie affidatarie
La fase dell’abbinamento minore/famiglia affidataria, di per sé sempre delicata e complessa, nel caso di adolescenti deve avere una particolare attenzione al contesto socio-culturale di provenienza, in quanto stili di vita e norme di comportamento sono stati maggiormente introiettati dai ragazzi e possono costituire elementi di contrapposizione ed incompatibilità.
Vivere con un adolescente in affido, che potrebbe portare con sé una storia di maltrattamenti e di abbandoni, richiede all’adulto particolare capacità di accettare i cambiamenti senza opporre un mondo di sicurezze dogmatiche, provando ad abituarlo al dialogo, a comunicare, a trovare la strada dell’incontro con l’altro, sviluppando una funzione protettiva e contenitiva.
Particolare rilevanza può assumere il fatto che le famiglie che si propongono per l’affido di adolescenti abbiano una propria rete amicale, siano inserite o siano disponibili a entrare in un ampio tessuto sociale e/o siano collegate ad associazioni operanti nel settore e/o partecipino a gruppi di auto/ mutuo aiuto. L'entrare a far parte di una associazione /rete di affidatari permetterà alla famiglia che ha accolto l'adolescente di non sentirsi sola e di poter contare su un aiuto concreto di altri.
Dall’esperienza e dalla riflessione condivisa è emerso come l’affido di adolescenti può essere più opportunamente proposto nel caso in cui all’interno della famiglia affidataria siano presenti figli propri. Nel caso in cui questi siano già grandi, la famiglia potrà contare sull'esperienza già vissuta di “confronto” con la complessità e le contraddizioni dell’adolescenza. Nel caso di figli più piccoli, non ancora coinvolti nelle dinamiche adolescenziali, questi non saranno “in competizione” con il ragazzo/a in affido.
La collocazione di un adolescente presso una persona singola, in particolare se questa ha avuto motivi di conoscenza e rapporto con il mondo dei giovani, presenta particolari aspetti positivi.
Tale scelta può favorire l’utilizzo dello “strumento” dell’affido anche per gli adolescenti, proprio perché, in un momento di transizione dalla propria famiglia d’origine, il ragazzo potrebbe non essere pronto ad affrontare un rapporto con altre figure genitoriali o con una situazione vera e propria di famiglia. Tale figura potrà quindi rivestire per gli adolescenti il ruolo di adulto che lo accompagni in un periodo di
transizione e denso di complessità qual è l’adolescenza, in particolar modo aiutando con pazienza ad affrontare emozioni, fragilità, incertezze proprie e della famiglia d'origine attraverso l'esperienza di continuità nella relazione.
Efficace è anche l’affiancamento familiare per ragazzi ospitati in struttura, non pronti ad accettare una collocazione presso una famiglia affidataria o che abbiano legami intensi, sia positivi sia negativi, con la propria famiglia. Attraverso un affido durante i fine settimana o i periodi di vacanza, essi potranno avere la possibilità di stabilire un legame con persone adulte, con l’auspicio che queste possano diventare un riferimento significativo e che il legame possa proseguire nel tempo.
c) Ruolo e funzioni dei Servizi Socio-Sanitari
Compito specifico dei Servizi è quello di costruire il progetto d’ affido coinvolgendo tutti i soggetti che ruotano intorno al ragazzo: famiglia d’origine, educatori, figure amicali.
Occorre tenere presente che il minore in affidamento ha due famiglie: quella d’origine e quella affidataria. Ignorare una o l’altra contribuisce ad aumentare la complessità degli eventi che il minore è costretto a vivere. È fondamentale, allora, predisporre interventi mirati di sostegno sia alla famiglia d’origine, sia a quella affidataria che al minore, attraverso momenti di formazione ed interventi specifici che siano in grado di supportare tutto il progetto: sostegno psicologico al minore e alla sua famiglia, educativa territoriale, sostegno scolastico, inserimenti lavorativi, centri di aggregazione ad eventuali interventi psico-terapeutici, gruppi di auto/mutuo aiuto promossi e gestiti dai Servizi e dalle Associazioni, educatori domiciliari... E' importante che la famiglia affidataria si senta parte di un progetto complessivo e non abbia mai la sensazione di essere lasciata sola di fronte al gravoso compito di sostenere un adolescente nel suo processo d’individuazione e maturazione.
E' indispensabile, infine, rendere partecipe il ragazzo/a delle scelte che lo coinvolgono e farlo essere attore privilegiato di questo cambiamento.
A volte sembra che il breve tempo a disposizione prima del raggiungimento della maggiore età sconsigli l’avvio di un progetto d’affido familiare, ma poiché è possibile e praticato il prosieguo dell’affido dopo il diciottesimo anno di età attraverso progetti mirati, la conseguente prosecuzione dell’intervento potrà essere un importante strumento d’aiuto e d’appoggio al giovane che non ha raggiunto una reale autonomia di vita. Tale strumento consentirà di accompagnarlo nel momento in cui concretamente si trova a dover affrontare la maggiore età, le conseguenti responsabilità, le necessarie scelte, aiutandolo nel percorso di autonomia.
È auspicabile una stretta collaborazione fra Servizi e Tribunale per i Minorenni, per sostenere e formalizzare il progetto di sostegno e di avvio all’autonomia. La Procura Minorile, nel caso di prosieguo amministrativo in favore dell'adolescente, deve privilegiare tale percorso effettuando un passaggio rapido con il Tribunale per i Minorenni per evitare la frammentazione del progetto di affidamento e mortificare la disponibilità all'accoglienza degli eventuali affidatari.
d) La famiglia d’origine
Parrebbe ovvio parlare dell’importanza del lavoro con la famiglia d’origine dei minori in affido.
In molti casi, proprio perché il minore tende a rafforzare le sue spinte autonomistiche ed il suo distacco, a volte addirittura una fuga dalla famiglia d’origine, è necessario che da parte dei Servizi e della famiglia affidataria vengano valorizzati gli elementi positivi dei genitori naturali, perché la famiglia d’origine costituisce pur sempre per l’adolescente un legame ed un riferimento. Sarà anche necessario contenere i sentimenti d’ambivalenza che la stessa suscita nel ragazzo/a.
In altri casi, gli adolescenti in affidamento, con l’avvicinarsi della maggiore età, la confusione e l’incertezza riguardo al proprio futuro, la mancanza di un’ autonomia economica ed abitativa, la propria difficoltà a riconoscere o consolidare legami affettivi significativi con la famiglia affidataria,
s’indirizzano, anche quando permangono le situazioni e i motivi che hanno originato l’allontanamento, verso un ritorno nel proprio nucleo d’origine, vissuto come un “rifugio”, magari conflittuale ma noto e “definito”, a fronte dell’incertezza e della fatica che richiederebbe invece un altro percorso.
Queste situazioni si verificano in particolare quando la famiglia d’origine ha mantenuto i contatti con il minore rimarcando il possibile ricongiungimento familiare alla sua maggior età e soprattutto quando all’interno della famiglia sono rimasti fratelli e sorelle. Durante l’affido familiare dovrà essere allora particolarmente curato, dalla famiglia affidataria e dai Servizi, il lavoro di sostegno al ragazzo nella costruzione della propria identità.
Si presentano altre situazioni, infine, in cui l’affido costituisce una sospensione dei legami con la propria famiglia d’origine ed un chiarimento è sempre rinviato, con il rischio che l’adolescente idealizzi la propria famiglia d’origine, rifiutando il confronto con la realtà.
Proprio per questi motivi, è fondamentale avere presente la prospettiva del riavvicinamento dell’adolescente alla famiglia d’origine, anche se questo potrebbe “fisicamente” non avvenire o avvenire per un periodo breve. È importante, quindi, negoziare con la famiglia d’origine delle regole chiare, esplicitandole e facendo in modo che siano il più possibile rispettate, affinché sia coinvolta ed abbia un ruolo di responsabilità durante tutto il percorso dell’affido e non soltanto alla sua conclusione.
I minori stranieri
Il numero crescente di minori stranieri presenti in Italia, con o senza famiglia, induce ad una riflessione per leggere gli attuali bisogni e poter offrire di conseguenza risposte adeguate.
Inoltre, è stata approvata da pochi anni la cd Legge Zampa11, che privilegia il ricorso dell'affidamento familiare anche per i minori stranieri non accompagnati.
Come accennato in precedenza, secondo i dati attualmente disponibili12, nel 2017 erano circa 500 i minori non accompagnati in affidamento familiare. Ci s’interroga sul fatto che a fronte di una popolazione di minori stranieri in aumento, gli affidamenti familiari di stranieri residenti o domiciliati sono esigui, mentre il numero di minori stranieri inseriti in strutture è sicuramente più elevato: quali le difficoltà a proporre ed avviare affidamenti familiari? Quali le difficoltà a reperire famiglie idonee alla loro accoglienza?
L’affido familiare omoculturale ed eteroculturale
Le esperienze avviate in questi anni dalle Amministrazioni sono limitate, tuttavia ve ne sono alcune che hanno introdotto elementi di innovazione, quale ad esempio l’affido a famiglie della stessa etnia del minore (affido omoculturale).
L’attivazione di risorse anche nell’ambito dell’affido omoculturale non può prescindere da una grossa azione di sensibilizzazione che ha come finalità:
✓ informare della risorsa affido
✓ fare emergere la disponibilità delle famiglie
✓ sollecitare l’approccio ai Servizi
Tali azioni di sensibilizzazione dovrebbero avvenire attraverso contatti autorevoli con gruppi delle diverse etnie presenti sul territorio locale, che dovrebbero concretizzarsi in gruppi di discussione e scambio.
In tale fase la collaborazione con associazioni (già conosciute e riconosciute dalle diverse etnie quali risorse di informazione e integrazione sociale), favorirebbe notevolmente l’approccio con le differenti etnie e l’attenuarsi della diffidenza nei confronti del Servizio pubblico, consentendo di poterlo
11 L. 47 del 7/4/2017, Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (c.d. Legge Zampa), che privilegia l'affidamento familiare per i minori stranieri non accompagnati;
12 Quaderni della Ricerca Sociale 46, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2020.
riconoscere sia come risorsa nei momenti di difficoltà sia come catalizzatore delle disponibilità solidali nei confronti di minori in difficoltà.
Anche per quanto riguarda la ricerca di disponibilità di famiglie italiane per l’affidamento di minori stranieri (affido eteroculturale), non si può prescindere da una informazione circa i valori di riferimento e le differenze culturali e religiose cui siano partecipi tutti i componenti del nucleo affidatario, anche i figli adolescenti o giovani adulti: incontri con rappresentanti delle comunità o docenti universitari esperti di una data cultura, giuristi, etno-psicologi, etno–pedagogisti, ecc.
Obiettivi dei percorsi informativi e formativi, sia per l’affido omoculturale che per quello eteroculturale, rimangono la conoscenza reciproca e lo scambio culturale, nonché la sollecitazione alla solidarietà.
Le radici culturali connotano le modalità relazionali e gli stili di vita: comprenderle agevola la comunicazione.
Punto nodale che richiede un dispiegamento di forze è quello relativo alla fase della sensibilizzazione dei diversi gruppi etnici, che si può vedere articolata in:
✓ dare informazione e diffondere conoscenza sui servizi, sui punti valoriali rispetto alla protezione e cura del minore e nel rispetto dell’identità culturale;
✓ sviluppare sensibilità e disponibilità all’affido.
AFFIDO OMOCULTURALE | AFFIDO ETEROCULTURALE |
- ricerca di gruppi rappresentativi delle diverse etnie in sede locale - ricerca di esperti sull’argomento - gruppi di discussione e confronto tra i suddetti e gli operatori del pubblico e i rappresentanti delle associazioni - momenti informativi organizzati nelle diverse sedi dei gruppi rappresentativi delle etnie | - ricerca di gruppi rappresentativi delle diverse etnie in sede locale - ricerca di esperti sull’argomento - gruppi di discussione e confronto tra i suddetti e gli operatori del pubblico e i rappresentanti delle associazioni - momenti informativi organizzati nelle sedi dell’Ente pubblico |
Dalla disponibilità espressa da famiglia o singolo, il percorso metodologico operativo tra affido di minori italiani e stranieri è identico (valutazione, abbinamento, sostegno, diritti e doveri della
famiglia affidataria, accompagnamento alla conclusione dell'affido), come pure l’attivazione delle varie tipologie di affido (residenziale, part-time e diurno).
La figura del mediatore culturale diversifica il progetto dell’affidamento di un minore straniero da un minore italiano e si aggiunge agli altri attori dell’affido.
Le famiglie italiane disponibili all’affido di minori stranieri debbono avere particolari caratteristiche e competenze, oltre a quelle richieste per l’affido di ragazzi italiani:
- essere salde sui propri modelli di riferimento ma capaci di accettare e riconoscere la diversità (non andare in crisi perché vengono messi in discussione o contestati i propri modelli culturali…….)
- essere disponibili ed interessate a conoscere e confrontarsi con modelli culturali diversi dai propri, che costituiscono una ricchezza, mediandoli all’interno della quotidianità.
La nostra riflessione si è soffermata sulle seguenti tipologie:
a). minori stranieri residenti con famiglia
b) . minori stranieri non accompagnati
a) I minori stranieri in famiglia
Nelle nostre città si evidenzia un numero crescente di nuclei monogenitoriali, un’alta percentuale dei quali è rappresentata da nuclei di stranieri che frequentemente presentano rilevanti problemi in merito
alla sistemazione residenziale o che sono in forte difficoltà nella gestione e cura dei propri figli per situazioni lavorative e/o mancanza di rete familiare e amicale.
Per tali situazioni, spesso, non sono sufficienti le consuete risorse disponibili sul territorio; vanno quindi pensati ed attivati specifici interventi, quali percorsi di “rete” madre-bambino, l’affido congiunto madre-bambino o affidi consensuali di appoggio al nucleo.
In particolare, queste ultime due ipotesi progettuali comportano una rivisitazione della metodologia operativa da parte dei Servizi, rispetto a ciò che riguarda la valutazione della famiglia affidataria, l’abbinamento, il sostegno e il monitoraggio di tali esperienze.
Le famiglie d’origine dei minori stranieri sono portatrici di riferimenti culturali diversi che indirizzano i loro comportamenti individuali, anche nella relazione con i Servizi: si tratta di garantire ai minori stranieri gli stessi strumenti di aiuto di cui usufruiscono i ragazzi italiani, ricercando percorsi che li possano garantire e favorire, “dobbiamo ricercare quali sono i valori universali che possiamo richiedere a tutti, e quindi da subito anche agli stranieri, a protezione dei bambini stranieri”.13
Ma non bisogna dimenticare i possibili vissuti di questi minori:
- vivere fra due identità culturali;
- appartenere ad una minoranza e percepire un senso di diversità, con sviluppo di sentimenti ed atteggiamenti remissivi o di esaltazione di tale diversità;
- vivere sentimenti di rifiuto della cultura d’origine e dei modelli di comportamento della propria e conseguenti conflitti all’interno della propria famiglia.
Tutti i progetti d’affido che riguardano gli stranieri non possono prescindere, quindi, dalla conoscenza delle differenze culturali e religiose e dalla collaborazione che si potrebbe attivare con le varie etnie utilizzando più figure professionali.
b) I minori stranieri non accompagnati MSNA
La legge n. 47/2017 ha introdotto misure che riguardano il rafforzamento dei diritti e delle tutele in favore dei minori, a partire dalle fasi di accoglienza e il divieto assoluto di respingimento alla frontiera. La legge assegna agli enti locali il compito di sensibilizzare e formare affidatari per accogliere i minori, in modo da favorire l'affidamento familiare in luogo del ricovero in una struttura di accoglienza; prevede inoltre, presso ogni Tribunale per i minorenni, l'istituzione da parte dei garanti regionali per l'infanzia e l'adolescenza di un elenco in modalità informatica di tutori volontari disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato.
Per questi ragazzi è necessario trovare un “inserimento assistito” nella nostra realtà rispetto all’età e alle motivazioni che li hanno indotti alla “fuga” in Italia e si può quindi ipotizzare un “affido educativo” a famiglie o a single, sia italiani sia stranieri. Per affido educativo s’intende, in questo contesto, un’accoglienza in cui sia meno approfondito il versante del “pensato” sulla storia del minore, sulla sua famiglia d’origine ed invece maggiormente ampliato l’aspetto dell’accompagnamento concreto, che comprende un’azione di “tutoraggio” unita ad un’esperienza di “familiarità”; si può immaginare un’esperienza più intensa di ospitalità familiare, ma non un affido “canonico”.
La conclusione dell'affidamento dell'adolescente
E' prevedibile che buona parte degli affidi di adolescenti si concludano con il compimento della maggiore età. Pertanto, particolare impegno ed attenzione dovranno essere posti nello sviluppo di progetti per coloro che si stanno avvicinando alla maggiore età.
13 Xxxxxx e Giustizia n.3/1999 editoriale
La possibilità di ricorrere allo strumento del proseguimento amministrativo al ventunesimo anno dovrà essere preceduta da un'attenta analisi dei presupposti e degli elementi necessari per un progetto di autonomia, sia nel caso in cui il minore continui la propria esperienza di vita all'interno della famiglia affidataria che quando venga individuato un percorso di autonomia alternativo a quest'ultima.
Inoltre, è attualmente in corso una sperimentazione14 che già fornisce strumenti operativi utili per il futuro.
Investire economicamente e professionalmente eviterà di vanificare gli interventi messi in atto precedentemente e, soprattutto, di abbandonare a se stessi quei ragazzi che si avvicinano all'autonomia non potendo contare su famiglie in grado di garantire loro supporto e sostegno adeguati.
La frammentarietà delle esperienze di vita rende spesso ardua per i ragazzi la costruzione di un significato di ciò che loro accade. E' responsabilità dei professionisti coinvolti nel progetto di affido accompagnare i minori nella comprensione delle differenti fasi della vita, permettendo loro di ricostruire la propria storia con più coerenza.
Da parte degli operatori, è opportuno predisporre ed utilizzare strumenti professionali che permettano di agevolare la continuità anche quando le figure di riferimento per il minore possano cambiare.
Ricordiamo, in conclusione, l'approvazione della Legge sulla continuità affettiva 15 che rende imperativo, per tutti i soggetti che operano dell'ambito del progetto di affidamento, diventare garanti della continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affido.
Documento rivisto dal CNSA aprile 2021
14 Progetto Care Leavers - Sperimentazione di interventi in favore di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria:
Promosso nel 2019 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito del Fondo per la Lotta alla Povertà e all'Esclusione Sociale, prevede importanti stanziamenti, ha l'obiettivo generale di accompagnare i neomaggiorenni che vivono in comunità residenziali o in affido eterofamiliare all'autonomia, attraverso la creazione di supporti necessari a consentire loro di costruirsi gradualmente un futuro. E' prevista la figura di un tutor per l'autonomia che favorisca la realizzazione delle azioni previste dal progetto personalizzato quali il completamento degli studi, l'accompagnamento alla formazione professionale o l'accesso al mercato del lavoro. Il sostegno all'autonomia potrà prevedere l'eventuale assegnazione di una borsa individuale per le spese affrontate dal care leaver.
15 Legge 19 ottobre 2015, n. 173 Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare;
5. GLI AFFIDAMENTI DI LUNGA DURATA
Premessa
Dall’osservazione dei dati contenuti nell'ultimo Quaderno della Ricerca Sociale n. 40 al 31.12.2014
, “Affidamenti familiari e collocamenti in comunità”, edizione a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, risulta che gli affidi di lunga durata rappresentano il 42,3% degli affidi aperti, ciò viene confermato anche dalle ultime rilevazioni fatte dai Servizi affidi aderenti al CNSA.
La constatazione di questo dato e le riflessioni più recenti sugli affidi di lunga durata fatte da diversi operatori dell’affido familiare, ha sollecitato il CNSA a rileggere il documento redatto proprio a cura del Coordinamento nel 2002 sullo stesso argomento sia alla luce della nuova legislazione in materia - L.184/1983 modificata con L.149/2001e L.173/2015 – sia confrontandosi con le indicazioni presenti nelle Linee di Indirizzo Nazionali per l’Affido familiare (2012), in particolare quelle che si riferiscono alle raccomandazioni relative alla durata e alle tipologie dell’affidamento familiare.
La durata dell’affido nella legislazione
Come indicato dalla normativa, la funzione dell’istituto dell’affido familiare è garantire al bambino, che non può più rimanere presso la sua famiglia, un altro ambiente familiare che gli possaassicurare: il mantenimento, l’istruzione, l’educazione ed una relazione affettiva.
Si tratta di una misura temporanea quindi. il tempo trascorso dal bambino in affido familiare dovrà essere utilizzato dai Servizi per:
1. organizzare /attivare interventi di recupero delle capacità genitoriali della famiglia di origine;
2. accompagnare e sostenere il buon inserimento del bambino nella famiglia affidataria;
3. facilitare la nascita e il mantenimento di buone relazioni tra le due famiglie.
L’articolo 4 della legge 149/2001, prevede che nel provvedimento di affidamento debba essere indicato il periodo di presumibile durata dello stesso, che dovrà essere commisurato alle difficoltà in cui versa la famiglia di origine; tale periodo non può mai superare i 24 mesi ed è prorogabile, ma solo dal Tribunale per i Minorenni a prescindere dal fatto che sia un affidamento consensuale o meno e solo se, sospendendolo, si rechi un pregiudizio al mino
A questo proposito è utile ricordare che il limite massimo di 24 mesi per la presumibile durata dell’affidamento è stato introdotto dalla legge n. 149/2001. In precedenza la legge n. 184 del 1983 non disponeva che “l’affidamento familiare fosse temporaneo, ma che dovesse andare in affidamento un minore temporaneamente privo di ambiente familiare idoneo”(Pazé, 2007). Le modifiche introdotte dalla legge 149 non hanno posto un limite al numero delle proroghe possibili, ma hanno disposto l’obbligo per i Servizi e il Tribunale di compiere delle periodiche verifiche sull’opportunità di continuare a tenere il minore in una famiglia diversa dalla propria, e valutare se siano intervenute modifiche tali da comportare ulteriori provvedimenti dell’autorità giudiziaria atutela del minore (in attuazione della Convenzione di New York).16
16 Da Parole Nuove per l’Affidamento familiare Sussidiario per Operatori e Famiglie pag. 24; articolo 25 della Convenzione di New York definisce che:-Gli Stati parti riconoscono al fanciullo, che è stato collocato dalle autorità competenti al fine di ricevere cure, una protezione oppure una terapia fisica o mentale, il diritto ad una verifica periodica di detta terapia e di ogni altra circostanza relativa alla sua collocazione -.
La progettazione individualizzata del Progetto di Affidamento
L’affidamento familiare negli ultimi anni si è diffuso nel nostro paese non solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo; oggi lo si pensa non tanto come un “intervento” ma come una “molteplicità di interventi” che vanno a rispondere ad esigenze diverse a seconda dei bisogni dei bambini e della natura e dell’intensità dei problemi familiari che ne sono all’origine.
Questo concetto è stato sottolineato dalle Linee di Indirizzo nazionali affido familiare (2012):
Motivazione 220 - L’articolazione e complessità delle condizioni e dei bisogni dei bambini e delle loro famiglie in situazioni di grave difficoltà e rischio comporta la necessità di considerare l’affidamento familiare e le sue potenzialità secondo una pluralità di forme.
Raccomandazione 220.1 Concepire l’affidamento familiare come una vasta piattaforma suscettibiledi sostenere interventi differenti secondo la natura dei bisogni del bambino, della sua famiglia e delle risorse che i Servizi e la comunità locale sono in grado di mettere a disposizione.
Oggi l’affidamento si struttura pertanto in forme diverse17:
• affidi che richiedono progetti terapeutici e/o educativi particolarmente intensi che riguardanopiù frequentemente bambini molto piccoli o ragazzi più grandi;
• forme brevi di affidamento familiare per bambini le cui famiglie, quando sostenute in maniera adeguata rispetto al ruolo e alle funzioni genitoriali, possono giungere in tempi rapidi a trovare soluzioni positive ai loro problemi;
• affidi di emergenza per situazioni che richiedono l’immediato allontanamento del minore, perché ne sono a rischio la salute o il benessere;
• affidi “ponte” per situazioni transitorie, di durata limitata al tempo necessario per valutare le capacità genitoriali e definire il progetto;
• affidi di lungo periodo che riguardano situazioni per le quali il rientro nella famiglia d’origine del minore è ritenuto una soluzione non rispondente al suo supremo interesse.
Evidentemente, in queste differenti situazioni, il ruolo e i compiti della famiglia affidataria, come gli obiettivi, le strategie e le azioni del progetto, cambiano radicalmente.
E’ da tener presente che la stabilità e il benessere del bambino che cresce in una famiglia affidataria dipendono da molti fattori riguardanti il bambino stesso, la famiglia affidataria e i servizi che li supportano, ma anche e soprattutto dalla natura delle relazioni fra il bambino e la sua famiglia. Mantenere un legame non è semplice, richiede un approccio flessibile che comprenda l’intero ventaglio di possibilità di coinvolgimento della famiglia e la capacità di porre in relazione bambini, genitori, famiglia affidataria e operatori.18
Affidi di lunga durata e riunificazione familiare
“Gli affidi di lunga durata costituiscono un collocamento definitivo in famiglia affidataria la cui stabilità, pur essendo priva di certezze giuridiche, si basa sulla comprovata impossibilità del minore di far rientro nella propria famiglia d’origine”19.
Le motivazioni di questo fenomeno sono molteplici, infatti nell’ultimo decennio, in campo
17 Idem, pag. 35
18 Idem pag 36
19 Xxxxx Xxxxxxxxxx “Affido sine die e tutela dei minori”, Xxxxxx Xxxxxx Editore, 2015
legislativo, economico e sociale si sono osservati diversi mutamenti che hanno reso più fragili i contesti familiari soprattutto quelli più deboli; si osserva pertanto una dilatazione dei tempi necessari alle famiglie di origine per superare le problematiche che hanno portato all’allontanamento ed essere così in grado di assumere appieno le proprie responsabilità genitoriali per il rientro in famiglia del bambino.
L'affido di lunga durata può essere considerato in molte situazioni la migliore soluzione possibile per rispondere ai bisogni di un minore e la risposta più appropriata per la sua specifica storia personale e familiare.
Occorre prestare attenzione allora che gli affidi a lungo termine non siano l'esito di assenza di progettualità, incapacità di prognosi da parte dei Servizi, mancato lavoro di recupero della famiglia d’origine.
Quindi la questione prioritaria che gli operatori si trovano ad affrontare nella gestione degli affidi a lungo termine è quali modalità adottare per garantire e salvaguardare il senso di appartenenza del bambino/ragazzo alla propria famiglia e l’instaurarsi di rapporti sereni e costruttivi con la famiglia affidataria. Il bambino in affidamento manifesta il bisogno di sentirsi parte sia della sua famiglia che della famiglia affidataria; ha bisogno che la propria storia venga salvaguardata e che sia garantita la continuità dei suoi legami affettivi.
Riportiamo qui di seguito il significativo concetto di riunificazione familiare contenuto nel Sussidiario :
“La riunificazione familiare è un processo programmato volto a riunire minori assistiti fuori dell’ambito familiare con le loro famiglie, utilizzando diversi servizi e diverse forme di sostegno per iminori, le loro famiglie, i genitori affidatari o altre persone coinvolte nell’aiuto al bambino. Ha lo scopo di aiutare ciascun bambino e ciascuna famiglia a raggiungere e conservare in ogni momento il miglior livello possibile di riunificazione, sia che esso consista nel pieno rientro del bambino nel sistema familiare oppure in altre forme di contatto (per esempio, le visite o gli incontri), che si fondino sulla conferma della piena appartenenza del bambino alla sua famiglia.”
Secondo questo modello, la riunificazione è parte integrante dell’atto di allontanare ed è considerata come un processo su cui lavorare da prima del primo giorno di separazione del bambino dalle figure genitoriali. È diverso infatti allontanare per riunificare, cioè con un progetto definito di riunificazione, piuttosto che allontanare senza sapere quale sarà la direzione che prenderà l’esperienza di allontanamento stesso o, ancora, allontanare per separare in forma definitiva”.20
Indicazioni Operative
A questo punto della riflessione, si ritiene necessario fornire alcune linee di orientamento all’operatività necessarie affinché gli affidi di lunga durata possano essere progetti utili al bambino e alla sua famiglia d’origine :
Progettualità mirata: l’affidamento di lunga durata occorre sia pensato, progettato, monitorato e assunto come una forma specifica di affido all’interno quindi di un “progetto quadro” che comprenda un “progetto di affidamento familiare” come suggerito dalle Linee Guida Nazionali affido familiare 21
Il progetto quadro definisce la cornice complessiva nella quale si inserisce l’affidofamiliare; il
20 Parole Nuove per l’Affidamento , Sussidiario per Operatori e Famiglie pag.71
21 Linee di Indirizzo per l’Affidamento Familiare, pag.68
progetto di affidamento definisce invece gli obiettivi, le modalità di svolgimento dell’affido e i tempi. Nell’elaborazione del progetto specifico e nella scelta della famiglia affidataria si terrà conto quindi della definizione di una prevedibile durata dell’affidamento con puntuali verifiche22
• Valutazione tempestiva, approfondita e realistica da parte delle istituzioni competenti della situazione personale e familiare del minore e della sua famiglia nonché lettura prognostica delle capacità genitoriali di quest’ultima ai fini di un recupero anche solo parziale in relazione alle esigenze di crescita del figlio.
• Predisposizione di interventi mirati a sostegno della genitorialità della famiglia di originee della famiglia affidataria nonché del bambino che siano commisurati alle loro esigenze e competenze. Per quanto riguarda il minore, occorre aiutarlo ad avere aspettative realistiche verso la famiglia d’origine e ad investire sulla famiglia affidataria per ridurre il più possibile il senso di precarietà e incertezza.
• Esplicitazione dei tempi dell’affido fatta a tutti i soggetti e comunicata con un aggiornamento regolare alla competente autorità giudiziaria. Deve essere esplicitato a tutti isoggetti che l'affidamento avrà un percorso lungo e sarà monitorato nel tempo: ciò permettedi uscire da una situazione di incertezza che rischia di essere dannosa perché impedisceal bambino di sviluppare un attaccamento forte con gli affidatari.
• Accompagnamento costante nel tempo: si evidenzia la necessità da parte dei Servizi di mantenere un monitoraggio costante che consenta eventuali aggiustamenti/revisioni del progetto di affido, che deve mantenere la caratteristica di essere “a misura”, ovvero con una valutazione partecipata in itinere delle risorse e bisogni di tutti i protagonisti. Una particolare attenzione va posta alla frequenza e alle modalità d'incontro con la famiglia d’origine affinchè siano congruenti con il progetto e la durata dell'affido.
• Ascolto di tutti i soggetti : nelle fasi salienti dell’affido è necessario individuare anche una modalità di collaborazione con Autorità Giudiziaria che favorisca l’audizione/ascolto della famiglia affidataria, della famiglia d’origine e del minore stesso “che ha compiuto 12 anni o anche di età inferiore, se capace di discernimento”.
• Cura delle relazioni: per tutta la durata dell’affido è necessario mantenere una attenta “manutenzione” delle relazioni tra i soggetti protagonisti dell’affidamento familiare, anche se l’affido è avviato da tempo.
• Supporti psico-sociali, educativi ed economici: la lunga durata può rendere particolarmente utili tali interventi nonché tutte quelle misure concrete volte all'accompagnamento all’autonomia di ragazzi maggiorenni e delle famiglie affidatarie che continuano ad accoglierli anche dopo il raggiungimento della maggiore età.
• Associazioni di famiglia: l’affido di lunga durata richiede anche sostegni continuativi alla famiglia affidataria, che possono venire anche dalle associazioni familiari (reti di famiglie) che promuovono vicinanza, ascolto, creazione di legami, sostegni di prossimità e di mutuoaiuto.
22 Raccomandazione 330 e raccomandazione 333 Linee di Indirizzo Nazionali
Conclusioni
Nell’affido di lunga durata l’obiettivo per i bambini/ragazzi non è il rientro in famiglia di origine ma il raggiungimento del maggior livello di riunificazione possibile con la loro storia e integrazione con il loro contesto di vita.
Un approccio flessibile e processuale, coerente con la situazione specifica di ciascun minore agevolerà il raggiungimento di tale obbiettivo.
In questa forma di affido occorre impostare un progetto che consideri il bisogno del minore di sviluppare un senso di appartenenza stabile e allo stesso tempo una continuità con la propria storia e i legami preesistenti. E’ senz’altro positivo e possibile, per un bambino, in affido mantenere legami e appartenenze con la sua famiglia, è il bambino stesso che nel tempo assegnerà un posto ai propri affetti che potranno variare con la crescita e con l’elaborazione di ciò che sta vivendo:
“Il senso di appartenenza alla famiglia d’origine deve collocarsi a un livello compatibile con le loro storie individuali e con i loro desideri e sentimenti” (Xxxxxxxxx e Beek).23
Ad oggi mancano indicazioni omogenee sugli affidi di lunga durata e anche le Linee di indirizzo ministeriali non hanno approfondito l’argomento.
Continuano pertanto a essere presenti posizioni differenti che, se non discusse e tradotte in tavolidi lavoro e linee guida, rischiano di essere lasciate all’interpretazione e alla discrezionalità di ogni soggetto con il rischio di un trattamento diversificato sul territorio nazionale.
Documento definito in Bologna il 08/06/2018
23 X. Xxxxxxxxx X.Xxxx, Adozione affido accoglienza. L’attaccamento al centro delle relazioni familiari, Xxxxxxxxx Xxxxxxx editore, Milano2013
6. RIPENSARE L’ACCOGLIENZA
Il Coordinamento Nazionale Servizi Affidi presenta le riflessioni formulate in merito alle nuove forme d'accoglienza e i nuovi strumenti a sostegno dell'affido, già confrontate e condivise con le Associazioni del Privato Sociale che si occupano di affido familiare.
Vengono allegate al documento alcune schede sintetiche, riguardanti significative esperienze di nuove forme di accoglienza, leggere e flessibili, attive in diverse realtà del nostro paese.
PREMESSA
Punto di partenza sono le riflessioni che da qualche tempo i servizi pubblici, le associazioni, il terzo settore stanno facendo a fronte del crescente numero di famiglie con minori in situazione di malessere e, contemporaneamente, della crescente difficoltà delle famiglie in generale, incluse quelle potenzialmente disponibili all'accoglienza. Sempre più frequentemente, infatti, le famiglie oggi si trovano a vivere una "difficile normalità" nel gestire la vita quotidiana e tale situazione se da un lato porta a una maggiore difficoltà nel diffondere la cultura della solidarietà, dall'altro richiede un maggior impegno alle istituzioni nel garantire nuove e adeguate forme di sostegno alle famiglie. La presa d'atto di tale situazione permette ai Servizi di riflettere su forme differenziate d'accoglienza, forme che coprono un arco che va dal buon vicinato all' affido con supporto professionale.
Per far fronte alle crescenti necessità dei nuclei familiari (come indicato nelle “linee di indirizzo sull’affidamento familiare” pubblicate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel 2012 nel corso degli anni, l’indicazione normativa sull’affidamento familiare è stata declinata in una pluralità di forme anche in base all’intensità del bisogno e dei “tempi” di accoglienza per poter rispondere in modo differenziato, flessibile e modulare alle esigenze diverse e in evoluzione dei bambini e delle loro famiglie. Contemporaneamente, tali modalità differenziate di accoglienza permettono di valorizzare le diverse disponibilità, motivazioni e risorse delle persone che intendono dedicare tempo e capacità personale ad un’azione che è anche espressione di solidarietà sociale.
L’articolazione e complessità delle condizioni e dei bisogni dei bambini e delle loro famiglie in situazioni di grave difficoltà e rischio comporta la necessità di considerare l’affidamento familiare e le sue potenzialità secondo una pluralità di forme.
Concepire l’affidamento familiare come una vasta piattaforma suscettibile di sostenere interventi differenti secondo la natura dei bisogni del bambino, della sua famiglia e delle risorse che i servizi e la comunità locale sono in grado di mettere a disposizione.”
Occorre sottolineare, comunque, il ruolo di prevenzione dell'affido familiare, determinante per limitare l'inserimento di minori in strutture residenziali a quei soli casi in cui lo si ritiene necessario e utile o in ogni caso per ridurne la permanenza al tempo necessario, coerentemente con le raccomandazioni delle succitate linee di indirizzo sull’Affidamento Familiare secondo le quali è necessario l’affidamento familiare, nelle sue diverse forme, è lo strumento privilegiato per prevenire l’allontanamento di un bambino dalla propria famiglia.
Per questo motivo si devono promuovere forme di affidamento che non implicano la separazione del bambino dalla sua famiglia, quali l’affidamento familiare diurno o residenziale part-time o altre forme di solidarietà tra famiglie.
Desideriamo, inoltre, precisare, che per quanto concerne l'affidamento familiare di minori stranieri, proprio per le peculiarità e complessità che questa tipologia d'intervento presenta, il C.N.S.A. sta predisponendo un documento sul tema.
1. Forme d'accoglienza e strumenti a sostegno dell'affido
L’articolazione e complessità delle condizioni e dei bisogni dei bambini e delle loro famiglie in situazioni di grave difficoltà e rischio comporta la necessità di considerare l’affidamento familiare e le sue potenzialità secondo una pluralità di forme.
L’affidamento familiare va concepito come uno strumento che comprende interventi differenti in base ai bisogni del bambino, della sua famiglia e delle alle disponibilità che emergono dalla comunità.
Obiettivo generale resta la necessità di assicurare all'affido familiare un adeguato livello qualitativo ed organizzativo, nel rispetto e in attuazione della legge 149/2001.
Pertanto, appare fondamentale sostenere l’affido attraverso il ruolo e l'attività dei Servizi e del Privato Sociale mediante strumenti di formazioni e informazione da utilizzare nelle varie fasi dell'intervento.
Il particolare e delicato momento che sta vivendo il nostro Paese a causa dell’emergenza legata alla pandemia del Covid non consente, come in passato, sensibilizzazione, attraverso campagne permanenti e momenti d'incontro tra le famiglie affidatarie e cittadini al fine di far conoscere le esperienze in atto, anche durante manifestazioni culturali e ricreative di altri settori della pubblica amministrazione , ma richiede nuovi strumenti che tengano conto della necessità di limitare gli incontri interpersonali, garantendo una comunicazione attraverso nuovi strumenti, ad es. le piattaforme digitali;
- accoglienza;
- formazione e informazione (valorizzando anche momenti d'auto formazione tra le famiglie come avviene nei gruppi di auto mutuo aiuto, sempre utilizzando nuovi strumenti di comunicazione, visto che gli incontri di gruppo in presenza sono sconsigliati dall’attuale emergenza sanitaria).
Gli interventi sui quali questo documento invita ad una prima riflessione riguardano esperienze locali. Tali esperienze sono state pensate per dare una risposta flessibile alle diverse esigenze dei bambini e delle loro famiglie e a volte si sono diffuse in tutta Italia, e si sono consolidate, diventando buone prassi
La raccolta delle esperienze realizzate dai diversi Servizi Affidi aderenti al Coordinamento Nazionale Servizio Affidi consente di individuare due principali tipologie di situazioni:
1. Il minore e/o la sua famiglia, presentano la necessità di essere affiancati, accolti, sostenuti da una famiglia o da un singolo, pur essendo la famiglia di origine ancora in grado di rappresentare seppure parzialmente, una risorsa ed un punto di riferimento (il minore, in questo caso, resta nella sua famiglia);
2. il minore, temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, si trova in una situazione personale (psicologica, sanitaria, sociale, giuridica) per la quale la soluzione dell'affido costituisce la risorsa più adeguata alle sue esigenze e ai suoi diritti.
La scelta di uno strumento piuttosto che un altro è determinata da una serie d'elementi:
- la necessità di ricorrere o meno a interventi temporaneamente sostitutivi del ruolo genitoriale;
- la valutazione della situazione familiare rispetto agli elementi di rischio e le risorse presenti;
- il livello di consapevolezza e collaborazione della famiglia d'origine.
2. Non solo affido: le forme di sostegno a nuclei familiari di Origine in difficoltà
Si prendono qui in considerazione forme d'accoglienza che non prevedono la separazione tra minore e famiglia, alcune già sperimentate, altre in via di sperimentazione, dove il termine accoglienza si apre ad altri significati quali vicinanza al disagio, alle fatiche dei minori e delle loro famiglie, accompagnamento, affiancamento nei momenti di crisi e di difficoltà sia quotidiane sia per periodi particolari.
Tali interventi si collocano in un continuum che va dai più “leggeri” (es affido part time, accoglienza/accompagnamento) , che non implicano la separazione del bambino dalla sua famiglia e che anzi sono finalizzate a prevenirla, ai più “pesanti”, interventi che implicano la separazione temporanea e il collocamento/accoglienza del bambino in una famiglia affidataria.
Affido part time
Tali interventi rientrano nel progetto di presa in carico della famiglia e del minore e trovano le ragioni normative nell'art. 1 della legge 184/83, così come ridefinita dalla legge 149/2001 comma 3 e nell'art. 16 della legge 328/2000 comma 3, nonché nei riferimenti del IV Piano Nazionale di Azione e di Interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (cosiddetto Piano Nazionale Infanzia) e nelle Linee di indirizzo sull’affidamento familiare (anno 2013).
Le forme di sostegno e di affiancamento rientrano all'interno degli interventi concordati con la famiglia, e si realizzano, quindi, in un regime di consensualità e all’interno di un progetto di aiuto rivolto alla famiglia di origine del minore stesso.
Nell’affidamento familiare diurno o semiresidenziale, per esempio quando il bambino trascorre solo parte della giornata con gli affidatari, si previene l’allontanamento rispondendo ad un’esigenza di sostegno educativo e di risocializzazione.
È possibile prevedere alcune forme di vicinanza anche all'interno di un regime di affido ai Servizi Sociali da parte del Tribunale per i Minorenni, sempre che questo preveda la permanenza del minore presso la propria famiglia; anche in questo caso l'intervento è caratterizzato dalla consensualità da parte della famiglia.
Non va altresì sottovalutato che l’affidamento familiare diurno implica frequenti contatti e rapporti tra famiglia affidataria e famiglia del bambino, i servizi sono impegnati nel governare con particolare attenzione il rispetto di tempi e orari definiti nel progetto di affidamento familiare e nel sostenere la compresenza delle due famiglie.
Con il coinvolgimento dei Servizi Sociali del territorio possono essere individuati nuclei familiari che abitano vicino alla famiglia in difficoltà i quali possono essere coinvolti dai servizi territoriali in un percorso di affiancamento e aiuto condiviso dalla stessa famiglia; tale forma di supporto può essere formalizzata attraverso il Servizio Sociale che fa da cornice alla risorsa. Le forme leggere di affidamento familiare che si verificano quando il bambino trascorre solo un periodo definito con gli affidatari sono forme di sostegno volto ad evitare, per quanto possibile, l’allontanamento. Tali forme di affido vanno maggiormente promosse e valorizzate in ottica di mantenimento del minore presso il proprio nucleo familiare qualora la situazione familiare lo consenta.
Le forme di affido connotate come accoglienza/accompagnamento si caratterizzano per:
✓ essere un servizio che interviene in quelle situazioni dove non si evidenziano carenze genitoriali tali da doverne sostituire le funzioni;
✓ essere tra gli strumenti più adeguati a prevenire situazioni di disagio, in grado di garantire la tutela del minore ed il suo mantenimento nel contesto della sua famiglia d'origine;
✓ promuovere le risorse della famiglia e incrementarne gli aspetti protettivi;
✓ essere un intervento centrato sul sostegno alla genitorialità, garantendo l'interesse superiore del minore;
✓ realizzare obiettivi specifici, definiti, condivisi tra la famiglia con bisogno di sostegno e famiglia disponibile a darlo, attraverso la definizione di un progetto di vicinanza tra un nucleo familiare con un altro nucleo o con una persona singola;
Quanto sopra può essere definito come affidamento familiare di sostegno, rivolto sia al genitore sia al bambino (o anche all’intero nucleo familiare) ed è si caratterizza per la necessità di favorire il più possibile l’unità della famiglia, rinforzandole competenze genitoriali e promuovendo lo sviluppo di abilità sociali verso un percorso di crescita e autonomia del nucleo stesso.
Tale modalità di sostegno può essere particolarmente indicata quando i servizi sociali e sanitari, utilizzando specifici strumenti di verifica delle capacità genitoriali abbiano trovato risorse che fanno pensare ad esiti favorevoli nel rapporto genitori figli.
I servizi sociali e sanitari affiancano la famiglia affidataria e quella di origine attivando gli interventi per il recupero delle competenze genitoriali e la ricerca di adeguate soluzioni per l’autonomia.
In queste forme di accoglienza è particolarmente importante e prevalente il ruolo del terzo settore e dell'associazionismo familiare, sia nell'ambito della sensibilizzazione e promozione, sia per far emergere e integrare, nella rete delle risorse, famiglie che si auto-organizzano, della cui esperienza è necessario tener conto.
I Servizi Sociali, inoltre, pur modulando nel tempo una funzione diversa e sussidiaria rispetto alla gestione delle singole esperienze, mantengono un ruolo di regia delle stesse.
Il compito dei Servizi Sociali nei progetti specifici è quello di garantire, inoltre, direttamente o attraverso i rapporti con le realtà del terzo settore, che le risorse solidali siano formate ed informate, consapevoli del proprio ruolo e a conoscenza della rete dei servizi di sostegno al singolo caso, non abbiano interessi economici in riferimento alla disponibilità, non siano conosciute dalla rete dei servizi come soggetti a rischio sociale o di devianza, non presentino psicopatologie.
Pertanto, nel reperimento di queste risorse deve essere posta una particolare attenzione ad alcuni elementi della "risorsa solidale":
✓ il contesto di vita e la composizione familiare
✓ eventuali esperienze di volontariato a livello territoriale;
✓ la cognizione che tale intervento è rivolto a favorire la relazione tra il minore e la sua famiglia, anche in termini preventivi, e che tale obiettivo di sfondo prevede una particolare vicinanza tra le famiglie che esprimono il bisogno e le persone disponibili.
✓ Va evidenziato che questa situazione è spesso difficile da gestire e non sempre prevista quando viene offerta la disponibilità;
✓ il saper sostenere le competenze genitoriali attraverso piccoli gesti o incombenze quotidiane, ma anche essere disponibili ad accettare i problemi personali o di coppia, nella consapevolezza che "star bene" come persona è condizione fondamentale per poter esercitare un'adeguata genitorialità;
✓ il saper conciliare uno spazio autonomo d'intervento con la richiesta d'aiuto nei momenti di difficoltà, rivolta ai servizi socio-sanitari.
Abbiamo individuato alcune forme di affido in cui tale intervento si concretizza, e che evidenziano esperienze in atto presso diverse realtà territoriali:
a) Buon vicinato e vicinanza educativa;
b) Sostegno a nuclei di madri e bambini.
a) Buon vicinato, vicinanza educativa, famiglie di appoggio”:
Si esprime nella vicinanza fattiva di una famiglia identificata come risorsa ad un nucleo familiare che ha bisogno di essere temporaneamente accompagnato o sostenuto nello svolgimento di alcune attività della vita quotidiana o per raggiungere alcuni obiettivi educativi, con la mediazione dei Servizi tra i nuclei familiari.
Le attività ed i compiti della famiglia identificata come risorsa possono comprendere:
• aiuto attraverso azioni quotidiane, anche di tipo organizzativo, che permettono di far fronte a difficoltà, ad esempio accompagnare o riprendere un minore da scuola o ad attività del tempo libero, accudire un minore per alcune ore, ;
• affiancarsi al nucleo in alcuni momenti più complessi dal punto di vista organizzativo, quali ad esempio la spesa settimanale, il pagamento di scadenze, l'accompagnamento dei minori a visite mediche…;
• sostegno nell'organizzazione della famiglia in momenti particolari;
• costruzione di una rete sociale per quelle famiglie che non hanno, nel territorio di residenza, legami parentali o amicali significativi;
• apprendimento di abilità (saper cucinare, svezzare un bambino, gestione economica, trovare casa, ecc);
• conoscenza e inserimento dei minori in attività del territorio;
• sostegno nell'ambito scolastico;
• sostegno alla relazione con altri bambini;
• accompagnamento all'autonomia di giovani adulti già in carico al servizio minori.
Il Servizio pubblico agisce come elemento di congiunzione tra bisogno e offerta di disponibilità, definisce con le famiglie interessate e/o le realtà associative cui queste fanno riferimento le attività da svolgere, definisce le modalità e i tempi di verifica, interviene qualora insorgano difficoltà e problemi e prevede il relativo sostegno assicurativo ed economico.
b) Sostegno ed affido di nuclei mono-parentali ed affido mamma/bambino:
L'intervento è rivolto a nuclei mono-parentali (anche con genitori minorenni) che necessitano di un supporto per il raggiungimento di una piena autonomia.
Ciò comporta che la valutazione dei Servizi sul singolo caso individui quelle situazioni nelle quali la madre o, in alcuni casi il padre, ha una sufficiente competenza genitoriale ed una qualche forma d'autonomia nel rispondere ai bisogni primari del figlio: situazioni in cui è quindi possibile fare ragionevoli previsioni di evoluzioni positive.
Queste, in linea di massima, sono individuate dai Servizi dopo un periodo d'osservazione della relazione genitore /figlio, spesso realizzata all'interno di strutture comunitarie.
Il progetto, la cui durata va in ogni caso definita, deve prevedere i ruoli di tutte le persone coinvolte, evidenziandone sia le risorse da potenziare sia i rischi da contenere, ad esempio quale funzione, seppure residuale o critica, rappresenta la famiglia allargata, come interagisce l'eventuale altro genitore, cosa può comportare il sopraggiungere di altri partner, etc.
Le esperienze realizzate suggeriscono un periodo che non vada indicativamente oltre i 24 mesi.
Per tale esperienza sono richieste alle famiglie di sostegno coinvolte particolari specificità:
✓ capacità di saper gestire il delicato rapporto con il genitore del nucleo, rispettandone e valorizzandone la funzione genitoriale, supportandolo, nel contempo, nel proprio percorso di crescita e di autonomia;
✓ saper rivestire tenendoli distinti i diversi ruoli che questa tipologia di affido comporta: tutela nei confronti del minore, sostegno alla giovane madre, capacità di accogliere i suoi bisogni sentiti ancora come figlia, capacità di osservazione e di valorizzazione e talvolta anche ruolo sostitutivo a fronte di crisi o di gravi mancanze.
✓ A tal fine sono necessari momenti informativi e formativi specifici rivolti a tutti coloro che sono interessati a questa forma di affidamento per far prendere consapevolezza della specificità e complessità di questo intervento. L'instaurarsi di relazioni tra più persone con ruoli a volte sovrapponibili può rendere più difficile il confine dei propri spazi e delle proprie autonomie.
✓ Sono state individuate due forme di affido in cui si concretizza l’affido di nuclei monoparentali ed affido mamma/bambino:
✓ 1) il nucleo viene accolto nell'abitazione della famiglia affidataria;
✓ 2) il piccolo nucleo vive, da solo o con un altro, in un appartamento autonomo in prossimità della famiglia di sostegno.
✓ Gli obiettivi specifici solitamente perseguiti con tale forma di affido possono essere:
✓ favorire lo sviluppo delle capacità genitoriali, anche attraverso il sostegno nell'accudimento ed educazione dei figli;
✓ favorire lo sviluppo dell'autonomia e l'acquisizione di alcune abilità per l'autogestione del quotidiano, come l'organizzazione e gestione del tempo, la ricerca del lavoro e/o della casa, la gestione domestica, la gestione dei soldi;
✓ offrire occasioni di confronto ed ascolto;
✓ favorire il rafforzarsi dell'autostima.
Il Servizio Pubblico definisce il progetto all'interno della presa in carico più complessiva, ne stabilisce i tempi e le modalità di verifica.
I percorsi di autonomia dei nuclei mono genitoriali, tuttavia, sono spesso aggravati o inficiati dalle problematiche relative all'abitazione e al lavoro: ciò richiede, quindi, lo sviluppo e l'attuazione di specifiche e significative politiche sociali.
3. Forme di sostegno all'affido familiare
Il CNSA ribadisce il valore fondamentale e preminente della famiglia affidataria volontaria, il cui ruolo è stato ed è cruciale nello sviluppo dell'affido familiare.
Negli anni, le condizioni e i bisogni dei minori e delle loro famiglie che rendono indispensabile un allontanamento temporaneo dei figli dal proprio ambiente, sono divenute sempre più complesse a causa della multidimensionalità dei problemi sociali, dell'emergere di nuove domande e bisogni, della complessità delle risposte e degli esiti delle stesse, dei fenomeni di
"cronicizzazione assistenziale".
A fronte di questa situazione, s'incontrano sempre maggiori difficoltà nel reperire famiglie affidatarie disponibili ad accogliere quei minori che si trovano in particolari e gravi condizioni personali.
Questa difficoltà appare aggravata dalla situazione pandemica che stiamo vivendo che oltre ad isolare maggiormente proprio quelle famiglie che avrebbero bisogno di più integrazione e supporto aggravandone la situazione, tende a scoraggiare le coppie che sarebbero maggiormente propense a mettersi in gioco come risorsa, facendo calare anche la disponibilità delle risorse.
Le difficoltà emergenti e la necessità di pensare forme alternative all'istituzionalizzazione, anche per minori "difficili", rendono indispensabile e opportuno considerare le sperimentazioni quali le forme di sostegno all'affido tradizionale e le famiglie professionali che possono fornire interessanti spunti di riflessione, ma che richiedono un monitoraggio ed un'attenta valutazione proprio per le specificità che presentano e per il loro avvio recente.
Gli interventi a sostegno delle famiglie coinvolte in affidi familiari particolarmente onerosi, consentono di mantenere centrale il ruolo e la funzione della famiglia affidataria volontaria, assicurando uno specifico supporto professionale attuato attraverso strumenti e risorse ben definiti (educatori professionali, strutture d'appoggio diurno e residenziale, mediatori culturali, ). Un sostegno, quindi, alle famiglie affidatarie e non la "professionalizzazione" delle stesse.
In questo caso il compito dei Servizi Pubblici è quello di considerare, nell'ambito del progetto di affido, con massima attenzione le possibili criticità della famiglia affidataria che accoglie minori particolarmente problematici e gravemente compromessi, potrebbe trovarsi ad affrontare, prevedendo opportuni e mirati strumenti di supporto e di integrazione alle risorse delle famiglie affidatarie stesse.
Le famiglie professionali invece si caratterizzano per essere utilizzati sempre per situazioni particolarmente delicate e complesse dove si reputa necessaria la presenza ed il supporto di un'équipe operativa integrata, la supervisione congiunta équipe/operatori di territorio, la figura del tutor 24 ore su 24 . E’ quella situazione in cui viene attuato il binomio affidamento- lavoro.
Tali affidamenti particolarmente impegnativi, in cui l’intervento è molto complesso rappresentano il tentativo di identificare ulteriori risposte a situazioni particolarmente difficili.
L’affido professionale infatti , è una forma di accoglienza familiare che rende possibile e sostenibile nel tempo l’accoglienza in famiglia di bambini e ragazzi con particolari situazioni di difficoltà, offrendo una possibilità in più a fianco dell’affido tradizionale e delle comunità. L’intervento di cui sopra prevede la predisposizione di una specifica struttura organizzativa che comporta l’individuazione all’interno della famiglia di un referente professionale, che supervisiona tutte le fasi della gestione oltre al sostegno di un tutor -con competenza pedagogica- che garantisce la reperibilità.
Come riporta il testo “ Linee di indirizzo per l’affidamento familiare” 2012.
“L’intero nucleo familiare -anche in questa forma di accoglienza familiare-si fa risorsa di accoglienza per il minore, ma al referente professionale viene in particolare chiesto di seguire uno specifico percorso di formazione, di garantire un’adeguata disponibilità di tempo e di lavorare in rete con gli altri soggetti coinvolti.
Il tutor, operatore competente in materia di affido, è espresso dalle Cooperative sociali coinvolte e partner progettuali e affianca e supporta la famiglia affidataria, accompagnandola concretamente durante tutto il percorso: la sostiene nei passaggi cruciali, nelle problematiche quotidiane e nella gestione delle dinamiche relazionali, garantendo una reperibilità costante.
Possono essere adottati atti specifici che regolamentano l’affidamento professionale, evidenziando lo specifico impianto organizzativo e metodologico necessario a consentire l’accoglienza familiare anche per situazioni particolarmente complesse.”
A fronte di quanto sopra indicato, occorre però essere consapevoli che per situazioni particolarmente compromesse permangono vuoti di risposte, che richiedono una riflessione più ampia e devono essere urgentemente colmate attraverso politiche mirate o verso le quali è necessario siano assunte da parte della Magistratura decisioni diverse (affidamenti
giudiziari, dichiarazione dello stato di abbandono e di adottabilità).
Ci riferiamo a quelle situazioni in cui le problematiche personali, quali tossicodipendenza, alcoolismo e problemi psichiatrici, spesso anche aggravate da problematiche relative all'abitazione e al lavoro, incidono pesantemente sugli sforzi e le possibilità di svolgere le proprie funzioni genitoriali. In questi casi, il supporto necessario per garantire il diritto del minore ad un nucleo familiare adeguato, anche attraverso affidi di sostegno, esige allora modalità d'intervento complesse e articolate, anche con l'intervento di più Servizi Pubblici.
Questo panorama piuttosto variegato d'interventi ha mostrato come il progettare l'affido, anche nelle sue forme più leggere, non può prescindere dallo sviluppo e consolidamento dei valori della solidarietà e alla spontaneità delle diverse forme d'aiuto.
Ci sembra utile inoltre ricordare che, in ogni caso, per i bambini ed i ragazzi, l'affido è il luogo in cui qualcuno ti accoglie, una casa dove poter abitare, anche solo per alcuni periodi: le sottigliezze linguistiche, per loro, "perdono" significato all'interno delle proprie esperienze.
Documento rivisto dal CNSA marzo 2021
Appendice:
STATUTO COORDINAMENTO NAZIONALE SERVIZI AFFIDO CNSA
ACCORDO TRA AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE PER LA COSTITUZIONE DEL COORDINAMENTO NAZIONALE SERVIZI AFFIDI (CNSA)
Premesso che:
• La legge 184/83, come modificata dalla legge 149/2001, disciplinando l’affidamento familiare dei minori (artt. 1 e 5), prevede che siano gli Enti Locali a disporre l’affidamento familiare, previo consenso della famiglia d’origine, salvo decreto di esecutività del competente Giudice Tutelare;
• laddove non vi sia consenso della famiglia di origine del minore, o in tutti i casi in cui si ritenga opportuno, è deputato ad intervenire il Tribunale per i Minori competente per territorio, a norma dell’art. 330 e seguenti del Codice Civile;
• l’articolo 16 comma 3 della legge 328/2000 e gli articoli 4 e 5 della legge 149 del 2001, indicano che l’affidamento familiare tra i servizi essenziali e prioritari che la Pubblica Amministrazione deve garantire;
• la legge 142/90, così come successivamente modificata dalla 267/2000, “Ordinamento delle Autonomia Locali”, confermando le disposizioni del D.P.R. 616/77, attribuisce ai Comuni tutte le funzioni amministrative che riguardino la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei Servizi Sociali (art. 9);
• la stessa legge, attribuisce alla Provincia compiti di coordinamento degli Enti Locali, di promozione e realizzazione di servizi;
• a norma delle leggi vigenti, le Aziende USL supportano gli Enti Locali negli interventi a favore dei minori, salvo delega a svolgere sostitutivamente le funzioni.
Considerato che:
• operatori sociali di diverse professionalità, rappresentanti molteplici soggetti pubblici, hanno attivato, dal marzo 1996, un gruppo di confronto e riflessione su tematiche concernenti l’affido familiare;
• nell’ambito di tale gruppo, è emersa l’esigenza di creare un raccordo multidisciplinare interistituzionale permanente tra gli operatori del settore;
• tale raccordo è possibile realizzare con accordo tra amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 15 della legge 241/90.
Tutto ciò premesso e considerato, si determina la conclusione di un accordo, ai sensi dell’art. 15 L. 241/90, con gli Enti di seguito individuati:
Comune di Ancona, USSL n. 7 Ancona, Comune di Bologna, Provincia di Bologna, Comune di Campobasso, Comune di Catania, Comune di Firenze, Comune di Genova, Provincia di Lecce, Comune di Milano, Ufficio zonale Affidi USSL n. 29 di Monza, Comune di Napoli, Comune di Nuoro, Azienda USL di Parma, Provincia di Perugia, Comune di Roma, Provincia di Roma, Comune di Torino, Provincia di Trento, Comune di Trieste, Comune di Venezia,
Comune di Vicenza, con cui si costituisce il “Coordinamento Nazionale Servizi Affidi” e se ne disciplinano le attività secondo le norme che seguono:
TITOLO 1
Denominazione – Sede – Durata Art. 1
E’ costituito il “Coordinamento Nazionale Servizi Affidi”, CNSA, con sede presso l’Ente pubblico a cui è affidata pro-tempore la Segreteria Nazionale.
Art. 2
Il Coordinamento permane finché non vengano meno i presupposti che ne hanno determinato l’esistenza.
TITOLO II
Scopi Art. 3
Il CNSA ha i seguenti scopi:
a) creare una sede permanente di confronto e dibattito sui temi inerenti l’affido familiare e sulle problematiche familiari e minorili connesse;
b) elaborare percorsi metodologico-operativi comuni ai diversi Servizi Affidi operanti sul territorio nazionale;
c) promuovere attività di formazione ed aggiornamento per gli operatori sociali e socio- sanitari;
d) offrire consulenza tecnico-organizzativa ai Servizi Affidi esistenti sul territorio nazionale, con particolare attenzione a quelli di nuova istituzione, qualora ne facciano richiesta;
e) valorizzare il ruolo primario dell’Ente Locale nella programmazione, gestione e coordinamento di tutte le attività inerenti l’affido familiare;
f) proporsi come referente tecnico per gli organi delle Amministrazioni Locali e Centrali nell’ambito della programmazione delle politiche sociali inerenti l’affido familiare e le problematiche familiari e minorili connesse;
g) promuovere iniziative di sensibilizzazione, anche in collaborazione con il privato sociale, sia a livello locale che nazionale, sull’affido familiare e sulle tematiche familiari e minorili connesse;
h) promuovere, d’intesa con le Associazioni nazionali di volontariato e le Istituzioni, la creazione di una commissione paritetica per un proficuo confronto sulle politiche sociali riguardanti famiglia-minori-affidi.
Art. 4
Il C.N.S.A. collabora con Istituzioni o Associazioni, anche internazionali, che perseguono finalità analoghe.
TITOLO III
Enti fondatori – Enti aderenti – Modalità di adesione Art. 5
Gli enti fondatori garantiscono la continuità dell’intervento e la rispondenza delle azioni attuate agli scopi fissati nel presente accordo. Partecipano al CNSA con un rappresentante tecnico con competenze specifiche.
Art. 6
Gli Enti pubblici che intendono aderire al CNSA, avendo approvato un Regolamento sull’Affido Familiare - ex legge 184/83 -, inviano adesione scritta alla Segreteria nazionale con allegato il relativo Atto Deliberativo. Tali Enti partecipano al CNSA con un rappresentante tecnico con competenze specifiche.
TITOLO IV
Organi del CNSA Art. 7
Gli organi del CNSA sono:
˙ Comitato Direttivo
˙ Segreteria Nazionale
˙ Assemblea Generale
˙ Coordinamenti Regionali Art. 8
Il Comitato Direttivo è composto da un minimo di 10 ed un massimo di 20 membri aderenti e fondatori, garantendo che almeno la metà siano enti fondatori in esecuzione con quanto previsto dall’art. 5, e da un referente per ciascun Coordinamento costituito su base regionale, eletto dall’assemblea generale degli enti pubblici e rimane in carica quattro anni.
Si riunisce almeno tre volte l’anno, nelle sedi ritenute opportune, su convocazione dell’Ente ospitante che curerà la convocazione e predisporrà il verbale da spedire a tutti, secondo calendario prefissato, ed ha il compito di:
a) realizzare gli scopi del CNSA, di cui al TITOLO II del presente accordo, attraverso ogni percorso utile;
b) tracciare le linee guida dell’attività annuale del CNSA curandone l’attuazione, tenuto conto delle osservazioni e delle proposte dell’Assemblea Generale;
c) prendere atto della costituzione dei Coordinamenti Regionali e accoglie le adesioni da parte degli Enti pubblici interessati.
Lo stesso Comitato può ammettere la presenza di osservatori e costituisce commissioni di lavoro per interventi o approfondimenti specifici.
Il Comitato Direttivo, nella prima seduta di ogni biennio elegge al suo interno, a maggioranza dei presenti, il Referente Nazionale.
Egli è il moderatore del Comitato stesso e dell’Assemblea generale. Ha funzioni di portavoce ufficiale del CNSA nelle relazioni esterne e di rappresentante dello stesso, nelle sedi istituzionali. Tali funzioni sarà tenuto a svolgere, comunque, d’intesa con il Comitato Direttivo.
Art. 9
La Segreteria nazionale del CNSA avrà compiti precipuamente organizzativi ed esecutivi e sarà allocata presso uno degli Enti facenti parte del Comitato Direttivo.
Detto Ente si farà carico, per il periodo relativo, degli oneri connessi.
All’inizio di ogni biennio, il Comitato Direttivo, secondo i criteri di rotazione, individuerà la sede della Segreteria.
La Segreteria Nazionale, d’intesa con il Referente Nazionale, eletto dal Comitato Direttivo, svolgerà tra l’altro, le seguenti funzioni:
˙ mantenere il raccordo tra gli aderenti;
˙ favorire la circolazione delle informazioni e la trasmissione di materiali e documentazione;
˙ convocare l'Assemblea Generale;
˙ redigere i verbali dell’Assemblea Generale;
˙ attuare e verificare le deliberazioni del Comitato Direttivo.
La suddetta Segreteria, al fine di raccogliere in modo organico ogni materiale derivante dai servizi affidi, si avvarrà laddove occorra, di centri specializzati di documentazione.
Art. 10
L’Assemblea Generale si compone dei rappresentanti tecnici degli Enti fondatori e aderenti.
E’ convocata dalla Segreteria Nazionale su deliberazione del Comitato Direttivo, nella sede ritenuta opportuna, almeno una volta ogni due anni, al fine di:
a) verificare il lavoro svolto, attraverso la relazione presentata dal Referente Nazionale e i resoconti del lavoro delle singole Commissioni di approfondimento;
b) discutere le linee guida proposte dal Comitato Direttivo per il prosieguo dell’attività e formulare proposte a riguardo;
c) realizzare un proficuo confronto tra tutti gli operatori del settore, su specifiche tematiche, avvalendosi del contributo di esperti e/o di rappresentanti istituzionali;
d) eleggere ogni quattro anni il Comitato Direttivo. Art. 11
Il CNSA promuove la costituzione dei Coordinamenti Regionali, istituiti in ogni Regione dai servizi affidi operanti sul territorio.
Il Comitato Direttivo del CNSA prende atto della loro costituzione. I Coordinamenti costituiti individuano ogni quadriennio al loro interno, un referente regionale, componente di diritto del Comitato Direttivo.
Il Coordinamento Regionale predispone una programmazione propria, in sintonia con le linee guida tracciate dal Comitato Direttivo, curandone l’attuazione nei modi e nei tempi che ritiene più consoni.
Il Coordinamento Regionale, ove le circostanze lo richiedano, può strutturarsi attraverso Coordinamenti Provinciali.
TITOLO V
Disposizione conclusiva Art. 12
Il CNSA non ha scopi di lucro.
Le spese relative alla partecipazione dei rappresentanti tecnici ai lavori del CNSA saranno sostenute dai rispettivi Enti di appartenenza.
Le spese relative alla convocazione e all’organizzazione degli incontri del Comitato Direttivo e dell’Assemblea Generale, sono a carico dell’Ente ospitante.